Convegno Orizzonti del Diritto Commerciale
Convegno Orizzonti del Diritto Commerciale
La protezione dei soggetti deboli tra equità ed efficienza del mercato
Xxxxxxxx Xxxxxxx
Titolo: “La forma del contratto di subfornitura tra finalità di protezione ed esigenze di trasparenza della contrattazione tra imprese”.
Abstract L’art. 2, comma 2, della legge n. 192/1998 stabilisce che il contratto di subfornitura, così come definito all’art. 1, deve rivestire la forma scritta, a pena di nullità.
In mancanza di specifiche disposizioni relative ai soggetti legittimati a farla valere, può sembrare corretto ritenere, in conformità della regola generale sancita dall’art. 1421 c.c., che la predetta nullità sia di carattere assoluto e, pertanto, dichiarabile dal giudice su istanza di chiunque vi abbia interesse e rilevabile anche d’ufficio.
Peraltro, tale soluzione interpretativa, sebbene supportata dal dato sistematico, parrebbe porsi in contrasto con quelle finalità protettive del soggetto “debole”, ritenute a fondamento della stessa legge n. 192/1998. Qualunque interessato, ovvero lo stesso giudice mediante rilievo officioso, potrebbero, infatti, pregiudicare, con la declaratoria di nullità, l’interesse del contraente debole alla corretta ed integrale esecuzione del contratto. Ed invero l’evoluzione dell’ordinamento, dapprima giurisprudenziale e quindi normativa, ha fatto emergere numerose ipotesi di nullità c.d. di protezione, aventi la caratteristica di poter essere fatte valere soltanto dal soggetto a tutela del quale sono previste. L’apparente contraddizione risulta, invece, superata se si adotta il diverso approccio che vede nella legge 192/98 una disciplina posta a presidio non già del contraente debole in quanto tale, ma dell’efficienza dinamica del mercato. In questa prospettiva, il requisito formale di cui all’art. 2 della legge 192/98 è da mettere in relazione alle caratteristiche del contratto di subfornitura, inteso alla stregua di un contratto tra imprenditori volto alla realizzazione di una «esternalizzazione»
nell’attività produttiva dell’impresa committente.
SOMMARIO: 1. Introduzione. Il problema della legittimazione a far valere la nullità. – 2. Le tesi della nullità assoluta. - 3. Le finalità protettive e le tesi della nullità relativa in analogia con le previsioni in materia di contratti
Dottorando in Diritto dell’Economia e dell’Impresa – sez. Diritto Commerciale e dell’Economia – presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza. E-mail: xxxxxxxxxxx@xxxxxxxxxx.xx
del consumatore. – 4. Segue. Critica. La diversità di ratio rispetto alla disciplina dei contratti del consumatore. L’impossibilità dell'applicazione analogica. – 5. La previsione della forma scritta in funzione di esigenze proprie del contratto di subfornitura. Certezza delle situazioni giuridiche nascenti dal contratto e tutela da possibili abusi – 6. Segue. Forma scritta e tipo contrattuale. La forma scritta in funzione di certezza della scelta tra modelli alternativi di organizzazione della produzione.
1. Il principio di libertà di forma, fino a non molto tempo fa, permeava tutto il diritto dei contratti commerciali.
In un certo senso, esso ha costituito una lenta “conquista” degli ordinamenti moderni, la cui realizzazione è divenuta possibile solo a seguito dell’affermazione del dogma giusnaturalistico dell’efficacia vincolante del “nudo consenso” (1).
In ambito internazionale il principio trova espresso riconoscimento negli artt. 1.2 dei Principi Unidroit (PICC), nonché 2:101 dei Principles of European Contract Law (PECL); risulta, inoltre, desumibile a contrario dall'art. 5, commi 3 e 4, del Progetto di Codice Xxxxxxxx, ove si stabilisce che gli elementi essenziali del contratto sono l'accordo e il contenuto, mentre una forma speciale è richiesta solo nei casi ed ai fini indicati dal codice medesimo.
Analogamente, il medesimo principio è tradizionalmente ritenuto esistente anche nel nostro diritto nazionale, risultando qui possibile inferirlo dall’art. 1325, n. 4, c.c., che include la «forma» (rectius «forma scritta») tra i requisiti essenziali del contratto solo qualora sia prescritta dalla legge sotto pena di nullità (2).
Certamente quello della «forma», in uno con quello della sanzione comminata dall’ordinamento per la sua inosservanza, è da annoverare fra i concetti che hanno subìto il maggior processo di rivisitazione da parte della dottrina, a seguito dei numerosi interventi normativi degli ultimi quindici-venti anni, i quali, seppure per esigenze non sempre
(1) V., per uno spunto in questo senso, Moscati, Il contratto in generale, in Trattato Lipari-Xxxxxxxx, vo. III, tomo II, Milano, Xxxxxxx, 2009, 373.
(2) Xxxxxxx, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, Cedam, 1993, 216; Messineo, voce Contratto preliminare, contratto preparatorio e contratto di coordinamento, in Enc. dir., 1962, 839; Xxxxxxx, Il contratto, in Trattato Cicu-Messineo, 1987, 362; in giurisprudenza, Cass., 18.11.1997, n. 11467; Cass., 16.12.1986, 7551 secondo cui:«La necessità dell'atto scritto - stabilita, in deroga al principio generale della libertà di forma, per tutti gli atti concernenti la proprietà o altri diritti reali su beni immobili - non può essere estesa ad ipotesi diverse da quelle espressamente previste dalla legge e, pertanto, va esclusa per il negozio risolutorio di un contratto di compravendita immobiliare, poiché gli effetti di tale negozio, in relazione al contenuto del contratto preliminare, incentrato sull'obbligazione di concludere il contratto definitivo, non esulano dal campo obbligatorio».
omogenee, hanno imposto tutti il requisito formale, ad onta del tradizionale principio sopra richiamato (3).
Tra questi, una particolare collocazione sembra aver assunto l’art. 2 della legge 192/1998 sul contratto di subfornitura. E ciò non solo per gli interrogativi che, in relazione al ricordato principio, tipico dei contratti commerciali, suscita la prescrizione della forma scritta, sotto pena di nullità, per la stipulazione di un contratto che la stessa legge definisce tra «imprenditori» (v. art. 1) (4). Ma anche per la nota centralità che la legge 192/98 riveste nella ricostruzione teorica della categoria del “terzo contratto” (5), rispetto agli altri provvedimenti legislativi normalmente ritenuti a presidio dell’impresa “debole” (in particolare il d.lgs. 231/02 in materia di pagamenti nelle transazioni commerciali e la legge 129/04 in materia di franchising) (6).
Per quel che qui interessa, riguardo alla prescrizione della forma scritta del patto che stabilisce un termine di pagamento maggiore di quello legale (art., 4, co. 5, d. lgs. 231/02), è agevole notare come essa, differentemente da quanto accade per il contratto di subfornitura, non viene ad incidere sull’intero rapporto, limitandosi a determinare
(3) Previsioni di forma ad substantiam, oltre quelle del codice del consumo, sono contenute nell'art. 117, commi 1 e 3, del d.lgs. 385/93, richiamato, in tema di contratti di credito al consumo, dall'art. 125-bis, comma 1; l'art. 1, comma 4, della legge 431/98, in tema di locazioni d'immobili urbani; l'art. 23, comma 1, del d.lgs. 58/98; gli artt. 3, comma 1, e 4, comma 1, della legge 129/2004 in tema di franchising; art. 4, comma 4, d.lgs. 231/02 in tema di lotta ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Dubbio è, invece, se l'art. 1751-bis c.c., introdotto dalla legge 10.9.1991, n. 303, abbia richiesto la forma scritta ad substantiam ovvero ad probationem.
(4) Il carattere imprenditoriale del contratto di subfornitura naturalmente già invita ad
adottare una prospettiva volta a cogliere il modo in cui la relazione esistente tra l'attività produttiva ed il contratto si rifletta sulla concreta disciplina di quest’ultimo. Cfr., sul punto, Xxxxxxxx, La contrattazione d'impresa, in AA.VV., L'impresa, Milano, Xxxxxxx, 1985, 185 ss, specie a p. 189.
(5) L’espressione è stata coniata da Pardolesi, in Prefazione a COLANGELO, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, Torino, Giappichelli, 2004, XI ss. Da un lato vi sarebbe il “contratto nobile, quello negoziato in ogni dettaglio da soggetti avvertiti, pienamente consapevoli del fatto di agire in un’arena ruvida, dove gli errori di programmazione si pagano a prezzo carissimo”; dall’altro, “c’è il vasto continente del contratto dei consumatori. Non si può chiedere loro di supplire alla carenza di informazione che ne caratterizza l’agire. La razionalità limitata, di cui sono prigionieri e vittime, è tutto quello che è dato pretendere da chi compie scelte di mero consumo: frammentarie ancorché ripetitive, marginali, frettolose. Di qui la necessità di interventi che ne rivendichino le ragioni”. Tra i due poli vi sarebbe un’ampia fascia di rapporti che, non lasciandosi ricondurre pienamente ad alcuno dei due modelli estremi, attende di trovare una propria disciplina.
(6) Xxxxxx in proposito l’osservazione secondo cui il crescente intervento normativo sulla contrattazione d'impresa non si incentra solo al livello dei beni finali, cioè su un mercato che vede contrapposti operatori professionali e consumatori, ma anche, e sempre più, sul mercato dei canali produttivi e distributivi, cioè sul mercato che vede contrapposte imprese ad imprese, avanzata da Xxxx Xxxxxxxxx, Subfornitura industriale e diritti d'autore e connessi, in AIDA, 2001, 196.
l’inefficacia di una singola pattuizione derogatoria rispetto alla disciplina legale.
Dall'altra parte, con riferimento alla prescrizione formale di cui all’art.
3 della legge 129/04, può rilevarsi il maggior grado di dettaglio della disciplina della nullità contenuta nella legge 192/98 è maggiormente dettagliata.
In primo luogo, l’art. 2 della legge 192/98, differentemente dall’art. 3 della legge 129/04, si cura di specificare che costituiscono forma scritta le comunicazioni degli atti di consenso effettuate per telefax o altra via telematica.
La disposizione, attenuando il rigore della forma scritta, chiaramente mostra sensibilità per le esigenze di speditezza sottostanti al principio di libertà di forma. Merita notare, del resto, che la essa trova corrispondenza nell’ art. 1:301, comma 6, dei Principles of European Contract Law secondo cui la forma scritta s'intende riferita anche ai telegrammi, al telex, al telefax, alla posta elettronica e ad ogni altro strumento di comunicazione suscettibile di lettura dall'una e dall'altra parte.
Il secondo comma dell'art. 2, inoltre, prevede che «nel caso di proposta inviata dal committente secondo le modalità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad esso si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l'applicazione dell'articolo 1341 del codice civile».
