Contract
XXIV RAPPORTO MERCATO DEL LAVORO
E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
2022
RAPPORTO MERCATO DEL LAVORO
E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA 2022
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SOMMARIO
Introduzione del Presidente del CNEL, Xxxxxxx Xxxx 11
Capitolo 1
Pandemia, guerra e crisi energetica: il mercato del lavoro del 2022 33
Capitolo 2
Le politiche attive del lavoro nella prima fase di attuazione del PNRR 67
Capitolo 3
La clausola di condizionalità all’occupazione di giovani e donne nel PNRR: stato dell’arte e prospettive di applicazione 89
Capitolo 4
La formazione continua finanziata dai fondi interprofessionali e il
programma GOL/PNRR 105
Capitolo 5
La protezione sociale dei liberi professionisti tra pubblico e privato 127
Capitolo 6
Incentivi per l’occupazione finanziati dal PON-SPAO: analisi valutativa,
lezioni apprese e prospettive future del ciclo di incentivi all’occupazione
nel periodo 0000-0000 000
Capitolo 7
La direttiva europea 2022/2041 sui salari minimi adeguati e il suo impatto nell’ordinamento italiano 167
Capitolo 8
La contrattazione decentrata 175
Capitolo 9
Le integrazioni salariali nella riforma del 2022. Quadro generale e punti di vista delle parti sociali 215
Capitolo 10
Il Reddito di cittadinanza. Un primo bilancio, a tre anni dal suo avvio. 243
Capitolo 11
La proposta di direttiva sul lavoro mediante piattaforme digitali 261
Capitolo 12
Lavoro e transizione energetica 269
Capitolo 13
L’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro: criticità e
cambiamenti del modello italiano di inclusione 293
Capitolo 14
Relazione preliminare sul tavolo CNEL: Mismatch nel mercato del
lavoro 309
Capitolo 15
Previsioni occupazionali e PNRR 323
Capitolo 16
Archivio contratti 345
Capitolo 17
Il concorso all’inclusione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità di fattori quali l’orientamento scolastico e gli incentivi pubblici
alle aziende 357
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Introduzione
Xxxxxxx Xxxx, Presidente del CNEL
1. Il contesto, una ripresa ostacolata dalle crisi
I rapporti CNEL sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva degli ultimi due anni sono stati segnati, come tante altre analisi sociali ed economiche, dagli eventi eccezionali che hanno contrassegnato il contesto nazionale e internazionale.
Il rapporto Censis appena pubblicato segnala come alle vulnerabilità economiche e so- ciali strutturali, di lungo periodo, si aggiungono adesso gli effetti deleteri delle quat- tro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta in Ucraina, l’alta inflazione, la morsa energetica. E la paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili.
L’Italia sembra entrata in una fase di latenza, come sempre il Censis la definisce, di
attesa incerta circa gli eventi che ci aspettano.
Nel Rapporto del 2020 rilevavamo come l’accelerazione impressa dalle crisi sul cam- biamento del mondo del lavoro e delle imprese si fosse rivelata così potente da alte- rare le stesse categorie fondamentali con cui abbiamo letto le varie realtà economiche sociali e ambientali come i dati relativi al mercato del lavoro. L’esplosione del lavoro digitale a distanza ha modificato i luoghi e il tempo delle attività umane. È cresciuta la interdipendenza fra lavoro salute e contesto ambientale. Si è resa, per questa via, evidente la necessità di integrare fra loro politiche del lavoro, istituti della salute e cambiamenti del contesto socioeconomico.
Gli effetti di questa accelerazione non si sono esauriti, sono lungi da essere assorbiti dalle nostre istituzioni e dalle parti sociali e influiscono ancora su regole e andamenti del mercato del lavoro.
Il mercato del lavoro, come in generale le condizioni economiche del 2021, hanno mostrato una significativa resilienza del nostro Paese, con segnali di miglioramento superiori alle aspettative anche degli osservatori internazionali, miglioramenti che hanno risentito di un contesto internazionale più favorevole anche se ancora attraver- sato da molte incertezze.
Il Rapporto dello scorso anno registrava questi progressi che sono continuati nella pri- ma metà del 2022, hanno permesso una ripresa economica consistente, anzi superiore alle medie europee, e consentito alla occupazione in particolare (in ULA) di recupera- re i livelli pre-pandemia crescendo più del PIL.
Nella seconda metà del 2022, tuttavia, le nostre analisi segnalano l’intervento di vari fattori negativi che hanno invertito le tendenze economiche e della occupazione: l’au- mento dei costi della energia e delle materie prime, anche in conseguenza della guerra in Ucraina, la crescita dell’inflazione e i l v enir m eno d ella p olitica e spansiva della BCE.
L’operare congiunto di questi fattori ha rallentato fortemente la crescita economica da prefigurare se non ipotesi di recessione certo di quasi stagnazione (le ultime previsio- ni segnalano un incremento del PIL per il 2023 oscillante attorno allo 0,3%). Questo rallentamento dell’economia si è riflesso in una frenata di nuovi posti di lavoro, og- getto di analisi in vari capitoli del rapporto.
Un fattore di contesto decisivo per la ripresa della crescita (potenziale) dell’economia
e dell’occupazione è stato già nello scorso anno e potrà essere ancora di più nel pros- simo futuro il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Gli investimenti finanziati dal Next generation EU e le principali riforme avviate nelle direzioni innovative indicate dal PNRR pongono le premesse affinché questi segnali di ripresa possano consolidarsi e produrre una crescita strutturale. A sostenerci in questa direzione può contribuire un nuovo clima di fiducia, sia al nostro interno da parte di imprese e famiglie, sia a livello internazionale nei confronti dell’Italia. Ma non mancano le nubi all’orizzonte, dal riaccendersi dell’inflazione, all’impennarsi dei prezzi dell’energia e alle carenze di materie fino alle ricorrenti tensioni della politica internazionale e in generale alla perdurante incertezza delle prospettive sanitarie ed economiche. Per affrontare questi elementi di rischio e di incertezza serviranno più che mai una unità di intenti fra tutti noi e una coesione sociale, come più volte ricor- dato dal presidente Xxxxxxxxxx.
Una prima fase dell’applicazione del PNRR si è conclusa con la predisposizione del quadro normativo e di alcune riforme, oltre che con l’allocazione di gran parte delle risorse, e con l’avvio dei primi bandi.
Ora si avviano le vere e proprie iniziative attuative degli interventi che richiederanno ulteriori investimenti a sostegno della capacità di spesa delle PA.
Ma la crisi energetica e dei prezzi delle materie prime ha messo in difficoltà anche l’esecuzione di molte attività previste dal Piano, in particolare quelle del settore ener- givoro, difficoltà che sono state solo in parte superate con la previsione di meccanismi di revisione dei prezzi.
Secondo le regole europee, eventuali modifiche al PNRR sono possibili per motivi oggettivi, verificati dalla Commissione e approvate dal Consiglio.
La effettiva attuazione di gran parte delle attività programmate dal PNRR sarà de- terminante anche per dare sostegno alle prospettive apertesi per la ripresa e per la occupazione.
La sua importanza è tanto più evidente in considerazione dei ristretti margini di bi- lancio che vincolano l’azione di governo e gli interventi pubblici, riscontrabili anche nella legge di bilancio per il 2023, che è fortemente condizionata dal nostro debito pregresso oltre che dalla congiuntura economica sfavorevole.
Per affrontare le criticità connesse con la crisi energetica e i gravi effetti sociali l’ese- cutivo ha dovuto affrontare provvedimenti urgenti per alleviare i costi gravanti su famiglie e imprese, che hanno assorbito gran parte delle risorse disponibili.
La necessaria risposta alle emergenze non deve però distogliere l’attenzione dalla pro- spettiva, in particolare dalla necessità di dare piena attuazione al Piano delle riforme e degli investimenti previsti, mezzo essenziale per spingere una crescita strutturale nella direzione di uno sviluppo sostenibile sia economicamente sia socialmente.
Il CNEL ha sottolineato nei suoi documenti, da ultimo con un insieme di proposte su quelle che noi riteniamo le priorità per la prossima legislatura, la necessità che le due transizioni digitale ed ecologica siano sostenute non solo con una rigorosa finalizza- zione agli investimenti del Piano, ma anche con scelte del nostro Paese coerenti con le indicazioni europee.
Il perseguimento di questi obiettivi richiede non solo politiche pubbliche di tipo di- fensivo (come, ad esempio, gli ammortizzatori sociali), ma iniziative coordinate volte all’innovazione e impostate sul medio periodo, che accompagnino la transizione con
il rinnovamento strutturale delle tecnologie, dei sistemi produttivi e del prodotto, in- sieme con interventi di formazione per la riconversione – reskilling e upskilling – delle professionalità dei lavoratori.
A tale riguardo il CNEL ha anche sempre sottolineato che gli ambiziosi traguardi del PNRR non si realizzano automaticamente, ma devono essere sostenuti da un impe- gno non solo delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche che hanno un ruolo centrale nella attuazione del Piano, ma anche dal coinvolgimento attivo delle parti so- ciali e della società civile organizzata, come del resto richiede il regolamento europeo riguardante la implementazione del NGEU.
Questo impegno corale, richiamato più volte dal presidente Xxxxxxxxxx, deve raffor- zarsi nella fase ora avviata di attuazione concreta degli interventi e degli investimenti programmati, che richiede ulteriori sforzi di semplificazione e di coordinamento delle diverse attività del Piano, al fine di accelerare queste attività e incrementare la capaci- tà progettuale e di spesa delle pubbliche amministrazioni soprattutto a livello locale.
Una componente essenziale per la sostenibilità sociale della futura crescita, in partico- lare delle transizioni digitale ed ecologica promosse dal NGEU, è costituita dall’anda- mento del mercato del lavoro e in particolare da quantità e qualità della occupazione. A questi temi è dedicata gran parte delle analisi del CNEL di quest’anno e dei saggi del presente rapporto, di cui si dà conto in sintesi nelle pagine seguenti.
All’impatto del PNRR sulla occupazione il CNEL, di concerto con la segreteria tecni- ca della cabina di regia del Piano, ha avviato nel corso dell’ultimo anno una serie di audizioni con i principali attori impegnati nella realizzazione dei progetti finanziati con fondi del PNRR – imprese e organizzazioni del settore privato e pubblico - per verificare sul campo il grado di mismacth esistente sul mercato del lavoro. Il quadro che esce dalla ricognizione condotta mostra come le imprese abbiano già intrapreso un percorso autonomo di reskilling e di upskilling delle competenze dei propri dipen- denti, ma anche la consapevolezza che questo possa non bastare. Diventa quindi im- portante andare oltre gli effetti macroeconomici del PNRR, per capire meglio come si dispiegheranno gli effetti strutturali di riallocazione delle competenze: sia per quelle già esistenti, sia per le nuove competenze che verranno inserite.
2. Descrizione dei capitoli del volume
Il Rapporto del 2022 si articola in 18 capitoli, che abbiamo raggruppato in tre sezioni
per affinità di argomento.
Sezione prima: le tendenze del lavoro
Nella prima sezione - comprendente i capitoli 1, 12, 13, 14, 15 - si analizzano le prin- cipali tendenze dell’occupazione nelle diverse articolazioni per settori e per gruppi di soggetti, indicando le potenzialità e le criticità offerte dai nuovi scenari.
Il capitolo 1 fornisce un quadro descrittivo delle principali variabili che hanno carat- terizzato il mercato del lavoro nell’ultimo anno, ed evidenzia come la ripresa post pandemia, avviata nel 2021 e proseguita in tutte le economie durante una buona parte del 2022, si sia manifestata con diversa intensità nei diversi settori, con divergenze che si riscontrano piuttosto simili in vari Paesi e con nuove modalità di organizzazione del lavoro, indotte dall’accelerazione della digitalizzazione e divenute permanenti.
Recupero dei livelli occupazionali e frenata della partecipazione al mercato hanno spinto su livelli minimi il tasso di disoccupazione in Europa e negli USA, mentre la difficoltà di reperimento di manodopera in alcuni settori produttivi appare ormai strutturale, a causa di un persistente squilibrio rilevabile fra le caratteristiche della domanda di lavoro e i mutamenti intervenuti nella composizione dell’offerta a segui- to della divaricazione degli andamenti dei settori produttivi. Alcuni settori mostrano una riduzione della domanda che appare strutturale perché indotta da mutamenti negli stili di vita, mentre altri hanno sofferto battute di arresto perché parte di processi produttivi dipendenti da materie prime o semilavorati non disponibili. Alle modifiche dovute alla fase pandemica si è aggiunta l’impennata inflazionistica che, mentre negli USA ha avuto origine dalla dinamica salariale, in Europa è dovuta al prezzo dei beni energetici importati, che ha risentito pesantemente della ripartenza delle economie e dell’eccesso di domanda di tali beni, e successivamente delle vicende della guerra, provocando una marcata caduta del potere d’acquisto dei salari. In Italia il bilancio positivo del mercato del lavoro è dovuto alle buone performance dei settori turismo (post pandemia) e costruzioni (grazie ai generosi incentivi fiscali).
Il capitolo mette in evidenza una tendenza chiara degli ultimi anni: un andamento molto mobile dell’offerta di lavoro, che è vistosamente arretrata durante la fase pande- mica ed è poi rapidamente risalita. Ciò da una parte segue schemi tradizionali, dovuti al cosiddetto effetto scoraggiamento proprio delle fasi di crisi, e d’altra parte è dipeso direttamente dalle conseguenze della pandemia e dalle azioni pubbliche intraprese per contrastarla. Il differente comportamento della caduta del tasso di attività, negli USA molto più marcata che nell’area euro, è dovuto agli effetti di schemi di lavoro a orario ridotto – come in Italia la CIG – cioè al ricorso a strumenti che riducono la pro- babilità di allontanare il lavoratore dal datore e di far uscire dal mercato soggetti che potrebbero non riuscire a rientrarvi, con effetti negativi sull’offerta di lavoro e sul pil potenziale. Il capitolo segnala come l’ampio ricorso a schemi di lavoro a orario ridotto e l’andamento “particolare” dell’offerta di lavoro, se hanno impedito l’incremento del tasso di disoccupazione, minano il concetto stesso di disoccupazione nel senso tradi- zionale, che andrebbe ripensato includendo almeno parte dei lavoratori inattivi o che sono risultati occupati per lungo tempo a orario ridotto. L’anno 2022 risulta pertanto caratterizzato dal paradosso di un tasso di disoccupazione basso, per quanto non tut- to attribuibile al recupero dei livelli occupazionali, malgrado ci si trovi a valle di una grave recessione mondiale. Peraltro, l’aumentata incidenza dei posti di lavoro vacanti e le difficoltà di reperimento di manodopera rispetto al periodo pre-pandemico dan- no evidenza di un cambiamento nella struttura produttiva intervenuto negli ultimi due anni, oltre che di problemi di funzionamento del mercato che appare incapace di riallocare parte della forza lavoro fra settori produttivi. Tutto ciò ha effetti sulle pro- spettive di crescita dell’economia, che rallentano.
Il capitolo 12 mostra come la transizione energetica richieda una radicale trasfor- mazione tecnologica che sposti l’apparato produttivo su tecnologie a basse o a zero emissioni climalteranti, sia alla luce dei rischi associati ai mutamenti climatici, sia per ridurre la vulnerabilità di un sistema economico strettamente dipendente da fonti di energia fossili concentrate in aree del mondo geopoliticamente instabili. L’Unione eu- ropea da anni persegue obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e promuo- ve attivamente una rivoluzione tecnologica e comportamentale, attraverso strumenti
come l’accordo sulla legge europea sul clima (regolamento UE 30 giugno 2021, n. 1119, entrato in vigore nel luglio 2021) che sancisce l’obiettivo vincolante della neutra- lità climatica nell’Unione entro il 2050.
Per quanto sia convinzione condivisa che il mondo del lavoro sarà parte integrante di questo processo di trasformazione, ad oggi le possibili conseguenze della transizione energetica in termini di quantità e qualità dell’occupazione e di dinamiche salariali restano difficili da quantificare, soprattutto perché manca un quadro teorico solido per la definizione, ancora molto elusiva, del concetto di green jobs. Il contributo in esame discute l’uso dell’approccio delle mansioni per analizzare le trasformazioni del mercato del lavoro nel contesto della transizione energetica. I principali vantaggi di questo approccio riguardano l’utilizzo di una misura nuova di “lavoro verde” che viene costruita mediante informazioni sull’intensità di determinate mansioni in una determinata occupazione, identificando le competenze più importanti in cui si artico- lano le occupazioni verdi e misurando i divari di competenze che possono emergere nel processo di transizione verso un’economia a basse emissioni. Tra i limiti di tale approccio c’è l’impossibilità di identificare le occupazioni “perdenti” della transizio- ne energetica. La più importante conclusione che emerge da questa rassegna è che il costo del processo di reskilling dipende dagli obiettivi politici che ci si prefigge. Se l’o- biettivo è riallocare i lavoratori in possesso di competenze divenute obsolete, il costo del reskilling sarebbe piuttosto limitato, in quanto si farebbe leva sull’insieme di com- petenze comuni che caratterizzano le occupazioni verdi e le occupazioni tradizionali. Se invece l’obiettivo delle politiche che promuovono la transizione è riassorbire la di- soccupazione strutturale legata anche ad altre trasformazioni, come in parte postulato nel Green Deal europeo, il divario in termini di competenze sarà con buona probabilità molto più marcato, e chiuderlo richiederà investimenti più ingenti in programmi di reskilling e upskilling.
Il capitolo 13 illustra caratteristiche, criticità e cambiamenti intervenuti nel modello italiano di inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro. Il contributo, che uti- lizza informazioni di fonte ISTAT e quindi limitate al segmento regolare dell’occupa- zione immigrata, fotografa le caratteristiche strutturali e gli elementi di eterogeneità dei nostri meccanismi di inserimento dei lavoratori immigrati, mettendo in evidenza come l’offerta di lavoro straniera non sia diminuita per effetto della grande crisi del 2009, ma al contrario sia passata dall’11% al 16% del 2020 del totale della forza la- voro fra i 25 e i 55 anni. Anche questo contributo, come le precedenti indagini cura- te dall’organismo interno al CNEL di coordinamento delle politiche di integrazione degli immigrati, evidenzia come l’elevata occupabilità degli immigrati sia in larga parte dovuta all’ampia richiesta di lavoro flessibile, poco qualificato e a basso costo, che contraddistingue il mercato del lavoro italiano e che comporta un’elevata con- centrazione dei lavoratori stranieri in specifici settori occupazionali che creano delle vere e proprie nicchie di specializzazione. Ne conseguono pesanti effetti in termini di probabilità degli stranieri di evitare occupazioni a basso contenuto professionale: gli immigrati maschi provenienti dall’Asia, dall’Africa e dal Sud America hanno uno svantaggio di ben 23 punti percentuali di evitare lavori dequalificati, e lo svantaggio sale a 33 punti per la componente femminile. Si nota inoltre che questo fenomeno è rimasto stabile nel tempo e immutato anche durante i momenti di crisi. Un elemento che spiega in parte il trade-off fra buone opportunità occupazionali e scarsa qualità
del lavoro è la elevata circolarità degli immigrati fra occupazione e disoccupazione, connotato che caratterizza il modello italiano di inclusione insieme al dualismo terri- toriale Nord-Sud. I dati utilizzati nel capitolo confermano che gli immigrati tendono a concentrarsi nei contesti economico-sociali più dinamici, dove l’occupazione è più elevata anche per gli italiani, laddove nelle aree più depresse le occupazioni meno am- bite restano appannaggio dei lavoratori del posto. Pertanto, nel Mezzogiorno i tassi di occupazione relativamente elevati degli immigrati si associano a persistenti penaliz- zazioni in termini di qualità del lavoro, mentre il modello tipico del Centro-Nord fa ri- levare notevoli svantaggi rispetto ai nativi in termini di accesso, ma una volta occupati gli immigrati registrano minori svantaggi nella qualità del lavoro. A cambiare marca- tamente fra le due popolazioni sono la mobilità occupazionale (molto più contenuta per gli immigrati rispetto agli italiani) e la probabilità di svolgere un’occupazione non manuale di elevata qualificazione, con quest’ultima che trova parziale spiegazione nei canali attraverso i quali gli immigrati trovano lavoro e nella questione del riconosci- mento delle credenziali educative. In conclusione, i tratti che distinguono il modello italiano di inclusione dipendono soprattutto dalla presenza di una domanda di lavoro ancora molto sbilanciata verso le occupazioni a bassa qualificazione, da un assetto di welfare familistico e da un sistema produttivo ancora basato su attività ad alta intensità di lavoro manuale, bassa produttività, scarsa propensione all’innovazione ed elevata parcellizzazione dei datori di lavoro.
