JOBS ACT
Dossier n. 93 Ufficio Documentazione e Studi 30 giugno 2015 |
JOBS ACT
DISCIPLINA DEI CONTRATTI E CONCILIAZIONE TEMPI VITA-LAVORO
Pubblicati sulla Gazzetta ufficiale, e dunque pienamente vigenti, i due decreti legislativi varati dal Governo in attuazione alle deleghe sulla riorganizzazione contrattuale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro contenute nella legge n. 183 del 2014, nota come Jobs act.
Si parte dal decreto legislativo n. 80 e dalla nuova disciplina sulle cure parentali e la conciliazione tra tempi di vita e lavoro. Il decreto legislativo prevede interventi a sostegno della maternità e sull’utilizzo del congedo parentale facoltativo (6 mesi nel complesso). Per usufruire di quello non retribuito il tempo si allunga dai passati 8 anni del bambino agli attuali 12. Il permesso retribuito sarà invece valido fino ai 6 anni dai passati 3.
Con il decreto legislativo n. 81 via libera anche alla ridefinizione organica dei contratti di lavoro, una riforma che parte dal principio del contratto a tempo indeterminato come
«forma comune» di rapporto di lavoro. Tra le novità introdotte, il rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro; la revisione della disciplina delle mansioni in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale e l’ampliamento dell’utilizzo del lavoro accessorio per attività discontinue e occasionali. Prevista inoltre l’abrogazione delle disposizioni incompatibili con la nuova normativa.
Questi ultimi provvedimenti seguono l’approvazione da parte del Governo dei primi due decreti legislativi su ammortizzatori sociali e nuovo contratto a tutele crescenti (si vedano i dossier n. 66 e n. 74 dell’Ufficio Studi del Gruppo Pd alla Camera). Sono ora attesi gli ultimi quattro decreti finalizzati a dare attuazione alle restanti deleghe.
LEGGE 10 DICEMBRE 2014, N. 183
Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro
ELENCO DELLE DELEGHE E DEI DECRETI LEGISLATIVI EMANATI
Disposizioni della legge | Deleghe | Decreti legislativi emanati |
Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 16 giugno 2015), uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali. | D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183". | |
Il Governo è delegato ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 16 giugno 2015), uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive. | Attuato con il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, che attua anche l'art. 1, co. 1. | |
Il Governo è delegato ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 16 giugno 2015), uno o più decreti legislativi per la semplificazione la razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese relativi alla costituzione e gestione dei rapporti di lavoro e di igiene e sicurezza sul lavoro. | ||
Il Governo è delegato ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 16 giugno 2015), uno o più decreti legislativi di riordino dei contratti di lavoro, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline contrattuali e dei rapporti di lavoro. | D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 "Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183". D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 "Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183". | |
Il Governo è delegato ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 16 giugno 2015), uno o più decreti legislativi per aggiornare le misure in materia di tutela della maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. | D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 "Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183". | |
Il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi. |
CONCILIAZIONE TEMPI VITA-LAVORO
Il decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 fornisce un articolato pacchetto di misure
«per la valorizzazione del contributo delle donne alla vita economica e sociale – come sottolinea la relatrice del provvedimento, Xxxxxxxx Xxxxxxxx , PD – favorendo il sostegno alla maternità ed alla conciliazione familiare» (Art. 1), presupposto indispensabile per garantire la promozione delle pari opportunità nel mercato del lavoro e la crescita del Paese.
Il decreto mette in campo 104 milioni per il 2015 e andrà prima di tutto a finanziare l’estensione del periodo di fruibilità dei congedi parentali. La durata dell’astensione facoltativa per i genitori resta invariata, ma aumenta fino a 12 anni di età del figlio la “finestra” entro cui se ne può fare richiesta. L’indennità del 30 per cento della retribuzione sarà versata ai lavoratori non più fino a 3 anni, ma fino a 6. Il decreto rafforza inoltre gli interventi della contrattazione di secondo livello.
