Drittwirkung e applicazione da parte dei giudici interni
tra unitarietà dei diritti fondamentali,
Drittwirkung e applicazione da parte dei giudici interni
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Sommario: 1. La Carta Sociale Europea e la protezione dei diritti sociali: profili in- troduttivi e definitori. – 2. La struttura del meccanismo di tutela approntato dalla Carta Sociale Europea (in breve). – 3. I princípi sanciti dalla Carta Sociale Europea (e chiariti attraverso l’opera interpretativa del Comitato Europeo per i Diritti Sociali): questioni relative alla diretta applicabilità. – 4. La Carta Sociale Europea nell’ordina- mento giuridico italiano. – 5. Il ruolo della giurisprudenza del Comitato Europeo per i Diritti Sociali: tra obbligo di take into account e massima espansione delle tutele. –
6. Conclusioni.
1. La Carta Sociale Europea è stata adottata in seno al Consiglio d’Eu- ropa a Torino nel 1961 ed è in vigore dal 1965. Essa è stata, nel tempo, soggetta ad alcuni processi di revisione sostanziatisi principalmente nel Protocollo addizionale del 5 maggio 1988, in vigore dal 1992, e nel Pro- tocollo di Strasburgo del 1996, in vigore dal primo settembre 1999. Il Par- lamento italiano ha autorizzato la ratifica di quest’ultimo Protocollo con legge 9 febbraio 1999 n. 30; lo scambio dei documenti di ratifica ha in- vece avuto luogo il 6 luglio 19991. Ad oggi, quarantatré dei quarantasette Stati membri del Consiglio d’Europa hanno ratificato la Carta Sociale Eu- ropea2.
Tenendo conto della circostanza per cui «lo scopo del Consiglio d’Eu- ropa è di realizzare un’unione piú stretta tra i suoi membri per salva- guardare e promuovere gli ideali ed i principi che rappresentano il loro patrimonio comune e favorire il progresso economico e sociale, in parti- colare mediante la difesa e lo sviluppo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali»3, gli Stati membri di tale Organizzazione internazionale hanno inteso redigere la Carta Sociale Europea giacché il sistema di tutela
1 Nel ratificare la Carta Sociale Europea, l’Italia ha inteso avvalersi di una riserva relativa all’art. 25 del Trattato, rubricato «Diritto dei lavoratori alla protezione dei loro crediti in caso d’insolvenza del loro datore di lavoro», il quale, quindi, non si applica nei rapporti coinvolgenti il nostro Paese.
2 Si veda xxx.xxx/xx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxx/xxxxx-xxx-xxxxxxx. La Carta non è stata ra- tificata da Liechtenstein, Monaco, San Marino e Svizzera.
3 Carta Sociale Europea, Preambolo.
dei diritti dell’uomo improntato sulla Convenzione Europea per la Salva- guardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 (Cedu) si rivelava soltanto parziale, in quanto limitato ai diritti civili e politici ma escludente quelli di carattere sociale. Dunque, alla luce della necessità di
«preservare il carattere indivisibile di tutti i diritti dell’uomo, a prescin- dere se civili, politici, economici, sociali o culturali»4 (corsivo aggiunto), si è reso necessario provvedere alla redazione di un testo che riconoscesse e tutelasse, oltre a quanto già previsto nella Cedu, diritti egualmente fon- damentali, come, tra l’altro, i diritti dei lavoratori, il diritto alla protezione della salute e il diritto alla formazione professionale5.
Si tratta, a ben vedere, di categorie di diritti che – proprio come quelli previsti nella Cedu e nelle Costituzioni nazionali – sono orientati, in ul-
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A tima analisi, a garantire la realizzazione e lo sviluppo della persona umana, N massimizzando le tutele a disposizione degli individui6; diritti che sono, N dunque, irrinunciabili nella prospettiva di un ordinamento giuridico di A stampo fortemente personalistico come quello generato, negli Stati euro-
I pei, dall’intersezione di Costituzioni e atti normativi nazionali e fonti di
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origine sovranazionale7. Sorprende, quindi, dover prendere atto della cir- S costanza per cui la Carta Sociale Europea sia stata per lungo tempo con- I siderata alla stregua di un trattato «di Serie B»8, scarsamente tenuto in S considerazione dalle Corti e dagli organi sovranazionali9 e raramente ap-
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C 4 Carta Sociale Europea, Preambolo, cit. Sul punto ha avuto modo di pronunciarsi anche
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la Xxxxx Xxx, 0 ottobre 1979, n. 6289/73, Xxxxx c. Irlanda, reperibile all’indirizzo xxxxx.xxxx.xxx.xxx/xxx?xx000-00000, al cui paragrafo 26 si afferma: «Whilst the Convention sets forth what are essentially civil and political rights, many of them have implications of a social or economic nature. The Court therefore considers, like the Commission, that the mere fact that an interpretation of the Convention may extend into the sphere of social and economic rights should not be a decisive factor against such an interpretation; there is no water-tight di- vision separating that sphere from the field covered by the Convention» (corsivo aggiunto).
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5 Per una disamina storica del progressivo sviluppo dei diritti sociali in Europa, cfr. L. Sa- muel, The long Way towards more Social Rights in Europe, in C. Befelhocife (a cura di), The European Social Charter, Strasburgo, 2012, p. 137 ss.
6 È questo, in ultima istanza, il fine dell’ordinamento giuridico. V., ex multis, P. Perlif- gieri, Libertà religiosa, principio di differenziazione e ordine pubblico, in Dir. succ. fam., 2017, p. 166.
7 Cfr. A. Alpifi, Diritto italo-europeo e princípi identificativi, Napoli, 2019, passim.
8 A. Xxxxxxx, Xxxx’aporia logica di diritti riconosciuti sul piano internazionale, ma negati sul piano costituzionale. Nota sulla discutibile “freddezza” della Corte costituzionale verso due carte internazionali: la CSE e la CEAL, in C. Pafzera, A. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La Carta Sociale Europea tra universalità dei diritti ed effettività delle tutele, Napoli, 2016, p. 14.
9 Significativa, da questo punto di vista, è la circostanza per cui l’ingresso di nuovi Stati nel Consiglio d’Europa è subordinato all’accettazione della Cedu e del suo (pur penetrante) sistema di controllo, ma non pure della Carta (che non prevede, come vedremo, un meccanismo giu-
plicato dai giudici interni (quantomeno in Italia)10. Come vedremo, tutta- via, per merito di alcune recentissime pronunce giurisprudenziali, il tema è tornato di attualità, probabilmente anche in ragione della significativa re- cente compressione dei diritti tutelati dalla Carta in seguito alle politiche di «austerity» imposte dalla c.d. troika (composta dalla Commissione eu- ropea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazio- nale)11 per fronteggiare la crisi economica che negli ultimi anni ha colpito le economie occidentali.
Prima, però, di soffermarci sul contenuto, l’interpretazione e l’applica- zione della Carta Sociale Europea, pare piú che mai opportuno tentare di offrire una definizione di quei «diritti sociali» che il trattato in questione
è deputato a proteggere. Categoria, questa, sovente data per presupposta
dai commentatori che se ne sono occupati12, ma che – ad occhio attento A
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– richiede invece una concettualizzazione ben precisa che possa consen- N tire di identificare i tratti comuni di categorie giuridiche apparentemente N molto differenti (si pensi, ad es., al diritto all’organizzazione sindacale, al A
diritto all’acqua13 e al diritto all’abitazione)14. Tali tratti comuni potreb- I
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bero, a nostro avviso, essere rinvenuti nella costante presenza, in tutte le categorie di diritti che si suole far rientrare nel genus dei diritti sociali, di S una pretesa dell’individuo verso lo Stato, ossia nella richiesta di prestazioni I attive (non necessariamente di carattere economico) da parte di quest’ul- S
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risdizionale che assicuri l’effettività dei diritti in essa contenuti). Cfr. C. Pafzera, Diritti inef- C
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fettivi? Gli strumenti di tutela della Carta Sociale Europea, in Id., A. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La Carta Sociale Europea, cit., p. 116.
10 A. Xxxxxxx, Xxxx’aporia logica, cit., passim.
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11 La compressione dei diritti sociali ha avuto luogo anche tramite altri meccanismi specifi- camente previsti ed istituzionalizzati – come il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) – i quali talvolta prevedono forme di coordinamento con il FMI.
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12 Come opportunamente rilevato da G. Pifo, Diritti sociali. Analisi teorica di alcuni luo- ghi comuni, Testo dell’intervento presentato al seminario Diritti sociali, veri diritti? Un confronto tra teoria del diritto e scienza politica, Università Milano-Statale, Dipartimento di Scienze So- ciali e Politiche, 15 aprile 2014, reperibile all’indirizzo xxxxx.xx/xxxxx/Xxxx,%00Xxxxxxx%00xx- ciali.pdf, pp. 1-2, spesso la definizione di diritti sociali è fornita soltanto in modo ricognitivo (e, aggiungeremmo, tautologico), ossia elencando quelli che sono solitamente considerati diritti sociali. «[I]n poche parole, un diritto è considerato un diritto sociale non per qualche caratte- ristica relativa al suo contenuto o al suo fondamento, ma perché è di solito considerato – nella communis opinio – appartenere alla categoria dei diritti sociali».
13 Sul tema del diritto all’acqua cfr. F. M. Palombifo, Il diritto all’acqua. Una prospettiva internazionalistica, Firenze, 2017, passim.
14 X. Xxxxxxxxx, La tutela del diritto all’abitazione tra Europa, Stato e Regioni e nella prospettiva del Pilastro europeo dei diritti sociali, in xxxxxxxxxxx.xx, numero speciale 4/2018, p. 190 ss., in cui è largamente analizzato il tema del c.d. social housing. A tal riguardo, l’autrice rileva come il Comitato Europeo per i Diritti Sociali abbia configurato espressamente un nu- cleo essenziale ed incomprimibile del diritto all’abitazione.
timo. Come correttamente rilevato in dottrina15, questa pretesa trova giu- stificazione contemporaneamente nel principio di solidarietà e nell’ugua- glianza sostanziale: «si tratta di diritti a prestazioni pubbliche (solidarietà) finalizzate ad evitare che una qualche circostanza materiale o esistenziale (salute, indigenza, disoccupazione, ecc.) impedisca il pieno sviluppo della persona umana e la sua partecipazione alla vita sociale su un piede di xx- xxxxx ed uguaglianza (eguaglianza sostanziale)».
La neutralizzazione delle diseguaglianze attraverso l’attività statale è un trait d’union delle Costituzioni occidentali successive alla Seconda guerra mondiale16 e trova la sua prima concreta applicazione nelle politiche di
welfare poste in essere negli Stati Uniti in relazione al New Deal ideato dal Presidente Xxxxxxxxx per fronteggiare la crisi economica del 192917. Si
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A tratta di una politica di interventi pubblici in campo economico e sociale N a supporto del tenore di vita della cittadinanza (si pensi, a tal riguardo, al N Social Security Act del 1935, che per la prima volta ha introdotto l’inden- A nità da disoccupazione e l’indennità di vecchiaia). Ad oggi, come già detto,
I la presenza di diritti costituzionali che impongono prestazioni positive
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dello Stato nella prospettiva della promozione dell’uguaglianza sostanziale, S seppur nell’ottica di una realizzazione progressiva, ossia commisurata alle I possibilità concrete di realizzazione in uno Stato in un certo momento S storico, è comunque un dato acquisito18.
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C 15 G. Xxxx, o.c., p. 2.
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16 Cfr. l’approfondita analisi di A. X’Xxxxx, Storie «costituzionali» dei diritti sociali, in
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Aa.Vv., Scritti in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxx, Napoli, 2008, p. 689 ss.
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17 Sul punto cfr. P. Bilafcia, La dimensione europea dei diritti sociali, in xxxxxxxxxxx.xx, nu- mero speciale 4/2018, p. 3 ss.