Il capitolo 14 traccia prime conclusioni sull’attività svolta nell’ultimo anno dal tavolo istituito dal CNEL sul fenomeno del cosiddetto mismatching fra domanda e offerta di lavoro, nel quadro di un ampio progetto che ha coinvolto istituzioni, mondo del lavoro, imprese dei settori più tecnologicamente avanzati, dell’artigianato e del cre- dito, mondo della formazione a tutti i livelli. Attraverso un nutrito ciclo di audizioni sono state indagate le effettive esigenze di professionalità sul breve e sul medio-lun- go periodo, le principali iniziative di reskilling e upskilling, le attese e gli interventi indispensabili per arginare la costante crescita del divario fra competenze richieste e quelle offerte, le difficoltà rese evidenti dalle aziende più impattate dai programmi previsti dal PNRR. Vengono illustrate le cause: preoccupanti trend di dispersione sco- lastica, drammaticamente differenziati sul territorio, inverno demografico che immet- te sul mercato sempre meno giovani e sempre più lavoratori anziani, cattivo sistema di orientamento delle famiglie nella scelta dell’istruzione da dare ai figli, accelerazione dei processi di digitalizzazione che non riescono a trasformarsi in nuove opportunità occupazionali ma diventano al contrario fattori di esclusione. L’analisi conferma un assolutamente insufficiente livello di raccordo fra chi domanda e chi offre lavoro, una strutturale difficoltà delle istituzioni a più livelli a “fare sistema”, ritardi del sistema accademico nel modificare i piani di studio, farraginosità della macchina burocratica e scarsa fiducia delle imprese private nei confronti dei servizi offerti dalle strutture pubbliche. Si colgono tuttavia segnali positivi: nonostante si tratti di un percorso a macchia di leopardo, comincia a evidenziarsi presso le aziende la tendenza a sostituire i tagli lineari di organico con strategie volte a tutelare le professionalità in servizio, a proteggere il know how e a lavorare sul gap di competenze, contaminando i “saperi” e connettendo le competenze tecniche con quelle relazionali. Il capitolo ipotizza una serie di vie percorribili nel breve e medio periodo: l’attivazione di una “piattaforma digitale emergenza-lavoro”, la costruzione di un “ecosistema dell’orientamento” e di
“patti di collaborazione fra Regioni, Università e organizzazione imprenditoriali” per
la ridefinizione dei programmi formativi.
Il capitolo 15, dedicato alle previsioni occupazionali nella prospettiva del PNRR, evi- denzia come a livello macroeconomico l’impatto del PNRR sull’occupazione appa- ia incerto, poiché se da un lato la dimensione sistemica e la scala degli investimenti dovrebbe produrre effetti significativi, almeno nel medio-lungo periodo, sui nuovi posti di lavoro, dall’altro lato l’effetto degli investimenti potrebbe risultare ridotto per effetto di possibili ‘colli di bottiglia’ quali la carenza di competenze o il mismatch delle stesse rispetto ai posti di lavoro vacanti. Le stime dell’expansion demand (colle- gata all’espansione economica) elaborate in base al sistema informativo Excelsior sul periodo 2022-2026 si sviluppano secondo tre possibili scenari di evoluzione dell’eco- nomia che tengono conto in diverso modo del quadro di estrema incertezza a livello geopolitico e macroeconomico. Lo scenario più favorevole incorpora gli effetti sull’e- conomia italiana di tutti gli interventi legati alle risorse del Next Generation EU. Gli altri due scenari considerano ipotesi più conservative che valutano i rischi derivanti da un aggravamento della crisi energetica e di una restrizione delle condizioni finan- ziarie delle imprese, anche in conseguenza della stretta monetaria operata dalla BCE a seguito dell’impennata dell’inflazione.
Il modello sull’andamento dello stock occupazionale stima che tra il 2022 e il 2026 si verificherà un incremento del numero di occupati compreso tra 250 mila e 300 mila unità in media annua, secondo lo scenario di riferimento. Nell’intero quinquennio, pertanto, la crescita stimata dello stock occupazionale per effetto dell’espansione eco- nomica dei settori privati e della Pubblica Amministrazione potrà variare tra circa 1,3 e 1,5 milioni di unità. Ad esse si accompagna la previsione di una replacement de- mand legata al turn-over occupazionale pari a circa 560 mila unità all’anno (oltre il 70% dell’intero fabbisogno). In totale, si stima che tra il 2022 e il 2026 il mercato del lavoro italiano potrà avere bisogno di 4,1-4,6 milioni di occupati, a seconda dello scenario considerato. Rispetto alle professionalità richieste dalle imprese e dalla PA, oltre il 60% del fabbisogno nel quinquennio riguarderà il possesso di competenze green con importanza almeno ‘intermedia’ (oltre 2,4 milioni di lavoratori) e con importanza ‘ele- vata’ circa il 37% del totale (poco meno di un milione e mezzo di unità). Il mercato del lavoro sarà dunque investito da una profonda trasformazione in chiave di soste- nibilità, coinvolgendo in maniera trasversale i settori e le professioni. In tale quadro, le maggiori criticità relative all’incontro tra domanda e offerta si manifesteranno in un ventaglio di professionalità caratterizzate da un elevato grado di difficoltà di re- perimento: medici, infermieri, fisioterapisti, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, che saranno essenziali per la riorganizzazione e implementazione della rete di assistenza sanitaria territoriale, tra gli obiettivi della missione Salute del PNRR. Analoga difficoltà si prevede anche per professioni cruciali per gli avanzamenti nei processi di innovazione tecnologica e transizione digitale, quali specialisti in scienze matematiche e informatiche, tecnici ICT, ingegneri e tecnici in campo ingegneristico. Per queste figure si può ipotizzare che – se non aumenterà l’offerta – cresceranno le criticità nel loro reperimento nel mercato del lavoro (critical mismatch), e si potran- no verificare dei rallentamenti nell’implementazione delle missioni del PNRR per la mancanza della forza lavoro.
Sezione seconda: le politiche attive del lavoro e della formazione
Un secondo gruppo - che comprende i capitoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 18 - prende in considerazione le diverse iniziative, italiane ed europee, normative, istituzionali e di policy che hanno affrontato le principali questioni riguardanti i rapporti di lavoro, il funzionamento del mercato, la formazione professionale e la protezione sociale dei lavoratori dipendenti e autonomi.
Il capitolo 2 contiene un’analisi della prima fase di attuazione, legislativa e ammini- strativa, delle misure previste dal PNRR nel disegno di riforma dei servizi per l’im- piego e, più in generale, del mercato del lavoro in Italia. Il contributo descrive il qua- dro nel quale vanno collocati i provvedimenti finalizzati alla definizione delle nuove regole organizzative nelle politiche attive del lavoro, incentrato essenzialmente su tre linee strategico-operative: 1) rafforzamento delle politiche attive del lavoro mediante l’implementazione di due Programmi nazionali: il Programma per la Garanzia di oc- cupabilità dei lavoratori (GOL), finalizzato ad assicurare la presa in carico unico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale, e il Piano di potenziamento dei Centri per l’impiego; 2) le riforme nel comparto formazione/educazione ovvero il “Piano strategico Nazionale Nuove Competenze” (PNC) con la diffusione di opportu- nità per l’acquisizione e l’elevazione delle competenze professionali per i disoccupati registrati dai centri per l’impiego e conseguente adeguamento delle competenze stes- se alle nuove richieste del mercato; 3)
la lotta alle discriminazioni nell’inserimento (o reinserimento) e alla permanenza nel mercato del lavoro per quelle fasce che mostrano maggiori difficoltà (donne, disoc- cupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30 e lavoratori over 55) mediante interventi dedicati quali ad esempio l’adozione di quote di riserva di assun- zione all’ingresso.
Dall’analisi svolta sullo stato di avanzamento della strategia delineata dal PNRR, il cui successo dipende dall’attuazione, simultanea e sinergica, del Programma GOL, del Piano straordinario per il potenziamento dei Centri per l’impiego e del Piano Nuove Competenze, si rileva come, tra gli obiettivi raggiunti a settembre 2022, le amministra- zioni pubbliche coinvolte (statali e regionali) abbiano dimostrato di saper far fronte, in larga parte, agli impegni ed alle scadenze previste. Tali constatazioni non esimono, in sede di conclusioni, dal segnalare elementi di criticità che possono essere ravvisati su alcuni punti specifici: i ritardi nell’attuazione del Piano di potenziamento dei Cen- tri per l’impiego che prevedeva l’assunzione da parte delle Regioni e delle Province autonome di un contingente di personale da assegnare ai Centri per l’impiego per dare concreta attuazione territoriale alle misure di politica attiva previste in GOL; le difficoltà nell’erogazione dei servizi di formazione per sostenere adeguatamente i la- voratori trattati mediante l’assessment nei processi transizionali; la predisposizione di percorsi di formazione disegnati sulla base di specifici fabbisogni possono presentare difficoltà per i soggetti formatori e anche incontrare riserve da parte dei lavoratori stessi, soprattutto per quelli da tempo lontani da attività di formazione. Infine, poiché dal 2023 sarà necessario monitorare attentamente il raggiungimento degli obiettivi previsti anche a livello dei singoli territori (verificando se il raggiungimento del “tar- get” dei beneficiari del Programma sia stato conseguito in ciascuna Regione e Provin- cia autonoma), è opportuno sollecitare con fermezza i territori che manifestano ritardi nella pubblicazione degli avvisi.
Nel capitolo 3 si illustra il meccanismo di condizionalità obbligatoria disciplinato dall’articolo 47 del decreto-legge n. 77/2021, che riserva ai giovani under 36 e alle don- ne senza limiti di età una quota pari ad almeno il 30% dell’occupazione aggiuntiva de- rivante dall’attuazione degli investimenti pubblici finanziati con le risorse del PNRR. Nel Piano è presente una stima dell’incremento occupazionale di giovani e donne che dovrebbe derivare dall’attuazione del dispositivo, pari rispettivamente al 3,2% e al 3,7% rispetto allo scenario di base al netto della condizionalità. Ma si tratta di stime a “mercato vigente” che implicano la sostanziale permanenza dello stesso complesso di fattori interrelati che sono all’origine del basso livello di partecipazione di giovani e donne nel mercato del lavoro e che sono riconducibili ai seguenti ordini di componen- ti: a) componente soggettiva (es: condizione familiare, reddito disponibile, progetti di vita); b) presenza di dispositivi che non determinino un effetto spiazzamento rispetto alla partecipazione; domanda di lavoro “grigia” economicamente concorrenziale; si- stema di reclutamento e di diffusione delle vacancies trasparente e diffuso; c) compo- nente culturale, che attiene alla domanda di lavoro e alla sua cultura organizzativa, in cui agiscono, consapevolmente o meno, stereotipi generazionali e di genere che incidono sulle scelte di reclutamento, sviluppo e investimento; d) componente legata al canale di accesso al lavoro, che attualmente vede la prevalenza dell’intermedia- zione informale che rafforza la segregazione per genere ed età. Sebbene la tempistica stabilita per l’avvio del monitoraggio degli esiti dell’applicazione delle clausole di condizionalità (a partire dal 27 luglio 2022) non permetta ancora di disporre di dati sufficienti ad impostarne l’analisi, appare concreta la possibilità che i criteri partico- larmente generici adottati per legittimare le ipotesi di deroga finiscano per fornire ampi margini di disapplicazione del dispositivo. In altre parole, la facoltà di totale o parziale disapplicazione degli obblighi di condizionalità da parte delle stazioni appal- tanti, previste dal decreto 77, può avere in sede applicativa un’estensione tale da vani- ficare il senso stesso della previsione normativa. A tiolo di esempio, basti pensare che la riduzione della quota del target femminile viene resa possibile in ragione del fatto che “…. il raggiungimento della percentuale del 30 per cento delle nuove assunzioni potrebbe incontrare difficoltà in particolari contesti di attività in ragione delle caratteristiche strutturali delle mansioni da svolgere o del contesto di applicazione. Una rigida applicazione della regola potrebbe determinare nel breve periodo un onere troppo gravoso per i settori in cui i tassi di occupazione femminile sono lontani da quelli prevalenti nel sistema economico a livello nazio- nale”. Ne deriva che il potenziale innovativo risulta contrastato da un approccio che ne evidenzia, ancor prima della sua applicazione, il livello di difficoltà attuativa. Ana- logamente, la generica e ampia previsione secondo cui le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara dei requisiti condizionali di partecipazione, ovvero modificarli in diminuzione, “qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la na- tura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche” potrebbe trasformarsi, se non adeguatamente monitorata, in una troppo agevole via d’uscita per molte imprese dall’obbligo di percentualizzare in quota fissa le nuove assunzioni di giovani e donne. Anche la possibilità di una applicazione meno rigida della clausola condizionale in favore delle donne in contesti dove l’incidenza femminile settoriale risulta inferiore al 25% del totale nazionale presenta lo stesso rischio, in considerazione del fatto che i
settori produttivi dove le donne risultano meno presenti sono, secondo le rilevazioni ISTAT, proprio quelli dove gli investimenti derivanti dai fondi del PNRR appaiono più rilevanti.
Il capitolo 4 traccia un quadro della formazione continua finanziata dai fondi inter- professionali e se ne evidenzia lo sviluppo nel corso degli anni. Nell’ultimo anno pre- cedente la pandemia sono stati approvati cinquantamila piani formativi, destinati a un milione e settecentomila lavoratori in oltre novantamila aziende; le attività for- mative concluse hanno coinvolto 1.417.000 lavoratori, per il 59,4% uomini e il 40,6% donne. Nel 43,5% dei casi la formazione è stata finalizzata all’aggiornamento e/o alla manutenzione delle competenze dei lavoratori, mentre il 30% delle attività formative ha riguardato processi di innovazione e nel 14,9% la sicurezza sui luoghi di lavoro. Circa la metà dei piani è stata finanziata attraverso “avvisi”, strumento solidaristico al quale fanno frequentemente ricorso aziende di piccole dimensioni, mentre i lavora- tori delle grandi imprese hanno usufruito di interventi formativi finanziati attraverso conti aziendali.
I fondi interprofessionali hanno svolto un ruolo importante nel ridurre i divari di in- vestimento formativo, anche se appare necessario un più marcato orientamento della domanda di formazione verso temi e strumenti in grado di incidere sulla capacità di competere delle imprese e sul grado di occupabilità dei lavoratori. È inoltre necessario favorire la crescita della qualità del sistema formativo.
Dal 2015 i fondi sono inseriti nella Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, e fanno dunque parte della strumentazione delle politiche per l’occupazione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza individua nella formazione “collegata al lavoro” un importante asse strategico del cambiamento che proprio con il Piano si dovrebbe riuscire a innescare, lungo un asse strategico trasversale alle sei Missioni individuate dall’Unione europea come condizioni necessarie di crescita produttiva e sociale.
Nella Missione 5 l’asse relativo alle politiche attive si sviluppa con due misure:
il Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), orientato a sostenere i lavoratori in transizione, i disoccupati e i giovani in cerca di prima occu- pazione;
il Piano Nazionale Nuove Competenze, volto a garantire maggiore coesione delle po- litiche a sostegno della formazione per tutto l’arco della vita, comprendendo in questa categoria gli adulti in generale.
All’interno del PNC è collocato il Fondo Nuove Competenze, strumento che dal 2020 consente alle imprese, in collaborazione con le organizzazioni sindacali, di lavorare sugli aggiornamenti delle competenze dei lavoratori, ma anche con la finalità di favo- rirne la ricollocazione. Si stima che il Programma GOL – non direttamente orientato ai lavoratori occupati, ma a quelli fragili e ai beneficiari di ammortizzatori sociali - in cinque anni arrivi a finanziare quattro miliardi di euro, raggiungendo circa tre milio- ni di beneficiari entro il 2025, dei quali il 75% dovranno essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, under 30, lavoratori over 55, e almeno 800 mila dovranno essere coinvolti in attività di formazione, 300 mila solo per il rafforzamento delle competenze digitali.
Il capitolo 5 effettua una ricognizione delle questioni aperte sul tema della protezione sociale dei lavoratori autonomi, muovendo dalla progressiva erosione della distanza tra i due tradizionali poli del lavoro indotta dalle trasformazioni economiche e tecno-
logiche in atto, erosione che ha esteso anche ad alcune aree del lavoro professionale, oltre a quello tipico del rapporto subordinato, il fenomeno dei c. d. working poors. L’evoluzione del mercato sul quale di muovono i lavoratori rende inadeguate le tra- dizionali tutele offerte dal sistema delle casse professionali e dalla gestione separata. La Consulta del lavoro autonomo, istituita presso il CNEL, ha promosso l’iniziativa di un intervento di sostegno reddituale per i casi di crisi di fatturato professionale, allo scopo di salvaguardare, oltre che le condizioni economiche del lavoratore, anche la continuità operativa dell’attività economica. La proposta è stata formalizzata in un progetto di legge di iniziativa CNEL e presentato alle Camere, poi confluita con talune modifiche nella legge di bilancio per il 2021. L’Indennità straordinaria di con- tinuità reddituale ed operativa (ISCRO) è stata introdotta nell’ordinamento con l’o- biettivo di garantire la continuità reddituale nei casi di grave contrazione dell’attività professionale, e rappresenta oggi il principale strumento di ammortizzatore sociale a disposizione dei liberi professionisti iscritti alla gestione separata INPS. L’ISCRO è stata messa a punto senza disporre di puntuali informazioni sui risultati gestionali della gestione separata, informazioni che avrebbero consentito una quantificazione corretta delle spese per interventi assistenziali. Alla luce del primo triennio di appli- cazione dello strumento, si ritiene pertanto necessario un piano di manutenzione che possa stabilizzarla e renderla più funzionale ed equa, in primo luogo rimodulando le soglie di accesso al beneficio. In particolare, si propongono la riduzione del requisito del periodo di pregressa contribuzione, attualmente di 4 anni, e la ridefinizione della soglia reddituale per poter accedere al beneficio, attualmente di 8.145 euro nell’anno. In secondo luogo, i dati raccolti nel primo triennio non giustificano il previsto aumen- to dell’aliquota contributiva, dallo 0.26% allo 0,51% del fatturato, mentre la conferma dell’aliquota vigente andrebbe garantita anche nella prospettiva a regime.
Il capitolo 6 offre una valutazione del ciclo 2017-2020 di incentivi per l’occupazione finanziati dal PON Sistemi delle Politiche Attive per l’Occupazione (PON SPAO) del FSE, che ha finanziato un importo complessivo di poco inferiore a 1,6 miliardi di euro. Gli interventi sono stati rivolti a due particolari categorie di potenziali beneficiari: gio- vani fino a 34 annidi età e disoccupati di lunga durata. Sono stati finanziati i seguenti incentivi: Sviluppo Sud, Occupazione Mezzogiorno, Occupazione Sviluppo Sud e IO Lavoro, con tipologie di contratti incentivati che riguardavano il tempo indetermina- to, anche a scopo di somministrazione, il contratto di apprendistato professionaliz- zante, la trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a tempo determinato e di rapporti subordinati instaurati in attuazione del vincolo associativo con una coopera- tiva di lavoro. Affinché le misure incentivanti potessero dar luogo a quote aggiuntive di nuova occupazione, ogni tornata di intervento ha previsto che i lavoratori assunti con contratto incentivato non avessero avuto rapporti di lavoro (continui o saltuari) con l’azienda, salvo il caso di trasformazioni a tempo indeterminato.
I dati analizzati nel capitolo mostrano che nelle Regioni del Mezzogiorno le assun- zioni a tempo indeterminato sono cresciute nel quadriennio 2017-2020 (da 577.296 861.797), mentre è diminuita l’incidenza delle assunzioni con incentivi finanziati dal PON SPAO (dal 21,7% al 4,3%) anche per effetto della contrazione delle risorse dedi- cate (da € 529.951.608 nel 2017 a € 246.400.000 nel 2020). Per contro, l’importo unitario per singola assunzione mel 2020 si è attestato a 6.157 euro, rispetto al minimo regi- strato nel 2018 (poco più di 4.000 euro): un fenomeno spiegabile con la propensione
delle imprese a utilizzare gli incentivi su profili maggiormente qualificati, proprio per via della minore disponibilità di risorse nel 2020. Le imprese che si sono avvalse degli incentivi in parola nel quadriennio considerato sono state 151.754 per un totale di 346.795 contratti. Il 77,8% delle imprese utilizzatrici ha usufruito degli incentivi una sola volta, coprendo oltre metà delle assunzioni incentivate; solo lo 0,8% delle imprese ha utilizzato lo sgravio contributivo in tutti e quattro gli anni, dando luogo al 5,6% dei contratti attivati. Il 75% delle imprese che ha utilizzato l’incentivo per un solo anno ha acceso un singolo contratto, mentre il 98% delle imprese ha acceso un numero di contratti non superiore a 5. Inoltre, oltre il 62% dei contratti incentivati è stato avviato in imprese fino a 9 dipendenti, ma il 16,2% degli incentivi è stato utilizzato in imprese con un solo dipendente. Viceversa, le imprese di maggiori dimensioni (con 50 e più dipendenti) risultano essere il 14,9% di tutte le imprese che hanno avuto accesso alle misure di lavoro incentivato nel periodo considerato. Con riguardo ai settori economi- co-produttivi di riferimento, il 25,8% delle imprese utilizzatrici rientra nel commercio (20,8% dei contratti incentivati), il 16,4% nelle costruzioni (17,4% dei contratti), nel settore industria è stato attivato il 14,5% dei contratti, mentre alloggio e ristorazione hanno assorbito il 15% delle assunzioni incentivate.
Infine, l’analisi dei dati mostra una maggiore tenuta nel tempo dei contratti incentivati a tempo indeterminato rispetto alla totalità dei contratti a tempo indeterminato av- viati nelle stesse annualità considerate e nelle stesse aree regionali. ANPAL sottolinea come la tenuta dei contratti incentivati sia andata rafforzandosi negli anni, raggiun- gendo i livelli più elevati proprio in concomitanza con l’incentivo IO Lavoro 2020. La tenuta contrattuale e occupazionale risulta favorita dal possesso di un titolo di studio elevato e dall’aver beneficiato degli incentivi per trasformare a tempo indeterminato un rapporto di lavoro a tempo determinato, già in atto con l’impresa. Si nota che con il ricorso a IO Lavoro 2020 è stato avviato un numero di contratti di apprendistato professionalizzante maggiore rispetto al passato, e che questo tipo di contratti mostra una tenuta migliore rispetto a quella degli altri due tipi nelle Regioni in transizione e in quelle meno sviluppate, ciò che sembra rivelare un rinnovato interesse delle im- prese – grazie anche agli incentivi - ad investire in un rapporto di lavoro correlato a un’importante azione formativa.