Il provvedimento, che punta ad innalzare un tasso di occupazione femminile fermo in Italia a una media nazionale del 47 per cento, recepisce inoltre i contenuti di alcuni pronunciamenti della Corte Costituzionale (n. 116 del 2011; n. 405 del 2001) relativi, tra l’altro, alla fruibilità del congedo obbligatorio in caso di parto prematuro con ricovero del neonato e alla corresponsione dell’indennità di maternità anche in caso di licenziamento della lavoratrice per colpa grave.
Come ha sottolineato il sottosegretario al Lavoro Xxxxxx Xxxxxxxxx, si tratta di «norme strutturali», visto l’impegno del Governo «a garantire le risorse necessarie per gli anni successivi». Da evidenziare a tal riguardo lo stanziamento della dotazione necessaria disposto dall’art. 42 dello schema di decreto legislativo recante diposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (Atto del Governo 179), attualmente sottoposto al parere della commissioni parlamentari competenti.
Di seguito i più rilevanti contenuti del provvedimento.
PER APPROFONDIMENTI
Schema di decreto legislativo recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (Atto del Governo n. 157 sottoposto a parere parlamentare).
Decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 «Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183», pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015, Suppl. Ordinario n. 34.
CONGEDI PARENTALI ESTESI FINO A 12 ANNI (ART. 7-10)
Ampliato dai primi 8 anni di vita del bambino ai primi 12 il periodo in cui il genitore può fruire del congedo parentale. Riguardo al trattamento economico, il decreto eleva dai primi 3 anni di vita del bambino ai primi 6 il limite entro cui si ha diritto ad un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione.
Prevista inoltre la facoltà da parte del lavoratore di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time al 50 per cento, in alternativa all’astensione dal lavoro. Il datore è tenuto a concedere la trasformazione del contratto entro 15 giorni dalla richiesta. Il decreto estende dalla sola contrattazione nazionale a quella aziendale la possibilità di eventuali regimi di deroga.
Ciascun genitore potrà usare il congedo parentale su base giornaliera o oraria. Nel caso in cui il contratto collettivo o aziendale non disciplini la fruizione a ore, questa è riconosciuta in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del mese precedente la richiesta.
Ridotto da 15 a 5 giorni il preavviso al datore di lavoro, ferma restando l'ipotesi che i contratti collettivi contemplino un termine più ampio. Per l'ipotesi di fruizione su base oraria il termine minimo di preavviso scende a 2 giorni.
Allargato dai primi 8 anni di vita del bambino ai primi 12 l'ambito temporale entro il quale può essere esercitato, da parte di uno dei genitori, il diritto al prolungamento del congedo parentale, contemplato per il caso in cui il minore presenti una situazione di handicap grave.
RAFFORZATO IL CONGEDO OBBLIGATORIO DI MATERNITÀ (ARTT. 2, 4)
Viene introdotto il principio in base al quale i giorni di congedo obbligatorio non goduti prima del parto, a causa di nascita anticipata, si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio anche qualora questo superi il limite di cinque mesi (Art. 2).
In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha il diritto di chiedere la sospensione del congedo e di usufruire del medesimo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino (Art. 4).
Il diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la incompatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.
Il nuovo diritto si applica anche ai casi di adozione e di affidamento.
TRATTAMENTO ECONOMICO IN CASO DI LICENZIAMENTO (ART. 3)
Viene recepito e ribadito il pronunciamento della sentenza n. 405 del 2001 della Corte costituzionale, il quale stabilisce il diritto all’indennità di maternità anche in caso di licenziamento per giusta causa e colpa grave della genitrice.
PIÙ TUTELA PER I CONGEDI DI PATERNITÀ (ARTT. 5, 6, 15, 16)
Nei casi di morte o di grave infermità della genitrice iscritta ad un ente previdenziale delle professioni autonome o imprenditrice agricola1, il decreto introduce il principio di reversibilità dell’indennità in favore del padre, anche se libero professionista. La norma è applicabile anche in caso di abbandono da parte della madre e affidamento esclusivo del bambino al padre.
