CnAMC)
Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici
(CnAMC)
INDICE
1. PERCHÉ UNA RACCOMANDAZIONE CIVICA SULL’ARTRITE REUMATOIDE 3
2. LA PATOLOGIA: ARTRITE REUMATOIDE
2.1 DESCRIZIONE 5
2.2 ESORDIO, DIAGNOSI E DECORSO DELLA PATOLOGIA 7
2.3 TERAPIA 12
3. BENEFICI DELLA DIAGNOSI PRECOCE 21
4. QUALITÀ DI VITA 24
5. I COSTI SOCIALI DEI PAZIENTI AFFETTI DA AR IN ITALIA 32
6. LA CONDIZIONE SANITARIA ITALIANA DEI PAZIENTI CON ARTRITE REUMATOIDE
6.1 L’ARTRITE REUMATOIDE NELLA PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA REGIONALE 37
6.2 IL PROBLEMA DELL’ACCESSO AI FARMACI. 40
7. COME MIGLIORARE LA CONDIZIONE DELLE PERSONE CON ARTRITE REUMATOIDE: IL PUNTO DI VISTA DEI DIVERSI STAKEHOLDER
7.1 LA POSIZIONE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MALATI REUMATICI (ANMAR) 44
7.2 LA POSIZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE 47
7.3 LA POSIZIONE DELL’AGENAS (AGENZIA NAZIONALE PER I SERVIZI SANITARI REGIONALI) 54
7.4 LA POSIZIONE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DELLE AZIENDE SANITARIE E
OSPEDALIERE (FIASO) 58
7.5 LA POSIZIONE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI MEDICI DI DIREZIONE
OSPEDALIERA (ANMDO) 61
7.6 LA POSIZIONE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA GENERALE (SIMG). 63
7.7 LA POSIZIONE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI REUMATOLOGIA (SIR) 65
7.8 LA POSIZIONE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DEGLI ORDINI DEI
MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI (FNOMCeO) 67
7.9 LA POSIZIONE DELL’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (INPS) 71
7.10 IL PUNTO DI VISTA DI UN ECONOMISTA 73
8. LA RACCOMANDAZIONE CIVICA 79
RINGRAZIAMENTI 85
BIBLIOGRAFIA 87
1. PERCHÉ
UNA RACCOMANDAZIONE CIVICA
SULL’ARTRITE REUMATOIDE
L’ampia diffusione delle patologie croniche nella popolazione italiana (38,8%)1 e la loro incidenza in termini di costi sulla spesa pubblica socio-sanitaria (70%)2 mettono in evidenza nuovi bisogni e l’urgenza di nuove risposte, soprattutto in termini di miglioramento dell’assistenza e di maggiore attenzione alla qualità della vita. E’ evidente anche la necessità crescente, pena un SSN inadeguato ai bisogni dei cittadini e insostenibile economicamente, di adottare ulteriori e specifiche po- litiche socio-sanitarie nazionali sulla cronicità, oltre che garantire l’effettiva im- plementazione di quelle già esistenti.
E’ in questo contesto che si colloca l’ampia attività di Cittadinanzattiva, in parti- colare attraverso la rete del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva (CnAMC), rispetto alle politiche socio-sanitarie inerenti le patologie cronico-degenerative e rare.
Il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, è una rete di Cittadinanzattiva, istituita nel 1996, che rappresenta un esempio di alleanza tra- sversale tra Associazioni e Federazioni di persone affette da patologie croniche e rare, per la tutela dei propri diritti3.
Tra le principali attività promosse dal CnAMC vi è la stesura del Rapporto An- nuale sulle politiche della cronicità, giunto ormai alla nona edizione4.
I Rapporti, realizzati attraverso la fondamentale partecipazione delle più impor- tanti e rappresentative Organizzazioni di persone con patologie croniche e rare, hanno come obiettivi quelli di:
• mettere in evidenza le principali criticità che, dal punto di vista delle associazioni, caratterizzano i servizi socio-sanitari pubblici;
• proporre azioni politiche per il superamento delle stesse criticità evidenziate, ba- sandole sulle richieste e sulle aspettative delle stesse Organizzazioni.
Tra le molteplici Organizzazioni che aderiscono al CnAMC e che ogni anno par- tecipano con grande entusiasmo e competenza alla stesura del Rapporto Nazionale
1 Annuario Statistico Italiano 2009 - ISTAT
2 “La Vita buona nella società attiva - Libro Verde sul futuro del modello sociale” del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
3 http://www.cittadinanzattiva.it/cnamc-malati-cronici/le-associazioni-aderenti-cnamc.html
4 IX Rapporto CnAMC “Malattie croniche e diritti: zona ad accesso limitato”, presentato a Roma l’11 marzo 2010 – http://www.cittadinanzattiva.it/cnamc-malati-cronici/ix-rapporto-cnamc.html
sulle politiche della cronicità, in questa sede è necessario menzionare l’ANMAR
– Associazione Nazionale Malati Reumatici5.
Attraverso la sua presenza e partecipazione, il CnAMC ha potuto, nel corso degli anni, lavorare e concentrare la sua attenzione sulle molte criticità che ancora oggi caratterizzano l’assistenza ai malati reumatici e in particolare di quelli affetti da Artrite Reumatoide.
Considerando questo proficuo e consolidato rapporto di collaborazione, la diffu- sione della patologia e il tasso di disabilità che la stessa produce, nonché le molte- plici problematiche che ancora oggi le persone con Artrite Reumatoide si trovano a dover affrontare dal momento della diagnosi al momento dell’accesso alle terapie ecc., il CnAMC e l’ANMAR hanno considerato necessario lavorare insieme ad una raccomandazione civica sull’Artrite Reumatoide.
Gli obiettivi della raccomandazione civica sull’Artrite Reumatoide sono quelli di mettere a disposizione delle Istituzioni:
• un quadro di informazioni e dati sulla situazione relativa all’Artrite Reumatoide il più completo possibile;
• le linee di azione di politica economica - sociale - sanitaria da mettere in atto, al fine di superare le attuali criticità che caratterizzano ancora oggi l’assistenza socio- sanitaria erogata alle persone con Artrite Reumatoide.
E’ importante sottolineare come le proposte avanzate attraverso lo strumento della presente raccomandazione civica, tengano in considerazione non solo le istanze provenienti dal CnAMC e dall’ANMAR, ma anche quelle degli altri stakeholder coinvolti a vario titolo nel percorso di cura delle persone con Artrite Reumatoide. Ciò è stato possibile attraverso la promozione di una specifica giornata di dialogo e confronto tra i diversi attori, quali:
• MINISTERO DELLA SALUTE
• AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali)
• INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale)
• SIR (Società Italiana Reumatologia)
• SIMG (Società Italiana di Medicina Generale)
• FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere)
• FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odon- toiatri)
• ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere)
• Esperti del mondo dell’Economia
I contributi fondamentali di ciascuno di questi soggetti sono stati inseriti all’in- terno della presente raccomandazione civica.
In conclusione di questa breve premessa, ANMAR e Cittadinanzattiva auspicano che i contenuti di tale raccomandazione civica siano, da parte delle Istituzioni, non solo tenuti in considerazione, ma anche implementati, al fine di migliorare l’attuale assistenza socio-sanitaria erogata alle persone con Artrite Reumatoide.
2. LA PATOLOGIA:
ARTRITE REUMATOIDE
*
2.1 DESCRIZIONE
L'Artrite Reumatoide (AR) è una poliartrite infiammatoria cronica e progressiva a patogenesi autoimmunitaria a carico delle articolazioni.
Un’articolazione normale è circondata da una capsula che la protegge, il cui interno è rivestito da una pellicola sottile molto vascolarizzata, detta membrana sinoviale, che produce un liquido – liquido sinoviale – prodotto in parte dalla membrana stessa, che ha lo scopo di nutrire e lubrificare la struttura articolare. Quando so- praggiunge la malattia, alcune cellule, dette immunocompetenti, invadono la membrana sinoviale e rilasciano diverse sostanze, tra cui enzimi, anticorpi (il co- siddetto fattore reumatoide) e citochine, che depositandosi nel tessuto sinoviale, attaccano i tessuti delle articolazioni, e provocano l’infiammazione (sinovite).
Questo processo infiammatorio provoca una produzione sovrabbondante di li- quido con conseguente tumefazione e gonfiore. L’aumento di volume della mem- brana dà origine al cosiddetto panno sinoviale che erode e distrugge la cartilagine che riveste i capi ossei e l’osso sottostante, causando un danno permanente. Nei casi più gravi infatti, il panno sinoviale, oltre a distruggere la levigatezza dei capi articolari creando difficoltà e limitazione dei movimenti, arriva a saldarsi tra le due superfici cartilaginee adiacenti, bloccandole completamente, tanto da far scomparire l’articolazione (anchilosi).
L’AR, come malattia progressiva e invalidante, coinvolge quindi la membrana si- noviale delle articolazioni diartrodiali e distrugge le componenti cartilaginee e ossee delle stesse.
Una delle principali cause dei danni articolari è l’infiammazione scatenata da una proteina chiamata TNF-alfa (fattore di necrosi tumorale alfa).
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
Nell’AR il TNF-alfa può indurre il sistema immunitario ad attaccare tessuti sani, causando infiammazioni e danni.
Se non trattata farmacologicamente, l’AR può causare danni permanenti a ossa, cartilagini e tessuti. La presenza di TNF-alfa può determinare:
• riduzione della rima articolare
• erosione delle articolazioni
Articolazione sana
Articolazione affetta da Artrite Reumatoide
Perdita ossea (erosione)
Muscolo
Cartilagine
Tendine
Perdita cartilaginea
Osso
Capsula articolare
Sinovia
Liquido sinoviale
Osso
Perdita ossea (generalizzata)
Sinovia infiammata
Capsula cartilaginea gonfia
Entrambi questi segni possono presentarsi all’esordio della malattia e persistere indipendentemente l’uno dall’altro.
Nonostante l'attiva ricerca scientifica, le cause di questa malattia rimangono sco- nosciute.
La patogenesi della malattia è multifattoriale e probabilmente legata ai seguenti fattori:
• fattori genetici: studi genetici famigliari mostrano che l'AR ha una componente genetica; il complesso maggiore di istocompatibiltà (HLA – sistema che permette di riconoscere i tessuti di un organismo da tutto ciò che gli è estraneo) è un im- portante fattore genetico, e si ritiene che il rischio di sviluppare AR possa essere associato a questo sistema;
• autoimmunità: sembra che le citochine prodotte dai macrofagi siano coinvolte nel processo di induzione e mantenimento dell'infiammazione cronica delle ar- ticolazioni tipica dell'AR. Elevati livelli di fattore reumatoide (FR) nel siero (au- toanticorpi diretti contro la porzione Fc delle IgG, cioè molecole di immunoglobulina G) sono associati con sintomi più acuti dell'artrite alle arti- colazioni e in altre parti del corpo;
• agenti patogeni: alcuni virus, come quello della rosolia e i parvovirus sono asso- ciati alla comparsa di poliartriti acute; in alcuni individui con AR è stata trovata traccia di Chlamydia pneumoniae. Tuttavia un legame di tipo causa-effetto non è stato dimostrato.
Anche se il meccanismo di distruzione ossea e delle cartilagini che si osserva nel- l'AR non è stato ancora del tutto compreso, le citochine IL-1 e TNF-alfa ricoprono certamente un ruolo importante.
Queste citochine:
• sono presenti in grandi quantità nelle articolazioni infiammate e promuovono l'afflusso dei neutrofili dell'infiammazione e dei monociti all'interno delle arti- colazioni;
• stimolano la produzione di enzimi proteolitici da parte delle cellule della sinovia, comprese la collagenasi e la stromalisina, che sono in grado di degradare i tes- suti;
• causano sintomi quali un senso generale di malessere e affaticamento.
Pertanto, anche se la causa scatenante dell'AR rimane sconosciuta, il perdurare e la diffusione della malattia sembra siano da mettere in relazione con i processi in- fiammatori mediati dal sistema immunitario.
È quindi probabile che interferendo con i passaggi chiave del processo di infiam- mazione si possa ottenere un alleviamento dei sintomi e un rallentamento nella progressione della malattia.
2.2 ESORDIO, DIAGNOSI E DECORSO DELLA PATOLOGIA
L’Artrite Reumatoide è una patologia nella maggioranza dei casi silenziosa e insi- diosa che solo con il passare del tempo manifesta il progressivo ed evidente coin- volgimento delle articolazioni.
Sono più colpite le donne (rapporto 3:1). Interessa l'1-2% della popolazione e il numero dei casi aumenta con l'età, infatti è colpito il 5% delle donne oltre i 55 anni. L'esordio si osserva prevalentemente al termine dell’adolescenza o tra la 4^ e la 5^ decade di vita; un secondo picco si osserva tra i 60 e 70 anni.
Può essere difficile da diagnosticare nelle sue fasi iniziali, soprattutto perché non esiste un esame in grado di individuarla con sicurezza. Lo stesso fattore reumatoide
– l’anticorpo presente nella maggioranza dei casi di questa malattia, che può essere scoperto con un semplice esame del sangue (Ra test più noto come reuma test e Waaler-Rose) – è riscontrabile anche in altre patologie e in una certa percentuale di soggetti sani.
I sintomi cambiano da persona a persona e possono essere simili a quelli di altri tipi di artrite o malattie articolari. Può passare, quindi, diverso tempo prima che la si possa diagnosticare con certezza. Inoltre, l’ampia casistica di sintomi si sviluppa nel tempo e solo pochi di essi sono presenti già dalle prime fasi della patologia.
L’esordio della malattia è estremamente variabile. Nella maggior parte dei casi è insidioso e graduale (65-70%) ma in alcuni è acuto (10-25%).
I sintomi di esordio possono essere articolari e/o sistemici, quali febbre, astenia, perdita di peso, mialgie (cioè dolori muscolari) e rash cutaneo (eruzione cutanea). Tuttavia le manifestazioni articolari rappresentano la modalità di esordio più fre- quente.
Generalmente vengono coinvolte più articolazioni con distribuzione simmetrica (forma poliarticolare simmetrica) e/o più raramente una o poche articolazioni (forma mono-oligoarticolare). Tipico è il coinvolgimento simmetrico delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, dei polsi, dei gomiti e delle caviglie. Anche se queste manifestazioni possono verificarsi a carico di qualsiasi altra articolazione.
Il segno più indicativo dell’Artrite Reumatoide rimane naturalmente il dolore – accentuato dal movimento e dal carico – di tutte le articolazioni infiammate, che appaiono calde, gonfie (edema, tumefazione), tese, rosse e, soprattutto, difficili da muovere. Questi segni fisici dell’artrite sono dovuti all’infiammazione del rivesti- mento delle articolazioni che porta all’ispessimento sinoviale.
La modalità di esordio meno frequente è quella palindromica, caratterizzata da episodi di dolore e tumefazione che durano 2 o 3 giorni, e quella simil-polimialgica tipica dell’età senile. In rari casi l’esordio della malattia può essere extrarticolare.
Le manifestazioni di AR possono variare da forme autolimitanti a forme di mo- desta entità clinica fino a forme con prognosi molto severa. Il decorso clinico del- l'AR può variare in maniera considerevole. Mentre alcuni pazienti sperimentano una malattia in forma leggera e con danni alle articolazioni di minima entità, altri sviluppano gravi poliartriti accompagnate da marcate deformità.
Tuttavia, a prescindere dalle particolarità di ogni singolo individuo, si possono de- scrivere sintomi e segni comuni. I sintomi principali dell’AR, oltre al dolore, com- prendono:
• rigidità articolare, il paziente di solito riscontra, alla mattina appena alzato o dopo un lungo periodo di inattività, una certa rigidità degli arti che può durare anche per una mezzora
• gonfiore
• difficoltà nei movimenti
G ia n fra n c o F e rra c c io li, F a u s to S a la ffi, p er c on to del C om ita to E s ec u tivo S .I.R . p er lo s vilu pp o delle Lin ee G u ida dell’ A rtrite R eu m a toide
Livello di eviden z a
Lapreseצ adeisegueצtisegצiesiצtomi reצdeopportuצol’iצviodelpa ieצteallo specialistareumatologo(1)
Tum efazioneacaricodi3opiù articolazioni,persistentedapiù diŁ2setim ane
Dolorealivelodeipolsiedele picolearticolazionidim anie piedi:
- m etacarpo falang e
- interfalangeeprossim ali
- m etatarso falangee
Rigiditàalrisvegliosuperiorea 30m inuti
Livello di eviden z a
I pazientiafetida artrite reumatoide precocemente tratatiin ambito reumatologico presentano unamiglioreprognosialungo termine,rispeto aquelitratatiin ambito non- specialistico(2).
La positività delfatore reumatoide,l’aumento degliindicidiflogosie la presenza di alterazioni radiologiche ala radiologia convenzionale (erosioni) sono asociati a una prognosipe giore(3). L’asenzadiquestisegnial’esordio,tutavia,nonrappresentacriterio diesclusioneneladiagnosierichiede,comunque,unavalutazioneinambitospecialistico.
Iltratamentoconcortisonicinondovrebbeesereiniziatoprimadiaverpostounadiagnosi correta(1).
Bibliografia:
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2 . E d w o rth y S M . M o rn in g s tiffn e s s : s h a rp e n in g a n o ld s a w ? . J R h e u m a to l 19 9 9 ;2 6 :10 15 -7 .
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4 . v a n d e r H e ijd e D M F M . R a d io g ra p h ic im a g in g : th e “g o ld s ta n d a rd ” fo r a s s e s s m e n t o f d is e a s e p ro g re s s io n in rh e u m a to id a rth ritis . R h e u m a to lo g y 2 0 0 0 ;3 9 :12 2 -3 2 .
5 . v a n d e r H e ijd e D M F M . J o in t e ro s io n s a n d p a tie n ts w ith e a rly rh e u m a to id a rth ritis . B r J R h e u m a to l 19 9 5 ;3 4 :7 4 -8 .
6. D ro s s a e rs -B a k k e r K W , d e B u c k M , v a n Z e b e n D , e t a l. L o n g -te rm c o u rs e a n d o u tc o m e o f fu n c tio n a l c a p a c ity in rh e u m a to id a rth ritis : th e e ffe c t o f d is e a s e
a c tiv ity a n d ra d io lo g ic d a m a g e o v e r tim e . A rth ritis R h e u m 19 9 9 ;4 2 :18 5 4 -6 0 .
Altri potenziali sintomi sono:
• perdita di forze e senso di affaticamento (astenia)
• perdita di appetito e forme di anemia
• febbricola
Questa malattia limita la mobilità e, se non curata, può condurre a deformità ar- ticolari permanenti. Le complicazioni dell'AR includono:
• deformità articolari, in seguito al deteriorarsi delle cartilagini e all'erosione delle ossa;
• noduli reumatoidi;
• vasculiti (infiammazioni dei vasi);
• manifestazioni pleuropolmonari, incluse fibrosi polmonari;
• sierositi;
• infiammazioni agli occhi;
• osteoporosi;
• necessità di un intervento chirurgico per ripristinare la capacità funzionale.
I sintomi e il decorso dell’AR non variano solo da persona a persona, ma spesso cambiano di giorno in giorno per lo stesso paziente. Questi aspetti talora ostaco- lano una diagnosi precoce e un’altrettanto precoce terapia che sono i fattori fon- damentali che permettono di bloccare la malattia.
La possibilità di controllare i sintomi dell’AR non ferma naturalmente la progressione della malattia: anche se il dolore e il gonfiore sono alleviati, il danno articolare può non essere arrestato. I pazienti con un’AR attiva hanno più del 70% di probabilità di sviluppare un danno articolare entro 2 anni dalla comparsa della malattia.
Controllare la progressione della malattia è un obiettivo importante nel tratta- mento dell’AR, per questo è fondamentale una diagnosi precoce della malattia.
Nella prassi medica in genere si esegue la seguente procedura per diagnosticare la malattia ed escludere patologie diverse.
• Storia clinica. Una buona comunicazione tra medico e paziente è importante, specialmente in questa patologia: occorre che vengano descritti con precisione e in modo dettagliato i sintomi e quando e come hanno iniziato a manifestarsi.
• Esame fisico. Il medico effettua un esame obiettivo generale delle articolazioni, della pelle, dei riflessi e della funzionalità dei muscoli.
• Esami di laboratorio. Tra gli esami del sangue, un test frequente è quello del fat- tore reumatoide ma, come abbiamo visto, non sempre garantisce la presenza della malattia. Da qualche tempo, si prescrive anche un test per valutare la pre- senza degli anticorpi anti-proteine citrullinate (anti-CCP). Altri esami riguar- dano gli indici di infiammazione, quindi monitoraggio e valutazione dell’infiammazione con VES e PCR, l’elettroforesi proteica e l’emocromo, oltre alla proteina C-reattiva, altro segnalatore dell’attività della malattia.
10
• Raggi X. Sono usati per verificare il grado di deterioramento delle articolazioni (erosioni ossee). Non sono utili nelle fasi iniziali dell’Artrite Reumatoide prima che il danno alle ossa sia evidente, ma possono tornare utili più tardi per moni- torare il decorso della malattia.
• Ecografia articolare. Utile per evidenziare il processo di infiammazione della membrana sinoviale, dei tendini e la presenza di un versamento articolare (au- mento del liquido sinoviale).
L'AR presenta anche varie manifestazioni extra articolari, piuttosto frequenti. Di solito tali manifestazioni si verificano in individui con titoli elevati di autoanticorpi contro il fattore reumatoide.
I noduli reumatoidi, in genere sottocutanei, si sviluppano nel 20-30% dei pa- zienti con AR; sono manifestazioni non precoci e di solito asintomatici e non dolenti, talvolta però possono rompersi per effetto di traumi o infettarsi. Sono abitualmente localizzati a livello delle strutture periarticolari, delle superfici estensorie o di altre aree soggette a pressione meccanica, ma possono presentarsi anche in altri distretti come pleura e meningi. Le dimensioni e la consistenza sono variabili.
Da un punto di vista istologico sono costituiti da una zona centrale di materiale necrotico che comprende fibrille di collagene, altri filamenti non correlati al col- lagene e detriti cellulari; una zona intermedia di macrofagi a palizzata; una zona più esterna formata da tessuto di granulazione. In alcuni pazienti la terapia con metotrexate può aumentare il numero dei noduli.
Il senso di debolezza e l'atrofia muscolare sono comuni. L'atrofia appare poche set- timane dopo l'esordio e interessa in genere i muscoli adiacenti all'articolazione colpita.
La vasculite reumatoide – infiammazione dei vasi sanguigni – può interessare qualsiasi organo ed è più comune nei pazienti con AR grave e titoli elevati di FR. Può causare anche polineuropatie e mononeuriti multiple, ulcere cutanee con necrosi del derma, gangrena digitale e infarto viscerale (tali complicanze sono però rare).
La vasculite cutanea si manifesta in genere con macchie brunastre, raggruppate nei letti o nelle pieghe ungueali e nei polpastrelli delle dita.
Le manifestazioni pleuroplomonari comprendono la pleurite, la fibrosi interstiziale, i noduli pleuroplomonari, la polmonite e l'arterite. Si può verificare anche un’ostruzione delle alte vie respiratorie per artrite cricoaritenoidea.
Le complicanze cardiache sono rare, tuttavia nel 50% dei pazienti si rileva, in sede autoptica, una pericardite.
Le manifestazioni neurologiche possono anche derivare da sublussazioni atlanto- assiali o mediocervicali. Si avranno neuropatie anche a carico dei nervi del braccio e della gamba dovute a lesioni del nervo conseguenti a sinoviti o deformità arti- colari.
L'occhio viene colpito in meno dell'1% dei casi. In genere si manifesta episclerite transitoria e sclerite (due forme infiammatorie).
La sindrome di Felty è un'AR cronica associata a splenomegalia, neutropenia e, oc- casionalmente, ad anemia e trombocitopenia. È particolarmente frequente in sog- getti con malattia di lunga durata ed elevati livelli di FR.
Infine è comune l'osteoporosi, secondaria all'interessamento reumatoide, che può essere aggravata dalla terapia cortisonica.
2.3 TERAPIA
Sono diversi e articolati i trattamenti utilizzati per affrontare questa malattia ma gli scopi principali sono quelli di:
• Alleviare il dolore
• Ridurre il processo infiammatorio
• Rallentare o bloccare il danno alle articolazioni
• Migliorare il senso di benessere, senza limitare le funzioni vitali del paziente.
L’approccio terapeutico si articola secondo i seguenti interventi: terapia farmaco- logica (sintomatica e di fondo), corretto stile di vita (esercizi fisici e dieta equili- brata), riabilitazione (intesa come mantenimento della funzione articolare) e infine anche intervento chirurgico.
La terapia farmacologia sintomatica ha lo scopo di controllare il dolore e ridurre il fe- nomeno infiammatorio. In questa categoria, si possono distinguere tre tipi di farmaci.
• I FANS (Farmaci antinfiammatori non steroidei) costituiscono un’ampia ed ete- rogenea serie di molecole la cui caratteristica comune è quella di intervenire nella complessa dinamica dell’infiammazione. Infatti sono efficaci nel ridurre sia la flogosi che il dolore, ma non hanno alcun effetto sulla progressione della malattia né sono in grado di prevenire il danno articolare. Tra gli altri citiamo l’aspirina e l’ibuprofene. Ad essi si riconosce un triplice effetto: antinfiammatorio, anti- dolorifico e antipiretico. Vanno usati con cautela e sotto stretto controllo medico a causa delle possibili interazioni farmacologiche e per gli effetti collaterali so- prattutto a livello dell’apparato gastrointestinale e di quello cardiovascolare. La scelta di questi farmaci deve essere effettuata in modo personalizzato nel singolo paziente tenendo conto del profilo di efficacia, della sicurezza e del costo.
• Gli inibitori della cicloossigenasi (COXIBs) sono una classe di farmaci di note- vole efficacia, che causano minori effetti collaterali di tipo gastrointestinale. Di recente, però, alcuni studi hanno evidenziato che la loro assunzione comporte- rebbe un aumentato rischio di complicanze cardiovascolari. Pur conservando un buon rapporto rischio/beneficio, è raccomandata perciò la massima cautela nei pazienti che presentino problemi cardiovascolari.
• I farmaci antinfiammatori steroidei, a base di cortisone, svolgono una potente azione antinfiammatoria immediata e prolungata. Sono utilizzati in terapie com- binate (sia con DMARDs che anti-TNF) aggressive, preferenzialmente con po- sologia “STEP DOWN”, ovvero dosi alte iniziali e riduzione graduale successiva in funzione del controllo della malattia. L’effetto si ottiene anche a bassi dosaggi e spesso vi si ricorre anche come farmaco di fondo in grado di modificare gli outcomes rispetto alla terapia con DMARDs da soli. Gli effetti indesiderati più frequenti sono rappresentati da iperglicemia, ipertensione arteriosa, osteoporosi, fragilità vasale. È importante che il dosaggio e la terapia vengano tenuti costan- temente sotto controllo medico.
La terapia farmacologia di fondo riguarda i DMARDs (Disease Modifying Anti- Rheumatic Drugs), ossia farmaci non sintomatici, in grado di modificare il decorso naturale della malattia interferendo con i meccanismi patogenetici del danno. Questa terapia, che può essere seguita per lungo tempo, comprende due tipi di farmaci che, contrariamente ai farmaci antinfiammatori, possono diminuire l’ag- gressività della malattia e provocarne una sua remissione.
Essi sono i seguenti:
• I DMARDs tradizionali: sali d’oro, idrossiclorochina, pennicillamina, ciclospo- rina, metotrexate (nato come antitumorale), leflunomide, sulfasalazina, azatio- prina, che possono essere somministrati da soli o in combinazione.
• I farmaci biologici, denominati anche “Biologic Response Modifiers”, BRM, sono anti-TNF alfa, (infliximab, etanercept, adalimumab) o di altro tipo (ana- kinra, rituximab, abatacept, ed il più recente tocilizumab), che hanno un effetto notevole e sono riservati a quei pazienti che non hanno avuto benefici da altri tipi di farmaci.
La ricerca sui farmaci biologici, comunque, non si ferma.
Fino a qualche tempo fa l’approccio all’Artrite Reumatoide era gradualista. Oggi, è sempre più frequente cercare di aggredire fin da subito l’insorgere della patologia con la terapia di fondo, che sarebbe in grado, oltre che di rallentare l’evoluzione della malattia, anche di limitare notevolmente i danni articolari.
Raccomandazioni per l’uso dei Biologici nel trattamento dell’Artrite Reumatoide
1. Sono eligibili per il trattamento con farmaci biologici i pazienti con AR attiva (DAS>3.7 o DAS 28>5.1) dopo un fallimento di un tentativo a dosi adeguate con un altro DMARD, incluso il metotrexate (almeno 15 mg per settimana per almeno 12 settimane).
2. Sulla base dei più importanti studi clinici controllati la valutazione della risposta clinica deve essere fatta a 12 settimane; il mantenimento della risposta clinica do- vrebbe essere valutato successivamente ogni 3 mesi.
3. La mancata risposta ad un farmaco anti-TNF alfa non preclude la risposta ad un altro farmaco biologico con diverso meccanismo d’azione.
4. Un aumento della suscettibilità alla tubercolosi o la riattivazione di una tubercolosi latente deve essere considerata come una caratteristica di classe dei farmaci anti-TNF.
5. La terapia con farmaci anti-TNF appare sicura nei pazienti con infezione cronica da HCV candidati al trattamento con questi biologici per la coesistenza di una po- liartrite cronica.
6. I pazienti con AR trattati con farmaci biologici anti-TNF mostrano un’aumentata incidenza di linfomi non-Hodgkin rispetto alla popolazione generale; tuttavia va considerato che l’AR grave e attiva (usualmente trattata con i farmaci biologici) co- stituisce di per se un fattore predisponente per i linfomi non-Hodgkin.
7. Il trattamento con i farmaci biologici sembra essere associato ad un aumentato ri- schio di un aggravamento dello scompenso cardiaco con rischio di morte special- mente nei pazienti con classe NYHA III-IV. Va segnalato tuttavia che il trattamento con farmaci anti-TNF alfa in pazienti non cardiopatici sembra ridurre i rischi di scompenso incidente durante la terapia continuativa.
8. Durante il trattamento con farmaci anti-TNF aumenta l’incidenza di ANA e Anti- DNA, tuttavia non vi è evidenza di un aumentato rischio di sviluppare un Lupus farmaco indotto.
(Punti specifici approvati dalla SIR – Società Italiana di Reumatologia)
Dal momento che la terapia farmacologica ha l’effetto generalizzato di ridurre le difese immunitarie, il paziente può andare facilmente incontro a infezioni. Super- fluo, quindi, aggiungere che tutti i farmaci devono essere prescritti sempre da me- dici specialisti, dopo aver verificato che i pazienti risultino idonei alle terapie, in base alle loro rispettive condizioni cliniche e ai possibili effetti collaterali.
Per quanto riguarda il corretto stile di vita, le persone affette da Artrite Reumatoide de- vono equilibrare nel modo migliore riposo ed esercizio, alternandoli in relazione alle diverse fasi della malattia. Il riposo aiuta a ridurre l’infiammazione delle articolazioni e il dolore ma sono preferibili brevi periodi di riposo che lunghi periodi trascorsi a letto.
L’esercizio fisico – che può consistere in movimento ritmico, ginnastica passiva e rilassante in acqua, ginnastica posturale, stretching, ecc. – è importante per man-
tenere sani e forti i muscoli, preservare la mobilità delle articolazioni, mantenen- dole flessibili. L’esercizio, inoltre, può aiutare il paziente a dormire meglio, a con- servare un atteggiamento positivo, oltre che a ridurre o controllare il proprio peso. Il che è utile per non sovraccaricare le articolazioni e favorire una buona funzione cardiocircolatoria. Anche nel caso di questa patologia, si può raccomandare la dieta mediterranea che avrebbe effetti protettivi, in quanto povera di grassi animali e ricca di vitamine e fibre. Mentre decisamente sconsigliato è l’uso di alcolici perché possono interferire con l’assunzione di alcuni farmaci, in particolare il metotrexate. Per quanto riguarda il clima più favorevole ai malati di Artrite Reumatoide, l’ar- gomento è ancora controverso, seppure ci si trovi d’accordo sulla necessità di evi- tare l’esposizione al sole e ad altre fonti di calore (acque calde termali, ecc.) per non peggiorare l’infiammazione articolare.
Il programma di riabilitazione invece va concordato con il reumatologo, il fisiatra o il fisioterapista, e ha lo scopo di attivare psicologicamente il paziente affetto dalla malattia perché reagisca al dolore, conservi la propria capacità articolare, il tono e il trofismo muscolare, e recuperi il più possibile la propria autonomia, senza che ne abbia a soffrire la qualità della sua vita.
È evidente che la riabilitazione può avvenire solo nella fase di remissione della ma- lattia e prevede diversi tipi di interventi tra i quali segnaliamo:
• L’elettroterapia antalgica (TENS, correnti diadinamiche). Da evitare le cosiddette termoterapie endogene, cioè ultrasuoni, radarterapia, marconiterapia.
• La chinesiterapia, cioè la mobilizzazione attiva e passiva delle articolazioni (idro- chinesiterapia, esercizi di rinforzo muscolare).
• L’economia articolare, cioè una serie di soluzioni pratiche e tecniche che vanno dall’adattamento dell’ambiente in cui si vive, all’utilizzo di ausili (tutori, calza- ture, plantari, busti) e di ortesi (splints) per mantenere una corretta posizione dell’articolazione in fase di riposo e di movimento, oltre che il ricorso a movi- menti “studiati” che permettono di risparmiare il più possibile lo sforzo delle ar- ticolazioni, rallentandone il deterioramento.
Infine, l’intervento chirurgico in caso di Artrite Reumatoide si rende necessario qualora il danno alle articolazioni stia causando gravi limitazioni funzionali oppure ci si trovi di fronte a una sintomatologia dolorosa che non può essere controllata attraverso i farmaci. Prima di decidere l’intervento è necessario che il medico valuti con attenzione lo stato di salute complessivo del paziente, le condizioni dell’arti- colazione, dei tendini e dei tessuti sui quali si deve intervenire, valutando le sue aspettative e il rapporto rischio/beneficio che ci si attende. Gli interventi chirurgici praticabili possono riguardare operazioni di ricostruzione delle articolazioni (ar- troprotesi), dei tendini (soprattutto quelli delle dita delle mani) o di sinoviectomia per rimuovere il liquido sinoviale infiammato.
All'esordio della patologia il paziente lamenta dolore e tumefazione articolare. Per questo motivo, nella maggior parte dei casi, si rivolge al proprio medico di medi- cina generale che ha l'importante compito di sospettare la malattia e di inviare tempestivamente il malato allo specialista; infatti in pochi mesi l’artrite diventa irreversibile e le speranze di ottenere una remissione completa possono sfumare. Inoltre è suo compito seguire, di concerto con il reumatologo, il paziente nel tempo, al fine di monitorare l’evolversi della malattia e la tossicità dei farmaci uti- lizzati.
In presenza dei segni o sintomi già citati (tumefazione a carico di tre o più artico- lazioni, persistente da più di 12 settimane, dolore ai polsi e alle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, rigidità al risveglio) è fortemente raccomandato l’invio allo specialista reumatologo. In questa fase del percorso gli unici farmaci utilizzabili per la sintomatologia sono i FANS, mentre è fortemente sconsigliato l’uso di ste- roidi prima della definizione diagnostica per evitare di occultare sintomi utili.
Lo specialista reumatologo definirà, nelle forme di recente insorgenza, la tipologia di artrite, distinguendo le forme autolimitanti da quelle persistenti non erosive e persistenti erosive, secondo i criteri di Visser:
AUTOLIMITANTE
ARTRITE
PERSISTENTE NON EROSIVA
PERSISTENTE EROSIVA
„ INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO
> VALUTAZIONE BASALE DELLE ATTIVITÀ DI MALATTIA E DEGLI INDICATORI PROGNOSTICI SFAVOREVOLI
> INIZIO DEL TRATTAMENTO
> INFORMAZIONE ED EDUCAZIONE DEL PAZIENTE
Mentre nelle forme stabilizzate (“floride”) adotterà gli usuali schemi di diagnostica differenziale con le altre forme artritiche e inquadrerà la malattia articolare nel particolare “setting” clinico del paziente (presenza di pluripatologia e/o di multi- terapia).
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Compito specifico dello specialista sarà poi quello di applicare i criteri clinimetrici più aggiornati per consentire un adeguato follow-up della malattia ed una sem- plificazione del processo decisionale di scelta dei farmaci e di valutazione degli outcomes. Si raccomanda che al termine dell’iter diagnostico ed a conclusione dell’inquadramento terapeutico lo specialista reumatologo invii al medico di me- dicina generale del paziente una sintesi scritta contenente la diagnosi, la terapia ed il follow-up con esami di controllo e la tempistica dei successivi controlli spe- cialistici. Auspicabile sarebbe la segnalazione di eventuali eventi avversi attesi nel- l’utilizzo di farmaci noti e l’invio di schede tecniche di farmaci presumibilmente poco noti al MMG. Al fine di un migliore monitoraggio del paziente sarebbe in- fine utile creare un canale di comunicazione tra lo specialista ed il medico di me- dicina generale.
La strategia terapeutica per l’AR è sostanzialmente basata sul concetto che una AR iniziale non è meno grave di una forma già evoluta. Ciò non toglie che l’intervento terapeutico precoce consente un migliore controllo della malattia e garantisce i migliori risultati clinici. Pertanto è di estrema importanza un trattamento intensivo e personalizzato che si avvale di frequenti controlli clinici (così detto “trattamento intensivo”).
La strategia terapeutica deve basarsi sull’accurata valutazione degli Indicatori Pro- gnostici attualmente disponibili e rivelatisi maggiormente predittivi nei confronti dell’evolutività della malattia.
Nel caso di fattori prognostici non severi si può anche iniziare la terapia con un unico farmaco di fondo (monoterapia) in associazione o non con steroidi a basso dosaggio.
Nel caso di fattori prognostici negativi (in particolare presenza di erosioni alla va- lutazione basale) è indicato iniziare una terapia di fondo in combinazione con me- totrexate considerato al momento il farmaco di fondo di riferimento.
Alla luce dei dati sino ad ora disponibili il metotrexate e la sulfasalazina sono i far- maci con miglior profilo efficacia/tossicità.
I passaggi successivi prevedono:
• Controllo preliminare dei rischi di infezioni Tbc con Rx-torace, da ripetersi an- nualmente, e Test Intradermico alla Mantoux, utilizzando preferibilmente 10
U.I. di Tubercolina (come da Linee Guida della Società Italiana di Reumatologia).
• Nei soggetti artritici con Mantoux di dubbia interpretazione per immunode- pressione iatrogena e nei soggetti nei quali la positività della Mantoux possa es- sere attribuita ad una pregressa vaccinazione con BCG (invece che ad una
Algoritmo Terapeutico Artrite Reumatoide
Recommendations
Phase I
No contraindication for methotrexate
Start methotrexate ±
Failure phase I: go to phase II
No
Phase II
Prognostically unfavourable factors present
such as RF/ACPA, esp. at high levels; very high disease activity; early joint damage
No
Add a biological drug (especially TNF alphainhibitor)
Failure phase II: go to phase III
No
Phase III
Biological agent ± synthetic DMARD
Change the biological treatment:
switch to second TNF-blocking drug (+DMARD) or
Replace TNF-blocking drug by abatacept (+ DMARD) or rituximab (+ DMARD) or tocilizumab (± DMARD)
*The treatment target is clinical remission or, if remission is unlikely to be achievable, at least low disease activity
Clinical diagnosis of rheumatoid arthritis
Contraindication for methotrexate
Combine with short-term
low or high dose ±
glucocorticoids
Yes
Achieve target* within 3-6 months
Start leflunomide, intramuscolar gold or sulfasalazine
Continue
Failure or lack of efficacy and/or toxicity in phase I
Achieve target* within 3-6 months
Prognostically unfavourable factors absent
Start a second synthetic DMARD: Leflunomide, Sulfasalzine
MTX or intramuscolar gold as monotherapy or eventually as combination therapy
(with or without addition of glucocorticoids as above)
Yes
Continue
Achieve target* within 3-6 months
Failure or lack of efficacy and/or toxicity in phase II
Achieve target* within 3-6 months
Yes
Continue
No
infezione latente da micobacterium tuberculosis) può essere utile affiancare al classico test intradermico uno dei nuovi test basati sulla produzione in vitro di interferon-γ dopo stimolazione con antigeni specifici (PPD, ESAT-6 e CFP-10), nelle loro varie confezioni commerciali;
• verifiche trimestrali degli outcomes (verifica della remissione, miglioramento, stabilizzazione o della eventuale refrattarietà al farmaco), mediante controllo cli- nico e degli esami bioumorali;
• adeguamento trimestrale della terapia (esami bioumorali, visita e piano terapeu- tico trimestrale) con:
- inserimento in terapia dei farmaci biologici anti-TNF alfa in caso di fal- limento della terapia tradizionale di combinazione (uno dei farmaci deve essere obbligatoriamente il metotrexate)
- passaggio ad altro anti-TNF alfa con diverso meccanismo di azione in caso di inefficacia (non è necessario che vi sia un diverso meccanismo d’azione se la sospensione della terapia è dovuta alla comparsa di eventi avversi)
- passaggio ad altro biologico (rituximab, abatacept ovvero tocilizumab).
3. BENEFICI
DELLA DIAGNOSI PRECOCE
*
La diagnosi e la terapia dell’AR devono essere effettuate il più precocemente pos- sibile per diversi motivi.
Innanzitutto bisogna tener conto che la disabilità ed il danno radiologico sono precoci e progressivi, basti pensare che entro i due anni dall’esordio non solo sono già riconoscibili le erosioni articolari, ma il danno funzionale a quest’epoca rag- giunge già il 75% del massimo danno possibile. Inoltre disabilità e danno articolare procedono in maniera disaccoppiata dai fenomeni infiammatori che caratterizzano le fasi di acuzie della malattia. Può accadere, quindi, che pazienti in apparente re- missione abbiano comunque una progressione di malattia che conduce a gravi di- sabilità da danno strutturale delle articolazioni colpite.
Di conseguenza un trattamento precoce e adeguato, inteso come trattamento in- tensivo, previene il danno articolare ed aumenta la speranza di vita dei pazienti.
Affaticabilità, depressione, inabilità lavorativa fanno sì che questa patologia debba essere considerata una vera e propria “emergenza medica”.
Un ritardo nella formulazione della diagnosi e nell’inizio di una terapia con i co- siddetti “farmaci di fondo” (DMARDs) condiziona pesantemente l’evoluzione della malattia e dei suoi costi per la società.
I principali ostacoli connessi ad una diagnosi e quindi ad una terapia precoci della AR riguardano:
• un ritardo connesso al paziente, che considera superficialmente i propri sintomi, che non accetta la malattia o che ha una scarsa adesione alla terapia;
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
• un ritardo connesso al MMG, ossia un ritardo nel riconoscere i sintomi e nel- l’inviare il paziente dallo specialista;
• un ritardo connesso allo specialista reumatologo, nella effettuazione della dia- gnosi e della terapia.
Fattori diagnostici sfavorevoli nell’Artrite Reumatoide all’esordio possono essere un elevato numero di articolazioni dolenti e/o tumefatte, elevati valori della VES e della PCR, la positività del fattore reumatoide, la precoce comparsa di erosioni, elevati livelli di incapacità funzionale e disabilità, condizioni socio-economiche avverse e infine basso grado di scolarità.
Concludendo, il percorso che i malati debbono affrontare per ottenere una dia- gnosi certa di AR si rivela spesso lungo e tortuoso.
È ormai accertato che un’azione terapeutica precoce è in grado di ritardare note- volmente il decorso della patologia e di migliorare sensibilmente le prospettive ed il livello della qualità della vita dei pazienti, spesso invece compromessi da una scoperta tardiva della malattia.
A tutt'oggi infatti i tempi che separano la comparsa dei primi sintomi dalla dia- gnosi di Artrite Reumatoide risultano essere troppo lunghi, così come è ingente il lasso di tempo che mediamente i malati debbono attendere prima di ricevere la conferma della diagnosi dallo specialista reumatologo, il professionista sanitario d'elezione nella gestione degli interventi terapeutici richiesti dalla AR.
Esiste però, così come testimoniato da diversi studi e dalle esperienze dei Reuma- tologi della SIR, un consistente sommerso di malati di AR non diagnosticati.
Complessivamente il tempo medio rilevato dall'insorgenza dei primi sintomi all'ot- tenimento della diagnosi di Artrite Reumatoide è pari a 11,7 mesi, un anno di attesa dunque prima di ottenere finalmente una chiara indicazione rispetto al proprio pro- blema di salute: un dato che denuncia un serio deficit di rapidità di intervento.
Si tratta di un'indicazione precisa che mostra come esistano difficoltà concrete che impediscono un corretto funzionamento nel processo di individuazione della pa- tologia e un importante sintomo della difficoltà del servizio sanitario di rispondere adeguatamente alle esigenze dei malati di AR. I tempi di riconoscimento della AR variano sensibilmente a seconda che il professionista che effettua la diagnosi sia il medico di medicina generale, il reumatologo, o un altro medico specialista non reumatologo.
Un MMG in grado di individuare ed interpretare correttamente i sintomi, riduce sensibilmente il tempo della diagnosi, così come accelera l'intervento dello spe-
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cialista più adatto alla cura di questa patologia. Se infatti si esaminano i tempi complessivi di accesso alla supervisione di un reumatologo si noterà come ad una diagnosi tempestiva del medico di medicina generale si associ un invio piuttosto celere alla visita specialistica reumatologica.
L’investimento nella informazione dei medici di medicina generale diventa per- tanto essenziale, quale primo step per il miglioramento complessivo dell’offerta di cura per i pazienti con AR, sia nell’ottica di ottimizzare i tempi della diagnosi sia per correggere le distorsioni del percorso diagnostico.
L’appropriatezza dell'intervento del MMG non è l'unico fattore che incide sui tempi della diagnosi, infatti ha certamente un peso anche il livello di offerta dei servizi offerti dal territorio di riferimento del paziente. Sebbene il processo che precede il riconoscimento della malattia si riveli spesso di lunga durata, una volta ottenuta faticosamente la diagnosi, la scelta del punto di riferimento unico per la cura della patologia si indirizza verso lo specialista reumatologo, mentre il medico di medicina generale rappresenta raramente l’interlocutore unico per i pazienti, ed ancor meno frequente l’affidarsi ad un altro specialista.
L’offerta di servizi sul territorio però sembra essere la principale motivazione che influenza la scelta dell'interlocutore per la cura della malattia. La mancata cono- scenza da parte dei pazienti affetti da AR della presenza di Centri specializzati è un aspetto che chiaramente coinvolge la strutturazione e l’efficienza dei servizi sa- nitari nel loro complesso.
4. QUALITÀ
DI VITA
*
Il concetto di “qualità di vita” è molto antico. Epicuro, nel IV secolo avanti Cristo, scrisse: “Una salda conoscenza dei bisogni inclina a ricondurre ogni assenso o diniego al benessere del corpo ed alla piena serenità dell’animo, poiché questo è il fine della vita felice. A questo fine noi rivolgiamo ogni nostra azione, per allontanarci dalla soffe- renza e dall’apprensione”.
Nonostante questo, il concetto di qualità di vita come entità misurabile, e della misurazione della qualità di vita come strumento utilizzabile in sociologia, in me- dicina ed in altri campi è relativamente recente.
Prima e più che in medicina, il concetto di qualità di vita è stato applicato in so- ciologia, spesso in riferimento ai problemi ambientali ed al deterioramento delle condizioni di vita nelle città, senza che si giungesse ad una definizione precisa di tale concetto.
Una definizione dell’OMS del 1948 dice: “Qualità di vita è la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspet- tative e preoccupazioni”. In modo più pragmatico ed operativo, la qualità di vita può essere descritta da una serie di aree o dimensioni della esperienza umana che riguardano non solo le condizioni fisiche ed i sintomi, ma anche la capacità di un individuo di “funzionare”, dal punto di vista fisico, sociale, psicologico e di trarre soddisfazione da quanto fa, in rapporto sia alle proprie aspettative che alla propria capacità di realizzare ciò che desidera.
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
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Per gli usi medici, è stato introdotto il concetto di qualità di vita correlata alla sa- lute, definita come “l’insieme degli aspetti qualitativi della vita dell’individuo cor- relabili ai domini della malattia e della salute, e pertanto modificabili dalla medicina”. A sua volta, la definizione di salute data dalla stessa OMS è: “completo benessere fisico, psicologico e sociale e non solamente di assenza di malattia”.
La misurazione della qualità della vita può avere importanti implicazioni per i me- dici, per i pazienti ed anche per gli organismi di controllo come il Ministero della Salute.
Negli ultimi anni si è andata affermando l’esigenza di avere informazioni anche circa l’efficienza di una terapia, e cioè sui suoi risultati al di fuori dei trials rando- mizzati e controllati.
Questa modalità di ricerca prende il nome di outcomes research o “ricerca degli esiti”, ed è volta a determinare gli effetti di una terapia sullo stato di salute globale del paziente, sulla sua capacità di funzionare normalmente, oltre che sulla durata della sopravvivenza.
Vi è infatti una crescente consapevolezza che solo la misurazione diretta degli esiti finali indotti dalla terapia permetta di stabilire il reale valore terapeutico e la reale utilità clinica di un farmaco.
In questo contesto la misurazione dello stato di salute, spesso complementare, ta- lora alternativa alla misura della sopravvivenza, ha assunto un significato clinico di notevole rilievo.
I progressi sociali, scientifici e tecnologici degli ultimi decenni hanno infatti per- messo di controllare la maggior parte delle patologie e di aumentare in modo ri- levante l’aspettativa di vita delle popolazioni dei paesi maggiormente industrializzati.
L'intervento sulle patologie croniche come quelle reumatiche è divenuto quindi il principale obiettivo dei programmi di gestione sanitaria nei paesi occidentali. In questa prospettiva, l'obiettivo terapeutico primario nella maggior parte dei casi non è più rappresentato dall’incremento della sopravvivenza, quanto dal conse- guimento del miglior stato di salute possibile.
Si deduce che la misurazione della qualità della vita può avere importanti appli- cazioni.
Innanzitutto, indipendentemente dalle terapie, essa può aiutare a valutare l’im- patto della malattia sulla sensazione soggettiva di benessere dei pazienti.
Inoltre essa può aiutare a valutare l’efficacia di una strategia terapeutica nei trials randomizzati e controllati. In questi studi, la misurazione della qualità di vita in- serisce una nuova dimensione nella valutazione dell’efficacia dei trattamenti, e può essere molto utile nel decidere quale, tra due terapie di pari efficacia, risulti meno sgradevole per il paziente.
Lo stesso discorso può essere fatto per la valutazione dell’efficienza di una terapia nell’applicazione quotidiana.
Ancora, essa può fornire informazioni utili a medici e pazienti circa la prognosi di una malattia e soprattutto sull’esito atteso di una terapia.
Infine, essa può entrare in maniera decisiva nella valutazione del rapporto costo- efficacia di una terapia. Ciò è particolarmente importante in un’epoca in cui l’at- tenzione ai costi della sanità sta diventando sempre più pressante.
La qualità di vita come insieme di immagini e di percezioni mentali, non può es- sere rilevata direttamente. Inoltre, per definizione, essa è soggettiva, e quindi la sua valutazione richiede domande dirette al paziente.
Idealmente, la maniera migliore per porre domande al paziente sarebbe l’intervista. Tuttavia questa non è praticamente realizzabile, sia per motivi pratici che per la necessità di analizzare e confrontare dati provenienti da pazienti diversi, ed anche dallo stesso paziente in tempi diversi.
Perciò si ricorre a questionari sviluppati appositamente, che possono essere sintetici o analitici: quelli sintetici sono costituiti da una sola domanda, e mirano ad otte- nere una valutazione generale molto semplice della qualità di vita del paziente; quelli analitici valutano diverse dimensioni dell’esperienza umana, e possono essere di due tipi: generici o specifici per malattia. I primi tendono a valutare lo stato generale del paziente, i secondi fanno riferimento più specificamente ai disturbi o alle limitazioni che il paziente può subire a causa di una particolare malattia.
L’elaborazione dei questionari è un processo lungo, difficile e costoso. Questo si deve al fatto che essi debbono rispondere a esigenze difficilmente conciliabili tra loro, come la semplicità, la brevità, e la riproducibilità.
Un problema nello sviluppo dei questionari è quello della specificità culturale: in- fatti, tra i diversi gruppi etnici esistono differenze culturali che alterano la scala dei valori, e che debbono essere tenute presenti nell’adattare un questionario ad una popolazione differente da quella in cui è stato originariamente sviluppato (tra- slazione e non traduzione).
In tutti i Paesi, gli sforzi si sono finora concentrati nel definire la metodologia per
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lo sviluppo degli strumenti di misura, e nello sviluppare strumenti adatti alle più varie condizioni patologiche.
La prossima tappa sarà l’applicazione sistematica della misurazione della qualità di vita come complemento della valutazione dell’impatto delle malattie sull’indi- viduo, e dell’effetto delle diverse terapie.
Il passo successivo sarà l’utilizzo della misurazione della qualità di vita come uno degli elementi essenziali nella valutazione della utilità clinica delle terapie.
In quest’ottica la qualità di vita giocherà probabilmente un ruolo importante nella valutazione del rapporto costo-beneficio delle terapie, e verrà utilizzata dalle Au- torità regolatorie allo scopo di definire la rimborsabilità o meno di una terapia da parte dello Stato o degli enti assicurativi.
Ne deduciamo quindi che la qualità di vita è un concetto multi-dimensionale che descrive la soddisfazione complessiva della persona rispetto alla propria vita, un concetto che può essere a sua volta declinato in varie componenti quali lo stato di salute e le capacità funzionali, la situazione psicologica e il benessere, le interazioni sociali, la situazione economica, la realizzazione professionale, la dimensione spi- rituale.
Una malattia cronica e invalidante quale è l'Artrite Reumatoide, oltre a compro- mettere evidentemente lo stato di salute dei pazienti, impatta in modo decisivo non solo sulla qualità della vita in senso più ampio, ma anche sulla sfera sociale e relazionale delle persone che ne sono affette, ed evidentemente configura una serie di modificazioni del modo di vivere a tutti i livelli, che spesso finiscono per pesare anche sulla percezione di sé e delle proprie possibilità di realizzazione personale.
La percezione della malattia, dello stato di “diversità”, di disabilità correlata al sin- tomo, al dolore, alla sofferenza, è l’espressione tangibile della malattia, delle proprie condizioni di vita, del continuo rinunciare a vivere una vita da persona “normale”. La percezione della qualità della vita, e quindi della patologia, affonda le proprie radici nelle credenze e nella cultura della società in cui il soggetto vive, pertanto anche i concetti di “malattia” e “normalità” saranno correlati agli standard di rife- rimento della popolazione in cui il soggetto è inserito, e condizionati da essi. La percezione soggettiva della sofferenza, risultante dalla progressione della malattia, spiega l’atteggiamento della persona rispetto a tutto l’insieme di comportamenti da essa derivanti.
Ogni individuo naturalmente è differente da un altro ed è per questo portatore di una personale visione della vita, nella quale sia gli elementi soggettivi che quelli oggettivi concorrono a definire la personale qualità di vita.
In una persona affetta da Artrite Reumatoide, la condizione di vita, la capacità di interazione con la società è proporzionata a quella che è la funzionalità articolare. In breve tempo la persona si ritrova ad avere delle incapacità funzionali, spesso a carattere altamente invalidante.
Quanto più la malattia è attiva, tanto più devasta il corpo della persona che ne è affetta; quanto più la malattia è sintomatica, tanto più il paziente tocca con mano il disagio, non solo fisico, ma anche psicologico. Il numero e la durata delle fasi di crisi esercitano un peso assolutamente decisivo nella percezione dello stato di salute dei pazienti: tanto più numerose e lunghe sono le fasi di crisi, tanto più è insod- disfacente lo stato di salute percepito dal paziente.
La AR non comporta il deterioramento delle capacità cognitive e intellettive, dun- que il paziente assiste spesso inerte all’evolversi degli eventi negativi provocati dalla patologia, assiste al mutamento del proprio corpo e della propria vita, dovendo necessariamente mettere in atto dei meccanismi di riadattamento.
Per riadattare la propria vita nell’ottica della patologia, deve innanzitutto accettare la nuova immagine di sé, quindi deve metabolizzare la trasformazione che avviene nel proprio corpo.
Accettazione della patologia e riadattamento della propria vita, inevitabilmente generano una fragilità sociale, che ha diverse facce.
Una fragilità sociale che è paura, paura di ciò che non si conosce, la malattia, e paura del futuro, quindi di ciò che essa cambierà nei piani e negli obiettivi della persona che ne è affetta.
Una fragilità che è perdita di affidabilità, perché la patologia tende a modificare le certezze di “ruolo” consolidate e date per scontate. La precarietà dello stato di salute rende fragile ogni certezza e, nelle relazioni sociali, la persona non si sente più adeguata e diventa “inaffidabile”.
Una fragilità che è perdita di autostima, perché il paziente considera solo ciò che è in grado di “fare” come persona attiva che svolge un ruolo, come persona che ha delle responsabilità alle quale non riesce più a far fronte, e non più ciò che è e ciò che è in grado di “dare”.
Se l'impatto che la malattia esercita sulla percezione di sé e delle proprie possibilità risulta determinante sotto il profilo psicologico, altrettanto significative sono le testimonianze dei pazienti a proposito delle conseguenze che essi hanno sperimen- tato nella loro vita relazionale ed affettiva.
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Parliamo infatti a conclusione di una fragilità sociale che interessa l’affettività e la sessualità, vissuti normalmente come piacere, e che in seguito alla malattia diven- tano invece un problema, perché è la patologia stessa a generare un’alterazione nella gestione dei sentimenti. Questa fragilità è aggravata dai problemi che le donne affette da AR devono affrontare se desiderano una gravidanza, esperienza che naturalmente deve essere programmata nei minimi dettagli, considerando tutte le conseguenze che ne possono derivare.
Questa fragilità si riflette anche nelle relazioni di coppia e sull’intero gruppo fami- liare, che sempre più spesso difficilmente regge i ritmi dettati dalla patologia. La per- sona affetta da AR non solo deve affrontare la patologia ma inizia a sentirsi un peso per gli altri componenti della famiglia e per il coniuge stesso, inizia a manifestare questo disagio e non sa come gestirlo. Recentemente si è anche registrato un aumento dei casi di divorzio nelle famiglie in cui è stata la donna ad ammalarsi. La malattia quindi impatta negativamente sulla vita affettiva della persona.
Su questo complesso mondo interiore con cui la persona con Artrite Reumatoide impara a convivere, pesa il mondo esterno, con tutti i suoi ostacoli.
Tra i molti aspetti della quotidianità dei malati di Artrite Reumatoide, ci sono molti dettagli della vita di tutti i giorni che rendono un quadro ben chiaro della quantità di limitazioni che questi pazienti si trovano a dover sperimentare nelle loro giornate.
Sono sempre di più le volte che risulta complicato guidare la macchina o usare i trasporti pubblici, dunque riuscire a muoversi autonomamente nello spazio esterno alla propria abitazione, come anche farlo all'interno della propria casa.
Col progredire della patologia e nelle fasi acute della stessa, aumentano le difficoltà concrete che implicano diverse limitazioni che possono diventare frustranti (azioni semplici come girare una chiave nella serratura del portone di casa o del palazzo, dell'automobile o di un bagno pubblico, aprire un vasetto o un barattolo nuovo, vestirsi, lavarsi, prepararsi un pasto, ecc.).
Il convivere con questa patologia, con i suoi sintomi e con gli effetti a lungo ter- mine che il carattere degenerativo implica, significa soprattutto dolore, a volte in- sopportabile.
In una società caratterizzata dal mito dell’apparire, della perfezione, dell’efficienza, della produttività, ammalarsi di Artrite Reumatoide significa avere enormi diffi- coltà d’integrazione sociale, lavorativa e familiare, significa dovere affrontare bar- riere di tutti i tipi. Basti pensare alle ormai conosciute barriere architettoniche, per le quali tanto si è fatto, ma tanto ancora c’è da fare, soprattutto se riconosciamo
che esse rendono sempre più difficoltosa l’integrazione sociale della persona con disabilità, violando così quello che è il suo naturale diritto alla mobilità.
È ormai accertato che la AR determina una riduzione della speranza di vita, non- ché una inesorabile evoluzione verso l’inabilità, quindi appare evidente che la qua- lità della vita di questi pazienti è enormemente peggiorata, incrementando in maniera estremamente significativa i costi sociali dovuti all’assenteismo e/o al co- siddetto “preseenteism”, ossia la presenza sul posto di lavoro, volta esclusivamente ad evitare sanzioni economico-disciplinari, di persone ammalate che in realtà non sono in grado di svolgere i compiti loro assegnati.
Infatti le barriere più evidenti riguardano indubbiamente l’inserimento nel mer- cato del lavoro o la capacità di mantenere il proprio lavoro stabile nel tempo, ciò vuol dire che spesso le persone affette da Artrite Reumatoide, per le difficoltà che la patologia implica, devono fare i conti con l’impossibilità di scegliere luoghi di lavoro fuori dal proprio comune di residenza, con mansioni che siano consone alle proprie condizioni fisiche, con i pregiudizi, con una limitata scelta professio- nale.
La natura progressiva ed invalidante dell’Artrite Reumatoide quindi impatta in maniera significativa sulla capacità lavorativa di coloro che ne sono affetti. Tra i principali esiti a lungo termine della patologia vi è infatti spesso il determinare l'inabilità al lavoro dei malati. Le conseguenze più rilevanti della AR riguardano quei cittadini impiegati probabilmente in mansioni fisicamente più impegnative.
L’impatto dell'Artrite Reumatoide sulla vita lavorativa dei malati non provoca sol- tanto grandi stravolgimenti, ma si manifesta anche giorno per giorno, impedendo a coloro che ne sono affetti di dedicarsi completamente alla propria attività.
La difficile interazione con il datore di lavoro provocata dalle ripetute assenze, anche se può non determinare la perdita tout court del lavoro, è comunque un campanello d’allarme della difficile situazione nella quale si trova il paziente con AR, situazione sicuramente connessa a sentimenti di origine più personale, come il pensiero di dover rinunciare alla piena realizzazione professionale e lavorativa, che ha forti ricadute a livello psicologico e relazionale della persona stessa.
Una breve parentesi merita infine la relazione medico/paziente. Il paziente entra nel rapporto con il medico con un bagaglio di informazioni che possono o meno aiutarlo a capire la propria patologia e ad accettare i cambiamenti nel proprio fu- turo. Il medico è molto spesso lontano da una visione globale della persona che ha di fronte, ma è portato a dar peso solo al problema “malattia”, senza fare troppa attenzione a come si sente chi ne soffre, a come quella “diversa condizione” porti uno sconvolgimento nel mondo personale del soggetto.
Non si dovrebbe mai dimenticare che davanti al medico c’è una persona impaurita, ansiosa, preoccupata, affranta, smarrita che, in una strana logica di non accetta- zione della patologia, può perfino vedere nel medico un avversario. Per evitare questa esasperazione della relazione, il medico oltre a dimostrare di saper ascoltare, dovrebbe imparare a saper comunicare utilizzando un linguaggio semplice e com- prensibile, dovrebbe cercare di adottare un approccio differente in base al paziente stesso, in pratica dovrebbe abbandonare metodologie stereotipate per trattare il paziente secondo le sue reali esigenze. In tal senso, la comunicazione medico- paziente è fondamentale, affinché i meccanismi che si instaurano all’interno della relazione non vadano a gravare ancora di più sulla compromessa qualità di vita del paziente stesso.
5. I COSTI SOCIALI
DEI PAZIENTI AFFETTI
DA AR IN ITALIA
*
Il tema dei costi sociali necessita di una breve premessa che ben si lega al discorso appena fatto sull’attività lavorativa dei pazienti affetti da AR.
Se consideriamo che un investimento maggiore e precoce in diagnosi e terapia mi- gliora automaticamente l’autosufficienza, la produttività e la qualità della vita del paziente affetto da AR, allora risulta chiaro che un paziente curato presto e bene conserverà più a lungo il proprio posto di lavoro, continuerà a pagare le tasse, an- dando così a gravare meno in termini di costi diretti e indiretti, non solo sulla propria famiglia, ma anche sull’intera collettività.
Bisogna quindi ragionare in termini di benefici che il paziente con AR può ricavare da una precoce terapia, che sicuramente non sono comparabili a quelli che lo stesso paziente ottiene con una autosufficienza e una condizione sociale ormai compro- messe, e cioè iniziando la cura della propria patologia quando la disabilità è già in un stadio avanzato.
La determinazione del costo sociale della AR comporta l'analisi dell'insieme dei costi sostenuti per la cura e l'assistenza al malato da quest'ultimo e dalla sua fami- glia e che impattano sulla collettività in generale. La cura e l'assistenza richieste dall’Artrite Reumatoide implicano, infatti, una serie consistente di spese diretta- mente monetizzabili sostenute per l'acquisto di beni e di servizi (costi diretti), oltre a una una serie di costi di tipo indiretto che non prevedono cioè una spesa vera e propria ma che si valutano ricorrendo al concetto di costo-opportunità, conside- rando ovvero l'uso alternativo che la persona avrebbe potuto fare del tempo ed applicando a questo tempo un valore economico. I costi indiretti sono dunque la conseguenza di una perdita di risorse legata alla malattia soprattutto in termini di sottrazione di tempo ad una attività produttiva che riguarda sia il malato che il
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
familiare/amico impegnato nella sua assistenza. La valorizzazione di questa assi- stenza informale prestata dai familiari/amici del paziente è avvenuta attraverso la stima dei costi che sarebbe stato necessario sostenere nel caso di impiego di per- sonale retribuito.
Semplificando:
I costi diretti sono quelli sostenuti dal paziente per la cura dell'Artrite Reumatoide (farmaci, ricoveri, visite, trasporti ) e per l'assistenza a pagamento di cui ha bene- ficiato; mentre i costi indiretti sono quelli relativi al tempo sottratto ad un'attività lavorativa sia per coloro che sono affetti da AR che per i familiari che lo assistono gratuitamente, e intesi come perdita di risorse per la collettività.
Naturalmente sono rilevanti anche i costi cosiddetti intangibili, cioè quei costi che si esprimono in termini di sofferenza fisica e psicologica del paziente e dei suoi fa- miliari e che, sebbene non monetizzabili, sono dotati di grande rilevanza sociale e umana.
Dunque il calcolo dei costi diretti avviene considerando le spese sostenute dai pa- zienti relativamente alle seguenti voci:
• la spesa sostenuta per i farmaci (specifici per l'AR e non specifici);
• la spesa sostenuta per le terapie non farmacologiche a cui si sono sottoposti;
• la spesa privata per i ricoveri direttamente sostenuta dai malati;
• la spesa per presidi ed ausili ortopedici acquistati dai malati;
• la spesa per l'assistenza fornita da personale a pagamento;
• la spesa sostenuta (ticket o pagamento intero) per le visite, esami di laboratori e per il trasporto necessario per raggiungere i Centri ospedalieri/ambulatori/studi medici/laboratori analisi, ecc.
Il calcolo dei costi indiretti avviene considerando le spese dell'assistenza prestata dai familiari, amici, volontari per la quale sono stati considerati i compensi minimi tabellari del contratto collettivo di lavoro dei collaboratori familiari per le ore di assistenza ricevute.
Il calcolo dei mancati redditi da lavoro dei pazienti affetti da Artrite Reumatoide è stato realizzato:
• per i lavoratori, applicando la produttività media oraria alle ore di lavoro che hanno dichiarato di aver perso;
• per coloro che hanno dovuto abbandonare prematuramente il lavoro, sulla stima della quota annuale della relativa perdita di produttività.
Un esempio del Costo Medio Annuo per Paziente (CMAP), comprensivo sia dei costi diretti che indiretti (ad esclusione dei costi sostenuti dal SSN) nel 2007, ri- sultato pari a poco più di 11.000 euro, ci è fornito dal Rapporto Sociale condotto da CENSIS, ANMAR e SIR.
Costo Medio Annuo per Paziente (CMAP)
COSTI DIRETTI (esborsi a carico del paziente)
Spesa farmaceutica annua
Farmaci per l'Artrite Reumatoide - Spesa annua Farmaci per altre patologie - Spesa annua
Farmaci omeopatici, di erboristeria o di medicina complementare - Spesa annua
Terapie non farmacologiche (comprensive delle spese di trasporto) Terapie non farmacologiche pubbliche (ticket) - Spesa annua Terapie non farmacologiche private - Spesa annua
Costo del trasporto per sottoporsi a terapie non farmacologiche - Spesa annua
Presidi ed ausili ortopedici
Presidi ortopedici - Spesa annua
Bastoni, stampelle, sedie a rotelle, ecc. - Spesa annua
Assistenza
Personale pagato per l'assistenza - Spesa annua Badante - Spesa annua
Visite presso Centro reumatologico ospedaliero/universitario (comprensive delle spese di trasporto)
Spesa annua visita intra-moenia Spesa annua ticket
Spesa annua trasporto
Visite di controllo e accertamenti diagnostici nell'anno
Visite di controllo nell'anno - Spesa annua
Accertamenti diagnostici in strutture pubbliche/private/accreditate - Spesa annua Accertamenti diagnostici in strutture private - Spesa annua
Spese di trasporto per recarsi a visite di controllo e accertamenti diagnostici - Spesa annua
TOTALE COSTI DIRETTI MEDI ANNUI
COSTI INDIRETTI
Assistenza gratuita prestata da familiari, amici e altro personale non pagato
Personale non pagato per l'assistenza - Costo annuo
Mancati redditi da lavoro dei malati
Ore di lavoro perse nel corso dell'anno per gli occupati
Mancati redditi per lavoro nell'anno (per pensionamento o ritiro dal lavoro)
TOTALE COSTI INDIRETTI MEDI ANNUI TOTALE COSTI MEDI ANNUI
Fonte: indagine CENSIS-ANMAR-SIR, 2008
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Valore medio (in €) | % per tipologia di costo | % su totale costi |
576,3 | 41,2 | 5,1 |
407,6 | 29,1 | 3,6 |
137,5 | 9,8 | 1,2 |
31,2 | 2,2 | 0,3 |
67,9 | 4,9 | 0,6 |
13,4 | 1,0 | 0,1 |
27,7 | 2,0 | 0,2 |
26,9 | 1,9 | 0,2 |
11,1 | 0,8 | 0,1 |
8,1 | 0,6 | 0,1 |
3,0 | 0,2 | 0,0 |
629,6 | 45,0 | 5,6 |
133,4 | 9,5 | 1,2 |
496,2 | 35,5 | 4,4 |
6,7 | 0,5 | 0,1 |
1,9 | 0,1 | 0,0 |
1,5 | 0,1 | 0,0 |
3,4 | 0,2 | 0,0 |
107,7 | 7,7 | 1,0 |
45,1 | 3,2 | 0,4 |
20,7 | 1,5 | 0,2 |
5,2 | 0,4 | 0,0 |
36,6 | 2,6 | 0,3 |
1.399,4 | 100,0 | 12,4 |
3.970,2 | 40,3 | 35,3 |
3.970,2 | 40,3 | 35,3 |
5.880,4 | 59,7 | 52,3 |
905,2 | 9,2 | 8,0 |
4.975,0 | 51,0 | 44,0 |
9.850,6 | 100,0 | 87,6 |
11.250,0 | - | 100,0 |
Possiamo continuare il discorso sui costi sociali con un esempio che ci viene dal- l'intervento terapeutico con i farmaci biologici. Tale cura ha sicuramente un costo elevato per la Sanità Pubblica, ma se utilizzato precocemente nel paziente permette nella maggior parte dei casi una remissione e/o una stabilizzazione della patologia impedendo così l’evoluzione verso la disabilità nel paziente e permettendo la con- tinuazione di una vita sociale e lavorativa abbastanza attiva e produttiva; mentre se l’intervento con i farmaci biologici è ritardato, per quanto non viene intaccata la sua efficacia curativa sul paziente, risulta in molti casi inutile dal punto di vista della produttività lavorativa e dell’autonomia sociale, soprattutto perché iniziato tardivamente, quando cioè le articolazioni sono ormai danneggiate irreversibil- mente e le abilità del paziente sono ormai compromesse.
Oltre che avere dei benefici (non solo in termini di costi) per l’individuo, la dia- gnosi e l’inizio della terapia in tempi brevi producono dei benefici principalmente in termini di costi proprio sul Servizio Sanitario Nazionale e sulla società.
Quindi con strategie terapeutiche efficaci nelle prime fasi della patologia è possibile rallentare la progressione dell’AR e ridurre conseguentemente i costi correlati.
I dati pubblicati dal Ministero della Salute nella “Relazione sullo stato sanitario del Paese 2005-2006” indicano che i costi paziente per paziente/anno relativi alla AR sono pari a 4.400 euro per quelli diretti e raggiungono i 12.500 euro per quelli indiretti. In riferimento al numero totale stimato di pazienti affetti da AR, si cal- cola quindi che tale patologia ogni anno impegni risorse per circa 1,2 miliardi di euro per i costi diretti e circa 3,3 miliardi di euro per quelli indiretti.
6. LA CONDIZIONE SANITARIA
ITALIANA DEI PAZIENTI
CON ARTRITE REUMATOIDE
*
6.1 L’ARTRITE REUMATOIDE NELLA PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA REGIONALE
Misurare le conseguenze del sopraggiungere dell’AR nella vita lavorativa rappre- senta dunque uno degli step fondamentali per verificarne la rilevanza sociale. È in- fatti consistente il numero dei lavoratori che segnala episodi di ripetuta assenza dal lavoro a causa di problemi legati alla malattia. L’impatto che una malattia cro- nica come l’AR ha sul ruolo sociale di una persona è strettamente legato alla perdita di capacità lavorativa (work disability), quindi alla capacità di mantenere il proprio ruolo all’interno della società, con la conseguenza della più grave forma di disabi- lità.
Da tutto quanto sopra riportato possiamo inequivocabilmente dedurre un man- cato riconoscimento dell’Artrite Reumatoide, ancora troppo evidente da parte delle Istituzioni e in generale dell’opinione pubblica.
Infatti al termine del 2008 l’AR viene contemplata nei documenti di program- mazione sanitaria solo in alcune realtà regionali che hanno dato rilevanza alle pa- tologie reumatiche nei Piani Sanitari Regionali:
• Friuli Venezia Giulia, nel Piano Sanitario e Socio-Sanitario 2006-2008, ha con- siderato le patologie reumatiche come patologie problematiche sia per la cura, che per l’assistenza; questo è dovuto non solo alla loro alta frequenza, ma anche al fatto che costituiscono una delle principali cause di ricorso al servizio sanitario. Esse vengono considerate patologie che presentano grande variabilità di tratta- mento da parte dei medici, variabilità derivata da dubbi sulle terapie, da diffe- renze nelle prestazioni diagnostiche, dalla frequenza delle prestazioni erogate per
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
controlli ed esami. Con tali premesse nel Piano si prevede la definizione e l’at- tuazione di percorsi diagnostici, oltre che l’attivazione del ruolo di ordinamento all’Agenzia Regionale della Sanità in ambito di governo clinico.
• Lombardia, nel Piano Sanitario Regionale 2007-2009, in previsione di un diverso approccio ai pazienti con patologia reumatica, ha evidenziato la necessità di linee di intervento prioritario che evidenzino il tema delle malattie reumatiche e la necessità di attivare iniziative utili a promuovere una diagnostica e un tratta- mento precoci. Inoltre in esso si prevede un progetto di rete tra MMG, specialisti ospedalieri e ambulatoriali che, cooperando, garantiscano assistenza continua e integrata.
• Puglia, nel Piano Regionale per la Salute 2008-2010, ha definito la costruzione di una rete reumatologica con linee e obiettivi strategici, tra cui 53 posti letto complessivi di reumatologia nella Regione e una rete di ambulatori territoriali organizzata su 2 livelli: un Poliambulatorio Specialistico per le prestazioni di reu- matologia, radiodiagnostica, medicina fisica e riabilitativa, e un Poliambulatorio di III Livello, con un servizio di reumatologia, un laboratorio di analisi e un ser- vizio di radiodiagnostica.
• Sardegna, nel Piano Sanitario Regionale 2006-2008, ha riconosciuto una rile- vanza sociale alle patologie reumatiche e autoimmuni. L’assistenza al paziente reumatico viene intesa come una garanzia, e dovrà essere attuata attraverso una rete assistenziale che assicuri interventi di prevenzione e riabilitativi, oltre che di supporto a pazienti e familiari. Tale rete prevede la collaborazione tra MMG, gli ambulatori specialistici, i reparti di degenza, i Day Hospital, i servizi di riabili- tazione e assistenza domiciliare.
• Toscana, nel Piano Sanitario Regionale 2008-2010, ha previsto l’istituzione di percorsi specifici oltre che per altre patologie, anche per l’Artrite Reumatoide. Tali percorsi si attuano attraverso una definizione aziendale, la formazione degli operatori sanitari, l’avvio di una fase di sperimentazione, e la messa a regime delle linee guida con revisioni periodiche.
Fortunatamente la realtà sanitaria italiana sta cambiando.
Nel corso del 2009, altre Regioni si sono adeguate al contesto sopra descritto, e in alcuni casi (Puglia e Lombardia) si sono impegnate a migliorare la propria si- tuazione attivando i cosiddetti Piani Diagnostici Terapeutici.
In particolare:
• Lazio, con Decreto della Commissione Sanità della Regione del 16/11/2009, ha firmato per la realizzazione di un provvedimento che razionalizza l’uso dei farmaci biologici sia per la cura dell’AR che per altre patologie, bloccando così i tagli agli stanziamenti per la cura di questa patologia. Inoltre, l’AR è stata in- serita nell’esame del futuro Piano Sanitario della Regione, come patologia da prevenire e curare attraverso una rete informativa e di assistenza.
• Liguria, nel Piano Socio-Sanitario 2009-2011, ha previsto la realizzazione di una rete reumatologica, con l’obiettivo di integrare i servizi di degenza ambulatoriale extraospedaliera per le patologie reumatiche, mirando ad una attività di preven- zione e di gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici. Con tale finalità si è pre- vista la costituzione di una Sottocommissione regionale, che deve avere il compito sia di definire i percorsi diagnostici terapeutici, sia di elaborare racco- mandazioni e Linee Guida per l’appropriatezza terapeutica e prescrittiva.
• Lombardia, con il documento del 30/07/2009 “Linee di indirizzo per la gestione integrata delle poliartriti croniche: l’Artrite Reumatoide a paradigma” e relativo PDT, con impostazione simile a quello pugliese, si è posta l’obiettivo di pro- muovere un più efficace percorso diagnostico-terapeutico per l’AR.
• Puglia, la prima Regione in Italia nella quale, grazie al gruppo di lavoro compo- sto dalla Cattedra di Reumatologia Università di Bari, APMAR, Simg e SIP, co- ordinato da ARES Puglia, la Giunta Regionale con Delibera n. 255 del 03/03/2009 il “Percorso Diagnostico-Terapeutico (PDT) per la cura dell’Artrite Reumatoide”, ha provveduto a migliorare l’organizzazione clinica nella gestione del paziente con AR. Nel documento viene data importanza al medico di fami- glia, che ha il compito di inviare tempestivamente il paziente dallo specialista, e successivamente monitorare con lui l’andamento della patologia. Il PDT evi- denzia l’importanza di un adeguato e precoce trattamento dell’AR, secondo una strategia che si basa su: fattori prognostici, gravità dell’AR, raccomandazioni SIR sull’impiego dei farmaci, definizione del piano terapeutico, verifiche trimestrali, adeguamento della terapia.
• Toscana, con DGR 578/09 titolato “Linee di indirizzo per il governo e lo sviluppo dell’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’adozione dei programmi attuativi aziendali al fine di promuovere il diritto di accesso del cittadino e garantire tempi di attesa definiti”, ha previsto la costituzione entro la fine del 2009 di una rete che contempla anche le patologie reumatiche, per assicurare l’accesso alle visite specialistiche entro 30 giorni, in modo tale da favorire la diagnosi precoce in pa- zienti con sospetta AR.
In altre Regioni, ad oggi, la situazione è completamente differente, infatti, come si evince dalla tabella seguente, la AR non è citata, né vi sono disposizioni per le patologie reumatiche.
REGIONE | PIANO SANITARIO REGIONALE (vigente) | AR e MALATTIE REUMATICHE |
Abruzzo | Piano Sanitario Regionale 2008-2010 | Nessuna disposizione specifica |
Basilicata | Piano Sanitario Regionale 1997-1999 | Nessuna disposizione specifica |
Calabria | Piano Regionale per la Salute 2004-2006 | Nessuna disposizione specifica |
Campania | Piano Sanitario Regionale 2002-2004 | Nessuna disposizione specifica |
Emilia Romagna | Piano Sociale e Sanitario 2008-2010 | Nessuna disposizione specifica |
Marche | Piano Sanitario Regionale 2007-2009 | Nessuna disposizione specifica |
Molise | Piano Sanitario Regionale 1997-1999 attualmente vigente e Piano Sanitario Regionale 2008-2010 non ancora esecutivo | Nessuna disposizione specifica |
Piemonte | Piano Socio-Sanitario Regionale 2007-2010 | Nessuna disposizione specifica |
Sicilia | Piano Sanitario Regionale 2000-2002 | Nessuna disposizione specifica |
Umbria | Piano Sanitario Regionale 2009-2011 | Nessuna disposizione specifica |
Valle D’Aosta | Piano Regionale per la Salute ed il Benessere Sociale 2006-2008 | Nessuna disposizione specifica |
Veneto | Piano Socio-Sanitario Regionale 1996-1998 attualmente vigente e Piano Socio-Sanitario per il triennio 2007-2009 attualmente in discussione | Nessuna disposizione specifica |
P.A. di Bolzano | Piano Sanitario Provinciale 2000-2002 | Nessuna disposizione specifica |
P.A. di Trento | Piano Sanitario Provinciale 1993-1995 attualmente vigente e Progetto di Piano Provinciale per la salute dei cittadini della XIII legislatura approvato nel 2007 | Nessuna disposizione specifica |
6.2 Il PROBLEMA DELL’ACCESSO AI FARMACI*
Alla fine degli anni ’90, l’introduzione dei farmaci biologici di prima generazione, ossia gli inibitori del TNF, cambiò radicalmente il modo di curare l’AR, poiché erano disponibili pochi trattamenti in grado di rallentare la progressione della pa- tologia.
Il costo del trattamento con farmaci biologici era molto più elevato rispetto alle altre terapie allora disponibili, pertanto la loro diffusione fu necessariamente con- dizionata alle politiche sanitarie dei diversi paesi.
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR) e di Tonino Aceti (Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva)
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Nella famosa affermazione degli anni ’70, secondo la quale “Tutte le terapie efficaci dovrebbero essere disponibili gratuitamente”, Archie Cochrane era convinto che era necessario favorire le terapie efficaci a scapito di quelle inefficaci o utilizzate per indicazioni non approvate, quindi spendere maggiori risorse per le prime a “danno” delle seconde.
Ovvio è che da allora la situazione è cambiata notevolmente, se non altro in base al progresso scientifico e alle innovazioni in campo medico, progresso che però ha avuto nello stesso lasso temporale uno sviluppo maggiore rispetto a quella che è stata la crescita economica in alcuni paesi.
Pertanto, nelle politiche sanitarie ha preso piede man mano non più solo una va- lutazione dell’efficacia medica del farmaco, ma anche e soprattutto una valutazione in merito al rapporto costo-efficacia, e quindi costo-benefici, utilizzata soprattutto nella determinazione delle politiche di rimborso dei farmaci. Il fattore economico in generale e la politica del rimborso, in particolare, sembra essere quindi l’ele- mento determinante per l’accesso alle terapie dei pazienti.
Abbiamo visto come l’AR è associata a costi significativi non solo per il servizio sanitario, ma anche per il paziente stesso e per l’intera società.
Si è detto, infatti, che la parte più consistente di costi è generata dalla perdita di produttività del paziente stesso, pertanto la diagnosi e la sua presa in carico do- vrebbe avvenire in tempi brevi, e di conseguenza la terapia efficace e precoce do- vrebbe essere l’obiettivo primario delle politiche sanitarie, favorendo un accesso ai farmaci il più agevole possibile.
La causa delle differenze fra Paesi nell’accessibilità alle terapie sta nel loro elevato costo, che rappresenta così una delle principali barriere per l’accesso ai nuovi far- maci. Un problema di natura economica e politica, quindi, prima che sanitaria: si tratta di una trafila burocratica legata alla decisione di rimborsare o meno tali cure.
Quando il vantaggio per il paziente è ormai abbondantemente evidenziato da risultati scientifici e statistici, risulta chiaro che la rimborsabilità di un farmaco è giustificata.
Il problema in Italia nasce dalle diversità a livello regionale, che delineano una si- tuazione che contraddice il principio democratico di uguaglianza fra i cittadini/ pazienti; se un farmaco viene ad esempio risarcito in una Regione, ciò può non essere previsto nelle Regioni adiacenti.
I tempi di inserimento di un farmaco nel prontuario possono essere più o meno rapidi, a seconda della contrattazione con le aziende farmaceutiche. Il sistema ha reso i farmaci disponibili entro due o tre mesi dall’approvazione dell’Emea, ma le
decisioni dell’Aifa s’infrangono poi contro la frammentazione della Sanità a livello regionale, perché ogni Regione applica criteri d’indennizzo differenti a seconda dei propri parametri costo/beneficio.
I farmaci biologici per il trattamento delle malattie reumatiche vanno usati, ma vanno somministrati bene e alle dosi giuste, per evitare rischi per i pazienti e spre- chi per il Servizio Sanitario Nazionale.
Nella cura dell’AR, l’efficacia terapeutica dei farmaci biologici è ormai dimostrata: questi farmaci di fatto ormai arrestano la progressione del danno articolare e quindi l’avanzata della disabilità nella maggior parte dei casi; pertanto limitare l’accesso a tali terapie è molto grave per il paziente, ma soprattutto è inaccettabile per chi soffre vedere che sono scelte di carattere economico a pesare maggiormente sulla politica sanitaria.
I costi di queste terapie con farmaci biologici hanno imposto, al momento del loro ingresso nel prontuario terapeutico, la creazione di un apposito Registro Os- servazionale del Ministero della Salute in collaborazione con la Società Italiana di Reumatologia, cioè lo studio Antares, cominciato nel giugno 2001 e conclusosi nel marzo del 2004. Questo protocollo di studio, fornendo dei criteri ben definiti, prevedeva l’individuazione da parte delle Regioni e delle Province Autonome dei centri specialistici idonei alla diagnosi e al trattamento dell’AR, ed era finalizzato alla valutazione dei costi, della sicurezza di impiego e, in definitiva, all’individua- zione del malato “candidato ideale” a queste nuove terapie biologiche.
Nonostante la conclusione dello studio, il funzionamento e le attività espletate dai centri clinici partecipanti al Progetto Antares continuano: attualmente, infatti, tutti i farmaci biologici continuano ad essere prescritti, distribuiti ed utilizzati esclusivamente da parte dei centri che erano stati individuati nello studio per la gestione di questi pazienti e per la trasmissione dei dati al Ministero.
Dopo l’attribuzione della Sanità alle competenze delle Regioni, si è venuta a creare una situazione che vede una Sanità Pubblica Nazionale composta da diversi Sistemi Sanitari Regionali.
Negli ultimi anni, ai primi centri Antares se ne sono aggiunti altri, a ragione della forte richiesta della terapia con farmaco biologico; ma l’accesso è rimasto ancora troppo spesso precluso, diventando così una fra le tante barriere invisibili sul cam- mino dei pazienti.
In pratica lo studio Antares non è stato mai aggiornato, pertanto esistono ancora oggi forti disparità tra Regioni, per quanto riguarda prescrizione e somministra-
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zione: l’accesso ai farmaci biologici non è uniforme in tutta Italia, cioè non si può dire che i pazienti abbiano la stessa assistenza in tutte le Regioni.
Infatti, non tutti i Centri autorizzati alla distribuzione dei farmaci biologici sono realmente attivi; alcuni non hanno una specifica competenza reumatologica, men- tre i centri più importanti risultano sovraffollati ed hanno un carico di richieste superiori alle loro possibilità.
È ancora alta la percentuale di pazienti trattati esclusivamente con farmaci antin- fiammatori o con terapie di fondo, ed è ancora troppo esiguo (rispetto alla gravità della patologia) il numero di pazienti trattati con i farmaci biologici. Se conside- riamo i numeri di questa patologia c’è una forte variabilità territoriale: sono pochi i pazienti che accedono alle cure presso un centro di reumatologia universitario o ospedaliero nella propria zona di residenza. Le cause sono da ricondurre alla di- stanza dalla propria abitazione o alla totale mancanza del servizio nella propria zona di residenza, e infine anche alle liste di attesa troppo lunghe.
Sono ancora molte le zone ancora scoperte dalla presenza di centri. Vi è un’inac- cettabile differenza nel trattamento dei malati: è scandaloso che le differenti “ve- locità” delle Regioni italiane si ripercuotano sulla qualità di vita dei pazienti, che oltretutto hanno difficoltà a muoversi e a maggior ragione non dovrebbero spo- starsi per essere curati.
L’esistenza di accessi differenziati non riguarda solo il confronto tra Regioni, ma anche tra ASL della stessa Regione. Questo può dipendere ad esempio dalla diversa situazione delle aziende ospedaliere che, in base ai propri bilanci, tendono a in- cludere o escludere farmaci costosi. Può accadere infatti (ed è accaduto) che pa- zienti si vedano dimezzare la dose del farmaco, senza che si tenga conto dello stato di malattia. Ne deriva che, per tenere nei margini i bilanci della sanità nazionale e regionale, si dissestano i bilanci familiari dei pazienti, obbligati a spendere in “viaggi della speranza” per non vedere violato il proprio naturale diritto alla vita.
Pertanto, serve un impegno anche politico indirizzato a garantire pari opportunità di accesso alle cure e standard di trattamento, uniformi su tutto il territorio na- zionale.
7. COME MIGLIORARE
LA CONDIZIONE DELLE PERSONE
CON ARTRITE REUMATOIDE:
IL PUNTO DI VISTA DEI DIVERSI
STAKEHOLDER
Al fine di raccogliere ulteriori informazioni, nonché di individuare le linee di azione condivise di politica economica e sanitaria da mettere in atto per superare le attuali criticità che caratterizzano ancora oggi l’assistenza socio-sanitaria fornita alle persone con Artrite Reumatoide, Cittadinanzattiva ed ANMAR hanno pro- mosso una tavola rotonda, alla quale hanno preso parte tutti gli attori coinvolti nel percorso di cura di questa patologia, ciascuno dei quali ha esposto il proprio punto di vista, che nei paragrafi successivi riportiamo.
I soggetti coinvolti, oltre Cittadinanzattiva ed ANMAR, sono:
• MINISTERO DELLA SALUTE
• AGENAS
• INPS
• SIR
• SIMG
• FNOMCeO
• FIASO
• ANMDO
• UNIVERSITA’
7.1 LA POSIZIONE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MALATI REUMATICI (ANMAR)*
L’impegno prioritario è l’accesso per tutti i pazienti alle terapie, costose, ma final- mente in grado di migliorare la qualità di vita di chi vive con queste malattie.
* A cura di Serena Calcarella (collaboratrice dell’Associazione Pugliese Malati Reumatici - APMAR), con la su- pervisione di Antonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR)
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La prima difficoltà da risolvere è legata ai lunghi tempi per ottenere una diagnosi: sono ancora troppi i casi in cui ci vogliono 2 anni per avere una conferma di dia- gnosi da un reumatologo, dopo essere passati da un altro specialista.
Molti pazienti vengono gestiti per mesi in medicina generale con farmaci sinto- matici o cortisonici che non incidono sulla patologia, oppure vengono inviati er- roneamente a specialisti non reumatologi, quando invece attraverso la creazione di una rete di centri territoriali in connessione con quelli di riferimento, si potrebbe abbattere definitivamente il problema delle liste d’attesa ancora troppo lunghe. Nel Rapporto Sociale sull’AR stilato dal Censis e fortemente voluto da ANMAR e SIR, si parla di un vero e proprio percorso ad ostacoli, per definire ciò che le per- sone affette da questa patologia si trovano a dover vivere in Italia. Dall’indagine del Censis traspare chiaramente la complessità del mondo dei pazienti con AR: una patologia mal curata o curata in ritardo genera una vita fatta di rinunce e li- mitazioni, paure e incertezze, una vita che deve essere riadattata in tutte le sue di- mensioni (sociale, lavorativa, familiare) alla patologia.
Si è parlato di variabilità territoriale.
In alcune Regioni, la quantità di servizi presenti è decisamente bassa e costringe i pazienti a difficili migrazioni. Alcune Aziende Sanitarie Locali sono del tutto prive di servizi reumatologici, oppure non offrono la disponibilità del Day Hospital, addirittura spesso gli specialisti reumatologi sono aggregati ai reparti di ortopedia o medicina, non avendo così tempo sufficiente da dedicare al paziente con AR. Ci sono casi in cui il numero degli specialisti è totalmente insufficiente a coprire il fabbisogno della Regione.
Predomina la disparità di servizi e di regole: oltre il diverso accesso ai farmaci tra le Regioni, non vanno dimenticate la disuguaglianza tra le procedure burocratiche, che vanno ad ostacolare le prestazioni socio-sanitarie, i benefici socio-economici, i supporti assistenziali. Basti pensare ai numerosi ostacoli al riconoscimento del- l’invalidità civile e dell’handicap, al mancato accesso all’indennità di accompa- gnamento, al mancato accesso ai benefici su auto e bollo, all’esistenza di codici di esenzione inadeguati a garantire il monitoraggio e il controllo delle compli- canze delle patologie. Tutto va a ricadere sullo stato di salute del paziente e sulla sua qualità di vita, che risulta gravemente danneggiata se consideriamo il disagio psicologico che tutta questa situazione crea su di lui e sulla sua famiglia.
Bisogna insomma prevedere delle risorse adatte per curare i pazienti affetti da AR, adeguate in termini economici e organizzativi da parte delle Regioni, a beneficio anche dell’intera società; solo così si può vincere veramente la battaglia contro l’Artrite Reumatoide.
È necessario rendere più agevole le cure ai pazienti in trattamento con biologici, “delocalizzando” la distribuzione o la somministrazione di questi farmaci una volta prescritti dai centri di riferimento. In caso contrario sarà impossibile allargare la
quota di pazienti correttamente trattati ed abbattere le liste d’attesa.
Aumentare le risorse per un adeguato trattamento di questa patologia vuol dire anche ricordare che, rispetto ad altre patologie, l’Artrite Reumatoide resta una delle principali cause di invalidità che può essere contrastata solo attraverso un trattamento precoce ed adeguato in grado di indurre la remissione.
Creare un modello assistenziale “a misura di paziente” vuol dire potenziare i cen- tri di reumatologia, che devono diventare il punto di riferimento per la cura e per l’accesso alle terapie più efficaci; vuol dire riorganizzare la rete reumatologica dove già c’è o crearla dove non esiste, e distribuirla meglio sul territorio, al fine di ridurre i tempi di attesa per la diagnosi e la terapia, ma anche una rete integrata tra me- dicina di base e specialistica, con percorsi agevolati a strutture che possano garan- tire una diagnostica più moderna; infine, vuol dire potenziare le strutture riabilitative e fisioterapiche esistenti, o crearne delle nuove che siano adatte al pa- ziente.
L’obiettivo è riuscire a raggiungere un’integrazione fra tutti i soggetti che inter- vengono nel percorso assistenziale del paziente affetto da AR, una collaborazione che interessa MMG, specialisti reumatologi, fisioterapisti, fisiatri, infermieri, ope- ratori del Settore, pazienti e famiglie, tutti con i propri compiti ben definiti per garantire continuità al percorso terapeutico e assistenziale del paziente, sempre sulla base di un intervento sanitario appropriato e di qualità, e soprattutto omo- geneo a livello regionale e nazionale.
Migliorare quindi la gestione della patologia sin dall’inizio, dalla comparsa dei sintomi con l’informazione e la sensibilizzazione sulla AR e soprattutto con la crea- zione di corsie preferenziali per i casi di sospetta AR, per continuare con la corretta e precoce diagnosi certa, la terapia efficace e l’assistenza, insomma una “presa in carico del paziente a 360 gradi”, in tutte le fasi della patologia.
Per dar voce alle esigenze e ai bisogni delle persone affette da Artrite Reumatoide, si deve far fronte alle loro esigenze non solo assistenziali, ma anche psicologiche e pratiche, al fine di vincere la battaglia contro questa grave patologia, considerata ormai un’emergenza medica.
E’ necessario inoltre:
• attivare e implementare il day service;
• adottare a livello regionale i PDT per un trattamento tempestivo, appropriato ed efficace della patologia, anche sulla base di linee di indirizzo di carattere na- zionale;
• considerare l’Artrite Reumatoide una priorità all’interno degli atti di program- mazione economica e sanitaria regionale e nazionale;
• facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro dei cittadini affetti da Artrite Reu- matoide.
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7.2 LA POSIZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE*
In molti paesi come l’Italia, in questi ultimi anni, si è passati da una situazione sa- nitaria ad elevata mortalità e dominata dalle patologie acute e infettive ad una situa- zione di bassa mortalità e dominata dalle patologie croniche degenerative, che comportano spesso una limitazione dell’autonomia individuale e perdite funzionali in una o più delle attività quotidiane, influenzando la qualità di vita del paziente.
Molte di queste patologie sono caratterizzate dalla necessità di proporre modelli assistenziali finalizzati al miglioramento della qualità di vita dei pazienti, riducendo al tempo stesso la necessità del ricovero ospedaliero, gli interventi di riabilitazione e gli interventi di integrazione sia nell’ambito sanitario che socio-sanitario.
In Italia sono 300.000 i casi di Artrite Reumatoide, pari allo 0,5% della popola- zione. La prevalenza è superiore (0,5-0,7%) nei paesi del nord Europa e analoga a quella italiana nel resto del continente. Il 30-42% delle persone con Artrite Reu- matoide diventano inabili al lavoro entro 10 anni dall’esordio della malattia che colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto F/M = 4/1).
L’ incidenza è stata calcolata tra 2 e 4 nuovi casi/anno per 10.000 e il rapporto tra massima prevalenza (1%) e massima incidenza (4/10.000) risulta pari a 25.
Nella tutela assistenziale della persona con Artrite Reumatoide, che spesso va in- contro a disabilità, la strategia ideale di approccio è il lavoro in équipe, con l’atti- vazione di modalità di integrazione tra il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta, nel caso di pazienti pediatrici, i servizi distrettuali e le strutture specialistiche territoriali dei presidi ospedalieri e la crescita professionale di tutti i partecipanti al sistema nell’ottica di un miglioramento degli standard assistenziali.
Negli ultimi anni numerosi passi avanti sono stati fatti in tal senso ed in alcune Regioni la rete di assistenza svolge da alcuni anni attività assistenziali di notevole qualità. Lo sforzo da portare avanti è quello di superare la situazione a macchia di leopardo presente a beneficio di questi pazienti e di lavorare lì dove la situazione è già di qualità, per superare le difficoltà e le imperfezioni ancora presenti.
In particolare va raccordato il sistema delle cure ospedaliere con quello delle cure primarie e va progettato un sistema integrato di coordinamento tra queste ultime ed il livello specialistico per la continuità delle cure.
* A cura della Dott.ssa Lucia Guidotti e della Dott.ssa Paola Pisanti - Direzione generale della Programmazione Ministero della Salute
In quest’ottica il Servizio Sanitario Nazionale deve organizzarsi per rispondere a una domanda di assistenza caratterizzata da continuità delle cure per lunghi periodi e dalla necessità di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Ciò comporta la defi- nizione di un modello assistenziale o di modelli assistenziali che devono necessa- riamente prevedere oltre alla sinergia coordinata delle diverse figure professionali formate al tipo di assistenza, la costruzione di percorsi diagnostici terapeutici- assistenziali concordati e condivisi, la valutazione dei risultati clinici e organizzativi e un miglioramento della compliance.
Allo scopo di garantire un’ampia tutela degli assistiti il Ministero della salute at- traverso i lavori della Direzione generale della Programmazione, ha provveduto in questi anni a regolamentare la disciplina delle esenzioni per le malattie croniche ed invalidanti.
Come è noto, una prima “individuazione” delle forme morbose che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e del loro ambito di applica- zione è stata effettuata con il d.m. 24 maggio 1989 (G.U. 122 del 27.05.1989).
Il successivo decreto ministeriale 1 febbraio 1991 (G.U. 7 febbraio 1991 n° 32) ha provveduto alla “rideterminazione delle forme morbose che danno diritto alla esenzione dalla spesa sanitaria”, elencando le forme morbose esentate per l’assi- stenza farmaceutica, quelle esentate per prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e indicando altresì le modalità di esenzione per alcune condizioni e stati fisiopatologici particolari, per le campagne di prevenzione e per le situazioni di invalidità.
Il d.lgs. 29 aprile 1998 n. 124 (G.U. 30 aprile 1998 n. 99), in ottemperanza alle in-
dicazioni della legge 27 dicembre 1997 n. 449 (finanziaria 1998), ha provveduto alla “ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni”, stabilendo che, nell’ambito dei livelli essenziali di assi- stenza efficaci, appropriati ed uniformi posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sono individuate le prestazioni la cui fruizione è subordinata al pagamento diretto da parte dell’assistito di una quota limitata di spesa ed i criteri di esenzione dalla partecipazione al costo in relazione ad una particolare situazione economica del nu- cleo familiare ovvero alla presenza di specifiche condizioni di malattia e di invalidità.
In attuazione del d.lgs. n. 124/1998, il d.m. 28 maggio 1999 n. 329 ha indivi- duato le condizioni e le malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esen- zione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni incluse nei LEA (livelli essenziali di assistenza). Il decreto riporta anche le prestazioni da erogarsi in esenzione dal ticket per ciascuna delle condizioni o malattie elencate, precisando che la prescrizione di prestazioni in esenzione “è effettuata secondo criteri di effi- cacia e di appropriatezza rispetto alle condizioni cliniche individuali”.
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L’elenco di malattie e condizioni di cui all’allegato 1 del d.m. n. 329/99 è stato successivamente modificato dal d.m. 18 maggio 2001 n. 279 che regolamenta l’istituzione della rete nazionale delle malattie rare e che, nell’allegato 2, modifica le condizioni di esenzione del 329/99 per alcune patologie. Inoltre, un altro gruppo di malattie, previste nel decreto ministeriale 1 febbraio 1991, sono state incluse tra le malattie rare.
Nello stesso anno 2001 è stato pubblicato anche il d.m. n. 296 che modifica ed aggiorna le prestazioni esenti per 12 patologie e condizioni già individuate dal d.m. 329/1999.
Allo stato attuale la normativa garantisce ai pazienti affetti da Artrite Reumatoide la possibilità di accedere gratuitamente alle prestazioni di specialistica ambulato- riale riferibili al codice di esenzione specifico.
Le prestazioni sono le seguenti:
006. 714.0; .714.1; .714.2; .714.30; .714.32; .714.33
prestazioni di specialistica ambulatoriale attualmente fruibili gra- tuitamente dai pazienti affetti da ARTRITE REUMATOIDE
Prestazioni:
89.01 ANAMNESI E VALUTAZIONE, DEFINITE BREVI Storia e valutazione abbreviata, Visita successiva alla prima
90.04.5 ALANINA AMINOTRANSFERASI (ALT) (GPT) [S/U]
90.09.2 ASPARTATO AMINOTRANSFERASI (AST) (GOT) [S]
90.16.4 CREATININA CLEARANCE
90.22.3 FERRITINA [P/(Sg)Er]
90.22.5 FERRO [S]
90.42.5 TRANSFERRINA [S]
90.44.2 URINE CONTA DI ADDIS
90.44.3 URINE ESAME CHIMICO FISICO E MICROSCOPICO
90.60.2 COMPLEMENTO: C1Q, C3, C3 ATT., C4 (Ciascuno)
90.62.2 EMOCROMO: Hb, GR, GB, HCT, PLT, IND. DERIV., F. L.
90.64.2 FATTORE REUMATOIDE
90.72.3 PROTEINA C REATTIVA (Quantitativa)
90.82.5 VELOCITA' DI SEDIMENTAZIONE DELLE EMAZIE (VES)
91.49.2 PRELIEVO DI SANGUE VENOSO
RADIOGRAFIA CONVENZIONALE (RX) SEGMENTARIA DEL/I DISTRETTO/I INTERESSATO/I
92.14.1 SCINTIGRAFIA OSSEA O ARTICOLARE SEGMENTARIA
81.91 ARTROCENTESI Aspirazione articolare
Escluso: quella per: biopsia delle strutture articolari (80.30), iniezione di farmaci (81.92), artrografia (88.32)
93.03 VALUTAZIONE PROTESICA
93.11.2 RIEDUCAZIONE MOTORIA INDIVIDUALE IN MOTULESO GRAVE SEMPLICE
Incluso: Biofeedback Per seduta di 30 minuti (Ciclo di dieci sedute)
93.11.4 RIEDUCAZIONE MOTORIA INDIVIDUALE IN MOTULESO SEGMENTALE SEMPLICE
Incluso: Biofeedback Per seduta di 30 minuti (Ciclo di dieci sedute)
93.22 TRAINING DEAMBULATORI E DEL PASSO Incluso: Addestramento all'uso di protesi, ortesi, ausili e/o
istruzione dei familiari Per seduta di 30 minuti (Ciclo di dieci sedute)
93.31.2 ESERCIZIO ASSISTITO IN ACQUA
Per seduta di gruppo di 30 minuti max 5 pazienti (Ciclo di dieci sedute)
93.39.1 MASSOTERAPIA DISTRETTUALE-RIFLESSOGENA Per seduta di 10 minuti (Ciclo di dieci sedute)
93.39.5 ELETTROTERAPIA ANTALGICA
Elettroanalgesia transcutanea (TENS, alto voltaggio) Per seduta di 30 minuti (Ciclo di dieci sedute)
93.83 TERAPIA OCCUPAZIONALE
Terapia delle attività della vita quotidiana
Escluso: Training in attività di vita quotidiana per ciechi (93.78) Per seduta individuale (Ciclo di dieci sedute)
90.20.4 FARMACI ANTIINFIAMMATORI Acetaminofene, Paracetamolo, Salicilati
Nel lavoro di recente ultimato, cioè nell’approvando DPCM, sono presenti ulte- riori modifiche nel senso che sono state eliminate prestazioni che risultano obsolete e altre sono state inserite proprio con l’intento di migliorare e favorire i pazienti affetti da questa patologia cronica invalidante. Tali prestazioni sono volte anche alla prevenzione delle complicanze. La revisione, frutto del lavoro di questi ultimi anni, ha coinvolto anche la parte riguardante gli ausili e protesi che saranno di- sponibili nel momento in cui verrà approvato il nuovo DPCM sui LEA. Pertanto il processo di revisione che si è svolto in questi anni e che ha coinvolto specialisti e associazioni dei pazienti ha consentito di elaborare un nuovo elenco di presta- zioni che saranno disponibili gratuitamente nel momento in cui tale documento sarà approvato.
006 .714.0; .714.1; .714.2; .714.30; .714.32; .714.33
prestazioni di specialistica ambulatoriale che SARANNO fruibili gratuitamente dai pazienti affetti da ARTRITE REUMATOIDE
VISITA DI CONTROLLO necessaria al monitoraggio della malattia, delle com- plicanze più frequenti ed alla prevenzione degli ulteriori aggravamenti (* NOTA)
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95.02 PRIMA VISITA OCULISTICA. Incluso: ESAME DEL VISUS, REFRAZIONE CON EVENTUALE PRESCRIZIONE DI LENTI, TONOMETRIA, BIOMICROSCOPIA, FUNDUS OCULI CON O SENZA MIDRIASI FARMACOLOGICA
90.04.5 ALANINA AMINOTRANSFERASI (ALT) (GPT)
90.09.2 ASPARTATO AMINOTRANSFERASI (AST) (GOT)
90.16.4 CREATININA CLEARANCE
90.22.3 FERRITINA
90.25.05 GAMMA GLUTAMIL TRANSPEPTIDASI (gamma GT)
90.38.4 PROTEINE (ELETTROFORESI DELLE) [S] Incluso: Dosaggio Proteine totali (90.38.5)
90.44.01 UREA
90.44.3 URINE ESAME COMPLETO. Incluso: sedimento urinario
90.62.2 EMOCROMO: ESAME CITOMETRICO E CONTEGGIO LEUCOCITARIO DIFFERENZIALE Hb, GR, GB, HCT, PLT, IND. DERIV. Compreso eventuale controllo microscopico
90.64.2 FATTORE REUMATOIDE
90.72.3 PROTEINA C REATTIVA (Quantitativa)
90.82.5 VELOCITA' DI SEDIMENTAZIONE DELLE EMAZIE (VES)
91.49.2 PRELIEVO DI SANGUE VENOSO
88.23.2 RX DELLA MANO comprese le dita
88.28.2 RX DEL PIEDE [CALCAGNO] comprese la dita
81.91 ARTROCENTESI Aspirazione articolare
Escluso: quella per: biopsia delle strutture articolari (80.30), iniezione di farmaci (81.92), artrografia (88.32)
88.38.A TC DEL RACHIDE E DELLO SPECO VERTEBRALE CERVICALE. Incluso eventuale valutazione delle strutture del collo. Non associabile a 87.03.7 e con 88.38.9
88.38.B TC DEL RACHIDE E DELLO SPECO VERTEBRALE TORACICO. Incluso eventuale valutazione delle strutture toraciche. Non associabile a 87.41, 87.41.2, 88.38.9
88.38.C TC DEL RACHIDE E DELLO SPECO VERTEBRALE LOMBOSACRALE E DEL SACRO COCCIGE. Incluso eventuale valutazione delle strutture addominali. Non associabile a 88.01.1, 88.01.3, 88.01.5, 88.38.9
88.74.1 ECOGRAFIA DELL'ADDOME SUPERIORE. Incluso: fegato, vie biliari, colecisti, asse venoso spleno-portale, pancreas, milza, aorta addominale e grandi vasi a sede o sviluppo sovraombelicale, linfonodi, eventuali masse patologiche di origine peritoneale o retroperitoneale. Incluso eventuale integrazione colordoppler. Non associabile con 88.75.1, 88.76.1
88.99.6 DENSITOMETRIA OSSEA - DXA LOMBARE
88.99.7 DENSITOMETRIA OSSEA - DXA FEMORALE
88.99.8 DENSITOMETRIA OSSEA - DXA ULTRADISTALE
93.03 VALUTAZIONE PROTESICA finalizzata al collaudo
93.11.2 RIEDUCAZIONE MOTORIA INDIVIDUALE IN DISABILITA' COMPLESSE CON USO DI TERAPIE FISICHE STRUMENTALI DI SUPPORTO relativa alle “funzioni delle ar- ticolazioni, delle ossa e del movimento” secondo ICF dell’OMS e caratterizzata prevalentemente dall’esercizio terapeutico motorio, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, dal mezzo in cui viene realizzato e dalle protesi, ortesi ed ausili utilizzati e dalle attività te- rapeutiche manuali. Per seduta di trattamento di 60 minuti con al- meno 40 minuti di esercizio terapeutico (ciclo massimo di 10 sedute)
93.16 MOBILIZZAZIONE DI ALTRE ARTICOLAZIONI Manipolazione incruenta di rigidità di piccole articolazioni Escluso: Manipolazione di articolazione temporo-mandibolare
93.11.D RIEDUCAZIONE INDIVIDUALE ALL'AUTONOMIA NELLE ATTIVITA' DELLA VITA QUOTIDIANA Relative a mobilità, alla cura della propria persona, alla vita domestica secondo ICF. Incluso: ergonomia articolare ed eventuale addestramento del Care Giver. Per seduta della durata di 30 min.
90.17.B DOSAGGIO FARMACI CON METODI CROMATOGRA- FICI
90.17.C DOSAGGIO ALTRI FARMACI
45.16.1 ESOFAGOGASTRODUODENOSCOPIA [EGDS] CON BIOPSIA IN SEDE UNICA. Non associabile a: Biopsia dell'eso- fago (42.24); Biopsia dello stomaco (44.14); Biopsia del duodeno (45.14.1)
45.16.2 ESOFAGOGASTRODUODENOSCOPIA [EGDS] CON BIOPSIA IN SEDE MULTIPLA. Non associabile a Biopsia del- l'esofago (42.24); Biopsia dello stomaco (44.14);Biopsia del duo- deno (45.14.1)
09.19 ANALISI DELLA SUPERFICIE OCULARE [test di Schirmer, break up time (BUT), esame con coloranti]
Escluso: Dacriocistogramma per contrasto (87.05), Rx del tessuto molle del dotto naso-lacrimale
99.23 INIEZIONE DI STEROIDI. Iniezione di cortisone. Impianto sot- todermico di progesterone. Impianto sottodermico di altri ormoni o antiormoni
81.92 INIEZIONE DI SOSTANZE TERAPEUTICHE NELL'ARTI- COLAZIONE O NEL LEGAMENTO per seduta
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L’aggiornamento della disciplina delle esenzioni per malattie croniche ha tenuto sempre conto delle osservazioni e delle richieste formulate da parte degli Assessorati alla Sanità delle Regioni, di Società Scientifiche, di Aziende sanitarie, di Associa- zioni di malati e di cittadini, e le singole proposte di inserimento sono state valu- tate sulla base dei criteri previsti dal d.lgs. 124/1998 per la ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni: gravità clinica, grado di invalidità associato, onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo e dalla frequenza dei relativi trattamenti, inclusione nei livelli essenziali di assistenza, appropriatezza delle prestazioni per il monitoraggio del- l’evoluzione delle malattie, efficacia per la prevenzione degli aggravamenti, coe- renza rispetto ai percorsi diagnostici e terapeutici, monitoraggio degli effetti collaterali dei farmaci impiegati.
Per alcune patologie di particolare complessità, tra le quali l’Artrite Reumatoide, sono stati creati specifici gruppi di lavoro che hanno approfondito le problemati- che relative alla malattia con il coinvolgimento di numerosi specialisti ed esperti. La proposta di aggiornamento è stata quindi recepita poi dalla Commissione Na- zionale LEA.
Per quanto riguarda l’Artrite Reumatoide sono state inserite, sostituite o eliminate alcune prestazioni.
Nella considerazione che i lavori di aggiornamento dei decreti non possano pre- scindere da un coinvolgimento delle Regioni, è stata creata una rete di referenti regionali, con i quali sono state valutate le scelte effettuate e le eventuali ulteriori proposte di modifica o integrazione, tenendo conto anche della necessità di non creare disagi al cittadino e non rendere difficoltose le procedure amministrative.
Inoltre, per alcune patologie, tra cui l’Artrite Reumatoide, si è inteso sviluppare un confronto con le Società Scientifiche, con esperti del settore, con le Associazioni di tutela dei malati, con i rappresentanti della FIMMG, FIMP, SUMAI.
Sono stati, pertanto, costituiti alcuni gruppi che hanno approfondito le proble- matiche relative alle quali hanno partecipato Rappresentanti di Società Scientifi- che, di Associazioni di tutela dei malati, di Sindacati medici ed esperti.
Il Ministero della Salute, consapevole della necessità di facilitare l’applicazione dei provvedimenti, ha gestito l’applicazione con il preciso obiettivo di garantire con- cretamente la tutela degli assistiti.
Fin dall’inizio si è attivata, come momento predominante, l’informazione alle Re- gioni, alle Aziende Unità Sanitarie Locali e alle associazioni dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta sui contenuti e sulle modalità applicative del
decreto. La cura dell’aspetto comunicativo è stata ritenuta necessaria affinchè giun- gessero a tutti gli operatori sanitari e alla popolazione le informazioni utili a rendere più semplice il momento di transizione, agevolando il percorso dei cittadini.
In particolare è stato siglato un accordo tra il Ministero della Salute, il Coordina- mento delle Regioni e delle Province Autonome, la Federazione dei Medici di Me- dicina Generale (FIMMG) e la Federazione dei Pediatri di libera scelta (FIMP), che ha previsto un impegno da parte delle Federazioni dei Medici per promuovere fra i loro iscritti, MMG e i PLS, comportamenti volti a supportare gli assistiti.
I pazienti con Artrite Reumatoide, per il danno relativo alla terapia, possono inol- tre usufruire della densitometria ossea ai sensi del DPCM 5 Marzo 2007, che ha integrato il DPCM del 2001, sulla “Individuazione dei criteri di accesso alla den- sitometria ossea, con cui sono stati definiti i fattori di rischio maggiore e minore che consentono di accedere a tale prestazione”.
Inoltre, presso la Direzione Generale della Programmazione è funzionante un help desk che si fa carico di fornire risposte a cittadini, personale di aziende USL, As- sessorati alla Sanità e Associazioni di malati su varie problematiche relative alle esenzioni per patologie croniche.
Il Ministero della Salute, sia con i piani sanitari nazionali che, con le varie attività avviate a livello istituzionale, ha previsto un forte impegno del Servizio Sanita- rio Nazionale nei confronti dell’Artrite Reumatoide e delle malattie cronico- degenerative in generale.
Tale impegno in questi ultimi anni è stato volto non solo ad individuare strategie di miglioramento della tutela, ma soprattutto ad utilizzare modalità operative ba- sate su un ampio dialogo e collaborazione fra tutti i principali protagonisti del- l’assistenza, in una reale sinergia fra le Regioni, le Associazioni professionali, il Volontariato e le Istituzioni pubbliche e private.
7.3 LA POSIZIONE DELL’AGENAS (AGENZIA NAZIONALE PER I SERVIZI SANITARI REGIONALI)*
Dal Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 si evidenzia la necessità di implementare una rete di servizi socio-sanitari territoriali, che si prenda carico complessivamente dei problemi connessi alla “cronicità”.
* A cura della Dott.ssa Donata Bellentani e della Dott.ssa Elisa Guglielmi - Agenas
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L’esigenza di dare una risposta adeguata ad un'area di bisogni crescenti, a seguito all'aumento delle patologie croniche, cronico-degenerative e delle fragilità, spinge fortemente verso una riorganizzazione della medicina territoriale, con il conse- guente maggior coinvolgimento e valorizzazione dei medici di famiglia.
L’Agenas lavora da anni per riportare il baricentro verso il territorio e per lo svi- luppo delle patologie croniche. La finalità è quella di superare la centralità del- l’ospedale nell’ambito del sistema sanitario e realizzare sul territorio modalità di presa in carico integrato delle persone con patologie a lungo decorso per garantirne la continuità assistenziale. Un obiettivo che richiede l'integrazione istituzionale e dei servizi, ma anche un cambiamento di approccio ai problemi, con una reale in- tegrazione e valorizzazione delle diverse figure professionali che operano sul terri- torio.
Ulteriore obiettivo è garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) ai cittadini, con particolare riferimento ai soggetti più fragili; una scelta condivisa dalle Regioni e dagli enti locali che richiede, tuttavia, una maggiore precisazione sui contenuti fondamentali.
Considerate le premesse sopracitate si ritiene essenziale fare un discorso unitario per le patologie croniche in quanto sono la vera emergenza per il futuro e quindi è necessario che siano spostate risorse e attività.
La prevenzione e cura delle malattie croniche ad ampio impatto sociale costi- tuiscono un obiettivo prioritario ed ineludibile, sostenuto dalla programma- zione nazionale e regionale da anni, ma che acquisisce nella fase attuale una nuova dimensione di urgenza e anche di opportunità. Infatti l’introduzione di nuovi strumenti diagnostici e di trattamenti più efficaci consentono un ripen- samento sulle modalità ottimali di approccio a queste patologie, tramite linee guida diagnostico-terapeutiche che garantiscano uniformità di trattamento e al contempo percorsi ad elevata personalizzazione.
Analizzando l’area del trattamento dei pazienti cronici, si rileva come tutte le Re- gioni abbiano previsto e sviluppato programmi di gestione delle patologie croniche prevalenti della popolazione. I programmi hanno obiettivi e finalità comuni (mi- gliorare il percorso di cura, garantire la presa in carico; integrare e razionalizzare le risorse ecc.) mentre sono differenti negli aspetti operativi, in quanto tengono conto delle peculiarità territoriali (risorse a disposizione, diversi modi di lavorare ecc.). Costituiscono, pertanto, specifici modelli di cura, non replicabili in toto ma sicuramente ricchi di spunti interessanti. Le principali forme organizzative attuate nelle diverse Regioni si focalizzano sull’integrazione gestionale e professionale, con la predisposizione di Linee Guida condivise, percorsi diagnostico-terapeutici e confrontandosi attraverso momenti di audit.
Dall’analisi dei Piani sanitari regionali che l’Agenas effettua sistematicamente a fini conoscitivi si evidenzia che solo alcune Regioni inseriscono indicazioni precise per la tutela delle persone affette da artrite reumatoide o altre malattie reumatiche con interventi operativi da realizzare nel periodo di riferimento, in particolare relativi all’implementazione di percorsi diagnostico-terapeutici che coinvolgono la medicina primaria e quella specialistica. L’obiettivo generale è quello di identificare una rete assistenziale di riferimento per questi pazienti, includendo anche la peculiarità del trattamento per la fascia pediatrica con il coinvolgimento delle famiglie.
In alcune Regioni si promuove correttamente i suddetti percorsi finalizzati al mi- glioramento dell’assistenza e il potenziamento di una rete integrata di assistenza, con creazione di un percorso unitario di prevenzione, diagnosi e cura delle malat- tie, tramite un processo di cooperazione tra MMG, PLS e specialisti, adeguata as- sistenza farmacologica, individuazione chiara dei centri. Si evidenzia, come particolarmente importante, che gli ambulatori di reumatologia operino in stretta collaborazione con i medici di famiglia, per avvicinarsi alle realtà territoriali del malato. Sono riservati agli Ospedali di riferimento, con i diversi specialisti, i pro- blemi dei malati più gravi e le riacutizzazioni, coinvolgendo il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta. Questo modello assistenziale è finalizzato a minimizzare il disorientamento del malato che viene in tal modo posto al centro dell’organizzazione dei servizi e circondato da tutte le figure assistenziali di cui ne- cessita, compresi fisioterapisti ed ortopedici, ben coordinate nella loro azione ri- spetto al bisogno della persona.
Tra le patologie croniche ad elevato impatto sociale si iscrivono le malattie reu- matiche, che sono ai primi posti in termini di prevalenza sulla popolazione gene- rale e sono, insieme alle malattie respiratorie, cardiocircolatorie e del sistema nervoso centrale, la causa più frequente di ricorso al medico di famiglia e allo spe- cialista. In particolare le patologie croniche - infiammatorie, come l’Artrite Reu- matoide e le spondiloartriti, o le malattie autoimmunitarie sistemiche, colpiscono una fascia di popolazione molto ampia, inclusi soggetti giovani e, se non curati in maniera ottimale, possono condurre a gravi deformità articolari e conseguente di- sabilità con un considerevole impatto sulla vita socio-economica del paziente e dell’intera popolazione. Negli ultimi anni si sono affinate armi terapeutiche molto efficaci, derivate dalla moderna biotecnologia, in grado di controllare le malattie reumatiche e prevenire quindi il danno che potrebbe potenzialmente arrecare al- l’organismo.
L’obiettivo della programmazione, in questo campo, è quella di garantire che vi sia, sul territorio, una rete assistenziale capillare e integrata in modo da arrivare a una diagnosi corretta nel più breve tempo possibile, individuando i soggetti a ri- schio di sviluppo di una malattia cronica invalidante, e intervenire dal punto di vista terapeutico nella fase iniziale della malattia e di prevenire il danno articolare o extra-articolare una volta che la malattia si è innescata.
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Il notevole costo dei cosiddetti farmaci “biologici”, cui spesso si ricorre, pone una serie di problemi. Dal momento che non si può negare l’accesso alla terapia a un paziente che presenti indicazione terapeutica specifica, diventa indispensabile il controllo sull’appropriatezza prescrittiva dei farmaci.
E’ necessario implementare la rete collaborativa tra medico di medicina generale, primo referente del paziente, e i centri specialistici distribuiti capillarmente sul territorio, per diagnosticare correttamente la patologia ai primi sintomi, identifi- care il malato con necessità di specifiche cure e iniziare il trattamento più preco- cemente possibile. Inoltre va tenuto conto delle particolarità della patologia pediatrica.
Il Piano Sanitario Nazionale 2006-08, pur non facendo riferimenti specifici alle malattie reumatiche, pone tra le priorità la presa in carico delle persone con pato- logie croniche. Tra gli obiettivi primari della programmazione nazionale e regionale emerge la creazione di reti assistenziali integrate che dovranno servire a ottimizzare i percorsi diagnostico-terapeutici di molte malattie croniche, incluse le reumatiche, con un conseguente miglioramento delle cure e risparmio di spesa.
L’Agenas da anni promuove, in coordinamento e a supporto delle Regioni, ricerche e gruppi di lavoro per un corretto dimensionamento di attività e risorse tra ospe- dale e territorio, al fine di migliorare l’accessibilità dei servizi, specie a favore dei cittadini con bisogni socio-sanitari complessi.
In quest’ambito, rispetto alle malattie reumatiche, si rilevano comuni obiettivi nell’ambito della programmazione regionale piu attenta, e che sarebbe opportuno venissero estesi piu ampiamente sul territorio nazionale:
1. Implementazione di campagne di comunicazione con il coinvolgimento delle singole Aziende sanitarie locali e dei medici di famiglia (es. con affissione di po- ster e distribuzione di materiale informativo che spieghi, con linguaggio sem- plice e diretto, sintomi e trattamento della malattia; indicando che la stessa colpisce prevalentemente le donne, che la diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni strutturali permanenti etc.);
2. promozione di momenti di incontro professionali per migliorare la conoscenza del problema dal punto di vista diagnostico al fine di effettuare una diagnosi precoce, con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta che possono riconoscere i primi sintomi e, qualora necessario coinvolgere gli specialisti per una terapia appropriata e condivisa.
3. garanzia dell’erogazione di tutti i farmaci (anche biologici) compresi nei Livelli Essenziali di Assistenza e da anni utilizzati nella pratica clinica reumatologica, il cui costo a paziente è sicuramente minore di quanto è il costo di un paziente non trattato e in fase avanzata;
4. potenziamento dell’organizzazione di assistenza specialistica reumatologica sul territorio, per una diagnosi tempestiva e terapia mirata con farmaci adeguati;
5. aumentare la possibilità di accedere alla erogazione dei farmaci piu appropriati, anche se costosi, rispetto alla condizione clinica del paziente;
6. definizione delle priorità a livello locale che consentano una adeguata program- mazione della spesa anno per anno, evitando disparità di trattamento e aumenti incontrollati dei costi, anche in considerazione della prossima disponibilità di nuovi farmaci biologici e della possibilità di terapie di combinazione con diversi di questi farmaci;
7. indicazioni di linee di intervento prioritarie per garantire ai pazienti trattamenti uniformi su tutto il territorio italiano ed evitare trasferimenti da una Regione all’altra.
Le suddette Regioni rilevano alcuni aspetti più specifici sulla rete assistenziale e professionale tra cui:
- interventi riabilitativi sul territorio appropriati, con personale adeguatamente formato nel trattamento delle malattie reumatiche. La fisioterapia e la terapia occupazionale sono strumenti di rilievo per il miglioramento della motilità e della forza muscolare delle articolazioni interessate e per ripristinare e mantenere le capacità funzionali del paziente;
- facilitazione all’accesso di prestazioni specialistiche correlate alla patologia con coordinamento degli interventi specialistici (ad esempio per il bambino, occorre unire alla visita reumatologica quella oculistica, considerando il rischio di uveite);
- integrazione e coordinamento tra i Medici di medicina generale e pediatri di li- bera scelta e gli specialisti;
- supporto psicologico del paziente in particolar modo in età evolutiva e della sua famiglia, per affrontare in modo adeguato l’impatto della malattia.
7.4 LA POSIZIONE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DELLE AZIENDE SANITARIE E OSPEDALIERE (FIASO)*
Secondo l’OMS la prevalenza nel mondo dell’Artrite Reumatoide, si colloca tra lo 0,3% e l’1% con maggiore presenza nelle donne e nei paesi sviluppati.
La patologia, caratterizzata da un esordio insidioso, da un’evoluzione imprevedi- bile, da un decorso cronico (disabilità/invalidità) e da una riduzione dell’aspettativa di vita, ha un forte impatto sul sistema sociale e lavorativo. In relazione ad un qua- dro epidemiologico, dove la problematica della cronicità riveste un nodo cruciale, si delinea per la Sanità Pubblica un’inversione di tendenza nella definizione dei piani e delle strategie da adottare per affrontare adeguatamente la tematica sia sul fronte clinico ed epidemiologico sia su quello della prevenzione/promozione, che della comunicazione e dell’informazione al pubblico.
* A cura del Dott. Valerio Alberti - Vice presidente della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO)
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L’approccio a questo tipo di malattie deve essere pertanto globale per dare non solo anni alla vita ma soprattutto vita agli anni al fine di migliorare, a breve ter- mine, lo stato di salute del malato e a lungo termine, le disabilità e l’incremento dell’impatto sul ricorso ai servizi.
Le nuove sfide dei Sistemi Sanitari Regionali (SSR) sono quelle di ricercare forme organizzative flessibili in relazione agli elevati livelli di qualità dell’assistenza ri- chiesta, all’implementazione di innovazioni tecnologiche e ai vincoli di bilancio che rispondano, in una logica di sistema, in modo adeguato alle nuove esigenze.
Affrontare il problema, in modo sistematico e continuativo nel tempo, vuol dire possedere l’esatta dimensione del fenomeno; l’attivazione di “Registri di malattia” rappresenta un utile strumento per comprendere la realtà, per analizzare l’impatto, per valutare e selezionare le strategie di costo/efficacia compatibili e per verificare l’appropriatezza dei processi assistenziali.
Le politiche emergenti nell’offerta e nell’organizzazione delle risorse, mirano al- l’individuazione di modelli organizzativi e, per questo tipo di malattia, il modello a rete (peraltro tema di ricerca e di sviluppo presente anche nel dibattito interna- zionale) si presta ad essere uno dei più validi, in quanto sostiene il paziente nell’iter diagnostico-terapeutico e attiva sinergie atte a fornire soluzioni efficaci e appro- priate alla domanda di salute del singolo cittadino, della famiglia e più in generale della comunità.
Tale modello è in linea con le logiche di gestione della patologia cronica perché dà risposta alla richiesta di un’alta integrazione gestionale (istituzionale, organiz- zativa, professionale), comportando un forte impatto sulla salute, sulla compo- nente organizzativa e sul risultato delle prestazioni.
Un modello di rete (reti dei servizi diagnostici, reti di specialisti, reti delle strutture di assistenza, ecc.) rappresenta quindi il valore aggiunto ai singoli sistemi, valorizza le competenze, trasferisce conoscenze scientifiche alla pratica clinica (feedback continuo tra tecnologia, ricerca ed assistenza), incidendo fortemente sulle perfor- mance, elementi determinanti per la tenuta quali-quantitativa dei servizi.
Dunque l’organizzazione in rete può essere considerata punto focale per lo spo- stamento della vision “dalla centralità dei servizi alla centralità del paziente”.
In questo contesto “Qualità dell’assistenza e sostenibilità economica” diventano binomio vincolante sia a livello decisionale-politico (Regione) nelle azioni di pro- grammazione e valutazione, sia a livello di management aziendale (Aziende ASL e Ospedaliere) nell’organizzazione e gestione dell’assistenza.
Le azioni di miglioramento per assicurare la Qualità dell’assistenza ai pazienti af-
fetti da AR, si devono orientare su due fronti:
• diagnosi precoce
• corretta impostazione terapeutica
Risulta fondamentale, per la politica di un’azienda, l’organizzazione di servizi che raggiungano capillarmente la maggior parte della popolazione e che monitorino in modo attento gli individui a rischio di sviluppare artriti. I MMG rivestono in questo senso un ruolo essenziale nel precoce sospetto diagnostico; la malattia, in- fatti, esordisce con dei campanelli d’allarme (red flags) che, se intercettati in ma- niera tempestiva, possono condurre alla prima diagnosi ed evitare il danno invalidante di una terapia stabilizzata tardivamente.
L’invalidità/disabilità sembra infatti essere inversamente proporzionale alla tempe- stività con la quale si inizia la terapia: qualsiasi tipo di farmaco impiegato per la cura moltiplica la sua efficacia se iniziato entro 6 mesi dall’esordio dei primi sintomi.
Gli strumenti a disposizione del management aziendale per il governo clinico e la presa in carico precoce del malato affetto da AR da parte dell’assistenza primaria sono: l’elaborazione di linee guida, progetti formativi trasversali per lo sviluppo di competenze e i patti aziendali per formalizzare un sistema di collaborazione e valutazione.
Lo sviluppo della componente territoriale appare quindi di assoluta importanza per intercettare e soddisfare le esigenze socio-sanitarie dei pazienti, ma anche per incrementare i livelli d’integrazione con l’ospedale e per accrescere il livello di efficienza ed adeguatezza del Sistema.
In questa logica risulta basilare rafforzare, dove esista, o attivare una rete regionale che colleghi i vari “Centri di Riferimento”, modelli strutturati per il trasferimento e la condivisione sia delle valutazioni tecno-scientifiche di tecnologie, sia dell’ap- proccio medico più appropriato in termini di costo-efficacia (HTA), presupposti per costruire un patrimonio comune di “saperi”, approvato e posseduto dagli spe- cialisti e dagli altri attori coinvolti, in particolare dai medici di medicina gene- rale.
Per quanto riguarda l’assistenza prestata a livello ospedaliero, il modello di rife- rimento è il Day service in quanto permette la presa in carico del paziente da parte della struttura, abbreviando in questo modo i tempi dell’iter diagnostico- terapeutico.
Negli ultimi anni l’avvento di farmaci innovativi, quali i biologici, ha portato a considerevoli sviluppi nel trattamento delle malattie autoimmuni soprattutto nei casi “non responder” alle terapie tradizionali.
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I farmaci biologici, oltre agli effetti positivi sulla salute, pur avendo alti costi pre- scrittivi, determinano un forte impatto sociale ed economico in quanto l’arresto della progressione della malattia o la sua guarigione incidono fortemente sulla per- dita di produttività e sull’assistenza informale, che rappresentano il 60-70% dei costi della malattia.
Ciò comporta la messa in atto di misure in grado di garantire l’accessibilità ai far- maci innovativi, ma nel contempo di individuare i criteri con cui devono essere prescritti. Oltre che la appropriata prescrizione dei farmaci per l’AR, appare di particolare utilità sviluppare una politica di appropriatezza sull’uso dei farmaci che determini un contenimento della spesa e che permetta di finanziare, almeno in parte, il costo delle innovazioni utili ai cittadini.
Pertanto una complessiva gestione della malattia deve contemperare molteplici azioni che sono relative ai modelli organizzativi, alla diagnosi precoce, all’integra- zione tra tutti i servizi coinvolti (compresa la riabilitazione), nonché alla corretta informazione alla popolazione e all’educazione terapeutica del paziente.
7.5 LA POSIZIONE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI MEDICI DI DIREZIONE OSPEDALIERA (ANMDO)*
E’ innegabile che l’Artrite Reumatoide costituisca una problematica ad impatto sociale importante.
Sembrerebbe pertanto logico che l’Artrite Reumatoide fosse giustamente presa in considerazione nel Piano Sanitario Nazionale e nei Piani sanitari e socio-sanitari regionali.
Purtroppo, con rare eccezioni, non è così.
La scarsa attenzione attualmente esistente alla problematica non deve meravigliare troppo. La migliore aspettativa di vita, l’invecchiamento della popolazione e il conseguente incremento dell’incidenza di malattie croniche e degenerative im- pongono scenari diversi dal passato che devono spesso essere ancora correttamente individuati. L’offerta di assistenza deve essere riorganizzata per garantire risposte adeguate a bisogni complessi, coniugando informazione, guida del cittadino al- l’interno del sistema, semplificazione e sburocratizzazione. Occorre un rigoroso rispetto degli standard, la personalizzazione dei percorsi, appropriatezza, garanzia di attenzione all’interezza del percorso diagnostico-terapeutico assistenziale, qualità
* A cura del Dott. Ugo Luigi Aparo - Associazione Nazionale dei Medici di Direzione Ospedaliera (ANMDO)
di vita in tutte le sue fasi. Occorre individuare soluzioni concrete e operative al- l’attuale frammentazione e dispersione delle risposte a bisogni assistenziali com- plessi.
Emerge pertanto la necessità di definire protocolli e linee-guida coinvolgendo gli specialisti, i medici di medicina generale, i distretti, la riabilitazione e gli Ospedali. Bisogna, inoltre, coinvolgere le forze sociali, il volontariato e le associazioni dei malati, garantendo in maniera sempre più piena ed efficace il diritto alla salute attraverso la capacità di semplificare significativamente l’accesso a servizi socio- sanitari integrati.
La prevenzione e la riabilitazione vanno garantite a tutti, ma ancora di più vanno garantite la terapia e la “presa in carico” delle persone. Al contempo va sempre te- nuto ben presente che il paziente ha bisogno di essere trattato in base alle sue reali esigenze e non secondo metodologie rigide e stereotipate.
La costruzione e strutturazione delle risposte ai bisogni di salute e di assistenza non possono più essere affrontate e confinate in una visione monodimensionale. Il bisogno di salute e di assistenza è la risultante di più componenti problematiche, associate in modo da condizionarne e autoalimentarne l’evoluzione. Anche gli in- terventi progettati per garantire risposte adeguate sono interdipendenti tra di loro e nei loro effetti sulla salute. Gli esiti in termini di outcome che ci consentono di misurare l’efficacia degli interventi posti in essere sono strettamente correlati alla capacità di adottare un corretto approccio multidimensionale e multidisciplinare e d’integrare efficacemente il tutto. La definizione e l’adozione di percorsi di cura integrati favorisce il miglioramento della qualità dell’assistenza e ne garantisce la continuità, evitando la frammentazione attuale e puntando decisamente sull’ab- bandono della logica prestazionale.
L’attenzione nei confronti di un approccio integrato alla tutela della persona deve superare:
1. a livello istituzionale, difficoltà di collaborazione tra istituzioni sociali e sanitarie nella programmazione e implementazione della rete integrata dei servizi;
2. a livello gestionale, difficoltà nella definizione di percorsi di cura integrati, so- vrapposizione e ripetizione di iter organizzativi, con conseguente allungamento dei tempi della risposta assistenziale;
3. a livello professionale, difficoltà di comunicazione, scambio, collaborazione tra discipline e professioni.
L’ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici di Direzione Ospedaliera) che rappresenta i Direttori Sanitari che sono i responsabili della Clinical governance ritiene che debba essere perseguito un approccio basato su struttura, processo e outcome. L’approccio di struttura si realizza attraverso l’individuazione di un si-
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stema organizzativo integrato dell’offerta; l’approccio di processo attraverso la ca- pacità di attivazione di reti di collaborazione tra professionisti, servizi e associazioni dei malati che rendano il sistema organizzativo flessibile rispetto all’evolversi della domanda; l’approccio di outcome si concentra sull’esito, predisponendo l’offerta di assistenza secondo moduli integrati e diversificati in relazione ai cambiamenti dello stato di salute, valutando l’efficacia e l’adeguatezza degli interventi posti in essere proprio in termini di esiti ed utilizzando queste valutazioni per rimodulare, di volta in volta, laddove necessario, l’intervento assistenziale.
Qualsiasi obiettivo di cambiamento non può che partire dalle situazioni di con- testo tenendo nella giusta considerazione tutti gli aspetti di carattere normativo, programmatorio e gestionale, ma soprattutto puntando con decisione sugli indi- spensabili cambiamenti di carattere culturale e operativo e sull’indispensabile coin- volgimento del paziente. L’ANMDO intende sensibilizzare tutti gli attori coinvolti a individuare in maniera olistica il percorso atto a fornire una risposta ottimale alle problematiche complesse del malato affetto da Artrite Reumatoide. Auspica quindi che venga avviata una sperimentazione in tal senso al fine d’individuare un comune denominatore che possa costituire un punto di riferimento in tutte le Regioni italiane. Il progressivo auspicabile incremento del numero delle Regioni che porranno attenzione all’Artrite Reumatoide e alle malattie reumatiche nei loro Piani sanitari e socio-sanitari costituirà la misura del successo dell’iniziativa alla quale l’ANMDO fornirà tutto l’appoggio possibile.
7.6 LA POSIZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA GENERALE (SIMG)*
Come per tutte le malattie ad elevato impatto sociale, il nodo cruciale di un ap- propriato e sostenibile processo di diagnosi, cura e riabilitazione consiste nello sta- bilire percorsi condivisi ed integrati tra i diversi attori che vi concorrono. Solamente da questa governance potrà essere garantita una serie di risposte idonee a sostenere la sempre maggiore richiesta di prestazioni in questo campo.
In questo caso, ci limitiamo alla componente medica, certamente consapevoli che su una patologia di questo tipo molti altri soggetti non medici (a partire dalle As- sociazioni dei malati) concorrono a definire l'insieme di tali percorsi.
Possiamo sinteticamente elencare i bisogni/obiettivi su cui incentrare l'attenzione e rilevare criticità:
1. diagnosi appropriata e tempestiva;
2. integrazione dei percorsi e delle competenze assistenziali ai fini della presa in carico condivisa del paziente;
* A cura del Dott. Alessandro Rossi - Società Italiana di Medicina Generale (SIMG)
3. definizione di Linee Guida condivise ed implementate a livello locale (regio- nale);
4. accesso alla terapia del dolore ed alle cure palliative;
5. accesso alla riabilitazione.
Vista la prevalenza della patologia (1-2% della popolazione generale, 5% nelle donne oltre i 50 anni) e visto l'abituale e primo riferimento del cittadino alle cure del medico di famiglia nel nostro Paese, il sospetto diagnostico non può che av- venire a questo livello.
Sostenere, come alcuni fanno, che il paziente con dolore a carico dell'apparato osteoarticolare debba essere subito inviato a consulenza specialistica reumatologica è, di fatto, non solo inappropriato ma soprattutto insostenibile da parte di qualsiasi SSN pubblico. Infatti, ogni giorno un MMG italiano ha mediamente venti con- tatti ambulatoriali, di cui il 20-25% circa (dati Health Search, SIMG) riferisce sintomi dolorosi a carico dell'apparato osteoarticolare; significherebbe inviare a consulenza specialistica ogni giorno centinaia di migliaia di persone!
E' quindi evidente che il primo filtro debba essere rappresentato dall'intervento del MMG.
L'obiettivo è invece condividere e diffondere, anche attraverso un adeguato inter- vento formativo, un algoritmo diagnostico che porti ad un sospetto di AR in tempi relativamente brevi. Solo per questi pazienti, già screenati dal MMG, si può porre la consulenza specialistica di secondo livello.
Per alcune patologie reumatiche il MMG può formulare la diagnosi ed attuare le terapie in totale autonomia, sebbene possa essere spesso opportuna una mutua in- tegrazione con gli specialisti. Peraltro, molte di tali patologie necessitano di un percorso diagnostico e di un approccio terapeutico specialistico. L'integrazione con i MMG si rivela, infatti, strettamente necessaria in tutte quelle forme, quali le artriti di recente esordio, le connettiviti e le vasculiti, in cui una rapida diagnosi ed un rapido inizio della terapia condiziona il futuro del paziente in termini di prognosi, possibilità di successo delle cure ed invalidità.
Negli ultimi anni, la maggiore consapevolezza da parte dei MMG sulle possibilità diagnostiche e terapeutiche per pazienti con patologie reumatiche, patologie che rappresentano circa un quarto dei motivi di richiesta di visita presso i loro ambu- latori, ha fatto sì che ad una crescente domanda per visite specialistiche reumato- logiche, non si è assistito ad una proporzionale crescita numerica di centri specialistici reumatologici in grado di valutare pazienti che in passato venivano spesso dirottati impropriamente verso centri specialistici non idonei, come quelli ortopedici e/o fisiatrici.
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L’allungamento dei tempi di attesa per una visita reumatologica appare partico- larmente dannoso per l’efficienza e l’efficacia del servizio; esso finisce infatti per danneggiare proprio quei malati che si potrebbero maggiormente giovare del sol- lecito arruolamento in un percorso diagnostico specialistico razionale.
Per affrontare adeguatamente il problema dell’abbattimento delle liste di attesa e della rapida evasione delle richieste di visita specialistica si pone l’esigenza di:
1. definire percorsi clinico-diagnostici condivisi in modo che sia limitata al mi- nimo la possibilità di sovrapposizioni, ripetizioni di esami ecc; in pratica una definizione del “chi fa cosa” tra cure primarie e specialistiche;
2. costruire a livello regionale una serie di connessioni di tipo telematico e di IT che consentano e facilitino il passaggio di dati verso e tra la rete di ambulatori specialistici;
3. programmare, all'interno dell'ambulatorio specialistico, la “presa in carico” da parte di un singolo professionista di riferimento del paziente inviato a consu- lenza.
Uno dei problemi maggiormente lamentati dai pazienti, oltre ai tempi di attesa, è infatti quello di una mancata continuità ed unitarietà nella gestione del problema all'interno della struttura specialistica.
Per quanto attiene all'abbattimento dei tempi di attesa per indagini strumentali, sarebbe auspicabile la creazione di “corsie preferenziali” per soggetti presi in carico dal servizio reumatologico specialistico, anche quando le indagini venissero richie- ste dal MMG.
In ogni caso, il sistema RAO (raggruppamenti di attesa omogenei), particolar- mente se frutto di locali discussioni e negoziazioni tra tutti i soggetti interessati, ha dimostrato, in varie parti d'Italia in cui è stato preso in considerazione, di dare risultati molto positivi.
7.7 LA POSIZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI REUMATOLOGIA (SIR)*
L’impiego delle terapie innovative ed in particolare degli anticorpi monoclonali, cosiddetti “biologici”, nell’ambito delle malattie reumatiche, a fronte di un cre- scente utilizzo che si registra mediamente nei paesi occidentali (e ciò sulla base di evidenze consolidate di efficacia, di buona tollerabilità e di soddisfacenti aspetti farmacoeconomici) non presenta in Italia un equivalente andamento, anzi l’utilizzo
* A cura del Prof. Luigi Di Matteo – Società Italiana di Reumatologia (SIR)
nel nostro Paese di quelle terapie appare, come hanno indiscutibilmente docu- mentato studi statistici recenti e di sicura affidabilità, inadeguato rispetto alla do- manda ed alle aspettative dei malati.
Tale discrepanza può trovare giustificazione in questioni di natura organizzativa, socio-economica e culturale.
L’impiego dei farmaci biologici è attualmente attribuito alle strutture universitarie e ospedaliere. Tale limitazione è stata dettata dalla necessità di privilegiare la sicu- rezza dei pazienti e al contempo di assicurare una appropriatezza della prescrizione, un’affidabilità nel follow-up, una pronta e corretta gestione degli effetti collate- rali.
Ciò anche perché, per motivi di fatto o di necessità, in molte Regioni italiane esi- stono solo Centri di riferimento Reumatologici (e non sempre); in molte Regioni non esiste una rete territoriale specialistica efficiente, capace di supportare alla pe- riferia le attività dei centri di riferimento.
Ma dagli inizi degli anni 2000, epoca in cui i farmaci biologici sono stati immessi più diffusamente nel mercato, alcune realtà sono mutate.
I farmaci biologici hanno chiarito il loro profilo farmacologico e clinico sì che tutti gli specialisti reumatologi (anche territoriali) hanno per essi cultura e com- petenza e se ne propongono quali prescrittori, laddove siano ovviamente coordinati e supportati nelle loro attività dai centri di riferimento.
L’utilizzo anche nel territorio dei farmaci biologici consentirebbe ad una quota maggiore di malati affetti da Artrite Reumatoide, Artrite Psoriasica e Spondiloar- trite, di adire alle cure (nel rispetto della appropriatezza prescrittiva), e di contri- buire a gestire le forme cliniche complesse, una volta dimesse dal centro di riferimento, nel territorio.
In questo modo, l’utilizzazione dei farmaci biologici anche nel territorio, sarà fun- zionale a sgravare le strutture universitarie e ospedaliere da un carico di lavoro, quello della terapia con farmaci biologici, che rischia di monopolizzare molte delle risorse umane di cui quelle strutture sono fornite.
Inoltre giovani e valenti Reumatologi verrebbero cooptati, a vario titolo, nel mondo del lavoro, in una attività di particolare valenza che qualificherebbe ad un più elevato livello l’attività reumatologica ambulatoriale del nostro sistema sani- tario.
Solo l’integrazione tra centri di riferimento e attività ambulatoriale territoriale potrà dare un adeguato e corretto impulso all’impiego più diffuso di questi farmaci
e ridurrà il gap attualmente esistente con gli altri paesi europei.
Un giudizio altrettanto di valore si è oramai consolidato negli ultimi anni (e non solo nella classe medica) e cioè che la terapia con farmaci biologici è costo-efficace.
Studi di farmacoeconomia hanno dimostrato come l’utilizzo in fase precoce di an- ticorpi monoclonali in una malattia come l’Artrite Reumatoide, sia in grado di abbattere i costi indiretti e rappresentare un vero “investimento” nell’assistenza sanitaria globale di quelle patologie; da tale strategia deriverà un risparmio di ri- sorse finanziarie anche nell’immediato, e non solo nel lungo periodo, per il pa- ziente, per la sua famiglia, per la società.
Da questo assunto deriva che la diagnosi precoce di un’AR o di un’AR aggressiva è un passaggio pregiudiziale al raggiungimento di tale obiettivo: uno sforzo deve essere pertanto compiuto dal sistema sanitario al fine di coordinare tutte le forze in campo che a vario titolo partecipino a questo percorso diagnostico-terapeutico, il medico di medicina generale, il medico specialista territoriale, il Centro di Ri- ferimento. La coordinazione di questi fondamentali interpreti nella vicenda del malato reumatico, migliorerà da una parte la tempestività nella diagnosi e nel- l’intervento terapeutico, dall’altra l’appropriatezza prescrittiva quando affidata allo specialista reumatologo; tutto ciò sarà foriero di risultati terapeutici complessivi sicuramente ottimali rispetto alle attuali carenze.
7.8 LA POSIZIONE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DEGLI ORDINI DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI (FNOMCeO)*
La Federazione ritiene che, nelle politiche per la salute, le Associazioni a tutela dei malati e dei cittadini siano alleati naturali della professione medica. E’ evidente che uno sviluppo professionale continuo è efficace se risulta coerente ad obiettivi di salute ed è sostenuto da una verifica e revisione sistematica delle cure; questo percorso di qualità deve essere anche supportato dalla collaborazione in rete con i portatori di interesse.
Una organizzazione umanizzante delle cure basata sulla stretta relazione tra gli at- tori offre sicurezza ai malati ed efficacia degli interventi.
E’ sotto questa visione unificante di interessi comuni che la Federazione ha costi- tuito l’Osservatorio come primo passo per delineare obiettivi di Salute con le or- ganizzazioni intermedie di rappresentanza sociale.
* A cura del Dott. Maurizio Scassola - Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odon- toiatri (FNOMCeO)
Le attività svolte dall’Associazionismo, fenomeno diffuso di solidarietà nel nostro Paese, non sono compiutamente analizzate e valorizzate in termini di apporto di attività socio-assistenziali e questo variegato tessuto di assistenza e di cura rappre- senta una Rete Sociale che oggi più che mai deve essere conosciuta e sostenuta anche per il contributo di risorse umane e finanziarie che apporta al SSN.
In un periodo di crisi economica, di rivisitazione del SSN e del più ampio ambito del Welfare, abbiamo il dovere di ricercare tra SSN, Operatori e Associazioni quelle sinergie che possano portare ad una maggior efficienza di Sistema attraverso la co- stituzione di reti strategiche di sostegno alla persona ammalata (Associazioni a di- fesa della persona ammalata) ed al cittadino – consumatore nel duo diritto all’accesso ai servizi ed alle cure.
Come cittadini, siamo di fronte ad un cambiamento sostanziale nel rapporto persona/SSN, vogliamo essere protagonisti e ci presentiamo sempre più come esi- genti; il retroterra socio-economico, culturale e personale, condiziona atteggia- menti e comportamenti nei confronti dei servizi e degli operatori; sempre più il modello organizzativo incide sulle capacità di risposta ai bisogni, sulla qualità delle prestazioni e sul contenzioso medico/paziente.
E’ ormai vitale che medici e portatori di interesse dei cittadini affrontino, final- mente e insieme, anche il tema della sicurezza. E’ innegabile che la serenità di ope- ratori che lavorano in un ambiente partecipato, affidabile, responsabile e nel quale possono sviluppare la propria professionalità, rappresenta una vera garanzia per la sicurezza della persona che entra in contatto con il Sistema Sanitario Nazionale.
Queste riflessioni ci portano ad affrontare il grande tema delle responsabilità in- dividuali e collettive in un tempo che ci obbliga ad un processo di partecipazione responsabile, il solo che può ancora garantire la sopravvivenza di un sistema soli- daristico.
E’ in questo ambito che la FNOMCeO ha ritenuto strategico per i suoi obiettivi istituzionali partecipare alla Tavola Rotonda sulla persona affetta da Artrite Reu- matoide.
Lo sforzo che il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC), attivo all’interno di Cittadinanzattiva, svolge con l’obiettivo di coo- perare per individuare le aree dei comuni interessi è quindi anche il nostro sforzo e intorno al valore peculiare di un progetto sull’Artrite Reumatoide possiamo co- struire un modello collaborativo/ partecipativo utile anche per altre condizioni patologiche cronico/degenerative che hanno come denominatore comune la ne- cessità di integrare le competenze e i ruoli in progetti complessi di assistenza socio- sanitaria.
La FNOMCeO con gli OMCeO Provinciali ritiene si debba trovare un filo co- mune con le associazioni per fare sintesi sulla politica per la salute ed offrire il coinvolgimento attivo della professione medica.
La presenza dell’INPS è, in questo senso, una presenza nuova e potenzialmente strategica: la certificazione di invalidità non può più essere solo uno strumento di beneficialità economica ma deve rappresentare una occasione di valutazione e re- visione delle abilità residue della persona sulle quali costruire un vero progetto in- dividuale, verificabile e revisionabile nel tempo.
Possiamo costruire insieme una proposta che cambi, in senso paradigmatico, il nuovo percorso di certificazione dando anche più senso, in termini di impegno civile, al lavoro dei medici certificatori ed in specie dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta (non dimentichiamo la disabilità infantile e adole- scenziale nell’Artrite Reumatoide).
Dal dibattito che si è svolto intorno al Tavolo abbiamo tratto alcune riflessioni. La FNOMCeO individua come azione prioritaria la strutturazione di un Coor- dinamento con le Associazioni perché questo rappresenta un modello di relazione e di attività lobbistica etica a difesa del malato, nello specifico la persona portatrice di AR; è certo che la Federazione incentiverà gli OMCeO provinciali ad attivare Osservatori periferici che potranno elaborare specifici progetti sia in ambito comunicativo/relazionale che in ambito clinico/assistenziale; in questo senso la collaborazione con l’ANMAR e con il Network di Cittadinanzattiva viene ad essere uno strumento innovativo e potenzialmente efficace. Questa esperienza può dive- nire anche un laboratorio per proporre al legislatore ed alla politica la verifica e revisione di leggi e normative.
Le malattie reumatiche devono essere considerate una emergenza per il Paese. I dati epidemiologici non possono lasciare dubbi e la rilevanza dei problemi sociali, assistenziali, clinici, terapeutici e riabilitativi devono essere considerati un modello di democrazia compiuta, un indicatore non solo di efficienza di rete, ma soprat- tutto di civiltà. La professione medica ha l’obbligo di interrogarsi sulle proprie ca- pacità di affrontare questa sfida che implica una revisione di atteggiamenti, di comportamenti, di modelli informativi, educativi e formativi.
Pensiamo che il percorso di pre e post laurea sia adeguato a formare medici pre- parati nel campo delle malattie reumatiche? Le malattie reumatiche sono sempre e comunque competenza dello specialista? Quali sono oggi ruolo e compiti dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta?
Gli obiettivi didattico/formativi devono nascere da quella area comune che viene intercettata dalla sovrapposizione degli interessi del Sistema, dei Professionisti e
della Persona Malata; in questo senso le proposte che nascono da un Coordina- mento tra mondo medico e mondo delle Associazioni possono essere un’ulteriore occasione per individuare obiettivi informativi/formativi attuali, prioritari e coe- renti con la necessità di ottimizzare le risorse umane, strutturali, organizzative e finanziarie. E’ sotto questo angolo visuale che ci sembrano poco praticabili alcune proposte che indicano la necessità di introdurre nelle Commissioni di invalidità gli specialisti reumatologi come quella di continuare a pensare di rispondere alle persone affette da AR in termini di pura competenza specialistica. Come possiamo pensare di rispondere ai problemi del malato solo e sempre con l’aiuto del Collega specialista? Come possiamo aiutare i pochi specialisti che forma l’Università nel loro lavoro? Formando più specialisti o rivisitando le competenze attraverso un efficace sistema di formazione continua e offrendo nuovi ruoli e responsabilità diagnostico-terapeutiche alla medicina di famiglia?
Crediamo sia giunto il momento di proporre una revisione sistematica delle com- petenze attraverso uno sviluppo professionale continuo sul tema delle malattie reumatiche. La presa in carico del paziente con patologia reumatica passa attraverso la responsabilizzazione (ad esempio attraverso progetti – pilota regionali) dei me- dici di famiglia (MMG e PLS) anche nell’ambito della corretta prescrizione dei farmaci biologici.
Abbiamo tutti bisogno, malati, famiglie e medici della condivisione di percorsi per l’accesso alle cure e per la sicurezza delle cure. I Colleghi specialisti devono es- sere supportati proprio con un lavoro di rete che permetta l’abbattimento dei tempi di attesa e l’efficacia del loro intervento.
Un compito fondamentale per le Associazioni, nel complesso approccio alla ria- bilitazione e al reinserimento sociale, è rappresentato dalla educazione individuale e dal nursing familiare. Non possiamo ignorare che il medico spesso non è nelle condizioni di delineare compiutamente al malato ed ai familiari un chiaro percorso riabilitativo e le strutture di tipo riabilitativo sono molto carenti. E’ importante formulare percorsi educativi che permettano alla cornice sociale che assiste il ma- lato reumatico di applicare soluzioni efficaci di nursing familiare a sostegno delle disabilità specifiche (ad esempio sollecitare l’uso corretto degli ausili e proporre costantemente esercizi per l’economia articolare in una riabilitazione in famiglia). Vogliamo sottolineare come tra i compiti del medico e del medico di famiglia in particolare vi siano quelli di corretta informazione; è indispensabile che i medici vengano informati ed educati ad offrire alla persona affetta da malattia reumatica ed alla sua famiglia tutte quelle informazioni utili ad accedere alle migliori cure, alle unità operative di riferimento ed ai centri di eccellenza ma anche informazioni corrette ed appropriate per potere essere figura di avvocato – garante dei diritti. E’ in questo contesto di impegno sociale che la FNOMCeO fa propria la necessità di revisionare le Tabelle medico-legali per il riconoscimento della percentuale di
70
invalidità e pone la propria disponibilità a questo percorso; vediamo con estremo interesse la prospettiva di una stretta, strutturata collaborazione con l’INPS perché la certificazione di invalidità civile divenga un momento di progettazione integrata (socio-assistenziale) sulla persona; vorremmo parlare non più di percentuale di in- validità ma di abilità residue.
Crediamo fermamente che il SSN e i Sistemi Regionali debbano rispondere in modo uniforme ai bisogni di cura delle persone con malattia reumatica che hanno il diritto di ricevere uguali opportunità di cura su tutto il territorio nazionale.
La FNOMCeO darà il proprio supporto nel sollecitare la revisione dei LEA so- stenendo il ruolo partecipativo e propositivo del mondo delle Associazioni.
Stiamo affrontando un periodo sociale ed economico di grande incertezza; noi tutti possiamo contribuire, come cittadini competenti, a sostenere la politica nel delineare nuovi obiettivi e nuove strategie in un percorso di solidarietà, di equità e di impegno civile.
7.9 LA POSIZIONE DELL’ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (INPS)*
Nel corso della riunione è emersa, da parte delle associazioni dei malati, la segna- lazione di una serie di criticità inerenti la tutela in ambito assistenziale dei malati di Artrite Reumatoide con particolare riferimento allo specifico problema dell’In- validità Civile.
Il Coordinamento Generale Medico Legale dell’INPS ha convenuto sul fatto che l’intero sistema dell’Invalidità Civile necessita certamente di un’attenta rivisita- zione, volta a garantire maggiore trasparenza nei processi amministrativi e medico legali e omogeneità sul territorio nazionale dei tempi di erogazione delle prestazioni economiche nei confronti dei cittadini aventi diritto alle stesse.
Da questo punto di vista, l’INPS, a seguito delle novità introdotte con l’articolo 20 della Legge 102/2009, ha intrapreso un cammino di profonda riorganizzazione del processo relativo alla valutazione degli stati di invalidità civile e alla erogazione dei benefici economici collegati.
In tal senso, la partecipazione di un medico INPS che integra le Commissioni
* A cura del Dott. Gianluigi Margiotta – Coordinamento Generale Medico Legale INPS
Mediche ASL rappresenta un segno evidente della volontà di pervenire sia a giudizi medico legali omogenei e metodologicamente inappuntabili dal punto di vista va- lutativo medico legale sia a più brevi tempi nel percorso dell’iter concessorio.
Inoltre, l’intera informatizzazione del processo – dalla domanda fino all’erogazione
– consente chiaramente di ottenere evidenti valori aggiunti in termini di tempe- stività della risposta all’utente e in termini di rintracciabilità di ogni singola pratica, permettendo infine anche la creazione di un database informativo completo sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista amministrativo.
Tutta l’operazione di rinnovamento è stata pensata con il fine di rispondere alle giuste istanze di efficienza provenienti dall’utenza dei cittadini più deboli e biso- gnosi di tutela assistenziale.
Con particolare riferimento ai malati di Artrite Reumatoide, appare poi necessario adoperarsi per sfruttare appieno l’occasione fornita sempre dall’articolo 20 della Legge 102/2009, laddove istituisce una commissione scientifica alla quale affida il compito di provvedere all’aggiornamento delle Tabelle di legge indicative delle percentuali di invalidità civile.
Da questo punto di vista, proprio la valutazione dell’Artrite Reumatoide risente della vetustà delle tabelle tuttora in vigore, che come noto risalgono al 1992 e che necessitano evidentemente di una revisione in ragione sia degli importanti pro- gressi diagnostici e terapeutici intervenuti nel corso degli ultimi venti anni.
Si tratta di una aspettativa che coinvolge assieme sia i malati sia tutti gli operatori sanitari che quotidianamente si confrontano con il difficile compito di esprimere valutazioni medico legali troppo spesso tassativamente coartate all’interno di rigidi parametri che impediscono una congrua personalizzazione valutativa.
L’auspicio è che l’insieme delle innovazioni possa, una volta introdotto a regime, rappresentare veramente un cambiamento decisivo di rotta nella gestione di un ambito di tutela intrinsecamente dotato di importanti ricadute sul benessere dei cittadini bisognosi.
La certezza è rappresentata dalla più ampia disponibilità dell’INPS all’ascolto delle proposte e delle richieste che giungono da tutti i malati e naturalmente anche dai malati di Artrite Reumatoide.
7.10 IL PUNTO DI VISTA DI UN ECONOMISTA*
L’Artrite Reumatoide (AR) è una patologia con un notevole impatto sulla salute della popolazione. Uno degli indicatori utilizzati per misurare tale impatto sono i Disability Adjusted Life Years (DALYs), ovvero gli anni di vita persi in condizioni di buona salute. Secondo le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (http://www.who.int/healthinfo/global_burden_disease/estimates_regional/en/index.html) l’AR ha prodotto in Europa 106 DALYs per 100.000 abitanti: complessivamente la malattia rappresenta circa lo 0,7% dei DALYs persi in Europa.
L’AR impatta poi pesantemente sulla qualità della vita dei pazienti. Negli studi economici la qualità della vita viene misurata attraverso un indicatore denominato “utilità”, parametrata sulla base di una scala compresa tra 0 (morte) e 1 (condizioni di perfetta salute). L’AR presenta un livello di utilità media molto basso ed inferiore a diverse altre patologie gravi e/o cronico-degenerative (Tabella 1).
Utilità (qualità della vita) collegata ad alcune patologie | ||
Malattia | Utilità media | Pazienti |
Artrite Reumatoide | 0,50 | 1.487 |
Sclerosi multipla | 0,56 | 13.186 |
Angina pectoris | 0,57 | 284 |
Infarto miocardico acuto | 0,61 | 251 |
Fibrillazione atriale e flutter | 0,61 | 189 |
Cardiopatia ischemica cronica | 0,64 | 789 |
Malattia da reflusso gastro-esofageo | 0,67 | 216 |
Malattia di Crohn (enterite regionale) | 0,69 | 73 |
Ipertensione (primaria) fondamentale | 0,69 | 82 |
Neoplasia maligna della prostata | 0,72 | 83 |
Diabete non insulino-dipendente | 0,76 | 159 |
Colite ulcerosa | 0,79 | 61 |
Tabella 1 | ||
Fonte: Kobelt e Kasteng, 2009 |
L’AR ha anche un notevole impatto economico. Tale impatto viene stimato come costo annuale della malattia per paziente e, sulla base dei dati epidemiologici, di costo complessivo a livello nazionale.
* A cura del Prof. Claudio Jommi, Professore Associato di Economia Aziendale, Università del Piemonte Orientale e Responsabile Osservatorio Farmaci, Cergas, Università Bocconi
Il costo sociale di una malattia include quattro dimensioni rilevanti di costo:
1. costi diretti sanitari (prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi, cura e ria- bilitazione);
2. costi diretti non sanitari (ad esempio, costi di trasporto sostenuti dai pazienti, ecc.);
3. costi collegati all’assistenza informale, prestata dai familiari, conoscenti e vo- lontari;
4. costi generati dalla perdita di produttività (un tempo definiti come costi indi- retti) o mancato reddito generato dall’assenza dal lavoro per malattia, per le forme permanenti di disabilità, per decesso prima dei 65 anni di età.
Dal punto di vista metodologico non è semplice separare i costi di una determinata malattia dai costi non collegati ad essa (ad esempio costi correlati a patologie con- comitanti). Un secondo aspetto di grosso rilievo è la prospettiva adottata nell’ana- lisi, che determina le categorie di costo da inserire: se, ad esempio, viene adottata la prospettiva del Servizio Sanitario Nazionale (cosiddetto terzo pagatore), si con- siderano solo i costi, di cui al punto 1, con esclusione di quelli sostenuti diretta- mente dal paziente e non rimborsati dal sistema pubblico (i cosiddetti costi out-of- pocket). Se invece si adotta la prospettiva sociale, tutti i costi sono inclusi nell’ana- lisi, indipendentemente da chi li sostiene (sistema sanitario, servizi sociali, sistema economico nel complesso, paziente). Per quanto le principali differenze tra gli studi di costo sociale su una stessa patologia dipendano essenzialmente dalla pro- spettiva adottata, possono esserci divergenze anche per altre motivazioni tra cui, ad esempio, la metodologia di calcolo dei costi, in particolare di quelli collegati alla perdita di produttività.
Diversi studi hanno stimato il costo medio complessivo annuale per paziente del- l’AR nei paesi europei. La Figura 1 evidenzia i risultati di studi riferiti ai principali Paesi UE, aggiornati sulla base del tasso di inflazione al 2008 (ovvero valori a prezzi 2008 in euro).
Un recente rapporto, pubblicato sul sito EFPIA (European Federation of the Phar- maceutical Industry Association) (Kobelt e Kasteng, 2009), ha stimato, sulla base delle evidenze di letteratura, un costo medio sociale complessivo per paziente in Europa di 12.900 euro. Un altro studio (Kobelt e Jönsson, 2008) ha stimato tale costo in 14.271 euro. Le differenze sono essenzialmente legate ai dati di prevalenza (nel primo studio il paziente prevalente è stato definito come colui a cui è stata diagnosticata la malattia e che viene regolarmente seguito, ovvero che ha avuto al- meno un contatto con i servizi sanitari per effetto della diagnosi di AR) ed il costo dei farmaci (lo studio di Kobelt e Kasteng, 2009, ha utilizzato i dati di vendita e non di costo riportati in letteratura).
Un aspetto di sicuro interesse è la composizione del costo medio per paziente del- l’AR. Lo studio di Kobelt e Kasteng, 2009, ha rilevato come i costi diretti (sanitari
Il costo sociale medio per paziente per AR
(valori a prezzi 2008 in euro)
22.458
21.908
21.069
16.502
16.441
15.417
Huscher et al, Kobelt et al, 2005 2008
Germania Francia
Michaud et al, McIntosh, Leardini et al, 2003 1996 2002
USA Regno Unito Italia
Lajas et al, 2003
Spagna
Figura 1
e non, esclusi i biologici) rappresentino il 43% dei costi complessivi, i farmaci biologici l’8%, l’assistenza informale il 16% e la perdita di produttività il 33%. La composizione dei costi è diversa nelle principali nazioni europee. Quelli diretti (sanitari e non, esclusi i biologici) variano dal 39% dell’Italia e Regno Unito al 54% della Spagna. I farmaci biologici variano dal 6% circa in Italia al 15% circa in Spagna: si tratta dei paesi che presentano, tra i 5 maggiori mercati europei, ri- spettivamente la minore (7,5%) e maggiore (17%) incidenza di pazienti affetti da AR trattati con farmaci biologici; le differenze di costo dipendono, quindi, dal di- verso accesso a tali farmaci. Forte variabilità si riscontra anche per l’assistenza in- formale ed i costi collegati alla perdita di produttività; la somma delle due voci rappresenta – generalmente e ad eccezione della Spagna – circa il 50% dei costi complessivi o valori di poco superiori a tale percentuale (Figura 2).
La composizione del costo sociale è cambiata nel tempo. Per quanto non sia com- pletamente corretto confrontare studi su realtà e tempi diversi (in quanto difficil- mente condividono la stessa metodologia di analisi), si osserva come nel passato la componente “perdita di produttività” era molto più rilevante, in quanto diversi erano i pazienti non in grado di andare al lavoro. L’introduzione dei biologici e, più in generale, il maggiore investimento nel percorso diagnostico terapeutico ed assistenziale del paziente, hanno generato un aumento dell’incidenza dei relativi costi; in parallelo, il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti ha sensi- bilmente ridotto i costi collegati all’assistenza informale e, soprattutto quelli col- legati alla perdita di produttività (Figura 3).
Composizione del costo sociale medio per paziente per AR (valori a prezzi 2008)
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
Perdita produttività Assistenza informale Altri costi diretti Biologici
0%
Francia Germania Italia Spagna Regno Europa Europa
Unito Occid.
Figura 2
Fonte: elaborazione su dati Kobelt e Kasteng, 2009
39%
La composizione del costo sociale: analisi dei risultati di due studi (1996 e 2008)
2%
30%
McIntosh, 1996 (Regno Unito)
4%
Farmaci
Altri costi diretti sanitari Altri costi diretti non sanitari
Costi collegati all’assist. informale Costi collegati alla perdita di produttività
25%
23%
20%
Kobelt et al, 2008 (Francia)
16%
Farmaci
Altri costi diretti sanitari Altri costi diretti non sanitari
Costi collegati all’assist. informale Costi collegati alla perdita di produttività
7%
34%
Figura 3
76
Un ulteriore elemento di importante riflessione è l’evoluzione dei costi per stadio di gravità della malattia. L’ultimo studio di costo sociale sulla patologia condotto in Italia (Leardini et al, 2002, con dati del 1999) ha mostrato chiaramente una correlazione tra costi e “gravità” della patologia (misurata attraverso la scala pro- posta dall’ACR - American College of Rheumatology) (Tabella 2). Uno studio più recente (Kobelt et al, 2008) ha evidenziato lo stesso fenomeno, utilizzando un’altra scala di misurazione di stato di salute (Health Assessment Questionnaire - HAQ) (Figura 4). Il sensibile incremento dei costi nelle fasi evolutive della malattia ri- chiama l’importanza di un intervento precoce, diagnostico e terapeutico. Tale in- vestimento, per quanto oneroso, rallenta la progressione della patologia e, in alcuni casi, produce una remissione della stessa, con importanti vantaggi in termini non solo di qualità di vita dei pazienti, ma anche di risparmio futuro di costi.
Il costo medio per paziente per le diverse classi ACR Costi medi annuali per paziente (euro, anno 2002) divisi per stadio di gravità dell’AR | ||||
Classi funzionali ACR | I | II | III | IV |
Ricoveri | 567 | 977 | 1.526 | 1.982 |
Farmaci | 558 | 1.074 | 1.051 | 1.103 |
Altri costi sanitari | 291 | 396 | 450 | 551 |
Costi diretti sanitari (prospettiva SSN) | 1.416 | 2.447 | 3.027 | 3.636 |
% costi complessivi patologia | 38% | 20% | 18% | 16% |
Assistenza informale | 803 | 4.624 | 7.636 | 10.364 |
Ausili | 64 | 160 | 122 | 236 |
Trasporto | 113 | 110 | 248 | 135 |
Costi diretti non sanitari | 980 | 4.894 | 8.006 | 10.735 |
% costi complessivi patologia | 26% | 39% | 49% | 47% |
Costi diretti totali | 2.396 | 7.341 | 11.033 | 14.371 |
% costi complessivi patologia | 64% | 59% | 67% | 63% |
Costi indiretti (perdita di produttività) | 1.321 | 5.164 | 5.387 | 8.576 |
% costi complessivi patologia | 36% | 41% | 33% | 37% |
Costi complessivi patologia (prospettiva sociale) | 3.717 | 12.505 | 16.420 | 22.947 |
Tabella 2 | ||||
Fonte: elaborazione su dati Leardini et al, 2001 |
Si osserva, infine, come gli studi di costo sociale spesso trascurino i costi diretti a carico del paziente. Tali costi possono riguardare anche la componente sanitaria: non sempre, infatti, i presidi e le prestazioni di riabilitazione sono coperti dal si- stema pubblico; inoltre, l’accesso alle prestazioni diagnostiche è spesso condizio- nato da lunghi tempi di attesa. Uno studio condotto nel 2008, su dati 2007, da ANMAR, SIR e CENSIS sui costi non a carico del sistema sanitario ha evidenziato
Functional capacity (HAQ)
45000
40000
005)
35000
(€
30000
tien
25000
er
20000
ost
15000
ual
10000
a
5000
e
0
<0.5
0.5<1.0
1.0<1.5
1.5<2.0
2.0<2.5
>=2.5
m an nn c p pa t 2
Il costo medio per paziente per le diverse classi HAQ
Relazione tra costi e HAQ: costo medio annuo per paziente (Francia, prospettiva sociale, euro 2005)
45.000
40.000
35.000
30.000
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
<0,5
0,5<1,0
1,0<1,5
1,5<2,0 2,0<2,5
≥2,5
Capacità funzionale (HAQ)
Figura 4
Costo medio annuo per paziente (euro 2005)
Fonte: Kobelt e Kasteng, 2009 su dati Kobelt el al 2008
come, oltre ai costi per la perdita di produttività (circa 5.900 euro in media al- l’anno per paziente) e all’assistenza informale (circa 4.000 euro), il paziente spende in media all’anno 1.400 euro per prestazioni sanitarie pagate out-of-pocket, ovvero non coperte dal SSN (ANMAR, 2009).
Le evidenze mostrano quindi come la AR sia una patologia ad alto impatto sociale, con elevati costi, di cui una quota rilevante (pur in calo) collegata alla perdita di produttività e all’assistenza informale: le analisi economiche e i sistemi di pro- grammazione nazionale e regionale dovrebbero quindi adottare un punto di vista ampio nelle proprie analisi, evitando comunque un approccio a “silos” nella ge- stione del proprio budget. Andrebbero poi valorizzate le iniziative finalizzate a dia- gnosticare e, eventualmente, trattare i pazienti in fase precoce, con un impatto importante sul futuro profilo dei costi. Infine, pur essendoci una naturale atten- zione per i costi sostenuti dal terzo pagatore, le autorità regolatorie non dovrebbero trascurare i costi a carico del paziente: qualunque spesa out-of-pocket può, se con- sistente e rivolta a prestazioni essenziali, generare iniquità nell’accesso alle presta- zioni.
8. LA RACCOMANDAZIONE
CIVICA
Premesso quanto sopra riportato e al fine di migliorare l’attuale assistenza socio- sanitaria erogata alle persone con Artrite Reumatoide, Cittadinanzattiva ed ANMAR raccomandano:
Al Parlamento
• Approvare il DDL n. 1701 “Disposizioni per assicurare un’adeguata assistenza sanitaria ai malati di Malattie Reumatiche Infiammatorie Croniche e Autoim- muni e dalle sindromi fibromialgiche”.
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
• Emanare rapidamente il Decreto sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con particolare riguardo:
1. all’aggiornamento del Nomenclatore tariffario dei presidi, delle protesi e degli ausili di cui al D.M. 27 agosto 1999, n. 332 “Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe”;
2. alla revisione del D.M. 28 maggio 1999, n. 329 “Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti”;
3. alla revisione del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 “Regolamento di istitu- zione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla parteci- pazione al costo delle relative prestazioni sanitarie”.
• Aggiornare, secondo quanto già previsto dall’art. 20 comma 6 della Legge 102 del 2009, le tabelle indicative delle percentuali dell’invalidità civile, di cui al De- creto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992 G.U. n. 47 del 26 febbraio 1992, con particolare riguardo alle percentuali relative all’Artrite Reumatoide. È ne- cessario che la Commissione (di cui all’art. 20 comma 6 della Legge 102 del 2009) avente il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali del-
l’invalidità civile abbia tra i suoi componenti anche i rappresentanti delle Orga- nizzazioni di tutela del diritto alla salute.
Al Ministero della Salute
• Emanare rapidamente il Decreto sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con particolare riguardo:
1. all’aggiornamento del Nomenclatore tariffario dei presidi, delle protesi e degli ausili di cui al D.M. 27 agosto 1999, n. 332 “Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe”;
2. alla revisione del D.M. 28 maggio 1999, n. 329 “Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti”;
3. alla revisione del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 “Regolamento di istitu- zione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla parteci- pazione al costo delle relative prestazioni sanitarie”.
• Inserire all’interno della Programmazione Sanitaria Nazionale (PSN), come spe- cifico obiettivo di salute, il miglioramento dell’assistenza socio-sanitaria erogata alle persone affette da patologie reumatiche e in particolare da Artrite Reuma- toide. Il Piano Sanitario Nazionale (2011-2013), attualmente in discussione, non prevede come specifico obiettivo di salute il miglioramento dell’assistenza alle persone affette dalle malattie reumatiche.
• Definire le Linee guida di carattere nazionale, da prendere a riferimento da parte delle regioni, volte a garantire la diagnosi e il trattamento dell’Artrite Reumatoide (percorso diagnostico-terapeutico), in modo tempestivo ed efficace, oltre che l’integrazione gestionale, istituzionale e delle diverse figure professionali coin- volte. A tal fine si raccomanda la costituzione di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle Istituzioni (Ministero della salute, AGENAS, AIFA, ISS, ecc.), da professionisti socio-sanitari, nonché dai rappresentanti delle Organiz- zazioni di tutela del diritto alla salute.
• Attivare un registro nazionale delle patologie reumatiche sistemiche in grado di fornire dati certi sulle stesse: strumento già attivo da molto tempo in altri paesi.
• Garantire su tutto il territorio nazionale il tempestivo accesso da parte delle per- sone affette da Artrite Reumatoide alle terapie farmacologiche indispensabili, con particolare riguardo a quelle innovative (farmaci biologici), anche attraverso una specifica attività di monitoraggio da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco. È necessario superare le attuali differenze regionali (in particolare nelle regioni con ingenti disavanzi nel settore sanitario) di accesso ai farmaci.
• Aggiornare, secondo quanto già previsto dall’art. 20 comma 6 della Legge 102 del 2009, le tabelle indicative delle percentuali dell’invalidità civile, di cui al De- creto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992 G.U. n. 47 del 26 febbraio 1992, con particolare riguardo alle percentuali relative all’Artrite Reumatoide. È ne- cessario che la Commissione (di cui all’art. 20 comma 6 della Legge 102 del 2009) avente il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali del- l’invalidità civile abbia tra i suoi componenti anche i rappresentanti delle Orga- nizzazioni di tutela del diritto alla salute.
• Promuovere campagne d’informazione nazionali al fine di favorire la diagnosi precoce delle patologie reumatiche e in particolare dell’Artrite Reumatoide.
All’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)
• Istituire forme strutturate e permanenti di coinvolgimento delle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute nell’attività di definizione, implementazione e mo- nitoraggio della politica farmaceutica nazionale e regionale. A tal fine è auspica- bile l’istituzione di uno specifico organismo interno all’Agenzia Italiana del Farmaco composto dalle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute. Tale coin- volgimento da parte delle Istituzioni faciliterebbe:
1. l’individuazione più puntuale delle esigenze di salute dei cittadini, delle criticità dell’attuale sistema di assistenza farmaceutica dal punto di vista dei cittadini, delle proposte di miglioramento;
2. la condivisione della responsabilità di alcune scelte, con particolare riguardo al tema dell’Health Technology Assessment a livello nazionale e regionale. È estremamente necessario coinvolgere le Associazioni dei pazienti nell’He- alth Technology Assessment, la quale viene praticata sempre più a livello regionale con modalità tali, in alcune situazioni, da mettere in serio pericolo il diritto all’accesso ai farmaci (in particolare quelli innovativi), già previsto a livello nazionale attraverso le diverse Determinazioni AIFA;
3. l’informazione e la comunicazione rivolta ai cittadini sulle principali que- stioni inerenti la farmaceutica;
4. la promozione della crescita e dello sviluppo delle competenze delle As- sociazioni.
• Garantire, anche attraverso una specifica attività di monitoraggio, su tutto il ter- ritorio nazionale, l’accesso da parte delle persone affette da Artrite Reumatoide alle terapie farmacologiche indispensabili, con particolare riguardo a quelle in- novative (farmaci biologici), senza alcuna sospensione delle terapie per motivi di carattere economico. È necessario superare le attuali differenze regionali (in particolare nelle regioni con ingenti disavanzi nel settore sanitario) di accesso ai farmaci.
• Garantire a livello regionale, attraverso una specifica attività di monitoraggio, l’immediata disponibilità all’interno dei PTOR dei farmaci, in particolare quelli innovativi, già approvati a livello nazionale dall’AIFA, così come previsto “dal- l’Accordo del 18 novembre 2010 tra il Governo, le Regioni e le Province auto- nome di Trento e di Bolzano sull’accesso ai farmaci innovativi”. (Repertorio atti n. 197/CSR, G.U. del 10/01/2011).
• Prevedere la partecipazione dei rappresentanti delle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute all’interno del “Tavolo permanente di monitoraggio dei pron- tuari terapeutici ospedalieri regionali”, di cui all’art. 3, comma 3 dell’Accordo del 18 novembre 2010 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sull’accesso ai farmaci innovativi. (Repertorio atti n. 197/CSR, G.U. del 10/01/2011).
• Vigilare sui provvedimenti regionali che interpretano restrittivamente le Deli- berazioni AIFA, assicurando l’effettivo rispetto dei LEA.
All’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS)
• Istituire forme strutturate e permanenti di coinvolgimento delle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute nelle attività dell’INPS in materia d’invalidità civile e handicap. A tal fine è auspicabile l’istituzione di uno specifico organismo in- terno all’INPS, composto dalle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute, con il compito di esprimere pareri, segnalare le criticità esistenti, formulare pro- poste di miglioramento.
• Garantire, nella composizione delle Commissioni mediche ASL ed INPS, volte ad accertare il riconoscimento della percentuale d’invalidità civile, accompa- gnamento e Legge 104 del 1992, la presenza di uno specialista reumatologo, in grado di valutare in modo più appropriato le reali condizioni dei malati reumatici.
• Promuovere, a favore dei cittadini, un’attività di semplificazione amministrativa degli adempimenti burocratici connessi ai procedimenti di riconoscimento del- l’invalidità civile, accompagnamento e Legge 104 del 1992. Esigenza non sod- disfatta ad esempio dalla Comunicazione INPS del 20 settembre 2010 “Accertamenti di invalidità civile – implementazione dei criteri per l’accerta- mento diretto”, attraverso la quale si intende “potenziare il ricorso all’accerta- mento sanitario diretto sulla persona con l’obiettivo di verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari”.
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Alle Regioni
• Inserire all’interno della Programmazione Sanitaria Regionale (PSR), come spe- cifico obiettivo di salute, il miglioramento dell’assistenza socio-sanitaria erogata alle persone affette da patologie reumatiche e in particolare da Artrite Reuma- toide.
• Definire le Linee guida di carattere regionale, volte a garantire la diagnosi e il trattamento dell’Artrite Reumatoide (percorso diagnostico-terapeutico), in modo tempestivo ed efficace, oltre che l’integrazione gestionale, istituzionale e delle di- verse figure professionali coinvolte. A tal fine, si raccomanda la costituzione di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle Istituzioni, da professio- nisti socio-sanitari, nonché dai rappresentanti delle Associazioni di tutela del di- ritto alla salute e delle Associazioni dei malati.
• Attivare e implementare il day-service.
• Garantire, con specifico atto di programmazione, la presenza diffusa ed omoge- nea, su tutto il territorio regionale, dei servizi di reumatologia, con particolare riguardo a quelli territoriali.
• Potenziare la rete dei servizi di riabilitazione.
• Promuovere, anche attraverso soluzioni di tipo telematico e su tutto il territorio regionale, l’organizzazione a “rete” dei servizi di assistenza socio-sanitaria (rete dei servizi diagnostici, rete degli specialisti, reti delle strutture di assistenza, ecc.), in modo tale da condividere informazioni (dati), integrare e valorizzare le singole competenze, trasferire conoscenze scientifiche.
• Garantire su tutto il territorio regionale il tempestivo accesso da parte dei malati affetti da Artrite Reumatoide alle terapie farmacologiche indispensabili, con par- ticolare riguardo a quelle innovative (farmaci biologici), senza alcuna sospensione delle terapie per motivi di carattere economico.
• Semplificare l’accesso alle terapie farmacologiche innovative (farmaci biologici) da parte dei malati, ampliando il numero delle strutture e la gamma dei profes- sionisti sanitari abilitati a prescrivere ed erogare i suddetti farmaci. Un esempio in tal senso potrebbe essere rappresentato dall’estensione agli specialisti reuma- tologi territoriali della possibilità di prescrivere i farmaci biologici.
• Garantire programmi di formazione rivolti agli operatori sanitari, soprattutto ai MMG, inerenti le patologie reumatiche e in particolare l’Artrite Reumatoide, al fine di promuovere una tempestiva diagnosi e un adeguato trattamento della patologia.
Alle Aziende Sanitarie Locali (ASL)
• Inserire all’interno della Programmazione sanitaria aziendale, come specifico obiettivo di salute, il miglioramento dell’assistenza socio-sanitaria erogata alle per- sone affette da patologie reumatiche e in particolare da Artrite Reumatoide.
• Attuare le Linee guida regionali volte a garantire la diagnosi tempestiva e il trat- tamento adeguato dell’Artrite Reumatoide (percorso diagnostico-terapeutico).
• Definire, laddove non approvate a livello regionale, le Linee guida volte a garan- tire la diagnosi e il trattamento dell’Artrite Reumatoide (percorso diagnostico-te- rapeutico), in modo tempestivo ed efficace. A tal fine, si raccomanda la costituzione di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle Istituzioni, da professionisti socio-sanitari, nonché dai rappresentanti delle Organizzazioni di tutela del diritto alla salute.
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RINGRAZIAMENTI
La realizzazione della Raccomandazione è stata possibile grazie ai preziosi contri- buti forniti da:
• i rappresentanti dell’ANMAR, e in particolare: Serena Calcarella (APMAR), An- tonella Celano (delegato ANMAR e Presidente APMAR), Gabriella Voltan (Pre- sidente ANMAR);
• le Organizzazioni che compongono il Direttivo22 del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, sia per l’impegno con il quale portano avanti le attività del Coordinamento, sia per il bagaglio tecnico - politico che hanno fornito nella fase di realizzazione della Raccomandazione;
• le 85 Organizzazioni che compongono il CnAMC23;
• Maria Teresa Bressi del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva;
• Ministero della Salute - Dott.ssa Lucia Guidotti e Dott.ssa Paola Pisanti;
• Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) - Dott.ssa Donata Bellentani e Dott.ssa Elisa Guglielmi;
• Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) - Dott. Valerio Alberti
• Associazione Nazionale dei Medici di Direzione Ospedaliera (ANMDO) – Dott. Ugo Luigi Aparo;
• Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) – Dott. Alessandro Rossi;
• Società Italiana di Reumatologia (SIR) – Prof. Luigi Di Matteo;
• Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) – Dott. Maurizio Scassola;
• Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS) – Dott. Gianluigi Margiotta;
• Prof. Claudio Jommi Professore Associato di Economia Aziendale, Università del Piemonte Orientale - Responsabile Osservatorio Farmaci, Cergas, Università Bocconi
• i rappresentanti di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del Malato, e in particolare Francesca Moccia, Sabrina Nardi, Giuseppe Berardino, Vanessa San-
22 AIC, AINAD, AIMAR, AIP-BPCO, ANMAR, Fondazione PEGASUS, PARKINSON ITALIA, FAND, FE- DERASMA, LIOS, PARENT PROJECT, UNIAMO–FIMR, ANANAS, UILDM.
23 http://www.cittadinanzattiva.it/cnamc-malati-cronici/le-associazioni-aderenti-cnamc.html
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sone, Giuseppe Scaramuzza, Giulia Mannella, Salvatore Zuccarello, Valeria Fava, Carla Berliri.
Ringraziamo per la supervisione Teresa Petrangolini (Segretario Generale Cittadi- nanzattiva), Annalisa Mandorino (Vice Segretario Cittadinanzattiva), Antonio Gaudioso (Vice Segretario Cittadinanzattiva), Alessio Terzi (Presidente Cittadi- nanzattiva), Maddalena Pelagalli (Presidente del Coordinamento nazionale Asso- ciazioni Malati Cronici).
Il lavoro di editing è stato assicurato da Alessandro Cossu, Aurora Avenoso e Ni- coletta Cannata.
Un grazie particolare a Linda Cocciolo per aver curato con dedizione tutto l’aspetto organizzativo e di segreteria.
Grazie inoltre a tutti coloro che lavorando negli uffici comunicazione, stampa, raccolta fondi e relazione istituzionali di Cittadinanzattiva hanno reso possibile la realizzazione e la diffusione del presente lavoro.
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