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18 A. Xxxxxxx Xxxxxx, Ragioni e radici dell’Europa sociale: frammenti di un discorso sui ri- schi del futuro dell’Unione, in xxxxxxxxxxx.xx, numero speciale 4/2018, p. 34 s. Come esempio di norma a realizzazione progressiva v. l’art. 2, par. 1, del Patto sui Diritti Economici Sociali e Culturali del 1966, il quale sancisce che: «Each State Party to the present Covenant undertakes to take steps […] to the maximum of its available resources, with a view to achieving pro- gressively the full realization of the rights recognized in the present Covenant». La ratio di que- sto principio riposa sulla consapevolezza del diverso sviluppo economico dei diversi Stati della Comunità internazionale, il che si riflette sulla capacità, in concreto, di garantire i diritti sanciti dal Patto. Questo principio ha due corollari: il divieto di misure regressive ingiustificate (ob- bligo negativo), e la tutela del contenuto essenziale del diritto (c.d. minimum core obligation, obbligo positivo). Il primo vieta allo Stato di abbassare lo standard di tutela già raggiunto, a meno che non sussistano determinate condizioni (su cui v. par. 5). Ad es. in contesti di crisi economica, è possibile diminuire il livello di tutela, purché la misura con cui si opera sia tem- poranea, proporzionata, non discriminatoria e non leda contenuto essenziale del diritto. Il se- condo impone allo Stato di garantire sempre il godimento del contenuto essenziale del diritto (su cui, v., sempre, par. 5 del presente lavoro), indipendentemente dalla congiuntura economica in cui si trova. Si tratta di obblighi che lo Stato è tenuto a rispettare sempre, ad es. il divieto di discriminazione nell’accesso a cure mediche essenziali. Dunque gli Stati godono di una di-
A ciò, tuttavia, non necessariamente corrisponde una effettiva tutela di tali diritti. La crisi economica ha rappresentato, da questo punto di vista, la cartina al tornasole della mancata o parziale attuazione dei diritti sociali in Europa. Trattandosi, infatti, di diritti che «hanno un costo» per lo Stato, essi sono stati in varia misura trascurati dai Paesi che hanno dovuto fron- teggiare le difficoltà economiche, al punto che si ravvisa il concreto rischio che i diritti sociali vengano considerati alla stregua di «diritti condizio- nati», ma non nel senso di essere dipendenti – nella loro realizzazione – dal ragionevole bilanciamento che l’interprete deve compiere caso per caso, quanto nel senso che «il legislatore sarebbe libero di riconoscerli oppure
no, senza altro limite che la propria scelta pienamente discrezionale»19 (so- vente basata su congiunture di carattere economico).
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È evidente, a tal riguardo, che una compiuta risposta al problema della A realizzazione dei diritti sociali non possa che passare dal piano sovranazio- N nale20. Si rende necessario uno sforzo istituzionale congiunto dell’Unione N Europea, degli Stati nazionali e delle altre Organizzazioni internazionali – A
come il Consiglio d’Europa – allo scopo di garantire concreta attuazione I
alla necessità di ridurre le sperequazioni ed attenuare le diseguaglianze tra persone, quantomeno nella possibilità di usufruire dei servizi essenziali. S
Non è un caso, dunque, che – anche in attuazione dell’art. 9 Tratt. I
FUE21 – il 17 novembre 2017 abbia avuto luogo, a Göteborg, la procla- S
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mazione congiunta da parte del Parlamento europeo, del Consiglio e della D
Commissione, del c.d. «Pilastro europeo dei diritti sociali», un documento C
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di soft-law che mira a creare nuovi e piú efficaci diritti per i cittadini e si basa su 20 princípi chiave, strutturati in tre categorie: (i) pari opportunità 5
e accesso al mercato del lavoro; (ii) condizioni di lavoro eque; e (iii) pro- 2
tezione sociale e inclusione22. Si tratta, ad ogni modo, di un documento 0
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screzionalità abbastanza ampia circa l’effettiva attuazione dei diritti socioeconomici – o, quanto meno, circa il riconoscimento di standard di tutela elevati.
19 A. Patrofi Xxxxxx, o.c., p. 37.
20 A. Patrofi Xxxxxx, o.c., p. 41, ove si afferma che «[l]a ripresa del processo costituente europeo non può non passare anche dalla costituzionalizzazione dell’Europa sociale, casomai attraverso il metodo del coordinamento aperto in materia di protezione e integrazione sociale». In merito a quanto appena detto, non può nemmeno trascurarsi il significativo messaggio po- litico connesso alla mancata attuazione dei diritti sociali, al punto che lo stesso a. ha affermato che «[s]ul piano dei diritti sociali si rischia un tragico naufragio degli ideali del processo di in- tegrazione elaborati dai padri nobili dell’Europa unita» (p. 46).
21 «Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’a- deguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana».
22 Il testo del documento è reperibile all’indirizzo xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxx-
dal carattere politico e programmatico, che non può aver altro valore giu- ridico se non, forse, quello di mero ausilio interpretativo in relazione ad atti vincolanti23. Da questo discende, logicamente, la non trascurabilità della Carta Sociale Europea, unico trattato internazionale (come tale vincolante) interamente dedicato alla salvaguardia dei diritti sociali nel panorama eu- ropeo24. A tale trattato, alla sua interpretazione e alle modalità con cui esso si rapporta al diritto italiano è dedicato il resto del presente lavoro. Dopo aver delineato i punti salienti del sistema di tutela posto in es- sere dalla Carta Sociale Europea (par. 2), ci dedicheremo – rispondendo affermativamente – alla questione della diretta applicabilità negli ordina-
menti interni dei princípi sanciti dalla Carta stessa (par. 3). Confronteremo quindi tale posizione con quella assunta dalla Corte costituzionale italiana
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A nelle recenti sentenze nn. 120 e 194 del 2018, le quali hanno sancito che N la Carta Sociale Europea può fungere da parametro interposto di costitu- N zionalità ad integrazione dell’art. 117, comma 1, cost., ma non può essere A direttamente invocata da privati e conseguentemente applicata dai giudici
I comuni (par. 4), per poi spendere qualche parola in merito al valore che
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i provvedimenti del Comitato Europeo sui Diritti sociali possono avere S nel nostro ordinamento, specie nell’ottica della massimizzazione delle tu- I tele individuali, che dovrebbe ispirare l’intero sistema ordinamentale (par. S 5). Il par. 6 sarà dedicato ad alcune brevi conclusioni riepilogative.
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C 2. La Carta Sociale Europea, nella sua attuale formulazione25, prevede
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and-fairer-economic-and-monetary-union/european-pillar-social-rights/european-pillar-social-rights- 20-principles_it.
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23 Sul concetto di soft-law e il valore giuridico di tale fonte del diritto, cfr. F.M. Palom- bifo, Introduzione al diritto internazionale, Roma-Bari, 2019, pp. 130-132.
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24 È stato, al riguardo, rilevato che attualmente il ruolo dell’UE in merito alla effettiva at- tuazione dei diritti sociali è molto limitato. Come osservato da X. Xxxxxxxx, Unione europea e diritti sociali: per una nuova sinergia tra Europa del diritto ed Europa della politica, in fede- xxxxxxx.xx, numero speciale 4/2018, p. 247, «nelle “materie sociali” l’Unione, prevalentemente, “tiene conto”, “rispetta”, “incoraggia”, “facilita”, “sostiene”, “completa”; mentre sono gli Stati a mantenere la responsabilità della tutela dei diritti sociali attraverso i rispettivi sistemi orga- nizzativi. Tutto ciò, ovviamente, indebolisce l’idea di un “pilastro sociale” dell’Unione che la proclamazione di Göteborg ha inteso erigere a competenze invariate». Questa posizione è con- fermata anche dalla timidissima giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in tema di diritti sociali; i Giudici di Lussemburgo, infatti, non si sono mai spinti a ritenere atti degli Stati membri illegittimi in quanto in violazione dei diritti sociali. Cfr. X. Xxxxxxx, La crisi ha… “sparigliato le carte”? Note sulla tutela multilivello dei diritti sociali nello “spazio giuridico europeo”, in C. Pafzera, A. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La Carta Sociale Eu- ropea, cit., p. 68.
25 Per una disamina approfondita cfr. C. Pafzera, Per i cinquant’anni della Carta Sociale Europea, testo dell’intervento al convegno I diritti sociali dopo Lisbona. Il ruolo delle Corti. Il
una prima parte in cui è enunciato un catalogo di diritti in termini di si- tuazioni giuridiche attive, mentre la seconda parte è ricca di obblighi gra- vanti sugli Stati aderenti in relazione a ciascuno di quei diritti. La seconda parte, quindi, specifica ed esemplifica le azioni necessarie o utili per ren- dere effettivi i diritti della prima. Nella terza parte della Carta si chiarisce che il vincolo gravante sui Paesi membri è «variabile e relativamente di- sponibile»26. Ai sensi dell’art. A della terza parte, infatti, gli Stati devono accettare soltanto sei di nove articoli tra un elenco comprendente il diritto al lavoro (art. 1), la libertà sindacale (art. 5), la negoziazione collettiva (art. 6), la tutela dell’infanzia (art. 7), la tutela della famiglia (art. 16), la sicu-
rezza sociale (art. 12), l’assistenza sociale e medica (art. 13), la protezione dei lavoratori migranti (art. 19) e le pari opportunità (art. 20); in aggiunta
ad essi, gli Stati dovranno poi complessivamente ritenersi vincolati ad as- A sicurare il rispetto di un numero minimo di sedici articoli o sessantatré pa- N ragrafi della seconda parte. A tal riguardo, è stato giustamente notato che N
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«[t]ale previsione, pur giustificata dall’intento di compensare l’incidenza di A
un documento siffatto sulle politiche sociali nazionali (non facilmente omo- I
logabili), porta con sé un oggettivo indebolimento della Carta, considerata
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già nel suo nascere e nelle sue pretese come solo parzialmente vincolante»27. S La Carta prevede due meccanismi per garantire la tutela dei diritti in I essa riconosciuti. Il primo di essi è il monitoraggio sui rapporti statali, S mentre il secondo – in vigore dal 199828 – è il sistema dei reclami collet- D
tivi. Entrambi i sistemi citati si svolgono dinnanzi al Comitato Europeo C
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per i Diritti Sociali, un organo composto di 15 membri indipendenti eletti dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, e conducono a sta- 5
tuizioni giuridicamente non vincolanti (sebbene politicamente rilevanti) da 2 parte di quest’ultimo. Proprio per questo motivo, si è rilevato che il si- 0 stema di tutela previsto dalla Carta Sociale Europea ne è il vero e pro- 2 prio punto debole29. 0
Piú in dettaglio, per quel che concerne il sistema di monitoraggio sui
rapporti statali30, esso inizialmente consisteva nella presentazione di un rap- 25
caso italiano. Il diritto del lavoro fra riforme delle regole e vincoli di sistema, Reggio Calabria, 5 novembre 2011, reperibile all’indirizzo xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxx/Xxxxxxx_Xxxxxxx_-
_Per_i_cinquant_anni_della_Carta_sociale_europea.pdf, passim.
26 B. Xxxxxxx, La decisione sui diritti sociali. Indagine sulla struttura costituzionale dei diritti sociali, Milano, 2001, p. 159.
27 C. Xxxxxxx, o.u.c., p. 4.
28 Solo un numero ridotto degli Stati parte della Carta Sociale Europea hanno aderito a tale meccanismo. Tra essi, in ogni caso, figura l’Italia.
29 C. Xxxxxxx, o.u.c., p. 4.
30 Piú in dettaglio, sul punto, cfr. C. Pafzera, Diritti ineffettivi?, cit., pp. 117-123.
porto biennale sullo stato di attuazione degli articoli accettati e di un ul- teriore rapporto – da sottoporre a intervalli adeguati su richiesta del Co- mitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – concernente le disposizioni non accettate. Successivamente, si è pensato di suddividere i diritti previ- sti dalla Carta in quattro settori tematici (occupazione, formazione e pari opportunità; salute, sicurezza sociale e protezione sociale; diritti legati al lavoro; minori, famiglie e migranti) e di far presentare agli Stati ogni anno un rapporto su uno di questi àmbiti. Il Comitato, dunque, analizzerà il rispetto da parte di tutti gli Stati di un gruppo tematico all’anno.
Gli Stati possono presentare tre tipi di rapporti differenti. Nel caso in cui essi non si siano vincolati alla procedura dei reclami collettivi, verrà redatto un rapporto ordinario sullo stato di attuazione della Carta. Ove
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A invece essi abbiano accettato la procedura dei reclami collettivi, il rapporto N da preparare sarà in forma semplificata, ossia limitato all’illustrazione delle N misure prese in séguito alle decisioni di non conformità assunte dal Co- A mitato dopo eventuali reclami. Infine, ove vi sia stata una conclusione di
I non conformità da parte del Comitato rispetto alla quale la situazione di
inadempimento da parte dello Stato sia permanente o comunque siano S mancate informazioni sulla base dei rapporti presentati, sarà necessario che I tale Stato presenti un rapporto sulle conclusioni di non conformità.
S Sulla base dei rapporti presentati, il Comitato redige delle conclusioni.