In merito va ricordato che, per il caso di adozione o affidamento, il diritto del libero professionista a chiedere l'indennità qualora non l'abbia chiesta la libera professionista è sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 385 del 2005.
Il testo modifica poi la disciplina del congedo di paternità nell'ambito delle adozioni internazionali, disciplinando il diritto ad un congedo non retribuito per il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura di adozione. Tale diritto è riconosciuto, per la lavoratrice e per il lavoratore, qualora la lavoratrice non abbia richiesto il congedo di maternità corrispondente al congedo obbligatorio. Viene esteso il diritto al congedo di paternità al caso in cui la madre non sia lavoratrice.
LAVORO NOTTURNO (ARTT. 11, 22)
In aggiunta alla disciplina passata, che tutelava solo la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente, non è obbligata a prestare lavoro notturno (dalle ore 24 alle 6) anche la lavoratrice adottiva o affidataria di un minore nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia. Il beneficio, da esercitare entro il dodicesimo anno di età, può anche essere fruito dal lavoratore adottivo o affidatario convivente.
Xxxxxxx conferma identiche tutele riconosciute alla lavoratrice o al lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni e alla lavoratrice o al lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.
Qualora sia stato imposto il lavoro notturno nonostante il dissenso del lavoratore o della lavoratrice, espresso in forma scritta e comunicato al datore di lavoro almeno 24 ore prima del previsto inizio della prestazione, è previsto l'arresto da due a quattro mesi o l'ammenda da 516 euro a 2.582 euro.
DIMISSIONI VOLONTARIE E SENZA PREAVVISO (ART. 12)
La facoltà di dimissioni senza preavviso è riconosciuta alla lavoratrice madre e al lavoratore padre che fruisca o abbia fruito del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino. In caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste per il caso di licenziamento.
ADOZIONI DA PARTE DI LIBERE PROFESSIONISTE (ART. 13, 20)
Per il caso di adozione, nazionale o internazionale, è ampliata da 3 a 5 mesi la durata dell'indennità di maternità relativa alle iscritte alla gestione separata Inps. Le indennità di maternità e paternità sono riconosciute anche in caso di mancato versamento dei contributi previdenziali.
TELELAVORO (ART. 23)
Per i datori di lavoro introdotta l’esclusione dal computo dei limiti numerici previsti dalle norme di legge e dalla contrattazione per i dipendenti impegnati nel telelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali.
CONGEDO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE (ART. 24)
Il provvedimento introduce per le lavoratrici dipendenti e per le collaboratrici a progetto il diritto, rispettivamente, ad un congedo retribuito ed alla sospensione del rapporto contrattuale, per motivi connessi al loro percorso di protezione relativo alla violenza di genere.
Per le lavoratrici dipendenti vittime di casi simili, si introduce il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale, e, su richiesta della lavoratrice, quello alla successiva nuova trasformazione a tempo pieno.
PIÙ RISORSE PER LA PROMOZIONE DELLA CONCILIAZIONE DEI TEMPI VITA-LAVORO
Il decreto legislativo prevede infine in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, la destinazione alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata di una quota pari al 10 per cento del «Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello». Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, la definizione sia dei criteri e delle modalità per l'impiego delle suddette risorse sia di ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l'adozione di linee guida e modelli intesi a favorire la stipulazione di contratti collettivi aziendali.
Si prevede, inoltre, la costituzione di una cabina di regia, preposta all'elaborazione delle linee guida ed al coordinamento delle attività di monitoraggio degli interventi in oggetto. Si ricorda che la disciplina di delega prevede, in materia, l'incentivazione di accordi collettivi intesi a facilitare la flessibilità sia dell’orario di lavoro sia dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità di genitore, l’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro.
DISCIPLINA DEI CONTRATTI
Un nuovo apprendistato scolastico, sul modello duale tedesco. Più flessibilità sul lavoro a tempo parziale e sui contratti a tempo determinato. Una stretta sulle collaborazioni, trasformate dal 1° gennaio in lavoro subordinato, e una nuova disciplina sui rapporti di staff-leasing. Sono solo alcuni dei contenuti del decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 sulla riorganizzazione contrattuale.
