MEDIAZIONE PENALE MINORILE
MEDIAZIONE PENALE MINORILE
PROTOCOLLO D’INTESA PER LA MEDIAZIONE PENALE MINORILE TRA PROVINCIA DI BRESCIA, TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BRESCIA, PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BRESCIA, CENTRO GIUSTIZIA MINORILE PER LA LOMBARDIA, COMUNE DI BRESCIA, PROVINCIA DI BERGAMO, PROVINCIA DI MANTOVA, PROVINCIA DI CREMONA.
Indice:
Premessa.
art. 1 - Enti sottoscrittori del protocollo art. 2 - Oggetto
art. 3 - Ruolo degli Enti sottoscrittori art. 4 - Continuità e sviluppo
art. 5 - Monitoraggio
art. 6 - Durata del protocollo
Premessa
La Mediazione penale nasce come strumento privilegiato della “giustizia riparativa” e propone un modello consensuale di gestione dei conflitti con la partecipazione attiva delle parti in causa.
L’incontro e il confronto tra la vittima ed il reo - con il coinvolgimento eventuale delle reti familiari e dei membri della comunità – consente, attraverso il dialogo sugli effetti relazionali e sociali del conflitto generato o sfociato nel reato, di ricercare le possibili soluzioni per favorire modalità di riparazione (simbolica e materiale) delle conseguenze del reato. In questo modo la mediazione, attraverso la gestione accompagnata del conflitto, favorisce soluzioni consensuali e responsabilizzanti. Il paradigma della giustizia riparativa, cui la mediazione penale s’informa, si caratterizza anche come un sistema di prossimità alle vittime e alla comunità locale, senza tuttavia negare la tradizionale modalità giudiziaria di reazione alla commissione di reati e senza sminuire la rilevanza dei fenomeni legati alla delinquenza minorile. Il carattere distintivo della mediazione sta proprio nella capacità di operare un significativo cambio di prospettiva: spostare l’attenzione dall’uso della sola pena come strumento di risocializzazione e di prevenzione della devianza minorile alla necessità di rispondere al reato secondo logiche e modalità riparatorie, avendo particolare cura ed attenzione anche alla prospettiva delle persone offese.
Nel processo di mediazione, infatti, l’attenzione si distribuisce su tutti i soggetti coinvolti nel reato (reo, vittima e società) nell’intento di prendersi carico non solo di colui che ha commesso il reato, bensì anche della vittima e dei legami sociali lesi.
Le pratiche di mediazione si sono, in questi ultimi anni, imposte all’attenzione con particolare riferimento all’ambito minorile, considerato propizio laboratorio di sperimentazione; da un lato, infatti, il procedimento penale minorile è fortemente caratterizzato da una prospettiva educativa e responsabilizzante dell’autore di reato, dall’altro, a causa del divieto di costituzione di parte civile, a volte esso rischia di non poter offrire un adeguato spazio e riconoscimento alle istanze delle persone offese.
Con lo strumento della mediazione s’intende, pertanto, contribuire alla definizione di un diverso concetto di responsabilità personale per una responsabilizzazione del minore autore di reato, attraverso la rivisitazione - nell’incontro con la persona offesa dal reato - dell’atto antigiuridico e antisociale posto in essere, con l’intento di superare l’offesa
arrecata attraverso un percorso di reciproco riconoscimento e di riparazione. Non da ultimo, la mediazione si propone come strumento di politica criminale seriamente preventivo, in quanto la sua applicazione mira a incidere sui concetti di esclusione, separazione e annientamento dell’altro e a promuovere la risocializzazione e il reinserimento.
L’attività di mediazione, infatti, sviluppa un processo di riappropriazione del fatto/reato, anche quando definito dalla giustizia irrilevante e occasionale, ed offre al minore l’opportunità di comprendere il significato del proprio comportamento sia sul piano giuridico che su quello sociale.