Il capitolo 7 è dedicato alla direttiva europea 2022/2041 sui salari minimi adeguati e al possibile impatto che avrà nell’ordinamento italiano quando sarà recepita. Il contribu- to esamina come dal testo della direttiva non emerga la volontà di fissare il livello del- le retribuzioni, tanto meno di imporre l’obbligo di introdurre un salario minimo legale ove lo stesso sia attualmente garantito dalla contrattazione collettiva; l’intento è di armonizzare sul territorio dell’Unione i minimi retributivi di ogni categoria, attraver- so interventi che preservino – in base alle prassi nazionali - la competenza dei singoli Stati e la loro libertà di agire per via legislativa o mediante quanti stabilito nei contratti collettivi di lavoro o attraverso entrambi i meccanismi. È dunque salvaguardata l’au- tonomia delle parti sociali e il loro diritto a negoziare e concludere contratti collettivi, nonché a adottare misure volte ad aumentare la copertura e a facilitare l’esercizio della pratica della contrattazione collettiva nella determinazione dei livelli retributivi. L’impatto che la direttiva potrà avere negli ordinamenti nazionali dipende dal tasso di copertura della contrattazione collettiva esistente in ciascun Paese perché, come noto, dove lo stesso risulti superiore all’80% dei lavoratori non sarà necessario predisporre
il piano d’azione; dove quest’ultimo si renda necessario, esso deve essere riesaminato almeno ogni cinque anni e aggiornato con il coinvolgimento delle parti sociali. Poiché lo scopo della norma è garantire salari minimi adeguati ai lavoratori di tutto il terri- torio dell’Unione, ai fini del calcolo del tasso di copertura non possono essere presi in considerazione contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali e associa- zioni datoriali che basano la propria capacità competitiva proprio sull’applicazione di condizioni economiche oltre che normative poco tutelanti per i lavoratori. Entra quindi nella disciplina di recepimento il riferimento ai principi di rappresentatività, allo scopo di individuare correttamente l’ambito della contrattazione collettiva ido- nea a funzionare da parametro per identificare il livello salariale adeguato. A seguito del recepimento nell’ordinamento interno della direttiva sarà possibile valutare se il nostro sistema contrattuale soddisfi i criteri richiamati dalla stessa, o se il Paese sarà chiamato ad approntare un piano d’azione volto a rafforzare la contrattazione collet- tiva con riferimento ai settori in cui dovessero emergere criticità. In tal caso, la solu- zione opportuna sarebbe la generalizzazione della retribuzione prevista dai CCNL, operando nel quadro dell’articolo 36 Cost. e in linea con quanto statuito da Corte Cost. n. 51/2015. In presenza di più CCNL che insistono sullo stesso settore, il criterio da utilizzare dovrebbe essere quello della maggiore rappresentatività, e qui si apre il problema della relativa misurazione. Sotto questo profilo, la soluzione più coerente è il riferimento a criteri concordati tra le parti sociali. Nelle more di una individuazione di criteri che si è rivelata ardua in ripetuti tentativi (anche in sede CNEL), si sottolinea come la misurazione della rappresentatività richieda a sua volta la definizione dei perimetri entro cui effettuare la comparazione. Definire la categoria di riferimento è presupposto necessario ed indefettibile per misurare la rappresentatività. È noto che, al fine di verificare la rispondenza ai criteri di cui all’articolo 36 Cost., la giurispruden- za fa riferimento al CCNL dell’effettiva categoria merceologica e ai minimi retributi- vi definiti nello stesso. Il medesimo ragionamento dovrebbe essere utilizzato al fine di garantire i requisiti di adeguatezza del salario minimo contrattuale previsti dalla direttiva. Nel capitolo in esame si ipotizza un ruolo che il CNEL potrebbe svolgere, attraverso il proprio sistema di archiviazione della contrattazione collettiva di lavoro, collegando la categoria contrattuale a quella (e) merceologica(che). Un ulteriore indice di effettiva rappresentatività potrebbe essere tratto dalla diffusione quantitativa del CCNL, la cui misurazione è possibile grazie al codice alfanumerico unico attribuito dal CNEL all’atto del deposito e che potrebbe essere utilizzato insieme ai dati di rap- presentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali.
Il capitolo 9 ripete uno schema già collaudato nelle precedenti edizioni del Rapporto, e riporta un quadro generale sulla normativa delle integrazioni salariali come previste nella riforma del 2022 secondo i punti di vista delle parti sociali. Viene fornita una ras- segna delle misure introdotte dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 nella normativa in materia di integrazioni salariali di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148. Anche quest’anno, il capitolo è suddiviso in due sezioni. Nella sezione I viene offerta una panoramica dei contenuti essenziali della riforma, a cominciare dall’ampliamen- to della platea dei destinatari delle integrazioni salariali. Si prosegue con la disami- na degli interventi riguardanti i Fondi di solidarietà bilaterali e dell’estensione della durata degli interventi di integrazione salariale straordinaria finalizzata al recupero occupazionale dei lavoratori a rischio di esubero. Specifica attenzione è posta al tema
delle condizionalità, con particolare riguardo all’obbligo di partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, pur in costanza di rapporto di lavoro con l’impresa. Si evidenzia, infine, che la riforma introdotta a partire dal 2022 ha ridefinito le durate delle prestazioni di integrazione salariale. Nella sezione II vengono riporta- te le posizioni delle singole rappresentanze sociali (CGIL, CISL, UIL, Confindustria, Artigianato, Confcommercio, Confservizi, ABI e Confprofessioni) rispetto ai contenu- ti degli interventi riformatori, nonché le osservazioni delle stesse sugli effetti che le nuove regole hanno prodotto nella prima fase di attuazione, per quanto la brevità del periodo osservabile non consenta ancora di trarre indicazioni puntuali. La scelta – già sperimentata positivamente in passato - di organizzare questa sezione in forma di tribuna, assegnando a ciascuna rappresentanza uno spazio autonomo di riflessione, consente di mettere a confronto le diverse sensibilità che emergono dalle parti sociali in ordine alla capacità della strategia riformatrice adottata dal precedente governo di affrontare e risolvere le criticità manifestate dal previgente sistema di ammortizzatori sociali.
Il capitolo 10 effettua un bilancio dell’istituto del Reddito di cittadinanza, a tre anni dalla sua introduzione. Tra gli aspetti salienti sottolineati, si ricorda nel contributo che, a sostegno degli obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale, la misura del Rdc presenta un carattere fortemente condizionale che implica il rispetto di specifici obblighi in capo ai destinatari. La finalizzazione all’inclusione sociale e all’in- serimento nel mercato del lavoro impone ai beneficiari il rispetto di una serie di impe- gni individuati dai servizi competenti nonché la partecipazione ad attività promosse dai Servizi sociali o dai Servizi per l’impiego. L’esperienza che deriva dei primi anni di attuazione consente di individuare ormai con sufficiente approssimazione quali inter- venti potrebbero contribuire a migliorare il perseguimento degli obiettivi fissati dalla legge. Un passaggio fondamentale appare il potenziamento dei Centri per l’impiego (Cpi), sia sotto il profilo infrastrutturale che dell’incremento della dotazione organica. Peraltro, la perdurante assenza di un efficiente sistema di scambio di dati e di flussi informativi tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella Rete nazionale dei servizi per l’impiego non consente ancora di superare la frammentazione ancora esistente sul territorio, a causa della quale non è possibile il rapido scambio di informazioni né l’implementazione del fascicolo elettronico del lavoratore. Il modello di governance del sistema dei servizi per l’impiego risulta complesso oltre che fortemente disomogeneo sia in chiave intra-regionale che nei rapporti tra livello nazionale e territori. Per contro, l’attuazione degli obiettivi strategici posti alla base del PNRR – come l’attivazione del Piano Nazionale Nuove Competenze e il rafforzamento del sistema della formazione professionale – potrebbe rivelarsi preziosa per i beneficiari del Rdc, anche nella pro- spettiva dei cambiamenti attesi nella domanda di competenze da parte delle imprese nel prossimo futuro. A sua volta, il Programma nazionale Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), finalizzato a promuovere l’inserimento occupazionale di tutti i “privi di impiego” che abbiano stipulato il Patto di servizio/lavoro, prevede una se- rie di azioni mirate per il sostegno all’inserimento attivo di soggetti che usufruiscono della Cassa integrazione, della NASpI , della Dis-Coll e del Rdc, i cui percettori pre- sentano bisogni complessi che necessitano di percorsi di lavoro ed inclusione in stretta collaborazione con i servizi del territorio. Le probabilità di accesso all’occupazione si abbassano e le distanze dal mercato del lavoro crescono spostandosi verso le regioni
meridionali, specie per quanto riguarda i segmenti più deboli del mercato: le donne, i giovani nella classe di età 18-30 anni (oltre il 36,8% dell’intera platea dei beneficiari soggetti al patto per il lavoro) e gli over 50 (un quarto dell’intera platea).
In base ai più recenti dati che fotografano la situazione al 30 giugno 2022, poco più di 900mila beneficiari del Rdc risultano indirizzati ai Servizi per il lavoro, dei quali il 72% è soggetto alla sottoscrizione del patto per il lavoro. Di questi, poco più del 27% sono considerati “vicino al mercato del lavoro”, ma solo il 13% ha un’esperienza la- vorativa relativamente recente (conclusa negli ultimi 12 mesi); dunque, il 73% sono individui del tutto lontani dal mercato del lavoro. Dei 660.00 beneficiari tenuti alla stipula del patto per il lavoro, quelli effettivamente presi in carico dai CPI (ovvero che hanno stipulato il Patto, o sono impegnati in esperienze di tirocinio curriculare), sono il 42,5%. Si tratta di individui molto fragili, con bassi livelli di scolarizzazione: il 71% presentava un titolo di istruzione di livello non superiore all’istruzione secondaria di I grado, mentre la quota di coloro che accedono al beneficio e sono in possesso di un titolo di istruzione terziaria costituisce appena il 2,8% dell’utenza.
Con riferimento agli incentivi alle assunzioni, si osserva che le tempistiche sottese all’operatività del meccanismo di comunicazione della disponibilità di posti vacanti non hanno sin qui favorito il rapido incontro tra le esigenze occupazionali dei datori di lavoro e le disponibilità dei percettori del Rdc. L’ampliamento delle tipologie con- trattuali incentivabili operato con la legge di bilancio 2022 permette ora di includervi anche le assunzioni effettuate mediante contratti a tempo parziale, di apprendistato e a tempo determinato (senza indicazione di una durata minima), mentre è stato eli- minato l’onere per il datore di lavoro di comunicare preliminarmente le disponibilità dei posti vacanti alla piattaforma digitale dedicata al Rdc quale condizione di accesso all’esonero contributivo. Inoltre, il c.d. “decreto aiuti” ha chiarito che i datori possono proporre le offerte di lavoro congrue direttamente ai beneficiari del Reddito, comuni- cando successivamente al CPI competente per territorio l’eventuale mancata accetta- zione dell’offerta occupazionale, anche ai fini della decadenza dal beneficio.
In sintesi, il primo periodo di applicazione della misura ha risentito di un contesto ge- nerale caratterizzato da un sistema sociale ed economico fortemente indebolito dall’e- mergenza pandemica e dall’impennata inflazionistica. Se ne ricava che una efficiente politica di contrasto alla povertà deve essere contestualizzata e coordinata con un più strutturato sistema di politiche e servizi integrati in materia di occupazione, sostegno per mancanza di lavoro, per carico familiare e disabilità, potenziando i servizi sociali, sanitari e le politiche abitative.
Il capitolo 11, dedicato all’esame della proposta di direttiva sul lavoro mediante piat- taforme digitali, evidenzia come essa non si limiti a porre l’attenzione sul tema della qualificazione del rapporto di lavoro tramite piattaforma digitale, ma si estenda alla gestione algoritmica dei rapporti di lavoro, muovendo dal presupposto che i sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati basati su algoritmi assorbono sempre più le funzioni tipiche delle figure direttive come, ad es., assegnazione di compiti e istru- zioni, valutazione del lavoro svolto, distribuzione di incentivi e di sanzioni. A fronte di una simile estensione operativa delle piattaforme, i soggetti che attraverso di esse svolgono la propria attività lavorativa non hanno quasi mai accesso alle informazio- ni sulle modalità di funzionamento degli algoritmi, sui dati personali utilizzati e sul modo in cui il loro comportamento incide sulle decisioni prese dai sistemi automa-
tizzati. Analoga mancanza di informazione riguarda le rappresentanti dei lavoratori e gli organismi ispettivi che operano nei diversi Stati. L’analisi della direttiva europea si sofferma, innanzitutto, sulla parte riguardante la corretta determinazione della si- tuazione occupazionale delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, attraverso cui viene stabilito il principio della presunzione legale di subordi- nazione nel caso in cui la piattaforma digitale controlli l’esecuzione del lavoro della persona che lo svolge. Sotto tale riguardo, l’autrice illustra ed approfondisce gli ele- menti che caratterizzano il controllo sull’esecuzione del lavoro, evidenziandone i pun- ti di correlazione di distanza rispetto al consolidato normativo e giurisprudenziale già esistente nell’ordinamento italiano. Quanto alla gestione algoritmica dei rapporti di lavoro, si sottolinea come la direttiva preveda il monitoraggio umano dell’impatto dei sistemi automatizzati e il riesame umano di decisioni significative sulle condizioni dei lavoratori delle piattaforme. Con riguardo al tema della trasparenza in merito al lavoro mediante piattaforme digitali, essa si traduce sostanzialmente nell’obbligo di fornire informazioni, ove richieste dalla pubblica autorità, sul numero dei lavoratori che svolgono regolarmente un lavoro mediante piattaforma e su termini e condizio- ni applicabili a tali rapporti. La direttiva attribuisce altresì ai lavoratori o alle loro rappresentanze diversi strumenti per rendere effettivamente esigibili i diritti di loro spettanza, come ad esempio le previsioni relative all’accesso alle prove o quelle che consentono di avviare procedimenti giudiziari o amministrativi per conto o a soste- gno di coloro che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali.
Qui sintesi cap. 18
Sezione terza: i contributi della contrattazione collettiva e l’archivio CNEL dei con- tratti.
Una sezione finale comprende i capitoli 8 e 16, a cura di tecnici della contrattazio- ne, delle parti sociali rappresentate al CNEL e direttamente degli uffici responsabili dell’archivio contrattuale.
Il capitolo 8 ospita il tradizionale contributo delle parti sociali di analisi delle tenden- ze della contrattazione di secondo livello. Il capitolo, pur fornendo un quadro delle difficoltà metodologiche che sottendono ad una rassegna esaustiva delle dimensioni qualitative e quantitative della contrattazione collettiva aziendale e territoriale, date anche la marcata eterogeneità delle materie trattate e la forte sensibilità di tale livello ai fattori congiunturali, espone alcune interessanti indicazioni quantitative. I temi più frequentemente trattati a tale livello di negoziazione sono il salario, in circa il 50% dei contratti, e l’orario di lavoro (53%), mentre le misure di ristrutturazione e dife- sa dell’occupazione o crisi di impresa risultano strettamente legate alla fase del ciclo economico. Grande diffusione conoscono da alcuni anni i temi del welfare aziendale e della conciliazione, mentre nel com’parto dell’artigianato la contrattazione territoriale è da anni concentrata anche sull’implementazione degli strumenti della bilateralità. Una sezione del capitolo è dedicata all’illustrazione delle informazioni contenute nel report del Ministero del lavoro sui contratti depositati in base al disposto dell’articolo 14 del decreto legislativo 151/2015, che evidenziano un consolidamento – a valle del biennio pandemico – del sistema contrattuale decentrato basato sulla premialità di risultato. Il report ministeriale mostra una tendenza crescente dei contratti che con- tengono misure di welfare aziendale (dal 53% nel 2019 al 60% di ottobre 2022), con la
parte del leone svolta dai contratti aziendali (l’87% del totale dei contratti depositati). Rispetto al numero dei lavoratori coinvolti da questo livello di contrattazione, che vede solo in un 13% la quota di lavoratori coperti dal livello territoriale, va specificato che tale dato – che in genere interessa le piccole imprese – è comunque in crescita negli ultimi tre anni. Il valore economico medio del premio contrattato si attesta sui 1.300 euro (1.600 per la contrattazione aziendale e 600 per gi accordi territoriali). Il capitolo in esame propone un paragrafo dedicato alla trattazione dei temi salute e sicurezza, con analisi degli accordi più significativi sottoscritti nell’ultimo anno, e sugli stessi temi in materia di lavoro agile, con focus sul diritto alla disconnessione, prerogative sindacali e forme partecipative, mentre l’analisi di nove contratti relativi ad altrettanti casi di riorganizzazione aziendale illustra la diffusione del contratto di espansione, che nel 2021 ha coinvolto 11.430 lavoratori e nei primi nove mesi del 2022 ben 34.000 (anche grazie alla norma introdotta con l’ultima legge di bilancio che ne ha esteso il campo di applicazione ai datori di tutti i settori con almeno 50 dipendenti).
Il capitolo 16 illustra le funzionalità dell’archivio CNEL, frutto di un continuo proces- so di aggiornamento delle informazioni ivi contenute e di un costante adeguamento delle modalità per reperirle. L’illustrazione delle diverse modalità di accesso ai dati dell’archivio e la comunicazione periodica all’INPS (da quando è a regime la disposi- zione contenuta all’articolo 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni in legge 11 settembre 2020, n. 120) delle modifiche intervenute nella contrattazione di livello nazionale, con l’attivazione di nuovi codici, la soppressione di codici esistenti per cessazione dei relativi contratti e per confluenza di un CCNL in un altro CCNL, consentono di mettere in evidenza la qualità dell’apporto che l’archi- vio fornisce alle parti sociali e alle amministrazioni che, per i propri fini istituzionali, chiedono supporto al CNEL nella individuazione dei contratti collettivi di riferimen- to. Il capitolo ospita una sintesi degli ultimi dati sui CCNL vigenti nel settore privato, indicati per settore contrattuale e per corrispondente numero di lavoratori coperti in termini di media delle dodici rilevazioni mensili che l’INPS ha rilevato dalle dichiara- zioni contributive del 2021.
3. Considerazioni conclusive
3.1. Dati e tendenze
Le analisi del rapporto sulle tendenze del mercato del lavoro nei capitoli a firma Barbini, De Novellis mostrano una fase positiva dell’occupazione nella prima fase dell’anno, con una inversione di tendenza a partire dal periodo estivo come probabile conseguenza della frenata della economia.
Questa tendenza generale presenta marcate divergenze fra settori legate ai cambia- menti intervenuti negli assetti produttivi indotti dalle transizioni in atto in tutti i si- stemi nazionali e promosse dal PNRR.
La parziale riduzione della disoccupazione si accompagna peraltro a un ampio ricor- so a varie forme di orario ridotto, non solo il ricorso alle casse integrazioni pure in calo, ma anche l’ampia presenza di part time spesso involontario.
Cosicché, come rilevano Barbini e De Novellis, viene a modificarsi lo stesso concetto
di disoccupazione.
Inoltre, permangono disparità nelle opportunità di lavoro. La ripresa occupazionale
ha avvantaggiato relativamente i lavoratori più giovani, ma con andamenti distinti a seconda dei livelli di istruzione, a favore dei soggetti con alti livelli di scolarizzazione (anche per il contributo del lavoro a distanza che avvantaggia le categorie più istruite), mentre le donne restano ancora penalizzate.
Il recupero della occupazione è stato trainato ancora una volta soprattutto dall’incre- mento dei lavori a termine (oltre che del lavoro autonomo), e in misura minore dai contratti a tempo indeterminato, ma d’altra parte è cresciuto ulteriormente il fenome- no del part time involontario.
Questi dati, non nuovi ma aggravatisi nel periodo recente, ripropongono la questione tuttora irrisolta di una adeguata regolazione sia del lavoro a tempo determinato e in generale dei lavori intermittenti, sia del contrasto all’uso irregolare anche delle forme tipiche come il part time.
Al riguardo occorre richiamare la urgenza di mettere in opera strumenti efficaci di contrasto al lavoro sommerso nelle sue varie forme, come richiesto esplicitamente dal PNRR.
Si tratta di questione da tempo controversa, che dovrebbe essere riconsiderata anche alla luce di esperienze straniere come la recente legislazione spagnola e più in gene- rale considerata nel più ampio obiettivo di contrasto al lavoro irregolare e sommerso. Il capitolo 13, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, richiama l’atten- zione sul problema, da tempo presente al CNEL, della presenza e delle condizioni degli immigrati nel mercato del lavoro, mettendo in luce come l’offerta di lavoro stra- niera non sia diminuita a seguito delle crisi, ma al contrario sia passata dall’ 11% del totale nel 2009 al 16% del 2020.
Gli autori segnalano che il nostro “modello di inclusione” dipende dalla presenza di una domanda di lavoro molto sbilanciata verso le occupazioni a bassa qualificazione, da un assetto di welfare familiare e da un sistema produttivo basato su attività da alta intensità di lavoro manuale, bassa produttività, scarsa propensione all’innovazione ed elevata parcellizzazione dei datori di lavoro.
3.2. Il capitolo 15, curato da Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxx Xxxxxxxxx Xx- xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxxx, espone con ampiezza e sulla base di una indagine con- dotta in collaborazione con Infocamere e ISTAT le previsioni occupazionali nella pro- spettiva del PNRR, segnalando la possibilità di diversi scenari, più o meno favorevoli a seconda degli effetti del diverso grado di attuazione degli interventi del Piano.