PER APPROFONDIMENTI
Schema di decreto legislativo recante testo organico delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni (Atto del Governo n. 158 sottoposto a parere parlamentare).
Decreto legislativo n.81 del 15 giugno 2015 «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183», pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno
2015, Suppl. Ordinario n. 34.
CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO «FORMA COMUNE» DI RAPPORTO (ART. 1)
Come previsto dalla delega assegnata al Governo con la legge n. 183 del 2014, il decreto legislativo conferma al primo articolo che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la «forma comune» di rapporto di lavoro (Art. 1).
STOP AI XX.XX.XXX E GIRO DI VITE SULLE XX.XX.XX. (ARTT. 2, 52)
Dal 1° gennaio 2016 saranno considerate lavoro subordinato le collaborazioni caratterizzate da prestazioni esclusivamente personali, continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (Art. 2).
Vanno invece in soffitta le collaborazioni a progetto (Art. 52): le norme che ne regolano la disciplina rimarranno in vigore solo fino alla scadenza dei contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto. Cancellate anche le associazioni in partecipazione il cui conferimento è formato da una prestazione lavorativa (Art. 53).
STABILIZZAZIONE INCENTIVATA DEI COLLABORATORI E PARTITE IVA (ART. 54)
Per promuovere la stabilizzazione dell’occupazione mediante l’utilizzo di contratti a tempo indeterminato, il decreto dispone che dal 1° gennaio 2016 gli imprenditori che procederanno all’assunzione di soggetti già titolari di collaborazioni a progetto, coordinate e continuative o di partita Iva godano dell’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali derivanti dall’erronea qualificazione del rapporto di lavoro.
VARIAZIONI DI MANSIONI (ART. 3)
Il decreto legislativo riscrive l’articolo 2103 del codice civile, che regola la possibilità di modificare le mansioni del lavoratore. Il regime precedente, disciplinato già dall’articolo 4 comma 4 della legge n. 68 del 1999, dall’articolo 42 del decreto legislativo n. 81 del
2008 e dall’articolo 4 comma 11 della legge n. 223 del 1991, prevedeva l’assegnazione a mansioni inferiori del lavoratore divenuto inidoneo allo svolgimento delle proprie al fine di evitarne il licenziamento o, nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, la possibilità che un accordo sindacale autorizzasse il sottomansionamento dei lavoratori eccedenti.
Il testo del decreto amplia lo spazio entro cui può liberamente esercitarsi il mutamento di mansioni, con la facoltà riconosciuta al datore di lavoro di variare unilateralmente le mansioni «in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali» che incidano sulla posizione del lavoratore, fino ad un livello di inquadramento inferiore, purché rientrante nella stessa categoria.
Il demansionamento non potrà comportare un calo della retribuzione. Il decreto demanda alla contrattazione collettiva e aziendale la possibilità di stabilire casi diversi di applicazione.
Il giudice eventualmente coinvolto nella valutazione della sussistenza della precondizione essenziale alla variazione, non potrà – come era previsto dalla normativa passata – fare alcun raffronto tra le mansioni precedenti e quelle successive, limitandosi a determinare, nel solo caso di peggioramento, l’effettiva necessità e opportunità della variazione.
Si stabilisce anche che, con il coinvolgimento del sindacato, «possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita».
È previsto che al mutamento di mansioni si accompagni, ove previsto, un obbligo di formazione, ma «il mancato adempimento non determina comunque nullità dell’atto».
Nel caso di assegnazioni a mansioni superiori, confermato il diritto del lavoratore al trattamento corrispondente all’attività svolta, ma con due novità. Anzitutto l’assegnazione diventa definitiva dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, trascorsi 6 mesi. È poi prevista la possibilità di una diversa volontà del lavoratore e quindi la derogabilità convenzionale della disposizione.
