Contract
Il Sovraindebitamento nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza1
2.2 Rapporti tra le procedure 9
3.1 Misure protettive nel Piano e Concordato 11
3.2 Misure protettive nella Liquidazione 12
3.3 Domanda “in bianco” e inefficacia delle ipoteche giudiziali 14
4.1 Cessione del quinto nel Piano 15
4.2 Contratti pendenti e finanziamenti nel Concordato 17
4.3 Cessione parziale dei beni 18
4.4 Moratoria dei crediti privilegiati 19
5 Altre questioni procedurali 21
5.2 Realizzo e ripartizione dell’attivo 23
6.1 Esdebitazione nel Piano e Concordato minore 27
6.2 Esdebitazione nella Liquidazione controllata 28
6.3 Esdebitazione del debitore incapiente 32
1 Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, dottore commercialista in Modena, x.xxxxxxxx@xxxxxxxxxx.xxx.
1 Premessa
La bozza di decreto delegato denominato Codice della crisi e dell’insolvenza, elaborato dalla Commissione per l’attuazione della riforma, prevede significativi cambiamenti nella disciplina del sovraindebitamento, attualmente regolamentato dalla L. 3/20122.
Il Codice ha in primo luogo portato un’innovazione terminologica. Infatti gli istituti sono stati così rinominati:
• il Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (da artt. 72 a 78) ha sostituito il piano del consumatore (da art. 12-bis a 14-bis L. 3/2012);
• il Concordato minore (da art. 79 a 88) ha sostituito l’accordo di composizione della crisi (da art. 10 a 12 L. 3/2012);
• la Liquidazione controllata del sovraindebitato (da art. 273 a 281) ha sostituito la liquidazione dei beni (da art. 14-ter a 14-terdecies L. 3/2012).
Il Codice ha di fatto introdotto anche un quarto mini-procedimento per il debitore meritevole ma incapiente: la bozza di relazione al Codice lo definisce “piano del consumatore vuoto”, in quanto non è soggetto a votazione dei creditori bensì soltanto a vaglio del giudice e consente ai soggetti sovraindebitati nullatenenti di esdebitarsi pur non essendo in grado di offrire alcunché ai creditori.
Per accedere alla disciplina del sovraindebitamento il debitore deve trovarsi in situazione di crisi o insolvenza, le quali sono descritte nell’art. 2 del Codice.
La crisi è lo stato di difficoltà che rende probabile l’insolvenza, dato da una inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici per onorare regolarmente i pagamenti pianificati. L’art. 16 comma 1 in tema di strumenti di allerta precisa ulteriormente che l’inadeguatezza va rapportata ai fabbisogni finanziari dei successivi sei mesi.
L’insolvenza, invece, è lo stato del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
2 Disciplina, quella attuale, che non ha avuto pieno successo, ove si consideri che, secondo statistiche del Tribunale di Milano, nel periodo 2012-2016, a fronte di 70.000 espropriazioni immobiliari, mobiliari e presso terzi, sono state introdotte meno di 400 istanze per l’accesso a procedure di sovraindebitamento, pari allo 0,5% delle azioni esecutive. Così X. XXXXXXXX, Gli orientamenti della sezione fallimentare del tribunale di Milano sul sovraindebitamento, 2018, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
3 Secondo X. XXXXXXXXXX, Requisiti soggettivi e oggettivi del piano del consumatore, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, il ricorso all’interpretazione analogica con le procedure maggiori previste dalla legge fallimentare ai fini della
2 Presupposti: cosa cambia
2.1 I soggetti
Numerosi sono le novità riguardanti i presupposi soggettivi. Di seguito vengono illustrati.
Socio illimitatamente responsabile
L’art. 6 l. sovr. limita l’accesso agli istituti del sovraindebitamento alle situazioni che “non sono soggette né assoggettabili a procedure concorsuali”.
Disposizione, questa, che oggi impedisce a qualunque debitore, consumatore e non, di accedere ad una qualsiasi delle procedure di sovraindebitamento in pendenza del rapporto societario e fino all’anno successivo alla pubblicizzazione della cessazione della sua responsabilità illimitata. E ciò a prescindere dall’essere la società partecipata in bonis o meno, poiché comunque ciò che rileva è che il socio sia astrattamente assoggettabile a procedura concorsuale4.
La formula non viene riproposta nel Codice. Non solo, vi si precisa anche che è consumatore anche la persona fisica che sia contemporaneamente socio illimitatamente responsabile di società, a condizione che il suo sovraindebitamento riguardi esclusivamente i debiti estranei a quelli sociali (art. 2, n. 5).
Pertanto, la riforma consente al socio: a) di società in nome collettivo, b) accomandatario di società in accomandita semplice e per azioni, c) accomandante ingeritosi nell’amministrazione ex art. 2320 c.c., di accedere liberamente alle diverse procedure di sovraindebitamento, purché non vi sia pregiudizio per i creditori sociali (così si esprime la relazione al Codice, ma nel solo caso del Piano); pregiudizio consistente nel destinare il patrimonio del socio al soddisfacimento dei soli creditori personali in danno di quelli sociali.
ricostruzione della disciplina sul sovraindebitamento della L. 3/2012 deve essere effettuato con xxxxxxxx, considerato che l’uso dell’analogia è possibile solo in presenza di vuoti normativi, mentre la procedura di sovraindebitamento presenta un corpo normativo autonomo ed ha peculiarità proprie. Le medesime considerazioni possono essere estese alla nuova disciplina introdotta dal Codice.
4 Secondo il Trib. Milano, 18 agosto 2016 la giustificazione della norma sta nel fatto che “sembra incongruente procedere ad una sistemazione della situazione debitoria senza considerare tutti i debiti sociali oltre a quelli della socia … . Va altresì considerato che in qualunque momento la società potrebbe fallire trascinando il socio nel fallimento”. Consta però la posizione opposta di Trib. Prato, 16 novembre 2016, che ammette l’accesso del socio a dette procedure. Sul punto si veda X. XXXXXXXXXXXX, L’accesso del socio alle procedure di sovraindebitamento: una grave lacuna normativa, in il Fallimento, 2/2017.
Ma cosa succede qualora, una volta omologati Piano o Concordato minore oppure aperta la Liquidazione, facciano irruzione nel patrimonio del sovraindebitato pretese di creditori sociali? Tanto potrebbe accadere per la sopravvenuta dichiarazione di liquidazione giudiziale della società, che si estende ai soci ex art. 261 del Codice (l’attuale art. 147 l. fall.) oppure per avere il creditore della società aggredito il patrimonio personale dopo aver infruttuosamente escusso quello sociale ex art. 2304 o 2318 c.c..
Quanto al primo caso, l’attuale disciplina prevede all’art. 12 comma 5 l. sovr. che la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo di ristrutturazione, e ciò è evidentemente propedeutico a far confluire nel fallimento tutto il patrimonio del debitore.
Nel Codice invece non esiste una simile disposizione. Tuttavia, in caso di liquidazione giudiziale per estensione del socio, non possono certamente coesistere sull’unico patrimonio due procedure e masse attive e passive distinte: la procedura di sovraindebitamento deve necessariamente cedere il passo alla Liquidazione giudiziale, che è strutturalmente concepita per gestire in modo unitario l’indebitamente sociale e personale sul socio.
Più arduo è individuare una soluzione nel caso di pretese di singoli creditori sociali sul patrimonio del socio; è probabile che iniziative individuali sopravvenute non pregiudichino la procedura di sovraindebitamento ma che, anzi, siano da essa assorbite, per essere trattate alla stregua di un debito sopravvenuto nel Piano e nel Concordato minore e di una domanda tardiva di credito nella Liquidazione giudiziale.
A tale ultimo proposito, nel Codice continua a mancare una disciplina delle domande tardive nella Liquidazione giudiziale, ma non risulta neppure la perentorietà del termine (di sessanta giorni prorogabili di altri trenta) concesso ai creditori entro il quale far pervenire la propria domanda di ammissione al passivo. Quindi si ritiene in dottrina che l’insinuazione possa avvenire anche dopo tale termine, pur con il rischio di incapienza dovuto ad eventuali riparti già effettuati5.
Imprenditore minore o professionista cessati
5 X. XXXXXXXX, La nuova procedura di liquidazione giudiziale del sovraindebitato, in xxxxxxx-xxxxxxxxxx.xx, 2018
Il Codice chiarisce che non può considerarsi consumatore la persona fisica che “non abbia cessato di svolgere un’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale in precedenza esercitata” (art. 2, n. 5)6.
Quindi, ragionando a contrario, l’esistenza di debiti derivanti da una pregressa attività lucrativa svolta in passato ma già cessata non dovrebbe più pregiudicare l’accesso alla procedura.
Attualmente, invece, la giurisprudenza ritiene che l’esistenza di debiti pregressi di natura imprenditoriale o professionale (diversi da quelli erariali) impedisca l’accesso al piano del consumatore7.
Fideiussore
Il Codice risolve il dubbio sulla procedura alla quale può accedere il fideiussore, accogliendo la teoria dell’imprenditore o professionista “di riflesso”. L’art. 70 precisa infatti che il garante sovraindebitato accede al Concordato minore qualora la fideiussione sia stata data ad un imprenditore o a un professionista, mentre viceversa opta per Piano di ristrutturazione quando abbia prestato garanzia a favore di un consumatore.
Per identificare l’istituto di regolazione della crisi cui il fideiussore può accedere, parrebbe irrilevante, con la nuova disciplina, che egli abbia o meno collegamenti funzionali con la società garantita, quali l’amministrazione o una partecipazione non trascurabile al capitale sociale, o che abbia agito per scopi di natura privata meno8.
E’ disciplina concorsuale comune, anche della riforma, che il beneficio dell’esdebitazione non si estenda ai fideiussori, coobbligati e obbligati in via di regresso. Non così nel Concordato minore, ove il garante di un imprenditore o professionista può beneficiare di una limitazione della responsabilità: prevede infatti l’art. 84 comma 4 che il Concordato minore omologato non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso “salvo che sia diversamente previsto”.