In tal modo, nonostante la forma vincolata, si consente la conclusione del contratto mediante inizio di esecuzione, secondo lo schema dettato in generale dall'art. 1227 c.c., il quale, di regola, viene ritenuto inapplicabile ai contratti formali.
Sempre l’art. 2 legge 192/98, inoltre, appresta una specifica disciplina tendente a limitare la portata delle conseguenze della nullità per difetto di forma. Viene disposta la salvezza del diritto del subfornitore al pagamento delle prestazioni già effettuate e al «risarcimento» delle spese sostenute in buona fede per l’esecuzione del contratto.
In assenza di contratto scritto, sembra volersi riprodurre, in tal modo, un assetto d’interessi in parte corrispondente a quello stabilito dall’art. 2126 c.c. con riferimento, più in generale, all’invalidità del contratto di lavoro subordinato. Xx in proposito merita forse evidenziare la singolare formulazione secondo cui «il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità», dalla quale sembra possibile inferire che, in difetto di contratto scritto (contenente le indicazioni previste dal quinto comma dell’art. 2, il
rapporto instauratosi non è di subfornitura, potendo invece essere di altro tipo (7).
La disposizione ha generato numerosi problemi interpretativi soprattutto con riferimento alla possibilità, per il subfornitore che agisca per il pagamento del corrispettivo delle lavorazioni effettuate in esecuzione di un contratto soltanto verbale, di avvalersi delle specifiche tutele apprestate dall'art. 3 (in particolare la possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (8)), nonché con riguardo alla possibilità di applicare la norma anche alle altre ipotesi di nullità contemplate dalla legge 192/98, e segnatamente a quelle previste dagli artt. 5 e 6 (9).
Il comma 3 del'art. 2 della legge 192/98., infine, stabilisce che «nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, anche gli ordinativi relativi alle singole forniture devono essere comunicati dal committente al fornitore in una delle forme previste al comma 1 e anche ad essi si applica quanto disposto dallo stesso comma 1».
La disposizione è stata criticata, in quanto tacciata di aver proceduto ad una “amministrativizzazione dei rapporti tra privati”, attraverso una sorta di “burocratizzazione” delle relazioni tra liberi operatori economici (10).
Sotto altro profilo la previsione della forma scritta ad substantiam è stata criticata perché rischierebbe di danneggiare proprio la parte che si voleva proteggere: la parte “forte” che preferisca non mettere per iscritto le condizioni contrattuali pattuite non sarebbe minimamente toccata dalla sanzione di nullità del contratto, che servirà solo ad indebolire ulteriormente la posizione della parte debole, la quale non potrà neppure far valere quanto concordato verbalmente (11).
Qualora, infatti, nel silenzio della legge sul punto, si dovesse applicare la regola generale di cui all'art. 1421 c.c., l'interesse del subfornitore
(7) Qualifica il rapporto di subfornitura in mancanza di contratto scritto come un rapporto di fatto, Xxxxxxxxxxxxx, La subfornitura: un nuovo contratto commerciale, in Subfornitura, a cura di Xxxxxxxxxxxxx, Milano, Xxxxxxx, 23 ss; nonché Nicolini, Subfornitura e attività produttive, Milano, Xxxxxxx, 1999, 39 ss. Sui rapporti di fatto in generale, x. Xxxxxxxx, Rapporti contrattuali di fatto, in X.X. Xxxxx, Angelici, Studi sull’autonomia dei privati, Torino, Utet, 1997, 253 ss.
(8) In senso negativo, Xxxxxxxxxx, I contratti di subfornitura. La nuova legge sulla subfornitura nei rapporti interni ed internazionali, Padova, Cedam,1999, 75; contra Xxxxxxxx, sub art. 2, in Xxxxx – Xxxxxxxx, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Milano, Xxxxxxx, 2005, 62.
(9) Distingue tra diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e diritto al risarcimento delle spese sostenute per l’esecuzione del contratto, Xxxxxxxx, sub art. 2, in Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 64 ss.
(10) Così il parere reso da Xxxxxxx e Irti sulla nuova disciplina della subfornitura industriale, riportato da Xxxxxxxx, Brevi note in materia di subforniture industriali, in Resp. Com. impr., 1998, 1, 85 ss
(11) Xxxxxxxxxx, (nt. 8), 71, nt. 34, che comunque fa salva la possibilità di conversione
del contratto nullo in altro contratto, per il quale non è richiesta la forma scritta.
alla continuazione del rapporto potrebbe rimanere sacrificato, essendo la nullità suscettibile di essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, e pertanto anche dalla stesso committente, in ipotesi interessato a liberarsi dal contratto, magari per affidare la stessa commessa ad altra impresa subfornitrice concorrente (12) ovvero per organizzare diversamente la produzione. E ciò, si noti, ad onta delle finalità protettive della stessa legge 192/98 (13).
E' del resto rilievo comune che l'interesse alla continuazione del rapporto normalmente connota la posizione del contraente debole (14). Né appare possibile sottacere la rilevanza di tale interesse nel quadro della stessa legge 192/98, come dimostrato dalle previsioni in materia di diritto di recesso (art. 6) e di abuso di dipendenza economica (art. 9, comma 2), nonché dalle assai incisive pronunce giurisprudenziali intervenute sul punto (15). A ciò si aggiunga che la considerazione secondo cui l'interesse alla continuazione del rapporto potrebbe scoraggiare il subfornitore ad esercitare i suoi diritti è stata una delle
(12) Cfr. Schininà, sub Art. 2, in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive. Commento alla legge 19 giugno 1998, n. 192, (a cura di Xxxxxx), in Le nuove Leggi civili commentate, 2000, 382, per la quale l’assolutezza della nullità in discorso discenderebbe anche dall’implicita ratio «concorrenziale» dell’intera legge, a tutela del mercato delle attività produttive.
(13) Osserva Gioia, I rapporti di subfornitura, in Giur. it., 1999, 673, come la soluzione della nullità assoluta (che secondo l'A. sarebbe inopportunamente prevista dalla legge) finisca per creare una situazione di posizione dominante “rafforzata più che indebolita”. Sarebbe pertanto preferibile, anche alla luce della normativa comunitaria, nella quale domina la nullità di protezione, accogliere una concezione di nullità di protezione come intrinsecamente relativa, anche attraverso una applicazione analogica di norme che espressamente si esprimono nel senso della non assolutezza della sanzione quanto a legittimazione.
(14) Xxxxxxxxx, Trasparenza e riequilibrio delle condizioni bancarie, Milano, 1997, 106 ss.; si pensi, inoltre, alla disciplina del contratto di locazione ad uso abitativo.
(15) In particolare, cfr. Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Giur. comm., 2010, II, 828 ss, con nota di Xxxxx Xxxxxxxx; inoltre, sul piano comparatistico, merita notare che l’interesse della parte debole alla continuazione del rapporto sembra rilevare nell’art. L 442-6, I, 5 del Codice di commercio francese, a mente del quale il contraente professionista che recede brutalmente, anche parzialmente, da una relazione commerciale stabile in essere con il suo partner, senza rispettare un congruo preavviso scritto, è tenuto a risarcire il danno subito dalla controparte. Può, del resto, osservarsi che, in Germania, il divieto di recesso arbitrario costituisce una regola giurisprudenziale consolidata, con la specificazione, tuttavia, che esso non assolve una funzione di protezione sociale e la sua applicazione non deve avere come effetto quello di riversare il rischio d’impresa sulla controparte forte; il termine di recesso, dunque, deve essere tale da consentire la ricerca di soluzioni alternative, ma non deve garantire l’integrale recupero dell’investimento profuso dall’impresa debole. Osservano che la regola del divieto di recesso arbitrario non può comunque portare ad una stabilizzazione del rapporto, Barba, L’abuso di dipendenza economica: profili generali, in Cuffaro (a cura di), La subfornitura nelle attività produttive, Napoli, Jovene, 1998, 351; Ceridono, Art. 9. (Abuso di dipendenza economica), in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di Xxxxxx, in Le nuove leggi civili commentate, 2000, 449-450; nonché Xxxxxx, L’abuso di dipendenza economica. Il contratto e il mercato, Napoli, Jovene, 2004, 139-140
motivazioni per l'introduzione, ad opera della legge 57/01, del comma 3- bis dell'art. 9, con cui si è attribuita all'Autorità Antitrust la competenza alla repressione degli abusi di dipendenza economica rilevanti per la tutela della concorrenza.
Al fine di ovviare all’inconveniente è stato, dunque, da taluni ritenuto coerente con le finalità della legge limitare la legittimazione a far valere la nullità al solo subfornitore, quale contraente debole del rapporto. La questione vede, pertanto, contrapporsi in dottrina opinioni secondo cui la regola da applicarsi sarebbe quella dell’art. 1421 c.c. (16) ed altre secondo cui, al contrario, trattandosi di una nullità relativa c.d. di protezione, la legittimazione a farla valere spetterebbe al solo subfornitore, in analogia alle previsioni dettate con riferimento ai contratti del consumatore (17).
2. L'argomento più immediato in favore del carattere assoluto della nullità prevista dall'art. 2 della legge 192/98 è quello basato sulla regola generale tratteggiata dall'art. 1421 c.c., in virtù del quale “salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice” (18).
Pertanto, poiché la norma non contiene alcuna diversa disposizione, la regola applicabile non potrà che essere quella generale della legittimazione assoluta (19).
Ed invero, può notarsi che laddove il legislatore ha voluto derogare al regime generale della nullità, lo ha fatto espressamente (si vedano, ad
(16) In particolare x. Xxxxx, La subfornitura, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 2003, 137; da ultimo, Adiutori, Interessi protetti nella subfornitura, Milano, Xxxxxxx, 2010, 101 ss.
(17) Problema per certi versi analogo si è posto con riferimento al regime della «nullità» del patto che realizza l’abuso di dipendenza economica (art. 9, comma 3, l. sub.). In relazione a tale sanzione, v., in particolare, LIBERTINI, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2002, I, 456 ss, specie a p. 458 s, il quale, sul rilievo che il termine «nullità» possa qui intendersi come riferito genericamente ad una tutela di tipo invalidatorio, suggerisce l’applicazione della disciplina prevista per la annullabilità del contratto; nonché, FABBIO, L’abuso di dipendenza economica, Milano, Xxxxxxx, 2006, 482 ss. In argomento, v. anche DI XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, Padova, Cedam, 2009, 209 ss, specie a p. 137 ss. Con riguardo, invece, al problema degli effetti dell’invalidità del contratto ex art. 9 l. sub., argomenta l’inopponibilità nei confronti dei terzi sub-acquirenti, PILIA, Circolazione giuridica e nullità, Milano, Xxxxxxx, 2002, 375 ss, specie a p. 398.
(18) Sulla intrinseca contraddittorietà del concetto di nullità relativa, x. Xxxxxxx Xxxxxxx, Annullabilità assoluta e nullità relativa, in Studi in onore di B. Scorza, Roma, Sefi, 1940, 73 ss; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, Jovene, 2002 (ristampa), 247.
(19) Tosi, Forma del contratto di subfornitura, in Subfornitura, a cura di Xxxxxxxxxxxxx, Milano, Giufrrè, 1999, 97; Nicolini, Subfornitura e attività produttive, Milano, Xxxxxxx, 1999, 30 ss; De Xxxxxx-Xxxxxxx, La subfornitura nelle attività produttive, Milano, Il sole24ore, 1998, 24; Xxxxx, La sanzione di nullità nel contratto di subfornitura, in I contratti, 1999, III, 293, specie a p. 297.
esempio, l’art. 23, commi 1 e 3, del d.lgs. 58/98 e gli artt. 117, commi 1
e 3, e 127, comma 2, del d.lgs. 385/93).
A ciò si aggiunge che la previsione del diritto al pagamento del corrispettivo delle prestazioni eseguite e del diritto al risarcimento delle spese sostenute in buona fede per l'esecuzione del contratto “sarebbe incomprensibile, anzi sarebbe stata dettata inutilmente, laddove il contratto di subfornitura fosse destinato, nonostante l'originario difetto di requisito essenziale, a stabilizzarsi e, dunque, a produrre tutti i suoi effetti, mediante l'inerzia dell'unico legittimato a far valere la nullità, cioè il subfornitore; essendo invece preclusa al committente la libertà di sottrarsi alla operatività del medesimo contratto, vincolante, comunque, per entrambe le parti, fino a quando il medesimo subfornitore non decida di invocarne la nullità e dunque di non più avvalersene” (20).
Il rilievo fa leva sulla considerazione che il legislatore, prevedendo espressamente il diritto del subfornitore al pagamento delle prestazioni effettuate ed al risarcimento del danno, avrebbe apprestato una tutela di tipo obbligatorio – risarcitorio e, dunque, diversa da quella della limitazione della legittimazione ad agire per far valere la nullità (21).
Ne consegue che ricostruire la nullità comminata dall'art. 2 della legge 192/98 come relativa significherebbe attribuire al subfornitore una tutela rafforzata rispetto a quella prevista dal legislatore, in quanto gli si consentirebbe di invocare la tutela contrattuale – anziché l'azione di indebito arricchimento ex art. 2033 c.c. – non solo per le prestazioni già eseguite, ma anche per quelle future (22).
3. Entrambi gli argomenti alla base della tesi suesposta sono stati replicati da altra parte della dottrina.
Alla pretesa impossibilità di derogare, in assenza di una previsione espressa, al generale carattere assoluto della nullità, si è opposto il rilievo che, ancor prima dell'avvento della legislazione di derivazione comunitaria a protezione del consumatore, sono emerse ipotesi di nullità relativa di creazione giurisprudenziale, elaborate alla luce dell'interesse protetto dalla norma di riferimento.
Si pensi, ad esempio, all'art. 122, co. 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d'autore, il quale commina la nullità del contratto di edizione a termine se non è indicato il numero minimo di esemplari da eseguire per edizione. Al riguardo, la giurisprudenza, in considerazione del fatto che la declaratoria di nullità avrebbe potuto danneggiare la parte che la legge vuole proteggere, ha
(20) Xxxxxxxx, (nt. 19), 31.
(21) Xx Xxxxxx-Xxxxxxx, (nt. 19), 24; Tosi, (nt. 19), 97.
(22) Delfini, Contratto di subfornitura: forma e contenuto, in La subfornitura, a cura di
De Nova, Milano, Xxxxxxx, 1998, 12.
ritenuto doversi limitare la legittimazione a far valere l'invalidità al solo autore dell'opera (23).
Coloro che sostengono l'assolutezza della legittimazione a far valere la nullità in discorso, d'altra parte, non negano che la previsione della forma scritta del contratto di subfornitura sia posta in ragione di esigenze di tutela del subfornitore. Tuttavia, la natura “protettiva” della disciplina non varrebbe di per sé a determinare una deroga al carattere assoluto della nullità, allorquando il legislatore taccia sul soggetto legittimato a farla valere (24).
Tale assunto, tuttavia, appare eccessivo alla luce della profonda evoluzione che il concetto di forma ha conosciuto a seguito dell’intervento delle numerose disposizioni previste in materia di contratti del consumatore.
Nel sistema del diritto dei consumatori, infatti, la forma scritta, tradizionalmente diretta a garantire la serietà e l’importanza dell’atto, assurge al nuovo ruolo di mezzo di tutela del contraente debole, assicurando chiarezza, trasparenza e comprensibilità dell’impegno assunto dalla parte svantaggiata (25).
Si pensi, in primo luogo, alla disciplina delle clausole vessatorie di cui all’art. 33 ss del cod. cons., ove si specifica che tali clausole devono essere redatte in modo chiaro e comprendibile (art. 35 cod. cons.); alla previsione dell’art. 67-undecies, comma 1, cod. cons., ove si stabilisce l’obbligo del fornitore di servizi finanziari di comunicare al consumatore tutte le condizioni contrattuali su supporto cartaceo o su altro supporto durevole; al contratto di c.d. multiproprietà, che deve essere redatto per
(23) Per questa osservazione, x. Xxxxxxxx, sub. art. 6, in Xxxxx-Xxxxxxxx, (nt. 8), 144. In giurisprudenza, x. Xxxx., 9 agosto 1983, n. 5317, in Giust. Civ. Mass.,1993, fasc. 8.
(24) Xxxxxxxx, (nt. 19), 31. Si veda anche Xxxxxxxxx, Il problema della forma dei contratti di intermediazione mobiliare, in Contr. Impr., 1994, 37 ss; e Panzarini, Sulle nullità del contratto bancario, Contr. e impr., 1995, 477.
(25) In questa prospettiva, per quanto riguarda specificamente il contratto di
subfornitura, Gioia, (nt. 13), 671 ss; Xxxxxxxxx, Le regole di trasparenza nel contratto di subfornitura, in Giur. comm., 2000, 216, secondo il quale la prescrizione di forma scritta ha “caratteristiche e finalità differenti da quelle contemplate nell’art. 1350 c.c. (responsabilizzazione delle parti a fronte della rilevanza economica dell’atto, garanzia della certezza rispetto ai terzi ecc.)” volendo per contro garantire “la trasparenza delle condizioni contrattuali”. V. anche Alvisi, Subfornitura e autonomia collettiva, Padova, Cedam, 2002, 92, secondo cui “la prescrizione di oneri formali ed espressivi sembra animata da una finalità non dissimile da quella sottesa al generale dovere di buona fede che ispira il divieto di abuso di dipendenza economica della controparte, sanzionato con la nullità delle clausole ed accordi abusivi”. Schininà, (nt. 12), 376, che riconduce la scelta di richiedere la forma scritta a pena di nullità per la conclusione del contratto di subfornitura all’esigenza di realizzare “l’obiettivo di «trasparenza» dei rapporti di subfornitura, e, cioè, di chiarezza e comprensibilità delle condizioni proposte dal committente al subfornitore”. Più in generale, sul mutato ruolo della forma contrattuale e sugli emergenti strumenti di tutela in favore del contraente debole impiegati nelle normative di origine comunitaria, si veda Xxxxxxxxx, Contratti del consumatore e contratti d’impresa, in Riv. dir. civ., 1995, I, 155 ss.
iscritto e contenere le indicazioni prescritte dalla legge (art. 70 cod. cons.); si pensi, in particolare, ai contratti aventi ad oggetto operazioni e servizi bancari e finanziari, i quali devono essere redatti per iscritto, a pena di nullità (art. 117, commi 1 e 3, del d.lgs. 385/1993.), rilevabile dal solo cliente (art. 127, co. 2); e, infine, alla analoga disciplina prevista per i contratti relativi alla prestazione di servizi d’investimento (art. 23, commi 1,2,3, del d.lgs. 58/98).
Come si è osservato, in tali contesti la forma scritta, da elemento essenziale del contratto, pare trasformarsi in una specificazione del generale principio di correttezza e buona fede (26).
Il neoformalismo negoziale caratteristico dei contratti dei consumatori avrebbe portato, sul piano delle conseguenze dell’inosservanza della previsione, l’abbandono della figura della nullità assoluta. Sarebbe la nullità relativa, contrariamente a quanto disposto dall'art. 1421 c.c., ad assurgere al rango di regola generale, divenendo così suscettibile di applicazione analogica (27).
Vari sono, del resto, gli spunti della disciplina del contratto di subfornitura da cui trarre la conclusione che la previsione della forma scritta è posta essenzialmente in funzione di esigenze protettive del subfornitore.
Innanzi tutto si osserva l’ “asimmetricità” della previsione che impone il requisito formale. Il secondo comma dell’art. 2 della legge 192/98, infatti, stabilisce una finzione di forma scritta (28), in virtù della quale il contratto si considera concluso per iscritto quando il subfornitore inizia la sua esecuzione a seguito di una proposta pervenutagli dal committente secondo le modalità di cui al comma 1. La disposizione, nel consentire la conclusione del contratto secondo lo schema dell’art. 1327
(26) Osserva il verificarsi di una tendenziale commistione tra regole di validità e regole di comportamento nella disciplina dei contratti asimmetrici, Roppo, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale, in Il contratto e le tutele, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 653 ss. Sul punto, tuttavia, x. Xxxx., sez. un., 19.12.2007, n. 26724.
(27) Da ultimo, riporta tali riflessioni non nuove alla dottrina civilistica, Xxxxx, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, Milano, Xxxxxxx, 2011, 163 ss. In argomento si veda, in particolare, Xxxxxxxxxx, Nullità speciali,Milano, Xxxxxxx, 1995, 49-50, ove si delinea l’ipotesi che “la nullità abbia assunto, quanto a fondamento sostanziale e trattamento, natura di tecnica speciale, non eccezionale, per la tutela di un contraente, sicché si renda possibile l’integrazione analogica del sistema”; Gioia, Nuove nullità relative e tutela del contraente debole, in Contr. e impr., 1999, 1332; Albanese, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2003, 90; v. anche Xxxxxxx, La forma del contratto, in Diritto privato europeo, Padova, 1997, 586. In senso contrario al tentativo di ricostruire un regime giuridico speciale e omogeneo a tutte le nullità di protezione è da segnalare, tuttavia, la posizione di Xxxxxxxx, Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, Esi, 2001, 108 s.
(28) Così, Xxxxxxxx, sub art. 2, in Xxxxx-Xxxxxxxx, (nt. 8), 53.
c.c. (29), finisce in sostanza per imporre la forma scritta al solo committente – contraente forte (30).
Merita anche segnalare che in tale prospettiva di tutela del contraente debole è stato possibile ravvisare in tale ultima norma una sorta di tecnica di potenziamento del potere contrattuale del subfornitore. Essa, infatti, nel fare salva l’applicazione dell’art. 1341 c.c., produce la conseguenza che il subfornitore non sarà vincolato alle clausole vessatorie contenute nella proposta ove non le abbia specificamente approvate per iscritto. Ed è evidente che il subfornitore il quale si sia avvalso della possibilità di perfezionare il contratto mediante inizio dell’esecuzione o comunque con accettazione soltanto orale, non avrà potuto approvarle “specificamente per iscritto”.
Ne discende che mediante tale tecnica di conclusione, al subfornitore sarebbe consentito di vincolare il committente ad un contratto diverso da quello dal lui voluto. Per tale motivo taluno ha avanzato dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 2, co 2, legge 192/98, in relazione alla violazione del principio di libertà contrattuale, ritenuto coperto dall’art. 41 Cost (31).
Tali rilievi si inseriscono, del resto, nelle tesi che guardano alla disciplina della subfornitura come un completamento del sistema di tutela del soggetto “debole” (32), a fronte della impossibilità di una estensione della nozione di consumatore al punto di ricomprendervi anche categorie di soggetti che, pur non agendo per scopi estranei alla
(29) L’art. 1327 è infatti ritenuto inapplicabile ai negozi formali: Cass., 14 marzo 1998,
n. 2772, in Appalti Urbanistica Edilizia, 1999, 107; Cass., 9 settembre 1988, n. 5133, in Giust. civ. mass., 1988, fasc. 8-9; Cass., 8 agosto 1992, n. 9399, ivi, 1992, fasc. 8-9, secondo la quale ultima, “al fine del perfezionarsi del contratto di trasferimento in favore dell’assegnatario della proprietà dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, non può ritenersi sufficiente la proposta negoziale, ravvisabile nell’atto con cui l’ente assegnante manifesti la volontà di accogliere l’istanza di riscatto e determini il corrispettivo […] tenendo conto che detto contratto è soggetto alla forma scritta ad substantiam e che quindi la sua conclusione non è ricollegabile ad un consenso per facta concludentia, né alla mera esecuzione della prestazione senza preventiva accettazione della proposta”.
(30) Ritiene che la norma non debba applicarsi solo al caso di conclusione mediante inizio di esecuzione, ma anche a quello di conclusione per accettazione orale del subfornitore, cogliendo in ciò una differenza rispetto all’art. 1327 c.c., Xxxxxxxx, sub. art. 2, in Xxxxx-Xxxxxxxx, (nt. 8), 55 ; cfr., inoltre, Delfini, (nt. 22), 19;
(31) Xxxxxxxxxx, Il contratto di subfornitura, Torino, Utet, 2000, 68.
(32) E’ questo l’orientamento della tesi definibili “civilistiche”, sviluppatesi in particolare con riguardo all’art. 9 della legge 192/98. Si vedano, in proposito, Albanese, Abuso di dipendenza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rapporto, in Eur. Dir. priv., 1999, 1179 ss, specie a p. 1181 e ss; Barba, (nt. 15), 297 ss, specie a p. 311; Xxxxxxxx, (nt. 15), 429 ss, specie a p. 434; Delli Priscoli, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, in Giur. comm., 1998, I, 833 ss, 836 e passim; Camardi, Integrazione giuridica europea e regolazione del mercato. La disciplina dei contratti di consumo nel sistema del diritto della concorrenza, in Europa dir. Priv., 2001, 715; Xxxxx, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II, 349
loro attività professionale, si trovano comunque in una posizione di debolezza assimilabile a quella del «consumatore» (33).
Per quanto riferito, la nullità comminata dall’art. 2 della legge 192/98. va intesa come nullità di protezione, con la conseguenza che, in via analogica saranno applicabili quelle norme che limitano la legittimazione a far valere la nullità al solo contraente debole.
Con riferimento al secondo argomento dei sostenitori della tesi opposta (quello in base al quale il legislatore avrebbe apprestato al subfornitore una tutela diversa da quella della limitazione della legittimazione a far valere la nullità), si replica che, se la ratio dell'ultimo periodo del secondo comma dell'art. 2 legge 192/98 è quella di proteggere il subfornitore dagli effetti dannosi della nullità e, quindi, di permettergli di invocarla, “la medesima ratio protettiva dovrebbe consentirgli di mantenere in vita il contratto evitando la nullità” (34).
Sotto altro profilo, infine, si avverte che la valutazione dell'interesse giuridicamente rilevante per la legittimazione all'impugnativa ex art. 1421 c.c. deve compiersi alla luce della ratio della norma che prevede la nullità, unitamente al principio di buona fede. La considerazione degli intenti protettivi propri della legge 192/98, pertanto, induce ad escludere che la nullità possa essere fatta valere da un soggetto diverso da quello protetto (o, peggio, da parte di colui che si presume aver dato luogo alla invalidità) (35).
4. Sebbene sia innegabile che la legge 192/98 contenga un serie di norme protettive del contraente debole, l’accostamento di quest’ultimo alla posizione del consumatore non risulta del tutto persuasivo.
Un’analisi appena più approfondita rivela, infatti, significative differenze di impostazione tra le legge sulla subfornitura e la disciplina dei contratti del consumatore.
Può in primo luogo osservarsi che la legge 192/98, differentemente dalla disciplina consumeristica, non si basa su considerazioni di carattere soggettivo, che muovono, ad esempio, dalla definizione di subfornitore e di committente. La definizione di cui all’art. 1 della legge
(33) In argomento, x. Xxxxxxxx, Consumatori, clausole abusive e imperativo di razionalità della legge: il diritto privato europeo conquista la Corte Costituzionale, in Foro it., 2003, I,
c. 337 ss (nota a Corte Cost., 22 novembre 2002, n. 469, xxx, x. 332 ss, che ha ritenuto
non fondata la questione di costituzionalità sollevata con riferimento all’art. 1469-bis, nella parte in cui escludeva dal suo ambito d’applicazione le piccole imprese).
(34) Xxxxxxxx, sub art. 2, in Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 69; Putti, Contratto di subfornitura: forma e contenuto, in AA.VV., La subfornitura, a cura di Xxxx e Clarizia,
Milano, Xxxxxxx, 1999, 85, contro l’opinione di Xxxxxxx, (nt. 22), 11 ss
(35) Putti, (nt. 34), 57 ss, specie a p. 85, sul rilievo che la nullità non può “essere utilizzata per il conseguimento di interessi differenti o contrari a quelli che l'ordinamento giuridico ha voluto proteggere predisponendo le norme che la prevedono […]. L'interesse ad agire finisce, così, nel sostanziarsi nella dimostrazione dell'esistenza di una situazione di fatto tale che l'attore, senza la sentenza di accertamento della nullità, subirebbe o continuerebbe a subire un danno ingiusto”.
192/98 sembra, invero, porre l’accento sul fatto che la prestazione dovuta dal subfornitore si configura come segmento dell’attività d’impresa del committente (36).
Va detto, peraltro, che a tale osservazione potrebbe obiettarsi che con la identificazione della prestazione del subfornitore la legge, tramite il riferimento alle specifiche tecniche fornite dal committente, finisce con l’individuare uno stato soggettivo, o per meglio dire di debolezza interrelazionale, di un contraente nei confronti dell’altro.
Tuttavia, sembra rimanere fermo che la dipendenza progettual- tecnologica dell'impresa subfornitrice vada accertata in concreto e non è, al pari della debolezza del consumatore, previamente valutata dal legislatore in via generale ed astratta (37).
Si noti, inoltre, che la legge 192/98 sembrerebbe dover trovare applicazione anche in quelle situazioni in cui il subfornitore non sia completamente dipendente dal committente a livello tecnico– progettuale, ma al contrario abbia un proprio bagaglio di conoscenze necessarie per l’esecuzione del contratto. Non si spiegherebbe, altrimenti, la previsione dell’art. 6, co. 3, secondo cui “è nullo il patto con cui il subfornitore disponga, a favore del committente e senza congruo corrispettivo, di diritti di privativa industriale o intellettuale” (38).
Sul piano della tutela apprestata, inoltre, la disciplina della legge 192/98 appare per certi versi ancor più penetrante di quella prevista in favore del consumatore, perché consente, tramite il divieto di cui all’art.
(36) Si riprende qui il rilievo formulato da Xxxxx-Xxxxxxxx, (nt. 8), 13: «La tutela del subfornitore si manifesta, infatti, non già attraverso la identificazione di categorie di soggetti cui apprestare tutela, bensì con la “tipizzazione” – quanto meno sotto il profilo economico – di un’attività che, all’interno della L. 192/98, assume rilievo sia sul piano negoziale sia su quello della responsabilità. L’art. 1, infatti, nel determinare l’ambito di operatività della legge e, dunque, della tutela, non qualifica soggetti destinatari della stessa, ma individua una prestazione, caratterizzata a sua volta dall’essere segmento dell’attività dell’impresa, siccome “dedicata”, “integrata” e condizionata dalle “specifiche tecniche” impartite dal committente»
(37) Sulla dipendenza progettual-teconologica del subfornitore come elemento della fattispecie, v. le ordinanze del Trib. Torino, 19.11.1999, e del Trib. Taranto, 28.9.1999, in FI, 2000. I, c. 624 ss, con nota di Xxxxxxxx, La minorità tecnologica quale presupposto essenziale per l’applicazione degli strumenti di protezione previsti dalla legge sulla subfornitura (industriale); Trib. Udine, 27.4.2001, in FI, 2001, I, c. 2677, con nota di Xxxxxxxx. Alcuni autori, inoltre, hanno argomentato che la dipendenza del subfornitore deve essere non soltanto progettual-tecnologica, ma anche economica (De Nova, Introduzione e art. 1 – Definizione, in La subfornitura, (nt. 22), 5 ss; la tesi è stata più di recente ripresa ed ulteriormente argomentata da Xxxxxxxxxx, Dipendenza tecnologica e dipendenza economica: una “ragionevole” interpretazione della legge sulla subfornitura, in Rass. Dir. civ., 2005, 132 ss; in senso contrario può osservarsi che nella impostazione del legislatore la dipendenza progettual-tecnologica assurge a presunzione di dipendenza economica (cfr. Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, Napoli, Esi, 2002, 29-30). Afferma, inoltre, che la dipendenza richiesta per l’applicazione della legge 192/1998 dovrebbe essere di tipo “esistenziale”, Fabbio, (nt. 17), 352.
(38) Per questa notazione, x. Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 22 s
9, l’intervento sullo squilibrio economico, oltre che normativo, del contratto (cfr. art. 34, co. 2, cod. cons.) (39).
Ben nota è, del resto, la natura per così dire “ibrida” della disciplina della subfornitura, sempre in bilico tra tutela del contraente debole nel singolo rapporto contrattuale, da un lato, e tutela della iniziativa economica e del funzionamento concorrenziale del mercato, dall’altro (40).
Può essere il caso di ricordare, in proposito, il dibattito sorto, già in sede legislativa, sulla questione della collocazione del divieto di abuso di dipendenza economica, che in un primo momento si pensò di inserire, sulla falsariga dell’esperienza tedesca, nella legge 287/90, trovandosi però l’opposizione della AGCM (41).
(39) V., sul punto, Villa, Invalidità e contratto tra imprenditori, in Il terzo contratto, a cura di Xxxxx – Villa, Bologna, Il Mulino, 2008, 118. Tende, invece, a ridimensionare la contrapposizione tra equilibrio normativo ed equilibrio economico, Roppo, (nt. 26), 649.
(40) Cfr. BENUCCI, La dipendenza economica nei contratti tra imprese, in Squilibrio e usura nei contratti, a cura di XXXXXXX, Cedam, Padova, 2002, 217
(41) V. il Parere sulla proposta di legge AC 3509 recante disciplina della subfornitura industriale (art. 9), 10.2.1998, in Boll., n. 5/1998, 15. Per una accurata ricostruzione dell’iter di approvazione della norma sul divieto di abuso di dipendenza economica, si veda FABBIO, (nt.17), 14 ss. La riconduzione alla tutela del contraente debole ovvero alla tutela della concorrenza si pone, tra l’altro, al vertice della questione dell'esatta precisazione della nozione di “impresa” di cui alla legge 192/98, vale a dire la questione se per essa debba intendersi l'imprenditore di cui all'art. 2082 c.c. oppure se la stessa vada intesa alla stregua della nozione di “impresa” propria del diritto antitrust. Sul punto, x. XXXXX, L'abuso di dipendenza economica «fuori dal contratto», tra diritto civile e diritto antitrust, in Riv. dir. civ., 2000, II, 389 ss, specie a p. 402; XXXXXXX, L'impresa dipendente, Napoli, Esi, 2004, 218. Ulteriore questione, vivamente discussa, riguarda l'estensione dell'ambito d'applicazione della norma: se esso debba essere limitato ai soli rapporti di subfornitura ovvero esteso ad ogni rapporto tra imprese caratterizzato da una disparità di potere contrattuale. Al riguardo, sia consentito rinviare a FABBIO, (nt. 17), 102 ss, con ampi riferimenti bibliografici.
Nel parere sopracitato l’AGCM si esprime negativamente perché mentre le norme antitrust avrebbero avuto quale scopo la protezione del processo concorrenziale, in relazione all'assetto del mercato, la disciplina sull'abuso di dipendenza economica avrebbe potuto anche prescindere da questa finalità. Il medesimo parere, comunque, riconosce che “l'obiettivo di garantire, attraverso la disciplina del contratto di subfornitura, una maggiore trasparenza e certezza nelle transazioni commerciali tra imprese appare meritevole di una valutazione positiva dal punto di vista della tutela del funzionamento del mercato” e, con riguardo all’art. 9, afferma che la disciplina costituisce, in ogni caso, un “ulteriore elemento costitutivo di un efficiente funzionamento del mercato”.
Quella relativa all'individuazione dell'interesse protetto dalla discipline antitrust è, peraltro, una delle questioni più dibattute fra i cultori della materia. Ci si chiede, infatti, se la finalità sia il sostegno alla dinamica concorrenziale, la lotta alla creazione del potere economico privato, il mantenimento di una pluralità di operatori sul mercato o l'uso efficiente delle risorse economiche che non comporti restrizione dell'output produttivo, ed ancora, se accanto a queste finalità non ve ne siano anche altre di protezione sociale e giustizia distributiva. Sul punto v., in particolare, le osservazioni di Osti, L'abuso di dipendenza economica, in Mercato, concorrenza, regole, 1999, 40, secondo il quale «l'ideologia dell'antitrust è più complessa e diversificata di
D'altra parte non può evitarsi di richiamare il dibattito sulla natura dell'art. 9 della l. 192/98, diviso in dottrina, tra le interpretazioni
«civilistiche» della norma, che la inquadrano nell’ambito del diritto dei contratti in generale, e le proposte di riconduzione della stessa al diritto della concorrenza, sia pure inteso in senso ampio (42).
In Germania, invece, essendo il divieto inserito nel § 20, comma 2, del Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen (GWB) è risultato più agevole convincersi che la disposizione andava intesa il più possibile in coerenza con le rationes del diritto della concorrenza (43).
L’interferenza con i profili di diritto della concorrenza risulta, del resto, un dato innegabile, a seguito dell’introduzione, ad opera della legge 57/01, del comma 3-bis dell’art. 9 della legge 192/98.
Per quanto interessa ai fini del discorso, deve osservarsi che nel caso della subfornitura il problema non è meramente di asimmetria informativa, come nei contratti del consumatore, bensì di disparità di potere economico-contrattuale, la quale può essere causata anche da fattori diversi (44). E’ tale rilievo, in particolare, ad indurre alla esplorazione delle ragioni delle previsioni formali di cui all’art. 2 della legge 192/98 in una prospettiva diversa da quella sopra esposta.
Ed invero il contratto di subfornitura, secondo la definizione data dalla stessa legge, interviene pur sempre tra due imprenditori, sicché le prescrizioni sulla forma e sul contenuto del contratto non sembrano pienamente giustificabili alla luce dell’esigenza di garantire la consapevolezza e la razionalità della scelta del soggetto debole di
quanto vogliono gli assertori della tesi rigorosamente economica: in particolare, all'antitrust si sono storicamente ricondotte finalità di mantenimento della pluralità degli operatori di mercato, di protezione del sistema democratico dall'eccessiva influenza del potere economico, di limitazione del trasferimento di ricchezza a favore degli operatori economici»
(42) Fabbio, (nt. 17), 23 ss.
(43) In base alla giurisprudenza costante, infatti, l’illegittimità del lamentato abuso va verificata attraverso «una valutazione complessiva degli interessi delle parti, tenendo conto della ratio generale del GWB, ratio ispirata alla tutela della libertà di concorrenza » (sentenza della Corte Federale del 27.9.1962, in BGHZ, 38, p. 90; in senso conforme, BGH, 10.11.1998, «U-Bahn-Buchhandlungen», in WuW/E DE-R, p. 220 ss, specie a p. 221; BGH, 12.5.1998, «Depotkosmetik», in WuW/E DE-R, 206 ss, specie a p. 209, dove si legge che la predetta valutazione complessiva degli interessi delle parti deve compiersi anche alla luce del diritto antitrust comunitario. Sono debitore, per queste notazioni e citazioni, di Fabbio, (nt. 17), 12, nt. 20.
(44) Xxxxxx, (nt. 15), 88 ss; cfr. inoltre Xxxxxx, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di «abuso dell’autonomia negoziale»), in Riv. dir. priv., 2005, spec. par. 5., secondo cui mentre la «carenza informativa» è condizione strutturale di debolezza, tale da potersi predicare in via generale e astratta, non altrettanto potrebbe dirsi per le cause di dipendenza di un’impresa nei confronti di un’altra, necessariamente da accertarsi mediante una valutazione caso per caso.
addivenire alla sua conclusione, così come avviene nella disciplina dei contratti del consumatore (45).
In altre parole, se le prescrizioni della forma scritta in materia di contratti dei consumatori si giustificano in considerazione della ontologica asimmetria informativa che contraddistingue la loro posizione rispetto alla controparte professionale, appare agevole il rilievo secondo cui analoga ratio difficilmente potrebbe rinvenirsi nella previsione dell'art. 2 legge 192/98, riferita ad un contratto necessariamente tra imprenditori.
In alcune discipline di settore, del resto, non di rado il legislatore esonera il contraente professionale dagli specifici obblighi informativi previsti, qualora la controparte sia anch’essa un professionista qualificato. Si pensi all’art. 100 del d.lgs. 58/98 che esclude le offerte rivolte agli «investitori qualificati» dall’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di offerta pubblica di sottoscrizione o di vendita.
Ne consegue che, attesa la diversità di rationes delle due discipline, non sembra consentita l'estensione analogica al contratto di subfornitura delle norme proprie della disciplina consumeristica, che limitano al solo contraente protetto la legittimazione a far valere la nullità del contratto per difetto di forma scritta.
Su un piano generale, inoltre, sembra potersi osservare che il contratto di subfornitura si colloca nella fase della produzione dei beni o servizi e non nella fase, successiva, della loro distribuzione sul mercato. Appare logico, quindi, cercare di dar conto delle previsioni formali di cui all’art.
2 della legge 192/98 alla luce dei problemi tipici del contesto di produzione in cui il contratto di subfornitura viene ad inserirsi.
Nel campo dei contratti finali, infatti, la preoccupazione del legislatore è quella di garantire la razionalità dell'agire del consumatore, al fine di assicurare l'efficienza allocativa delle risorse; al fine di assicurare, cioè, che il mercato, tramite il meccanismo dei prezzi, collochi i beni e i servizi in capo ai soggetti che li apprezzano maggiormente.
Lo stato di disinformazione in cui si trova il consumatore, invero, potrebbe indurlo ad offrire per un certo bene un prezzo maggiore della sua (effettiva) utilità marginale (ovvero ad acquistarne una quantità
(45) D’Amico, La formazione del contratto, in Il terzo contratto, (nt. 39), 57 s., 76 s, secondo cui «il formalismo negoziale, altra caratteristica che prima facie potrebbe apparire come comune all’area del secondo e del terzo contratto – si piega anch’esso a funzioni completamente diverse, quando opera nei contesti dei mercati finali (standardizzati) ovvero in quelli dei mercati intermedi: nei primi atteggiandosi come strumento funzionale alla strategia di riduzione dell’asimmetria informativa (la c.d. forma informativa), oltre che come mezzo per rendere controllabili e comparabili le “griglie” contrattuali offerte (ai consumatori) dai vari imprenditori; nei secondi, invece, recuperando funzioni (più tradizionali), di richiamo dell’attenzione del contraente sul contenuto del regolamento che egli sta approvando, ovvero di facilitazione dell’assolvimento dei successivi (ed eventuali) oneri probatori (nel caso sorga controversia in sede di esecuzione del rapporto)».
superiore a quella che eguaglia il prezzo pagato al beneficio marginale ricavato) (46). Si comprende, dunque, come in tale contesto il rimedio della nullità relativa, con legittimazione ristretta al solo “utente finale”, garantisca il fine perseguito rimettendo a lui soltanto la valutazione in ordine alla stabilizzazione ovvero alla caducazione del vincolo contrattuale.
Diversamente sembra doversi dire nel campo dei contratti intermedi (quelli cioè stipulati tra imprese nell'ambito dei rapporti di produzione), laddove possono essere implicate considerazioni di efficienza dinamica; laddove, cioè, l’attenzione del legislatore potrebbe orientarsi maggiormente verso la continua ricerca, da parte dell’impresa, di nuovi beni, nuove tecnologie, nuove fonti di offerta, nuovi tipi di organizzazione (in una parola, della innovazione), che non verso l’efficienza in senso statico.
5. Con tali ultimi rilievi - giova forse precisare - non si vuole negare che la previsione di forma di cui all’art. 2 della legge192/98 possa in un certo senso tutelare la posizione della parte debole del rapporto. E’ piuttosto agevole notare, infatti, che la forma scritta si presta ad assicurare chiarezza, trasparenza, comprensibilità e, soprattutto, certezza circa i diritti e gli obblighi nascenti dal contratto.
Potrebbe, pertanto, ritenersi che la legge abbia inteso prevenire possibili comportamenti opportunistici della parte “forte”, miranti a sfruttare le possibilità di «estorsione» lasciate aperte dall’incompletezza e vaghezza del contratto.
Si tratta, invero, di una problematica tipica delle relazioni di subfornitura e che si pone a fondamento dello stesso intervento normativo, volto a tutelare la parte che abbia effettuato investimenti altamente specifici, difficilmente impiegabili in usi alternativi (c.d. idiosincratici), dal rischio di subire comportamenti opportunistici (47).
In altri termini, l’effettuazione di investimenti difficilmente recuperabili in usi alternativi finisce con l’attribuire all’altra parte contrattuale una posizione di quasi monopolista ex post. Quest’ultima potrebbe perciò tentare di sfruttare l’opportunità che da tale posizione gli deriva e, dunque, tentare di rinegoziare l’accordo originario, al fine di appropriarsi della rendita generata dagli investimenti fatti dalla controparte. Il problema del comportamento opportunistico legato alla
(46) Per una esposizione di queste problematiche, per tutti, x. Xxxx, Xxxxxxx, Dorrnbusch, Economia, Milano, McGraw-Xxxx, 2001, 264 ss, specie a p. 280 s.
(47) Il collegamento dell’art. 9 della legge 192/98 con le problematiche di opportunismo è stato da subito messo in evidenza dalla dottrina più sensibile all’analisi economica del diritto. Si vedano al riguardo, Osti, (nt. 41), 9 ss; Xxxxx, Esito di contrattazione e abuso di dipendenza economica: un orizzonte più sereno o la consueta «pie in the sky»?, in Riv. dir. impr., 2000, 243 ss; Xxxxxxx, «Unconscionability» e abuso di dipendenza economica, in Riv. dir. priv., 2001, 527 ss.
presenza di investimenti specifici è noto anche col nome di hold up
(ricatto) (48).
La mera previsione di forma scritta, tuttavia, sarebbe inadeguata a fornire una efficace protezione da siffatti comportamenti opportunistici, poiché la parte che viene a trovarsi nella descritta posizione di debolezza finirà con l’accettare la modifica delle originarie condizioni contrattuali, scritte o meno che esse siano.
Il rimedio è allora diverso e consiste precisamente nel sanzionare tale comportamento opportunistico con apposita norma (art. 9 legge 192/98).
L’obiettivo perseguito in tal modo non è tanto quello di apprestare una tutela della parte debole, in risposta ad esigenze di carattere sociale o equitative, ma quello di evitare che le suesposte problematiche di opportunismo si traducano in un disincentivo per le imprese ad effettuare investimenti produttivi (49). In ultima analisi, l’obiettivo della legge 192/98 sarebbe quello di tutelare l’efficienza in senso dinamico (50).
Mette conto rilevare, inoltre, che il problema di hold up è solitamente presentato nella dottrina economica come indifferente rispetto ai ruoli di cliente o subfornitore delle imprese in relazione. In altri termini, sia l’una che l’altra possono venire a trovarsi nella posizione di vantaggio (51).
Tale punto sembra osservabile anche a livello di diritto positivo, in quanto gli artt. 6 e 9 della legge 192/98, nel sanzionare possibili modalità di realizzazione dell’abuso, menzionano, indifferentemente, l’impresa “cliente” o quella “subfornitrice” oppure, in modo ancor più generico, fanno riferimento alle “parti” del contratto.
Appare, dunque, errato ritenere che nella complessiva struttura della legge 192/98 il subfornitore sia riguardato alla stregua di un soggetto
(48) V. per una chiara esposizione di queste problematiche, tipiche della relazione di subfornitura, Caso, Abuso di potere contrattuale e subfornitura industriale. Modelli economici e regole giuridiche, ristampa digitale, Trento, 2006, 20 e ss, specie a pag. 25.
(49) Come attentamente evidenziato da Xxxxxx, (nt. 17), 8 ss, ricorre di frequente nella dottrina tedesca la precisazione che la norma di cui all’art. 20, co. 2, GWB non deve
essere piegata “a scopi di protezione sociale (Sozialschutz), in particolare di protezione della piccola e media impresa in quanto tale (Mittelstandschutz)”.
(50) Cfr. Xxxxxx, (nt. 15), 70.
(51) Xxxxx, Xxxxxxxx, Alchian, Vertical Integration, Appropriable Rents, and the Competitive Contracting Process, 21 J. Law & Econ., 297 (1978), trad. it., Integrazione verticale, rendite appropriabili ed il processo di contrattazione competitiva, in AA.VV., Razionalità impresa e informazione. Letture di microeconomia, Torino, 1993, 116 ss; Xxxxxxxxxx, Transaction Cost Economics: The Governance of Contractual Relation, 22 J. Law & Econ. 233 (1979), trad. it., Teoria dei coti di transazione: il controllo delle relazioni contrattuali, in L’organizzazione economica. Imprese, mercati e controllo politico, Bologna, Il Mulino, 1991, 144 ss; il problema viene anzi spesso presentato come caratterizzato dal fatto che entrambe le imprese hanno effettuato investimenti specifici, dandosi così luogo ad una situazione di dipendenza reciproca ovvero di monopolio bilaterale: x. Xxxxxxxxxx, op. cit., 146.
tipicamente “debole”, cioè a dire come un soggetto la cui posizione di debolezza è oggetto di una preventiva valutazione da parte dell’ordinamento (52).
La prospettiva sembra ancora una volta affatto diversa da quella ravvisabile nei rapporti del consumatore, ove è possibile individuare un soggetto “debole” prima e a prescindere dal contratto. Nel caso della subfornitura non c’è un contraente “debole”, bensì un contraente che si indebolisce nel corso del rapporto contrattuale, in virtù degli investimenti specifici effettuati per la sua esecuzione (53).
Sembra perciò difficile affermare, con riferimento al vizio di forma del contratto di subfornitura, una nullità soltanto relativa, con conseguente restrizione della legittimazione a farla valere al solo subfornitore. Nella prospettiva suesposta, infatti, non sembra possibile stabilire ex ante se ed in che modo la formalizzazione degli impegni assunti favorirà in seguito il cliente ovvero il subfornitore.
6. Alla luce di quanto esposto nel precedente paragrafo, merita forse tentare di considerare la prescrizione di cui all’art. 2 legge 192/98 in una prospettiva ancora diversa, tendente a ricollegare la forma scritta ad esigenze proprie del contratto di subfornitura, inteso come contratto tipico, volto a realizzare una «esternalizzazione» nell’attività produttiva dell’impresa committente.
E’ per la verità discussa la questione se la legge 192/98 abbia introdotto un nuovo tipo negoziale ovvero se si sia limitata a dettare una disciplina trasversale di un rapporto, instaurabile con la stipulazione di un contratto già tipizzato dall’ordinamento in altre sedi.
Tale ultima tesi parrebbe, invero, trovare conforto nella peculiare formulazione dell’art. 2 legge 192/98, il quale non stabilisce semplicemente la forma scritta ad substantiam per il contratto di subfornitura, ma prevede che «Il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità».
La disposizione da ultimo ricordata, infatti, ben può essere letta come conferma del fatto che una cosa è il rapporto di subfornitura, altro il contratto, con la conseguenza che la legge 192/98 avrebbe inteso regolare solo taluni aspetti dei contratti aventi ad oggetto l’instaurazione di quel rapporto (54). Per il resto tali contratti rimarrebbero soggetti alla disciplina propria del tipo di appartenenza, che sarebbe in tal modo ad essi applicabile in via diretta.
Un ulteriore argomento a favore della natura trasversale della disciplina portata dalla legge 192/98 viene riscontrato nella circostanza
(52) Xxxxxx detto, ovviamente, non implica negare che di fatto è il subfornitore a trovarsi nella maggioranza dei casi nella posizione di debolezza interrelazionale descritta.
(53) Cfr. Xxxxxx, (nt. 15), 69.
(54) L’osservazione si legge in Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 18.
che essa non detterebbe una regolamentazione esaustiva del preteso nuovo tipo negoziale.
Ad esempio, si è osservato che difetterebbe ogni regolamentazione circa il trasferimento della proprietà del bene, il recesso e la risoluzione, i termini per far valere il difetto dell’opera o del servizio, i poteri del committente di effettuare verifiche nel corso della esecuzione del contratto (55).
In tale ordine di idee si giustificano i numerosi rinvii alle norme codicistiche operati dalla legge 192/98, come quello contenuto nell’art. 5, co. 4, a mente del quale le contestazioni sull’esecuzione della subfornitura debbono essere sollevate dal committente entro i termini stabiliti dal contratto, che tuttavia «non possono derogare ai più generali termini di legge».
La disposizione, invero, è stata ritenuta per lo più fare riferimento ai termini di decadenza e di prescrizione delle azioni di garanzia proprie delle discipline della vendita e dell’appalto (56).
I suesposti rilievi, tuttavia, non appaiono decisivi. La tipizzazione di un contratto non sembra necessitare di una disciplina esaustiva sotto ogni profilo. Xxx potrebbe, infatti, il legislatore limitarsi ad una disciplina degli aspetti ritenuti di maggiore importanza, facendo al contempo affidamento sulle norme di default, contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (57).
Un ulteriore argomento è possibile trarre dalla previsione di cui all’art. 1570 c.c., in base al quale al contratto di somministrazione si applicano anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni.
Ed invero, se della tipicità del contratto di somministrazione non è dato dubitare, la norma costituisce una conferma del fatto che un contratto può essere dotato di una propria autonomia, pur mutuando norme da altri tipi negoziali (58).
Per affermare la natura di nuovo tipo negoziale del contratto di subfornitura, si rende necessario, tuttavia, chiarire quale sia la sua causa, in conformità dell’insegnamento tradizionale, secondo cui il tipo contrattuale è un modello normativo di realizzazione di una operazione economica ricorrente nella vita di relazione (59).
(55) Rileva il carattere non esaustivo della disciplina, Leccese, Commento sub art. 1, in AA. VV., La subfornitura. Commento alla L. 18 giugno 1998, n. 192, a cura di Xxxx e Clarizia, Milano, Xxxxxxx, 1999, 34 ss.
(56) Nel senso che il riferimento sia ai termini di decadenza e di prescrizione previsti per i contratti tipici, x. Xxxxxxxxxx, (nt. 8), 128; Chiesa, Responsabilità del subfornitore, in AA.VV., La subfornitura, (nt. 22), 47; Leccese, (nt. 55), 175 ss.
(57) In tal senso, Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 16.
(58) Nel senso che la subfornitura sia un contratto dotato di propria autonomia, Xxxxxxxxxxxxx, (nt. 7), 1 ss; analogamente Xxxxx, Subcontratto, subfornitura e decentramento produttivo tra imprese, Milano, Xxxxxxx, 2000, specie p. 79;
(59) Xxxxxx, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1984, 445 ss.
A tal fine va osservato che il tratto caratterizzante la subfornitura, così come definita dall’art. 1 della legge 192/98, è la soggezione del subfornitore alle direttive impartite dal committente “sotto forma di specifiche tecniche, di standard qualitativi ai quali il subfornitore dovrà attenersi nella fabbricazione del componente o nello svolgimento della lavorazione ovvero anche di controlli effettuati dal committente per verificarne la puntuale osservanza” (60). Ulteriore elemento essenziale emergente dalla medesima definizione è il carattere “dedicato” (61) della prestazione, in quanto i beni o servizi oggetto del contratto devono inserirsi nell’attività produttiva dell’impresa committente.
Nonostante si verifichi la sostanziale integrazione del subfornitore nell’impresa committente, deve ritenersi che egli rimanga, dal punto di vista formale, un soggetto esterno ad essa, essendovi legato da una relazione contrattuale. In altre parole, la (materiale) integrazione produttiva con l'impresa committente non elimina l'autonomia dell’impresa subfornitrice (62).
Appare, dunque, possibile ritenere che il contratto di subfornitura, quale autonomo tipo negoziale, rinvenga la sua causa nella funzione di realizzare un’operazione di esternalizzazione nell’attività produttiva dell’impresa committente (63). In altri termini il contratto di subfornitura ha la funzione economica di realizzare un decentramento produttivo (64). L’operazione economica sottostante al contratto, dunque, lungi dal rimanere un elemento accessorio avente un ruolo meramente descrittivo, viene ad acquisire rilevanza giuridica, concorrendo alla
(60) Leccese, (nt. 55), 241; per la configurazione della prestazione del subfornitore come un facere qualificato dalla “subalternità progettual–tecnologica” rispetto alla controparte contrattuale, v. Caso – Pardolesi, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, Riv. dir. priv., 1998, 725.
(61) Caso, Modello di contratto di subfornitura industriale commentato e coordinato con la nuova legge sulla subfornitura nelle attività produttive, Roma, 1998, 15.
(62) Per l’inapplicabilità dell’art. 9 della legge 192/98 nel caso di attività di direzione e
coordinamento fondata su un controllo interno ex art. 2359, nn. 1 e 2, c.c., ovvero su contratti e clausole statutarie di dominio ex art. 2497-septies c.c., x. Xxxxxx, (nt. 17), 536 ss.
(63) Cfr. Caso, (nt. 48), 9 ss; Xxxxx –Xxxxxxxx, (nt. 8), 25 s; Xxxxx, (nt. 58), 59 ss.
(64) Inversamente all'integrazione verticale, con l'espressione decentramento produttivo, ormai comunemente invalsa anche nella dottrina giuridica, si intende in genere descrivere quei processi in base ai quali la produzione di parti del prodotto finale viene affidata ad imprese diverse da quella che immette lo stesso sul mercato. A volte il decentramento non riguarda la produzione di particolari ma si limita alla produzione di semilavorati che vengono poi perfezionati dall'impresa committente o da altra impresa. Il decentramento, insomma, può riguardare ogni singolo momento del processo produttivo (Cavazzuti, Le piccole imprese, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Xxxxxxx, vol. II, Cedam, Padova, 1978, 549 ss, 582-583).
qualificazione del tipo negoziale e alla ricostruzione della sua disciplina positiva (65).
In questa prospettiva, la previsione di forma scritta appare giustificarsi alla luce del problema economico posto a monte della stipulazione del contratto, consistente nella scelta, da parte dell’impresa committente, di come organizzare la propria impresa.
Da un lato, infatti, essa può optare in favore di un modello integrato in senso verticale, gerarchicamente strutturato, in cui la caratteristica del contratto sottoscritto dal titolare di un fattore impiegato all’interno dell’impresa è che, con tale contratto, il titolare del fattore, in cambio di una certa remunerazione, accetta di obbedire agli ordini di un imprenditore entro certi limiti. “La sostanza del contratto è che esso stabilisce solamente i limiti dell’autorità dell’imprenditore. All’interno di questi limiti, egli può quindi dirigere gli altri fattori di produzione” (66). Dall’altro lato l’impresa potrebbe decidere in favore di un modello di produzione basato su relazioni “orizzontali”, di mercato, nel quale il contratto assume allora un ruolo centrale, dovendo necessariamente contenere precise indicazioni sulle caratteristiche dell’oggetto delle prestazioni dovute (67).
Nel primo caso la fase del processo produttivo viene svolta all’interno della stessa impresa, che così amplia le proprie dimensioni; nel secondo quella determinata fase del processo produttivo, mediante l’affidamento ad imprese terze formalmente indipendenti, viene posta al di fuori dell’impresa, che in tal modo riduce la propria struttura.
La scelta si basa su una comparazione dei costi connessi al funzionamento dell’ «organizzazione gerarchica» o, alternativamente, all’ uso del meccanismo dei prezzi proprio delle relazioni contrattuali esterne (cc.dd. costi di transazione) (68). L’impresa si ingrandisce fino al
(65) Cfr. Xxxxxxxxxxxxx, (nt. 7), 17 ss, il quale, raffrontando il contratto di subfornitura con altre fattispecie tipiche (appalto, vendita, somministrazione, contratto d’opera), conclude che “netti sono gli elementi di differenziazione che attengono ai presupposti soggettivi – la subfornitura è un contratto necessariamente commerciale, nel senso che deve essere stipulato tra imprenditori - ; e alla forma – la subfornitura è un contratto che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità, mentre i ricordati contratti tipici sono contratti a forma libera – che mi inducono a credere che la subfornitura abbia caratteristiche sue proprie che la caratterizzino come contratto tipico”.
(66) Xxxxx, The Nature of The Firm, 4 Economica (n.s.) 386 (1937), trad. it., La natura dell’impresa, in Id., Impresa, mercato e diritto, Bologna, Il Mulino, 1993, 79.
(67) V. per una recente esposizione di tali concetti, Xxxxxx-Xxxxxxxxx, Il Nobel che fece l'impresa. Xxxxx e il governo delle regole incomplete, Merc. Conc. Regole, 2008, 433 s. Per una chiara sintesi, si veda, inoltre, Angelici, Diritto commerciale, I, Bari, Laterza, 2002, 5 ss.
(68) Una prima descrizione di cosa esattamente siano i costi di transazione viene fornita dallo stesso Xxxxx, The Problem of the Social Cost, in 3 Jour. Law and Econ., 1960 (trad. it. Il problema del costo sociale, in Impresa, mercato e diritto, cit., 199) dove afferma: «per condurre una transazione di mercato è necessario individuare chi è la persona con cui si desidera trattare, informare il pubblico che si desidera trattare e in quali termini, condurre le negoziazioni che portano all’accordo, stendere il contratto,
punto in cui i costi per organizzare un’altra “transazione” al suo interno sono uguali ai costi da sostenere per concluderla sul libero mercato (69). Tra quest’ultimo tipo di costi rientrano, in particolare, quelli derivanti dall’insufficienza di contratti a breve periodo rispetto a determinati scopi (70). Allorquando si renda necessario stipulare un contratto di durata, infatti, «a causa del fatto che è difficile fare previsioni, più lungo è il periodo contrattuale di fornitura della merce o del servizio, meno possibile e in verità meno desiderabile è per l'acquirente specificare cosa ci si aspetta dall'altra parte contrattuale. […]. L'acquirente non sa già al presente quale azione egli vorrà che sia intrapresa in futuro dal fornitore. Quindi il servizio che viene fornito è definito in termini generali, e viene lasciata per una data successiva la specificazione esatta dei dettagli. Tutto ciò che viene fissato nel contratto sono i limiti delle prestazioni del fornitore. I dettagli di cosa deve fare il fornitore non sono definiti nel contratto, bensì decisi in seguito dall'acquirente. Quando la destinazione delle risorse (entro i limiti del contratto) dipende dal compratore nel modo
descritto, si ottiene quella relazione che io chiamo un' “impresa”» (71).
Benché non sia possibile in assoluto tracciare una netta linea di demarcazione che determini in tutta sicurezza se si abbia o meno impresa (72), il passo poc’anzi riportato sembra coadiuvare la ricostruzione dell’elemento formale del contratto di subfornitura in una prospettiva di carattere tipologico.
Se, infatti, il contratto deve realizzare una «esternalizzazione», sembra necessario che in esso siano esattamente dedotte le caratteristiche del bene o del servizio da realizzare, poiché esulerebbe dal tipo un contratto
intraprendere le indagini necessarie per essere sicuri che i termini del contratto sono stati rispettati, e così via. Queste operazioni sono spesso estremamente costose; in ogni caso, sufficientemente costose da impedire molte delle transazioni che sarebbero concluse in un mondo in cui il sistema dei prezzi funzionasse senza costi». L’argomento dei costi di transazione è stato successivamente approfondito da numerosi Autori ed in particolare da Xxxxxx Xxxxxxxxxx. Non potendosi, nell’economia del presente lavoro, affrontare nemmeno sommariamente un argomento di tale vastità e complessità, sia consentito rinviare il paziente lettore a: Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx and Xxxxxxxxxxx, The Free Press, New York, 1975; Id., Transaction Cost Economics: The Governance of Contractual Relation, 22 J. Law Econ. 233 (1979); Id., The Mechanism of Governance, Oxford University Press, New York – Oxford, 1996; Xxxxxx – Xxxxx (a cura di), Firms, Market and Hierarchies, Oxford University Press, New York – Oxford, 1999; Xxxxxxxxxx – Masten (a cura di), The Economics of Transaction Costs, Xxxxx Publishing, Cheltenham, 1999.
(69) Xxxxx, (nt. 66), 83.
(70) X. Xxxxx, (nt. 66), 79 s ove l’affermazione per cui un soggetto «potrebbe desiderare di concludere un contratto a lungo termine per la fornitura di un certo servizio. Ciò può essere dovuto al fatto che se viene fatto un contratto per un periodo più lungo invece di parecchi contratti più brevi, vengono evitati alcuni costi connessi alla conclusione di ogni contratto. Oppure, le persone interessate possono preferire un contratto a lungo piuttosto che a breve termine a causa del loro atteggiamento verso il rischio»
(71) Xxxxx, (nt. 66), 79 s.
(72) Xxxxx, (nt. 66), 79, in nota.
che, senza specificare in modo preciso tale aspetto, lo rimettesse alle successive determinazioni del committente.
Significativa in tal senso appare, in primo luogo, la previsione di cui alla lettera a) del quinto comma dell’art. 2 della legge 192/98, il cui collegamento con la necessità che il contratto rivesta la forma scritta è confermato sia dal suo tenore letterale («Nel contratto di subfornitura devono essere specificati») sia dalla sua collocazione all’interno dell’art. 2, insieme alle prescrizioni sul requisito formale (73). Solamente la forma scritta, del resto, può dare sufficienti garanzie che l’accordo delle parti sia giunto fino a tale livello di dettaglio.
La prospettiva assunta, inoltre, sembra dar conto anche del carattere “asimmetrico” delle prescrizioni circa il requisito della forma scritta del contratto di subfornitura. Se, infatti, il problema sottostante alla previsione della forma scritta del contratto è essenzialmente un problema organizzativo dell’impresa committente, può risultare logico richiedere che sia soltanto la volontà di quest’ultima a dover essere espressa in ogni caso per iscritto, senza con ciò impedire che il subfornitore manifesti la propria volontà oralmente ovvero che il contratto si concluda mediante inizio di esecuzione della prestazione (v. art. 2, comma 2, legge 192/98).
In terzo luogo, appare degno di nota come, in caso di nullità per difetto di forma scritta, la norma faccia salvo il diritto del subfornitore al pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede per l’esecuzione del contratto. La previsione, infatti, nell’assegnare rilevanza al rapporto di fatto instauratosi, appare adottare una soluzione per certi versi analoga a quella dettata dall’art. 2126 c.c per il rapporto di lavoro “nell’impresa”.
La salvezza del diritto al pagamento delle prestazioni già eseguite assicura al subfornitore il conseguimento dell’intero corrispettivo, in deroga ai principi di cui all’art. 2037 c.c. ed ai limiti dell’arricchimento senza causa di cui agli artt. 2041 e ss. c.c. (74).
L’obbligo di risarcire le spese sembrerebbe, ad un primo avvicinamento, riconducibile, sul piano sistematico, alla responsabilità per culpa in contrahendo di cui all’art. 1338 c.c., a mente del quale: “La
(73) Per quest’ultima notazione, x. Xxxxxxxx, sub. art. 2, in Xxxxx – Xxxxxxxx, (nt. 8), 71; cfr., inoltre, Alvisi, Disparità di potere contrattuale, apparati di protezione e autonomia collettiva. Il caso della subfornitura nelle attività produttive, Bologna, Libreria Xxxxxx Editrice, 2000, 8 ss, nonché Putti, (nt. 34), 88, secondo i quali la violazione delle prescrizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 2 comporta la nullità del negozio per violazione dell’obbligo formale stabilito dal medesimo articolo.
(74) Così, Xxxxxxxx, (nt. 19), 39 ss, specie a p. 40 e 41; Xxxxxx, (nt. 59), 40. In giurisprudenza, si veda Cass., sez. un., 11 settembre 2008, n. 23385, secondo cui: «In tema di calcolo dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., dal conteggio dell’indennità richiesta per la diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione in virtù di un contratto invalido, deve escludersi quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante, se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace […]»
parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto” (75).
Al riguardo, deve, tuttavia, osservarsi che la giurisprudenza è solita escludere l’insorgenza di una responsabilità ex art. 1338 c.c. allorquando la nullità sia comminata direttamente da una norma dell’ordinamento che, per presunzione assoluta, deve ritenersi nota a tutti i consociati (76).
Il rilievo testé formulato, invero, si attaglia perfettamente nel contesto di un contratto tra operatori professionali qual’è la subfornitura, con la conseguenza che la previsione verrebbe in buona parte svuotata della sua concreta rilevanza applicativa..
Appare, dunque, preferibile ritenere che la disposizione, tramite il riferimento alla buona fede, si riferisca all’ipotesi in cui il subfornitore abbia dovuto subire il comportamento della controparte, la quale si è rifiutata di mettere per iscritto gli impegni concordati, con violazione del canone di correttezza nella conduzione delle trattative di cui all’art. 1337 c.c. (77).
Il requisito della forma scritta del contratto di subfornitura sembra, perciò, mirare ad evitare l’instaurazione di forme “ibride” di relazioni contrattuali, in cui il committente persegue l’obiettivo di mantenere l’autorità della quale disporrebbe mediante l’adozione di un modello
(75) Putti, (nt. 34), specie a p. 87, secondo cui la circostanza che il legislatore abbia usato il termine «risarcimento» e non, piuttosto, la formula più usuale di “rimborso”, “indicherebbe la natura risarcitoria della relativa azione, che potrebbe così assimilarsi all’azione di risarcimento di cui all’art. 1338 c.c.”. Diversamente, Delfini, (nt. 22), 11 ss, specie a p. 16, che ritiene trattarsi non già di un obbligo risarcitorio in senso stretto quanto piuttosto di obbligazione quasi contrattuale di rimborso modellata su quella dell’art. 2031 c.c.
(76) Cass., 9 ottobre 1979, n. 5240, secondo cui «Non può configurarsi responsabilità per culpa in contrahendo allorquando la causa di invalidità del negozio, nota ad uno dei contraenti e da questo taciuta, derivi da una norma di legge che, per presunzione assoluta, deve essere nota alla generalità dei cittadini». In senso conforme, Cass., 26 giugno 1998, n. 6337; Cass., 2 marzo 2006, n. 4635. Diversamente Trib. Roma, 14 maggio 1980, in Temi rom., 1980, 531 ss, secondo cui il dovere di conoscenza della legge non si pone in egual misura a carico di tutti i destinatari della norma e occorre valutare, caso per caso, se la presenza di cause di nullità, derivanti dalla violazione di norme di legge, fossero riconoscibili dalla parte che ha confidato nella validità del contratto. In senso analogo, Xxxxxx, (nt. 59), 175.
(77) In questo caso, peraltro, può condividersi il rilievo che la legittimazione del
committente a far valere la nullità risulterebbe preclusa in base al principio secondo cui «nemo contra factum suum venire potest». Così, Musso, (nt. 16), 139. In giurisprudenza, sulla exceptio doli in generale, cfr. Cass., 7 marzo 2007, n. 5273, in Banca, borsa e tit. di cred., 2007, II, 697 ss, con nota di Xxxxx; in Riv. dir. civ., 2008, II, 223 ss, con nota di Xxxxx Xxxxxxx; in I Contratti, 2007, 971 ss, con nota di Xxxxx; in La nuova giurispr. Civ. comm., 2007, 1319 ss, con nota di Xxxxxx.
organizzativo di tipo gerarchico, conseguendo, al contempo, i vantaggi connessi alla scelta di una soluzione apparentemente di mercato (78).
E’, del resto, noto che le scelte organizzative dell’impresa sono anche influenzate da fattori istituzionali e, segnatamente, dalle conseguenze che l’ordinamento ricollega alla adozione delle diverse alternative (79).
Le prescrizioni formali del contratto di subfornitura hanno, dunque, la funzione di evitare la stipulazione di contratti privi della sostanza economica propria del tipo negoziale, finalizzati alla elusione di norme giuslavoristiche o di altro tipo (80). Può essere il caso di ricordare, al riguardo, che nel progetto originario della legge 192/98 l’obbligo della forma scritta era anche assistito dalla previsione, a carico del committente, di una sanzione amministrativa pecuniaria (81).
Sembra, pertanto, corretto ricondurre la nullità di cui all’art. 2 della legge 192/98, più che ad esigenze di tutela del subfornitore, a ragioni di ordine pubblico economico (82), con l’ulteriore conseguenza della rilevabilità d’ufficio e della legittimazione a farla valere da parte di chiunque vi abbia interesse, in applicazione delle regole generali.
Non sarebbe, infatti, coerente con le descritte finalità della nullità rimettere ad una valutazione del “subfornitore” la sopravvivenza o la caducazione del vincolo contrattuale. La sua tutela rimane apprestata
(78) Cfr. Caso, (nt. 48), 40.
(79) Lo avverte lo stesso Xxxxx, (nt. 66), 81.
(80) Sugli aspetti patologici del decentramento produttivo, specie sotto il profilo della elusione delle norme giuslavoristiche, v. Bin, La piccola impresa industriale, Bologna, Zanichelli, 1983, 63 ss; radicalmente negativa è la visione del fenomeno di Xxxxxxx, Imprese artigiane e decentramento produttivo, in Giur. Comm., 1976, I, 810 ss, in part. a
p. 820, ove l'affermazione che un intervento indiscriminato a sostegno di piccole imprese, “subordinate” ad imprese di maggiori dimensioni attraverso particolari rapporti commerciali, «in quanto incoraggerebbe il fenomeno del decentramento produttivo e provocherebbe quindi un peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori nel loro complesso, appare sul piano politico legislativo senza dubbio inopportuno». Rileva che allo stato attuale, in considerazione delle profonde modifiche del sistema economico, non possa che darsi una visione fisiologica del fenomeno, Xxxxxxx, Decentramento produttivo, in Digesto: disc. Priv., sez. comm., vol. IV, Utet, Torino, 1989,
226 ss, specie a p. 235 ss. Osserva che sotto il profilo della concorrenza il decentramento si presenta come un'occasione per lo sviluppo e l'entrata sul mercato di imprese medie e piccole, le quali altrimenti ben difficilmente troverebbero sbocchi o potrebbero praticare attività industriali in modo remunerativo, Xxxxxxxxxxx, Decentramento produttivo e ristrutturazione industriale, in Econ. e politica industriale, 1984, fasc. 41, 169-170: «con il decentramento si vengono a creare occasioni di sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali, occasioni che facilitano il decollo di imprese piccole e anche di medie dimensioni»).
(81) V. l’art. 2, comma 2, del disegno di legge A.S., n. 644, legislatura XIII:«Il committente che stipuli il contratto di subfornitura in violazione di quanto disposto dal comma 1 incorre nella sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al 2 per cento e non superiore al 10 per cento del corrispettivo pattuito in contratto».
(82) In questi termini anche Musso, (nt. 16), 143.
sul piano obbligatorio-risarcitorio, salva la possibilità di conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c. (83).
(83) Xxxxxxxxxx, (nt. 8), 71, nt. 34, e pag. 76 ss. Al riguardo, può notarsi che né il contratto di appalto né quello d’opera di cui all’art. 2222 c.c. sono contratti formali. Dubbioso, invece, sulla possibilità di conversione, Musso, (nt. 16), 137.