Il lavoratore non potrà infine essere trasferito «se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».
RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO (ARTT. 19-29)
Per il contratto a tempo determinato, che può essere prorogato 5 volte per una durata massima complessiva di 36 mesi, viene introdotta una deroga alla durata complessiva stabilita in modo tassativo in un massimo di ulteriori 12 mesi. Il contratto di proroga deve essere stipulato presso la Direzione territoriale del lavoro. In caso di mancato rispetto della procedura, il rapporto si trasforma automaticamente in indeterminato. La normativa passata demandava invece tale determinazione agli avvisi comuni delle organizzazioni sindacali. Inoltre, nel caso si disponga della sesta proroga, il contratto si considera a tempo indeterminato a decorrere dalla data della stessa.
Start-up e imprese innovative, per i primi 4 anni di vita, si vedono riconosciute specifiche deroghe di flessibilità.
È fatto divieto tassativo di utilizzare contratti a tempo determinato alle aziende che abbiano proceduto negli ultimi sei mesi a licenziamenti collettivi. La disciplina passata faceva salva l’ipotesi di una diversa previsione a partire da accordi sindacali;
Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente pattuita, l’azienda dovrà corrispondere un’extra retribuzione del 20 per cento per i primi 10 giorni e del 40 per cento per ciascun giorno ulteriore. Dopo il cinquantesimo giorno (trentesimo per rapporti interiori ai 6 mesi) il contratto diventa a tempo indeterminato.
Il numero massimo di lavoratori a termine nelle aziende, stabilito di regola nel 20 per cento rispetto all’organico, può essere modificato dai contratti collettivi, anche dagli accordi aziendali o territoriali.
Niente vincoli quantitativi, invece, per lavoratori over 50, imprese innovative, contratti di insegnamento presso università, enti di ricerca e istituti di cultura (ad esclusione delle fondazioni lirico-sinfoniche).
Inasprita la sanzione amministrativa in caso l’impresa sfori i limiti. La “multa” sarà pari al 20 per cento della retribuzione per ogni mese nel caso di un solo lavoratore eccedente, e al 50 per cento negli altri casi. Non scatterà invece la conversione dei contratti interessati in tempo indeterminato.
Il termine per l’impugnazione giudiziale relativa ai rapporti a termine è elevato da 60 a
120 giorni. In caso la sentenza imponga la trasformazione del contratto a tempo determinato in indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro a un risarcimento al lavoratore pari a una quota compresa tra le 2,5 e le 12 mensilità.
COME CAMBIA IL TEMPO PARZIALE (ARTT. 6-12)
Riguardo al part-time orizzontale, la nuova disciplina non dispone più che i contratti collettivi indichino causali in relazione alle quali al datore di lavoro sia consentito di richiedere lo svolgimento di lavoro supplementare, entro il limite del 25 per cento dell’orario settimanale concordato. Il lavoratore, che deve essere avvisato con almeno due giorni lavorativi di anticipo, può rifiutare ove giustificato «da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale». Le ore supplementari saranno retribuite con una maggiorazione del 15 per cento. Resta fermo che i contratti collettivi stabiliscono un diverso numero massimo di ore extra effettuabili o diverse clausole elastiche relative alla collocazione temporale delle prestazioni lavorative.
La nuova normativa rafforza gli elementi di flessibilità delle cosiddette clausole elastiche del part-time. Pur confermando la necessità di far riferimento a tali strumenti in forma scritta, non è più richiesto che esse siano oggetto di uno specifico patto tra
datore e lavoratore3. È inoltre introdotta l’ammissibilità, anche nel caso in cui il contratto collettivo non rechi una regolamentazione specifica. Il diritto alla revoca delle clausole di flessibilità è infine esteso a lavoratori affetti da malattie cronico-degenerative, o al soggetto con coniuge, figlio o genitore colpito dalle stesse patologie.
In relazione al part-time verticale, dalla sola malattia è estesa anche all’infortunio la possibilità che i contratti collettivi rimodulino la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro.