Dove debba esserlo, lo precisa la relazione al Codice: nella proposta.
6 Il passaggio è tratto dalla relazione al Codice nel commento all’art. 2, perché la formula adottata dal Codice all’art. 2, n. 5 è piuttosto criptica (è “consumatore: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente già svolta”).
7 Cass. 1° febbraio 2016, n. 1869.
8 Per la rilevanza di questi parametri con la disciplina vigente si veda da ultimo Trib. Palermo, 11 luglio 2017, in conformità alla sentenza della Corte di giustizia, causa C-74/15.
Ciò significa che il debitore in Concordato minore può limitare la garanzia data dal garante, con effetto verso il terzo garantito, pur essendo il primo estraneo al rapporto di garanzia instaurato tra questi ultimi (al punto che il debitore potrebbe non essere neppure al corrente della sua esistenza).
La questione sarà oggetto di approfondimento nel cap. 6.4.
Quando si può accedere al Concordato minore
Il Codice precisa all’art. 79, c. 1 e 2 che l’impresa minore e il professionista possono accedere al Concordato minore in due casi:
- qualora il concordato preveda la prosecuzione dell’attività; in tal caso la proposta può fondarsi sul solo utilizzo delle risorse proprie del debitore per il soddisfacimento dei creditori, senza necessità di apporto di risorse esterne;
- in caso di cessazione dell’attività, purché sia previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile il soddisfacimento dei creditori (probabilmente almeno del 10%9).
Se non si realizza una delle due condizioni i medesimi soggetti devono optare per lo strumento della Liquidazione controllata, non essendogli accessibile il Piano di ristrutturazione.
Definizione di impresa minore
Il Codice offre una definizione positiva dell’impresa sotto-soglia (“impresa minore”) che può accedere alla disciplina del sovraindebitamento, adottando gli stessi limiti di attivo patrimoniale, ricavi lordi e debiti previste nella attuale legge fallimentare.
Ai fini della verifica del superamento della soglia di esclusione, non vi è motivo di disconoscere l’attuale giurisprudenza; in particolare, quanto ai debiti, devono essere ricompresi nel calcolo anche quelli contratti per scopi estranei all’attività imprenditoriale10.
Il superamento delle soglie di esclusione costituisce motivo:
• di inammissibilità rilevabile già in sede di apertura del procedimento11;
9 Tanto si presume per analogia con quanto previsto nel caso di concordato preventivo liquidatorio (art. 89 c. 4) e concordato liquidatorio giudiziale (art. 245).
10 Cass. 4 giugno 2012 n. 8930.
• di trasmissione degli atti in procura ai fini di un’eventuale apertura della liquidazione giudiziale per insolvenza (art. 42 lett. b).
Impresa agricola
Il Codice riserva alle imprese agricole gli stessi strumenti per la risoluzione della crisi previsti per le imprese commerciali.
La riforma abbatte così un privilegio, quello della non fallibilità dell’impresa agricola, che è apparso nel tempo sempre più ingiustificabile, anche alla luce della possibilità introdotta nel 2002 di qualificare come agricola “per connessione” l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; attività, questa, che presenta connotati marcatamente commerciali.
Tanto si desume dalla circostanza che il Codice disciplina la crisi o insolvenza di qualunque imprenditore (art. 1 del Codice), quindi anche dell’imprenditore agricolo, anziché del solo imprenditore commerciale, come è invece previsto nella legge fallimentare (art. 1 l. fall.), e che la riforma prevede la soppressione dell’art. 2221 c.c.; norma la quale limita il fallimento al solo imprenditore commerciale.
Pertanto:
• l’impresa agricola sopra soglia può accedere alle procedure ordinarie, al pari dell’impresa commerciale;
• l’impresa agricola minore può accedere al Concordato Minore e alla Liquidazione Controllata, essendole precluso il Piano di ristrutturazione in quanto non consumatore.
Invece l’attuale art. 7 comma 2-bis l. sovr. consente all’impresa agricola di accedere all’accordo di composizione della crisi, senza distinguere se sopra o sotto soglia, posto che comunque l’impresa agricola non può fallire12.
In caso di Concordato minore è richiesto all’imprenditore il deposito delle scritture contabili, pena l’inammissibilità della domanda (artt. 80 comma 2 lett. a. e 82); tuttavia le imprese agricole in forma di società semplice non sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili. In tal caso esse
11 Ex artt. 75, 83 e 275. Nel vigore dell’attuale disciplina, l’inammissibilità è addirittura rilevabile in sede di nomina dell’OCC da parte dell’autorità giudiziaria; così Trib. Milano, 21 aprile 2016, citata da X. XXXXXXXX, Gli orientamenti della sezione fallimentare del tribunale di Milano sul sovraindebitamento, 2018, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
12 E la giurisprudenza ha ulteriormente precisato che essa può avvalersi anche dello strumento della liquidazione del patrimonio, direttamente o per conversione di un precedente accordo; Trib. Ravenna, 15 febbraio 2016 e Trib. Lucca, 14 novembre 2016.
dovranno comunque depositare una documentazione che consenta la ricostruzione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria13.
Enti pubblici
L’art. 1 esclude dal campo di applicazione del Codice gli enti qualificati pubblici dalla legge. Nel vigore della L. 3/2012 la questione ha invece generato controversie14.
2.2 Rapporti tra le procedure
Mentre attualmente i consumatori possono accedere a tutte e tre le discipline del sovraindebitamento, in futuro potranno optare esclusivamente per il Piano e la Liquidazione controllata ma non per il concordato minore (art. 79 comma 1).
Invece i soggetti diversi dai consumatori (professionisti, l’imprenditori minori ed ogni altro debitore non soggetto a liquidazione giudiziale) potranno accedere al Concordato minore e alla Liquidazione controllata ma non al Piano (art. 72 comma 1).
Nulla cambia nella nuova disciplina del Piano di ristrutturazione e Concordato minore quanto al soggetto legittimato a presentare la relativa domanda, che è e rimane il debitore
Per converso nella Liquidazione controllata possono presentare la domanda, con portata innovativa, oltre al debitore15 (art. 278 comma 2):
• il creditore, in caso di pendenza di una procedura esecutiva individuale;
• il pubblico ministero, in caso di pendenza di una procedura esecutiva individuale riguardante un imprenditore insolvente.
Tuttavia, se a chiedere la Liquidazione sia un soggetto diverso dal sovraindebitato, essa è dichiarata improcedibile quando già pendono un Piano di ristrutturazione o Concordato minore (art. 275 comma 1) oppure il debitore chiede di accedervi (art. 276 comma 1 e 2); ciò consente di paralizzare l’iniziativa di creditori e PM.
Nella L. 3/2012 invece l’atto di impulso alla liquidazione spetta solo al sovraindebitato e non anche al creditore o al PM.
13 Trib. Cremona, 17 aprile 2014.
14 Si dà il caso di un accordo di ristrutturazione proposto da un ente pubblico omologato dal Trib. Treviso il 10 ottobre 2015 e riformato dal medesimo tribunale il 12 maggio 2016.
15 E, secondo Trib. Treviso, 22 giugno 2017, la domanda è irretrattabile, avendo carattere concorsuale e pubblicistico.
La nuova disciplina intende così agevolare l’adozione di una misura che componga il sovraindebitamento celermente e nel rispetto della par condicio, lasciando comunque spazio a soluzioni meno traumatiche per il debitore rispetto alla Liquidazione.
In caso di revoca o risoluzione di un precedente Piano di ristrutturazione o Concordato minore, ai soggetti che sono legittimati con la L. 3/2012 a chiederne la conversione in Liquidazione controllata, cioè il debitore e i creditori (art. 14-quater l. sovr.), si aggiunge nella nuova disciplina anche il PM; tuttavia questi ultimi (creditori e PM) potranno proporre istanza soltanto quando revoca e risoluzione derivino da atti di frode o inadempimento (artt. 78 comma 1 e 2; art. 88 comma 1 e 2).
Viene invece meno nel Codice la possibilità, ora prevista, di dichiarare la conversione d’ufficio di un piano o accordo in Liquidazione16.
3 Misure protettive
Il Codice prevede le seguenti misure protettive:
1. inammissibilità di azioni esecutive o cautelari individuali;
2. sospensione dei processi esecutivi o cautelari pendenti;
3. divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione non concordati (le ipotesi da 1 a 3 sono ricomprese nell’art. 2, n. 16);
4. inefficacia nei confronti dei creditori anteriori delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 gg (art. 50 comma 4);
5. nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio o altri provvedimenti cautelari (art. 58 comma 2) adatti alle circostanze in vista della successiva procedura;
6. misure necessarie per portare a termine le trattative in corso volte al raggiungimento di un accordo stragiudiziale con i creditori in caso di procedimento di composizione assistita della crisi (art. 23)
Vediamo in che misura esse si applicano variamente alle diverse procedure
16 Art. 14-quater con riferimento agli artt. 11 comma 5, 14-bis comma 1, oltre a 14-bis comma 2 lett. b. nei casi determinati da cause imputabili al debitore.
3.1 Misure protettive nel Piano e Concordato
Il Codice prevede all’art. 69 comma 4 che la proposizione della domanda di Piano di ristrutturazione e Concordato minore sospende automaticamente i procedimenti esecutivi.
Sebbene collocata in una parte comune anche alla Liquidazione controllata, per il tenore letterale la norma non pare riferibile a quest’ultima procedura.
La formula adottata dal Codice è piuttosto concisa; si cita solo la sospensione dei procedimenti esecutivi ma non anche di quelli cautelari né si preclude l’inizio di nuove azioni esecutive o cautelari etc..