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D Ove ciò non sia possibile per carenza di informazioni, potrà essere di-
C sposto un rinvio con l’invito a integrare il rapporto presentato. In caso di conclusioni di non conformità, la questione è deferita al Comitato dei
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5 Ministri, che, a maggioranza dei due terzi, potrà adottare una risoluzione
2 contenente indicazioni per gli Stati destinatari. Solitamente agli Stati è
0 chiesto di indicare quali soluzioni intendono adottare e le tempistiche
2 delle stesse. Ove nulla accada, al Comitato dei Ministri è conferito il po-
0 tere di adottare raccomandazioni, sul cui rispetto è informata l’Assem-
blea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Si tratta, come è evidente, di una procedura eminentemente politica, che – nonostante il dettaglio delle
26 conclusioni adottate dal Comitato – non comporta alcuna conseguenza
sul piano giuridico per gli Stati coinvolti. Mancano, infatti, nella Carta Sociale Europea disposizioni equiparabili all’art. 3231 e all’art. 4632 della
31 «1. La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi Protocolli che siano sottoposte a essa alle condi- zioni previste dagli articoli 33, 34, 46 e 47. 2. In caso di contestazione sulla competenza della Corte, è la Corte che decide».
32 «1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti. 2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comi- tato dei Ministri che ne controlla l’esecuzione» secondo le modalità stabilite nei commi da 3 a 5.
Cedu che consentano di considerare vincolanti le decisioni del Comi- tato33.
Per quel che riguarda la procedura dei reclami collettivi34, essa permette a specifiche organizzazioni – di norma sindacati o organizzazioni non go- vernative – di presentare al Comitato, nell’interesse di un gruppo o di una categoria di persone (non necessariamente aventi interessi coincidenti con quelli dell’ente ricorrente) un reclamo per la difesa dei diritti loro rico- nosciuti dalla Carta; ciò senza che siano previamente esperiti i ricorsi in- terni (a differenza che per i ricorsi dinnanzi alla Corte Edu). Gli Stati sono quindi chiamati a rispondere della propria condotta in relazione a un caso
specifico. La non proponibilità di ricorsi da parte di singoli si connette al- l’idea che anche i reclami collettivi debbano porre in evidenza carenze strutturali degli ordinamenti statali, mettendo in luce la necessità di riforme A generali. Dopo che un membro del Comitato abbia previamente vagliato N l’ammissibilità del ricorso, il Comitato inviterà lo Stato resistente a pre- N
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sentare memorie sulla sua fondatezza. L’autore del ricorso avrà diritto di A
replica e lo Stato di contro-replica. Il Comitato emette infine una deci- I
sione sulla fondatezza del reclamo. La decisione è resa pubblica non prima
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di quattro mesi, nel corso dei quali lo Stato può risolvere la situazione S oggetto di condanna. Se non vi è rispetto della decisione, il Comitato dei I Ministri potrà, a maggioranza dei due terzi, emettere una raccomanda- S zione a carattere monitorio. Anche in questo caso, come è evidente, il li- D
mite della natura politica e meramente dichiarativa della decisione adot- C
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tata non pare superabile. L’esecuzione spontanea da parte dello Stato con- dannato pare l’unica vera soluzione, visto che il solo potere in capo al 5
Comitato Europeo per i Diritti Sociali sarà quello di reiterare la propria 2
decisione di inadempienza in sede di monitoraggio dei rapporti annuali. 0 Per i suesposti motivi, l’attività del Comitato – che pur presenta alcuni 2
aspetti di giurisdizionalità, specie nella fase contraddittoria presente nella 0
procedura dei reclami collettivi – è stata definita meramente para-giuri- sdizionale35. Come vedremo nel seguito del lavoro, tuttavia, l’attività svolta 27
33 A differenza del Comitato, invece, la Corte Xxx non esamina rapporti periodici degli Stati.
34 C. Pafzera, Diritti ineffettivi?, cit., pp. 123-127.
35 X. Xxxxxxx, Corte Costituzionale e controllo internazionale: quale ruolo per la “giurispru- denza” del Comitato europeo per i diritti sociali nel giudizio di costituzionalità delle leggi?, in Aa.Vv., La normativa italiana sui licenziamenti: quale compatibilità con la Costituzione e la Carta sociale europea?, Atti del seminario in previsione dell’udienza pubblica della Corte Co- stituzionale del 25 settembre 2018 sulla questione di costituzionalità sul d. lgs. n. 23/2015 repe- ribili all’indirizzo xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/xxxx-xxxxxxxx- jobs-act.pdf, p. 71 ss.
dal Comitato è stata particolarmente pregnante e di fondamentale impor- tanza nel definire la reale portata delle norme della Carta. Per questo mo- tivo, essa è in ogni caso degna di particolare considerazione da parte de- gli operatori del diritto interno.
3. La Carta Sociale Europea contiene un ampio catalogo di diritti e do- veri che, tuttavia, sono stati sovente considerati dalla dottrina alla stregua di norme meramente programmatiche, prive di una reale portata precet- tiva e dunque non atte – per sé – a essere oggetto di applicazione diretta da parte dei giudici interni, ossia ad essere direttamente invocate da pri-
vati ai fini della tutela delle proprie pretese. A titolo di esempio, è possi- bile citare l’art. 13 del trattato in questione, il quale prevede che per as-
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A sicurare l’effettivo esercizio del diritto all’assistenza sociale e medica, gli N Stati debbano, tra l’altro, accertarsi che coloro i quali non possono per- N mettersi adeguate cure mediche abbiano – grazie al supporto statale – ade- A guato accesso a strutture sanitarie, che questo non comporti una com-
I pressione dei propri diritti politici e sociali e che essi godano dei mezzi
sufficienti per prevenire le malattie.
I
S La citata disposizione potrebbe essere interpretata come una mera ob- I bligazione di mezzi. Tuttavia, come la dottrina piú avveduta non ha man- S cato di rilevare, «quest’approccio è chiaramente scorretto. Attraverso l’o- D perato del Comitato Europeo per i Diritti Sociali, si è appurato che la
C previsione sull’assistenza sociale e medica di cui all’art. 13, par. 1, della
Carta, sancisce un vero e proprio diritto all’assistenza sanitaria pubblica.
⁄
5 L’assistenza sociale è quindi un diritto soggettivo individuale»36. Ne di-
2 scende che, come è stato osservato, in termini di giustiziabilità dei diritti
0 sociali, «[l]e norme giuridiche relative ai diritti sociali oggi non possono
2 piú essere ritenute (presuntivamente) programmatiche e non azionabili»37.
0 Del resto, se da un lato è vero che alcune norme della Carta Sociale
Europea sono redatte in modo tale da consentire un’ampia latitudine in- terpretativa (di talché potrebbe sembrare inopportuno garantire a tali norme
28 una diretta portata precettiva), dall’altro lato un analogo discorso potrebbe
essere fatto con riguardo alle norme della Cedu, rispetto alle quali, invece, la stessa Corte Edu ha riconosciuto, in linea di principio, l’attitudine ad essere invocate direttamente da privati e quindi applicate in maniera im-
36 X. Xxxx, Application by Domestic Courts of the European Social Charter, in Nordic Journ. Human Rights, 2010, p. 406 (traduzione nostra).
37 X. Xxxxxx, Il futuro dei diritti sociali dopo il “social summit” di Göteborg: rafforzamento o impoverimento?, in xxxxxxxxxxx.xx, numero speciale 4/2018, p. 50. Cfr. anche X. Xxxx, o.c., p. 407.
mediata ai rapporti giuridici interni agli Stati. E ciò vale non solo sul piano verticale dei rapporti tra cittadini e Stato, ma anche nei rapporti orizzon- tali tra soggetti privati (c.d. Drittwirkung)38. Quest’ultima circostanza vuol dire che, in primo luogo, anche un privato potrebbe macchiarsi della vio- lazione di un diritto, umano o sociale, come previsto in una carta sovra- nazionale e, in secondo luogo, che nel caso in cui lo Stato non garantisca il rispetto dei diritti umani da parte di privati, esso stesso potrebbe essere convenuto per la mancata attuazione di tali diritti. Le norme sui diritti umani stanno dunque cominciando ad essere interpretate non solo come attributive di diritti agli individui, ma anche come rilevanti l’esistenza di
doveri connessi all’esistenza di tali diritti39. E non potrebbe essere diver- samente, in particolare se si tiene adeguatamente conto della giurispru- denza degli organi deputati a sorvegliare sul rispetto dei trattati in mate- A ria di diritti umani, i quali hanno chiarito e delimitato il contenuto e il si- N gnificato di tali Convenzioni40. Del resto, se ci si pone dal punto di vista N
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della vittima delle violazioni dei diritti umani, non sembra possa ravvisarsi A
alcuna differenza se, ad es., un atto di tortura provenga da uno Stato o I da un attore privato. L’interesse ultimo dell’ordinamento (e della vittima stessa) è che tale atto di tortura venga perseguito41. Tale perseguimento S
può quindi aver luogo sulla base della diretta applicazione di un princi- I
xxx generato sia sul piano interno, sia a livello internazionale. Questo è S
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assolutamente irrilevante dal punto di vista di un sistema ordinamentale D
che privilegia l’ottica dell’effettiva attuazione delle tutele individuali42. Non C
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38 Cfr. F.M. Palombifo, Introduzione, cit., p. 141.
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39 V., per quanto riguarda la Carta Sociale Europea, X. Xxxxxxx, La giurisprudenza del Co- mitato europeo dei diritti sociali al tempo della crisi economica: le decisioni concernenti la Gre- cia, in C. Pafzera, A. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La Carta Sociale Europea, cit., p. 88. Il discorso può essere esteso anche ad altre aree del diritto internazionale. Si pensi alle norme in tema di ambiente, di cui recentemente un tribunale arbitrale in materia di inve- stimenti ha ammesso la natura immediatamente precettiva e la capacità a generare diritti e do- veri in capo agli individui. Cfr. Xxxxx Xxxx et al. v. Costa Rica, ICSID Case No. UNCT/15/3, lodo del 18 settembre 2018, par. 738, su cui v. X. Xxxxx, Investment Arbitration 2018: Back to Basics, in Italian Yearbook Int. L. 2018, 2019, p. 414 ss.
40 X. Xxxx, o.c., p. 408. Lo stesso a. precisa che «the argument of non-justiciability must be deemed largely untenable. Pushed to the extreme, it amounts to reducing economic, social and cultural rights to non-binding declarations of good intentions. On a principled level, it rejects the very notion of the indivisibility and interdependence of human rights» (p. 410).
41 X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx, 0x xx., Xxxxxx, 0000, p. 104.
42 V., sul tema dell’applicazione diretta del diritto internazionale, A. Nollkaemper, The Duality of Direct Effect in International Law, in European Journ. Int. L., 2014, p. 105 ss.; cfr. anche X. Xxxxxx e A. Nollkaemper, Giving Effect to Public International Law and Euro- pean Community Law before Domestic Courts. A Comparative Analysis of the Practice of Con- sistent Interpretation, ivi, 2003, p. 569 ss. Cfr. anche L. Lafe, The Horizontal effect of Inter-
influisce su quanto sopra la considerazione che alcuni43 dei diritti tutelati dalla Carta Sociale Europea siano, come già detto44, ad attuazione pro- gressiva. Se, infatti, è vero che gli Stati debbano sempre garantire il c.d. minimum core delle tutele sancite dalla Carta alle quali essi si sono vin- colati, l’interesse degli individui ad invocare la Carta sorgerà proprio nel momento in cui il diritto invocato non sia riconosciuto dallo Stato che lo viola, o, piú in generale, sia riconosciuto in maniera inferiore al suo con- tenuto minimo cosí come individuato dalla Carta (o dalle pronunce del Comitato Europeo per i Diritti Sociali). Sebbene sia quindi possibile che la natura di questi diritti possa creare problemi pratici quando un giudice
comune li applica, non ci pare che queste difficoltà siano sufficienti a su- perare l’esigenza essenziale che il contenuto minimo di queste tutele sia
A comunque riconosciuto e dunque gli individui possano farvi diretto ri-
N corso.
N In merito a quanto appena detto, due sono le decisioni della Corte Edu
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A meritevoli di espressa menzione per quanto qui di interesse. Nel caso X
I e Y c. Paesi Bassi45, la Corte ha riconosciuto che gli obblighi derivanti dall’art. 8 Cedu (diritto alla vita privata e familiare) «possono implicare
I
S l’adozione di provvedimenti intesi a far rispettare la vita privata anche nei I rapporti interpersonali» (par. 23). Nel caso Opuz c. Turchia46, è stato in- S vece affermato che «[q]uanto alla questione se lo Stato possa essere con- D siderato responsabile, ai sensi dell’art. 3, per il trattamento inumano in-
C flitto a una persona da attori non statali, la Corte ribadisce che l’obbligo
delle Alte Parti contraenti di cui all’art. 1 della Convenzione di assicurare
⁄
5 a ogni persona sottoposta alla propria giurisdizione i diritti e le libertà
2 enunciati nella Convenzione, letto congiuntamente all’art. 3, richiede agli
0 Stati di prendere le misure necessarie a garantire che gli individui sotto-
2 posti alla propria giurisdizione non siano sottoposti a tortura o a tratta-
0 menti o pene inumani, inclusi i trattamenti inumani realizzati da privati».
L’idea della diretta precettività delle norme internazionali sui diritti umani è, del resto, da tempo affermata da autorevolissima dottrina inter-
30 nazionalistica e trova, mutatis mutandis, conferma in quella scuola di pen-
national Human Rights Law in Practice, in European Journ. Comp. L. and Governance, 2018,
p. 5 ss.
43 Non tutti. Si pensi, infatti, alla libertà di associazione sindacale sancita dall’art. 5 della Carta che non richiede alcuna prestazione economica positiva da parte dello Stato.
44 Cfr. la precedente nota 18.
45 Corte Edu, 26 marzo 1985, n. 8978/80, X e Y c. Paesi Bassi, reperibile all’indirizzo hu- xxx.xxxx.xxx.xxx; la traduzione del testo è recepita da F.M. Palombifo, Introduzione, cit., p. 141. 46 Corte Edu, 9 giugno 2009, n. 33401/02, Opuz c. Turchia (par. 159); la traduzione del te-
sto è recepita da F.M. Xxxxxxxxx, o.u.c., p. 141.
siero civilistica che ha da sempre affermato la diretta precettività delle norme costituzionali nei rapporti privatistici.
Quanto alla dottrina internazionalistica, non si può che partire dalle parole del Conforti, secondo il quale «non esist[e] principio, anche gene- ralissimo, dal quale l’interprete non possa comunque ricavare delle appli- cazioni concrete, dal punto di vista del valore interpretativo o in alcuni casi addirittura della forza abrogativa (vis abrogans) del principio mede- simo. È ben vero che il ricorso al carattere indeterminato, alla natura pro- grammatica e non precettiva della norma, è frequente da parte delle Corti interne, anche con riguardo a princípi nazionali, ad es. ai princípi (pro-
gressisti) contenuti nelle Costituzioni e di cui si vuole escludere l’applica- zione prima della loro traduzione in norme di dettaglio da parte del legi- slatore; ma si tratta di una pratica che è egualmente da condannare»47 A (corsivo aggiunto). Sul punto, è altresí opportuno far riferimento all’opi- N nione del Focarelli, secondo il quale «appare piú realistico supporre che i N
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diritti umani sanciti dalle norme internazionali, pur creati dagli Stati e pur A
in ultima analisi fatti rispettare dagli Stati, corrispondano a veri e propri I diritti individuali che il titolare può far valere internazionalmente se e quando vuole a prescindere dalla volontà dei singoli Stati. È in questa di- S
rezione che alcuni giudici hanno sostenuto, proprio al fine di sottolineare I
l’importanza della tutela dei diritti umani, che nei trattati sui diritti umani S
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gli Stati non assumerebbero obblighi nei confronti degli altri Stati con- D
traenti bensí nei confronti di tutti gli individui sottoposti alla loro giuri- C
sdizione»48. In conclusione, se il problema centrale e ultimo dell’umanità
⁄
è come regolare la convivenza universale degli individui, appare allora oggi 5
fuorviante ed anacronistico escludere che essi non possano essere destina- 2
tari di doveri (anche nell’àmbito sociale) derivanti dalla diretta applicazione 0
– pure orizzontale – delle norme sui diritti umani o che, sul piano verti- 2
xxxx, un individuo non possa invocare direttamente una norma di un trat- 0
tato sui diritti umani nei confronti di uno Stato.
Come anticipato, indiretta conferma di quanto appena detto viene an-
che dall’analisi della piú avveduta dottrina civilistica49, la quale – in tempi 31
ormai non recenti – si è chiesta, rispondendo positivamente alla domanda, se le norme costituzionali potessero trovare diretta applicazione nei rap-
47 B. Cofforti, Diritto internazionale, 11a ed. a cura di X. Xxxxxx, Napoli, 2018, p. 346. Sull’esistenza, in ogni caso, di una portata precettiva in capo ai princípi cfr. anche M. Iovafe, Il principio di autodeterminazione interna nel diritto internazionale: progressi e fallimenti di un diritto fondamentale, in Foro nap., 2018, p. 417 ss.
48 X. Xxxxxxxxx, Diritto internazionale, cit., p. 102.
49 P. Perlifgieri, Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Rass. dir. civ., 1980, p. 95 ss.; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Camerino-Napoli, 1972, p. 132.
porti tra privati. Domanda, questa, alla quale tendenzialmente a suo tempo50 (e talvolta ancóra nei tempi odierni)51 si dava risposta negativa proprio fa- cendo leva – come oggi si fa con riguardo alle norme internazionali sui diritti umani – sulla natura programmatica dei precetti contenuti nella Carta fondamentale. Ebbene, è oggi la stessa giurisprudenza (di merito e di le- gittimità) ad aver superato il problema riconoscendo la diretta applicabi- lità dei princípi costituzionali nell’ottica di una risoluzione dei casi con- creti piú adeguata rispetto ai valori di volta in volta in gioco e al sistema ordinamentale nel suo complesso52. Allo stesso modo, la dottrina – anche internazionalistica – si è rapidamente adeguata a tale modo di applicare la
Costituzione, piú attento alle esigenze concrete degli individui che al cieco formalismo rappresentato dalla logica della sussunzione53. Non si vede,
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A quindi, perché un simile ragionamento non debba essere replicato rispetto N alle norme della Cedu e della Carta Sociale Europea, le quali – seppur N inevitabilmente formulate in termini talvolta generici – non possono, pro- A prio come la Costituzione, essere private della propria intrinseca natura
I precettiva54. Per utilizzare le parole del X. Xxxxxxxxxxx, «[s]i tratta, invero,
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50 A. Trabucchi, Significato e valore del principio di legalità nel moderno diritto civile, in
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Riv. dir. civ., 1975, I, p. 8 ss., spec. p. 15.
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51 Cfr. C. Xxxxxxxxxx, Diritto privato e realtà sociale. Sui rapporti tra legge e giurisdizione a proposito di giustizia, in Eur. dir. priv., 2017, p. 774 ss. Per un approccio similmente forma- lista, cfr. G. X’Xxxxx, Principi costituzionali e clausole generali: problemi (e limiti) nella loro applicazione nel diritto privato (in particolare nei rapporti contrattuali), in Id. (a cura di), Prin- cipi e clausole generali nell’evoluzione dell’ordinamento giuridico, Milano, 2017, p. 66 ss. Per una critica specifica a queste posizioni sia consentito rinviare a G. Perlifgieri e X. Xxxxx, Ordine pubblico interno e internazionale tra caso concreto e sistema ordinamentale, Napoli, 2019,
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p. 43 s., spec. nota 63.
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52 Cfr., per tutte, Cass., Sez. un., 7 febbraio 2017, n. 23601, in xxxxxxxxxxx.xx. Per una sin- tesi delle recenti sentenze di merito in tema di applicazione diretta dei princípi costituzionali cfr. G. Perlifgieri e X. Xxxxxxxxx Figlia, L’interpretazione secondo Costituzione nella giu- risprudenza. Crestomazia di decisioni giuridiche, Napoli, 2012, passim. All’introduzione di tale lavoro si rimanda per un approfondito studio sulla diretta applicabilità delle norme costituzio- nali nei rapporti civili. Sul punto cfr. anche X. Xxxxx, L’evoluzione nel dibattito sulla Drittwirkung tra Italia e Germania, in Rass. dir. civ., 2017, p. 997 ss.
53 Cfr. A. Xxxxxxxx, L’eguaglianza dei coniugi nel diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1974, p. 29, ove si afferma che «i principi costituzionali, in tutti i casi in cui la fattispecie da giudicare rientri nella loro sfera personale e territoriale di efficacia, debbono tro- vare applicazione integrale e diretta». Similmente X. Xxxxxx, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, passim.
54 Significativo da questo punto di vista (per il suo approccio al passo con i tempi) è l’art. 7 della Costituzione della Georgia che afferma: «The State shall recognise and protect univer- xxxxx recognised human rights and freedoms as eternal and supreme human values. While exer- cising authority, the people and the State shall be bound by these rights and freedoms as direc- tly acting law» (corsivo aggiunto; traduzione a cura di X. Xxxx, Application by Domestic Courts, cit., p. 411). La disposizione va letta insieme al precedente art. 6, il quale afferma che il legi-
non tanto di applicazione diretta o indiretta, i cui diversi presupposti – tra l’altro – non sempre è agevole individuare, quanto di efficacia, con o senza una sufficiente normativa ordinaria, della norma costituzionale [e in- ternazionale, n.d.r.] nei confronti dei rapporti personali e socio-econo- mici»55.
Si noti che quanto sopra attiene al piano dell’interpretazione delle norme internazionali sui diritti umani sul piano del diritto internazionale e non a quello dell’applicazione delle stesse negli ordinamenti interni56, la quale, ovviamente, richiede un filtro da parte dei giudici interni, unici organi in ultima istanza deputati a garantire l’effettiva vitalità delle norme interna-
zionali nei rapporti civili57. L’interpretazione delle norme internazionali va effettuata sulla base delle norme di diritto internazionale a ciò deputate,
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ossia gli articoli 31, 32 e 33 della Convenzione di Vienna del 1969 sul Di- A ritto dei Trattati; sulla base di questo processo – che tiene conto anche N dell’interpretazione che delle disposizioni sui diritti umani offrono gli or- N gani deputati a sorvegliarne l’applicazione – può ricavarsi l’attitudine alla A
diretta applicabilità delle convenzioni internazionali sui diritti umani (si I
I
tratta, qui, di una caratteristica strutturale della disposizione internazio- nale). Altro è, poi, valutare se sul piano del diritto interno, i giudici sta- S tali intendano effettivamente dare concreta applicazione diretta a tali di- I sposizioni (in questo caso parliamo di un fattore esogeno rispetto alla S
norma internazionale, connesso ad una manifestazione di volontà di un D
ordinamento statale). Pur ripetendoci, giova ancóra mettere in evidenza C
⁄
che una cosa è affermare che le disposizioni internazionali sui diritti umani sono potenzialmente direttamente applicabili sulla base dell’interpretazione 5
che di esse si dà sul piano internazionale; altra è sancire concretamente che 2 esse debbano essere direttamente applicate per dirimere una controversia 0 sul piano interno58. Su questo aspetto, rispetto al quale la giurisprudenza 2 italiana – specie quella costituzionale – si è mostrata particolarmente re- 0
slatore georgiano «shall correspond to universally recognised principles and rules of internatio- 33
nal law» e che i trattati internazionali ratificati «shall take precedence over domestic normative acts».
55 P. Perlifgieri, o.u.c., p. 119.
56 Sul punto, cfr. X. Xxxxxxx, Xxxx’obbligo della Corte Costituzionale italiana di “prendere in considerazione” le decisioni del Comitato Europeo dei Diritti Sociali, in Aa.Vv., La norma- tiva italiana sui licenziamenti, cit., p. 85. L’argomento è stato ripreso e sviluppato da A. Taf- credi, La Carta sociale europea come parametro interposto nella recente giurisprudenza costi- tuzionale: novità e questioni aperte, in Riv. dir. int., 2019, p. 501 s.
57 Cfr. B. Cofforti, Diritto internazionale, cit., p. 340; X. Xxxx, o.c., p. 419.
58 Ciò di fatto vuol dire che il diritto internazionale è normalmente indifferente al modo in cui uno Stato dà applicazione al diritto internazionale stesso, purché lo rispetti in concreto.
xxxx ad assumere un approccio progressista, torneremo nel corso del suc- cessivo paragrafo.
4. È cosa nota che con le sentenze 13 giugno 2018, n. 120, e 8 no- vembre 2018, n. 19459 la Corte costituzionale ha (parzialmente, come ve- dremo) superato quell’orientamento che vedeva la Carta Sociale Europea come un trattato di importanza minore rispetto alla Cedu, riconoscendo anche alle disposizioni della prima valore di norma interposta integrativa del parametro costituzionale di cui all’art. 117, comma 1 cost60.
Nella prima di tali sentenze61 la Corte ha rimosso il divieto di asso- ciazione sindacale per i militari dichiarando costituzionalmente illegittimo l’art. 1475, comma 2, del Codice dell’ordinamento militare62 nella parte in
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A cui escludeva il diritto di aderire ad associazioni professionali a carattere N sindacale riservate ai militari. La Corte ha tuttavia confermato – sulla base N delle peculiarità delle funzioni di difesa che i militari svolgono nel nostro A sistema costituzionale – la seconda parte della disposizione, che vieta l’a-
I desione ad altre associazioni sindacali. Tra i parametri di costituzionalità
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utilizzati dalla Corte – oltre all’art. 11 Cedu, che tutela la libertà di riu- S nione e di associazione, e all’art. 14 Cedu, che impone di non realizzare I discriminazioni nel godimento dei diritti garantiti dalla Convenzione – fi- S gura anche l’art. 5 della Carta Sociale Europea, il quale sancisce che: «Per
D garantire o promuovere la libertà dei lavoratori e dei datori di lavoro di
C costituire organizzazioni locali, nazionali o internazionali per la protezione
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5 dei loro interessi economici e sociali ed aderire a queste organizzazioni,
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2 59 Su tali sentenze cfr. A. Tafcredi, o.c., passim; X. Xxxxx, I trattati sui diritti umani nel- l’ordinamento italiano alla luce delle sentenze n. 120 e 194 del 2018 della Corte Costituzionale, in Dir. umani, 2019, p. 155 ss.; X.X. Xxxxxxx, Le norme della Carta sociale europea come pa- rametro interposto di legittimità costituzionale alla luce delle sentenze Corte costituzionale nn. 120 e 194 del 2018, in xxxxxxxxxxx.xx, 2019, passim; X. Xxxx, The European Social Charter as a Parameter for Constitutional Review of Legislation, in Italian Yearbook Int. L. 2018, 2019,
p. 493 ss.
60 Corte cost., 22 ottobre 2007, nn. 348 e 349, su cui cfr., tra i tanti, B. Cofforti, La Corte costituzionali e gli obblighi internazionali dello Stato in tema di espropriazione, in Giur. it., 2008,
p. 569 ss.; U. Xxxxxxx, Sul valore della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordina- mento italiano, in Aa.Vv., Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxx, Napoli, 2008, p. 1425 ss.; G. Gaja, Il limite costituzionale del rispetto degli “obblighi internazionali”: un parametro definito solo parzialmente, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
00 Su cui v. C. Di Turi, Libertà di associazione sindacale del personale militare e Carta so- ciale europea nella recente giurisprudenza della Corte costituzionale, in Dir. umani, 2018, p. 615 ss.
62 D.lg. 15 marzo 2010, n. 66. L’art. 1475, comma 2, recitava come segue: «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali».
le Parti s’impegnano affinché la legislazione nazionale non pregiudichi que- sta libertà né sia applicata in modo da pregiudicarla. La misura in cui le garanzie previste nel presente articolo si applicheranno alla polizia sarà de- terminata dalla legislazione o dalla regolamentazione nazionale. Il princi- pio dell’applicazione di queste garanzie ai membri delle forze armate e la misura in cui sono applicate a questa categoria di persone è parimenti de- terminata dalla legislazione o dalla regolamentazione nazionale» (corsivi aggiunti).
Per quel che concerne invece la sentenza n. 194, essa ha dichiarato co- stituzionalmente illegittimo l’art. 3, comma 1, del d.lg. 4 marzo 2015 n.
23 (c.d. Jobs Act) sulla base del fatto che esso, in alcune circostanze, non prevedesse un indennizzo adeguato per i lavoratori in caso di licenzia- mento ingiustificato63. La norma si poneva in contrasto con l’art. 24 della A Carta Sociale Europea, il quale sancisce che per assicurare l’effettivo eser- N cizio del diritto a una tutela in caso di licenziamento, gli Stati Parte s’im- N
L
xxxxxxx a riconoscere il diritto dei lavoratori di non essere licenziati senza A
un valido motivo legato alle loro attitudini o alla loro condotta o basato I sulle necessità di funzionamento dell’impresa, dello stabilimento o del ser- vizio e il conseguente diritto dei lavoratori licenziati senza un valido mo- S
tivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione. Tale dispo- I
sizione, nonostante l’evidente necessità di integrazione valutativa da parte S
I
del giudice, è stata considerata idonea a costituire parametro interposto ex D
art. 117, comma 1 cost., tale da consentire la pronuncia di illegittimità co- C
⁄
stituzionale della richiamata disposizione del Jobs Act. Ciò anche in virtú dello stretto rapporto che esiste tra questa disposizione e l’art. 35 della 5
Costituzione, volto alla salvaguardia e alla tutela dei diritti dei lavoratori. 2 Del ragionamento della Corte, giova sottolineare, in questo contesto, 0 come essa abbia valorizzato l’idea secondo cui la Carta «presenta spiccati 2 elementi di specialità rispetto ai normali accordi internazionali, elementi 0
che la collegano alla CEDU [di cui] la Carta costituisce il naturale com-
pletamento sul piano sociale poiché, come si legge nel preambolo, gli Stati 35
63 La norma prevedeva che «nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giu- sta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tratta- mento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità». Essa dunque non parametrava l’ammontare del licenzia- mento alla gravità della non giustificabilità del licenziamento ma alla durata del rapporto di la- voro svolto presso quel datore, con ciò generando una discriminazione tra i lavoratori licen- ziati.
membri del Consiglio d’Europa hanno voluto estendere la tutela anche ai diritti sociali, ricordando il carattere indivisibile di tutti i diritti dell’uomo»64. Dunque, per queste sue caratteristiche, la Carta è certamente atta a costi- tuire un parametro interposto ai sensi dell’art. 117, comma 1, cost.
Le sentenze hanno già dato àdito a numerose osservazioni in merito al «tipo» di trattati che possono costituire norma interposta secondo il meccanismo già precisato. Ricordando che la dottrina è divisa tra chi ri- conosce tale valore a tutti i trattati65, chi ha limitato tale caratteristica ai soli trattati sui diritti umani in luce delle caratteristiche «costituzionali» di tali Convenzioni66 e chi invece ha proposto l’applicabilità del meccanismo
ai soli trattati la cui ratifica sia stata autorizzata dal Parlamento ex art. 80 cost.67, non possiamo soffermarci in questa sede su tale dibattito, che ri-
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A chiederebbe (ed ha avuto) separata ed approfondita trattazione altrove68. N Ciò che qui ci sembra invece opportuno mettere in evidenza è che la N Corte abbia lapidariamente affermato che la Carta Sociale Europea «è priva
L I
64 Corte cost., 13 giugno 2018, n. 120, punto 10.1 del considerato in diritto. V., conforme-
I
S mente, Corte cost., 8 novembre 2018, n. 194, punto 14 del considerato in diritto.
65 F. Salerfo, La coerenza dell’ordinamento interno ai trattati internazionali in ragione
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della Costituzione e della loro diversa natura, in Osserv. sulle fonti 1/2018, reperibile all’indi- xxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 9, ove si afferma che «l’art. 117, 1° comma, assorbe ogni ob- bligo internazionale che non sia già coperto da una specifica garanzia costituzionale e quindi sancisce definitivamente l’esistenza in Costituzione di un principio di coerenza del diritto in- terno al diritto internazionale».
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66 L. Cofdorelli, La Corte Costituzionale e l’adattamento dell’ordinamento italiano alla CEDU o a qualsiasi obbligo internazionale?, in Dir. umani, 2008, p. 306, che afferma che «[l]a CEDU non è un trattato qualsiasi: è uno strumento di eccezionale importanza che consacra va- lori essenziali di civiltà e prescrive primari principi in materia di diritti e libertà fondamentali ai quali viene riconosciuto dagli Stati un ruolo preminente per caratterizzare, mantenere e pro- muovere la comune concezione di sistema democratico. […] Ma perché mai un simile approc- cio dovrebbe valere per qualsiasi accordo internazionale, relativo a qualsiasi materia, pur se di importanza modesta e frutto di scelte politiche contingenti, magari opinabilissime? Per accordi che non hanno assolutamente nulla a che spartire coi valori costituzionali? Perché mai tutta la miriade di impegni internazionali che vengono contratti anche quotidianamente nei piú svariati settori dovrebbero rendere costituzionalmente illegittima una successiva norma legislativa che li contraddicesse e chiamare addirittura in causa la Corte costituzionale per un simile contrasto?».
67 X. Xxxxxx, I trattati internazionali diversi dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano, in A. Xx Xxxxx (a cura di), Convenzioni sui diritti umani e ordina- menti nazionali, Xxxx, 0000, p. 187 ss.; G. Palmisafo, Le norme pattizie come parametro di costituzionalità delle leggi: questioni chiarite e questioni aperte a dieci anni dalle sentenze ge- melle, in Osserv. sulle fonti 1/2018, reperibile all’indirizzo xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 9. L’obiet- tivo di tale orientamento sarebbe quello di conferire «legittimità parlamentare» alla scelta di ele- vare un certo trattato al rango di norma interposta.
68 La bibliografia sul punto è sconfinata. Sia consentito rinviare, tra gli altri e anche per la bibliografia ivi citata, a A. Tafcredi, La Carta sociale europea, cit., pp. 493-496; F.M. Palom- bifo, Introduzione, cit., pp. 174-175; X. Xxxxx, I trattati sui diritti umani, cit., p. 157 s.
di effetto diretto e la sua applicazione [sia nei rapporti verticali che in quelli orizzontali, n.d.r.] non può avvenire immediatamente ad opera del giudice comune ma richiede l’intervento di questa Corte, cui va prospet- tata la questione di legittimità costituzionale, per violazione del citato primo comma dell’art. 117 Cost., della norma nazionale ritenuta in contrasto con la Carta. Ciò tanto piú in considerazione del fatto che la sua struttura si caratterizza prevalentemente come affermazione di princípi ad attuazione progressiva, imponendo in tal modo una particolare attenzione nella veri- fica dei tempi e dei modi della loro attuazione» (par. 10.1 della sentenza
n. 120 del 2018). Sul punto la Consulta si è uniformata al piú generale orientamento da essa stessa sancito anche con riguardo alla Cedu, secondo il quale il modello di controllo di costituzionalità accentrato impone che
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il giudice comune non possa, in caso di contrasti non sanabili tramite A un’interpretazione conforme, dare diretta applicazione ai trattati interna- N zionali ma debba sempre ricorrere alla Corte69. N Questa logica – che impedisce la diretta invocabilità delle disposizioni A
della Carta (e piú in generale dei trattati sui diritti umani) da parte di pri- I
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vati – appare, a nostro giudizio, criticabile e non a caso essa sembra im- mediatamente smentita dalla stessa Corte nella sentenza n. 120, ove af- S ferma che «[p]eraltro l’art. 5 della Carta sociale ha un contenuto puntuale» I (sic!). Come già autorevolmente sostenuto in dottrina70, già in caso di con- S
trasti si dovrebbe ricorrere solo eccezionalmente alla Corte costituzionale D
(ossia in presenza di antinomie gravissime e assolutamente insanabili) ri- C
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conoscendo invece, come avviene in molti altri ordinamenti, al giudice co- mune il potere di applicare direttamente le norme pattizie. E del resto la 5
stessa Consulta ha ammesso la possibilità di un’interpretazione conforme 2 delle norme ordinarie alla luce delle norme internazionali pattizie71, con 0 ciò di fatto riconoscendo un primato in via interpretativa del diritto dei 2 trattati sulle disposizioni ordinarie interne72. Non si ritrova, poi, nelle pro- 0
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69 Sul punto cfr. X. Xxxxx, L’interpretazione conforme alla giurisprudenza della Corte EDU: quale vincolo per il giudice italiano?, in Osserv. sulle fonti 1/2018, reperibile all’indirizzo osser- xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 15.
70 B. Cofforti, Diritto internazionale, cit., p. 363.
71 Sul punto v. diffusamente A. Ciampi, L’interpretazione convenzionalmente conforme come tecnica di risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto pattizio, in Osserv. sulle fonti 1/2018, reperibile all’indirizzo xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 1 ss.