La credibilità sociale della giustizia, attraverso le pratiche di mediazione, esce rafforzata tanto nella percezione del reo che della persona offesa, riducendo in quest’ultima la sensazione che i provvedimenti “indulgenziali” rappresentino una ‘scappatoia’ meramente deflativa e/o una risposta buonista nei confronti del reo
VISTI:
- il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448 “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”;
- il D.L.vo 22 luglio 1989 n. 272 “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica n.448/88, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”;
- la Legge 8 novembre 2000 n.328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;
- le Linee di indirizzo e di coordinamento in materia di mediazione penale minorile, del 30 aprile 2008, Prot. n. 14095 del Dipartimento per la Giustizia Minorile;
- la circolare 22 novembre 2007 n.37 della Regione Lombardia “Indicazioni per la presa in carico dei minori sottoposti a procedimenti penali”;
- Le linee di indirizzo del Dipartimento di Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato del 17.05.2019;
RICHIAMATE
- le Regole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile, adottate a Pechino il 29 novembre 1985 (art. 11);
- la Raccomandazione n. (87) 20 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulle risposte sociali alla delinquenza minorile del 17 settembre 1987;
- la Convenzione di New York sui diritti dei bambini adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989;
- Raccomandazione n. (92) 16 del Consiglio d’Europa - Regole Europee sulle sanzioni e misure alternative alla detenzione - del 19 ottobre 1992;
- la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei bambini approvata a Strasburgo il 25 gennaio 1996;
- la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. (99) 19, adottata dal Comitato dei Ministri il 15 settembre 1999 avente ad oggetto la mediazione in ambito penale;
- la Decisione quadro 2001/220/GAI, adottata dal Consiglio dell’Unione Europea il 15 marzo 2001 sulla posizione delle vittime nel processo penale;
- la Dichiarazione di Principi Base sull’uso dei programmi di Giustizia Riparativa nell’ambito penale, adottata dal Consiglio Economico e sociale delle Nazioni Unite il 26 febbraio 2002;
- la Raccomandazione del Consiglio d’Europa REC (2003) 20 del Comitato dei Ministri adottata il 24 settembre 2003 concernente le nuove modalità di trattamento della delinquenza giovanile ed il ruolo della giustizia minorile;
- la Dichiarazione dell’Undicesimo Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e il trattamento del 2005;
- le Linee Guida del Consiglio d’Europa del 17.12.2010 per “una Giustizia a misura del minore” Direttiva 2012/29 U.E. del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25.10.2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del 15.3.2001); Raccomandazione CM/REC 2017 (3) ”Regole Europee sulle misure e di comunità” sanzioni, adottata dal Consiglio d’Europa il 23 marzo 2017;
- Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza: la mediazione penale e altri percorsi di giustizia riparativa nel procedimento penale minorile 14 dic. 2018;
CONSIDERATO CHE:
- la Provincia di Brescia, insieme a Xxxxxxx Xxxxxxxxx x xx Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx per la Lombardia, ha promosso e organizzato un corso di formazione della durata di 200 ore da aprile 2005 a giugno 2006, cui hanno partecipato 18 persone, selezionate tramite bando
pubblico, nell’ambito di un Progetto per la costituzione di un servizio per la mediazione penale minorile operante nel distretto di corte d’appello di Brescia;
- per i primi due anni di sperimentazione, il servizio per la mediazione penale minorile (convenzionalmente denominato Ufficio per la Mediazione Penale Minorile e per il quale si ritiene di mantenere tale denominazione per la durata del presente protocollo) è stato sostenuto da fondi regionali (L.R. 8/2005) compartecipati con altri soggetti pubblici e del privato sociale (Provincia di Brescia, Comune di Brescia, A.C.B. Associazione Comuni Bresciani - Conferenza dei Sindaci dell’Asl di Brescia, Caritas Diocesana di Bergamo, Caritas Diocesana di Brescia, Consorzio Nazionale Luoghi per Crescere) secondo quanto concordato nel Protocollo d’intesa sottoscritto il 21 maggio 2007;
- la Provincia di Brescia ha sostenuto, negli anni, l’attività di Mediazione Penale Minorile inserendola tra i progetti di maggior rilievo dell’Assessorato alle Attività Sociali e alla Famiglia così come si evince anche dalle Relazioni Previsionali e Programmatiche e si è fatta promotrice nei confronti delle altre Province, afferenti al distretto della Corte d’Appello di Brescia, della necessità di sostenere tale attività; tale pensiero condiviso ha portato, alla sottoscrizione di un accordo operativo tra le Province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova, il Comune di Brescia e il Centro Giustizia Minorile per la Lombardia, volto a sostenere l’attività del servizio per la mediazione penale minorile, ormai attiva dal 2008 fino ad oggi;
- l’attività della mediazione penale minorile è stata sostenuta dall’Autorità Giudiziaria Minorile di Brescia, fin dal suo inizio, mediante la sottoscrizione di un apposito Protocollo operativo allo scopo di definire i principi fondamentali sottesi all’attività, nel rispetto delle indicazioni internazionali e nazionali, individuando le modalità e i criteri di selezione e di invio dei fascicoli, nonché criteri condivisi di valutazione degli esiti degli incontri di mediazione;
DATO ATTO CHE:
- la titolarità degli interventi in materia di mediazione penale non può che essere istituzionale e rimanere in capo, dal punto di vista del coordinamento e delle linee di indirizzo, agli Enti Locali e al Centro Giustizia Minorile per la Lombardia;
- In attesa dell’emanazione del nuovo bando da parte di Regione Lombardia a valere sulla L.R. /2005 i sottoelencati enti intendono proseguire l’esperienza del progetto di mediazione garantendo la continuità dell’ufficio;
Visto quanto sopra premesso
Il Tribunale per i Minorenni di Brescia,
La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Brescia, Il Centro Giustizia Minorile per la Lombardia,
La Provincia di Brescia, Il Comune di Brescia,
La Provincia di Bergamo, La Provincia di Mantova, La Provincia di Cremona,
CONVENGONO QUANTO SEGUE
Art. 1 - Enti sottoscrittori del protocollo
Sono sottoscrittori del presente accordo i seguenti Enti:
Il Tribunale per i Minorenni di Brescia,
La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Brescia, Il Centro Giustizia Minorile per la Lombardia
La Provincia di Brescia, Il Comune di Brescia,
La Provincia di Bergamo, La Provincia di Mantova, La Provincia di Cremona,
Art. 2 - Oggetto
Il presente Protocollo d’Intesa intende promuovere e rafforzare l’esperienza dell’attività della mediazione penale minorile nell’ambito territoriale del Distretto di Corte d’Appello di Brescia, secondo i principi della Giustizia Riparativa ed in linea con le indicazioni internazionali in tema di devianza minorile. In particolare, intende sostenere l’attività di mediazione, intesa, secondo la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. (99) 19, come quel “procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla soluzione delle difficoltà derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo indipendente (mediatore)”.
