COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) MAIMERI Membro designato dalla Banca d'Italia (NA) XXXXXXXXX DE XXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 14/06/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso presentato in data 4 novembre 2015, il ricorrente, assistito da un legale di fiducia, espone di essere titolare di un mutuo ipotecario, stipulato il 13 luglio 2010, per un importo pari a 205.200,01 euro, da rimborsare in 300 rate mensili (a scadenza posticipata) da 915,41 euro, oltre alla prima rata da 1.177,10 euro. L’operazione, precisa il ricorrente, è stata inserita, ai fini fiscali, in quelle che godono dei benefici “prima casa” in quanto, a norma dell’art. 1 del contratto di mutuo in oggetto, il mutuo è stato erogato per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale. I pagamenti mensili “sono stati piuttosto regolari dalla data di stipula sino ai primi mesi del 2015”, periodo in cui il ricorrente ha attraversato difficoltà economiche-finanziarie, a causa della perdita del lavoro; di conseguenza, in data 11 maggio 2015, per evitare che maturassero interessi sulle quote insolute, chiedeva la “moratoria ai sensi dell’art. 1, comma 246, legge di stabilità 2015”. In tal modo, attraverso l’accesso alla sospensione del piano di ammortamento, il ricorrente avrebbe potuto tentare di risanare le proprie difficoltà economiche.
A seguito di tale istanza, nelle more di istruttoria così avviata, l’intermediario invitava il ricorrente ad accedere ad una propria misura interna in tali casi prevista, il cd. “Piano Arca”. In tale piano era prevista la rateazione di n. 3 di rate in 8 mesi, con contestuale
sospensione del piano di ammortamento, permettendo così di mantenere fermi i presupposti di regolare ammortamento del mutuo durante tutta la fase istruttoria, evitando la classificazione del mutuo a morosità. Tale “Piano Arca” è stato perfezionato in data 19 maggio 2015, con scadenza individuata per il 28 dicembre 2015.
Il ricorrente, in data 22 luglio 2015, inviava all’intermediario la modulistica per l’accesso alla sospensione del mutuo (ex art. 1, comma 246, l. 190/2014. Con nota del 7 agosto 2015, l’intermediario comunicava “la non procedibilità della richiesta poiché la legge in questione risulta di fatto applicabile ai titolari di rapporto di lavoro subordinato”.
Tuttavia, il ricorrente in data 31 agosto 2015 reiterava la richiesta di accesso alla sospensione del mutuo, rilevando che la ratio della disciplina di cui alla legge 190/2014, art. 1, comma 246, “era finalizzata alle famiglie in difficoltà, senza distinzioni di sorta”. Più in particolare, il ricorrente, riportando integralmente il menzionato art. 1, evidenzia che la misura della sospensione del piano di ammortamento è rivolta ad una duplice categoria di soggetti: le famiglie e le imprese. Inoltre, dato che tale distinzione è riconducibile esclusivamente alla natura del finanziamento erogato, “a nulla rileva che il contraente sia anche titolare di una impresa individuale in quanto al momento dell’erogazione egli agiva nella qualità di soggetto privato”. Sul punto l’intermediario, riscontrando negativamente anche tale ulteriore istanza, rileva che, ”sebbene la posizione lavorativa del comune cliente rientra tra quelle contemplate dalla legge di Stabilità (piccole medie imprese), il finanziamento per il quale il suo assistito richiede ulteriore sospensione è un mutuo ”privato”. Nei casi di specie è previsto che la moratoria venga applicata esclusivamente ai lavoratori dipendenti, circostanza già ampiamente esplicitata dalla Direzione della Filiale di (…)”.
Il ricorrente contesta il rilievo manifestato dall’intermediario, evidenziando che ha sempre
agito nella veste di consumatore e nell’interesse della propria famiglia tanto che il mutuo era finalizzato all’acquisto della prima casa. Diversamente, la posizione lavorativa del ricorrente assume un ruolo fondamentale (solamente) nella dimostrazione delle cause che lo hanno indotto ad avanzare la richiesta moratoria ai sensi del citato comma 246. Inoltre, evidenzia, che la legge non indica alcuna specifica limitazione e/o condizione per l’accesso a tale misura, limitandosi ad estenderla a famiglie e/o imprese, conferendo delega per un successivo accordo per gli ulteriori aspetti.