Viene comunque colmata almeno in parte la lacuna esistente nella L. 3/2012, la quale assicura la protezione soltanto a decorrere dal successivo decreto di apertura della procedura, confinandola oltretutto, nel piano del consumatore, ai soli procedimenti individuati in base a specifica e motivata istanza dal debitore, e non invece a tutti i procedimenti esistenti.
Nel Codice si assiste ad una triplicazione di norme, perché il divieto di azioni esecutive, oltre che nell’art. 69 comma 4, è contenuto anche negli artt. 75 comma 3, primo periodo e 83 comma 2 lett. d., primo periodo, ed in queste ultime due ipotesi è condizionato ad un apposito provvedimento del giudice.
È davvero arduo individuare un’interpretazione produttiva di effetti che consenta di conservare tali norme (salvo attribuire al giudice il potere di confermare le misure e adottarne altre, come indicato nella relazione al Codice), ed è auspicabile che esse siano eliminate in sede di stesura finale dell’articolato.
Per l’art. 83 comma 2 lett. d., secondo periodo, “la sospensione (dei procedimenti esecutivi) non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili”.
Questa disposizione, già contenuta nell’attuale art. 10 comma 2 lett. c. l. sovr., mette a repentaglio il risanamento degli imprenditori e dei professionisti che accedano al Concordato minore in
continuità in presenza di crediti vantati da lavoratori, atteso che tali crediti sono impignorabili per i quattro quinti (o almeno la metà)17.
Per agevolare la composizione delle crisi, sarebbe opportuno rendere operante la sospensione dei procedimenti esecutivi anche nei confronti dei lavoratori; ciò è già consentito nel concordato preventivo, e non pare contrastare con i principi dell’ordinamento europeo, stante l’esistenza del fondo di garanzia INPS18.
Si potrebbe escludere l’operatività della sospensione unicamente per i crediti alimentari19, sulla base di motivazioni di natura sociale.
La norma non è riproposta nel Piano, ove la tematica ha portata più limitata, potendosi al più porre il problema in caso di assunzione di colf, badanti e altro personale di servizio.
Nel Piano il giudice può disporre ulteriori misure protettive analoghe a quelle previste nel concordato preventivo (potrebbero essere quelle dei punti 5 e 6 del precedente elenco; cfr. art. 75 comma 3 secondo periodo); sempre nel Piano le misure protettive possono essere revocate in caso di atti in frode, su istanza dei creditori o anche d’ufficio (art. 75 comma 4).
Nulla è disposto circa le ulteriori misure protettive e la loro revoca nel Concordato minore, dove tuttavia occorre fare riferimento alle norme in materia di concordato preventivo.
3.2 Misure protettive nella Liquidazione
L’attuale art. 14-quinquies della L. 3/2012 prevede il potere del giudice di disporre il divieto di azioni cautelari e esecutive nella procedura di liquidazione dei beni.
Nessuna disciplina in tal senso è invece contenuta invece nel Codice nell’ambito della Liquidazione controllata.
17 Cfr. art. 545 c.p.c..
18 La proposta di direttiva diffusa il 22 novembre 2016 dalla Commissione dell’UE sull’armonizzazione delle procedure di insolvenza prevede che i diritti non pagati dei lavoratori dovrebbero, in linea di principio, essere esclusi dalla sospensione delle azioni di esecuzione; tuttavia una sospensione per tali diritti dovrebbe essere possibile per gli importi e i periodi in relazione ai quali gli Stati membri garantiscono il pagamento di tali diritti con altri mezzi.
Nel caso dell’Italia esiste a tale scopo il fondo di garanzia dell’INPS, istituito con la L. 297/1982, che garantisce il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro insolvente e, con il D.Lgs 80/92, anche le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto.
19 I crediti alimentari sono definiti dall’art. 438 c.c. e riconosciuti a chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento; non devono superare quanto necessario per la vita dell’alimentando, considerando però la sua posizione sociale. Sono quelli dovuti dai soggetti indicati all’art. 433 c.c., cioè dal coniuge, dai figli, dai genitori etc. nonché ai sensi dell’art. 437 c.c. dal donatario, nei limiti della donazione tutt’ora esistente nel suo patrimonio.
Quand’anche il legislatore non intenda porre rimedio a questa lacuna20, vi è tuttavia motivo di ritenere che già nella versione attuale del Codice esista un divieto implicito da parte dei creditori di aggredire il patrimonio del sovraindebitato. Infatti il decreto di apertura della Liquidazione deve essere trascritto nei registri immobiliari e mobiliari (art. 275 comma 2 lett. g), e ciò, verosimilmente, al fine di sottrarre i beni all’esecuzione individuale e vincolarli alla comune destinazione concorsuale21.
Ragionare al contrario significherebbe destituire di qualunque utilità la nuova disciplina della Liquidazione controllata, e tanto viene riconosciuto anche dalla relazione al Codice, per il quale “senza sospensione dei procedimenti esecutivi nessun piano potrebbe avere concreta esecuzione, come ha dimostrato la pratica”.
Da quale momento vigono le misure protettive, in questo caso? Dal momento della proposizione della domanda (anche “in bianco”; vedi capitoli successivi), si sarebbe indotti a ritenere; e ciò perché così dispone l’art. 69 comma 4 in caso di Piano o Concordato, e considerato altresì che solo introducendo un automatic stay precoce può dirsi rispettato il dettato della L. 155/2017, il quale demanda al Codice il compito, nel riscrivere la disciplina del sovraindebitamento, di “introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo”.
La Liquidazione controllata non replica la disposizione che, nel caso di Concordato minore, esenta i titolari di crediti impignorabili dalla sospensione dei procedimenti esecutivi (83 comma 2); d'altronde lo spossessamento “diversamente” attenuato del debitore operato nella Liquidazione ( art. 273 comma 3 e 275 lett. e) rappresenta un’adeguata tutela a favore dei creditori superprivilegiati.
Considerato che l’istituto della Liquidazione controllata non è una misura premiale per il debitore bensì uno strumento di tutela dei creditori (cap. 5.3), pare logico ritenere che qui le misure protettive non siano e non debbano essere revocabili per frode, come invece è nel Piano (art. 75 comma 4).
In caso di Liquidazione, il divieto di azioni esecutive non vige soltanto nei confronti dei creditori per causa o titolo anteriore alla proposizione della domanda, ma anche per quelli sorti successivamente; tanto risulta, in questo caso esplicitamente, dall’art. 281 comma 122.
20 Basterebbe una modifica del tenore letterale dell’art. 69 c. 4.
21 X. XXXXXXXX, La nuova procedura di liquidazione giudiziale del sovraindebitato, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2018.
22 Testualmente, però, il divieto opera soltanto per i “creditori con causa o titolo posteriore al momento dell’esecuzione della pubblicità di cui all’articolo 275, comma 2 lettera f)”, cioè alla pubblicità sul sito web del
La circostanza che il medesimo divieto di azioni esecutive nei confronti dei creditori “posteriori” sia previsto nella liquidazione e non anche nel Piano e nel Concordato è verosimilmente frutto di una scelta deliberata della commissione, considerato che la Liquidazione offre maggiori garanzie di tutela per tutti i creditori, sia ante che post domanda, rispetto agli altri istituti.
In ogni caso ai creditori per titolo o causa posteriore alla proposizione della domanda spetta la prededuzione in tutte le procedure23.
3.3 Domanda “in bianco” e inefficacia delle ipoteche giudiziali
L’art. 69 comma 2, nel richiamare le norme contenute nel Titolo III, in quanto compatibili, richiama anche l’art. 58 comma 2 il quale prevede, in tema di procedimento unitario per l’accesso alle procedure della crisi o insolvenza, che “su richiesta del debitore […] il tribunale può disporre anche il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e dell’impresa, indicandone la durata. Entro il medesimo termine i creditori non possono acquisire titoli di prelazione se non concordati”.
Poiché la norma si riferisce al “debitore” (oltre che all’impresa), pare confermato che questi possa chiedere al tribunale un termine per il deposito di una proposta ai creditori usufruendo allo stesso tempo dell’automatic stay. Occorrerà dunque distinguere, anche in materia di sovraindebitamento, tra domanda “prenotativa” e domanda “definitiva”.
L’art. 50 comma 4, anch’esso richiamato dall’art. 69 comma 2, sancisce l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni antecedenti alla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso al procedimento unitario.
In questo caso tuttavia il riferimento è alle sole imprese e non anche al “debitore”, ma non si ravvedono motivi per giustificare una disparità di trattamento tra soggetti sovraindebitati a diverso titolo.
Comunque, al fine di evitare interpretazioni analogiche non autorizzate, sarebbe opportuno che in sede di stesura dell’articolato finale la disposizione sull’inefficacia delle ipoteche giudiziali fosse estesa anche ai consumatori e ai professionisti e prevedesse esplicitamente che il termine di 90 giorni si applichi non soltanto alla domanda definitiva ma anche a quella prenotativa.
tribunale e, occorrendo, sul registro delle imprese. Sarebbe bene modificare il Codice facendo retroagire il divieto alla proposizione della domanda.
23 Art. 50 comma 3, richiamato dall’art. 69 comma 2, per Piano e Concordato e art. 281 comma 2 per la Liquidazione, nonché art. 9 lett. e per tutte le procedure.
4 Sorte dei contratti
4.1 Cessione del quinto nel Piano
Il consumatore sovraindebitato può chiedere nel Piano che siano oggetto di ristrutturazione (“sistemazione”) anche i finanziamenti garantiti dal quinto dello stipendio, del TFR o della pensione, oppure garantiti da pegno (art. 72 comma 3).
Viene così superato l’indirizzo restrittivo di parte della giurisprudenza secondo la quale una volta intervenuta la cessione del quinto e dei crediti futuri in generale le rate maturate successivamente fuoriescono definitivamente dal patrimonio del debitore24 o comunque per almeno tre anni25.
Pertanto, secondo il Codice, diventano acquisibili all’attivo della procedura i quinti futuri di stipendio, TFR o pensione (anche se in giurisprudenza e dottrina, precorrendo i tempi della riforma, si sono affermate posizioni in tal senso già nel vigore della L. 3/201226). Invece il correlato debito per finanziamento entra nel passivo col rango chirografario; infatti la “cessione” del quinto rappresenta un mandato all’incasso a scopo di garanzia, non un titolo di prelazione che possa essere fatto valere dal creditore.
Quanto al momento dal quale far decorrere l’incameramento, l’art. 72 prevede che tali contratti si sciolgono di diritto all’omologazione del Piano, e quindi questa è la data che funge da discrimine.
Si tratta dunque di uno scioglimento che opera automaticamente, purché sia previsto nella domanda, e che non prevede alcuna istruttoria né contraddittorio con il finanziatore (a differenza di quanto previsto per i contratti pendenti, art. 102).
Lo scioglimento opera anche per i finanziamenti garantiti da pegno, fermo restando però, in questo caso, che la natura privilegiata del credito non viene meno, e che dunque esso dovrà
24 Cass, 14 aprile 2010, n. 8961.
25 Trib. Monza, 26 luglio 2017.
26 Trib. Pistoia, 23 dicembre 2013, Trib. Grosseto, 9 maggio 2017 nonché numerose altre.
27 X. XXXXXXX, Sovraindebitamento: le novità della riforma, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2017.
essere soddisfatto per l’intero, una volta ceduto il bene cui esso inerisce, salvo falcidia ex art. 72 comma 4.
Quindi il risultato pratico dello scioglimento del prestito garantito da pegno è unicamente di interrompere la debenza delle rate; debenza che non può essere altrimenti arrestata, posto che nessuna norma del Codice dispone che nel Piano i crediti si considerino scaduti agli effetti del concorso alla data di apertura della procedura28, come invece avviene nel Concordato minore29 e, verosimilmente, nella Liquidazione controllata30. Ciò consente la liberazione nell’immediato di flussi finanziari, fermo restando che non si determina un incremento delle risorse a favore dei creditori.
La dottrina sopra richiamata (nota 27) ritiene che la medesima disciplina fin qui illustrata dovrebbe essere applicabile al Concordato Minore e alla Liquidazione Controllata.
Tuttavia, quanto al Concordato minore, mentre potrebbe darsi un’applicazione analogica della disciplina della cessione del quinto, inconferente risulterebbe quella dei prestiti su pegno, considerata l’esistenza di una normativa speciale sullo scioglimento dei finanziamenti con garanzia reale (illustrata nel capitolo successivo), mentre, quanto alla Liquidazione controllata, sarebbe più opportuno un rimando alla disciplina sui contratti pendenti nella liquidazione giudiziale (art. 177) o una sua applicazione analogica32.
28 Propende per la non applicabilità dell’art. 55 l. fall. al piano del consumatore ex L. 3/2012 il Trib. Milano, 18 ottobre 2017.
29 In sequenza, l’art. 79 c. 3 richiama l’art. 101 c.1 che a sua volta richiama l’art. 159 c. 2.
30 Senza scomodare l’applicazione analogica dell’art. 159 c. 2 che dispone l’immediata scadenza dei debiti pecuniari nella Liquidazione giudiziale, si può osservare che nella Liquidazione controllata la distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione deve avvenire secondo l’ordine di prelazione risultante dallo stato passivo (art. 279 c. 4), e ciò sarebbe incompatibile con la prosecuzione di pagamenti rateali.
31 Il debitore potrebbe però semplicemente cessare di pagare le rate del mutuo ipotecario, ma ciò esporrebbe il patrimonio al rischio di azioni esecutive, qualora tali rate fossero iscrivibili nel novero dei crediti sorti per la gestione del patrimonio del debitore, prededucibili ex art. 9 lett. e), non constando una disposizione che sancisca il divieto di azioni esecutive per tali crediti, come invece avviene nella Liquidazione controllata (art. 281 c.2).
32 Già con la disciplina attuale della L. 3/2012 ritiene che alla liquidazione dei beni possano applicarsi per analogia le norme degli artt. 72 e seguenti l. fall. X. XXXXXX, Sovraindebitamento: liquidazione del patrimonio, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2017.
4.2 Contratti pendenti e finanziamenti nel Concordato
L’attuale L. 3/2012 non disciplina i contratti pendenti, ma in giurisprudenza si è ritenuto applicabile analogicamente l’art. 169-bis l. fall. ad un accordo di ristrutturazione33.
Invece l’art. 79 comma 3 del Codice in materia di Concordato minore, nel rimandare esplicitamente alle norme del concordato preventivo in quanto compatibili, richiama anche l’art. 102, che consente lo scioglimento dei contratti ancora ineseguiti o solo parzialmente eseguiti (nelle prestazioni principali) da entrambe le parti.
L’ipotesi di più ricorrente applicazione riguarda i contratti di locazione finanziaria; contratti questi che, se non sciolti, generano rate successive all’apertura della procedura da pagare per l’intero. Viceversa, in caso di scioglimento, le rate a scadere costituiscono l’indennizzo a favore della controparte, ma sono da trattarsi come credito chirografario sottoposto a falcidia.
Per converso i finanziamenti già completamente erogati e non ancora integralmente rimborsati, siano essi chirografari oppure privilegiati, si considerano scaduti all’apertura della procedura34; ad essi, dunque, l’art. 102 non può applicarsi, trattandosi di contratti che una delle due parti - il mutuante - ha già completamento eseguito nella prestazione principale35.
Nel Concordato in continuità dell’imprenditore minore o del professionista, l’immediata scadenza (che non significa immediata esigibilità) è vantaggiosa nel caso di finanziamenti chirografari mentre è svantaggiosa nel caso di finanziamenti assistiti da garanzia reale su beni non destinati alla vendita.
Infatti nel caso di finanziamento chirografario il debitore potrà falcidiare il debito residuo e prevedere tempi di rimborso sostenibili e compatibili col piano di risanamento (senza eccedere i cinque anni36), anziché corrispondere le rate prededucibili per l’intero a ciascuna scadenza contrattuale.
33 Trib. Pistoia, 23 febbraio 2015.
34 Per la sequenza normativa già illustrata nella nota 29.
35 Peraltro vi è chi sostiene che lo scioglimento automatico dei contratti di finanziamento si determini già con l’attuale art. 169-bis l. fall. (così Trib. Milano, 9 marzo 2017), essendo l’articolo rubricato con la formula “Contratti pendenti” a seguito delle modifiche apportate dal DL 83/15, anche se nel testo della norma non si fa esplicito riferimento a contratti ineseguiti da entrambe le parti (a differenza della relazione illustrativa). E fautori della stessa interpretazione vi erano anche in precedenza, quando l’articolo era rubricato semplicemente “Contratti in corso di esecuzione”, tra i quali X. XXXXXXX, che ebbe a tacciare la opposta tesi di essere “insostenibile ed eversiva”: si veda il suo articolo in Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: concordato preventivo - Finanziamenti e contratti pendenti, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2015,.
36 Così per l’odierno piano del consumatore si esprime Trib. Rovigo, 13 dicembre 2016; tuttavia mi pare che il termine quinquennale si attagli al caso di Concordato minore in continuità, mentre Piano e il Concordato minore
Invece nel caso di finanziamento con privilegio su beni non destinati alla liquidazione, l’esigibilità per l’intero del debito, in quanto privilegiato, in uno con l’impossibilità di prevedere moratorie oltre i due anni (cap. 4.4) possono mettere a repentaglio la tenuta del piano di risanamento, in quanto flussi finanziari devono essere stornati dalla continuità, cioè dal pagamento di fornitori, dipendenti etc., per essere destinati al rimborso anticipato del mutuo.
Soccorre tuttavia una disposizione nuova di zecca introdotta nell’art. 105 comma 2 (richiamato dall’art. 79 comma 3), che consente di proseguire nei finanziamenti con garanzia reale se il debitore, alla data di presentazione della domanda di concordato, abbia adempiuto regolarmente i pagamenti previsti oppure se sia stato autorizzato dal tribunale al pagamento del capitale ed interessi scaduti, previa attestazione che il pagamento sia essenziale per la prosecuzione dell’attività d’impresa e funzionale ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
La disciplina dei contratti pendenti di cui all’art. 102 nel Concordato minore è verosimilmente destinata a restare confinata a questo istituto, atteso che nel Piano vi è la speciale regolamentazione sui finanziamenti garantiti da cessione del quinto e pegno, mentre nella Liquidazione controllata sarebbe più ragionevole applicare analogicamente la speciale disciplina dell’art. 177 prevista per la liquidazione giudiziale.
4.3 Cessione parziale dei beni
Nel vigore dell’attuale disciplina si sono pronunciati contro l’ammissibilità di un piano del consumatore in cui il debitore non ceda l’intero suo patrimonio ai creditori sia la dottrina37 che, in linea di massima, la giurisprudenza38 per violazione dell’art. 2740 c.c., fatto salvo l’apporto di risorse esterne.
La stessa conclusione dovrebbe valere per il nuovo Piano di ristrutturazione previsto dal Codice. A diverse conclusioni si giunge nel caso di Concordato minore.
Si consideri infatti che nel caso di Concordato minore liquidatorio - quindi con apporto necessario di risorse esterne ex art. 79 comma 2 - ben potrebbe la proposta prevedere che non vengano liquidati taluni beni cui il debitore sia, ad esempio, legato per motivi affettivi, purché esse (risorse esterne) aumentino comunque in misura apprezzabile il soddisfacimento dei creditori; in tal modo
liquidatorio non dovrebbero eccedere la durata di tre anni, per le ragioni illustrate in tema di concordato preventivo da Trib. Modena, 13 giugno 2013.
37 X. XXXXXXXX, Il piano del consumatore: natura del procedimento e conseguenze del suo inquadramento sistematico, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2017.
38 Trib. Treviso, 21 dicembre 2016.
si potrebbe dire realizzato il fine di “pervenire al miglior soddisfacimento dei creditori salvaguardando i diritti del debitore” (art. 3).
Nel diverso caso di un Concordato minore in continuità, la proposta prevedrà necessariamente che non vengano posti in vendita i beni funzionali alla continuazione dell’attività, ma vi è motivo di ritenere che essa possa parimenti prevedere il permanere nella sfera giuridica del debitore anche di beni non funzionali. E ciò, sebbene la nuova disciplina del concordato in continuità non presenti più l’inciso, contenuto nell’attuale art. 186-bis l. fall., per cui “Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa”, poiché comunque a legittimare la cessione soltanto parziale del patrimonio non funzionale alla continuità è la dimostrazione del miglior soddisfacimento dei creditori ex art. 92, n. 7, come richiamato dall’art. 79 comma 3.
Pare di potersi escludere radicalmente, invece, che la Liquidazione controllata possa derogare all’art. 2740 c.c..
4.4 Moratoria dei crediti privilegiati
L’attuale art. 8 comma 4 l. sovr. prevede una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di pegno, privilegio ed ipoteca in caso di accordo di ristrutturazione con continuazione dell’attività di impresa e di piano del consumatore.
Nella nuova disciplina, invece, vi è una previsione esplicita in tal senso solo per il Concordato minore in continuità, in forza del richiamo operato dall’art. 79 comma 3 all’art. 91, il quale consente, in caso di continuità aziendale, di prevedere nella proposta una moratoria fino a due anni dall’omologazione per il pagamento dei crediti muniti di pegno, privilegio ed ipoteca.
La norma ha lo scopo di consentire al debitore di non impegnare immediatamente i flussi di cassa derivanti dalla continuità aziendale nel pagamento dei creditori che vantano privilegi su beni dei quali non sia prevista la liquidazione, ma di poterli reinvestire nella gestione per pagare i fornitori di beni e servizi e i lavoratori.
La norma echeggia quanto previsto dall’attuale art. 186-bis in materia di moratoria annuale nel concordato preventivo con continuità aziendale. Il Codice prevede però un termine raddoppiato, essendo risultato eccessivamente penalizzante il termine di un anno presente nell’attuale disciplina (così la relazione al Codice).
Nel caso del concordato preventivo ex art. 186-bis l. fall., la Corte di Cassazione ha sistematicamente ammesso la possibilità di moratoria ultrannuale39, ma non è dato sapere quale orientamento giurisprudenziale si svilupperà col nuovo art. 91, anche se la relazione al Codice pare lasciare pochi spiragli ad ipotesi di moratoria ultrabiennale.
In ogni resta la facoltà per il debitore di stipulare accordi para o extra-concordatari col creditore40 anche finalizzati a moratorie di lunga durata.
Quanto al Piano del consumatore, l’ipotesi della moratoria ultrannuale nel vigore della L. 3/2012 è stata recentissimamente negata sulla base di un’asserita “coerenza con il regime vigente per il concordato preventivo” (!)41.
Così pure ha negato la moratoria ultrannuale nel piano del consumatore la giurisprudenza di merito, con rare eccezioni42, e col risultato pratico di rendere inammissibile una procedura di composizione della crisi che consenta al debitore di proseguire i pagamenti rateali di debiti privilegiati secondo le ordinarie scadenze contrattuali; e ciò nonostante la circostanza che nella disciplina del sovraindebitamento non si applichi l’art. 55 l. fall. e quindi i debiti non si considerino scaduti all’apertura della procedura.
Ritengo tuttavia che il Codice abbia sovvertito i termini della questione.
Infatti, il Codice disciplina la moratoria biennale dei debiti privilegiati esclusivamente nel Concordato minore e non anche nel Piano; invece l‘attuale art. 8 comma 4 l. sovr. consente la moratoria anche nel piano del consumatore.
Pare dunque che nel Piano non vi sia più spazio per una moratoria di alcun genere o durata, sia essa infra che ultra-biennale, anche perché osta all’applicazione analogica della disciplina del Concordato minore in continuità la circostanza che nel Piano non vi sono flussi di cassa al servizio della continuità da tutelare tramite il rinvio del pagamento dei debiti privilegiati.
Inoltre, se si accoglie il principio generale che il pagamento del creditore privilegiato deve conseguire immediatamente alla disponibilità da parte del debitore della somma ricavata dalla
39 Da ultimo Cass. 2 settembre 2015, n. 17461.
40 Così X. XXXXXXXXX, Concordato preventivo e autonomia privata: i cc.dd. patti paraconcordatari, in xxxxxx.xx, 2016; X. XXXXXXX, La scadenza immediata delle obbligazioni e l’obbligo inderogabile di pagare gli interessi sui crediti privilegiati, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2013.
41 Così Cass, 23 febbraio 2018 n. 4451. In realtà sin dall’introduzione nel 2011 dell’art. 186-bis la Cassazione ha sempre ritenuto ammissibile la moratoria ultrannuale nel concordato preventivo, quindi si coglie una contraddittorietà nella sentenza; vedasi nota 39.
42 Come nel caso trattato Trib. Milano, 18 ottobre 2017, ove è stata concessa la moratoria ultrannuale sulla base dell’impegno del debitore a pagare integralmente il mutuo e della circostanza che egli ne aveva sempre onorato regolarmente le rate.
liquidazione del bene sul quali grava il privilegio (così la relazione al Codice a commento dell’art. 91) e se nel Piano devono essere liquidati tutti i beni, non essendo consentita una cessione solo parziale (cap. 4.3), allora la moratoria non può mai essere invocata.
Attraverso l’apposita disciplina prevista dall’art. 72 comma 3, il debitore può tuttavia interrompere la debenza delle rate relative ai finanziamenti garantiti da pegno (oltre che da cessione del quinto); non altrettanto parrebbe possibile in caso di mutui ipotecari (si veda cap. 4.1 e la nota 31), e ciò può pregiudicare nel breve termine le risorse finanziarie per il mantenimento del debitore e dei suoi familiari.
Concludendo l’analisi comparativa sul tema della moratoria, è da escludere che la disciplina della moratoria biennale sia di qualche utilità nella nuova Liquidazione controllata.
Tornando alla moratoria biennale nel Concordato minore in continuità, il Codice riconosce il diritto di voto per l’intero ammontare del credito ogniqualvolta la moratoria sia maggiore di un anno (artt. 91 e 114,. comma 5).
Il riconoscimento del diritto di voto per l’intero credito oggetto di moratoria è sproporzionato, a parere di chi scrive, rispetto al pregiudizio economico e finanziario patito in conseguenza della dilazione, e comporta una alterazione delle maggioranze a favore di chi, tutto sommato, ha poco da perdere da una dilazione che può essere da minimo di uno al massimo di due anni (salvo ipotesi di moratoria ultrabiennale, se consentita); costui potrebbe infatti essere adeguatamente compensato riconoscendogli interessi di mercato per la dilazione patita o, alternativamente, riconoscendogli nella stessa misura diritti di voto.
Si tratta comunque di una scelta deliberata della commissione, derivante dall’ “assoggettamento del credito nel suo complesso, per effetto del concordato, ad un diverso regime giuridico rispetto a quello ordinario” (così la relazione al Codice).
5 Altre questioni procedurali
5.1 Competenze dell’OCC
È stata espunta dal Codice la facoltà di nomina di un professionista facente le funzioni dell’OCC da parte dell’autorità giudiziaria ex art. 15 comma 9 L. 3/2012; peraltro la giurisprudenza ha
recentemente precisato la natura sussidiaria di tale nomina per provvedimento giudiziario, che viene meno dal momento della costituzione degli organismi del proprio circondario43.
E così destinata a essere superata la prassi, che non aveva trovato favorevole accoglienza in giurisprudenza, di approfittare del deposito di un’istanza di nomina di un professionista con funzioni di OCC per chiedere un termine per il deposito della proposta ai creditori durante il quale sospendere o precludere le azioni esecutive44; concessione di termine che invece dovrebbe essere consentita dal nuovo Codice tramite lo strumento della domanda in bianco (cap. 3.3).
Il Codice afferma ora testualmente l’inammissibilità di una proposta formulata senza l’ausilio dell’OCC45 posto che nel Piano e Concordato è previsto che la domanda sia presentata tramite l’OCC (artt. 73 e 81), mentre nella liquidazione essa può essere presentata personalmente dal debitore ma pur sempre con l’assistenza dell’OCC (art. 274). Anche lo stesso art. 71, comune a tutte le procedure di sovraindebitamento, ribadisce che esse sono promosse e si svolgono a cura degli OCC.
Proprio il tenore letterale di queste disposizioni fa ritenere superata la controversa questione se il sovraindebitato, oltre a ricorre all’OCC, debba anche munirsi di un difensore46: poiché nel caso di Piano e Concordato la domanda deve essere presentata dall’organismo e nella liquidazione può essere presentata personalmente dal debitore, viene meno la necessità dell’assistenza di un legale di fiducia.
Il nuovo Codice non preclude al debitore la possibilità, già riconosciuta dalla giurisprudenza con le norme vigenti47, di avvalersi di un soggetto di propria fiducia per la redazione del piano, fermo restando che l’OCC dovrà farlo proprio verificandone sia la veridicità che fattibilità.
Discutibile è, semmai, se a tale professionista competerà la prededuzione, oggi riconosciutagli dalla giurisprudenza48, considerato che nella nuova disciplina (art. 9) non sono prededucibili i crediti professionali per prestazioni rese durante le procedure di allerta e composizione assistita
43 Cass. 8 giugno 0000, x. 00000. Di conseguenza, secondo Trib. Treviso, 12 ottobre 2017, deve essere rigettata l’istanza per la nomina di un professionista-attestatore.