Art. 3 – Ruolo degli Enti sottoscrittori
Il Tribunale per i Minorenni e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni s’impegnano a:
a) procedere all’invio delle segnalazioni dei fascicoli all’ufficio per la mediazione penale minorile, secondo i criteri definiti nel Protocollo operativo che costituisce parte integrante del presente Protocollo d’intesa;
b) mantenere il raccordo con l’ufficio per la mediazione penale minorile, attraverso incontri di confronto periodici, al fine di verificare l’adeguatezza dei criteri di segnalazione e delle procedure relative all’attività di mediazione;
c) assicurare la partecipazione al tavolo di regia istituito dalla Provincia di Brescia;
d) sostenere, d’intesa con gli enti sottoscrittori, l’attività del servizio per la mediazione penale minorile al fine di assicurarne la prosecuzione.
La Provincia di Brescia si impegna a:
a) convocare e coordinare il tavolo di regia, almeno una volta l’anno per il periodo di validità dell’accordo ed ogni qualvolta si renda necessario, presieduto dal Presidente o da un suo delegato e composto da un rappresentante di ciascun ente firmatario del presente protocollo e dai referenti operativi e scientifici dell’ufficio per la mediazione penale minorile;
b) mettere a disposizione i locali e la strumentazione tecnico informatica ed a sostenere le spese per le utenze dell’ufficio l’autoveicolo per gli spostamenti necessari (saltuariamente quando la vittima sia impossibilitata a raggiungere l’ufficio o quando la parte offesa è un Istituzione locale) per la mediazione penale minorile nonché la gestione dello stesso;
c) assicurare la partecipazione all’attività dell’ufficio, in qualità di mediatore, di un dipendente di ruolo, selezionato per titoli, specificatamente formato, e che abbia maturato esperienza presso l’ufficio stesso, che garantisca inoltre l’attività di acquisizione, assegnazione, e restituzione dei fascicoli di raccolta ed elaborazione dei dati secondo le disposizioni del Dipartimento di Giustizia Minorile e del Garante per l’infanzia e per l’adolescenza;
La Provincia di Bergamo si impegna a:
a) assicurare la partecipazione di un referente al tavolo di regia istituito dalla Provincia di Brescia;
La Provincia di Cremona si impegna a:
a) assicurare la partecipazione di un referente al tavolo di regia istituito dalla Provincia di Brescia;
La Provincia di Mantova si impegna a:
a) assicurare la partecipazione di un referente al tavolo di regia istituito dalla Provincia di Brescia;
Il Comune di Brescia si impegna a:
a) assicurare la partecipazione di un referente al tavolo di regia istituito dalla Provincia di Brescia;
b) assicurare la partecipazione all’attività dell’ufficio, in qualità di mediatore, di un dipendente di ruolo, selezionato per titoli, specificatamente formato, e che abbia maturato esperienza presso l’ufficio stesso;
Il Centro Giustizia Minorile per la Lombardia si impegna a:
a) assicurare la partecipazione del Dirigente del Centro Giustizia Minorile e del Direttore dell’USSM di Brescia;
b) assicurare la partecipazione all’attività dell’ufficio, in qualità di mediatore, di un dipendente di ruolo, selezionato per titoli, specificatamente formato, e che abbia maturato esperienza presso l’ufficio stesso;
c) autorizzare i mediatori al trattamento dei dati personali, ai sensi del D.Lgs. 30.06.2003 n. 196;
d) facilitare i rapporti del servizio con il Dipartimento Giustizia Minorile che coordina le iniziative di mediazione in ambito nazionale;
e) assicurare, d’intesa con gli Enti Locali, il coordinamento dell’attività e il coordinamento scientifico del servizio.