Tali previsioni indicano un consistente aumento dello stock degli occupati come effet- to sia della espansione economica sia del rimpiazzo legato al turn over (oltre il 70% dell’intero fabbisogno), segnalando che il mercato del lavoro italiano fra il 2022 e il 2026 potrà avere bisogno di 4,1-4,6 milioni di occupati a seconda dello scenario consi- derato.
Una precisazione di grande rilievo, anche per le implicazioni di policy, indica che si ve- rificherà una profonda dislocazione settoriale e professionale dei lavori in conseguen- za delle trasformazioni produttive, in particolare verso la economia verde e digitale. Altrettanto significativa è la previsione che oltre il 60% del fabbisogno del quinquen- nio riguarderà il possesso di competenze green, sia con qualità almeno intermedia (oltre 2,4 milioni di lavoratori) sia con importanza elevata (poco meno di 1,5 milioni di unità).
Il radicale cambiamento della geografia del lavoro collegato alla transizione energe- tica è analizzato anche dallo scritto di Xxxxx xxxxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxx. Gli autori propongono una misura nuova di “lavoro verde “, identificando le competenze più importanti proprie di queste occupazioni, e sottolineano la necessità e i diversi costi dei processi di reskilling necessari sia per ricollocare i lavoratori in possesso di com- petenze obsolete, sia per riassorbire la disoccupazione legata alle trasformazioni pro- duttive.
Queste analisi, come quelle delle maggiori fonti internazionali, convergono nel mo- strare che il mercato del lavoro sarà investito in particolare da una profonda trasfor- mazione della qualità dei lavori e delle professionalità richieste.
3.3. Le previsioni del capitolo 15, come delle imprese audìte dal CNEL di cui dà conto il capitolo 14 a firma di Xxxxxxx Xxxxxxxx, segnalano che le più gravi criticità relative all’incontro fra domanda e offerta si manifesteranno per le professioni tecniche legate alla transizione digitale e per professioni di difficile reperimento nei settori della sani- tà e dei servizi sociali, di cui il PNRR promuove lo sviluppo.
Altre ricerche segnalano che analoghe sfasature fra domanda e offerta di lavoro con fenomeni di difficile reperimento di manodopera, si riscontrano anche in aree di oc- cupazione a bassa qualificazione, specie nei settori della ristorazione, del turismo, e dei servizi alla persona, spesso frequentate da lavoratori immigrati, e anche da italiani poco istruiti, che ricevono trattamenti economici e normativi al di sotto degli standard di un lavoro dignitoso.
Per questo il presente Rapporto, come altre analisi del CNEL, dedica attenzione spe- cifica nei capitoli 14 e 15 al fenomeno del mismatch occupazionale.
Per contrastare questo grave problema, che disperde risorse personali e riduce la com- petitività del sistema Paese, il CNEL richiama la necessità di affrontarlo con un impe- gno congiunto fra scuola, imprese e mondo del lavoro.
Le imprese, specie quelle medio grandi, sono impegnate a porre rimedio al mismatch che si verifica al loro interno, rafforzando i loro sistemi di previsione e di program- mazione dei fabbisogni professionali e le attività di formazione continua finalizzata a soddisfarli, anche con strutture stabili quali le academy aziendali variamente costituite. Sistemi previsionali e formativi del genere non sono facilmente adottabili dalle pic- xxxx imprese di cui è popolata la nostra economia. Per supplire a tale difficoltà sareb- be necessario costituire reti con il contributo delle stesse imprese e degli enti locali, finalizzate a organizzare queste attività formative e di orientamento a beneficio delle piccole aziende del territorio: un esperimento in tale direzione è stato avviato dalla Regione Lazio.
Ma la risposta delle aziende alla carenza di manodopera necessaria richiede interventi ulteriori quando si riferisce ai fabbisogni che le imprese devono sodisfare all’esterno attingendo alle competenze disponibili sul mercato del lavoro. Qui servono azioni congiunte fra mondo delle imprese, mondo della scuola e istituzioni competenti per le politiche attive del lavoro.
Uno strumento fondamentale per affrontare il problema alla radice è un sistema or- ganico e diffuso di orientamento, organizzato in stretto rapporto fra tutti gli attori del sistema sopra indicati.
Per essere utile l’orientamento deve combinare due diverse esigenze e finalità: quella
di far conoscere ai giovani e alle famiglie le tendenze principali delle competenze ri- chieste nel futuro e quella di arricchire l’analisi delle attitudini e desideri dei giovani, a renderli consapevoli affinché essi possano scegliere con piena conoscenza delle loro capacità e delle possibilità offerte dal contesto.
Si tratta di una attività complessa che non richiede solo migliori strutture organiz- zative, ma un nuovo approccio culturale alle scelte orientative e investimenti nelle persone da coinvolgere.
Le esperienze di orientamento avviate nella scuola per gli studenti e per le loro fa- miglie dovranno essere sostenute dalla formazione di orientatori dedicati e degli in- segnanti, i quali dovranno essere periodicamente aggiornati sulle implicazioni delle innovazioni economiche e sociali per il futuro dei giovani.
Anche in questa direzione sarà utile un più stretto raccordo fra l’orientamento sco- lastico e le imprese che conoscono le tendenze del mondo del lavoro. Le attività di orientamento scolastico e le connessioni con il mondo del lavoro avranno tempi e mo- dalità diverse nei vari livelli di scuole, saranno via via più specifiche dalle secondarie di secondo grado all’Università.
In ogni caso un sistema organizzato di orientamento non implica solo azioni coordi- nate di informazione, ma dovrebbe essere accompagnato da esperienze pratiche che mettano a contatto gli studenti con il lavoro, tramite forme di alternanza e poi even- tualmente di tirocinio, adeguatamente finalizzate onde evitare abusi e dispersioni.
Sostenere un simile sistema di orientamento richiede che siano rafforzati in modo sistematico i flussi informativi fra scuole, imprese e istituzioni competenti, centri pub- blici e agenzie per il lavoro; e inoltre che si realizzino veri e propri patti di collabora- zione fra questi attori del sistema per lo scambio di buone pratiche e per organizzare iniziative comuni sia nella formazione degli orientatori sia nelle attività di alternanza scuola lavoro.
3.4. Le politiche
Per affrontare le nuove sfide della transizione ecologica e digitale l’Europa ha già ap- provato alcuni interventi riguardanti la attuazione dell’European Pillar of social rights e del relativo Action plan.
Il nostro legislatore, e per parte loro i contratti collettivi, sono chiamati a dare appli- cazione nel nostro ordinamento a queste indicazioni europee che possono contribuire in modo significativo a rafforzare le tutele del lavoro nel nuovo contesto economico e alla transizione giusta prefigurata dal NGEU.
Il nostro rapporto analizza in dettaglio i principali aspetti delle politiche del lavoro e della formazione dirette ad accompagnare gli investimenti del PNRR al fine di massi- mizzarne la utilità per la occupazione.
Lo scritto di Xxxxxxxxxxx Xxxxxx descrive il quadro di riforma dei servizi per l’impiego e delle politiche attive attivato dalla prima fase di applicazione del PNRR.
La sua analisi degli impegni adempiuti in questa fase segnala, insieme a qualche avan- zamento, anche elementi di criticità su alcuni punti da tempo carenti nel nostro siste- ma: il ritardo nel potenziamento dei centri per l’impiego, le difficoltà nella erogazione dei servizi di formazione specie finalizzati a sostenere i lavoratori nei processi di tran- sizione, i ritardi soprattutto nell’avanzamento verso i target fissati dal Piano specie in alcuni territori del Paese.
La formazione di cui si occupa il capitolo 4, curato dalla Fondazione Xxxxxxxxx, è ormai un aspetto centrale delle politiche attive del lavoro, anche essa oggetto di sostegno dai progetti del PNRR, in particolare con il Piano nazionale nuove competenze volto a ga- rantire più ampie opportunità di formazione continua ai lavoratori per accompagnarli nelle transizioni digitale ed ecologica.
In realtà queste due transizioni rappresentano una sfida di eccezionale novità e porta-
ta per tutti gli aspetti delle politiche attive del lavoro e della formazione.
Si tratta di costruire in questi prossimi anni, sia pure con ritardo, un sistema integrato di politiche attive organizzate e attrezzate con le professionalità necessarie che siano in grado di promuovere la riconversione professionale di migliaia di lavoratori verso nuove professioni e di accompagnarne il passaggio fra imprese e fra settori diversa- mente coinvolti nelle transizioni. Lo svolgimento di un simile compito richiede non solo ingenti risorse, in parte previste dal PNRR e da integrare con fondi nazionali, ma anche infrastrutture in grado di sostenere sul piano operativo le attività implicate nelle transizioni. Saranno infrastrutture diverse da quelle storiche e comunque da rinnovare, perché chiamate ad affrontare problemi di complessità e di scala maggiore di quelle finora svolte anche da Stati più attrezzati del nostro nelle attività di politica attiva del lavoro.
Servirà un impegno particolare di institution building cui tutti sono chiamati a dare il loro contributo.
Per questo motivo il funzionamento e la gestione delle politiche attive e della forma- zione professionale in relazione alle transizioni occupazionali devono essere assunti come argomenti centrali non solo delle istituzioni pubbliche competenti ma della con- trattazione collettiva e degli enti bilaterali da essa costituiti. Entrambe queste funzioni sono infatti essenziali per il futuro della occupazione e della produttività del paese, ma non sono ancora all’altezza dei nuovi compiti.
La contrattazione collettiva e gli enti bilaterali sono chiamati a svolgere, più diretta- mente di quanto fatto finora, un ruolo integrativo e, ove necessario, anche di supplen- za dell’azione pubblica per rinnovare contenuti e strutture della formazione profes- sionale, sollevandoli dalla marginalità in cui sono stati spesso relegati.
Una partecipazione diretta delle parti sociali alle attività formative e alle politiche attive del lavoro è diffusa in paesi vicini (cd. sistema di Ghent) e ha precedenti storici nella nostra esperienza. L’eccezionalità dell’attuale situazione occupazionale impone di riprendere in considerazione questa opzione perché essa rientra in pieno nelle fun- zioni di parti sociali che vogliano essere protagoniste delle attuali transizioni.
Tale azione di rinnovamento si dovrà avvalere della partecipazione delle comunità lo- cali, che sono i beneficiari diretti del miglioramento e delle professionalità del lavoro. A questo obiettivo vanno finalizzati anche gli incentivi alla occupazione finanziati dal FSE di cui si occupa il capitolo 6, curato da esperti dell’ANPAL, documentando il loro contributo positivo alle assunzioni a tempo indeterminato, specie nel Mezzogiorno. Nel capitolo 3, a firma Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, viene presentata una analisi critica del meccanismo di condizionalità obbligatoria disciplinato dall’articolo 47 del decre- to-legge 77/2021, che riserva una quota di assunzioni almeno del 30% a giovani e a donne in tutte le opere finanziate con risorse del PNRR.
Secondo l’autrice i primi dati disponibili, ancorché non sufficienti per un giudizio de- finitivo, segnalano la concreta possibilità che la applicazione norma, anche per i criteri
generici che legittimano deroghe al dispositivo, rimanga limitata se non vanificata. Preoccupazioni simili sono state espresse anche dal CNEL, il quale ha rilevato che la novità e la complessità della norma sono tali che affinché essa possa operare occorrerà un impegno specifico sia delle stazioni appaltanti, sia delle parti sociali, sindacati e imprese, a farla conoscere e a monitorarne attentamente le applicazioni, in particolare controllando il ricorso alle deroghe, specie nei settori dove l’occupazione femminile è storicamente meno presente.
Il capitolo 4, a firma Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx, traccia un quadro dell’andamento quantitativo e qualitativo della formazione continua nel corso degli ultimi anni.
Lo scritto riconosce il ruolo importante svolto dai fondi interprofessionali nel ridurre il gap di investimento del nostro Paese in formazione continua, ma sottolinea la neces- sità che il sistema della formazione adotti contenuti e modalità innovative in grado di contribuire maggiormente alla competitività delle imprese e alla occupabilità dei lavo- ratori come richiede il PNRR, in particolare con il Piano nazionale nuove competenze. In realtà, nonostante qualche recente incremento nella partecipazione dei nostri lavo- ratori alle attività di formazione continua, questa rimane nettamente al di sotto delle medie europee e ben lontana dalle indicazioni dell’Action Plan che pone l’obiettivo di avere il 60% di lavoratori ogni anno in formazione.
3.5. L’impatto delle trasformazioni in corso e delle crisi sulle diseguaglianze come in generale sulle condizioni di lavoro e di vita delle persone ha evidenziato la necessità di potenziare gli interventi di sostegno e di politica sociale a favore di gruppi e aree particolarmente colpiti dalle conseguenze delle crisi.
Il Rapporto affronta i principali contenuti della politica sociale che sono oggetto da tempo della considerazione del CNEL.
Il capitolo 9 continua una analisi avviata negli scorsi anni sulla normativa delle integra- zioni salariali sia analizzando i contenuti della riforma attuata con la legge 234/2021 sia riportando le diverse opinioni delle parti sociali rappresentate al CNEL in ordine alla capacità delle nuove norme di risolvere le criticità manifestate dal previdente si- stema.
Molte di queste opinioni ritengono che la riforma debba essere perfezionata per assi- curare livelli adeguati di sostegno al reddito per tutti i lavoratori, non solo dipendenti ma anche autonomi, specie a quelli più direttamente investiti dalle crisi. Per questi lavoratori il CNEL ha presentato una sua proposta, poi recepita in legge, che istituisce una prima forma di ammortizzatori, cd. ISCRO, che dovrà essere aggiornato e perfe- zionato alla luce degli eventi più recenti.
Ma una esigenza pressante più generale sollecitata dalle transizioni in corso è di per- seguire un miglior equilibrio fra politiche passive e politiche attive del lavoro, con una più stretta integrazione fra di loro e con le politiche industriali necessarie per indicare percorsi credibili di uscita dalle crisi aziendale e di alternative occupazionali.
Il capitolo 10, a firma di Xxxxx Xxxxxx e dedicato al reddito di cittadinanza, presenta un primo bilancio anche quantitativo dell’istituto a tre anni dalla sua introduzione e ne trae indicazioni su come migliorarne il funzionamento.
L’autrice fa due richiami importanti: anzitutto ricorda che il Piano nazionale dei servi- zi sociali predisposto dalla rete della protezione e inclusione sociale prevede un ampio
coinvolgimento del terzo settore nella progettazione e gestione dei centri servizi per il contrasto alla povertà sul territorio, in secondo luogo rileva che nel disegno del RdC l’obiettivo della inclusione sociale è prodromico all’inserimento lavorativo del suo beneficiario.
Sul tema le posizioni da tempo espresse dal CNEL riconoscono la necessità non di abolire ma di rivedere in più punti l’istituto e hanno avanzato specifiche proposte, partendo dalla constatazione dell’innegabile ruolo svolto dallo strumento nel conte- nimento delle diseguaglianze sociali negli ultimi anni.
L’attuazione della misura ha rivelato criticità che dovrebbero essere risolte in sede di “manutenzione” del provvedimento puntando sul rafforzamento e sull’affinamento dei sistemi amministrativi che riducano al minimo il rischio di abusi. Il sistematico incrocio delle informazioni presenti può far emergere l’eventuale insussistenza dei re- quisiti di accesso, mentre un ampio spazio di manovra rimane a disposizione di azioni sinergiche fra le Amministrazioni che detengono informazioni e le forze dell’ordine, ai fini della prevenzione e della repressione degli illeciti. Uno strumento ulteriore può essere il miglioramento della collaborazione con i Comuni, per valorizzare la loro capacità di attivare politiche di inclusione e reinserimento nella vita sociale, che sono essenziali per molti dei beneficiari, che sono anche leva per lo sviluppo.
Il CNEL ha più volte sottolineato, anche nelle recenti proposte sulle priorità per la nuova legislatura, quanto sia necessario mantenere la distinzione fra misure di con- trasto alla povertà e politiche attive orientate ad incrementare la partecipazione al mercato del lavoro. Occorre altresì tenere conto che il nodo critico dello strumento in questione non riguarda tanto il meccanismo delle condizionalità, quanto piuttosto la mancanza di sufficienti opportunità occupazionali oltre che di adeguate ed efficaci politiche attive.
A seguito della indagine sulle diseguaglianze condotta con ISTAT nel 2020 e da con- tinuare nel 2022, per incarico della Commissione lavoro della Camera dei deputati, il CNEL è stato sollecitato ad estendere la propria riflessione al nostro sistema di prote- zione sociale.
Tale indagine, al pari della esperienza di questi anni, ci ha confermato la gravità delle diseguaglianze, aumentata dalla riduzione della mobilità sociale anche intergenera- zionale. Ci ha convinto, come indichiamo nel documento del CNEL sopra citato, che è urgente mettere in primo piano nell’ agenda politica e sociale la ricerca di politiche e di istituzioni in grado di contrastare la crescita dei divari e correggerne le conseguen- ze più negative.
Per questo ribadiamo la necessità di andare oltre le misure di emergenza attuate dal governo negli ultimi mesi per alleviare il disagio sociale, e di rivedere la impostazione complessiva del nostro welfare per superare l’assetto ricevuto dal passato che è di tipo lavoristico-categoriale e procedere verso un sistema di protezione e promozione so- ciale universalistico, o come si dice in Europa di universalismo selettivo in vari aspetti del welfare.
Il capitolo 18, a firma Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxx, si occupa delle politiche per l’in- clusione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità, con particolare riguardo all’orientamento scolastico e vocazionale, al collocamento mirato, e alla evoluzione degli incentivi al lavoro dei disabili.
3.6. I capitoli 7 e 11 del Rapporto considerano due recenti iniziative normative euro- pee, la direttiva sui salari minimi adeguati e la proposta sul lavoro mediante piattafor- me digitale, che sono destinate ad avere diretto impatto sul nostro ordinamento e che chiamano in causa sia il legislatore sia la contrattazione collettiva.
L’autore del capitolo riguardante la prima direttiva, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, concentra la sua attenzione sulla strada contrattuale indicata dalla Commissione per garantire salari minimi adeguati, che sembra quella preferita dalle parti sociali - non solo in Ita- lia - e che anche il CNEL ha indicato come più opportuna di un intervento diretto del legislatore di fissazione dei salari minimi.
Lo scritto ritiene che la valutazione del tasso di copertura contrattuale dell’80% ritenu- to necessario per soddisfare i requisiti della direttiva, vada riferita non alla media ge- nerale del sistema, ma ai contratti collettivi dei singoli settori, che possono avere livelli di copertura molto diversi, anche inferiori a quella soglia. In questi settori, dunque, potrà essere richiesta agli Stati membri, compresa l’Italia, la predisposizione di un pia- no di azione volto ad aumentare la copertura contrattuale e a facilitare l’esercizio del diritto alla contrattazione collettiva. Xxxxxxxx ritiene anche che per valutare il tasso di copertura previsto dalla direttiva dovrebbero essere presi in considerazione solo i contratti collettivi stipulati da parti sociali maggiormente rappresentative.
Lo scritto di Xxxxxxxx Xxxxxxx, in commento alla proposta di direttiva sul lavoro me- diante piattaforme digitali, ritiene che la scelta di stabilire una presunzione legale di esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in capo a questi lavoratori in presenza di alcuni indicatori di dipendenza, non sia una novità per il nostro ordinamento e presenti qualche difficoltà applicativa, del resto sollevata anche dalle parti sociali nelle loro osservazioni alla Commissione. La parte della proposta che considera la gestione algoritmica dei rapporti di lavoro prevede procedure sia di informazione e consul- tazione col sindacato, sia di monitoraggio ed eventuale riesame delle decisioni della piattaforma, al fine di verificare l’impatto di tali decisioni sui diritti e sulle condizioni di lavoro. Va ricordato in proposito che un accordo fra le rappresentanze europee di vertice delle parti sociali (del giugno 2020), esaminato a suo tempo dal CNEL, ha pre- visto procedure collettive di controllo sull’uso della intelligenza artificiale nei rapporti di lavoro più precise e stringenti di quelle contenute nella proposta della Commissio- ne.
3.7. La terza sezione del Rapporto dà conto della grande attenzione dedicata alla con- trattazione collettiva sia dalle organizzazioni rappresentative presenti al CNEL sia dagli uffici che curano la gestione dell’archivio contratti.
Il capitolo 8 presenta, come già negli anni passati, una analisi svolta a cura delle par- ti sociali delle tendenze della contrattazione collettiva di secondo livello. Il capitolo, dato che rappresenta la continuazione di una serie precedente, si concentra sugli ele- menti contrattuali nuovi emersi nel corso del 2021-2022, indicando sia le dimensioni quantitative della contrattazione, sia i temi più significativi affrontati dalle parti nella difficile congiuntura di questi anni: oltre al salario nelle sue varie forme, le misure di ristrutturazione aziendale e di difesa della occupazione, la regolazione della salute e sicurezza sul lavoro sia in presenza sia a distanza, anche con protocolli di intesa con INAIL e grandi gruppi aziendali anche riguardanti progetti realizzati con risorse del PNRR, i temi concernenti la applicazione del contratto di espansione. I dati raccolti
dalle parti confermano la vitalità della contrattazione di secondo livello, anche se la sua diffusione resta comunque limitata, specie fra le piccole imprese che sono solo in piccola parte (13%) raggiunte dalla contrattazione territoriale.
Le informazioni del Ministero del lavoro sui premi di risultato e sul welfare evidenzia- no un consolidamento dei primi e una notevole crescita dei contratti contenenti benefit e provvidenze varie.
