ACCORDO DI RINNOVO 5 DICEMBRE 2012 NOTA ILLUSTRATIVA
ACCORDO DI RINNOVO 5 DICEMBRE 2012 NOTA ILLUSTRATIVA
Allegata alla circolare prot. n. 04/13/R/DIR/L.2.10.d. fasc.1
1. PREMESSA
Il Ccnl 5 dicembre 2012, salvo quanto previsto con riferimento a specifici istituti, decorre dal 1° gennaio 2013 e scade il 31 dicembre 2015.
In sede di stesura del testo contrattuale le parti si sono impegnate ad armonizzare ed integrare i testi di cui alla Premessa e alla Sezione terza del Ccnl alla luce delle modifiche ed integrazioni definite dagli Accordi interconfederali del 28 giugno 2011 e del 21 novembre 2012 (in particolare, la semplificazione dell’articolato riguardante le intese modificative del Ccnl trattandosi negli altri casi di un semplice adeguamento formale).
Le parti, inoltre, effettueranno una ricognizione degli Accordi interconfederali in materia di rappresentanza anche alla luce di quanto emergerà dal confronto attualmente in corso tra le Confederazioni.
Al fine di rafforzare l’”esigibilità” delle disposizioni contrattuali, con particolare riferimento alle innovazioni riguardanti gli strumenti di flessibilità a disposizione delle aziende, le parti hanno proceduto ad implementare la clausola di inscindibilità contenuta nell’art. 1, Sezione Terza, ribadendo espressamente che le previsioni riguardanti l’orario plurisettimanale ed il lavoro straordinario costituiscono parte essenziale dello scambio realizzato nel Ccnl ed impegnano tutti i soggetti coinvolti al loro rispetto.
Sempre in relazione al medesimo fine si è provveduto a rafforzare la natura non negoziale della procedura di “previo esame” fissando una
00000 Xxxx Piazzale X. Xxxxxx, 14
Telefono 00 0000000 Fax 00 0000000 xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx xxxx.xxxx@xxxxxxxxxxxxxx.xx Codice Fiscale 80192830588
durata certa dello stesso ed è stata assegnata al livello aziendale la possibilità di definire, quale criterio di attribuzione individuale del P.d.R., l’effettivo svolgimento delle prestazioni richieste connesse ai sistemi di flessibilità previsti dal Ccnl o dagli accordi aziendali.
Le parti, anche valorizzando quanto previsto nelle “Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia” sottoscritte il 16 novembre 2012, hanno introdotto un importante strumento di flessibilizzazione degli aumenti economici definiti dal rinnovo contrattuale stabilendo la possibilità di posticipare la decorrenza della seconda e della terza tranche di aumenti, rispettivamente, fino a 12 mesi (la seconda tranche dal 1° gennaio 2014 fino al 1° gennaio 2015 e la terza tranche dal 1°
gennaio 2015 fino al 1° gennaio 2016).
Al termine di ciascun periodo di differimento, la seconda e terza tranche di aumenti diventeranno, in ogni caso, parte integrante dei minimi per tutti i lavoratori.
La possibilità di posticipare la decorrenza dei suddetti aumenti è demandata alla contrattazione con la RSU nelle singole aziende1; tra le diverse finalità del differimento c’è anche quella di favorire accordi di produttività mediante forme di variabilità salariale che consentano eventualmente di accedere ai benefici fiscali e contributivi previsti per il salario variabile contrattato in azienda. Sul punto ci riserviamo di tornare con un’apposita circolare esplicativa anche in relazione agli approfondimenti tecnici da svolgere in merito ai contenuti del DPCM 22 gennaio 2013.
Il Ccnl 5 dicembre 2012 contiene altre ed importanti innovazioni normative, in particolare in materia di orario di lavoro e trattamento economico di malattia, che costituiscono oggetto di illustrazione ed analisi della presente circolare.
1 Per quanto riguarda le aziende prive di rappresentanza sindacale, le parti definiranno, in sede di stesura del testo contrattuale, l’attivazione di una specifica procedura sulla scorta di quanto già stabilito nelle Linee guida per la diffusione del Premio di risultato di cui all’Allegato 5 del Ccnl.
2. RELAZIONI SINDACALI E CONTRATTUALI
2.1. Commissioni aziendali, informazione e consultazione in sede aziendale, C.A.E.
Sono stati ritoccati i precedenti limiti previsti per la costituzione delle Commissioni aziendali per la formazione professionale e per le pari opportunità, ora, individuati nel numero di 1000 dipendenti di cui 300 occupati nella stessa unità produttiva; nel contempo, è stato ridotto a 3 il numero dei componenti rispettivamente in rappresentanza della Direzione e della Rsu rimanendo per il resto invariato il testo contrattuale.
È stato rivisto l’art. 9, Sezione prima, sull’informazione e consultazione dei lavoratori nelle imprese di dimensione comunitaria adeguandolo a quanto previsto, in proposito, dall’Avviso comune 12 aprile 2011 e dal D.Lgs. 22 giugno 2012, n. 133.
Una Commissione dotata di poteri negoziali avrà il compito di rivedere la normativa contrattuale sull’informazione e consultazione in sede aziendale (art. 8, Sezione prima) alla luce delle innovazioni legislative che dovessero prodursi in tema di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori sulla base del rinvio al Governo previsto dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 4, 62° comma.
2.2. Diritto allo studio e formazione professionale
È costituita un’apposita commissione con poteri negoziali finalizzata a realizzare, durante la fase di stesura del testo contrattuale, una semplificazione e razionalizzazione delle normative contrattuali di cui agli artt. 7 e 8, Sezione quarta, Titolo VI, frutto di stratificazioni successive per certi versi anche incompatibili con il quadro legislativo di riferimento profondamente mutato.
3. INQUADRAMENTO
Le parti, confermandone l’impianto, hanno proceduto ad una integrazione ed attualizzazione dell’attuale sistema di inquadramento
prevedendo di realizzare la trasformazione della 3a ERP in 3a Super con parametro 124,6 (valevole ad individuare il minimo mensile per il 2014 pari a € 1578,15), quale nuovo livello di inquadramento intermedio tra la 3a e la 4a categoria, a partire dal 1° gennaio 2014.
La declaratoria del nuovo livello è quella già prevista per la 3a ERP mentre i relativi profili tassativi dovranno essere definiti dalle parti; la nuova 3a Super assorbirà fino a concorrenza eventuali emolumenti corrisposti in azienda ad analogo titolo (accordi aziendali di attribuzione della 3a ERP).
Inoltre, sempre con decorrenza 1° gennaio 2014, l’attuale seconda alinea della 7a categoria sarà trasformata in 8a categoria, dedicata ai quadri, con assorbimento nel relativo parametro dell’attuale indennità prevista; corrispondentemente sarà riportato in un apposito articolo quanto già previsto alla lettera B) del sistema di inquadramento.
Le parti si sono anche impegnate a rimodulare e a semplificare i criteri di mobilità dalla 1a alla 2a categoria e dalla 2a alla 3a categoria nonché ad aggiornare gli attuali profili professionali.
Tutte le suddette previsioni dovranno essere realizzate durante la fase di stesura del testo contrattuale con l’obiettivo di riportarle già nel testo a stampa del nuovo Ccnl.
Inoltre, sempre durante la fase di stesura del testo contrattuale, un’apposita Commissione verificherà la possibilità di istituire, già a partire dal 1° gennaio 2014, un nuovo livello intermedio tra la 4a e la 5a categoria, la 4a Super, definendone declaratoria e relativi profili professionali tassativi.
Su queste tematiche ci riserviamo di tornare con apposita circolare esplicativa per dare tutte le indicazioni che si renderanno necessarie.
4. TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Nella premessa dell’articolo 4, Sezione Quarta – Titolo I, è stata mantenuta la sola riproposizione del principio legale secondo cui il
contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato2.
4.1. CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Per quanto riguarda specificamente la normativa del contratto a tempo determinato di cui alla lettera A) dell’articolo in esame, una prima novità da segnalare attiene alla previsione riguardante il trattamento di malattia; in particolare, le parti, applicando il principio generale di non discriminazione3, hanno esplicitato la regola che i periodi di conservazione del posto e di trattamento economico, come definiti dall’apposito articolato contrattuale per i lavoratori con anzianità di servizio fino a 3 anni compiuti (su cui torneremo nel prosieguo della Nota illustrativa), vanno riproporzionati in relazione alla durata del contratto a termine.
In particolare, sulla base del rapporto intercorrente tra 36 mesi di durata del contratto e periodo di comporto di 183 giorni, i periodi di trattamento di malattia da riconoscere saranno corrispondentemente ridotti (con arrotondamento in eccesso) in proporzione diretta alle specifiche minori durate del contratto previste.