Art. 4 - Continuità e sviluppo
I soggetti partecipanti si impegnano ad individuare e favorire il reperimento di risorse economiche anche mediante la partecipazione a specifici bandi di gara ed altri eventuali contributi pubblici, sottoscrizioni private, finalizzati a sostenere ed implementare le attività dell’ufficio, quali ad esempio: supervisione psicologica, formazione,
collaborazioni per l’attività di mediazione con mediatori opportunamente selezionati, formati secondo le linee di indirizzo del Dipartimento di Giustizia minorile, con priorità ai mediatori formati e che già hanno maturato esperienza presso l’ufficio stesso.
In virtù della maturata esperienza e della riconosciuta efficacia degli interventi di giustizia riparativa nella diminuzione della reiterazione dei reati ed in termini di prevenzione dei fenomeni di devianza; in considerazione delle istanze e dei bisogni espressi dalla scuola, dalle Amministrazioni Locali del territorio, dall’ambito del sistema penale degli adulti, compatibilmente con le risorse disponibili, verranno sviluppati programmi e collaborazioni utili a sensibilizzare e diffondere pratiche di giustizia riparativa per la gestione dei conflitti nonché attività a sostegno alle vittime.
Art. 5- Monitoraggio
Gli Enti sottoscrittori assicurano, per quanto di competenza e nell’ambito degli incontri del tavolo di regia, il monitoraggio dell’attività di mediazione penale minorile, avvalendosi del confronto con i rappresentanti operativi del servizio (mediatori).
Art. 6 - Durata
Il protocollo ha durata di anni tre a decorre dalla data di sottoscrizione del presente atto.
Firma
Per la Provincia di Brescia,
Per il Tribunale per i Minorenni di Brescia,
Per la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Brescia, Per il Centro Giustizia Minorile per la Lombardia
Per la Provincia di Cremona, Per la Provincia di Mantova, Per la Provincia di Bergamo, Per la Provincia di Mantova, Per il Comune di Brescia,
ALLEGATO A
PROTOCOLLO OPERATIVO
A. Premessa
B. Invio del caso da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni
C. Invio del caso da parte del Tribunale per i minorenni
D. Criteri di non fattibilità della mediazione valutati dall’autorità giudiziaria prima dell’invio all’ufficio (criteri esterni)
E. Criteri di non fattibilità della mediazione valutati dall’équipe di mediatori al momento della ricezione del caso (criteri interni)
F. Paradigma della sperimentazione
1. Assunzione dell'incarico
2. Fase preliminare
3. Incontro di mediazione
4 Fase conclusiva: valutazione e invio dell’esito all’autorità giudiziaria
G. Criteri di valutazione della mediazione utilizzati nella definizione dell’esito della stessa
PREMESSA
Il legame fecondo fra la mediazione e la giustizia penale è elemento che caratterizza il servizio per la mediazione penale minorile di Brescia (denominato Ufficio per la mediazione penale minorile di Brescia) distinguendolo da quei modelli di mediazione penale che escludono o pongono in secondo piano il rapporto fra l’esito della mediazione e il processo penale. Il presente documento sintetizza il lavoro di confronto svoltosi tra l’Ufficio per la mediazione e gli Uffici giudiziari allo scopo di dotarsi di linee di indirizzo comuni e condivise.
Convinzione comune da cui prende avvio il progetto è che la mediazione penale sposti l’attenzione dall’uso della sola pena come strumento di risocializzazione e di prevenzione della devianza alla necessità di risposta al reato secondo modalità riparatorie.
La logica sottesa alla mediazione, pur mantenendo intatti gli aspetti di rinvio alla responsabilità personale, rimanda anche a una serie di proposte e di opportunità che il soggetto può cogliere per il proprio cambiamento e per arrivare ad un riconoscimento della vittima.
Nel processo di mediazione, infatti, l’attenzione si distribuisce su tutti i soggetti coinvolti nel reato (reo, vittima e società) nell’intento di prendersi carico non solo di colui che ha commesso il reato, bensì anche della vittima e dei legami sociali lesi. Con questo strumento si intende, pertanto, contribuire alla definizione di un diverso concetto di responsabilità personale per una responsabilizzazione del minore autore di reato, attraverso la rivisitazione - nell’incontro con la persona offesa dal reato - dell’atto antigiuridico e antisociale posto in essere, con l’intento di superare l’offesa arrecata attraverso un percorso di reciproco riconoscimento e di riparazione. Non da ultimo, la mediazione si propone come strumento di politica criminale seriamente preventivo, in quanto la sua applicazione mira a incidere sui concetti di esclusione, separazione e annientamento dell’altro e a promuovere la risocializzazione e il reinserimento.