72 Con ciò non si vuol dire che il giudice comune xxxxx xxxxxxxsi – forzando il dato del- l’art. 134 (elemento strutturale del nostro ordinamento di cui non si può non tener conto) – fino alla disapplicazione della norma ordinaria palesemente (letteralmente) contraria al testo del trattato (cosí come avviene invece per il caso di contrarietà di leggi ordinarie a regolamenti eu- ropei), ma che – non essendo definiti aprioristicamente i confini del concetto di interpretazione conforme – questo va ampliato nei limiti del possibile, riconoscendo ampi poteri interpretativi
nunce della Corte costituzionale, un orientamento da seguire nei casi, pur diversi da quelli appena trattati, di lacune nel diritto interno: può in que- ste situazioni la presunta natura programmatica delle norme convenzio- nali (dalla quale, in base al ragionamento della Consulta, sembrerebbe di- scendere l’assoluta impossibilità di diretta applicazione delle norme della Carta a causa delle loro caratteristiche strutturali) costituire un ostacolo all’applicazione concreta di diritti riconosciuti nei trattati che, pur se even- tualmente formulati in termini piú generici e richiedenti un’attività erme- neutica da parte del giudice, hanno un contenuto chiaro e certamente at- tuabile? A noi pare che questa soluzione sia concettualmente sbagliata e
in ogni caso non rispondente alla stessa logica della massimizzazione delle tutele individuali che oggi ispira il sistema ordinamentale nei rapporti tra
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A diritto interno e diritto internazionale73. Sul punto si è espressa proprio la N Corte costituzionale nella sentenza 31 novembre 2009 n. 31774, in cui si è N affermato che è sempre necessario un confronto tra la tutela convenzio- A nale e quella costituzionale nell’obiettivo di garantire la massima esten-
I sione delle garanzie individuali75, da raggiungere attraverso un ragionevole
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bilanciamento dei princípi e valori in gioco, tra i quali nessuno deve di- S ventare tiranno a danno di un altro76. Va dunque sempre verificata in con- I creto la normativa produttiva, in sede di comparazione, della miglior tu-
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I al giudice comune. Del resto, questo approccio corrisponderebbe semplicemente all’idea di con-
C temperare l’esigenza di sindacato accentrato (ex art. 134 cost.) con l’altra esigenza (anch’essa di
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valore costituzionale) di garantire il rispetto dei trattati (art. 117 cost.). D’altra parte, la forza- tura del dato normativo interno in applicazione di norme della Cedu potrebbe già rinvenirsi in tutti quei casi in cui – nonostante il divieto di cui alla l. 40 del 2004 – i giudici di merito hanno riconosciuto situazioni di maternità surrogata generatesi all’estero in applicazione, tra l’altro, del- l’art. 8 Cedu (che tutela la vita privata e familiare e, per questo motivo, è stato da qualcuno – impropriamente – definito come controlimite all’ordine pubblico). Sul punto sia consentito rin- viare a G. Perlifgieri e X. Xxxxx, Ordine pubblico, cit., p. 94 ss.
38
73 Si noti che i casi in cui c’è una lacuna nel diritto interno ovviamente sono fuori dal- l’àmbito del controllo della Corte. Probabilmente, quindi, pare che la Consulta – fondamental- mente preoccupata dal proteggere il suo ruolo all’interno del meccanismo accentrato di costi- tuzionalità – abbia affermato piú di quanto oggettivamente necessario per tale fine (ossia che le norme della Carta sono strutturalmente inadeguate ad essere invocate in giudizi interni).
74 Punto 7 del considerato in diritto.
75 A. Tafcredi, La carta sociale europea, cit., p. 503; F. Salerfo, Valore dei trattati, cit.
p. 23 ss.; C. Pafzera, Rispetto degli obblighi internazionali e tutela integrata dei diritti sociali, in xxxxxxxx.xxx, 2015, pp. 489 e 493 ss.
76 Cfr. anche Corte cost., 9 maggio 2013 n. 85, in xxxxxxxx.xxx, punto 9 del considerato in diritto. G. Perlifgieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015
p. 143 ss. In questa direzione, di recente, v. anche Corte cost., 23 marzo 2018, n. 58, in corte- xxxxxxxxxxxxxx.xx, sul caso Xxxx, secondo la quale «il bilanciamento» tra princípi e situazioni sog- gettive, secondo proporzionalità e ragionevolezza, è l’unico strumento idoneo a evitare la «ti- rannia» o «l’illimitata espansione di uno dei diritti».
tela possibile per i diritti individuali in gioco e, a prescindere dalla natura internazionale o interna di tale normativa, essa andrà applicata. Del resto, a supporto di quanto appena detto, va aggiunto che, in caso di lacune, l’applicazione diretta delle norme della Carta (o di qualsiasi altro trattato sui diritti umani) non va in alcun modo a ledere la funzione di controllo accentrato svolta dalla Corte costituzionale. In presenza di una lacuna nella normativa ordinaria, infatti, un giudice comune non potrà mai sollevare questione di costituzionalità poiché un contrasto con la Costituzione non c’è. Se dunque è vero, come a noi pare, che sancendo l’intrinseca natura non precettiva delle norme sui diritti umani la Consulta abbia voluto svol-
xxxx una actio finium regundorum delle proprie competenze, sarebbe pa- radossale che questa scelta dei giudici costituzionali possa andare a limi-
tare anche l’applicabilità diretta delle norme internazionali nei casi di la- A
cune. N
Lo stesso Comitato Europeo per i Diritti Sociali si è orientato nel senso N
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di assicurare la migliore tutela possibile per le parti in causa, decidendo A
di non adeguarsi all’orientamento assunto dalla Corte Edu nel caso Bo- I sphorus77, in cui i giudici di Strasburgo hanno sancito una presunzione di adeguatezza della tutela dei diritti umani posta in essere dall’ordinamento S
dell’UE rispetto a quanto previsto dalla Cedu. Nella decisione LOTCO I
c. Svezia78, il Comitato ha affermato che né l’attuale livello di protezione S
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dei diritti sociali in Europa né lo stato della legislazione in essere con- D
sentono a una tale presunzione di operare (si noti, a tal riguardo, che l’U- C
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nione europea non ha attualmente neppure preso in considerazione la pos- sibilità di aderire alla Carta Sociale Europea). Nella medesima ottica per- 5
sonalistica, non si vede perché i giudici italiani non debbano tenere in ade- 2 guata considerazione l’applicazione diretta delle norme della Carta (e, come 0 vedremo nel paragrafo successivo, della giurisprudenza che le interpreta) 2 al fine di una piú adeguata salvaguardia dei diritti sociali. 0
A ben vedere il problema non concerne quindi la natura programma-
tica o precettiva delle norme internazionali che dovrebbero essere appli-
xxxx, essendosi già dimostrato che i princípi possono godere di portata 39
precettiva. La questione va posta invece in termini di monopolio della
77 Corte Edu, Grande camera, 30 giugno 2005, n. 45036/98, Bosphorus Hava Jollari Turizm ve Ticaret c. Irlanda, par. 156. Sul tema dell’assimilabilità o presunta tale dei diritti sociali tute- lati nel diritto UE e quelli della Carta Sociale Europea cfr. Europeaf Committee of Social Rights, The relationship between European Union law and the European Social Charter, Working Document del 15 luglio 2014, reperibile all’indirizzo xxx.xxx/xx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxx- charter/european-social-charter-and-european-union-law, passim.
78 Corte Edu, 3 luglio 2013, LOTCO x. Xxxxxx, sull’ammissibilità e sul merito del reclamo n. 85/2012, par. 74.
Corte costituzionale sul controllo di legittimità delle leggi. Se il Costi- tuente ha, con l’art. 134 cost., attribuito tale controllo alla sola Consulta, afferma quest’ultima, allora il giudice comune non potrà mai, in caso di contrasto, far prevalere il trattato sulla legge ordinaria in via interpreta- tiva.
Il problema si è posto esattamente negli stessi termini quando si trat- tava di valutare l’applicabilità diretta delle norme costituzionali. A tal ri- guardo, è stato tuttavia rilevato79 che, se da un lato tale accentramento si verificava per garantire l’espunzione erga omnes dall’ordinamento delle leggi contrarie a Costituzione, è anche vero che, dall’altro lato, la rispo-
sta che il giudice dà rispetto alla soluzione di un caso è unica e si basa su una valutazione dell’ordinamento nel suo complesso, sí che «le inade-
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A guatezze funzionali delle norme ordinarie sono pur sempre, e sia pur re- N lativamente alla questione concreta, superabili nella prospettiva comples- N siva dell’ordinamento – in sede interpretativa ed applicativa, cioè nel mo- A mento individuativo della normativa da applicare – senza che sia utile per
I il giudizio ed obbligatorio per il giudice iniziare la procedura di legitti-
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mità costituzionale»80. In aggiunta a quanto appena detto, è da rilevarsi S che, in caso di lacune nella normativa ordinaria, i giudici hanno sempre I fatto ricorso diretto alla normativa costituzionale. Si pensi al dibattito sulla S tipicità o numero chiuso dei diritti della personalità, che l’art. 5 c.c. limi-
D tava al diritto al nome, all’immagine e all’integrità fisica, escludendo – in
C un’ottica formalista – qualsiasi altra manifestazione esistenziale della per- sona. Nessuno piú dubita della diretta ricorribilità da parte degli interpreti
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5 alla disposizione dell’art. 2 cost. (che prevede un catalogo aperto dei di-
2 ritti della personalità) per colmare tale lacuna della normativa ordinaria.
0 Perché non dovrebbe potersi fare lo stesso con le norme previste nei
2 trattati internazionali? Nessun motivo reale osta a tale soluzione. Non sor-
0 prende, quindi, che in Spagna alcuni giudici del lavoro abbiano dato di-
retta applicazione della disposizione della Carta Sociale Europea che ri- conosce al lavoratore il diritto a un ragionevole periodo di preavviso an-
40 tecedente il licenziamento (art. 4, par. 4)81. I giudici hanno, in tali casi, di-
sapplicato la legge interna meno favorevole per dare diretta applicazione alla Carta (nel significato datone dal Comitato Europeo per i Diritti So- ciali). Similmente, in Belgio, il Consiglio di Stato ha utilizzato l’art. 6, par.
79 P. Perlifgieri, Norme costituzionali, cit., p. 107 ss.
80 P. Perlifgieri, o.u.c., p. 109.
81 Xxxxxxx xx xx Xxxxxx x. 0 xx Xxxxxxxxx, n. 412/2013; Xxxxxxx xx xx Xxxxxx x. 0 xx Xxxxx- xxxx, n. 179/2014; Xxxxxxx xx xx Xxxxxx x. 0 xx Xxxxxx, n. 144/2014. Tutte queste sentenze sono citate, con apprezzamento, in C. Pafzera, Diritti ineffettivi?, cit., p. 143.
4, della Carta82 per annullare una sanzione disciplinare nei riguardi di un lavoratore in sciopero, in quanto la misura poteva considerarsi eccessiva al punto da limitare il diritto di sciopero. L’art. 6 è stato quindi conside- rato alla stregua di una fonte di diritti individuali83. Tale orientamento è riscontrabile nella giurisprudenza della Corte suprema olandese (proprio in ragione di una lacuna dell’ordinamento interno che non conteneva una disposizione equiparabile all’art. 6, par. 4, della Carta)84 e, quantomeno nelle forme a cui vi ha fatto ricorso la giurisprudenza belga (non poten- dosi riconoscere – visto l’art. 134 cost. – un potere di disapplicazione tout court in capo ai giudici comuni), potrebbe essere agevolmente replicato
anche in Italia85.
È, invece, pacifico che si debba sempre ricorrere alla Corte costituzio-
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nale quando vi sia un contrasto tra trattato e norma della Carta fonda- A mentale. Rispetto ai trattati internazionali, infatti, proprio per la posizione N sub-costituzionale, la Costituzione nel suo complesso resta un limite in- N valicabile in caso di antinomie86. A
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82 Secondo tale norma gli Stati «riconoscono il diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro S
d’intraprendere azioni collettive in caso di conflitti d’interesse, compreso il diritto di sciopero,
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fatti salvi gli obblighi eventualmente derivanti dalle convenzioni collettive in vigore».
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83 Il riferimento va a Conseil d’Etat (Sesta camera), 22 marzo 1995 n. 52424, Xxxxx, men- zionata in X. Xxxx, Domestic Enforcement of the European Social Charter: The Way Forward, in G. De Burca e B. Xx Xxxxx (a cura di), Social Rights in Europe, Oxford, 2005, p. 77, a cui si rimanda per ulteriori decisioni dal contenuto analogo e per qualche precedente di segno opposto (cfr. i casi francesi menzionati a p. 79). Sul punto, e conformemente all’opinione qui sostenuta, v. anche X.X. Xxxxxxxxxxxx, Paving the way for effective socio-economic rights? The domestic enforcement of the European Social Charter system in light of recent judicial prac- tice, Paper presentato all’Annual Research Day of the Netherlands Network for Human Ri- ghts Research, 20-21 giugno 2019, reperibile all’indirizzo xxxxxx.xxxx.xxx/xxx0/xxxxxx.xxx?xx- stract_id=3390655, p. 1 ss.
84 Hoge Raad (Corte Suprema), 30 maggio 0000, x. XX. 1986/699, menzionata in X. Xxxx,
o.c., p. 77.
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85 Nelle parole di P. Perlifgieri, o.u.c., p. 120: «occorre avere maggiore consapevolezza superando resistenze concettuali ed atavici pregiudizi, tali perché fondati su generiche perples- sità e possibili inconvenienti ricollegabili piú ad un tipo di cultura e di formazione giuridica di stampo codicistico – abituate ad esaurire la legalità nel rispetto dei codici, ad attribuire a que- sti natura e funzione costituzionale, ad esaltare il meccanismo logico della sussunzione del fatto concreto in una ben precisata fattispecie astratta – che non a giustificazioni fondate su argo- menti logico-normativi dedotti dal sistema vigente. Pertanto, il diretto rapporto tra interprete e norma costituzionale [e dei trattati internazionali, n.d.r.] tenta di evitare sia la separazione tra quest’ultima dal restante sistema normativo sia un ingiustificato sdoppiamento rivolto ad iso- lare ed a giubilare la norma costituzionale, sostanzialmente ribadendo l’unitarietà dell’ordina- mento ed il conseguente superamento della tradizionale contrapposizione del pubblico e del pri- vato».