In via esemplificativa, ad un lavoratore con contratto a termine di durata di 6 mesi va riconosciuto un periodo di conservazione del posto pari a 31 giorni di cui 21 giorni ad intera retribuzione ed i residui all’80% oppure nel caso di un contratto a termine di durata di 1 mese va riconosciuto un periodo di conservazione del posto pari a 6 giorni di cui 4 ad intera retribuzione ed i residui all’80%.
2 La legge n. 92 del 2012 è intervenuta a riformulare il principio già introdotto nel D.Lgs. n.368/2001 dalla legge n. 247 del 2007 ribadendo espressamente che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
3 Secondo tale principio legale, ai lavoratori a tempo determinato si devono applicare tutti i trattamenti previsti per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.
La disciplina contrattuale è stata, quindi, implementata dando seguito ai rinvii alla contrattazione collettiva previsti dalla legge4 in materia di riduzione dei termini di intervallo nella successione dei contratti a termine con il medesimo lavoratore5 e di abilitazione dell’ipotesi di contratto a termine “acausale” nel limite massimo del 6%6.
Come noto, la legge n. 92 del 2012 ha elevato i termini di intervallo, che devono trascorrere tra un contratto di lavoro a tempo determinato e l’altro, nel caso di riassunzione a termine del medesimo lavoratore, rispettivamente a 60 ovvero a 90 giorni, a seconda che il contratto scaduto sia di durata fino a 6 mesi o di durata superiore, delegando, nel contempo, alla contrattazione collettiva la facoltà di ridurre, secondo specifiche modalità, i suddetti termini a 20 e 30 giorni nel caso di determinate ragioni organizzative7.
Successivamente, la legge 134 del 2012 ha reso più ampia tale facoltà prevedendo la possibilità, da parte dei contratti collettivi di qualsiasi livello, di individuare ipotesi diverse ed ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi di cui alla legge. E proprio sulla scorta di tale rinvio le parti hanno definito, quali ipotesi di applicabilità dei 20 e 30 giorni di intervallo, i casi di assunzione in sostituzione di lavoratori assenti nonché i casi di assunzione dei lavoratori posti in
4 Si tratta del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 come modificato dalla Legge 28 giugno 2012 n. 92 e dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134.
5 Vedi l’art. 5, comma 3° ultimo periodo.
6 Vedi l’art. 1, comma 1-bis secondo periodo.
7 In particolare, l’art. 5, comma 3° primo periodo, stabilisce che tale facoltà possa essere esercitata in via diretta dagli accordi interconfederali o dai contratti collettivi nazionali di categoria ovvero in via delegata dai livelli decentrati, prevedendone le condizioni, nell’ambito di un processo organizzativo determinato: dall’avvio di una nuova attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente. In mancanza di un intervento della contrattazione collettiva entro 12 mesi dall’entrata in vigore della Riforma è previsto che il Ministero del lavoro provveda ad individuare le condizioni nel rispetto delle quali operano le riduzione degli intervalli.
cassa integrazione guadagni, iscritti nelle liste di mobilità ovvero percettori dell’Aspi.
Si tratta, com’è evidente, di casi specifici che le parti hanno individuato al fine di favorire la ricollocazione degli stessi lavoratori in ragione di caratteristiche “soggettive” qualificate o per esigenze organizzative legate alla necessità di sostituire personale assente.
È fatta salva, comunque, la facoltà degli accordi aziendali di individuare ulteriori fattispecie anche in considerazione degli specifici contesti aziendali con l’avvertenza che, in tale caso, gli accordi dovranno essere necessariamente sottoscritti d’intesa con le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale quale vere e proprie parti contrattuali come richiesto dalle disposizioni legislative citate non essendo sufficiente, a tali fini, la sottoscrizione della sola azienda e delle RSU.
Inoltre, secondo quanto previsto dalla medesima legge, i termini ridotti di intervallo si applicano in ogni caso per le attività stagionali sia quelle di cui al D.P.R. n. 1525/1963 sia quelle individuate dalle norme contrattuali ai sensi dell’art. 5, comma 4-ter, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, e cioè, le attività caratterizzate dalla necessità ricorrente di intensificazione dell’attività lavorativa in determinati e limitati periodi dell’anno, rinvenibili nel nostro settore nei tipici casi di stagionalità del prodotto come determinata dal mercato di riferimento.
Si ricorda, in proposito, che le norme contrattuali prevedono una fase di confronto aziendale di verifica e controllo circa la coerenza dell’attività svolta in azienda con le caratteristiche di stagionalità così definite; tale fase deve concludersi con un accordo sottoscritto dalle RSU d’intesa con le strutture territoriali delle Organizzazioni sindacali stipulanti che deve anche individuare i periodi di intensificazione dell’attività produttiva, in ogni caso, non superiori ai 6 mesi nell’arco dell’anno solare.
Per quanto riguarda infine l’abilitazione dell’ipotesi di contratto a termine “acausale” nel limite massimo del 6% affinché il datore di lavoro possa esercitare la scelta se adottare questa agevolazione in luogo dell’”acausalità” del primo rapporto a tempo determinato con durata massima di 12 mesi, le parti hanno ritenuto più utile prevederne la
delega alla contrattazione aziendale in grado di meglio orientare la scelta sulla base degli specifici contesti produttivi ed organizzativi di riferimento.
4.2. STABILIZZAZIONE A TEMPO INDETERMINATO
Come noto la legge n. 92 del 2012 è intervenuta anche a modificare l’art. 5, comma 4-bis del D.Lgs. n. 368/2001 prevedendo che, ai fini del raggiungimento del limite dei 36 mesi di utilizzo del lavoratore attraverso il ricorso al contratto a termine, debbano essere computati anche i periodi di missione svolti in forza di contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati a partire dal 18 luglio 20128.
Fermo restando l’impegno ad armonizzare, in sede di stesura del testo contrattuale, la specifica norma contrattuale di cui alla lettera B) dell’articolato in esame, su cui torneremo con apposita circolare esplicativa, per il momento, nella nostra categoria, diversamente da quanto previsto dalla legge, lo stesso lavoratore potrà essere utilizzato, presso la medesima azienda, attraverso la “sommatoria” di contratti a termine e di periodi di missione con contratto di somministrazione a tempo determinato, fino ad un massimo di 44 mesi; superato tale limite il lavoratore acquisisce il diritto ad essere assunto a tempo indeterminato9.
8 Secondo l’interpretazione fornita dal Ministero del lavoro (circolare n. 18/2012), il limite dei 36 riguarda il solo contratto a termine e non la somministrazione di lavoro con la conseguenza che, una volta raggiunto tale limite computando anche gli eventuali periodi svolti in somministrazione, mentre è precluso il ricorso ad un nuovo contratto a termine, per lo stesso lavoratore, pena la trasformazione a tempo indeterminato del contratto rimane, invece, salva la possibilità di utilizzare il medesimo lavoratore attraverso la somministrazione a tempo determinato.
9 L’art. 5, comma 4-bis del D.Lgs. n. 368/2001 dà ampia facoltà alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale, purché svolta con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
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Nel caso, invece, di utilizzo del lavoratore presso la medesima azienda attraverso la sola somministrazione né il Ccnl né la legge prevedono alcuna limitazione temporale.
Viceversa, nel caso di ricorso al solo contratto a termine continua a valere il limite massimo di 36 mesi previsto dalla legge.
4.3. SOMMINISTRAZIONE
È stata introdotta ex novo e riportata alla lettera D), dell’articolo in esame, la disciplina contrattuale dell’istituto intervenendo peraltro solo sugli aspetti demandati dalla legge alla contrattazione collettiva.
Le parti, in particolare, in applicazione dell’art. 4, D.Lgs. 2 marzo 2012 n. 24, hanno individuato ulteriori ipotesi esenti dall’obbligo di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo di ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato10.
La prima ipotesi individuata è collegata alla quota di lavoratori in somministrazione che siano stati assunti a tempo indeterminato dall’azienda nel corso di tre anni solari (1° gennaio – 31 dicembre); a tal fine si computano sia le assunzioni al termine del contratto di somministrazione che quelle effettuate successivamente nonché le
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nazionale, di individuare un’autonoma disciplina in materia, anche derogando al limite temporale dei 36 mesi.