In questa prospettiva, l’attività di mediazione penale minorile, incardinata sui principi e sulle regole internazionali e sulle esperienze nazionali già condotte, si propone come gratuita, libera e confidenziale.
Presupposto irrinunciabile è la consensualità di entrambe le parti e la garanzia che quanto reso noto durante l’attività di mediazione (sia durante i colloqui preliminari che durante l’incontro) resterà riservato e non comunicato all’autorità giudiziaria se non nelle parti e sui contenuti che le parti stesse concordemente intendano riferire. Corollario di tale confidenzialità - imprescindibile condizione affinché la mediazione tra le parti possa compiersi pienamente – è che i mediatori, nell’esercizio della loro attività si sentano e siano vincolati all’obbligo di segretezza.
B. INVIO DEL CASO DA PARTE DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
L’Ufficio della Procura Minorile potrà inviare il caso all’Ufficio di mediazione, nel rispetto dei criteri esterni di non fattibilità (cfr. par. D.), ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 448/88.
In fase di indagini preliminari - nella prospettiva dell’acquisizione di informazioni utili a valutare la personalità, le condizioni, le risorse del minore - la disponibilità a confrontarsi con la persona offesa dal reato ed eventualmente a “fare” qualcosa per essa diviene infatti prezioso indicatore.
L’invio in mediazione ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 448/88 si rivela scelta particolarmente idonea poiché si colloca in una fase anticipata rispetto al processo vero e proprio, in evidente coerenza con la ratio della norma stessa che sottende una concezione dinamica della personalità.
La mediazione contribuirà a valutare le risorse del minore imputato anche in relazione alla vittima del reato commesso. La vittima medesima sarà percepita nel/dal procedimento secondo il suo valore anche simbolico e le si offrirà in tal modo l’occasione di essere riconosciuta non solo dall’imputato – la cui risposta responsabilizzante ne trarrà così impulso e giovamento - ma anche dal “sistema giustizia”.
L’invio all’Ufficio ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 448/88 consentirà alla Procura Minorile di valutare successivamente l’avvenuta mediazione come ulteriore elemento al fine della richiesta di archiviazione, di pronuncia di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto ex art. 27
D.P.R. 448/88, o di concessione del perdono giudiziale. In questo modo, pur mantenendo il suo carattere confidenziale, l’attività di mediazione contribuirebbe a riempire di significato i suddetti istituti e sostenere con maggiore credibilità la decisione in sede giudiziaria.
Resta inteso che la comunicazione di non fattibilità o di esito negativo della mediazione da parte dell’Ufficio non costituirà in alcun modo elemento sfavorevole di valutazione della personalità del minore e non dovrà condizionare l’evolversi della vicenda processuale.
Così concepita la mediazione potrebbe contribuire a ridurre il rischio che la veloce uscita dal circuito penale, anche con intenti deflativi, alimenti dinamiche deresponsabilizzanti nel minore. L’attività di mediazione, infatti, sviluppa un processo di riappropriazione del fatto/reato, anche quando definito dalla giustizia irrilevante e occasionale, ed offre al minore l’opportunità di comprendere il significato del proprio comportamento sia sul piano giuridico che su quello sociale. La mediazione apre alla possibilità di vivere l’esperienza del confronto e del dialogo direttamente con chi ha subito l’offesa, permettendo di evolvere verso un’importante tappa nel cammino di crescita personale.
La credibilità sociale della giustizia ne uscirebbe rafforzata tanto nella percezione del reo che della persona offesa, riducendo in quest’ultima la sensazione che i provvedimenti “indulgenziali” rappresentino una ‘scappatoia’ meramente deflativa e/o una risposta buonista nei confronti del reo.
Pertanto, nel caso di invio da parte della Procura Minorile ai sensi dell’art. 9 DPR 448/88, l’iter di mediazione seguirà, in linea di massima, il seguente schema:
a. esame preliminare da parte del P.M. circa la possibilità di sostenere la fondatezza dell’accusa, con esclusione dall’invio dei casi nei quali, non solo l’indagato si dichiari estraneo ai fatti, ma anche in quelli per i quali l’accusa non appare sostenibile
b. eventuale interrogatorio da parte della P.G.