44 Per alcuni provvedimenti inediti sulla questione si veda X. XXXXXXXX, Gli orientamenti della sezione fallimentare del tribunale di Milano sul sovraindebitamento, 2018, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx. Viene ribadito che i casi di divieto delle azioni esecutive previsti dalla L. 3/2012 sono quelli tassativamente indicati nell’art. 10 c.2 lett. c e 12 c. 3 per l’accordo, 12-bis c.2 e 12-ter, commi 1 e 2 per il piano e 14-quinquies c. 2 per la liquidazione.
45 Ipotesi preclusa già con la L. 3/2012; così Trib. Pordenone, 15 luglio 2014, inedita, citata in X. XXXXXXXXX, La crisi da sovraindebitamento nella giurisprudenza. lo stato dell’arte, in Il fallimento, 2/2018.
46 A favore Trib. Massa, 26 gennaio 2016. Contro, se nell’OCC che presenta la domanda vi sia anche un legale Trib. Vicenza, 29 aprile 2014.
47 Trib. Vicenza, 29 aprile 2014.
48 Trib. Napoli, 16 novembre 2017.
della crisi da soggetti diversi dall’organismo di composizione assistita della crisi49. Evidentemente l’estensore della riforma ritiene che quando il creditore viene affidato alle cure di un organismo all’uopo istituito, l’ulteriore figura del professionista di fiducia sia superfluo o comunque non meritevole di tutela.
Il Codice non ha riproposto la norma di cui all’art. 15, n. 10 l. sovr. che conferiva agli organismi il potere di accedere a numerose banche dati (anagrafe tributaria, sistema di informazioni creditizie, centrale rischi etc.) per colmare le lacune informative del debitore50. Si prevede unicamente un “dialogo” immediato tra OCC registro imprese, agente della riscossione, uffici fiscali e INPS51, e questo è un depotenziamento dell’OCC cui bisogna senza dubbio porre rimedio in fase di stesura finale del testo di legge.
La L. 3/2012 prevede l’attestazione di fattibilità obbligatoria da parte dell’OCC sia nell’accordo e piano (art. 9 comma 3 l. sovr.), ed anche nella liquidazione (art. 14-ter comma 2 l. sovr., sebbene non si comprenda a cosa serva in quest’ultimo caso). È inoltre prevista nell’accordo un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.
Nel nuovo regime invece l’attestazione di fattibilità è sempre facoltativa (art. 69 comma 2 ultimo periodo), al pari di quanto avviene nel nuovo concordato preventivo (art. 92 comma 2), ed è logico ritenere che la legge intenda attribuire al creditore la facoltà di produrre l’attestazione di un terzo diverso dall’OCC, considerato che sarebbe contraddittorio assegnare tale incombenza all’organismo cui già spetta comunque il compito di fornire un quadro fedele della situazione e dell’attendibilità del programma sotteso alla soluzione della crisi.
Piano di ristrutturazione e Concordato minore continuano a prevedere le attestazioni speciali dell’OCC, non giurate, per la falcidia di creditori privilegiati a fronte dell’incapienza dei beni posti a garanzia (art. 72 comma 4 e 80 comma 3).
5.2 Realizzo e ripartizione dell’attivo
Le modalità di realizzo dell’attivo nelle procedure di Piano di ristrutturazione e Concordato minore sono rimesse alla domanda del debitore.
49 L’organismo di composizione assistita della crisi (“OCRI”) è l’organismo deputato a gestire la fase dell’allerta e della composizione assistita della crisi per le imprese non minori. Esso trova autonoma regolamentazione all’interno del Codice, mentre l’OCC continua ad essere disciplinato dal DM 202/2014.
50 Lo rileva X. XXXXXXXX, La nuova procedura giudiziale di liquidazione del sovraindebitato, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2018.
51 Artt. 75 comma 4, 81 comma 4 e 274 comma 3 del Codice e art. 28 Disp. Att. Codice Crisi e Insolvenza.
Tuttavia nel Piano, che non ha natura contrattuale, il giudice, su suggerimento dell’OCC, può disporre direttamente modifiche al Piano di ristrutturazione in sede di verifica della sua ammissibilità e fattibilità (art. 75 comma 6). Modifiche sono sempre possibili in entrambe le procedure nella fase esecutiva, quando il programma originariamente previsto sia divenuto inattuabile (artt. 77 comma 2 e 86 comma 4).
Nel caso della Liquidazione il realizzo dell’attivo è rimesso al liquidatore, il quale forma il programma di liquidazione, che continua a non essere oggetto di approvazione né di impugnazione da parte dei creditori o del giudice delegato.
Il Codice non detta, però, alcuna prescrizione esplicita in merito alle modalità di realizzo dell’attivo.
Al contrario l’attuale art. 14-novies l. sovr. fissa alcune prescrizioni, disponendo che la liquidazione debba attuarsi tramite:
• la cessione dei crediti la cui scadenza è superiore alla durata della procedura (4 anni);
• la competitività delle procedure di vendita anche tramite adeguata pubblicità;
• la stima dei beni salvo di modico valore;
• la facoltà del giudice di sospendere gli atti esecutivi del programma di liquidazione quando ricorrono gravi e giustificati motivi.
Mi pare che concedere poteri così ampi nella nuova disciplina ad un ausiliario del giudice non possa essere un risultato desiderato dal legislatore, e che dunque occorra integrarla, eventualmente tramite un rimando all’art. 221 e 222 del Codice concernente il realizzo dell’attivo nella liquidazione giudiziale delle imprese sopra soglia. Ciò consentirebbe di usufruire di alcune disposizioni ivi previste assai utili per una proficua attività liquidatoria, come ad esempio la possibilità di vendite rateali.
Sempre nella Liquidazione, in pendenza di procedura, l’amministrazione dei beni spetta al liquidatore (art. 279), mentre nulla si dice in merito alla esperibilità di azioni risarcitorie52, recuperatorie e revocatorie.
Diversamente, la disciplina vigente prevede all’art. 14-decies che il liquidatore possa esercitare l’azione recuperatoria volta alla restituzione o rivendica di beni ed al recupero di crediti. Secondo
52 Ovviamente mi riferisco ad azioni risarcitorie indirizzate verso terzi, ad esempio organi sociali di società o associazioni; non certo verso il debitore, che soffre già lo spossessamento “diversamente” attenuato; cfr. art. 273
c. 3.
dottrina, ma le posizioni non sono unanimi, la formula adottata consente di ritenere che il liquidatore possa esercitare anche l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c..
Sarebbe dunque opportuno integrare la nuova disciplina in sede di adozione del testo di legge, salvo trattarsi di una scelta deliberata della commissione per assicurare la speditezza della procedura.
Quanto alla fase di ripartizione dell’attivo, occorre interrogarsi per quali delle diverse discipline debba essere rispettato il principio della par condicio creditorum. Certamente deve esserlo nel Concordato minore (art. 90 lett. e ed altri) e nella Liquidazione giudiziale (art. 279 comma 4).
Non pare invece che il Piano debba rispettare l’ordine delle cause legittime di prelazione53; manca infatti una previsione esplicita in tal senso, e l’interpretazione analogica è ostacolata per le ragioni già illustrate (nota 3). D’altronde in questo caso il giudice non solo verifica l’ammissibilità e la fattibilità del piano, ma può anche disporre le modifiche necessarie (art. 75 comma 6), e ciò assicura l’equo contemperamento degli interessi dei diversi creditori.
5.3 Miscellanee
In primo luogo, il Codice prevede all’art. 70 la trattazione e gestione unitaria delle procedure di sovraindebitamento collegate in quanto riguardanti più membri della stessa famiglia, beni in cointestazione, garante e garantito o per altri motivi.
Si prevedono la nomina di unico giudice delegato e di un unico OCC e la determinazione di un unico attivo e passivo sui quali calcolare i compensi.
Rimangono invece distinte le masse attive e passive e quindi, in caso di Concordato, le votazioni.
In secondo luogo, sia nel Piano di ristrutturazione che nel Concordato minore sono disposte sanzioni processuali a carico del creditore che eroghi “prestito irresponsabile”, cioè che abbia consapevolmente o colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo
53 In tal senso con riferimento alla disciplina del piano del consumatore ex L. 3/2012, Trib. Ascoli, 4 aprile 2014.
aggravamento o che, se istituto di credito, non abbia adeguatamente verificato il merito creditizio. In particolare egli:
• non può presentare osservazioni al Piano né presentare opposizione o reclamo in sede di omologazione del Piano e del Concordato, anche se dissenziente;
• non può far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.
In terzo luogo, il Codice ha finalmente rimosso il divieto di falcidia dell’IVA e delle ritenute operate e non versate. Piano e Concordato minore potranno dunque prevedere che detti tributi possano essere pagati solo in parte, e non più meramente dilazionati, in caso di incapienza dei beni sui quali grava il privilegio, tramite l’apposita attestazione speciale dell’OCC prevista dagli artt. 72 comma 4 e 80 comma 3.
Quanto alla meritevolezza, il Codice ripropone nel Piano la necessità di una relazione dell’OCC che contenga l’indicazione delle cause dell’indebitamento, della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere obbligazioni e delle ragioni che hanno comportato l’incapacità a adempierle, già prevista nell’attuale disciplina. Informazioni, queste, dirette a consentire al giudice di valutare la meritevolezza del debitore.
Curiosamente la relazione avente ad oggetto la meritevolezza è richiesta anche nel Concordato minore (mentre non lo è nell’attuale disciplina dell’accordo), ma è probabile che essa sia unicamente finalizzata a fornire ai creditori informazioni per esprimere consapevolmente il voto.
La nuova disciplina della Liquidazione controllata, a differenza di quella attuale, non prevede più l’inammissibilità della domanda di liquidazione se la documentazione non consente di ricostruire il quadro fedele della situazione del debitore oppure se constino atti di frode (art. 14-ter e 14- quinquies L. 3/2012).
Inoltre, secondo la nuova disciplina dell’art. 274 c. 2, la relazione particolareggiata dell’OCC allegata al ricorso deve contenere unicamente una valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore. Invece l’art. 14-ter l. sovr. richiede all’OCC una relazione particolareggiata contenente l’indicazione di cause dell’indebitamento, della diligenza del debitore nell’indebitarsi, delle ragioni degli inadempimenti, della solvibilità negli ultimi 5 anni e dell’esistenza di atti impugnabili; informazioni, queste, irrilevanti ai fini dell’ammissibilità alla procedura, sebbene utili nella
successiva fase dell’espletamento dell’attività di realizzo dell’attivo ed ai fini dell’eventuale successiva esdebitazione.
In altri termini la commissione ha preso atto che la Liquidazione è un istituto a tutela dei creditori che prescinde dalla meritevolezza del debitore, anziché costituire una misura premiale per quest’ultimo.
6 Esdebitazione
L’esdebitazione consente ad un soggetto indebitato di liberarsi dei propri debiti.
6.1 Esdebitazione nel Piano e Concordato minore
Il Codice non stabilisce esplicitamente che il Piano e il Concordato minore omologati sono obbligatori per tutti i creditori anteriori, cioè che determinano l’esdebitazione del debitore (come invece stabilito oggi nel piano e accordo rispettivamente nell’art. 12 comma 3 e 12-ter comma 2 l. sovr.).
Non vi è tuttavia ragione di dubitare dell’esdebitazione per così dire automatica che consegue all’omologazione di Piano e Concordato, poiché diversamente ragionando verrebbe meno la natura transattiva dei due istituti e l’utilità di farvi ricorso. Ed una riprova a contrario che effetto esdebitatorio si ha, è dato dall’art. 86 comma 5; questa disposizione stabilisce infatti che la risoluzione del Concordato minore esclude l’esdebitazione del sovraindebitato.
Tuttavia è consentito l’accesso a Piano e Concordato al soggetto solo che non sia già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda e non abbia beneficiato dell’esdebitazione per più di due volte (artt. 74 comma 1 e 82 comma 1). Viene in sostanza concessa ad un soggetto, sia essa persona fisica che società, non solo una second ma anche una third chance.
Nel Concordato minore l’esdebitazione si trasmette anche ai soci illimitatamente responsabili: è quanto consente l’art. 84 comma 4, secondo il quale “il concordato della società produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili”.
È quindi ribadita la stessa disciplina prevista per il concordato preventivo, ove i soci restano obbligati nei soli limiti della proposta della società, beneficiando dell’esdebitazione sul residuo.
La stessa formula è ripetuta nell’art. 69 comma 3, che disciplina anche il Piano di ristrutturazione, e si può ritenere che sia riferita non soltanto ai soci di società semplice non esercente attività d’impresa o professionale ma anche agli associati di associazioni che abbiano a rispondere personalmente e illimitatamente delle obbligazioni assunte dall’associazione, avendo agito in loro nome e per loro conto (art. 38 c.c.).
Non è da escludere che entrambe le disposizioni valgano anche a scongiurare il rischio di dover gestire più procedure in conseguenza del sovraindebitamento della società o dell’associazione e ad estendere ai soci ed associati illimitatamente responsabili il blocco delle azioni esecutive54.
6.2 Esdebitazione nella Liquidazione controllata
La disciplina dell’esdebitazione in caso di Liquidazione controllata è stata oggetto di profonda revisione.
L’art. 286 comma1 prevede che l’esdebitazione opera di diritto nel più breve fra i seguenti termini della procedura:
• provvedimento di chiusura;
• tre anni dalla sua apertura.
La nuova disciplina prevede all’art. 277 comma 3 che la Liquidazione controllata non possa superare i due anni, prorogabili a tre per gravi e giustificati motivi. È quindi previsto che la chiusura intervenga in tempi assai rapidi.
L’attuale art. 14-quinquies L. 3/2012 invece prevede invece una durata minima di 4 anni.
Il termine quadriennale della vigente disciplina ha, secondo dottrina, lo scopo di consentire l’acquisizione di eventuali beni (e crediti) sopravvenuti. Infatti, l’attuale art. 14-undecies L. 3/2012, prevede l’apprensione alla procedura delle attività sopravvenute nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione.
Nel Codice, al contrario, non si riscontra una previsione in tal senso nell’ambito della liquidazione controllata. È una dimenticanza della commissione oppure è una scelta esplicita? Propendo per la seconda ipotesi, considerato che nella diversa procedura di esdebitazione del debitore incapiente e meritevole regolata dall’art. 287 si prevede esplicitamente la destinazione ai creditori delle utilità rilevanti sopravvenute nei quattro anni.
54 Anche considerato, nel caso di snc e sas, che il beneficio della preventiva escussione di cui agli artt. 2304 e 2318
c.c. è di dubbia applicazione in pendenza di procedura.
Espungendo la disciplina dei beni sopravvenuti dalla procedura di liquidazione, viene rimosso l’ostacolo al suo accorciamento da quattro a due, massimo tre anni, così agevolando il più rapido fresh start del sovraindebitato (se esdebitato).
L’esdebitazione è dichiarata con decreto motivato del tribunale, che deve essere iscritto nel registro delle imprese (l’art. 286 comma 2); adempimento, quest’ultimo, certamente non dovuto quando il soggetto esdebitato sia diverso da un’impresa.
Contro il provvedimento possono proporre reclamo il PM e i creditori.
Costituisce motivo di preclusione all’esdebitazione la condanna passata in giudicato per reati penali gravi (art. 284 lett. a richiamato dall’art. 286 comma 3)
In particolare il debitore non deve essere stato condannato con sentenza passata in giudicato per:
1. bancarotta fraudolenta (art. 339);
2. delitti contro l'economia pubblica (artt. da 499 all’art. 512 c.p .);
3. delitti contro l'industria e il commercio (artt. da 513 all’art. 517-quinquies c.p.);
4. altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa. È fatto salvo il caso che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.
Una disposizione di identico tenore è già contenuta nell’attuale disciplina, ma è opportuno soffermarsi su di essa per alcune precisazioni.
È ragionevole ritenere che rientrino nella categoria residuale al punto 4 i reati attinenti alla liquidazione giudiziale diversi dalla bancarotta fraudolenta, e cioè la bancarotta semplice (art. 340)55, il ricorso abusivo al credito (art. 341) con la sua variante della truffa, quando si accompagni ad artifici e raggiri (ed il caso di gran lunga più frequente è l’emissione di fatture false per ottenere anticipazioni su crediti autoliquidanti), la denuncia di creditori inesistenti (art. 343) e la commissione di taluni reati societari previsti dal codice civile qualora ciò abbia cagionato il dissesto della società (art. 345 comma 2).
Ritengo altresì che rientrino in questa categoria residuale anche i (tanti) reati previsti nel D.Lgs. 231/2001 sulla responsabilità da reato delle società ed enti, quando tali reati siano stati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. L’elenco è numeroso: si va dalla truffa ai danni dello stato ai reati ambientali all’omicidio colposo per la violazione di norme antinfortunistiche.
55 Consta però una decisione del Tib. Udine, 25 giugno 2012, per il quale una condanna per bancarotta semplice documentale non impedisce la concessione del beneficio della liberazione dai debiti residui, posto che quest'ultimo reato non è espressamente previsto come causa ostativa dall'art. 142 primo comma l. fall. (che ricalca l’art. 284 del Codice), né la norma può essere interpretata estensivamente.
Destinatari della sanzione penale della 231 sono unicamente le società (anche di persone) e gli enti, e non anche gli imprenditori individuali. Tuttavia dovrebbe essere escluso dal beneficio dell’esdebitazione anche l’imprenditore individuale, qualora egli sia attinto da una condanna per i reati del “catalogo” 231, ogniqualvolta vi sia una oggettiva connessione tra la condotta illecita e attività imprenditoriale svolta.
L’art. 284 lett. a. fa esclusivo riferimento a reati connessi con l’esercizio di impresa, e sarà necessario un certo sforzo interpretativo per adattare la prescrizione al debitore non imprenditore56.
In caso di procedimento penale in corso il Tribunale sospende il procedimento di esdebitazione fino all’esito di quello penale. La sospensione può essere molto lunga, considerato che la prescrizione in caso di bancarotta fraudolenta è di 15 anni.
Il sovraindebitato gode di una sorta di corsia preferenziale nella liberazione dai debiti, poiché, a differenza di quanto previsto nella liquidazione giudiziale e nell’attuale disciplina della L. 3/2012, non sono considerati elementi ostativi quelli elencati nell’art. 284 lett. da b. ad e., e cioè:
• la commissione di atti in frode ai creditori (lett. b);
• la mancata cooperazione con la procedura (lett. c);
• l’essersi esdebitato nei cinque anni precedenti e l’aver già beneficiato due volte dell’esdebitazione (lette. d ed e), salvo il debitore sia consumatore, nel qual caso la circostanza assume rilievo (art. 286 comma 3).
Con riferimento a quest’ultimo punto, se si intrecciano le diverse disposizioni sui sovraindebitati “seriali”, se ne deduce quanto segue57:
• un consumatore può porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non più di due volte nella sua esistenza e ad una distanza di tempo di non meno di cinque anni l’una dall’altra, indipendentemente dallo strumento prescelto (Piano o Liquidazione controllata);
• un soggetto diverso dal consumatore può sovraindebitarsi quante volte lo voglia; egli potrà utilizzare lo strumento del Concordato minore non più di due volte e ad una distanza di tempo di non meno di cinque anni, ma potrà ulteriormente accedere più volte alla Liquidazione
56 Può soccorrere l’analogia con l’attuale regime della L. 3/2012, non riproposto nel codice, ove l’esdebitazione è preclusa in caso di passaggio in giudicato di condanne penali per le seguenti condotte, previste dall’art. 16 l. sovr.:
• avere prodotto documentazione falsa oppure avere distrutto o occultato documentazione relativa alla propria posizione debitoria;
• avere omesso l’indicazione di beni nell’inventario allegato alla domanda di liquidazione.