Il diritto di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (e viceversa) è esteso ai soggetti affetti da gravi malattie o ai lavoratori con figli, genitori o coniugi colpiti dalle stesse patologie4.
LAVORO A CHIAMATA (ARTT. 13-18)
Il contratto di lavoro intermittente, o a chiamata, può essere a tempo determinato o indeterminato e definisce un rapporto mediante il quale un lavoratore si rende disponibile, con carattere discontinuo e intermittente, nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, allo svolgimento di una specifica mansione, su chiamata del datore di lavoro. I limiti e le modalità che regolano questo ambito sono regolamentati dalla legge
n.276 del 2003 (Legge Biagi), modificata poi dalla legge n. 92 del 2012 (Legge Fornero).
Il provvedimento interviene su alcuni punti.
Il decreto subordina l’ammissibilità del contratto intermittente alle determinazioni dei contratti collettivi. Viene così archiviata la precedente disciplina, che ammetteva l’ipotesi di contratto a chiamata per via diretta. In mancanza di contratto collettivo, «i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro».
Il contratto di lavoro a chiamata può essere utilizzato in ogni caso per lavoratori con più di 55 anni di età e per quelli con meno di 24. In quest’ultimo caso, il contratto a chiamata è applicabile purché le prestazioni siano svolte entro il 25° anno di età.
Con la sola eccezione dei settori del turismo, dello spettacolo e dei pubblici esercizi, il contratto intermittente è ammesso, per ciascun datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di lavoro nell’arco di 3 anni. In caso di sforamento, il rapporto si trasforma in indeterminato a tempo pieno.
È vietato l’utilizzo del lavoro intermittente alle aziende che abbiano proceduto entro i sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi, sospensioni di lavoro, riduzioni degli orari o ricorso a cassa integrazione.
Il lavoratore intermittente non deve ricevere «un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello». In caso di legittimo licenziamento dovuto al rifiuto ingiustificato del lavoratore di rispondere alla chiamata, viene cancellato il riferimento al «congruo risarcimento del danno» previsto dalla precedente normativa.
3 La regolamentazione delle clausole elastiche nei part-time è stata oggetto di una importante sentenza della Corte Costituzionale, la n. 210 del 1992, la quale prescrive che l’opzione di flessibilità sia consentita sotto condizione che la variazione del tempo di lavoro sia sottratta all’arbitrio del datore di lavoro, trovando necessità in «eventi oggettivamente predeterminati o predeterminabili».
4 La precedente normativa, caratterizzata dalla frammentazione delle tutele viene così superata da una disciplina più omogenea e inclusiva, che non individua differenze tra patologie considerando solo la gravità delle stesse.
ll lavoratore a chiamata è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario svolto, oltre che ai fini legali, anche per l’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte contrattuale.
SOMMINISTRAZIONE E STAFF LEASING (ARTT. 30-40)
La somministrazione di lavoro è un tipologia di relazione lavorativa introdotta dalla legge
n. 276 del 2003 (Legge Biagi). Si tratta di un rapporto di lavoro che coinvolge tre soggetti: il lavoratore, la società che ne utilizza il lavoro e la società somministratrice, con la quale il lavoratore si è accordato perché gestisca la sua attività presso l'utilizzatrice. Il lavoratore conclude il proprio contratto di lavoro con la società somministratrice. Questo contratto può avere forma a tempo determinato oppure indeterminato, in quest’ultimo caso si parla anche di staff leasing. La disciplina sul lavoro in somministrazione viene modificata in alcuni punti
Cancellate le causali e le limitazioni derivanti dal decreto legislativo n. 276 del 2003 inerenti l’utilizzo dello staff leasing in azienda5. La quota dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato non potrà comunque superare il 20 per cento dell’organico, con possibilità di variare tale soglia all’interno dei contratti collettivi nazionali.
Il contratto a termine tra somministratore e lavoratore è escluso dal computo del limite numerico in azienda e quello relativo al limite dei 36 mesi previsto per i contratti a tempo determinato. Il limite di durata si applica invece alle missioni a tempo determinato presso l’utilizzatore.