c. valutazione della fattibilità della mediazione da parte del P.M. (alla luce dei criteri esterni concordati infra)
d. invio del caso all’Ufficio per la mediazione tramite comunicazione dei dati (vedi scheda allegata)
e. primo contatto con le parti e i difensori ad opera dell’Ufficio per la mediazione
f. avvio mediazione (secondo il paradigma di cui al par. F)
g. entro 3 mesi comunicazione dell’esito ad opera dell’Ufficio per la mediazione alla Procura Minorile, salvo la possibilità di chiedere una proroga per esigenze particolari
h. assunzione dei provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria
C. INVIO DEL CASO DA PARTE DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI
In sede di udienza preliminare, il Tribunale per i minorenni potrà inviare il caso all’Ufficio per la mediazione penale:
ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 448/88, quando voglia assumere ulteriori elementi di valutazione della personalità del minorenne e della sua evoluzione prima di adottare provvedimenti che possono consentire una rapida fuoriuscita dal minore dal circuito processuale, senza tuttavia rinunciare a corroborare di significato e senso quelle stesse misure che spesso rischiano di essere vissute come “dovute, buoniste, deresponsabilizzanti” (ad es. la richiesta di concessione del perdono giudiziale). Nell’ipotesi quindi che l’attività di mediazione non sia già stata proposta nella fase delle indagini preliminari, il g.u.p. potrà inviare il caso all’Ufficio per la mediazione secondo gli stessi criteri dell’invio da parte della Procura minorile.
ai sensi dell’art. 28 del D.P.R. 448/88, nel provvedimento che contestualmente dichiara la sospensione del processo e la messa alla prova del minore. L’invio all’Ufficio per la mediazione si affiancherà quindi alla presa in carico da parte dell’Ussm, rimanendo tuttavia autonomo e distinto. I due interventi, infatti, non si esauriscono uno nell’altro, né la fattibilità e l’esito dell’attività di mediazione saranno confusi con la valutazione del progetto educativo prescritto dal giudice, restando inteso che la mediazione e la messa alla prova manterranno una loro specificità sia sul piano giuridico che sul piano educativo, essendo governate da obiettivi, criteri, modalità peculiari e non sovrapponibili. Un’ulteriore ipotesi applicativa dell’invio alla mediazione nel contesto della sospensione del processo ai sensi dell’art. 28 D.P.R. 448/88, potrebbe verificarsi a fronte di reati particolarmente gravi per i quali l’incontro con la vittima in tempi precoci rispetto alla commissione del reato potrebbe addirittura ledere al percorso educativo del minore e/o essere inopportuno o intollerabile per la vittima stessa. In queste situazioni la presa in carico da parte dell’Ussm precederà l’invio all’Ufficio per la mediazione e solo dopo un primo periodo di messa alla prova, quando gli operatori dell’Ussm lo ritenessero opportuno, ne daranno comunicazione all’autorità giudiziaria la quale avrà la piena facoltà di decidere un invio all’ufficio.
Non è escluso che, stante la facoltà anche per il giudice del dibattimento di raccogliere, ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 448/88, elementi inerenti alla personalità del minore e alla sua evoluzione, un invio all’Ufficio per la mediazione possa provenire anche in quella fase.
D. CRITERI DI NON FATTIBILITA’ DELLA MEDIAZIONE VALUTATI DALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA PRIMA DELL’INVIO ALL’UFFICIO (Criteri Esterni)
L’attività di mediazione può realizzarsi esclusivamente nei casi in cui siano individuabili una o più persone offese dal fatto reato. Si specifica che nel caso di reati che coinvolgessero soggetti impersonali (enti, persone giuridiche, istituzioni) la mediazione sarà possibile a seguito dell’individuazione, da parte dell’Ufficio per la mediazione, del soggetto portatore dell’interesse leso, non necessariamente coincidente con il legale rappresentante.
L’ufficio della Procura e il Tribunale escluderanno l’invio del caso all’Ufficio per la mediazione ogni volta che anche solo una delle due parti presenti:
- diagnosi di malattia psichiatrica
- difficoltà manifesta di comprensione della lingua italiana
Inoltre, non saranno inviati all’Ufficio per la mediazione i casi in cui le parti siano legate da familiarità e/o convivenza (es: fratelli, genitori-figli, conviventi).
Nel caso di reati sessuali, visto l’elevato grado di sofferenza emotivo-psicologica nonché la necessità di riservare particolare attenzione ai tempi di rielaborazione sia della vittima che del reo, la Magistratura valuterà l’opportunità di inviare all’Ufficio tenendo conto delle condizioni in cui si trovano il soggetto coinvolti, in particolare per quanto riguarda la persona offesa.
Allo scopo di garantire il rispetto del principio della presunzione di innocenza non saranno inviati all’Ufficio per la mediazione quei casi in cui (e fin tanto che) l’indagato/imputato si dichiari innocente e/o completamente estraneo ai fatti. Se dalle dichiarazioni rese alla PG o al PM risultassero affermazioni del seguente tenore esemplificativo “non c’ero, non so nulla di quanto è accaduto, è tutta un’invenzione”, l’eventuale invio all’Ufficio per la mediazione si configurerebbe come inopportuno e certamente inefficace. In questo caso, infatti, sarà più rispettoso del principio di presunzione di innocenza e dei diritti della difesa, procedere eventualmente all’invio solo se successivamente emergesse dal soggetto un atteggiamento diverso, se pur non di assunzione di responsabilità formale almeno di non completa estraneità ai fatti.
Diversamente, se fin dalle prime dichiarazioni rese o da elementi fattuali (es. flagranza di reato), il minore apparisse con evidenza coinvolto nei fatti - a prescindere dal titolo – l’autorità procedente potrà fin da subito inviare il caso all’Ufficio per la mediazione (in ipotesi, il minore potrebbe aver reso le seguenti dichiarazioni “c’ero, ma è andata diversamente, non è colpa mia, non ho fatto niente di male…”).
Nel caso in cui l’invio all’Ufficio per la mediazione avvenisse senza che il minore fosse stato sentito dal PM o dalla PG, sarà l’équipe dei mediatori a dichiarare la non fattibilità dell’attività se durante i primi contatti (colloquio preliminare) dovesse essere manifestata una dichiarazione di completa estraneità ai fatti. Anche in questo caso, al fine di garantire la confidenzialità e la riservatezza, all’autorità procedente verrà inoltrata esclusivamente la comunicazione di non fattibilità senza ulteriori dettagli.
E. CRITERI DI NON FATTIBILITA’ DELLA MEDIAZIONE VALUTATI DALL’EQUIPE DI MEDIATORI AL MOMENTO DELLA RICEZIONE DEL CASO (Criteri Interni)
Oltre al presupposto imprescindibile della raccolta del consenso di entrambe le parti, l’équipe dei mediatori incaricati del caso dovrà altresì valutare la fattibilità dell’incontro congiunto di mediazione tenendo nel dovuto conto i seguenti elementi:
- condizioni di particolare fragilità psicologica o stati di alterazione derivanti da abuso di alcool o sostanze stupefacenti da parte dei soggetti coinvolti;
- divergenza marcata tra la disponibilità della parte ed il suo contesto familiare.
La presenza di questi elementi non sarà considerata aprioristicamente occasione per la dichiarazione di non fattibilità bensì sarà oggetto di valutazione approfondita in relazione ad ogni caso proposto.
Particolare attenzione sarà riservata ad analizzare la posizione dei genitori dei minorenni coinvolti. Infatti, l’esplicita contrarietà dei genitori nei confronti della mediazione, pur non configurandosi come fattore ostativo allo svolgimento dell’attività - per la quale unica condizione essenziale è l’adesione da parte del minore – tuttavia appare elemento di forte preoccupazione. In questi casi, l’équipe dei mediatori deciderà se procedere o meno sulla base di una valutazione globale dell’interesse del minore (inopportunità di sottoporre il minore allo stress derivante dal sostenere una posizione contrapposta a quelle dei genitori, rischi di esplosione di tensioni nel contesto familiare) nonché sulla scorta di una riflessione sulla tenuta del sistema della mediazione e suoi eventuali effetti controproducenti (espliciti intralci alla realizzazione dell’attività, rischio che gli esiti raggiunti durante l’incontro siano vanificati dalla successiva ostilità dei genitori, con evidente danno non solo per il minore ma altresì della vittima). Allo scopo di evitare e/o contenere conseguenze distorsive, in questi casi, si valuterà l’opportunità di offrire anche ai genitori uno spazio di accoglienza e di confronto, sia prima che durante l’incontro di mediazione dei figli.
Gli elementi indicati saranno verificati durante i colloqui preliminari; tuttavia, sarà cura dei mediatori esercitare un’ulteriore vigilanza al momento dell’incontro di mediazione (es: se una delle parti si presentasse all’incontro in stato di ubriachezza o di alterazione).
Nel caso in cui l’équipe dei mediatori valutasse la non fattibilità dell’incontro di mediazione, ne darà comunicazione all’autorità inviante senza specificarne il motivo, restando inteso che si è ritenuto sussistente uno o più degli elementi sopra condivisi.
F. PARADIGMA DELLA SPERIMENTAZIONE La mediazione penale si compone delle seguenti fasi: 1 Assunzione dell'incarico
L’autorità procedente, valutato il caso secondo i criteri di fattibilità esterni di cui sopra, inoltra la segnalazione all’Ufficio per la mediazione. La proposta di mediazione può essere suggerita all’autorità giudiziaria competente anche da parte dell’USSM, dei servizi sociali territoriali, del minore attraverso il difensore, della vittima.
L’invio sarà effettuato previa compilazione di una scheda da parte dell’autorità competente contenente le informazioni strettamente necessarie onde consentire all'Ufficio di contattare le parti e costituire un’equipe di mediatori idonea al caso specifico.
La scheda dovrà senz'altro contenere:
- dati anagrafici, recapiti delle parti
- generalità, recapiti di eventuali difensori
- data del reato
- capo d’imputazione, sommaria ricostruzione del fatto
- fase processuale (se le indagini sono ancora in corso, se è stata fissata udienza preliminare, se è già stato sospeso il processo e concessa la messa alla prova ex art. 28….)