57 Art. 74 c. 1 per il Piano, art. 82 c. 1 per il Concordato minore e artt. 284 lett. d ed e nonché art. 286 c. 3 per la Liquidazione controllata.
controllata e, ricorrendo il presupposto di assenza di condanne penali, alle conseguenti esdebitazioni.
Il Codice pare qui condonare all’imprenditore minore ed al professionista molteplici errori di gestione (ben oltre la terza opportunità, anche se probabilmente si tratta di un caso di scuola), recependo una corrente di pensiero di matrice statunitense che mostra tolleranza per i “fallimenti”, considerati un processo di sperimentazione che assicura, prima o poi, il successo di un’idea imprenditoriale; corrente di pensiero sintetizzata nell’aforisma (o iperbole?): fail fast, fail cheap, fail often58.
Mentre nella disciplina vigente soltanto le persone fisiche possono beneficiare dell’esdebitazione (art. 14-terdecies l. sovr.), il Codice rende accessibile l’istituto anche alle società, come di consueto con effetto verso i soci illimitatamente responsabili, e non invece verso i coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso (art. 282 comma 5 e 6).
In tal caso la preclusione derivante da una condanna penale grave va riferita ai soci illimitatamente responsabili ed ai legali rappresentanti con riguardo ai tre anni precedenti la domanda di liquidazione (art. 282 comma 4).
L’esdebitazione delle società può essere utile quando vi sia l’interesse al suo ritorno in bonis, fermo restando che è prevista la sua cancellazione automatica dal registro delle imprese quando la chiusura della procedura sia intervenuta per la distribuzione dell’attivo o per l’impossibilità di soddisfare i creditori (art. 238, richiamato dall’art. 280 comma 3 in quanto compatibile)59.
Intervenuta la cancellazione, colui che intenda avviare un’attività o proseguirne una esistente in forma societaria, non dovrà fare altro che costituire una nuova società.
Il Codice non richiede più il pagamento parziale (cioè: non minimale60) dei creditori, come invece previsto nell’attuale disciplina (art. 14-terdecies lett. f, l. sovr.). Così, se ad accedere alla procedura
58 Il principio è riesposto, seppure in termini meno estremistici, nella proposta di direttiva diffusa il 22 novembre 2016 dalla Commissione dell’UE sull’armonizzazione delle procedure di insolvenza, ove si sollecita l’adozione di misure che incoraggino i cittadini europei a intraprendere nuove attività, quand’anche essi abbiano già sperimentato un fallimento, avendo constatato che:
• secondo un sondaggio condotto da Eurobarometro il 43% dei cittadini europei non avvia un’attività per timore di fallire;
• è dimostrato che tempi di liberazione dai debiti più brevi hanno un impatto positivo sia sui consumatori sia sugli investitori;
• è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di riuscire la seconda volta.
59 L’art. 238 (già art. 118 l. fall.) contempla altre due ipotesi di chiusura della liquidazione che però non determinano la cancellazione della società bensì la riportano in bonis: quando nessun creditore si sia insinuato tempestivamente oppure quando tutti i creditori concorsuali siano stati soddisfatti.
60 Cass. civ., 18 novembre 2011, n. 24214.
di Liquidazione controllata è una società, non si porrà più il dubbio del soggetto sul quale debba essere accertato il pagamento parziale61.
Nell’emettere il decreto motivato di esdebitazione, al tribunale non è più richiesto di sentire preliminarmente i creditori non integralmente soddisfatti, né deve chiedere il parere all’OCC o al liquidatore, e alla luce di quanto precedentemente illustrato se ne comprende il motivo: ai fini dell’istruttoria saranno sufficienti i seguenti documenti:
• certificato dei carichi pendenti (per la verifica dell’esistenza di procedimenti penali in corso);
• certificato generale del casellario giudiziale (per la verifica di eventuali condanne);
• estratto del registro delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi62, quando verrà istituito (per verificare se il consumatore sovraindebitato abbia già usufruito di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti oppure due volte).
6.3 Esdebitazione del debitore incapiente
L’art. 287 prevede che il debitore può essere esdebitato anche quando non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno in prospettiva futura, tenuto conto di quanto necessario per il mantenimento della sua famiglia.
Il beneficio può essere concesso sola per una volta; tuttavia permane l’obbligo di pagamento dei debiti ove entro il quadriennio dall’esdebitazione sopravvengano rilevanti utilità tali da consentire il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. Non sono considerate utilità i finanziamenti, atteso che essi devono essere restituiti.
Ovviamente in questa procedura assume rilievo la meritevolezza del debitore.
A tale proposito l’OCC, nel trasmettere al giudice la domanda e la documentazione richiesta per legge, espone gli elementi idonei a valutare la meritevolezza del debitore sotto il profilo delle
61 Con riferimento alle società fallibili, la questione è attualmente controversa. Accanto a tribunali che hanno riguardo alla percentuale di soddisfacimento realizzata dalla società di persone (ad esempio Modena) altri tribunali esprimono posizioni più articolate.
Così ad esempio In un caso trattato dal Trib. Udine, 13 gennaio 2012, erano stati parzialmente pagati i creditori privilegiati della società e di uno dei soci, mentre erano rimasti insoddisfatti i creditori particolari dell’altro, e tuttavia, l’esdebitazione era stata concessa a entrambi i soci falliti personalmente, argomentando che “anche quest'ultimo, in virtù del pagamento effettuato con i beni della società e dell'altro socio, ha comunque parzialmente pagato i creditori sociali”.
In un altro caso trattato dal Trib. Mantova, 12 luglio 2012, nessun pagamento dei creditori della società aveva avuto luogo, mentre era stato pagato nella misura del 30% il creditore particolare del socio, titolare di diritto di ipoteca. In questo caso il giudice ha ritenuto non adeguato il pagamento parziale effettuato ed ha rigettato la richiesta esdebitazione.
62 Previsto dall’art. 3 del DL 59/2016 (conv. L. 119/2016).
cause dell’indebitamento, della diligenza impiegata nell’assumere obbligazioni e delle ragioni che hanno comportato l’incapacità a adempierle.
L’esdebitazione è riconosciuta con un decreto del giudice, il quale valuta la sussistenza della meritevolezza e l’insussistenza di atti di frode, ovvero di dolo o colpa grave nell’indebitamento. È previsto un apposito procedimento di opposizione dei creditori.
6.4 Terzi garanti
Nell’attuale regime l’esdebitazione del debitore conseguente all’omologazione di un accordo di ristrutturazione o di un piano del consumatore non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti di coobbligati, fideiussori e obbligati in xxx xx xxxxxxxx (xxxx. 00 comma 3 e 12-ter comma 3 l. sovr.).
Quindi i creditori possono esigere il pagamento nei confronti dei garanti per l’intero, in deroga al principio civilistico per cui la remissione nei confronti del debitore libera anche il fideiussore (art. 1939 c.c.) e il coobbligato in solido (art. 1301 c.c.).
Scopo della norma è tutelare i diritti dei terzi che hanno fatto affidamento anche sul patrimonio altrui, e che verosimilmente non avrebbero concesso credito in assenza di garanzie collaterali.
Costituisce un’eccezione a questa regola la fideiussione concessa dal socio di società di persone, poiché in questo caso egli non è considerato terzo, in quanto prevale il rapporto societario esistente. Dunque, il fideiussore-socio potrà beneficiare dell’esdebitazione anche quale mero fideiussore63.
Venendo alla nuova disciplina, il Codice omette di menzionare l’integrale responsabilità dei garanti nel Piano di ristrutturazione, e ciò richiederebbe un intervento di modifica dell’articolato.
Viceversa, nel caso del Concordato minore la disciplina è riproposta, ma con l’aggiunta dell’inciso “salvo che sia diversamente previsto” (art. 84 comma 5), e la relazione interviene a chiarire che deve essere diversamente previsto nella proposta del debitore.
Si attribuisce così al debitore imprenditore o professionista l’arbitrio di intervenire nel rapporto di garanzia esistente fra creditore e terzo garante, consentendo a quest’ultimo di sfilarsi dalla propria obbligazione di garanzia, almeno per la parte falcidiata.
In tal modo i coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso vengono trattati alla stessa stregua dei soci illimitatamente responsabili, che beneficiano dell’esdebitazione “in estensione”.
63 Cass. Civ. S.U., 16 febbraio 2015, n. 3022. Il principio è stato espresso in materia di concordato preventivo, ma non vi è motivo di non estenderne l’applicazione alle procedure di sovraindebitamento.
Tale soluzione è particolarmente lodevole in caso di sovraindebitamento familiare, quando un componente del nucleo è coobbligato del debitore principale (imprenditore minore o professionista), in virtù di garanzie personali prestate ai creditori. Estesa anche ai casi di sovraindebitamento diversi da quelli familiari, tuttavia, rischia di rendere più diffidenti le banche e più difficoltoso l’ottenimento di garanzie bancarie.
La nuova disciplina del concordato preventivo, cui quella del Concordato minore rimanda, prevede come ipotesi di classamento obbligatorio dei creditori titolari di garanzie prestate da terzi (cfr. art. 90 lett. d.); si sarebbe portati a ritenere che, a maggiore ragione, dovrebbe essere prevista una classe specifica a favore di tali creditori quando questi siano danneggiati da una proposta che li privi della garanzia.
Tuttavia, l’art. 80 comma 1 precisa che nel Concordato minore la formazione delle classi è sempre facoltativa, e ciò agevola senza dubbio il raggiungimento delle maggioranze richieste per l’omologazione della proposta, consentendo di affogare in una macro-classe un voto, quello del creditore deprivato della propria garanzia, quasi certamente negativo.
Infine, anche nella Liquidazione controllata è ribadita l’integrale responsabilità dei garanti, cui non si estendono gli effetti dell’esdebitazione (art. 282 comma 6).