10 L’art. 4 del D.Lgs. n. 24 del 2012 di attuazione della direttiva comunitaria 2008/104/CE, nel novellare l’art. 20, comma 5-quater, D.Lgs. 276/2003, ha introdotto la possibilità di far ricorso alla somministrazione “acausale” sia nei casi dallo stesso previsti ( -disoccupati percettori dell’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali o ridotti, da almeno 6 mesi; -soggetti percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno 6 mesi; -lavoratori definiti “svantaggiati” o “molto svantaggiati” ai sensi del regolamento 800/2008 CE) sia nelle ulteriori ipotesi che possono essere individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
proposte di assunzione formulate per iscritto e ricevute dal lavoratore ma dallo stesso rifiutate formalmente.
La quota di lavoratori somministrati stabilizzati attiva la possibilità di ricorrere alla somministrazione “acausale”, per un pari numero di lavoratori, in ciascun anno solare successivo; il numero di lavoratori utilizzabili non deve superare, in ogni giorno dell’anno solare di riferimento, la quota corrispondente al numero di lavoratori stabilizzati nei tre anni precedenti.
È comunque prevista la possibilità di ricorrere alla somministrazione “acausale” fino ad un massimo di 3 lavoratori per ciascun anno solare a seconda del numero di lavoratori a tempo indeterminato occupati nell’azienda secondo la proporzione 2:1 (un somministrato “acausale” ogni 2 tempi indeterminati).
Le altre ipotesi “acausali” introdotte sono finalizzate a favorire l’accesso al mercato del lavoro di particolari categorie di soggetti e cioè: i soggetti che hanno titolo al collocamento obbligatorio oppure con una invalidità certificata di almeno il 20%, i soggetti condannati ammessi al regime di semilibertà nonché i soggetti in via di dimissione o dimessi dagli Istituti di Pena.
Per quanto riguarda l’abilitazione dell’ipotesi di contratto di somministrazione “acausale” nel limite massimo del 6% affinché il datore di lavoro possa esercitare la scelta se adottare questa agevolazione in luogo dell’”acausalità” del primo rapporto a tempo determinato con durata massima di 12 mesi, le parti, così come per il contratto a termine, hanno ritenuto più utile prevederne la delega alla contrattazione aziendale.
Infine, circa le modalità e i criteri per la corresponsione del Premio di risultato si è riproposta la medesima regola prevista per i contratti a termine.
In particolare, nel rinviare agli accordi aziendali il compito di definire modalità e criteri per la determinazione e corresponsione del P.d.R., si prevede che, in mancanza di tali specifiche previsioni, il Premio debba essere riconosciuto ai lavoratori in somministrazione a tempo determinato non solo alla data di comunicazione dei risultati ma anche a quella di erogazione del Premio stesso, in funzione dei
giorni di missione svolti nell’anno di riferimento del P.d.R. ancorché non consecutivi.
4.4. PART-TIME
Per quanto attiene alla disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale, di cui alla lettera C) dell’art. 4, Sezione Quarta – Titolo I, le parti hanno proceduto sia ad una semplificazione del testo contrattuale, ora ripartito secondo appositi paragrafi per facilitarne la lettura, ma soprattutto ad una sostanziale riformulazione del paragrafo “Richiesta del lavoratore di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale” ampliando i precedenti limiti di utilizzabilità da parte dei lavoratori.
Quest’ultima modifica costituisce, insieme alle previsioni introdotte in materia di regole di utilizzo individuale dei P.A.R., una risposta alle richieste sindacali di una maggiore flessibilità nell’interesse dei lavoratori finalizzata alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro a fronte del significativo potenziamento degli strumenti di flessibilità realizzato a favore delle esigenze delle imprese e che illustreremo di seguito.
Nello specifico, l’accoglimento delle richieste di trasformazione a part- time viene declinata sulla base di specifici casi e condizioni a seconda della dimensione aziendale di appartenenza del lavoratore.
Nel caso delle aziende con più di 100 dipendenti, nell’ambito di una percentuale massima di trasformazione a part-time ora fissata al 4% del personale in forza a tempo pieno, sono previste tre opzioni possibili sulla base delle specifiche motivazioni addotte dal lavoratore e debitamente documentate.
La prima opzione, che costituisce la vera innovazione, consente ai lavoratori una trasformazione certa a part-time per le seguenti motivazioni sociali:
- necessità di assistere familiari (genitori, coniuge o convivente, figli e altri familiari conviventi senza alcuna possibilità alternativa di assistenza) gravemente ammalati o portatori di handicap;
- necessità di accudire i figli fino al compimento dei 13 anni.
Con la seconda opzione si ripropone la valutazione positiva della richiesta in funzione della fungibilità del lavoratore interessato11 nel caso di:
- necessità di assistere familiari conviventi che accedano a programmi terapeutici e di riabilitazione per tossico dipendenti;
- necessità di studio connesse al conseguimento della scuola dell’obbligo, del titolo di studio di secondo grado o del diploma universitario o di laurea.
Così come con la terza opzione si conferma l’accoglimento della richiesta motivata da ragioni diverse da quelle precedentemente indicate in funzione delle esigenze tecnico-organizzative dell’azienda.
Nel caso delle aziende fino a 100 dipendenti, salvo l’innalzamento della percentuale massima di trasformazione a part-time al 3% del personale in forza a tempo pieno, sono sostanzialmente confermate le precedenti disposizioni che prevedevano solo due opzioni.
Nel caso di richieste motivate sulla base delle casistiche già elencate, l’azienda valuterà positivamente la richiesta in funzione della fungibilità del lavoratore mentre nel caso di altre motivazioni l’accoglimento sarà valutato tenuto conto delle esigenze tecnico- organizzative.
In base alle previgenti clausole contrattuali, qualora il datore di lavoro non accolga la richiesta del part-time per il superamento della soglia percentuale di trasformazione o per l’infungibilità del lavoratore, sarà svolto un confronto con la RSU finalizzato all’individuazione di un’eventuale soluzione mentre nel caso di valutazione negativa, in relazione alle esigenze tecnico organizzative dell’azienda, la RSU potrà chiedere al datore di lavoro di essere informata circa i motivi del mancato accoglimento della richiesta.
Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore le proprie decisioni entro un tempo che è stato ridotto a 30 giorni dalla
11 In linea generale, la non fungibilità del lavoratore è valutabile in funzione delle mansioni, incarichi o posizioni ricoperte ovvero delle modalità di esecuzione della prestazione.
presentazione della richiesta; in caso di riposta positiva, il part-time potrà anche avere una durata predeterminata, indicativamente non inferiore a 6 mesi e non superiore a 24 mesi salvo diverse specifiche condizioni stabilite in azienda, soprattutto se si considera che in tal caso si potrà procedere, come espressamente previsto dalle norme contrattuali, all’assunzione di personale con contratto a tempo determinato, anch’esso parziale, per completare il normale orario di lavoro del lavoratore passato a part-time trattandosi di una ragione di carattere sostitutivo di cui all’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 368 del 2001.
5. APPRENDISTATO
La disciplina contrattuale dell’apprendistato professionalizzante è stata profondamente modificata sulla base delle novità introdotte in materia dal D.Lgs. n. 167/2011 e dalla Legge n. 92/2012 e di quanto già pattuito nell’Accordo Interconfederale del 18 Aprile 2012 e decorre dal 1° gennaio 2013.
5.1. La finalità dell’apprendistato professionalizzante – percentuale di stabilizzazione
Conformemente a quanto stabilito dal Testo Unico dell’ apprendistato12, il contratto definisce l’apprendistato professionalizzante come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani e al conseguimento di una qualifica professionale ai fini contrattuali. In questa rinnovata finalità, trovano fondamento gran parte delle modifiche apportate alla disciplina, particolarmente quelle riferite agli aspetti formativi.
La finalità occupazionale, resa esplicita dal Testo Unico dell’apprendistato, era già stata espressa dalle parti nel precedente contratto e avvalorata dall’introduzione di una c.d. clausola di
12 Cfr., l’art. 1,comma 1, e l’art. 4, D.Lgs 167/2011.
stabilizzazione pari al 70% degli apprendisti assunti nei 24 mesi precedenti la nuova assunzione.
La nuova disciplina contrattuale nel mantenere la clausola di stabilizzazione fa, ora, espresso riferimento a quanto stabilito, in proposito, dalla legge rinviando alla fase di stesura del testo contrattuale la esplicitazione delle relative disposizioni13.
In particolare, tali disposizioni legislative prevedono che nelle aziende che occupano almeno 10 dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata, alla “stabilizzazione”, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, “di almeno il 50 per cento degli apprendisti
dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto, sin dalla data di costituzione del rapporto.14
5.2. Le durate del contratto e la progressione della retribuzione
13 Il riferimento è all’art. 2 del D.Lgs. 167/2011, commi 3-bis e 3-ter introdotti dalla legge n. 92/2012.
14 Peraltro, la Legge n. 92/2012 stabilisce, in via transitoria, una riduzione della percentuale di stabilizzazione fissandola al 30% con la conseguenza, come rilevato nelle circolari del Ministero del lavoro (n. 18/2011 e n. 5/2013), che “la percentuale del 50%, andrà verificata in relazione alle assunzioni effettuate a decorrere dal 18 luglio 2015 prendendo in
considerazione le stabilizzazioni effettuate nei 36 mesi precedenti. Fino a tale data, puntualizza il Ministero del lavoro, la sanzione prevista dalla legge (“trasformazione” a tempo indeterminato del rapporto) si applicherà agli apprendisti assunti in violazione della percentuale di stabilizzazione del 30%.
Conformemente a quanto previsto dalla legge, il contratto di apprendistato deve avere una durata minima di almeno 6 mesi mentre la durata massima non può superare i 36 mesi per tutte le qualifiche conseguibili che vanno dalla 3^ alla 7^ categoria. Tale durata è ridotta di 6 mesi per i lavoratori in possesso di titolo di studio di istruzione secondaria superiore o terziaria inerente alla professionalità da conseguire.
Rimane, invece, confermata la durata massima di 24 mesi per i contratti riguardanti le figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice, quando le mansioni siano caratterizzate da attività brevi, semplici e ripetitive e comunque non ricomprendibili nella declaratoria della 3^ categoria.
È, altresì, confermata la valorizzazione di precedenti periodi di apprendistato limitatamente ad un periodo di 6 mesi per gli apprendisti che abbiano svolto un periodo di apprendistato, riferito alle stesse attività, di almeno 12 mesi presso un altro datore di lavoro, purché non sia trascorso più di un anno dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro così come la progressione dell’inquadramento e della retribuzione dell’apprendista suddivisa in tre periodi di pari durata:
• nel periodo iniziale, sottoinquadramento di due livelli rispetto alla qualifica da conseguire con corrispondente retribuzione minima contrattuale;
• nel secondo periodo, progressione di un livello di inquadramento con corrispondente retribuzione minima contrattuale;
• nel terzo periodo, mentre l’inquadramento continua ad essere inferiore di un livello rispetto a quello di destinazione finale, la retribuzione da riconoscere è pari a quella spettante per il livello di destinazione.
Tale progressione può essere modificata per accordo tra le parti del contratto individuale di apprendistato mentre, nel caso in cui il contratto individuale preveda una durata dell’apprendistato inferiore rispetto a quelle massime stabilite dal Ccnl, i relativi periodi potranno essere corrispondentemente ridotti mantenendo la proporzione di 1/3.
5.3. La formazione, gli standar professionali e il tutor/referente aziendale
Gli aspetti formativi sono stati fortemente innovati sulla base della nuova disciplina legislativa e coerentemente alla finalità del contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere di far conseguire all’apprendista una qualifica professionale ai fini contrattuali.
Il contratto definisce, innanzitutto, la nozione di formazione professionale quale percorso integrato nell’attività lavorativa e personalizzato sulla base delle conoscenze di partenza dell’apprendista e delle competenze tecnico-professionali e specialistiche da conseguire.
Proprio in virtù di ciò, la modalità principale di erogazione della formazione, indicata in contratto, è quella on the job e in affiancamento pur non essendo escluse, ovviamente, altre modalità che saranno indicate in fase di compilazione nel Piano Formativo Individuale.15
La formazione professionalizzante sarà svolta in 80 ore medie annue comprensive della formazione teorica iniziale relativa al rischio specifico prevista dall’accordo Stato-Regioni del 21/12/2011 e sarà integrata, laddove esistente, dall’offerta formativa pubblica, finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali.16
In attuazione a quanto previsto dal comma 2 dell’art. 6 del D.Lgs. 167/2011,17 le parti hanno concordato che gli standard professionali
15 In allegato lo schema di PFI da utilizzare.
16 Cfr. comma 3 dell’art. 4 del D.Lgs 167/2011. Le parti hanno confermato la validità della piattaforma e-learning xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx (opportunamente aggiornata) quale strumento utile alla formazione sulle tematiche di base e trasversali, che potrà essere utilizzato coerentemente a quanto previsto dall’offerta formativa pubblica.
17 L’art. 6 del Testo Unico dell’Apprendistato al comma 2 recita: “Ai fini della verifica dei percorsi formativi in apprendistato professionalizzante e in apprendistato di ricerca gli standard professionali di riferimento sono quelli
definiti nei contratti collettivi nazionali di categoria … La registrazione nel libretto formativo del cittadino della formazione effettuata e della qualifica
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di riferimento, sono quelli risultanti dagli schemi esemplificativi dei profili formativi definiti dalla Commissione Nazionale per la Formazione Professionale e l’Apprendistato il 28 marzo 2006,18 eventualmente integrati con altri specifici profili qualora presenti in azienda; essi costituiscono, pertanto, il punto di riferimento per la compilazione del Piano Formativo Individuale e quindi la base per l’eventuale verifica della formazione realizzata.
Nulla è cambiato sulla registrazione della formazione che, così come previsto dal Testo Unico, deve essere effettuata sul libretto formativo del cittadino dal datore di lavoro. Tuttavia, in attesa della piena operatività di tale libretto formativo, il datore di lavoro attesterà l’attività formativa svolta dall’apprendista utilizzando il modello allegato alla presente circolare.
Coerentemente con quanto previsto dal Testo Unico dell’Apprendistato che ha abrogato le norme che disciplinavano la figura del tutor ed ha rimesso alla contrattazione la previsione della presenza di un tutore o referente aziendale, il contratto collettivo indica le attività che il tutor/referente aziendale svolge nell’esercizio di tale funzione. In particolare egli agisce quale facilitatore dell’inserimento in azienda e dell’apprendimento dell’apprendista in quanto: gestisce l’accoglienza nel contesto lavorativo e favorisce l’inserimento e l’integrazione dell’apprendista in azienda; contribuisce alla definizione del Piano Formativo Individuale, verifica la progressione dell’apprendimento e attesta, compilando la scheda di rilevazione dell’attività formativa,19 il percorso formativo, ciò anche ai fini di quanto previsto all’art. 7, comma 1, del D.Lgs 167/2011 in tema di inadempimenti nell’erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro.
5.4. Prolungamento del periodo di apprendistato
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professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita è di competenza del datore di lavoro.”
18 Il testo completo degli schemi esemplificativi è scaricabile dal nostro sito
internet.
19 Allegato alla presente circolare.
Le parti hanno concordato che, in caso di assenza per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio superiore a trenta giorni consecutivi, il contratto di apprendistato sarà prolungato per un periodo pari alla durata dell’assenza. È stata, invece, rinviata a pattuizioni individuali, l’ipotesi di prolungamento del contratto per assenze superiori a trenta giorni dovute a cause diverse da quelle sopra riportate.
5.5. Il recesso
Relativamente alla possibilità di recesso, il contratto, innanzitutto, chiarisce che, stante la peculiare natura a causa mista del contratto di apprendistato, il periodo di formazione si conclude al termine del periodo di apprendistato20 dato che, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, il percorso formativo è integrato nell’attività lavorativa.
Pertanto, al termine del contratto individuale di apprendistato, le parti potranno recedere dando un preavviso, ai sensi dell’art. 2118 del codice civile, di 15 giorni; a tal fine il preavviso dovrà decorrere dalla data indicata quale termine del contratto medesimo21.
Nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.
Nulla è stato modificato, invece, per quanto riguarda il mantenimento in servizio e l’attribuzione della qualifica contrattuale oggetto del contratto di apprendistato.
6. ORARIO DI LAVORO
20 Ciò, ovviamente, non impedisce la possibilità di confermare, anticipatamente al termine indicato nel contratto ma sempre rispettando la durata minima, il rapporto di lavoro quale rapporto subordinato a tempo indeterminato.
21 Si ricorda, in proposito, che il recesso è un atto unilaterale recettizio che produce effetto dal momento in cui giunge a conoscenza, effettiva o legalmente presunta, del destinatario.,
Questo costituisce uno dei capitoli qualificanti del rinnovo contrattuale. Si è proceduto ad un potenziamento, anche in termini di certezza di utilizzo, degli strumenti di flessibilità a disposizione delle aziende, controbilanciato da alcune previsioni a favore dei lavoratori, e all’eliminazione di vincoli preesistenti realizzando, nel contempo, anche un sostanziale adeguamento delle previsioni contrattuali con l’evoluzione della legislazione e con le pratiche aziendali in materia.
6.1. ORARIO DI LAVORO ORDINARIO.
La prima novità da segnalare riguarda, come è illustrato più specificamente in seguito, il rafforzamento dell’orario plurisettimanale quale modalità di gestione delle 40 ore settimanali in termini di “orario medio”.