- se il reo e la vittima sono stati sentiti dal PM o dalla PG e/o contattati dall’USSM
- eventuali informazioni ritenute preziose sia sul reo che sulla vittima (es. condizioni particolari: portatori di handicap, impossibilità ad abbandonare il proprio recapito per recarsi all’ufficio…)
- data entro cui inviare l’esito della mediazione (non meno di tre mesi dall'invio all'Ufficio, salvo eccezioni)
2 Fase preliminare
Ricevuta la segnalazione da parte dell’autorità giudiziaria il mediatore referente del fascicolo invierà alle parti la lettera informativa con l’invito a partecipare ai colloqui preliminari.
In caso di adesione, verranno effettuati i colloqui preliminari separatamente con l’indagato/imputato e con la persona offesa, alla presenza di due mediatori, al fine di verificare la fattibilità della mediazione secondo criteri interni ed eventualmente raccogliere il consenso delle parti all’incontro.
3 Incontro di mediazione
L’incontro di mediazione avverrà alla presenza di due mediatori, uno dei quali, dopo una breve accoglienza, introdurrà le parti alla mediazione ricordandone gli aspetti essenziali (gratuità, confidenzialità e consensualità), e le fondamentali regole di svolgimento dell'incontro.
L’Ufficio di Brescia nella conduzione dell’attività di mediazione s’ispira al modello umanistico e orienta la propria azione secondo i principi contenuti nelle Linee di indirizzo e di coordinamento in materia di mediazione penale minorile, del 30 aprile 2008, Prot. n. 14095 del Dipartimento per la Giustizia Minorile, fatta salva la scelta operata nel presente Protocollo di riservare unicamente all’Autorità Giudiziaria la legittimazione all’attivazione dell’Ufficio.
4. Eventuale sostegno genitori
Nei casi in cui se ne ravvisi la necessità, verrà promosso un icontro fra i genitori delle parti coinvolte al fine di rafforzare il valore della mediazione e le fasi successive alle intese assunte durante l’incontro di mediazione dai soggetti confliggenti.
5 Fase conclusiva: valutazione e invio dell’esito all’autorità giudiziaria
Al termine della mediazione, le parti, con l’aiuto dei mediatori, esprimeranno un giudizio sull’incontro avvenuto, sottoscrivendo un verbale nel quale sarà riportato in termini sintetici l’esito.
Nel rispetto del principio di confidenzialità e riservatezza, il verbale, di norma, recherà solo l'indicazione dell'esito: POSITIVO o NEGATIVO, salvo che le parti decidano concordemente di informare l'autorità giudiziaria anche di eventuali ulteriori aspetti emersi nel corso dell'incontro che saranno inseriti nel verbale e sottoscritti da tutti i partecipanti. In ogni caso, sia i mediatori sia le parti si impegnano a rispettare il principio di confidenzialità e di riservatezza, non divulgando informazioni apprese durante l’incontro; allo stesso tempo, la magistratura non terrà conto, ai fini della decisione, delle dichiarazioni rese dalle parti durante l’attività di mediazione ed eventualmente rivelate dalle stesse in violazione del dovere di riservatezza, in analogia con quanto disposto dall’art. 29, comma 4, Dlgs 274/2000.
La comunicazione dell’esito sarà inoltrata all’Autorità Giudiziaria tramite pec dell’Ufficio. Un eventuale esito negativo della mediazione non comporterà responsabilità individuali che possano riflettersi sul processo penale.
G. CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA MEDIAZIONE UTILIZZATI NELLA DEFINIZIONE DELL’ESITO DELLA STESSA
Gli indicatori utilizzati al fine di valutare “positivo” l’esito della mediazione sono:
Xxxxxx percezione che le parti:
- hanno avuto la possibilità di esprimere a fondo i propri sentimenti
- sono giunte ad una diversa visione l’una dell’altra, ad un riconoscimento reciproco, ad un rispetto della dignità dell’altro (non necessariamente ad una riappacificazione)
- c’è stato un cambiamento rispetto alle loro modalità di comunicare Realizzazione di un clima positivo e collaborante
Raggiungimento di un accordo sulla riparazione simbolica-materiale che sancisca formalmente l’avvenuto riconoscimento fra le parti. Potrà essere considerato segno dell’avvenuta riparazione simbolica ogni gesto volto a ridefinire con chiarezza la relazione tra le parti e capace di testimoniare l’avvenuto cambiamento nel rapporto interpersonale.
Indicatori significativi ma non essenziali:
- le parti sono giunte ad una ricostruzione condivisa dell’episodio
- impegno di remissione della querela
Il presente “Protocollo operativo” sarà costantemente verificato e modificato in corso d’opera laddove - sulla base dell’accordo - ne emergesse la necessità.