L’accordo tra ABI e le associazione di categoria del 31 marzo 2015, individua all’art. 3 gli eventi che danno diritto all’accesso a tale misura e sul punto il ricorrente rileva che l’art. 3, tutelando esclusivamente “i lavoratori dipendenti a discapito di quelli autonomi”, introdurrebbe una disparità di trattamento, illegittima non solo alla luce dei precetti costituzionali, ma anche per “eccesso di delega”, considerando che l’unica distinzione prevista al comma 246 era quella tra imprese e famiglie, le quali ricomprendono “i lavoratori autonomi al pari di lavoratori dipendenti”. Si sottolinea, di conseguenza, l’illegittimità del diniego all’accesso della misura in esame, laddove esso traesse fondamento nell’art. 3 succitato, disposizione “che andrebbe disapplicata poiché illegittima sotto il profilo dei principi costituzionali, quantomeno per violazione degli artt. 2, 3, 4, 29,35 e 47 della Carta (...). Nel che si concreta la violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale (...). In definitiva l’art. 3 va disapplicato ove erroneamente interpretato”.
In conclusione, si rappresenta così, per le ragioni su esposte, un’interpretazione
costituzionalmente orientata della norma qui in rilievo (art. 3 succitato), con conseguente ammissibilità ed applicabilità anche ai lavoratori autonomi, e dunque, al caso di specie.
In sede di controdeduzioni, l’intermediario, riassunti i termini di fatto dell’operazione contestata, rileva che il ricorrente non è mai stato puntuale nei pagamenti delle rate e che aveva accumulato due rate insolute, sicché in data 22 maggio 2015 chiedeva ed otteneva di poter aderire al Piano Arca; mediante quest’ultimo, il ricorrente, sospendendo le rate in
corso di ammortamento per un periodo di n. 8 mesi (dal 22 maggio 2015 al 21 gennaio 2016), tramite il pagamento rateale di modesto importo, avrebbe ripianato la debitoria morosa. Il 21 luglio 2015 il ricorrente richiedeva una sospensione del piano di ammortamento del mutuo in oggetto ritenendo di poter accedere alla misura prevista, ricevendo, però, risposta negativa, risultando mancanti i presupposti per potervi accedere; in data 31 agosto 2015 presentava reclamo, riscontrato con nota del 30 settembre 2015.
Il focus della vicenda ruota intorno alla errata interpretazione dell’art. 1, comma 246, della legge n. 190/2014; le categorie individuate da tale normativa sono due, distinte e separate: le famiglie e le imprese piccole e medie; in ossequio a tale disposizione di legge, l’ABI ha stipulato due accordi: uno con le Associazioni di categoria delle imprese in data 1° aprile 2015, a beneficio di queste ultime, ed un altro in data 31 marzo 2015 con le Associazioni dei consumatori a beneficio delle famiglie.
Posto che la condizione di accesso alla sospensione dei pagamenti delle rate di finanziamenti concessi a favore delle PMI è legata alla finalità del finanziamento stesso, che deve essere erogato per finanziare i costi a beneficio dell’impresa, il finanziamento in oggetto non può dirsi rientrante in tale categoria, in quanto erogato per l’acquisto della prima abitazione. D’altro canto, le condizioni di accesso alla sospensione delle rate del mutuo erogato per l’acquisto della prima casa, previste all’art. 3 dell’accordo ABI/Associazioni dei Consumatori, non comprendono la fattispecie rappresentata dal ricorrente, quale imprenditore e lavoratore autonomo; tali misure sono infatti rivolte ai lavoratori dipendenti con contratti di lavoro subordinato o parasubordinato che hanno perso l’occupazione o che hanno avuto accesso, o avranno a breve accesso, ai trattamenti statali di sostegno al reddito (CIG o CIGS). Per tali ragioni, l’intermediario ribadisce di aver operato correttamente, nel pieno rispetto della legge vigente, “a nulla valendo la tesi di controparte che vorrebbe fosse disatteso da parte della parte resistente il dettato normativo, asseritamente giudicato incostituzionale”.
In relazione alle rispettive argomentazioni, il ricorrente chiede “di accogliere il presente
ricorso e per l’effetto, previa disapplicazione dell’art. 3 dell’accordo ABI 31 marzo 2015:
a) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad accedere alla misura introdotta dall’art. 1, comma 246, della legge n. 190/2014;
b) con ogni ulteriore statuizione;
c) sentir condannare l’[intermediario] al pagamento delle spese della presente procedura”.
L’intermediario chiede “di respingere il presente ricorso perché infondato”.
DIRITTO
Poiché trattasi di mutuo riferito a persona fisica, avendo ad oggetto l’acquisto della prima abitazione, a venire in questione è il disposto dell’art. 3 dell’accordo ABI/Associazione dei consumatori, il quale, nell’individuare gli eventi che danno luogo alla concessione del beneficio, parla di situazioni che non si applicano nel caso di specie (cessazione o sospensione del rapporto di lavoro subordinato, riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni, ecc.), non essendo il ricorrente lavoratore subordinato. Il Collegio ritiene quindi corretto il comportamento dell’intermediario.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1