Altra novità di rilievo è l’introduzione di un termine certo al previo esame con la RSU previsto dal contratto quale procedura che l’azienda deve rispettare quando stabilisce la ripartizione giornaliera dell’orario di lavoro settimanale contrattuale o le modalità di attuazione dell’orario plurisettimanale o anche l’utilizzazione dei P.A.R collettivi.
In particolare, le parti hanno precisato che il “diritto” all’esame congiunto si intende esaurito decorsi 10 giorni dalla data dell’incontro indicata nella convocazione. Ciò comporta che l’azienda è tenuta a convocare formalmente l’incontro e la RSU è tenuta o meglio è interessata a parteciparvi senza opporre inutili ostacoli o tattiche dilatorie dato che una volta superato tale termine la procedura dovrà considerarsi, in ogni caso, come effettuata e l’azienda potrà liberamente procedere alla programmazione dell’orario o dei P.A.R. collettivi.
Com’è evidente, tale rafforzamento della previsione contrattuale costituisce uno strumento utile a dare certezza applicativa a quanto stabilito dal CCNL - appunto l’esame congiunto, da svolgere entro tempi certi, e non l’accordo con la RSU - consentendo di contrastare comportamenti non coerenti delle rappresentanze sindacali.
Un’altra modifica di interesse riguarda, infine, l’esplicito rinvio alla contrattazione aziendale della possibilità di regolare la mezz’ora retribuita per la refezione dei lavoratori turnisti con modalità diverse rispetto a quanto previsto dal contratto. Ciò significa che per accordo con la RSU potrà essere stabilita la collocazione della mezz’ora a fine turno o anche la sua monetizzazione fermo restando, in questo caso, il riconoscimento di una pausa così come previsto dalla legge22.
6.2. ORARIO PLURISETTIMANALE
Le modifiche apportate alla disciplina contrattuale hanno reso questo strumento di flessibilità più coerente con quanto disposto dal dettato legislativo comunitario. L’organizzazione dell’orario di lavoro ordinario di 40 ore come durata media nell’arco massimo di 12 mesi, eliminate le precedenti motivazioni giustificative e soprattutto la fase negoziale, diventa ora una modalità alternativa di gestione dell’orario attivabile dall’azienda laddove ritenuta più confacente alle specifiche esigenze produttive.
In particolare, l’azienda potrà gestire, in regime di orario plurisettimanale, un pacchetto di ore elevato a 80 ore annue con il rispetto del solo vincolo, per i periodi di supero, delle 48 ore settimanali23 limitandosi ad esaminare preventivamente con la RSU il
22 In particolare, l’art. 8 del D.Lgs. 8 aprile 2003 n. 66, stabilisce che laddove l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico- fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. In mancanza di disciplina collettiva al lavoratore deve essere concessa una pausa, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti.
23 Sono stati, infatti, superati i precedenti limiti riguardanti la distribuzione delle ore di supero per i lavoratori turnisti mentre l’individuazione delle soluzioni compensative, che consentano di rispettare la media di 40 ore nell’arco dei 12 mesi successivi all’attivazione del regime di flessibilità, è lasciata alle scelte aziendali.
programma da realizzare: i lavoratori interessati (l’intera forza o reparti o gruppi di lavoratori), le ore necessarie e la loro collocazione temporale, i periodi previsti di supero e di riduzione24.
Svolto l’esame che, in ogni caso, si intenderà esaurito decorsi 10 giorni dalla data dell’incontro indicata nella lettera di convocazione e sui cui effetti si rimanda a quanto illustrato precedentemente, l’azienda comunicherà ai lavoratori coinvolti, mediante affissione in luogo facilmente accessibile, la programmazione dell’orario plurisettimanale con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla sua attivazione25.
Altra novità di rilievo da segnalare attiene alla possibilità per le aziende, a fronte di necessità improvvise e non programmabili nel più lungo termine, di utilizzare le 80 ore annuali su cicli brevi e con preavviso ridotto. In tali casi, terminato l’esame congiunto con la RSU, il preavviso ai lavoratori interessati è ridotto a 5 giorni, la compensazione tra periodi di supero e di riduzione deve avvenire nell’arco massimo di tre mesi e la percentuale di maggiorazione da corrispondere per le ore di supero è elevate alla misura
24 Per le ore lavorate in regime di flessibilità devono essere riconosciute le sole maggiorazioni retributive previste pari alla misura onnicomprensiva del 15% per quelle prestate dal lunedì al venerdì ovvero del 25% per quelle del sabato, mentre sia nei periodi di supero che in quelli di minore prestazione è corrisposta la sola retribuzione relativa all’orario normale contrattuale; nel caso in cui la flessibilità avvenga in ore considerate notturne la maggiorazione riconosciuta per la flessibilità si somma a quella già prevista dalle norme contrattuali per il lavoro notturno (le maggiorazioni per lavoro notturno non dovranno, viceversa, essere corrisposte al momento del pagamento delle ore di minor prestazione). Le suddette percentuali di maggiorazione si computano sugli stessi elementi utili ai fini delle maggiorazioni contrattuali per il lavoro straordinario e, poiché sono state definite in misura onnicomprensiva, non hanno incidenza sugli istituti di retribuzione indiretta.
25 È espressamente previsto che qualora, in casi eccezionali, non sia possibile effettuare il programmato recupero delle ore prestate in supero, la Direzione aziendale, dando adeguato preavviso alla RSU, potrà concordare con essa sia la riprogrammazione, anche in modo parziale, del recupero che la compensazione delle ore di maggior prestazione; in tal caso o conguagliando le maggiorazioni già erogate in regime di flessibilità alla percentuale onnicomprensiva del 50% o prevedendone la destinazione alla Banca ore.
onnicomprensiva del 20%, se prestate dal lunedì al venerdì, e del 30%, se prestate al sabato.
L’adozione del “plurisettimanale” breve consente, quindi, qualora ne ricorrano i presupposti, di realizzare fino a quattro cicli trimestrali nell’anno per un numero di ore di flessibilità comunque non superiori ad 80 ore annue.
L’attivazione dell’orario plurisettimanale convive con la possibilità di ricorrere allo straordinario in regime di “quote esenti”; tuttavia in considerazione dell’aumento stabilito dall’accordo di rinnovo delle suddette quote, su cui torneremo in seguito, è previsto il rispetto di un tetto massimo di ore utilizzabili per ciascun lavoratore per entrambi gli istituti pari 120 ore annue nelle aziende con oltre 200 dipendenti e 128 ore annue nelle aziende fino a 200 dipendenti.
Infine, coerentemente con la ribadita prerogativa aziendale di attivare l’orario plurisettimanale salvo il rispetto della procedura di esame con la RSU, è stato espressamente richiamato l’obbligo per tutti i lavoratori interessati dal regime di orario plurisettimanale di svolgere le prestazioni richieste con la conseguenza che, in mancanza di un giustificato motivo, l’eventuale inadempimento è sanzionabile disciplinarmente in base alle norme vigenti in materia.
Inoltre, quale ulteriore novità di rilievo, è stata introdotta la regola secondo cui, in caso di mancata prestazione da parte del lavoratore delle ore di supero, il periodo di minore prestazione sarà compensato mediante disposizione da parte dell’azienda del recupero delle ore di lavoro non prestate oppure attraverso l’utilizzazione, in quanto disponibili e a seconda della preferenza espressa dal lavoratore, di ore di P.A.R., ore di ferie, ore accantonate in conto ore o banca ore o anche permessi non retribuiti.
Quanto previsto dalla norma contrattuale costituisce una disciplina dell’istituto completa in tutti gli aspetti direttamente attivabile dalle aziende interessate senza possibilità di modifiche che può consentire anche di recuperare eventuali prassi difformi; qualora, invece, si ravvisi l’esigenza di definire una diversa articolazione dell’orario
plurisettimanale essa dovrà essere concordata in sede aziendale con la RSU.
6.3. PERMESSI ANNUI RETRIBUITI
La prima novità da segnalare riguarda le aziende già destinatarie della riduzione dell’orario di lavoro annuo di 8 ore a titolo di “transazione novativa” come definita con il Ccnl 1° settembre 198326. Si tratta in sostanza di quelle aziende che, appunto perché rientranti nella Tabella del 197927, erano state all’epoca coinvolte dal contenzioso e che hanno continuato a riconoscere anche ai lavoratori assunti successivamente al 1983 le 8 ore di permesso aggiuntive.
In particolare, le parti, al fine di superare le differenze di condizioni normative in materia tra aziende dello stesso comparto, hanno espressamente stabilito l’esclusione dei lavoratori assunti successivamente al 31 dicembre 2012 dal riconoscimento delle suddette ore di riduzione che rimangono, quindi, in essere nei soli confronti dei lavoratori già occupati a quella data.