Viene vietato l’utilizzo del lavoro somministrato nei casi di crisi aziendale (licenziamenti collettivi o ricorso alla cassa integrazione): la disciplina passata ne ammetteva l’utilizzo mediante specifici accordi sindacali. Rimosso il diritto dei somministrati all’informazione sui posti vacanti in azienda.
Eliminata la norma del decreto legislativo n. 276 del 2013, secondo cui l’indennità di disponibilità – dovuta al lavoratore assunto a tempo indeterminato per i periodi di mancato utilizzo – è «proporzionalmente ridotta in caso di assegnazione ad attività lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore».
Per la durata della missione, i lavoratori in regime di somministrazione hanno diritto a condizioni economiche e normative non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello.
Quando la somministrazione avviene al di fuori dei limiti stabiliti, il lavoratore ha diritto a impugnare il contratto e pretendere la costituzione di un rapporto di lavoro dipendente nei confronti dell’utilizzatore. In questo caso il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito stabilendo un’indennità compresa tra le 2,5 e le 12 mensilità.
5 In particolare il decreto legislativo rimuove i vincoli sull’ammissibilità disposte dall’articolo 3 del D.Lgs 276, che limitava la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato ad alcune tipologie di lavoro. Tra queste: servizi di consulenza informatica; servizi di pulizia, custodia, portineria; per servizi di trasporto di persone, macchinari e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini e servizi di economato; attività di consulenza direzionale; attività di marketing; gestione di call-center e avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree sottoutilizzate; cantieristica edile e navale.
IL NUOVO APPRENDISTATO (ARTT. 41-47)
Il decreto legislativo cambia l’apprendistato introducendo importanti novità alla sua disciplina generale e a quella delle singole tipologie. La modifica prevede un cambio di denominazione per due delle tre tipologie di apprendistato esistenti.
• Quello per la qualifica e il diploma professionale si tramuta in «Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore».
• L’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere diviene «Apprendistato professionalizzante».
• Invariata la denominazione dell’«Apprendistato di alta formazione e ricerca».
Integrazione duale formazione-lavoro: «qualifica» e «alta formazione»
La prima e la terza tipologia fanno riferimento a titoli di istruzione e formazione. L’obiettivo è quello di costruire un modello duale di formazione-lavoro simile a quello sperimentato in Germania e in Svizzera, dove lo l’apprendistato rappresenta uno strumento chiave per contrastare sia la disoccupazione giovanile che l’abbandono precoce dello studio.
L’«Apprendistato di qualifica» si rivolge a studenti delle superiori (licei inclusi) a partire dai 15 anni e consentirà di conseguire i diplomi di formazione professionale, di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione superiore. Il contratto potrà essere prorogato di un anno anche in caso di mancato conseguimento del titolo.
Confermata la possibilità di trasformare questa tipologia in quella professionalizzante dopo il conseguimento del diploma o della qualifica, purché la somma dei due periodi di apprendistato non superi il termine massimo fissato dagli accordi interconfederali o dai contratti collettivi.
La definizione di un apprendistato duale, parte integrante dell’offerta formativa di scuole ed altri enti professionalizzanti, ne consente la stipulazione a partire dalla conclusione del ciclo scolastico di scuola media inferiore in modo da consentire la libera scelta tra i diversi percorsi in relazione alla vocazione dello studente.
Per quanto concerne l’«Apprendistato di alta formazione», rivolto ai ragazzi dai 18 ai
29 anni, sarà accessibile solo a chi ha già un diploma di istruzione secondaria superiore o un diploma professionale integrato da un certificato di istruzione e formazione tecnica superiore. Consentirà di conseguire titoli di studio universitari e dell’alta formazione, dottorati di ricerca, diplomi di istituti tecnici superiori e il praticantato per l’esercizio di professioni ordinistiche.