86 F.M. Palombifo, Introduzione, cit., p. 172 s.; X. Xxxxx, L’interpretazione conforme, cit.,
p. 4 ss.
Piú in generale, è condivisibile, sul punto, l’idea – da sempre propu- gnata dalla Consulta87 e da ampia dottrina88 – dell’irrinunciabilità in ogni caso (e quindi anche in presenza di contrasto tra Costituzione e norme di diritto internazionale generale) della salvaguardia dei princípi fonda- mentali dell’ordinamento89. Quest’idea si colloca nell’àmbito di un ap- proccio che sempre piú caratterizza l’ordinamento giuridico italiano nei rapporti tra diritto interno e diritto internazionale e che è stato arguta- mente definito di «resistenza ragionevole»90. Secondo quest’orientamento, che crescentemente trova riscontro nella prassi, le corti interne identifi- xxxx il principio fondamentale che – in via di bilanciamento91 – richiede
A 87 Cfr., ex multis, nella giurisprudenza costituzionale le già citate sentenze 348 e 349 del N 2007, la sentenza 28 novembre 2012 n. 264, in xxxxxxxx.xxx. (su cui cfr. X. Xxxxx, o.c., p. 11 ss.), N cosí come – in tema di rapporti tra diritto interno e consuetudini internazionali – la notissima A Corte cost., 22 ottobre 2014, n. 238, in Giusto proc. civ., 2016, p. 719 ss., su cui v. anche A. L Tafzi, Sulla sentenza Cost. 238/2014: cui prodest?, in xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2014; P. Xxxxxxxxx, I Judgment 238/2014 of the Italian Constitutional Court: In Search of a Way Out, in Questions of Int. L., 2014, p. 44 ss.; P. De Sefa, The judgment of the Italian Constitutional Court on
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S State immunity in cases of serious violations of human rights or humanitarian law: a tentative analysis under international law, ivi, p. 17 ss.; Id., Spunti di riflessione sulla sentenza 238/2014 della Corte costituzionale, in xxxxxxxx.xxx, 2014; Id., Norme internazionali generali e principi co-
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stituzionali fondamentali, fra giudice costituzionale e giudice comune (ancora sulla sentenza 238/2014), ivi, 2014; L. Gradofi, Corte costituzionale e Corte internazionale di giustizia in rotta di collisione sull’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile, ivi, 2014; Id., Giu- dizi costituzionali del quinto tipo. Ancora sulla storica sentenza della corte costituzionale italiana, ivi, 2014; Id., Un giudizio mostruoso. Quarta istantanea della sentenza 238/2014 della Corte costituzionale italiana, ivi, 2014; M. Lofgobardo, “Il non-essere non è e non può essere”: brevi note a margine della sentenza n. 238/2014 della Corte costituzionale rispetto all’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto internazionale consuetudinario, ivi, 2014.
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88 B. Cofforti, Diritto internazionale, cit., p. 366 s.; F.M. Palombifo, Compliance with International Judgments: Between Supremacy of International law and National Fundamental Principles, in Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, 2015, p. 503 ss.; P. Perlifgieri, Il diritto di accesso alla giustizia e una interpretazione funzionale dell’art. 134 Cost., in Giusto proc. civ., 2016, p. 722; Id., Il rispetto dell’identità nazionale nel sistema italo- europeo, in Foro nap., 2014, p. 449 ss., in cui si afferma che «gli Stati nazionali, nell’aderire al- l’Unione europea [e ad altri trattati internazionali], non hanno abdicato alle proprie singole iden- tità» (p. 451); F. Salerfo, Valore dei trattati, cit., p. 29.
89 Ciò vale anche nei rapporti internazionalprivatistici quando si tratta di limitare l’applica- bilità del diritto straniero o di un provvedimento straniero in Italia. Cfr. G. Perlifgieri e X. Xxxxx, Ordine pubblico, cit., p. 48 ss.
90 F.M. Palombifo, Introduzione, cit., p. 185. Sul punto cfr. anche F.M. Palombifo (a cura di), Duelling for Supremacy: International Law vs. National Fundamental Principles, Cambridge, 2019, passim (ma v. in particolare le conclusioni del curatore).
91 Sul punto va rilevato che la stessa norma dell’art. 10 cost. è soggetta a bilanciamento: la volontà di apertura al diritto internazionale generale dello Stato italiano va comunque bilanciata con la salvaguardia dei valori fondamentali riconosciuti in Costituzione, i quali si collocano sul medesimo piano gerarchico dell’art. 10 stesso.
una deviazione dal diritto internazionale generale e, spiegando adeguata- mente le ragioni assiologiche per le quali tale deviazione si richiede, danno prevalenza ai primi sul secondo.
In quest’ottica si colloca la seconda parte della pronuncia n. 120 del 2018 della Corte costituzionale, la quale – evidenziando le peculiarità delle funzioni pubbliche svolte dai militari nell’ordinamento costituzionale ita- liano – ha lasciato che permanesse in vigore il divieto di iscriversi a sin- dacati diversi da quelli propri dei militari stessi. Di là da considerazioni riguardanti lo scarso rilievo che la Consulta ha inteso, in questa pronun- cia, attribuire alle pronunce del Comitato Europeo per i Diritti Sociali (sul
quale ci soffermeremo nel prossimo paragrafo), questo aspetto della deci- sione appare certamente non biasimabile posta l’argomentazione costitu- zionalmente orientata che ha portato i Giudici costituzionali a limitare la A propria pronuncia di illegittimità. N
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5. Nell’ottica qui propugnata di integrazione degli ordinamenti volta a A garantire la massimizzazione delle tutele nel rispetto dei princípi fonda- I mentali degli Stati coinvolti, lascia comunque perplessi la posizione ondi-
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vaga assunta dalla Corte costituzionale nelle sentenze 120 e 194 del 2018 S con riguardo al valore da attribuirsi alle pronunce del Comitato Europeo I per i Diritti Sociali. S
In particolare, nella sentenza n. 120, la Corte ha sottolineato che nella D
Carta Sociale manca una norma analoga all’art. 32 Cedu, che rimette alla C
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competenza della Corte di Strasburgo tutte le questioni concernenti l’in- terpretazione e l’applicazione del trattato, cosí come una disposizione si- 5
mile all’art. 46, che contiene l’impegno degli Stati membri a conformarsi 2 alle sentenze. Se da un lato, quindi (e nonostante le limitazioni di cui si 0 dirà a breve), la sentenza 348 del 2007 aveva affermato che le disposizioni 2 della Cedu vivono nell’ordinamento interno sulla base dell’interpretazione 0
che delle stesse ha dato la Corte, ciò non vale per le pronunce del Co-
mitato Europeo per i Diritti Sociali, le cui pronunce, come abbiamo vi-
sto nel par. 2 del presente lavoro, hanno un valore eminentemente poli- 43
tico ed esortativo. «Nel contesto dei rapporti cosí delineati fra la Carta sociale europea e gli Stati sottoscrittori le pronunce del Comitato, pur nella loro autorevolezza, non vincolano i giudici nazionali nella interpretazione della Carta»92.
Questo punto della sentenza – per l’omesso confronto sostanziale con l’interpretazione del Comitato in merito alle norme della Carta – ha at-
92 Punto 13.4 del considerato in diritto.
tratto numerosissime critiche in dottrina93 ed è oggettivamente contrariante che la Corte costituzionale abbia inteso sottrarsi alla logica del dialogo, largamente propugnata dagli studiosi della materia ai fini di un corretto coordinamento tra le fonti94. A tal riguardo, si segnala che, in una pro- spettiva di comparazione, sia la giurisprudenza internazionale sia – e so- prattutto, per quanto qui di interesse – le pronunce non vincolanti di or- gani internazionali sono state solitamente utilizzate dalle corti interne nel proprio percorso argomentativo, non fosse altro che per suffragare in via interpretativa la soluzione che esse hanno inteso, di volta in volta, adot- tare95. L’approccio che sembra infatti piú ragionevole, con riguardo al ruolo della sentenza internazionale nei giudizi interni, è proprio quello del c.d.
«taking into account», sostanziantesi in un dovere di prendere in consi- A derazione (con un conseguente aggravio dell’onere motivazionale) la rile- N vante giurisprudenza internazionale ma con la facoltà, in presenza di ra- N gioni cogenti di giustizia dettate dal caso concreto, di discostarsene. Ciò
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A perché è piú importante avere una decisione giusta che una decisione coe-
I rente con la giurisprudenza pregressa96.
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Secondo attenta dottrina97, questo è l’approccio che dovrebbe applicarsi S anche alla Cedu, dovendosi rigettare sia l’idea di monopolio interpretativo I da parte della Corte Edu rispetto alle norme convenzionali98, sia la pos-
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C 93 Cfr. gli autori citati alla successiva nota 100.
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94 P. Perlifgieri, Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un uni- tario sistema ordinamentale, Napoli, 2008, passim; cfr. anche F.M. Palombifo, Gli effetti della sentenza internazionale nei giudizi interni, Napoli, 2008, p. 154, che richiama anche il princi- pio dell’apertura del diritto interno al diritto internazionale.
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95 V. diffusamente F.M. Xxxxxxxxx, o.u.c., p. 128 ss., il quale fa specificamente riferimento alle pronunce del Comitato dei diritti dell’uomo, certamente assimilabile al Comitato Europeo per i Diritti Sociali.
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96 F.M. Palombifo, Fair and Equitable Treatment and the Fabric of General Principles, L’Aja – Xxxxxxxxxx, 0000, p. 144. Nel medesimo senso G. Perlifgieri, Ragionevolezza e bi- lanciamento nell’interpretazione recente della Corte costituzionale, in P. Perlifgieri e S. Giova (a cura di), I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte costituzionale nel decennio 2006- 2016, Atti del 12° Convegno Nazionale, Napoli, 2018, p. 751. Contra v. E. Xxxxxxxx, Il con- tratto fra legalità e ragionevolezza, in Foro it., 2015, V, c. 417 ss., secondo il quale il precedente giurisprudenziale è «il garante della certezza del diritto in luogo della norma generale e astratta».
97 X. Xxxxx, L’interpretazione conforme, cit., p. 25.
98 X. Xxxxx, o.c., p. 7, ove si afferma che «il monopolio interpretativo costituirebbe un ina- deguato sacrificio del principio del libero convincimento del giudice e del ruolo della Corte co- stituzionale»; F.M. Palombifo, Sul monopolio interpretativo (o presunto tale) della Corte eu- ropea dei diritti umani, in Osserv. sulle fonti 1/2018, reperibile all’indirizzo osservatoriosul- xxxxxxx.xx, p. 3 ss., il quale fa notare anche come l’idea di monopolio interpretativo sia contraria alla valorizzazione del ruolo dei giudici nazionali che il principio di sussidiarietà – che ispira l’intera Cedu – impone.
sibilità di prevedere un decalogo limitato di circostanze nelle quali i giu- dici interni devono seguire l’orientamento della Xxxxx xx Xxxxxxxxxx00.
Se da un lato, come abbiamo già visto, tra la Corte Edu ed il Comi- tato per i Diritti Sociali sussistono differenze significative, dall’altro lato è anche vero che, nell’àmbito del sistema della Carta Sociale Europea, il Co- mitato svolge una fondamentale funzione di interpretazione, cosí come av- viene in altri sistemi internazionali a salvaguardia dei diritti umani per al- tri organismi che emettono pronunce non vincolanti, rispetto ai quali, come visto, il meccanismo del taking into account è stato giudicato applicabile. Non si vede, quindi, perché tale metodo non debba essere applicato an- che rispetto alle pronunce del Comitato Europeo per i Diritti sociali100, la cui prassi dovrà101 essere tenuta in considerazione dai giudici interni, con
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facoltà di discostarsene in presenza di valide ragioni. La ragione per cui A tale orientamento pare corretto sta proprio nella già citata idea di massi- N mizzazione delle tutele individuali: la giurisprudenza (se tale può definirsi) N del Comitato, come si è visto nel precedente paragrafo parlando della non A
adesione dello stesso alla giurisprudenza Xxxxxxxxx, è certamente pioniera I
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nella tutela dei diritti sociali e non può essere pertanto ignorata, anche perché essa è (come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale)102 la piú S autorevole fonte di interpretazione delle norme della Carta, le quali assu- I mono – grazie all’operato del Comitato – contorni ben definiti. S
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99 Ne risulta quindi un obbligo di prendere in considerazione le decisioni della Corte Edu, C
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la cui rilevanza varierà, tuttavia, in relazione alle circostanze del caso concreto. È questa la let- tura che sembra potersi dare anche alla sentenza Corte cost., 26 marzo 2015, n. 49, nella parte in cui essa – pur fornendo una serie di indicatori che i giudici comuni devono considerare nel valutare il rilievo della sentenza di Strasburgo nei giudizi interni – valorizza e dichiara in ogni caso imprescindibili le circostanze del caso concreto. Cfr., anche per le opinioni contrarie a que- sta lettura, F.M. Xxxxxxxxx, o.u.c., p. 7 s.
100 Questa l’opinione di X. Xxxxxxx, Sull’obbligo della Xxxxx, xxx., x. 00 ss.; cfr. anche A. Tafcredi, La Carta sociale europea, cit., p. 501 ss.; X. Xxxxx, I trattati sui diritti umani, cit.,
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p. 161 ss.
101 In favore di un obbligo di tenere in considerazione la giurisprudenza degli organi de- putati a giudicare sulla corretta applicazione dei trattati sui diritti umani cfr. Corte internazio- nale di giustizia, 30 novembre 2010, Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, Republic of Guinea v. Democra- tic Republic of Congo, in ICJ Reports, 2010, p. 663, § 67. Contra cfr. Commissiofe del Di- ritto Ifterfaziofale (relatore speciale X. Xxxxx), Fourth Report on Subsequent Agreements and Subsequent Practice in Relation to the Interpretation of Treaties, UN Doc. A/CN.4/694, 7 marzo 2016, p. 22 s., par. 53, conformemente alla quale cfr. A. Tafcredi, o.u.c., p. 505. Sul va- lore interpretativo ai fini del diritto internazionale delle decisioni del Comitato, cfr. L. Borlifi e L. Crema, Il valore delle pronunce del Comitato europeo dei diritti sociali ai fini dell’inter- pretazione della Carta sociale europea nel diritto internazionale, in Aa.Vv., La normativa ita- liana sui licenziamenti, cit., p. 86 ss.
102 Cfr. il punto 13.4 del considerato in diritto della sentenza n. 120 e il punto 14 del con- siderato in diritto della sentenza 194.
Le decisioni del Comitato rispetto all’effetto sui diritti sociali delle mi- sure di austerità (invero scarsamente efficaci) adottate per risolvere la crisi greca sono un chiaro esempio di quanto appena affermato. In un conte- sto in cui sia la Corte Edu103 che la Corte di giustizia104 si sono rifiutate di considerare le violazioni dei diritti sociali poste in essere dalle misure di austerity105, il Comitato ha, con le sue pronunce, costituito l’ultimo ba- luardo a tutela dei diritti sociali106, dando applicazione al c.d. principio di
«non regressione», tipico dei diritti sociali riconosciuti su base internazio- nale, secondo cui gli Stati che modificano il proprio regime di sicurezza sociale non possono intaccare il c.d. «core framework» del sistema, né
compromettere altri diritti sociali in maniera sproporzionata rispetto agli obiettivi prefissi, né colpire solo alcuni diritti sociali e non altri. Da un
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A lato, quindi, il consolidamento delle finanze pubbliche statali è comunque N un principio che va necessariamente bilanciato con altri princípi di eguale N importanza (come la tutela dei diritti sociali)107; dall’altro lato, in situazioni A del genere, è lo stesso principio di sussidiarietà, che ispira le Convenzioni
I redatte in seno al Consiglio d’Europa, a consentire un ampliamento della
discrezionalità statale nella attuazione di tutele adeguate per i diritti so-
S ciali, anche se a discapito dell’equilibrio finanziario108.
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I Alla luce di quanto sopra, si dovrebbe concludere che è proprio la ne-
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I 103 Corte Edu, 7 maggio 2013, nn. 5766/12 e 57657/12, Xxxxxxx e Adedy c. Grecia, in hu-
C xxx.xxxx.xxx.xxx; un simile provvedimento ha riguardato anche le misure di austerità che hanno
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colpito il Portogallo. X. Xxxxx Xxx, 0 ottobre 2013, nn. 62235/12 e 57725/12, Da Xxxxxxxxx Xxxxxx c. Portogallo, ivi.
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104 Xxx consentito rimandare alle numerose sentenze citate da X. Xxxxxxx, La crisi, cit., p. 60, nota 26.
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105 Ciò che ha costretto il Tribunale costituzionale portoghese a dichiarare illegittime le mi- sure attuative dei tagli previsti dalla legge di bilancio portoghese a danno dei diritti dei lavora- tori pensionati (cfr. Acordao n. 187/2013, menzionata in X. Xxxxxxx, x.x., x. 00). Posizione non egualmente coraggiosa è stata assunta dalla giurisprudenza greca. Cfr. Cons. St., 24 giugno 2014,
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n. 2307, par. 40, reperibile all’indirizzo xxxxxx.xx/Xxxxxxxxxxxx/Xxxxxxxxx/xxx%000000.xxx, in cui i ricorrenti lamentavano la violazione, tra le altre convenzioni di diritto internazionale, dalla Carta sociale europea ad opera di alcune disposizioni adottate in sede di ristrutturazione del debito sovrano. Nella sentenza, i giudici non richiamano le disposizioni di cui si lamenta il man- cato rispetto, ma si limitano ad affermare che la doglianza va respinta in quanto la Carta so- ciale europea contiene solo «suggerimenti/indicazioni» per gli Stati parte (sic!). V., anche, Cons. St., 2 aprile 2012, n. 1285, par. 18, reperibile all’indirizzo: xxxxx.xx/xxxxx-00000000-xxxxxxxx-xxx- perikopi-epidomaton-se-sintaksiouxous-tou-dimosiou-sintagmatikotita-tis-rithmisis/. In questo caso i giudici hanno rigettato le doglianze poiché il motivo del ricorso, per come formulato, non identifica alcuna irregolarità della normativa impugnata tale per cui la stessa debba essere espunta dall’ordinamento per contrasto con le suddette previsioni della Carta sociale europea.
106 C. Pafzera, Rispetto degli obblighi internazionali, cit., p. 500.
107 X. Xxxxxxx, La giurisprudenza, cit., p. 89.
108 X. Xxxxxxx, o.c., p. 89.
cessità di salvaguardare al massimo i diritti sociali che impone di tenere conto delle decisioni del Comitato.
A ciò si aggiunga, infine, quello che è considerato un elemento fonda- mentale dell’adesione alle organizzazioni internazionali, ossia l’obbligo di leale cooperazione, espressamente richiamato dall’art. 3 dello Statuto del Consiglio d’Europa109. Secondo tale norma gli Stati devono collaborare sinceramente e operosamente al perseguimento degli obiettivi dell’orga- nizzazione, tra cui spicca la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle li- bertà fondamentali. A tal riguardo, si osserva che quest’obbligo grava sullo Stato nel suo complesso, inclusi i giudici, e questi non possono quindi ar-
bitrariamente disconoscere il valore interpretativo delle pronunce del Co- mitato110, pena anche il rischio di adottare interpretazioni c.d. «unilatera- listiche» del testo della Carta, come noto non consentite dagli artt. 31, 32 A e 33 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati111. N
Non sorprende, dunque, che nella sentenza n. 194 la Corte costitu- N
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zionale abbia parzialmente aggiustato il tiro rispetto alla precedente sen- A
tenza n. 120. Pur mantenendo l’assunto secondo il quale le pronunce del I Comitato non vincolano il giudice nazionale, la Corte ha fatto ampio ri- corso a tali provvedimenti e ne ha sostanzialmente seguito l’approccio, po- S
sto che nel caso di specie certamente le pronunce del Comitato erano fon- I
damentali per comprendere i contorni della disposizione che si andava ad S
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applicare (ossia per determinare il concetto di indennizzo adeguato ai fini D
della Carta)112. C
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Allo stato, comunque, il numero di sentenze costituzionali che hanno fatto applicazione della Carta Sociale Europea e discusso il valore delle 5
pronunce del Comitato appare troppo esiguo per potersene trarre consi- 2 derazioni di carattere generale. Non resta che aspettare future pronunce 0 per comprendere come i Giudici della Consulta vorranno orientarsi in ma- 2 teria. 0
6. Nel 1955 Xxxxx Xxxxxxxxxxx affermò che «la Costituzione è un pezzo
di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni 47
giorno rimetterci dentro il combustibile [consistente nel] compito della Re- pubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della
109 È questa la condivisibile opinione di X. Xxxxxxx, Sull’obbligo della Xxxxx, xxx., x. 00; conformemente X. Xxxxxxx, Corte costituzionale, cit., p. 78. Xxxxxxxx, sul punto, A. Tafcredi, La Carta sociale europea, cit., pp. 504-505.
110 X. Xxxxx, I trattati sui diritti umani, cit., p. 165 ss.
111 X. Xxxxx, o.c., p. 163.
112 Cfr. X. Xxxxx, o.c., p. 172 ss.; X.X. Xxxxxxx, Le norme della Carta, cit., p. 8 s.
personalità umana [perché] soltanto quando questo sarà raggiunto si po- trà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 [Cost.], il princi- pio democratico stesso corrisponderà pienamente alla realtà»113.
In questa prospettiva, la tutela dei diritti sociali – da considerare uni- tariamente agli altri diritti riconosciuti da strumenti di diritto interno e so- vranazionale – si rivela uno strumento di vitale importanza. Ne emerge, quindi, il fondamentale ruolo della Carta Sociale Europea, unico trattato deputato alla tutela di tali diritti nella cornice europea, di cui nel presente lavoro abbiamo provato a porre in evidenza la diretta applicabilità nei giu- dizi interni, anche attraverso la valorizzazione dell’operato del Comitato
Europeo per i Diritti Sociali, organo para-giurisdizionale deputato all’in- terpretazione della Carta. Sebbene la giurisprudenza italiana, anche costi-
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A tuzionale, tenda ancóra a non riconoscere applicabilità diretta alle norme N della Carta (in questo ponendosi in controtendenza rispetto al trend che N si sta sviluppando in altri Paesi), ci parrebbe assolutamente opportuno e, A come abbiamo provato a dimostrare, giuridicamente consentito, che – come
I è avvenuto per le norme costituzionali – si proceda a giudicare diretta-
mente applicabili (e quindi anche ai rapporti tra privati) le norme dei trat-
S tati internazionali in materia di diritti umani.
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I Nel corso dell’articolo è stata altresí valorizzata una recente tendenza S della Corte costituzionale italiana, la quale ha attribuito alla Carta valore D di norma interposta in grado di implementare il parametro costituzionale
C di cui all’art. 117, comma 1, proprio per il valore imprescindibile di tale
trattato, per molti aspetti assimilabile alla Cedu. Criticabile appare invece
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5 l’ondivago atteggiamento della Consulta rispetto al valore da attribuire alle
2 pronunce del Comitato, rispetto alle quali – secondo l’orientamento piú
0 accreditato – vige un dovere di taking into account, ossia di tenerle in con-
2 siderazione (con un aggravio dell’onere motivazionale) con facoltà di di-
0 scostarsene in presenza di valide ragioni connesse alle peculiarità del caso
concreto.
48 gennaio 2020
Giovaffi Zarra
Abstract
Dopo aver descritto il sistema di tutela posto in essere dalla Carta Sociale Eu- ropea, il presente articolo si interroga, fornendo risposta positiva, sulla questione
113 P. Calamafdrei, La Costituzione non è una macchina, Discorso del 26 gennaio 1955 presso il Salone degli Affreschi della Società Umanitaria di Milano, reperibile all’indirizzo laco- xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx-xx-xxxxxxxxxxx/xx-xxxxxxxxxxxx-xxx-x-xxx-xxxxxxxx-xx- xxxxxx-calamandrei/.
della diretta applicabilità negli ordinamenti interni dei princípi sanciti dalla Carta stessa. E ciò nonostante la Corte costituzionale italiana nelle sentenze n. 120 e 194 del 2018 abbia da un lato sancito che la Carta può fungere da parametro in- terposto di costituzionalità ad integrazione dell’art. 117, comma 1, cost., ma dal- l’altro chiarito che essa non può essere direttamente invocata da privati e conse- guentemente applicata dai giudici comuni. Il testo analizza infine il valore che i provvedimenti del Comitato Europeo sui Diritti sociali possono avere nel nostro ordinamento, specie nell’ottica della massimizzazione delle tutele individuali.
This paper analyses the main features of the European Social Charter and di- scusses whether the principles and rules envisaged in the Charter may be consi- dered as self-executing. Notwithstanding the fact that the Italian Constitutional Court has given a negative answer to such a question, the author considers that
the Charter may be directly relied upon by individuals and applied by domestic A courts. The paper finally analyses the legal value (in the Italian legal system) of N the decisions issued by the European Committee on Social Rights. It is argued N that the value of these decisions should be enhanced in order to maximize the A protection of individual rights. L