26 Nel rimandare alle nostre circolari prot. n. 170 del 23 luglio 1981 e prot.
n. 574 del 19 novembre 1985 per l’illustrazione della vicenda derivante dalle riduzioni d’orario previste dal Ccnl 16 luglio 1979, è opportuno, comunque, ricordare che con l’Accordo del 1983 le parti contrattuali hanno convenuto di risolvere il “contenzioso” interpretativo che si era aperto attribuendo ai “lavoratori delle imprese appartenenti ai sottosettori indicati nella Tabella allegata” all’art. 5, Disciplina generale, sezione terza del Ccnl del 1979 una riduzione dell’orario di lavoro “nella misura di 8 ore retribuite in ragione di anno di servizio o frazione di esso” quale “transazione novativa delle precedenti intese”.
27 A partire dal Ccnl del 1983, la Tabella che definisce i settori a cui si applica la c.d. transazione novativa non è stata più inserita nel testo del contratto, come peraltro precisato nel quarto comma del paragrafo “Permessi annui retribuiti” in esame, a conferma che la soluzione transattiva non poteva che riguardare le aziende che, appunto perché rientranti nei settori indicati nella Tabella del 1979, erano state all’epoca coinvolte dal contenzioso ad esclusione, quindi, di quelle aziende nate successivamente od anche passate ad applicare il contratto di categoria dopo tale vicenda.
In considerazione della evoluzione della contrattazione aziendale in materia, le parti hanno ritenuto opportuno precisare, quale principio di raccordo tra la fonte contrattuale nazionale e quella aziendale, che con tale previsione non si è inteso modificare le condizioni già concordate in azienda che, dunque, rimangono in vita a tutti gli effetti ferma restando, naturalmente, la possibilità di verificare l’opportunità di una loro eventuale armonizzazione con quanto, ora, disciplinato in sede nazionale.
L’ altra novità di rilievo riguarda le modifiche apportate alle regole di utilizzazione dei P.A.R. in una logica di scambio tra le esigenze di flessibilità delle aziende e le esigenze di “conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” dei lavoratori.
Con riferimento al numero complessivo dei P.A.R. maturabili per ciascun anno di servizio28, la quota di permessi “collettivi” a disposizione dell’azienda è stata ridotta ad un massimo di cinque, anche in considerazione del fatto che questa è la quantità di permessi utilizzata mediamente dalle aziende, e, nel contempo, è stata aumentata fino a tre la quota dei suddetti P.A.R. che possono essere resi non fruibili, nell’anno di maturazione.
La Direzione aziendale, dunque, in ragione delle specifiche esigenze produttive ed organizzative potrà scegliere di utilizzare la quota dei
P.A.R. xxxxxxxxxx disponendone la fruizione, ad esempio, per l’effettuazione di “ponti”, il prolungamento della chiusura dello stabilimento oltre le ferie, ecc. oppure di renderli lavorabili fino ad un massimo di tre permessi nell’anno di riferimento.
28 I P.A.R. complessivamente maturabili su base annua, articolati per gruppi di 8 ore in relazione alla durata dell’orario normale contrattuale di 40 ore settimanali, sono pari a: 13 (104 ore) per i lavoratori normalisti e turnisti; 14 (112 ore) per gli addetti a 15 o più turni; 15,5 (124 ore) per i lavoratori siderurgici cui si aggiungono 8 ore monetizzate per gli addetti a 15 o più turni. Per gli addetti già interessati dalla Transazione novativa sono previste ulteriori 8 ore di riduzione d’orario.
La Direzione aziendale è tenuta ad informare preventivamente la RSU circa le modalità di utilizzazione stabilite (che possono essere diversificate per singoli reparti o gruppi di lavoratori) nel corso di un apposito incontro da svolgersi, indicativamente, entro il mese di maggio di ciascun anno. Come già segnalato, l’introduzione del termine di 10 giorni dalla data dell’incontro indicata nella convocazione, che segna con certezza il limite entro cui deve essere svolto l’esame congiunto, comporta che al superamento di tale termine la l’azienda potrà liberamente procedere alla programmazione dei P.A.R. collettivi.
Nel caso in cui l’azienda decida di rendere non fruibili (e dunque lavorati) i P.A.R “collettivi” fino ad un massimo di tre, per l’anno di riferimento, in base alla nuova regola introdotta, i permessi dovranno essere liquidati con la retribuzione relativa al mese di dicembre (sulla base della retribuzione in quel momento in atto); se invece il singolo lavoratore voglia optare per il loro accantonamento in Conto ore ha l’onere di comunicarlo entro il mese di novembre e di tale possibilità l’azienda è tenuta ad informare preventivamente i lavoratori.
In merito alle modalità di utilizzo della quota di P.A.R. a disposizione dei singoli lavoratori (gestione individuale), sono da evidenziare alcune modifiche che ne ampliano la possibilità di fruizione con riferimento ad alcuni eventi ritenuti meritevoli di particolare tutela come sono i lutti familiari o le malattie di familiari entro il primo grado per i quali, peraltro, già la legge e le norme contrattuali di cui all’art. 10, Sezione quarta – Titolo VI prevedono la concessione di tre giorni di permesso retribuito alle condizioni e secondo le modalità ivi stabilite.
In particolare, nel caso di improvvise malattie di figli fino al compimento dei 13 anni o di altri familiari conviventi entro il primo grado (coniuge o genitori), il lavoratore potrà assentarsi dal lavoro comunicando all’azienda, entro due ore dall’inizio del suo turno di lavoro, l’utilizzo dei P.A.R. a tali fini (e ciò anche nel caso di un’eventuale prosecuzione della malattia rispetto ai giorni inizialmente indicati) e presentando, entro il termine massimo di cinque giorni dalla ripresa del servizio, idonea documentazione giustificativa.
Nel caso di decesso di un familiare anche non convivente, che dovrà essere successivamente documentato, il lavoratore potrà fruire dei P.A.R. previo avviso all’azienda dei giorni necessari i quali dovranno essere utilizzati entro 15 giorni dall’evento luttuoso, elevati a 30 giorni per i lavoratori extracomunitari.
Per il resto rimangono invariate le precedenti regole per la richiesta di fruizione dei P.A.R. salvo: la riduzione a 10 giorni del termine di preavviso che il lavoratore deve rispettare per l’accoglimento della domanda (purché nell’ambito di un tasso di assenza contemporanea non superiore al 5% dei lavoratori addetti al medesimo turno di lavoro dell’interessato); l’inserimento tra i motivi che consentono al singolo lavoratore la precedenza nella fruizione dei permessi le necessità di studio nonché, per i lavoratori migranti, l’osservanza delle festività previste dalla religione di appartenenza; la definizione di un'unica percentuale massima di assenza contemporanea fissata al 10%.
6.4. LAVORO STRAORDINARIO, NOTTURNO E FESTIVO
La prima novità da segnalare, in coerenza con gli ammodernamenti apportati in materia di orario, riguarda l’eliminazione della previsione che qualificava lo straordinario come “eccezionale” ora sostituita dalla definizione legale secondo la quale “il ricorso a prestazioni straordinarie deve essere contenuto”29.
Nel contempo, ai soli fini del computo dei limiti massimi individuali annui per ciascun lavoratore pari a 200, 250 o 260 ore30, a seconda
29 Così l’art. 5, primo comma, X.Xxx. 8 aprile 2003, n. 66.
30 La definizione, invece, di “lavoro straordinario”, ai fini della corresponsione delle maggiorazioni e del computo dei limiti giornalieri e settimanali, prevista dal contratto stabilisce che “è considerato lavoro
straordinario quello eseguito dopo l’orario giornaliero fissato in applicazione del 3° comma dell’art. 5 del presente Titolo”. Pertanto, il solo fatto di prestare l’attività lavorativa dopo il termine dell’orario di lavoro giornaliero o nella
giornata libera normalmente coincidente con il sabato, dà luogo alla
corresponsione delle maggiorazioni previste dal contratto senza che, a tal fine,
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della dimensione o attività aziendale, è stata introdotta la nozione legale di “orario effettivo” e cioè “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”31. Ciò comporta l’esclusione, dal
calcolo delle predette soglie, dei periodi di mancata prestazione lavorativa come, ad esempio, le assenze per malattia, sciopero, permessi, ecc..
Altra novità di rilievo riguarda l’incremento delle prestazioni di straordinario che possono essere disposte dall’azienda, dandone notizia ai lavoratori interessati con preavviso di 24 ore, salvi casi eccezionali di urgenza e, dunque, “esenti” dalla informazione alla RSU, se svolte oltre l’orario giornaliero normale, ovvero dall’accordo con la RSU, se svolte al sabato per esigenze di produzione.
In pratica, le suddette quote “esenti” sono ora pari, per tutte le aziende, ad 80 ore annue.
La Direzione aziendale dovrà tener conto di richieste di esonero per esigenze personali entro il limite del 10% dei lavoratori interessati laddove siano possibili sostituzioni con personale di adeguata professionalità.
Nel caso in cui, come sopra illustrato, l’azienda abbia anche attivato l’orario plurisettimanale è previsto il rispetto di un tetto massimo di ore utilizzabili per ciascun lavoratore per entrambi gli istituti pari
120 ore annue nelle aziende con oltre 200 dipendenti e 128 ore annue nelle aziende fino a 200 dipendenti.
Corrispondentemente all’incremento delle quote “esenti” di straordinario rispetto a quanto precedentemente consentito, si è stabilito il riconoscimento di una maggiorazione aggiuntiva dell’8% per le ore disposte al sabato; in pratica, per le ore prestate in regime di quote esenti dall’accordo preventivo al sabato eccedenti le 40 ore annue, per tutti lavoratori turnisti e per i lavoratori non turnisti occupati nelle aziende con oltre 200 dipendenti ovvero eccedenti le 48 ore annue per
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sia necessaria l’effettiva prestazione lavorativa per l’intera durata del normale orario giornaliero e settimanale.
31 Così la lettera a), comma 2, dell’art, 1, X.Xxx. 8 aprile 2003, n. 66.
i lavoratori non turnisti occupati nelle aziende fino a 200 dipendenti, dovrà essere corrisposta una maggiorazione pari al 58%. Tale maggiorazione assorbe fino a concorrenza i trattamenti di miglior favore eventualmente in atto in azienda.
Infine, in considerazione degli orientamenti interpretativi sviluppatisi in materia, le parti hanno ritenuto opportuno qualificare espressamente come onnicomprensive delle incidenze sugli istituti retributivi indiretti32 le maggiorazioni da riconoscere per lavoro notturno dei turnisti incrementandole del 5%.
Inoltre, per le ore di prestazione notturna svolte dalle 22.00 alle 6.00 si è stabilito un ulteriore incremento del 5%. Tale incremento non si applica al personale delle aziende impiantistiche che svolgono attività di gestione e manutenzione secondo una articolazione dei turni a copertura delle 24 ore.
Le nuove percentuali di maggiorazione per i lavoratori turnisti:
- notturno 20%; dalle 22.00 alle
6.00 25%
- notturno festivo 60%; dalle 22.00 alle 6.00 65%
- notturno festivo con riposo compensativo 35%; dalle 22.00 alle 6.00 40%
decorrono dal 1° giugno 2013 ed assorbono, fino a concorrenza, i trattamenti di miglior favore eventualmente in atto in azienda.
6.5. RIPOSO SETTIMANALE
La normativa contrattuale è stata resa più coerente con quanto previsto dal legislatore sostituendo la precedente previsione, che stabiliva la coincidenza del riposo settimanale con la domenica, con l’inciso “di
32 Si ricorda, in proposito, che ai fini del trattamento di fine rapporto, occorre fare riferimento al parametro legale di cui all’art. 2120 c.c. che stabilisce il computo di tutte le somme corrisposte a titolo “non occasionale”.
regola in coincidenza con la domenica”33. Le modalità e i criteri di fruizione del riposo settimanale sono quelli previsti dalla legge.
6.6 ENTRATA ED USCITA IN AZIENDA
Sulla scorta delle esperienze aziendali maturate in questi anni si è previsto espressamente la possibilità di definire, laddove lo consentano le specifiche condizioni tecnico, organizzative e produttive (come ad esempio l’ area impiegati, quadri, addetti non direttamente collegati alla produzione) di definire in sede aziendale sistemi di flessibilità in entrata ed in uscita dell’orario di lavoro giornaliero; naturalmente è fatto salvo quanto già oggi operante nelle singole aziende.
6.7. CONTRAZIONE TEMPORANEA DELL’ORARIO DI LAVORO
Anche in questo caso le previsioni contrattuali sono state adeguate alle pratiche aziendali abbastanza consolidate in materia anche in relazione alle indicazioni delle sedi territoriali dell’Inps. In particolare, si è previsto che in relazione alla necessità di sospensioni dell’attività lavorativa, l’azienda potrà disporre, previo esame congiunto con la RSU che , in ogni caso, si intenderà esaurito decorsi
10 giorni dalla data dell’incontro indicata nella lettera di convocazione, l’utilizzo di quanto accantonato in conto ore e le giornate di ferie residue ad esclusione, quindi, di quanto maturato nell’anno in corso.
33 L’art. 9 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, al 1° comma, stabilisce espressamente: “il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”. Ai successivi commi 3, 4 e 5 sono contenute le previsioni in base alle quali il riposo può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica cui si rimanda per ragioni di spazio.
6.8. RECUPERI
Riguardo, invece, alla diversa opzione prevista dal contratto del recupero a regime normale delle ore perdute a causa di forza maggiore ovvero a seguito di interruzione delle forniture, quale ulteriore caso espressamente inserito dalle parti, si è ritenuto più utile rinviare all’accordo aziendale l’individuazione delle modalità con cui procedere al recupero eliminando, nel contempo, il precedente vincolo di un’ora al giorno entro i 30 giorni immediatamente successivi all’interruzione.
7. CONVALIDA DIMISSIONI
Le parti, quale strumento di facilitazione gestionale di una vicenda divenuta particolarmente macchinosa a seguito dell’entrata in vigore delle previsioni di cui al 17° comma dell’art. 4, legge 28 giugno 2012,
n. 92, hanno previsto la possibilità, in aggiunta a quanto già previsto dalla legge e dall’Accordo Interconfederale 3 agosto 2012, che la convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali possa essere effettuata dal lavoratore presso la sede aziendale attraverso l’assistenza di un componente la RSU.
8. TRATTAMENTO DI MALATTIA ED INFORTUNIO NON SUL LAVORO
La riformulazione dell’art. 2, Sezione quarta – Titolo VI, costituisce una delle maggiori novità introdotte dall’accordo di rinnovo. Con essa si realizza una drastica semplificazione delle norme contrattuali preesistenti e, nel contempo, una completa innovazione delle disposizioni riguardanti il trattamento economico al fine di contrastare più efficacemente il fenomeno dell’assenteismo a fronte di una maggior tutela delle malattie comportanti lunghi periodi di assenza dal lavoro.
8.1. OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE E CERTIFICAZIONE DELLA MALATTIA
Seguendo l’ordine dei paragrafi con cui è ora organizzato l’articolato contrattuale, la prima modifica da segnalare attiene agli obblighi di comunicazione e certificazione della malattia. In particolare, le parti hanno provveduto a specificare che il termine del primo giorno d’assenza (o di prosecuzione della malattia) entro cui il lavoratore deve avvisare l’azienda, coincide con la fine del turno di lavoro cui il lavoratore è assegnato; in altri termini un lavoratore addetto ad esempio al primo turno (6-14) ha l’obbligo di avvertire l’azienda della propria assenza entro le ore 14, termine del proprio turno di lavoro.
Inoltre, la comunicazione dell’impossibilità di prestare la propria opera è stato integrata prevedendo espressamente l’obbligo per il lavoratore di avvertire l’azienda del domicilio presso cui si trova, se diverso dalla dimora nota al datore di lavoro, al fine di semplificare l’eventuale richiesta di visita di controllo.
Si è, poi, aggiornata la disposizione riguardante la certificazione della malattia, in coerenza con la riforma legislativa intervenuta in tema di rilascio e trasmissione dei certificati34, prevedendo che il lavoratore è, ora, tenuto ad inviare, entro il secondo giorno dall’inizio (o prosecuzione) dell’assenza, il numero di protocollo identificativo del certificato inviato dal medico in via telematica all’Inps35.
In proposito, le parti hanno ritenuto che non fosse opportuno definire in modo puntuale nel contratto collettivo le modalità di comunicazione da parte del lavoratore, pertanto, esse sono demandate alla determinazione della singola azienda. È, dunque, la Direzione aziendale a stabilire le modalità ritenute più congrue per la propria struttura organizzativa anche adottando, se lo riterrà utile, i più
34 Cfr. sul punto, il DM 26 febbraio 2010, le circolari n. 4 del Ministero del Lavoro del 18 marzo 2010 e n. 117 dell’INPS del 9 settembre 2011 e l’Accordo Interconfederale 20 luglio 2011.
35 All’invio telematico del certificato, effettuato dal medico, corrisponde sempre un numero di protocollo “identificativo”, che il lavoratore deve appunto richiedere al medico, codice che consente al datore di lavoro di avere certezza, tramite il sito dell’Inps, dell’avvenuto invio dell’attestazione di malattia, ferma restando comunque la possibilità per il datore di lavoro di richiederne l’invio sulla PEC.
moderni mezzi di comunicazione (e-mail, sms, ecc.) e corrispondente indicazione dei necessari riferimenti aziendali (indirizzo e-mail, numero di telefono dedicato, ecc.) dandone informazione ai lavoratori attraverso le modalità normalmente in atto.
Si ricorda che il mancato adempimento di ciascuno dei suddetti obblighi di comunicazione e certificazione della malattia nei termini indicati, determina l’applicazione di sanzioni disciplinari, naturalmente nel rispetto del principio della proporzionalità fra infrazione commessa e sanzione; conseguentemente il datore di lavoro, per poter esercitare legittimamente il potere disciplinare, è tenuto a dare preventiva comunicazione ai lavoratori dei nuovi adempimenti previsti in materia di malattia, mediante affissione delle relative norme in luogo accessibile a tutti i lavoratori, ai sensi dell’art. 7, primo comma, della legge n. 300 del 1970.
8.2. CONSERVAZIONE DEL POSTO
Per quanto riguarda la conservazione del posto del lavoratore non in prova, l’unica novità introdotta, che però semplifica notevolmente le modalità di calcolo ai fini della determinazione del comporto da riconoscere, riguarda la trasformazione in giorni di calendario dei periodi di conservazione del posto precedentemente espressi in mesi; ciò non comporta alcuna differenza sostanziale rispetto a quanto precedentemente applicato anche sulla base della procedura automatica già messa a disposizione da Federmeccanica per la gestione del trattamento di malattia.
Per il resto (comporto breve, comporto prolungato e relative causali, calcolo per “sommatoria” delle malattie intervenute nel triennio mobile di riferimento) rimane tutto invariato e rimandiamo in proposito alle nostre precedenti circolari in materia36.
36 In particolare, le circolari prot. n. 112 del 30 maggio 1995 e prot. n. 270 del 30 settembre 1999, rinvenibili anche sul nostro sito internet.
8.3. ASPETTATIVA
Anche in questo caso la riformulazione delle relative clausole contrattuali non ha determinato alcuna modifica sostanziale dell’istituto salvo la più chiara definizione che si tratta di un periodo di aspettativa continuativo e non frazionabile (ad eccezione delle patologie “gravi” espressamente individuate) richiedibile, sulla base della evoluzione della malattia che ha determinato il superamento dei limiti di comporto, debitamente certificata, fino ad un massimo di 24 mesi per una sola volta nel triennio di riferimento.
Unica novità introdotta attiene alla possibilità per i lavoratori in aspettativa per malattia di richiedere l’anticipazione del trattamento di fine rapporto.
8.4 TRATTAMENTO ECONOMICO
Completamente cambiata è, invece, la normativa riguardante il trattamento economico spettante al lavoratore non in prova. Il nuovo contratto, riaffermato il principio che il trattamento contrattuale ha carattere integrativo di quello legale e che il riferimento retributivo è il “normale trattamento economico complessivo netto che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato”37, ha eliminato il criterio della “sommatoria nel triennio mobile di riferimento” e i precedenti regimi economici (già definiti in funzione del comporto breve e del comporto prolungato).
37 Solo per completezza espositiva, si ricorda che l’articolo 2120 del codice civile stabilisce che nei casi di sospensione del rapporto per le causali di cui all’articolo 2110, tra cui rientra la malattia, sia computata nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto “l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto”.
In particolare, nell’ambito dei limiti massimi di conservazione del posto, per ogni nuovo episodio di malattia, dovrà essere corrisposto il trattamento come di seguito riassunto.
Anzianità di servizio | Trattamento economico | ||
fino a 3 anni compiuti | 122 giorni di calendario all’80% | al 100% | ed il resto |
da 3 anni e fino a 6 anni compiuti | 153 giorni di calendario all’80% | al 100% | ed il resto |
oltre i 6 anni | 214 giorni di calendario all’80% | al 100% | ed il resto |
A tali fini, per “nuovo episodio di malattia” si deve intendere quello insorto dopo un periodo di almeno 61 giorni di calendario dalla ripresa del servizio successiva al precedente evento di malattia.
In aggiunta al suddetto trattamento, i ricoveri ospedalieri superiori a 10 giorni continuativi sono retribuiti al 100% fino ad un massimo di
61 giorni di calendario e non contribuiscono all’esaurimento della fascia di pagamento al 100%.
Tale trattamento economico, compresa la penalizzazione delle malattie “brevi” illustrata successivamente, si applica a partire dagli episodi di malattia che intervengono successivamente al 1° gennaio 2013.
Diversamente, per i soli eventi in corso al 31 dicembre 2012 che proseguono, senza soluzione di continuità, oltre il 1° gennaio 2013, continua ad applicarsi il precedente regime della sommatoria e relativi trattamenti previsti.
In proposito, segnaliamo che stiamo predisponendo un nuovo “software” di calcolo del trattamento di malattia e della conservazione del posto di lavoro applicativo delle nuove norme contrattuali che contiamo di distribuire quanto prima.
La precedente procedura automatica potrà continuare ad essere utilizzata solo con riferimento alla gestione delle malattie in corso al
31 dicembre 2012 che proseguono senza interruzione oltre il 1° gennaio 2013.
8.5. “PENALIZZAZIONE” DELLE MALATTIE BREVI
Per quanto riguarda il trattamento delle malattie brevi e cioè quelle con certificazioni inferiori o uguali a 5 giorni, l’accordo di rinnovo ha introdotto un sistema disincentivante di semplice ed immediata applicazione. Infatti, per gli eventi morbosi di tale durata che intervengono nel periodo 1° gennaio-31 dicembre di ogni anno, fatti salvi i primi 3 eventi, i primi tre giorni (c.d. carenza) della quarta e delle successive assenze saranno così retribuiti:
- quarta assenza: 66% della intera retribuzione globale;
- quinta e successive assenze: 50% della intera retribuzione globale.
Le malattie “brevi”, anche quando sono retribuite in misura ridotta (appunto perché “penalizzate”), si computano ai fini dell’esaurimento della fascia di trattamento al 100% e sono utili a determinare il trattamento di malattia in base al criterio generale dei 61 giorni massimi di intervallo tra una malattia e l’altra.
Sono escluse da tale disciplina le malattie dovute a ricovero ospedaliero, compreso il day hospital, a “gravi” patologie (morbo di Xxxxxx, neoplasie, epatite B e C, gravi malattie cardiocircolatorie o a trattamenti terapeutici ricorrenti, connessi alle suddette patologie, fruiti presso enti ospedalieri o strutture sanitarie riconosciute e risultanti da apposita certificazione ovvero le assenze per malattia insorte durante la gravidanza successivamente alla certificazione della stessa.
Le parti, valuteranno, in fase di stesura del testo contrattuale, l’opportunità di individuare ulteriori gravi patologie.
8.6. Effetti dell’assenza per malattia sugli altri istituti
È opportuno segnalare, in proposito, in virtù di quanto ora previsto dalla legge n. 92 del 2012 all’art. 1, comma 4138, la cancellazione
38 Tale disposizione legislativa prevede che il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare o del procedimento che è stato introdotto in caso
%
della precedente clausola che stabiliva la sospensione del decorso del preavviso di licenziamento in caso di malattia od infortunio non sul lavoro.
8.7. DISCIPLINA TRANSITORIA
Considerate le molte novità introdotte in materia, le parti hanno previsto che “le aziende forniranno ai lavoratori tempestiva comunicazione della nuova disciplina del trattamento in caso di
malattia o infortunio non sul lavoro mediante affissione in luogo accessibile del nuovo testo contrattuale”. Tale obbligo può essere assolto anche attraverso le diverse modalità di comunicazione in atto nelle singole imprese.
Le parti, infine, hanno ritenuto opportuno prevedere una fase di monitoraggio congiunto dell’applicazione della nuove regole con l’obiettivo di correggere eventuali difficoltà applicative dovessero evidenziarsi.
8.8. Infortuni sul lavoro e malattie professionali
Le parti, in relazione alle modifiche apportate alla disciplina della malattia, che costituisce la base di riferimento per determinare il trattamento economico da corrispondere in caso di infortunio sul lavoro, provvederanno alle necessarie armonizzazioni in fase di stesura del testo contrattuale.
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di motivo oggettivo produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità. Correlativamente il decorso del preavviso è sospeso nei soli casi di maternità o paternità ovvero di infortunio sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.