Nel caso di «Apprendistato per la qualifica» e quello di «alta formazione», il piano formativo individuale è predisposto dall’istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa. La regolamentazione dei profili formativi dell’«apprendistato per la qualifica» è rimessa alle Regioni sulla base delle procedure e dei criteri generali indicati dal decreto legislativo.
6 Rimane invariata la norma secondo cui, se dispone di meno di tre lavoratori qualificati, il datore di lavoro può comunque assumere tre apprendisti.
Salvo differenti indicazioni dei contratti collettivi la formazione fuori dall’azienda non verrà retribuita. Quella in azienda sarà pagata il 10 per cento della retribuzione prevista per le ore lavorate. Confermata poi la definizione del limite massimo di durata della formazione fuori l’azienda pari al 60 per cento dell’orario ordinamentale dei percorsi di studio nel secondo anno e al 50 per cento dal terzo anno.
«Professionalizzante» senza limiti di età per i disoccupati
Nel caso dell’«Apprendistato professionalizzante», rivolto di regola a giovani tra i 18 e i 29 anni, la novità di rilievo consiste nella possibilità di poterlo utilizzare per assumere beneficiari del trattamento di disoccupazione, senza limiti di età.
Confermate fino a tutto il 2016 gli strumenti incentivanti introdotti dalla legge n. 92 del 2012, relativi ad aliquote ridotte riconosciute per le aziende che assumono lavoratori in mobilità e al beneficio del 50 per cento della prestazione non fruita dal lavoratore.
Al termine del periodo di apprendistato, per la sola tipologia «professionalizzante», è confermata la clausola che subordina le aziende con più di 50 dipendenti alla prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.
DISCIPLINA TRANSITORIA E FISCALITÀ DI SVILUPPO
Per assumere un apprendista, è previsto che il datore di lavoro stipuli un protocollo con l’istituzione alla quale lo studente è iscritto. È in ogni caso previsto un regime transitorio finché non saranno adeguate le discipline regionali ed emanato il regime interministeriale che dovrà determinare standard formativi, e durata e modalità della formazione a carico del datore di lavoro.
In tema di incentivi all’assunzione si prevede l’esonero dal contribuito pari al 41 per cento del massimale mensile dell’Aspi per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore. Disposto inoltre lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro incluso il contributo della Naspi e la riduzione dal 10 al 5 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali della contribuzione dovuta dai datori di lavoro.
VOUCHER E LAVORO ACCESSORIO (ARTT. 48-50)
Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a una certa soglia reddituale. La disciplina relativa alla retribuzione mediante voucher, regolata dal decreto legislativo n. 276 del 2003, viene modificata con l’innalzamento di tale limite annuo da 5.050 a 7.000 euro. Prestazioni di lavoro accessorio possono essere svolte nell’ambito di tutti i settori produttivi, ma con soglie diverse in riferimento alla singola committenza. Xxxxx restando il tetto massimo complessivo sopra menzionato, per imprenditori o professionisti il limite annuale è di 2.000 euro a committente. Per quanto riguarda gli altri settori, compresi gli enti locali, è stabilito invece il limite complessivo dei
3.000 euro. Il decreto inoltre conferma il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per l’esecuzione di appalti di opere o servizi, introducendo alcune deroghe da individuare con decreto del Ministero del Lavoro sentite le parti sociali.
LA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO IN ITALIA
TASSO DI OCCUPAZIONE (15-64 ANNI) PER AREA GEOGRAFICA E SESSO (VALORI PERCENTUALI)
Fonte: ISTAT, Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro
RAPPORTI DI LAVORO ATTIVATI* PER TIPOLOGIA DI CONTRATTO (%)
* Medie mobili a quattro trimestri, terminanti con il trimestre di riferimento (a) Include CFL (solo P.A.), CIL, contratto di agenzia, contratto intermittente, lavoro autonomo nello spettacolo, lavoro interinale (solo P.A.) Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
DURATA DEI RAPPORTI DI LAVORO* (%)
* Medie mobili a quattro trimestri, terminanti con il trimestre di riferimento. Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali