COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) DE CAROLIS Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) GEMMA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CARATELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) XXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXX
Nella seduta del 17/04/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
I ricorrenti, titolari di un contratto di finanziamento personale in essere con l’intermediario, si dolgono dell’usurarietà delle condizioni economiche applicate al rapporto. Lamentano, in particolare, la nullità del contratto stipulato con l’intermediario per inosservanza della forma scritta nonché per l’incomprensibilità del documento contrattuale rilevante ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. c), Cod. Cons. che ha impedito la formazione di un consenso consapevole in ordine alla stipula del contratto de quo. Contestano, inoltre, la violazione dell’art. 125-bis TUB, atteso che mediante un unico modulo hanno sottoscritto tanto il contratto con la banca quanto quello con la finanziaria. Inoltre, con riferimento al tasso di interesse applicato, lamentano l’usurarietà del
tasso di mora nonché l’applicazione di pratiche anatocistiche consistenti nella computazione degli interessi moratori non sulla sola quota capitale, ma sulle rate del prestito complessivamente considerate e, quindi, comprensive anche degli interessi corrrispettivi. Deducono, infine, la sussistenza di un conflitto di interessi tra la banca e la compagnia assicurativa. Chiedono, pertanto, che l’Arbitro disponga l’effettuazione del conteggio di estinzione ai fini della restituzione delle somme indebitamente versate nonché il risarcimento dei danni patiti.
L’intermediario eccepisce, anzitutto, la piena legittimità delle condizioni economiche applicate al rapporto, atteso che ai fini della verifica del tasso soglia è preclusa la sommatoria tra interessi corrispettivi ed interessi di mora. Precisa, poi, che il contratto di finanziamento è stato visionato ed accettato dai ricorrenti. Chiede, quindi, il rigetto del ricorso perché infondato.
DIRITTO
I ricorrenti portano all’attenzione di questo Collegio diverse censure relative al contratto di finanziamento personale che, dunque, devono essere oggetto di trattazione distinta.
Anzitutto, i ricorrenti si dolgono della nullità del contratto per difetto di forma scritta, giacché alla proposta non avrebbe fatto seguito una formale accettazione debitamente sottoscritta dalla banca. Diversamente, la banca si sarebbe limitata al mero invio di un’accettazione priva di qualsivoglia sottoscrizione autografa, determinando in siffatto modo la nullità del contratto per mancanza di forma scritta.
La doglianza è infondata per almeno due ordini di ragioni.
Sotto un primo profilo, il difetto della sottoscrizione della banca è del tutto irrilevante, atteso che, in ogni caso, il contratto contestato è stato definitivamente eseguito dalle parti. Ed infatti, anche a voler in ipotesi considerare non ritualmente firmato il contratto da parte della banca, l’intento di quest’ultima di avvalersi del contratto medesimo è pacificamente integrato tanto
dalla incontroversa esecuzione del rapporto, giacché il finanziamento è stato erogato alle medesime condizioni rappresentate nella proposta sottoscritta dai ricorrenti, quanto dalla comunicazione degli estratti conto allegati da parte resistente. E ciò, vale a sopperire al difetto di sottoscrizione da parte della banca in quanto costituente forma scritta equipollente da cui può agevolmente evincersi la manifestazione di volontà della banca di avvalersi del contratto con conseguente perfezionamento dello stesso.
Per altro verso, poi, i recenti approfondimenti svolti dalla giurisprudenza del giudice ordinario hanno consentito di ritenere che la predisposizione della proposta da parte della banca nonché la consegna di copia del contratto ai clienti rendono non necessaria un’ulteriore sottoscrizione da parte della banca, atteso che “… la volontà negoziale è già espressa nel documento dalla medesima predisposto e che la mera carenza formale di firma non potrebbe in ogni caso legittimare la banca né ad impugnare il contratto né sottrarsi alle regole in esso sancite” (Cass. civ., n. 22223/2006; Trib. Reggio Xxxxxx, 28/04/2015).
Da ultimo, giova rilevare che la doglianza è infondata finanche in considerazione del tempo intercorso tra la stipula del contratto e l’azione proposta (si tratta, infatti, di un lasso di tempo tutt’altro che breve, pari a 5 anni), durante il quale i ricorrenti hanno goduto del credito erogato. Peraltro, vale la pena sottolineare che laddove questo Arbitro ha ritenuto di dover rilevare la nullità del contratto di finanziamento per difetto di forma scritta, ha rinvenuto una difformità tra le condizioni economiche dell’operazione rappresentate nella proposta e quelle indicate nell’accettazione, ipotesi che, diversamente da quanto finora prospettato, non è riscontrabile nel caso di specie.
Con riferimento, poi, alla nullità del contratto per illeggibilità ed incomprensibilità del documento contrattuale, deve osservarsi che, sebbene vi sia evidenza di un vizio di chiarezza e trasparenza, tuttavia, le condizioni economiche del rapporto sono riportate con i medesimi contenuti nel documento di accettazione ove appaiono ben comprensibili ed evidenti. Riprova ne sia il fatto che parte ricorrente ha comunque potuto sollevare censure quali l’anatocismo del rapporto, piuttosto che l’usurarietà dei tassi di mora - di cui appresso si dirà - dando atto dell’avvenuta comprensione dei termini economici del contratto.
Ne deriva, dunque, che le doglianze relative alla nullità del contratto non possono trovare accoglimento.
Del tutto pretestuosa è, poi, la censura avente ad oggetto la violazione dell’art. 125-bis TUB, argomentata sulla base dell’avvenuta sottoscrizione di più contratti con il medesimo modulo. Ed infatti, in siffatta ipotesi, la tesi sostenuta dai ricorrenti si pone in evidente contrasto con la littera legis, atteso che lo stesso disposto di cui all’art. 125-bis statuisce che “… in caso di offerta contestuale di più contratti da concludere per iscritto, diversi da quelli collegati ai sensi dell’art. 121, comma 1, lett. d), il consenso del consumatore va acquisito distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati”. Ebbene, nell’ipotesi in esame, deve osservarsi che il contestato prestito personale ed il contratto di assicurazione stipulato contestualmente al primo rappresentino un’ipotesi di “contratti collegati” ex art, 121, comma 1, lett. d), TUB e corrispondono ad una prassi bancaria del tutto lecita a patto che oltre la polizza assicurativa commercializzata si sottoponga al cliente l’alternativa di optare per diverse polizze a copertura del rischio del credito. Ed è anche in tale ultimo senso che la pretesa sussistenza di un conflitto di interessi tra l’intermediario e la compagnia assicurativa sollevata dai ricorrenti appare destituita di qualsivoglia fondamento, viepiù considerato che la stessa documentazione contrattuale prevede espressamente l’obbligo per l’intermediario di pubblicizzare in esclusiva la stipula delle polizze con quella determinata compagnia assicurativa.
Residua, pertanto, l’esame della doglianza relativa all’asserito anatocismo praticato dalla banca, laddove la medesima ha computato gli interessi di mora sull’ammontare delle intere rate scadute e non pagate, comprensive dunque di quota capitale ed interessi corrispettivi.
A tale ultimo riguardo, corre l’obbligo di analizzare il rapporto tra anatocismo ed interessi calcolati sulle somme capitalizzate, con riferimento alla disciplina dell’usura bancaria. In realtà, la questione concernente la capitalizzazione degli interessi di mora sulle intere rate scadute ha trovato, nel tempo, diverse risposte.
Ed infatti, il discrimen temporale che viene in rilievo nella fattispecie in esame è rappresentato dalla delibera CIRC del 9 febbraio del 2000 (emessa in attuazione dell’art. 120 TUB) che ha legittimato la capitalizzazione degli interessi a determinate condizioni ai sensi dell’art. 3, a mente del quale “… nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ogni rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza fino al momento del pagamento”. Sicché, a fronte di un contratto stipulato post 2000 – come nel caso di specie - che prevede che il tasso moratorio si applichi sull’intera rata scaduta, non è possibile sostenere in senso contrario che il capitale a cui rapportare gli interessi di mora sia quello originario, decurtando, quindi, la rata degli interessi corrispettivi. E ciò in quanto, la capitalizzazione degli interessi di mora, ove contrattualmente prevista, è del tutto legittima e vale, dunque, ad escludere l’integrazione dell’anatocismo.
Peraltro, come a più riprese rilevato dai diversi Collegi ABF e, da ultimo, finanche dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Arezzo, 23/01/2014), la prassi testé descritta integra, in ogni caso, un tecnica bancaria del tutto lecita e consolidata che vale, di per sé, ad escludere il divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c.
Ad abundantiam, si osserva che diversamente sarebbe a dirsi con riferimento ai contratti di mutuo stipulati successivamente al 1 gennaio 2014, ove la L. n. 147/2013, nel modificare il disposto di cui all’art. 120 TUB, ha inciso sull’anatocismo bancario, statuendo che il CICR è tenuto a prevedere che “… gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sola sorte capitale”. Sebbene la predetta previsione non si distingua per brillante chiarezza, tuttavia, sembra chiara la volontà del legislatore di ritenere la previsione contrattuale di anatocismo illegittima, con l’ovvia conseguenza che la clausola del contratto di mutuo che computi gli interessi di mora sull’intera rata è da ritenersi senz’altro nulla.
Sempre con riferimento agli interessi di mora, ma sotto altro profilo, parte ricorrente deduce l’usurarietà del tasso applicato al rapporto poiché stabilito in misura superiore al tasso soglia del periodo di riferimento.
La censura è priva di qualsivoglia pregio, atteso che il Collegio di Coordinamento ha definitivamente chiarito che gli interessi di mora non rilevano ai fini della valutazione in ordine al superamento del tasso soglia ma solo allorquando stabiliti in misura manifestamente sproporzionata rispetto a quella degli interessi corrispettivi; manifesta sproporzione che non è rinvenibile nel caso di specie.
P.Q.M
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1