La contrattazione in tema di welfare risulta in crescita fino a essere diventata una delle materie maggiormente trattate, insieme al salario, negli accordi aziendali e territoriali. Ai temi del welfare si sono aggiunte alcune forme partecipative specie in materia di or- ganizzazione del lavoro, anche se la loro diffusione appare ancora limitata nonostante gli incentivi che la dovrebbero favorire.
Al riguardo si è rilevato che non sempre gli accordi prevedono una analisi dei xxxxx- sogni dei lavoratori rispetto ai piani di welfare, il che non favorisce una adeguata fina- lizzazione delle misure. Per questo il capitolo richiama opportunamente la necessità di definire meglio l’ambito e il concetto del welfare al fine di evitare sovrapposizioni con altri temi contrattuali e dispersioni di risorse. Inoltre, le parti sociali sottolineano la necessità di garantire la governance bilaterale delle misure e una informazione con- tinua ai lavoratori.
Le analisi quantitative e qualitative della contrattazione di secondo livello svolte dalle parti vanno ad arricchire il patrimonio di conoscenze del CNEL sul nostro sistema contrattuale, che si aggiunge a quello dell’archivio dei contratti nazionali. Al fine di perfezionare e diffondere ulteriormente la conoscenza della contrattazione decentra- ta, si è discussa - anche in sede di commissione informazione e lavoro del CNEL - la possibilità di utilizzare una griglia comune di lettura dei dati contrattuali raccolti autonomamente dalle parti, così come si è fatto per la lettura dei contratti nazionali raccolti nell’archivio.
3. 8. I contenuti del ricchissimo archivio dei contratti nazionali sono periodicamente aggiornati e analizzati dagli uffici del CNEL e costituiscono, come da tradizione, un capitolo specifico del rapporto sul mercato del lavoro. La consultazione dell’archivio, completamente informatizzato, consente agli utenti di accedere ai testi dei contratti di ogni categoria e di analizzarne i testi, secondo i vari istituti contrattuali. La colla- borazione fra CNEL e INPS ha permesso di garantire una mappatura completa dello stato e delle dinamiche della contrattazione collettiva nazionale, identificata in modo univoco dai codici CNEL. Inoltre, consente di disporre del personale numerico affe- rente a ogni CCNL, oltre che di altri indicatori che fanno costituire una sorta di “carta di identità” dei vari contratti, distinti per settori, sottosettori, soggetti firmatari, date di stipula e di scadenza, ecc. Al 7 novembre 2022 risultano depositati in archivio 946 contratti di livello nazionale.
L’attività degli anni recenti si è estesa a raccogliere e analizzare la contrattazione de- centrata del settore privato, confluita in una nuova sezione dell’archivio e di cui si è dato conto nel cap. 16. Il valore dell’archivio per la conoscenza del nostro sistema contrattuale, da sempre riconosciuto e apprezzato, è stato di recente potenziato da due novità istituzionali. In primo luogo, è accompagnato dalla sanzione legislativa del codice unico dei contratti, seguita a un disegno di legge proposto dal CNEL, che è
diventato lo strumento identificativo univoco dei contratti collettivi non solo da parte dell’archivio, ma da utilizzare da tutti gli operatori pubblici e privati. Ora il CNEL lavora affinché tale codice venga esplicitamente menzionato anche nel contratto indi- viduale di lavoro di ogni lavoratore, secondo le prescrizioni del decreto 104/2022, at- tuativo della direttiva europea 2019/152 in materia di trasparenza delle condizioni di lavoro. In secondo luogo, il nostro archivio è valorizzato dalla decisione del Ministero del lavoro di inserire un link al CNEL cui devono riferirsi i datori di lavoro nelle loro comunicazioni relative ai contratti collettivi applicabili ai dipendenti dovute a stregua del decreto 104/2022 attuativo della richiamata direttiva europea sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili. Il nostro archivio contratti diventa così sempre più uno strumento a disposizione di tutti per conoscere la ricchezza della contrattazione collettiva, e insieme per segnalare la varietà di tutele e diritti presenti nei vari testi frutto dell’autonomia negoziale, anche al fine di individuare anomalie e violazioni di questi diritti.
Da tempo il CNEL si adopera per promuovere regole condivise che permettano la individuazione delle parti e dei contratti collettivi effettivamente rappresentativi, per rafforzare la autorevolezza degli stessi contratti e combattere quelli che permettono o avallano condizioni di lavoro indegne di un Paese civile.
In conclusione, riteniamo che le indicazioni del Rapporto segnalino aspetti del nostro mercato del lavoro e della contrattazione collettiva su cui riflettere per trarne indica- zioni utili ai fini delle scelte che sono di fronte all’Italia nel prossimo futuro.
Per quanto ci riguarda, il CNEL continuerà a impegnarsi nel dare contributi utili ai decisori pubblici per il perseguimento dell’interesse generale del Paese. In particolare, continuerà a sostenere, anche con i propri gruppi di lavoro, gli sforzi comuni delle istituzioni e delle parti sociali per garantire una piena applicazione del PNRR.
Nello scorso Rapporto, e poi nel documento presentato in audizione al Parlamento sulla legge di bilancio 2023, abbiamo sottolineato la necessità che la grande capacità di mobilitazione collettiva manifestata per difendere la salute pubblica e privata nel corso dell’emergenza pandemica sia riattivata ora per vincere la sfida dello sviluppo sostenibile e della occupazione, secondo le indicazioni del NGEU e del nostro Piano di ripresa.
Di questa necessità siamo più che mai convinti e ci adopereremo di conseguenza.
Capitolo 1
Pandemia, guerra e crisi energetica: il mercato del lavoro del 2022
Capitolo 1
Pandemia, guerra e crisi energetica: il mercato del lavoro del 2022
Xxxxxx Xxxxxxx, Fedele De Novellis
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In sintesi
La ripresa del 2021, proseguita in diversi Paesi nella prima parte del 2022, ha portato
le economie avanzate a recuperare i livelli occupazionali pre-pandemia.
Tuttavia, la ripresa non si è manifestata con la stessa vivacità nei diversi settori. Le ampie divergenze negli andamenti settoriali ripercorrono pattern relativamente simi- li nei diversi Paesi, e rispecchiano fattori comuni alle diverse economie; in alcuni casi si tratta di fenomeni specifici legati alla pandemia, che ha modificato i comportamenti in via transitoria, come nel caso della frenata dei servizi turistici e delle attività legate all’intrattenimento; in altri casi si tratta di cambiamenti di carattere permanente, come l’accelerazione della digitalizzazione, legata alla diffusione dello smartworking, o alla trasformazione nel settore della distribuzione commerciale, a seguito dell’aumento delle consegne e domicilio e delle vendite on-line.
Nel corso dell’ultimo anno abbiamo anche osservato un recupero dell’offerta di la- voro dopo il crollo del periodo della pandemia. Il tasso di attività è tornato sui livelli pre-pandemia nell’area euro, ma è ancora su livelli inferiori negli Stati Uniti. Alla lenta dinamica dell’offerta di lavoro contribuisce anche la componente demografica. Recupero dei livelli occupazionali e frenata della partecipazione al mercato del lavo- ro hanno portato il tasso di disoccupazione su livelli minimi tanto negli Usa quan- to nell’area euro. Un risultato apparentemente in contraddizione con l’andamento dell’economia. A fronte di ciò, le imprese dichiarano inoltre da diversi trimestri di incontrare difficoltà nel reperimento di manodopera. Il numero dei posti di lavoro vacanti è aumentato molto negli Stati Uniti, ma anche nell’area euro ha superato il livello pre-crisi.
Il dibattito attuale si interroga quindi sulla possibilità che sia aumentato il tasso di disoccupazione di equilibrio, a seguito della formazione di mismatch legati al cambia- mento nella struttura dell’economia e della domanda di lavoro. È possibile che questo dipenda dal un mismatch fra caratteristiche della domanda e dell’offerta di lavoro pro- dottosi a seguito della divaricazione negli andamenti dei settori produttivi. Tuttavia, vi sono anche delle frizioni che dipendono dalle difficoltà riscontrate da diverse im- prese nella fase delle riaperture, una volta rimosse le misure di distanziamento legate al Covid-19, e che potrebbero rientrare gradualmente nei prossimi trimestri.
La caduta della disoccupazione si è accostata a un aumento delle pressioni inflazio- nistiche generando negli Stati Uniti una accelerazione della dinamica salariale e del Clup. Nell’area euro la crescita dei salari ha mostrato una maggiore stabilità. Tutta- via, nonostante la moderazione salariale, l’inflazione è partita anche nell’area euro soltanto con qualche mese di ritardo rispetto agli Stati Uniti. Questo perché l’Europa è stata investita dall’impennata delle quotazioni del gas, e dalla crisi energetica che ne è conseguita, registrando un’ampia perdita di ragioni di scambio.
Di fatto, quindi, in presenza di una dinamica salariale inferiore a quella americana,
l’aumento dell’inflazione ha provocato nell’area euro una caduta del potere d’acqui-
sto dei salari superiore a quella osservata negli Stati Uniti.
In generale, la moderazione salariale europea dovrebbe limitare i rischi di un avvita- mento in una spirale prezzi-salari. Tuttavia, è chiaro che in Europa i lavoratori stanno sostenendo un costo sproporzionato a causa delle politiche degli anni scorsi che han- no reso le nostre economie dipendenti dall’import di commodities energetiche e in par- ticolare di gas naturale, una materia prima che per sua natura ha possibilità limitate di diversificazione dei Paesi di provenienza delle importazioni.
L’economia italiana nell’ultimo anno ha mostrato andamenti che rispecchiano in gene- rale le tendenze descritte per il complesso dell’area euro. In particolare, il mercato del lavoro nella prima metà del 2022 ha mostrato una sostanziale tenuta; l’occupazione in termini di Ula è addirittura cresciuta a un ritmo superiore al Pil, spinta da una risalita sia delle ore per occupato, sia del numero di occupati. Il livello dell’occupazione è dunque praticamente ritornato sui valori antecedenti la pandemia, anche se i dati più recenti segnalano una inversione di tendenza come probabile conseguenza dei rincari energetici e dell’aumento dell’inflazione che stanno facendo rallentare pesantemente l’economia italiana. Il recupero rispetto al periodo pre-pandemia si sta quindi via via assottigliando.
Gli elementi essenziali che hanno determinato il bilancio positivo del mercato del la- voro in questa prima metà d’anno sono stati sicuramente la buona stagione turistica estiva, con le persone che sono tornate a viaggiare dopo due anni di difficoltà tra re- strizioni e regole di ingresso diverse tra i vari paesi, e la dinamica positiva del settore delle costruzioni, dove la domanda di lavoro è stata sostenuta dai generosi incentivi fiscali. Dal punto di vista delle tipologie contrattuali si deve invece sottolineare che recentemente il recupero occupazionale è stato sostenuto anche dalla crescita degli occupati a tempo indeterminato derivante, in particolare, da un incremento delle sta- bilizzazioni di contratti a termine o di apprendistato.
Tuttavia, questi buoni risultati potrebbero ridimensionarsi presto. Le analisi congiun- turali indicano che a settembre, le attese sulla disoccupazione formulate dalle famiglie hanno evidenziato un peggioramento mentre quelle delle imprese sull’occupazione hanno subito una significativa flessione nella manifattura, una più contenuta nei ser- vizi di mercato, mentre permangono segnali favorevoli nelle costruzioni e nel com- mercio al dettaglio.
L’occupazione è tornata sui livelli pre-crisi nella maggior parte delle economie
Il biennio 2021-22 presenta diversi tratti peculiari, legati alla pandemia e alle misure di contrasto introdotte dai Governi, che hanno condizionato anche la fase di uscita dalla recessione.
Dal punto di vista dell’attività economica, la crisi del Covid-19 si è caratterizzata per un andamento “a V”: già a fine 2021 il recupero dei livelli produttivi pre-crisi era stato conseguito da tutte le maggiori economie avanzate. In linea con la ripresa dell’e- conomia, anche la domanda di lavoro si era riportata su livelli prossimi a quelli pre- cedenti la pandemia nella maggior parte dei Paesi.
Tuttavia, i dati sugli occupati hanno evidenziato andamenti molto diversi nelle due aree: nel caso Usa questi hanno rispecchiato il profilo delle ore lavorate, mentre nell’a- rea euro gli occupati non hanno seguito il ciclo economico. Le divergenze sono legate soprattutto a fattori di carattere istituzionale, visto che nell’area euro gli schemi di
lavoro a orario ridotto hanno avuto l’effetto di preservare i livelli occupazionali nel periodo più acuto della recessione; per questo motivo le variazioni della domanda di lavoro in Europa hanno portato a cambiamenti nelle ore lavorate per occupato più che del numero di occupati. Questo comportamento ha caratterizzato tanto il periodo di recessione, quando le ore lavorate per occupato si sono ridotte in linea con la caduta del Pil, quanto la successiva ripresa, quando queste sono aumentate.
L’occupazione nei Paesi dell’area euro ha oramai largamente superato i livelli pre-crisi (oltre due milioni di occupati in più nel secondo trimestre del 2022 rispetto al livello di fine 2019) mentre negli Usa sono stati solo approssimati i livelli pre-crisi. Tuttavia, negli Usa le ore lavorate hanno superato i livelli pre-crisi, mentre nell’area euro questo non è ancora avvenuto. Di fatto, quindi, nel corso della crisi le ore lavorate per occu- pato negli Usa sono aumentate, mentre nell’eurozona si sono ridotte ulteriormente, seguendo peraltro una tendenza in atto da diversi anni, legata principalmente alla progressiva diffusione del part-time.
Il recupero della domanda di lavoro osservato in entrambe le aree non è però un se- gnale di ritorno alle condizioni economiche prevalenti prima della pandemia. La fase in corso è tutt’ora fortemente condizionata dalle anomalie di comportamento emerse nell’ultimo biennio, e i mercati del lavoro sono lungi dall’operare in condizioni di “normalità”.
Figura 1
110
Stati Uniti, ore lavorate
110
Area euro, ore lavorate
105 105
100 100
95 95
90 90
85
05 10 15 20
settore privato;; 2015 =100
85
05 10 15 20
settore privato;; 2015 =100
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Figura 2
160
Stati Uniti, occupati
170
Area euro, occupati
155
165
150
145
140
160
155
150
145
135
05 10 15 20
milioni
140
05 10 15 20
milioni
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Divergenze settoriali
Un primo aspetto di rilievo è rappresentato dal fatto che il ritorno dei livelli produttivi e dell’occupazione sui valori prevalenti prima della pandemia non è stato condiviso da tutti i settori.
Nei grafici che seguono si presentano le tendenze dei diversi settori, anche se in forma piuttosto aggregata, confrontandone il livello nella prima parte del 2022 con il dato medio del 2019, precedente la crisi del Covid-19. Per l’area euro, allo scopo di tenere conto dell’effetto di cambiamento delle ore lavorate per occupato, si mostra tanto l’an- damento del numero di occupati, quanto quello delle ore lavorate.
La declinazione dei settori ancora indietro nella fase di recupero rispetto a quelli che avevano più che superato i livelli pre-crisi vede fra i comparti più svantaggiati quelli sottoposti a misure di distanziamento, come le filiere degli spettacoli e del turismo (alberghi, ristorazione, trasporto aereo), insieme ad altri la cui domanda ha evidenzia- to un abbassamento strutturale a seguito dei cambiamenti negli stili di vita, come nel caso dell’abbigliamento; inoltre, diversi settori, penalizzati da scarsità di semilavorati, hanno mostrato ripetute battute d’arresto, come nel caso dell’auto, per via dei limiti alla disponibilità di semiconduttori.
Viceversa, altri settori hanno fatto bene, come nel caso della logistica e dell’informa- tica, insieme a molti settori manifatturieri che producono beni per l’abitazione e l’ar- redo.
La crisi del Covid-19 ha anche innescato cambiamenti di carattere strutturale, si pensi all’impulso che ne è derivato alla digitalizzazione dell’economia e ai mutamenti di tipo organizzativo legati al lavoro da remoto. La minore frequentazione degli uffici modifica le caratteristiche della mobilità urbana e, insieme alla diffusione del com- mercio on-line, sta aumentando gli occupati nei trasporti e nel magazzinaggio, e ridu- cendoli nel commercio tradizionale. Inoltre, si riduce la domanda di pasti fuori casa, a
favore della sostituzione con i consumi alimentari.
La varianza degli andamenti settoriali prodottasi a seguito della crisi del Covid-19 è stata quindi del tutto anomala e, peraltro, caratterizzata da andamenti diversi da quel- li che si riscontrano normalmente nelle fasi di recessione. Difatti, le restrizioni imposte per contrastare la pandemia hanno colpito attività dei servizi che normalmente non sono esposte a fluttuazioni cicliche pronunciate, mentre hanno avuto effetti addirit- tura positivi in alcuni settori, come i produttori di beni di consumo durevoli (al netto dell’auto) che solitamente sono fortemente penalizzati nelle recessioni.
Questa breve descrizione degli andamenti settoriali introduce quindi in maniera ef- ficace il quesito dinanzi al quale si ritrovano i policy maker: si tratta di stabilire in che misura quelli che stiamo osservando sono andamenti legati a risposte specifiche settoriali rispetto alle conseguenze economiche della pandemia, e quindi fenomeni che, pur con sforzi organizzativi importanti, sono destinati a rientrare man mano che (auspicabilmente) la capacità di convivenza con il virus migliorerà, oppure se siamo dinanzi a cambiamenti di tipo strutturale, che richiedono skills e competenze differen- ti ai lavoratori, e che rischiano di mettere molti di questi definitivamente ai margini del mercato del lavoro.
Figura 3
Stati Uniti, la variazione del numero di occupati per settore: II '22 - media 2019
Altri servizi Settore pubblico Sanità e istruzione
Att ricreative, alberghi, ristorazione
Att professionali Att immobiliari Att finanziarie Informazione
Utilities Trasporti e magazzinaggio Commercio al dettaglio Commercio all'ingrosso
Costruzioni Manifatturiero
-1000
-500
0
non farm, migliaia
500
1000
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls
Figura 4
Area euro, la variazione del numero di occupati per settore: II '22 - media 2019
Att ricreative Pa, sanità, istruzione Att professionali
Att immobiliari Att finanziarie
Comunicazione e informazione Commercio, trasporti, serv ricettivi
Costruzioni Industria ss Agricoltura
-500 0 500 1000 1500 2000
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Eurostat
migliaia
Figura 5
Area euro, la variazione delle ore lavorate per settore: II '22 - media 2019
Att ricreative Pa, sanità, istruzione Att professionali
Att immobiliari Att finanziarie
Comunicazione e informazione Commercio, trasporti, serv ricettivi
Costruzioni Industria ss Agricoltura
-800 -600 -400 -200 0 000 000 000 800 1000
migl equivalenti occupati, sulla base di un orario di lavoro standard
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Eurostat
Le scelte di partecipazione: il graduale ritorno dei lavoratori nel mercato del lavoro Fra gli aspetti che hanno caratterizzato le tendenze degli ultimi anni, un punto sul quale si sono soffermate diverse analisi è quello dell’andamento dell’offerta di lavoro. Le forze di lavoro hanno difatti registrato un vistoso arretramento nel periodo della pandemia, seguito da un recupero nel periodo successivo. Tale andamento ha riflesso principalmente le oscillazioni del tasso di attività, in presenza di una relativa stabilità della popolazione in età lavorativa nelle principali economie avanzate.
Nel periodo della pandemia si è osservata difatti l’uscita di molti lavoratori dal mer- cato del lavoro.
A questo fenomeno hanno concorso diversi fattori. Alcune spiegazioni ripercorrono schemi tradizionali, come l’effetto di “scoraggiamento” che spinge a ridurre gli sforzi di ricerca di un impiego quando le opportunità occupazionali si riducono, e viceversa nelle fasi di ripresa dell’economia. Altre fanno riferimento a comportamenti diretta- mente legati al Covid: impossibilità di azioni di ricerca attiva nei periodi di lockdown; persone che hanno subito effetti di long-Covid, anche di natura psicologica; uscita dal mercato del lavoro di donne con figli piccoli, in difficoltà nel periodo della didattica a distanza; minori arrivi di immigrati per effetto delle restrizioni sanitarie (i green pass); problemi per alcuni segmenti di lavoratori ad adattarsi all’accelerazione della digitalizzazione. Altre ancora si basano sulle politiche adottate dai Governi per con- trastare gli effetti della pandemia, e soprattutto sull’aumento del livello del salario di riserva, a seguito del potenziamento dei sussidi di disoccupazione.
La caduta del tasso di attività è stata molto marcata negli Stati Uniti, dove si è aperto un ampio dibattito sulla cosiddetta “great resignation”. Anche nell’area euro nel 2020 la partecipazione dei lavoratori al mercato del lavoro si era ridotta, anche se in misu- ra inferiore rispetto al caso americano. La differenza principali fra le due aree sta in Europa negli schemi di lavoro a orario ridotto, come ad esempio la Cig in Italia, che tendono a scoraggiare il licenziamento, diversamente dal modello americano, mag- giormente basato sui sussidi di disoccupazione.
Il fatto che il tasso di attività europeo sia tornato sopra i livelli pre-crisi, a differenza di quello americano, che è ancora su livelli decisamente inferiori, è una evidenza a favore dell’utilità degli schemi di lavoro a orario ridotto, che hanno proprio la caratteristica di favorire il labour hoarding, evitando il distacco fra lavoratore e impresa. Questo per- mette di evitare l’abbandono del mercato del lavoro soprattutto da parte dei soggetti più deboli, che più facilmente possono ricadere in una situazione di disoccupazione di lungo periodo o addirittura di uscita definitiva delle attività di ricerca di un posto di lavoro, con effetti negativi sull’offerta di lavoro e sul livello del Pil potenziale.
Figura 6
170.0
Stati Uniti, forze di lavoro
170.0
Area euro, forze di lavoro
165.0 165.0
160.0 160.0
155.0 155.0
150.0 150.0
145.0
05 10 15 20
migliaia
145.0
05 10 15 20
migliaia
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Figura 7
67.0
Stati Uniti, tasso di attività
61.0
Area euro, tasso di attività
66.0 60.0
65.0 59.0
64.0 58.0
63.0 57.0
62.0 56.0
61.0 55.0
60.0
05 10 15 20
54.0
05 10 15 20
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Il paradosso del 2022: disoccupazione ai minimi all’uscita dalla recessione
Anche l’andamento della disoccupazione è stato molto diverso nel caso Usa rispetto a quello europeo. Nell’area euro nel corso della recessione la tenuta relativa del livel- lo degli occupati, accostandosi alla riduzione dell’offerta di lavoro, ha evitato che il tasso di disoccupazione aumentasse molto. Evidentemente però in una situazione di ampio ricorso a schemi di lavoro a orario ridotto, e dati i fattori straordinari che han- no condizionato l’andamento dell’offerta di lavoro, il concetto stesso di disoccupato nella sua accezione standard tende a perdere di significato; definizioni “allargate” della disoccupazione che tengano ad esempio conto almeno di una quota dei lavora- tori inattivi e dei lavoratori a orario ridotto per un periodo prolungato risulterebbero certamente più adatte per una quantificazione dell’impatto che la recessione ha avuto sui lavoratori in Europa.
Nel complesso, comunque, uno dei tratti peculiari del quadro più recente è proprio rap- presentato dal fatto che il recupero dei livelli occupazionali, accostandosi a una relativa inerzia delle decisioni di partecipazione al mercato del lavoro, ha portato a una decisa contrazione del tasso di disoccupazione.
Il 2022 vede così un tasso di disoccupazione ai minimi storici tanto negli Stati Uniti, quanto nell’area euro, un risultato che certamente è motivo di sorpresa se si considera che l’economia mondiale è appena uscita da una fase di grave recessione.
Stati Uniti, tasso di disoccupazione
14
Figura 8
14
Area euro, tasso di disoccupazione
12 12
10
10
8
8
6
6
4
2 4
0
05 10 15 20
2
05 10 15 20
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Siamo già in pieno impiego?
Se al fenomeno della riduzione della disoccupazione avvenuto nel corso della ripresa del 2021 si accosta quello del mismatch delle competenze associato al cambiamento nella struttura produttiva degli ultimi due anni, si arriva all’esito abbastanza para- dossale di un mercato del lavoro europeo che, al pari di quello americano, è entrato in tensione non appena i livelli occupazionali si sono riportati sui livelli pre-crisi.
Negli ultimi trimestri sono difatti emerse evidenti strozzature d’offerta da parte di diversi indicatori, come ad esempio l’incidenza dei posti di lavoro vacanti. La diffi- coltà di reperimento di manodopera è stata anche confermata dalle survey presso le imprese.
La presenza di un maggiore numero di posti vacanti rispetto a prima della crisi, a parità di tasso di disoccupazione, potrebbe fare pensare a una traslazione della curva di Xxxxxxxxx (aumentano le vacancies a parità di tasso di disoccupazione) verso l’alto, con un peggioramento del trade-off fra posti vacanti e tasso di disoccupazione e un aumento del tasso di disoccupazione di equilibrio. E in effetti ciò sembra essere avve- nuto negli Stati Uniti.
Nell’area euro lo spostamento della curva è meno evidente, e probabilmente si lega anche al fenomeno sopra discusso della relativa invarianza del tasso di disoccupazio- ne nel corso del ciclo; i dati suggeriscono un andamento anomalo nel periodo della pandemia, più che una traslazione della curva. L’aumento dei posti vacanti è comun- que un fattore che porta a rallentare le prospettive di ripresa dell’economia. Potrebbe indicare problemi nel funzionamento del mercato del lavoro che ostacolano la riallo- cazione settoriale della forza lavoro.
Tuttavia, la situazione attuale non si presta a letture univoche; in genere, difatti, situa- zioni di scarsità di manodopera si verificano al termine della fase espansiva del ciclo economico, non all’inizio della ripresa. L’ipotesi peggiore sarebbe quella per cui con il
Figura 9
Stati Uniti, tasso di posti vacanti
7
Area euro, tasso di posti vacanti
4
6
3
5
4 2
3
1
2
1
05 10 15 20
0
05 10 15 20
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Figura 10
Stati Uniti, Curva di Xxxxxxxxx
III '09 -I '20
II '20 - II '22
7
6
Tasso di posti vacanti
5
4
3
2
1
Area euro, Curva di Xxxxxxxxx
III '11- I '20
II '20 - II '22
5
Tasso di posti vacanti
4
3
2
1
0
0 5 10 15
Tasso di disoccupazione
0
0 5 10 15
Tasso di disoccupazione
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls e EUROSTAT
Covid-19 la struttura produttiva si sia modificata così tanto (per effetto delle vendite on-line, del lavoro da remoto e per la generalizzata accelerazione della digitalizza- zione) da avere cambiato radicalmente le caratteristiche richieste a un gran numero di lavoratori determinando un aumento della disoccupazione di lungo periodo, che peraltro neanche traspare dalle statistiche sui disoccupati avendo questi lavoratori deciso addirittura di interrompere gli sforzi di ricerca e uscire dal mercato.
E’ tuttavia ancora presto per stabilire se veramente siamo dinanzi a un problema di skills mismatch, o se piuttosto le difficoltà attuali non riflettano la reazione di breve rispetto alle anomalie nei comportamenti legate al Covid-19; basti pensare al fatto che con le riaperture molti settori hanno dovuto riorganizzarsi per ricostruire gli organici, andando incontro anche a difficoltà di reperimento anche di molti lavoratori unskilled, come nel caso degli addetti alla ristorazione o dei servizi al trasporto aereo. È possibile cioè che, data l’ampiezza dello shock indotto dal Covid-19, i tempi di riadeguamento dell’offerta alla diversa struttura della domanda di lavoro siano fisiologicamente più lunghi, ma che in ogni caso l’assorbimento delle vacancies possa verificarsi nel giro di alcuni trimestri, risolvendo quindi l’apparente paradosso determinato dalla presenza di fenomeni di scarsità di manodopera all’uscita da una fase di recessione.
La frenata dell’economia
A partire dai mesi primaverili la congiuntura internazionale ha iniziato a mostrare segnali evidenti di rallentamento. La ragione principale è stata rappresentata dal peg- gioramento delle condizioni dal lato dell’offerta aggregata, per effetto di una nuova ondata del Covid-19 che ha determinato una battuta d’arresto dell’economia cine- se e prodotto nuove difficoltà nel funzionamento della logistica e negli scambi com- merciali internazionali. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha avuto un ruolo determinante nel peggioramento delle prospettive, aumentando l’incertezza, soprattutto nei Paesi europei, e contribuendo ad aumentare i prezzi di diverse ma-
terie prime. L’impatto maggiore è stato osservato sui prezzi del gas naturale i cui scambi, diversamente da quelli di altre commodities, sono tendenzialmente basati su relazioni bilaterali, data la distribuzione tramite gasdotti. Questo vuol dire che i tagli alla produzione da parte di un fornitore non possono essere immediatamente com- pensati ricorrendo a forniture da altre aree; non essendo soddisfatte le condizioni di arbitraggio, i prezzi sui mercati locali possono anche divergere. Dato il peso del gas nella produzione di energia elettrica, il cui prezzo ha registrato aumenti importanti, l’inflazione europea ha registrato una accelerazione significativa.
Le tensioni sui prezzi si sono quindi progressivamente intensificate, e questo ha por- tato a un cambiamento di regime delle politiche monetarie. In particolare, la Federal Reserve ha avviato una fase di aumenti dei tassi d’interesse, che è stata seguita dalla maggior parte delle altre banche centrali, compresa la Banca centrale europea. Gli aumenti dei tassi d’interesse americani hanno determinato un apprezzamento del dol- laro e hanno avuto ripercussioni negative sull’andamento dei mercati azionari. Le condizioni finanziarie più restrittive hanno indebolito la domanda mondiale, peggio- rando le prospettive di crescita per la parte finale dell’anno; per il 2023 le previsioni dei maggiori organismi internazionali indicano la possibilità di un marcato rallenta- mento dell’economia.
La possibile evoluzione della pandemia e a quella della guerra in Ucraina rendono molto incerte le prospettive; nelle ipotesi meno favorevoli non si può escludere uno scenario di recessione per l’economia mondiale.
L’inflazione sfida i salari
Le tensioni sui prezzi del gas, accentuatesi dai mesi primaverili con lo scoppio della guerra, hanno aggravato problemi che stavano già maturando da alcuni mesi, ripor- tando il tema dell’inflazione al centro dell’attenzione dopo molti anni.
L’accelerazione dei prezzi emersa dalla seconda metà del 2021 ha sorpreso per inten- sità degli aumenti, che riportano a valori non sperimentati da alcuni decenni. Sul tema dell’aumento dei prezzi si è aperto un ampio dibattito, che si è inizialmente focalizza- to sul peso dei fattori, di domanda piuttosto che di offerta, che vi hanno contribuito. Sul primo punto, va ricordato che già a inizio 2021 si è era aperto un dibattito fra gli economisti americani, che aveva visto alcune posizioni particolarmente scettiche ri- spetto all’entità dell’impulso fiscale all’economia che sarebbe potuto derivare dall’im- plementazione del “Piano Xxxxx”, un insieme di misure di sostegno all’economia for- temente sbilanciato verso trasferimenti una tantum alle famiglie. La tesi sottolineata da alcuni (Xxxxxxxxx, 2021, Summers, 2021) era che queste misure, sovrapponendosi a quelle già adottate dalla precedente Amministrazione Xxxxx per contrastare la pan- demia, avrebbero generato un impulso eccezionale alla domanda aggregata, tale da portarla a superare i livelli del prodotto potenziale dell’economia, il che ne avrebbe evidentemente smorzato gli effetti auspicati sulla crescita, a fronte di significativi ri- schi di aumento dell’inflazione. Difatti, sebbene dopo l’arrivo della pandemia poli- tiche di bilancio di segno fortemente espansivo abbiano caratterizzato molti Paesi, l’esperienza Usa è stata certamente peculiare nel panorama internazionale per l’entità dell’impulso fiscale all’economia.
L’impatto sui prezzi delle misure di sostegno alla domanda si è però sovrapposto anche a problemi dal lato dell’offerta. Innanzitutto, il tema più rilevante è stato quello
della rottura delle catene del valore: molte filiere hanno affrontato problemi di ap- provvigionamento di materie prime e semilavorati a seguito delle interruzioni dovute a lockdown e quarantene a livello locale che hanno bloccato le catene di fornitura. Altre difficoltà sono derivate in alcuni settori dalla capacità dell’offerta di tenere il passo della domanda nel corso della fase di ripresa, in particolare nel caso dei semicon- duttori; anche nel caso delle materie prime ha pesato il ritardo con cui la produzione ha seguito la ripresa dell’attività industriale. Infine, la riallocazione settoriale della domanda ha messo sotto pressione soprattutto la logistica, che ha dovuto tenere il passo del boom di domanda legato alle consegne on-line. Questo tipo di fenomeni ha portato, come abbiamo già visto, a sperimentare anche problemi di reperimento di manodopera nei settori dove si sono concentrati gli aumenti di domanda.
Il cambiamento del quadro dal lato dei prezzi e il contestuale miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro hanno ridisegnato il contesto macroeconomico di riferimento per le dinamiche salariali.
Le tendenze principali sono illustrate nei grafici seguenti. I dati sono riferiti alle im- prese non finanziarie per gli Usa, mentre per l’area euro il “settore privato” è stato calcolato sottraendo dal totale dell’economia il settore della “Pa, sanità, istruzione”; i due aggregati non sono quindi del tutto coincidenti.
L’aspetto più significativo è che, mentre negli Stati Uniti la maggiore inflazione e le condizioni di scarsità di manodopera si sono tradotte in una accelerazione delle dina- miche salariali, lo stesso non è avvenuto sinora nell’area euro.
Si osserva come la dinamica del costo del lavoro dell’area euro abbia registrato un andamento molto accidentato da fine 2019 a inizio 2022, con una leggera accelerazione nel dato medio del periodo rispetto ai trend pre-crisi. Gli aumenti osservati nell’area euro appaiono comunque ben poca cosa se posti a confronto con quelli degli Stati Uniti dove a inizio 2022 sono stati toccati tassi di crescita del costo del lavoro intorno all’8 per cento.
10.0
8.0
6.0
4.0
2.0
0.0
-2.0
-4.0
Costo del lavoro orario
Usa Area euro
Figura 11
6.0
4.0
2.0
0.0
-2.0
-4.0
Produttivitàdel lavoro
Usa Area euro
15 16 17 18 19 20 21 22
settore privato; var % a/a
15 16 17 18 19 20 21 22
settore privato; var % a/a
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Ocse, Bls e EUROSTAT
Anche dall’andamento della produttività del lavoro è evidente come la crisi abbia di- sallineato le due aree, con una accelerazione della produttività negli Usa e una frenata nell’area euro. La maggiore crescita della produttività Usa comporta che le differenze riscontrate fra le due aree in termini di costo del lavoro, si ridimensionino quando si guarda all’andamento del Costo del lavoro per unità di prodotto. Tuttavia, l’accele- razione del Clup negli Usa è stata significativa, e non ha riscontro nel quadro europeo. Si tratta di differenze che si riflettono a loro volta nell’andamento della crescita del deflatore del Pil, variabile che misure l’inflazione prodotta “Internamente” dal siste- ma economico.
Figura 12
10.0
Clup
Usa Area euro
8.0
Deflatore del Pil
Usa Area euro
8.0
6.0
6.0
4.0 4.0
2.0
0.0
2.0
-2.0
15 16 17 18 19 20 21 22
settore privato; var % a/a
0.0
15 16 17 18 19 20 21 22
var % a/a
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Ocse, Bls e EUROSTAT
Lo scenario americano e quello europeo presentano quindi non poche differenze. Tut- tavia, nonostante queste divergenze, negli ultimi trimestri le due aree sono risultate accomunate da un andamento molto simile dell’inflazione, che nell’area euro ha acce- lerato seguendo con qualche mese di ritardo l’aumento di quella americana. Le diver- genze fra le due aree non sembrano però derivare semplicemente da un lag temporale, essendo anche relativamente differente la natura del processo inflazionistico che le caratterizza. Se nel caso americano l’aumento dell’inflazione è stato un esito di cam- biamenti nei comportamenti interni del sistema economico, nel caso dell’area euro vi è invece un peso decisamente maggiore dell’inflazione importata.
Di fatto, l’accelerazione della nostra inflazione è stata innescata ampiamente dall’acce- lerazione dei prezzi all’import, ed è soprattutto effetto della crisi del mercato del gas. Poiché questo tipo di shock ha colpito i Paesi europei, ma non gli Usa, che non dipen- dono dalle importazioni di commodities energetiche essendo autosufficienti, emerge la natura asimmetrica di questo tipo di shock. Non a caso, una conseguenza diretta di questo scenario è stata il forte apprezzamento del cambio del dollaro verso l’euro; un andamento che, tuttavia, contribuisce ad alimentare l’inflazione dell’area euro.
Una conseguenza di ciò è naturalmente che gli aumenti dei prezzi che vediamo in Europa, non essendo associati a un andamento altrettanto dinamico dei salari, com- portano un percorso cedente dei salari reali. E’ questo il canale attraverso il quale la crisi energetica si trasmette alle famiglie, mettendo a rischio la tenuta dei consumi e quindi la tenuta del ciclo economico.
8.0
6.0
4.0
2.0
Deflatore dei consumi
Usa Area euro
Figura 13
112
108
104
100
96
Ragioni di scambio
Usa Area euro
0.0
15 16 17 18 19 20 21 22
var % a/a
92
15 16 17 18 19 20 21 22
merci e servizi; 2015 = 100
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Ocse, Bls e EUROSTAT
Le tendenze in Italia: un quadro d’insieme
L’economia italiana nell’ultimo anno ha mostrato andamenti che rispecchiano in ge- nerale le tendenze descritte per il complesso dell’area euro. Dal punto di vista dell’at- tività produttiva, dopo una fase, nei trimestri centrali del 2021, in cui il Pil italiano registrava aumenti vivaci, da fine 2021 abbiamo condiviso la decelerazione del resto dell’eurozona, mantenendo tuttavia un differenziale di crescita positivo rispetto alla media dell’area. Gli indicatori per la seconda metà del 2022 hanno mostrato però un peggioramento della congiuntura economica, al pari di quanto visto negli altri Paesi europei.
La migliore performance dell’economia italiana nel periodo recente è in parte ricon- ducibile alla nostra specializzazione, per cui abbiamo beneficiato della ripresa delle at- tività legate al turismo; ha pesato anche l’inizio del recupero dell’attività nel tessi- le-abbigliamento, rispetto ai minimi raggiunti nel 2020; in termini relativi siamo stati avvantaggiati anche dalla minore dipendenza dal ciclo dell’auto, che ha penalizzato decisamente altre economie europee, e in particolare la Germania. Nel confronto con le altre maggiori economie dell’area euro, la ripresa italiana ha visto soprattutto una buona performance degli investimenti in costruzioni e dei settori dell’indotto, che hanno realizzato una crescita significativa, sostenuta dagli incentivi fiscali (il cosid- detto superbonus 110%).
La performance relativa dell’economia rappresenta evidentemente un fatto di rilievo,
in quanto definisce un momento di discontinuità rispetto a quanto osservato nel re- cente passato, con una crescita italiana che per molti anni si era posizionata su ritmi inferiori agli altri Paesi europei.
Questa fase di ripresa ha avuto riscontro nell’evoluzione delle ore lavorate, ma meno nell’andamento degli occupati, anche perché, come già visto più in generale per il qua- dro europeo, negli ultimi anni sono state le ore lavorate per addetto ad assorbire gran parte delle fluttuazioni del ciclo, grazie all’ampio ricorso allo strumento della Cig. Nei primi trimestri del 2022 le Unità di lavoro e le ore lavorate hanno registrato aumenti sia a livello congiunturale che tendenziale, in linea con la dinamica osservata per il Pil. Anche rispetto al quarto trimestre del 2019, quindi ai livelli precedenti l’inizio dell’e- mergenza sanitaria, le variazioni sono tornate ad essere di segno positivo.
Gli elementi di analogia con le tendenze osservate in Europa non si fermano qui. An- che in Italia, come documentato più avanti con maggiore dettaglio, la ripresa occupa- zionale si è associata a un andamento debole dell’offerta di lavoro, e questo ha favo- rito la caduta della disoccupazione e l’emergere di segnali di difficoltà di reperimento di manodopera da parte delle imprese.
Tuttavia, il caso italiano sembra distinguersi in questa fase non solo per una crescita più vivace rispetto agli altri Paesi europei, ma anche per una ampia moderazione sa- lariale; inoltre, nel periodo della pandemia l’Italia ha anche iniziato a registrare primi segnali di recupero della produttività del lavoro.
La moderazione salariale italiana, associata a una relativa tenuta della produttività, ha portato la nostra economia ad accumulare un vantaggio in termini di minore crescita del Clup rispetto alle altre maggiori economie dell’area euro. Ne è quindi derivato un miglioramento della nostra posizione competitiva, che non a caso ha poi a sua volta riscontro nel nostro differenziale d’inflazione, negativo, rispetto agli altri Paesi dell’a- rea euro.
Questo tema è rilevante anche dal punto di vista delle valutazioni dei mercati finan- ziari riguardo alla capacità del nostro sistema di reagire a uno shock di offerta pode- roso come quello che si è materializzato negli ultimi due anni. In Europa la risposta tradizionale a shock di offerta ha visto storicamente la sovrapposizione di modelli differenti, tendenzialmente riconducibili a uno schema da “Paesi mediterranei” e a un modello da “economie dell’area tedesca”. Il rischio essendo evidentemente quello di una maggiore persistenza dell’inflazione nel primo gruppo di Paesi, con conseguente perdita di competitività, minore crescita e aumento del premio al rischio sui titoli del debito sovrano. Questo schema, tuttavia, appare più uno stereotipo; non è detto cioè che sia destinato a riproporsi anche nei prossimi anni.
Da questo punto di vista, il quadro di moderazione salariale che ha caratterizzato l’e- conomia italiana rappresenta una premessa importante per la tenuta della posizione competitiva e della base produttiva del Paese.
Tuttavia, le pressioni inflazionistiche stanno avendo un impatto significativo sul po- tere d’acquisto dei salari. I lavoratori italiani stanno cioè sostenendo un costo spro- porzionato a causa degli aumenti dei prezzi. Il tema della dipendenza energetica eu- ropea diviene in questo quadro il tema centrale per le politiche economiche; i Paesi che sapranno affrontare in tempi più rapidi la diversificazione delle fonti energetiche vedranno un rientro più rapido dell’inflazione, guadagneranno un vantaggio com- petitivo nei costi di produzione, e potranno recuperare più velocemente le perdite di
potere d’acquisto dei salari.
Figura 14
125
120
Area euro, costo del lavoro orario
Fra Ger Ita Spa
110
Area euro, produttivitàdel lavoro
Fra Ger Ita Spa
115
110
105
100
105
100
95
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100; settore privato
95
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100; settore privato
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati EUROSTAT
115
Area euro, Clup
Fra Ger Ita Spa
Figura 12
120
Area euro, deflatore del Pil
Fra Ger Ita Spa
116
110
112
105 108
100
95
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100; s privato
104
100
96
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100;
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati EUROSTAT
Figura 15
116
Area euro, deflatore dei consumi
Fra Ger Ita Spa
110
Area euro, ragioni di scambio
Fra Ger Ita Spa
112 106
108 102
104 98
100 94
96
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100;
90
15 16 17 18 19 20 21 22
Indice 2015 = 100;
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati EUROSTAT
XXIV RAPPORTO MERCATO DEL LAVORO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA 2022
Tabella 1
IL MERCATO DEL LAVORO NEL 2020-21- QUADRO DI SINTESI | |||||||||||
Indici IV trim 2019 = 100 | 19 IV | 20 I | 20 II | 20 III | 20 IV | 21I | 21II | 21III | 21IV | 22 I | 22 II |
Pil | 100.0 | 94.2 | 82.1 | 95.6 | 94.0 | 94.2 | 96.5 | 99.2 | 99.9 | 100.0 | 101.0 |
Unità di lavoro | 100.0 | 93.3 | 80.6 | 94.2 | 93.3 | 94.3 | 96.9 | 98.7 | 98.8 | 100.6 | 101.8 |
Ore lavorate | 100.0 | 92.2 | 79.0 | 93.8 | 92.6 | 93.5 | 96.2 | 98.0 | 98.3 | 99.9 | 101.2 |
Occupati | 100.0 | 99.9 | 97.1 | 97.7 | 98.1 | 97.7 | 98.7 | 99.2 | 99.5 | 99.6 | 100.8 |
Produttività del lavoro* | 100.0 | 102.1 | 104.0 | 102.0 | 101.5 | 100.7 | 100.3 | 101.2 | 101.6 | 100.1 | 99.9 |
Redditi per unità di lavoro | 100.0 | 101.5 | 103.5 | 101.6 | 101.4 | 101.4 | 101.7 | 102.9 | 102.9 | 103.3 | 104.9 |
Retribuzioni per unità di lavoro | 100.0 | 101.1 | 102.7 | 101.1 | 101.1 | 101.0 | 101.4 | 102.6 | 102.6 | 103.2 | 104.8 |
Prezzi al consumo | 100.0 | 100.1 | 100.2 | 99.9 | 99.8 | 100.7 | 101.4 | 102.1 | 103.3 | 106.4 | 108.4 |
Retribuzioni reali | 100.0 | 101.0 | 102.6 | 101.2 | 101.4 | 100.3 | 100.0 | 100.4 | 99.3 | 96.9 | 96.7 |
dati da Rcfl | |||||||||||
Occupati | 100.0 | 99.4 | 96.0 | 96.4 | 96.6 | 96.2 | 97.6 | 98.5 | 99.1 | 99.6 | 100.4 |
Forze di lavoro | 100.0 | 98.7 | 94.8 | 96.8 | 96.7 | 96.7 | 97.8 | 97.9 | 98.4 | 98.4 | 98.7 |
Disoccupati | 100.0 | 92.7 | 83.5 | 100.6 | 98.2 | 101.5 | 99.0 | 92.3 | 91.6 | 86.4 | 82.4 |
variabili in livello | |||||||||||
Tasso di disoccupazione | 9.7 | 9.1 | 8.5 | 10.0 | 9.8 | 10.2 | 9.8 | 9.1 | 9.0 | 8.5 | 8.1 |
Tasso di inattività (16-64) | 34.5 | 35.3 | 37.9 | 36.4 | 36.4 | 36.4 | 35.5 | 35.3 | 34.8 | 34.6 | 34.4 |
*Pil per ora lavorata |
53
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT
Tabella 2
IL MERCATO DEL LAVORO NEL 2020-21- QUADRO DI SINTESI
var %a/a
19 IV 20 I 20 II 20 III
20 IV
21I
21II
21III
21IV
22 I
22 II
Pil
Unità di lavoro Xxx lavorate Occupati
-0.2
-0.6
-0.7
0.4
-0.5
-7.6
-9.1
-0.1
-18.4
-20.3
-21.6
-3.5
-5.0
-6.4
-6.8
-2.7
-6.0
-6.7
-7.4
-1.9
0.0
1.1
1.4
-2.2
17.5
20.2
21.9 1.6
3.8
4.7
4.5
1.5
6.3
6.0
6.2
1.5
6.1
6.6
6.8
2.0
4.7
5.0
5.1
2.1
Produttività del lavoro*
0.5
9.5
4.0
1.9
1.5
-1.4
-3.5
-0.7
0.1
-0.6
-0.4
Redditi per unità di lavoro Retribuzioni per unità di lavoro Prezzi al consumo
Retribuzioni reali
1.9
1.6
0.3
1.3
2.4
1.7
0.3
1.4
4.7
3.6
-0.1
3.7
2.4
1.7
-0.5
2.2
1.4
1.1
-0.2
1.4
-0.1
-0.1
0.6
-0.7
-1.7
-1.3
1.2
-2.5
1.3
1.4
2.2
-0.8
1.5
1.4
3.5
-2.1
1.8
2.1
5.7
-3.6
3.1
3.3
6.9
-3.6
dati da Rcfl
Occupati Forze di lavoro Disoccupati
0.4
-0.5
-8.5
-0.5
-1.9
-14.0
-4.5
-6.1
-19.8
-3.8
-3.4
1.1
-3.4
-3.3
-1.8
-3.2
-2.1
9.5
1.8
3.2
18.5
2.2
1.2
-8.2
2.6
1.7
-6.7
3.6
1.7
-14.9
2.8
0.9
-16.7
*Pil per ora lavorata
Capitolo 1
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT
54
L’occupazione nella prima parte del 2022 ha tenuto
Entrando maggiormente nel dettaglio delle tendenze del mercato del lavoro italiano, la fase positiva dell’occupazione osservata nel corso della prima parte dell’anno sem- bra interrompersi nel periodo estivo: i dati mensili più recenti, relativi a luglio e ago- sto, segnalano una inversione di tendenza come probabile conseguenza della frenata dell’economia. L’arretramento osservato in questi due mesi ha riguardato entrambe le componenti di genere e tutte le classi di età; si è arrestata la crescita dei contratti a tempo determinato, che avevano guidato la ripresa post pandemia, e risultano in calo anche i contratti a tempo indeterminato. Non è tuttavia ancora chiaro che ruolo stia avendo la cassa integrazione su questi numeri. L’Istat, con i nuovi criteri di calcolo, considera infatti non occupati i lavoratori in Cig se l’assenza dal lavoro supera i tre mesi. Ma finora le ore di cassa integrazione hanno continuato a ridursi: tra gennaio e agosto il monte ore autorizzate di Cig è sceso di circa il 90 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020; e si stima che mediamente il numero di occupati equivalenti in cassa integrazione sia stato di circa 89 mila persone, il 90 per cento in meno rispetto a quello di due anni prima. Inoltre, per le imprese caratterizzate da un forte consu- mo di energia elettrica il ricorso alla Cig è stato esteso e incentivato dal governo per fronteggiare l’eventualità di un ricorso a interruzioni della produzione. Le difficoltà di approvvigionamento e l’aumento dei costi energetici non sembrano però aver com- portato per ora una maggiore richiesta di Cig da parte di queste imprese; i dati relativi ai primi otto mesi dell’anno segnalano, infatti, solo primi effetti in un numero limitato di aziende.
Figura 16
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Ore autorizzate di Cig Totale Economia
20 21 22
Cig Totale;mln di ore
Ore autorizzate di Cig Settori a maggiore intensità energetica
80
70
60
50
40
30
20
10
0
20 21 22
Cig Total e; mln di ore
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati INPS
Per il momento, il mercato del lavoro sta comunque mostrando una sostanziale tenu- ta, con il numero di occupati che si mantiene sopra i 23 milioni. Nel secondo trime- stre l’aumento su base annua è stato del 2.8 per cento (+637 mila persone); il livello dell’occupazione è così ritornato sui valori antecedenti la pandemia dato che il gap con il quarto trimestre del 2019 è positivo e pari allo 0.4 per cento (93 mila lavoratori in più). Gran parte della crescita della prima parte dell’anno è da ricondurre alla buona stagione turistica estiva, con le persone che sono tornate a viaggiare dopo due anni di difficoltà tra restrizioni e regole di ingresso diverse tra i vari paesi, spingendo consu- mi e occupazione; un altro contributo alla crescita degli occupati è arrivato dal settore delle costruzioni, ancora in crescita sostenuta per effetto degli incentivi alle ristruttu- razioni. Nel comparto industriale l’occupazione si è riportata sul percorso di crescita precedente l’emergenza sanitaria.
Il netto miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro nel corso del 2022 è at- testato da tutti i principali indicatori. In particolare, il tasso di occupazione nel secon- do trimestre dell’anno si è portato al 60.2 per cento, che rappresenta il suo massimo storico. Parallelamente si è osservato l’aumento del tasso di attività e la diminuzione del tasso di disoccupazione (sceso all’8.1 per cento). Tuttavia, il miglioramento dei macroindicatori relativi all’occupazione e alla partecipazione ha anche una radice non particolarmente positiva, vale a dire l’abbassamento del parametro di riferimento co- stituito dalla popolazione in età lavorativa. Da ormai quasi un decennio la popolazione italiana sta diminuendo e ciò vale anche per il segmento specifico della popolazione in età lavorativa (15-64 anni), sceso attualmente sotto i 37.5 milioni di residenti (all’inizio dello scorso decennio superava i 39 milioni). Di conseguenza il miglioramento degli indicatori è esito non solo della crescita al numeratore degli attivi o degli occupati ma anche del calo del denominatore.
Il crollo della popolazione in età lavorativa è dovuto principalmente al saldo negativo tra le persone che compiono 15 anni e quelle che ne compiono 65, causato dal calo delle nascite registrato nell’ultimo mezzo secolo e dal contemporaneo invecchiamento dei baby-boomers, che stanno raggiungendo l‘età per andare in pensione. Negli ultimi vent’anni l’impatto del calo demografico sull’offerta di lavoro era stato in parte com- pensato dall’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, in particolare delle donne. Difatti, il tasso di attività era aumentato portandosi dal 63 al 65.6 per cento tra il 2008 e il 2019. A seguito della crisi pandemica il tasso di partecipazione ha però subito un importante arretramento e solo negli ulti mesi c’è stato un riallineamento con i livelli pre-crisi. Anche l’immigrazione aveva in parte contribuito a contrastare gli effetti negativi della bassa natalità e dell’invecchiamento della popolazione. Tuttavia, i flussi migratori in entrata si sono significativamente ridotti da diversi anni, e in par- ticolare durante la crisi pandemica (per le restrizioni ai movimenti e lo stop a molte produzioni a elevato tasso di occupazione immigrata).
Il contributo demografico all’offerta di lavoro è pertanto negativo dal 2012 e peggio- rerà ulteriormente in futuro, con conseguenze significative per il potenziale di crescita dell’economia.
Figura 17
42000
Popolazione 15-69
67.0 66.0
Tasso di partecipazione 15-64
41500
65.0
64.0
41000
63.0
62.0
40500
18 19 20 21 22
Migliaia
61.0 60.0
18 19 20 21 22
valori %(dati dest,)
25500
Forze lavoro 15-64
62.0
Tasso di occupazione 15-64
25000
24500
24000
23500
61.0 60.0 59.0 58.0 57.0 56.0
23000
18 19 20 21 22
Migliaia(dati dest.)
55.0
18 19 20 21 22
valori %(dati dest.)
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro si mantiene elevato
In un contesto caratterizzato da ampia divergenza degli andamenti settoriali dell’oc- cupazione, e dall’emergere di situazioni di scarsità di manodopera nei settori a do- manda crescente, la crisi demografica aumenta ulteriormente le difficoltà delle im- prese nel trovare manodopera. Un aspetto significativo è che anche con l’economia in rallentamento le difficoltà di reperimento di manodopera da parte delle imprese siano rimaste alte. Nel secondo trimestre dell’anno il tasso di posti vacanti si è portato all’1.8 per cento per il complesso delle attività economiche e all’1.6 e all’1.9 per cento, rispettivamente, per l’industria e per i servizi. Anche i dati dell’indagine Unioncame- re Excelsior confermano le difficoltà di reperimento di manodopera: infatti, a fronte
di un livello di ingressi previsti che ha addirittura superato i valori del 2019 (dopo il crollo osservato nel 2020), il numero di entrate giudicate di difficile reperimento dal sistema delle imprese sta continuando ad aumentare. Nei primi nove mesi dell’anno in corso, su quasi 420 mila nuove assunzioni mediamente previste, 170 mila (il 40.3 per cento) risultano di difficile reperimento; nello stesso periodo del 2019, tale quota si attestava al 28.2 per cento.
In quest’ambito si inserisce il dibattito sulle “grandi dimissioni”, che in una certa mi- sura ha preso piede anche nel nostro Paese. Il tentativo, da parte di alcuni commen- tatori, di collegare la difficoltà di molti comparti dell’economia nel soddisfare il pro- prio fabbisogno occupazionale con l’aumento delle dimissioni volontarie non sembra però essere supportato dalle statistiche. Da alcune analisi condotte dalla Banca d’Italia (2022) e da Veneto Lavoro (2022) emerge, infatti, che molte delle dimissioni dello scor- so anno sono più che altro dimissioni rinviate in precedenza, per xxx xxx xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxx xxxxxx nel periodo della pandemia. Lo stesso Inps (2022) sottolinea questo aspetto, ovvero che il trend delle dimissioni sottende il completo recupero del- le dimissioni mancate del 2020, quando tutto il mercato del lavoro era stato investito dalla riduzione della mobilità connessa alle conseguenze dell’emergenza sanitaria. È probabile anche che il posticipo delle dimissioni sia da ricondurre al largo ricorso agli ammortizzatori sociali.
Inoltre, in molti casi si è trattato di dimissioni a fronte di transizioni occupazionali da un lavoro ad un altro all’interno dello stesso settore, senza causare significativi flussi di ricollocazione dei lavoratori al di fuori del comparto di appartenenza (Adapt, 2022). Nel complesso, la carenza di manodopera andrebbe piuttosto ricercate nelle struttu- rali difficoltà di matching tra domanda e offerta nel nostro Paese, da ricondurre alla mancanza di allineamento tra il sistema delle imprese e del lavoro con il sistema dell’i- struzione e della formazione, soprattutto in un contesto di cambiamenti tecnologici che spingono a inserire nuove competenze nei processi di produzione.
2.0
1.8
1.6
1.4
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
Tasso di posti vacanti
15 16 17 18 19 20 21 22
Imprese con oltre 10 addetti. Totale economia
Figura 18
600
500
400
300
200
100
0
Entrate previste dalle imprese e difficoltà di reperimento
Entrate previste, migl Difficoltà di reperimento (%)
45
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
19 20 21 22
Totale Economia
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT e Unioncamere - Sistema Informativo Excelsior
L’andamento dell’occupazione secondo alcune principali caratteristiche
Gli effetti della dinamica congiunturale sul mercato del lavoro sono particolarmente evidenti per la popolazione giovane, caratterizzata da un’elevata diffusione del la- voro precario che per primo risente degli andamenti restrittivi o espansivi del ciclo economico. Nel corso di quest’anno la ripresa occupazionale ha continuato ad avvan- taggiare soprattutto i lavoratori più giovani. Dopo aver recuperato già nella seconda metà del 2021 i livelli pre-crisi, il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni nel secondo trimestre è aumentato del 3.8 per cento rispetto al quarto trimestre del 2019 (+196 mila in termini assoluti), un ritmo d’espansione quasi triplo di quello dell’occupazione to- tale (+0.5 per cento). Il tasso di occupazione dei più giovani ha così raggiunto il 44.2 per cento, valore che non si registrava dall’inizio del 2012.
Differenze di rilievo emergono anche considerando gli andamenti degli occupati di- stinti sulla base dei rispettivi livelli d’istruzione. In questo caso i dati mostrano che tra i laureati c’è stato un forte rimbalzo dell’occupazione rispetto al periodo pre-pan- demia (+123 mila lavoratori tra il secondo trimestre 2022 e il quarto 2019, pari ad una crescita cumulata dell’2.2 per cento). I diplomati sono lievemente cresciuti, mentre solo per i lavoratori con al massimo la licenza media il gap con i livelli occupazionali precedenti la crisi sanitaria è ancora di segno negativo. Tale andamento riflette muta- menti nelle caratteristiche dell’offerta di lavoro, dato l’aumento dei livelli di scolariz- zazione della popolazione attiva, ma probabilmente anche il fatto che le caratteristiche di questa ripresa hanno allargato i divari già esistenti. In particolare, il netto aumento del ricorso allo smart working rispetto al 2019, anche se in calo rispetto al 2020, potreb- be aver avvantaggiato la categoria dei lavoratori maggiormente istruiti, che hanno avuto la possibilità di lavorare nei settori che hanno assorbito meglio l’impatto della pandemia (perché, di fatto, non si sono mai fermati grazie al ricorso al lavoro dal remoto). I lavoratori meno istruiti con, al contrario, nella maggior parte dei casi non hanno avuto l’opportunità di sfruttare la maggiore richiesta di competenze digitali. Considerando le tipologie contrattuali, per la parte di anno fin qui trascorsa il recupe- ro occupazionale è stato fondamentalmente trainato dall’incremento dei dipendenti, in particolare quelli a termine che mediamente nei primi otto mesi dell’anno sono cresciuti del 10 per cento in termini tendenziali, arrivando a rappresentare il 17.2 per cento dei dipendenti, ma anche quelli a tempo indeterminato sono aumentati dell’1.8 per cento in un anno. Un ritmo di crescita positivo ha caratterizzato, inoltre, anche il lavoro autonomo (+1.6 per cento, pari a 78 mila occupati in più rispetto al 2021), che rimane comunque la categoria più colpita dall’inizio della pandemia e l’unica che non ha recuperato i livelli precedenti la crisi sanitaria. Per gli indipendenti, infatti, la pandemia è intervenuta dopo un quindicennio di continuo ridimensionamento e si è avuta, pertanto, una nuova secca compressione cui non ha fatto seguito alcun signifi- cativo segnale di rimbalzo.
Anche considerando i dati amministrativi dell’Inps emerge che in questa prima metà dell’anno i flussi nel mercato del lavoro hanno completato la ripresa dei livelli pre-pandemici, segnalando anzi incrementi rispetto al 2018-19 sia nelle assunzioni e nelle trasformazioni, come pure nelle cessazioni. Per l’insieme dei rapporti di lavoro dipendente, il saldo tra assunzioni e cessazioni nei primi sei mesi del 2022 è stato pari a +947 mila unità, un valore in linea con quelli fatti registrare negli analoghi periodi del 2021 e del 2019. Questo bilancio positivo si compone di +672 mila posizioni a tem-
po determinato, e + 275 mila a tempo indeterminato. Quello che è interessante sottoli- neare, inoltre, è che in questi ultimi mesi si è assistito a uno spostamento da forme di lavoro più incerte verso contratti con maggiori prospettive e garanzie. Significativa è stata, infatti, la quota di contratti stabili derivati da trasformazioni di contratti a termi- ne o di apprendistato, fenomeno da ricondurre prevalentemente all’ampio numero di persone assunte a tempo determinato nel 2021. Si consideri che le stabilizzazioni nel nostro Paese avvengono in media dopo 12 mesi dall’avvio del contratto; peraltro, da quest’anno sono ritornate in vigore le regole sui contratti a termine contenute nel co- siddetto decreto Dignità, per cui - finite le deroghe introdotte per la pandemia - il con- tratto a termine di durata iniziale superiore a 12 mesi deve contenere la causale, cioè l’indicazione dei motivi per i quali si sceglie di stabilire un termine per il rapporto. È probabile che molte aziende stiano dunque scegliendo di stabilizzare i lavoratori già formati, senza ricorrere a nuovi contratti a termine dopo i primi 12 mesi.
500
400
300
200
100
Contratti permanenti, Saldo
Figura 19
800
600
400
200
0
-200
Contratti a termine, Saldo
0
-100
-200
00 00 00 00 00 00
Anno mobile, migliaia
-400
-600
-800
-1000
00 00 00 00 00 00
Anno mobile, migliaia
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati INPS
Una fase positiva per l’occupazione del Mezzogiorno
Dal punto di vista territoriale, si conferma la prosecuzione del buon andamento del mercato del lavoro nel Centro-Sud. Se si confrontano i livelli dell’occupazione del secondo trimestre di quest’anno con quelli immediatamente precedenti l’inizio della crisi del Covid-19 si osserva come nel Mezzogiorno tali livelli siano stati largamente superati (+1.6 per cento, pari a 98 mila occupati in più); anche nelle regioni del Centro l’occupazione è tornata al di sopra dei livelli pre-crisi (+0.9 per cento, con un incre- mento del numero di occupati pari a 46 mila); viceversa, la variazione sarebbe ancora leggermente negativa nelle regioni del Nord (-0.2 per cento, con una riduzione di 21 mila occupati).
Tali risultati riflettono in parte condizioni diversificate dal lato della domanda, e in
parte differenze nelle tendenze dell’offerta di lavoro.
Dal lato dell’offerta, bisogna considerare che la contrazione della popolazione in età lavorativa che si è osservata in questi ultimi anni è un fenomeno che ha accomunato le diverse macroaree, ma che è risultato particolarmente accentuato nel Mezzogiorno, dato che in quest’area, oltre all’andamento sfavorevole dei trend legati al saldo natu- rale, si aggiunge l’assenza di un apporto compensativo da parte dei flussi di lavora- tori stranieri, insieme alla maggiore propensione dei lavoratori residenti ad emigrare all’estero. Se si guarda quindi al livello delle forze di lavoro nel secondo trimestre di quest’anno, ponendolo a confronto con il quarto trimestre del 2019, si osserva una contrazione dell’1 per cento nelle regioni del Nord, dello 0.6 per cento nelle regioni del Centro, e del 2.4 per cento nelle regioni del Mezzogiorno. La caduta delle forze lavoro al Sud è stata quindi ben più marcata che nelle altre macroaree, e questo sug- gerisce che dietro la migliore performance dell’occupazione delle regioni del Mezzo- giorno non vi siano fattori di offerta.
A migliorare è stato soprattutto il tono della domanda di lavoro, che ha portato l’oc- cupazione al Sud ad aumentare dell’1.6 per cento, a fronte di una leggera flessione nelle regioni del Nord. Dietro queste differenze territoriali è probabile vi siano anche fattori legati alla specializzazione produttiva delle diverse aree. La ripresa recente ha difatti visto soprattutto una crescita sostenuta della domanda di lavoro nel settore delle costruzioni, che ha un peso maggiore sull’economia del Mezzogiorno; segnali di miglioramento dell’occupazione sono emersi anche nel pubblico impiego.
Tuttavia, questi buoni risultati potrebbero ridimensionarsi. In prima battuta per l’e- saurirsi della spinta del comparto edile e del turismo, e poi perché il peso della crisi energetica sarà più difficile da sostenere per le famiglie delle fasce di reddito inferiori
– più diffuse nelle regioni del Sud – per le quali gli aumenti dei prezzi alimentari ed energetici avranno effetti più marcati sul potere d’acquisto, e che non dispongono di uno stock di risparmio da utilizzare per assorbire questa fase di difficoltà.
Il divario nelle tendenze occupazionali a favore delle regioni del Mezzogiorno che ha caratterizzato gli ultimi tre anni non rappresenterebbe quindi necessariamente l’inizio di un cambiamento di carattere strutturale; si tratta comunque di un risultato da ri- marcare proprio perché esso rappresenta una evidente discontinuità rispetto ai trend del recente passato.
Figura 20
0.0
Popolazione in età lavorativa*, var % rispetto ai livelli pre-crisi
0.0
Forza lavoro, var %rispetto ai livelli pre-crisi
-1.0
-1.0
-2.0
-2.0
-3.0
-4.0
Nord Centro Mezzogiorno
* pop 15-64 + attivi over 65; var %II trim 2022 su IV trim 2019
-3.0
Nord Centro Mezzogiorno
var %II trim 2022 su IV trim 2019
2.0
Occupati, var %rispetto ai livelli pre-crisi
3.0
Tasso di occupazione, variazione assoluta rispetto ai livelli pre-crisi
1.5
1.0
2.0
0.5
0.0
1.0
-0.5
Nord Centro Mezzogiorno
var %II trim 2022 su IV trim 2019
0.0
Nord
Centro Mezzogiorno
diffeerenza in punti percentuali II trim 2022 su IV trim 2019
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT
Tabella 3
L'ANDAMENTO DELL'OCCUPAZIONE SECONDO LE DIVERSE COMPONENTI | |||||||
IV 19 | IV 20 | IV 21 | I 22 | II 22 | II 22/ IV 19 | ||
valori | assoluti | var.ass. | var. % | ||||
Occupati tot. | 23129 | 22353 | 22924 | 22737 | 23253 | 123 | 0.5 |
Genere Uomini | 13371 | 12930 | 13151 | 13149 | 13424 | 54 | 0.4 |
Donne | 9758 | 9422 | 9773 | 9588 | 9828 | 70 | 0.7 |
Area Nord | 12135 | 11668 | 12000 | 11882 | 12114 | -21 | -0.2 |
Centro | 0000 | 0000 | 0000 | 4880 | 4942 | 46 | 0.9 |
Mezzogiorno | 0000 | 0000 | 0000 | 0000 | 6197 | 98 | 1.6 |
Classi di età 15-34 anni | 5099 | 4764 | 5112 | 5071 | 5295 | 196 | 3.8 |
35-49 anni | 9332 | 8934 | 8941 | 8838 | 8927 | -405 | -4.3 |
50 anni e + | 8698 | 8655 | 8871 | 8828 | 9031 | 333 | 3.8 |
Istruzione Fino xxx.xxxxx | 6965 | 6658 | 6831 | 6729 | 6949 | -16 | -0.2 |
Diploma | 10682 | 10323 | 10552 | 10453 | 10699 | 17 | 0.2 |
Laurea e oltre | 5482 | 5372 | 5541 | 5556 | 5605 | 123 | 2.2 |
Cittadinanza Italiani | 20764 | 20159 | 20533 | 20400 | 20870 | 106 | 0.5 |
Stranieri | 0000 | 0000 | 0000 | 0000 | 2382 | 17 | 0.7 |
Settore Agricoltura | 958 | 957 | 887 | 822 | 907 | -51 | -5.3 |
Industria in s.s. | 4671 | 4610 | 4675 | 4576 | 4659 | -12 | -0.3 |
Costruzioni | 1340 | 1353 | 1481 | 1496 | 1613 | 273 | 20.4 |
Servizi | 00000 | 00000 | 00000 | 15844 | 16074 | -86 | -0.5 |
Orario Tempo pieno | 18687 | 18242 | 18620 | 18532 | 19007 | 320 | 1.7 |
Tempo parziale | 4442 | 4111 | 4304 | 4205 | 4245 | -197 | -4.4 |
Carattere Dipendenti | 17889 | 17361 | 17933 | 17778 | 18245 | 356 | 2.0 |
permanenti | 14820 | 14672 | 14860 | 14835 | 15060 | 240 | 1.6 |
a termine | 3069 | 2689 | 3073 | 2943 | 3185 | 116 | 3.8 |
Indipendenti | 5240 | 4992 | 4991 | 4959 | 5008 | -232 | -4.4 |
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT (15 anni e +)
Tabella 4
L'ANDAMENTO DEL T. DI OCCUPAZIONE SECONDO LE DIVERSE COMPONENTI
IV 19 IV 20 IV 21 I 22 II 22 II 22/ IV 19
valori assoluti var. in p.p.
Occupati tot. 59.2 57.5 59.5 59.1 60.5 1.2
Genere
Uomini Donne
68.3
50.2
66.4
48.7
67.9
51.1
68.1
50.1
69.6
51.4
1.3
1.2
Area Nord Centro
Mezzogiorno
68.1
63.5
45.1
65.6
62.2
44.2
67.6
63.9
46.0
67.0
64.0
45.5
68.3
64.9
47.3
0.2
1.3
2.2
Classi di età
15-34 anni
35-49 anni 50 anni e +
41.9
74.0
33.5
39.5
72.6
32.9
42.7
74.6
33.5
42.3
74.2
33.3
44.2
75.5
34.0
2.3
1.5
0.5
Istruzione Fino xxx.xxxxx Diploma
Laurea e oltre
44.2
65.0
79.1
42.3
63.3
78.3
43.9
65.3
80.7
43.1
65.1
80.9
44.6
66.6
81.4
0.3
1.7
2.2
Cittadinanza
Italiani Stranieri
59.1
60.6
57.7
56.5
59.5
59.4
59.1
59.1
60.5
60.6
1.4
0.0
Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati ISTAT (15-64 anni)
Bibliografia
BANCA D’ITALIA (2022), Relazione annuale
XXXXXXXXX X. (2021) In defense of concerns over the $1.9 trillion relief plan, Xxxxxxxx Institute for International Economics
XXXXXXXX X., XXXXXXXXXX M. (2022), Grande dimissione: fuga dal lavoro o narrazione emotiva? Qualche riflessione
su letteratura, dati e tendenze – Working paper ADAPT n. 6/2022
CENTRO STUDI E RICERCHE ITINERARI PREVIDENZIALI (2022), Un mercato del lavoro diviso in due? Occupazione, salari e mismatch
XXXXXX H J (2022) Tight labor markets and wage growth in the current economy. Xxxxxxxxx
INPS (2022), XXI Rapporto annuale
ISTAT (2022), Rapporto annuale 2022. La situazione del Paese
KISS A, XXXXXXX A, XXXXXXXXX A. (2022) Slack vs tightness in euro area labour markets: growing mismatch after
COVID-19? In European Commission (2022) Quarterly Report on the Euro Area, Vol. 21, No 2
MINISTERO DEL LAVORO, BANCA D’ITALIA, ANPAL (settembre 2022), Il mercato del lavoro: dati e analisi
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VENETO LAVORO (2022), Osservatorio sul mercato del lavoro – Il Sestante
VENETO LAVORO (2022), Osservatorio sul mercato del lavoro – La Bussola
Capitolo 2
Le politiche attive del lavoro
nella prima fase di attuazione del PNRR
Capitolo 2
Le politiche attive del lavoro nella prima fase di attuazione del PNRR
Xxxx Xxxxxxx Xxxxxx
Università Cattolica S.C.
1. Introduzione: i primi step di attuazione della parte del PNRR dedicata alle politiche attive del lavoro
Per quanto riguarda le politiche attive del lavoro, nel 2022 l’azione del Governo centrale e delle Regioni, come era prevedibile, è stata incentrata sull’attuazione delle misure in materia previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza–PNRR (misure rinvenibili al Pilastro 4, Missione 5- Coesione ed Inclusione, Componente 1 politiche per il lavoro). Più precisamente, siamo in presenza di provvedimenti amministrativi finalizzati a dare attuazione al PNRR od a provvedimenti legislativi volti a completare e rafforzare il disegno riformatore nella materia in esame.
Sul piano dell’azione amministrative questa lettura trova conferma nel D. M. del 17 febbraio 2022, n. 28 con cui il Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali ha individuato le linee di azione strategiche ed operative del MLPS per l’anno 2022 e nell’approvazione da parte delle Regioni dei Piani regionali di attuazione (P.A.R.) del Programma GOL (Piani approvati dall’ANPAL).
Come si ricorderà (v. il Rapporto CNEL 2021), nel PNRR sono indicati puntualmente gli obiettivi di una strategia volta ad incidere profondamente sul mercato del lavoro del nostro Paese, principalmente mediante il rafforzamento delle politiche attive del lavoro, la diffusione di opportunità per l’acquisizione e l’elevazione delle competenze professionali nonché mediante la lotta alle discriminazioni all’ingresso ed alla permanenza nel mercato del lavoro delle donne e dei giovani. I primi due obiettivi sono perseguiti mediante l’implementazione di due Programmi nazionali: il Programma per la Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL)1, finalizzato ad assicurare la presa in carico unico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale (cioè percettori del Reddito di Cittadinanza, della NASPI e della CIGS) da leggere in stretto collegamento con il Piano di potenziamento dei Centri per l’impiego2 ed il “Piano strategico Nazionale Nuove Competenze” – PNC3, volto a fissare standard di formazione per i disoccupati registrati dai centri per l’impiego e al rafforzamento del sistema di istruzione e formazione professionale. L’ambizioso disegno di riforma delle politiche riguardanti i servizi per l’impiego al fine di incidere sul funzionamento del mercato italiano del lavoro, da tempo bisognose non solo di
1. Il Programma nazionale per la garanzia di occupabilità dei lavoratori – GOL è stato adottato con D.M. 5 novembre 2021.
2. Il Piano straordinario per il potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro è previsto dal comma 3 dell’articolo 12 della legge sul reddito di cittadinanza (decreto-legge n. 4/2019, convertito dalla legge n. 26/2019) ed è stato oggetto dell’intesa tra Stato e Regioni del 17 aprile 2019 (intesa raggiunta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome), nonché del decreto ministeriale 28 giugno 2019 e del decreto ministeriale 22 maggio 2020.
3. Il Piano Nuove Competenze – PNC, per la formazione di disoccupati e di lavoratori è stato adottato con D.M. 14 dicembre 2021.
nuove regole ma anche di risorse e di profonde innovazioni organizzative4, può essere compreso correttamente solo se ha consapevolezza che è l’insieme dei tre strumenti citati (GOL, Piano di potenziamento dei Centri per l’Impiego e PNC) che configurerà il nuovo sistema italiano di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro.
Né va dimenticato che all’interno del target complessivo di 3 milioni di beneficiari da raggiungere entro il 2025, gli interventi debbono essere diretti prevalentemente ad appartenenti alle fasce che mostrano maggiori difficoltà nell’inserimento o reinserimento al lavoro (infatti, il 75% devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30 e lavoratori over 55). Inoltre, almeno 800 mila di questi debbono essere coinvolti in attività di formazione, di cui 300 mila per il rafforzamento delle competenze digitali. Come vedremo nel prosieguo della trattazione questi vincoli sono posti nell’intento di incidere in modo significativo sui provvedimenti assunti da Stato e Regioni nell’attuazione del PNRR.
Colpisce molto positivamente l’obiettivo di rendere effettivo “l’ingresso della formazione nella cassetta degli attrezzi delle strutture che prendono in carico i lavoratori”5. Se il primo step del Programma è quello di garantire una presa in carico di qualità ed un servizio di supporto che faccia emergere il tipo di aiuto di cui ha bisogno il lavoratore, il passo successivo non potrà che essere l’offerta di attività per l’adeguamento delle competenze alle nuove richieste del mercato (con particolare riferimento alle competenze digitali o connesse alla sostenibilità nei processi produttivi)6.
Inoltre, va richiamata l’attenzione sul fatto che, nell’ambito delle priorità trasversali del PNRR, vi sono previsioni che condizionano l’affidamento dei progetti alla riserva di una quota, di assunzione, pari almeno al 30%, in favore di giovani e donne, sul totale delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali7.
Inoltre, si ricorderà che alla promozione dell’occupazione femminile sono dedicate specifiche misure: v., in particolare, il sostegno all’imprenditorialità femminile e la creazione di un sistema nazionale per la certificazione della parità di genere. Per quanto riguarda i giovani è previsto il potenziamento dei percorsi per l’acquisizione dei titoli di studio in alternanza tra studio e lavoro nell’ambito del c.d. “Sistema duale”, nonché l’offerta di opportunità di impegno sociale e di apprendimento non formale mediante il Servizio civile universale.
Da queste brevi considerazioni introduttive, discende l’impostazione del presente contributo al Rapporto CNEL 2022: esso intende illustrare i principali provvedimenti
4. Basti pensare alla amara descrizione dei nostri servizi per l’impiego agli inizia del nuovo millennio nel documento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità, Roma ottobre 2001.
5. Così X. Xxxxxxxx, Commissario straordinario di ANPAL, in occasione dell’intervento al Convegno ell’Agenzia del Lavoro della Provincia autonoma di Trento il 6 ottobre 2022.
6. In questo senso si esprime X. Xxxxxxxxxxx, Il programma GOL, in Città CIOFS-FP, 2022, n. 2, p. 15 ss.
7. Più precisamente è previsto un vincolo volto a condizionare le assunzioni effettuate dagli operatori economici aggiudicatari di bandi: essi dovranno destinare a giovani under-36 ed a donne senza limiti di età almeno il 30 per cento dell’occupazione creata in esecuzione del contratto per le attività essenziali connesse. (v. in proposito l’art. 47 del d. l. 31 maggio 2021, n. 77 e le Linee guida di cui al D.M. 7 dicembre 2021. Per osservazioni critiche sulle regole di attuazione di queste “azioni positive” v. X. Xxxxxxxxx, PNRR. La clausola di condizionalità all’occupazione di giovani e donne: azione positiva o azione mancata?, INAPP, Working Paper,2022, n. 92.
riguardanti le politiche attive del lavoro adottati nel corso dell’anno, nell’intento di dare conto del cammino sino ad ora percorso.
Parte Prima
Il Programma «Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori» - GOL
2. Gli stadi di avanzamento del Programma GOL
2.1. I Piani di attuazione regionale (P.A.R.) di GOL
La prima parte dell’anno è stata dedicata principalmente all’elaborazione ed alla adozione dei Piani regionali di attuazione (P.A.R). di GOL in adempimento delle scadenze previste dal PNRR (nel caso, Milestone 2). Ciò ha richiesto un intenso e complesso lavoro di costante interazione tra Ministero, ANPAL e Regioni, reso più fluido dall’apporto del Comitato direttivo del Programma8
Tutte le Regioni hanno approvato le loro proposte e le hanno trasmesse all’ANPAL in quanto Amministrazione centrale titolare dell’intervento, per l’acquisizione del relativo parere di coerenza. A seguito dell’esito positivo di questa verifica le Regioni hanno provveduto all’adozione definitiva dei PAR9.
Ad una prima lettura dei PAR, si può affermare che la cornice comune entro cui le Regioni hanno dovuto incastonare le loro proposte consente di consolidare i tratti di una politica “nazionale”. In verità, non è la prima volta che il Paese si è impegnato in programmi nazionali di politica attiva del lavoro: basti ricordare le attività collegate alla erogazione dei sussidi di Cassa integrazione in deroga (v. gli accordi Stato-Regioni del 2009) e, nel 2013, il Programma “Garanzia per i giovani”10. Non v’è dubbio però che il PNRR lascia trasparire l’ambizione di voler consolidare nel tempo questo impianto. Ciò però non è risultato di impedimento alla declinazione con differenziazioni regionali di alcune misure, né ha mortificato esperienze e peculiarità regionali. A titolo meramente esemplificativo possono essere segnalati alcuni casi che confortano quanto affermato: per la Lombardia, v. il sistema della “Dote lavoro”, la riaffermazione della volontà di valorizzare l’apporto dei soggetti privati accreditati; l’obiettivo di ricollegare l’esperienza dei Progetti di Rete ai percorsi di ricollocazione collettiva; per il Veneto v. l’impegno ad un tempestivo avvio - entro 5 giorni dalla profilazione e dal Patto di Servizio personalizzato – verso le offerte di lavoro o, in
8. L’art. 4 del D.M. 5 novembre 2021 prevede che nel Comitato direttivo di GOL, coordinato dal direttore dell’ANPAL, siano rappresentate tutte le regioni e le province autonome, oltre all’ANPAL medesima e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale della consulenza scientifica di INAPP e del supporto di ANPAL Servizi S.p.a..
9. A settembre 2022 i P.A.R. presentati dalle seguenti Regioni e Province autonome risultano aver ottenuto l’approvazione dell’ANPAL in merito alla coerenza della proposta rispetto alle indicazioni ministeriali ed hanno quindi iniziato la fase di attuazione del programma GOL: Abruzzo; Basilicata; Calabria; Campania; Xxxxxx Xxxxxxx; Friuli Venezia Giulia; Lazio; Liguria; Lombardia; Marche; Molise; Piemonte; Puglia; Sicilia; Toscana; Umbria; Valle d’Aosta; Veneto; Provincia autonoma di Bolzano; Provincia autonoma di Trento.
10. In proposito sia consentito il rinvio a P.A. Varesi, La protezione sociale del lavoratore al tempo della “grande crisi” (2008-2010): i trattamenti in deroga, in AA. VV., Studi in onore di X. Xxxx, Jovene, Napoli, 2011, pp. 1289-1306 e, dello stesso autore, I livelli essenziali concernenti i servizi per l’impiego e la sfida della “garanzia per i giovani”, in Giornale dir. lav. rel. ind. , 2014, n. 2, pp. 185-196.
alternativa, verso le politiche attive, nonché la modifica organizzativa che consente di individuare tra gli operatori dei Centri per l’impiego una figura specificamente dedicata ai rapporti con le imprese; per l’Xxxxxx-Romagna v. la metabolizzazione nel P.A.R- del disegno volto a sostenere l’inserimento lavorativo e di inclusione sociale mediante l’integrazione tra i servizi pubblici del lavoro, sociali e sanitari, secondo il disegno tracciato dalla L.R. 30 luglio 2015, n. 14.
2.2 La definizione della cornice entro cui collocare l’avvio dei PAR
A premessa dell’attuazione dei P.A.R. va però richiamata l’attenzione su due provvedimenti cornice assunti dall’ANPAL: la Delibera n. 5 del 9 maggio 2022 del Commissario straordinario ANPAL, con cui è stato ridisegnato il quadro operativo dei servizi di politica attiva del lavoro, e la Circ. n. 1 del 5 agosto 2022 – Note di coordinamento in materia di definizione operativa degli obiettivi e dei traguardi di GOL, nonché di gestione della condizionalità a seguito delle innovazioni previste dal Programma.
2.2.1. La Delibera ANPAL n. 5 del 9 maggio 2022
Mediante questa delibera sono modificate regole e modalità di erogazione dei servizi per l’impiego e di politica attiva del lavoro. Vi è in essa un’attenzione specifica all’implementazione degli strumenti e delle modalità operative che presiedono all’attuazione di GOL. Più precisamente sono rivisitati tre aspetti cruciali in questo campo d’azione:
A) quelli relativi all’assessment - profilazione quantitativa, mettendo a disposizione degli operatori dei Centri per l’impiego i dati degli archivi amministrativi nell’intento di agevolare la loro l’opera nel valutare la vicinanza o lontananza dal mercato del lavoro del soggetto preso in carico;
B) quelli riguardanti l’assessment - profilazione qualitativa che, accogliendo diffusi suggerimenti pervenuti dagli operatori, consentono di meglio definire il profilo del lavoratore grazie all’interazione diretta con lo stesso e la presa d’atto delle sue aspirazioni, esperienze e competenze nonché degli eventuali vincoli che ne possono caratterizzare la posizione rispetto al mercato del lavoro.
L’attenzione dedicata all’assessment è ampiamente giustificata, sia perché dall’insieme dei due processi emergono con dovizia di informazioni il ritratto del lavoratore, la sua storia lavorativa, i suoi limiti e le sue potenzialità, sia perché le azioni successive sono in larga parte determinate dall’esito di questo intervento volto alla puntuale ricostruzione della figura professionale del lavoratore e del suo rapporto con il mercato del lavoro. Infatti, il lavoratore preso in carico ed accompagnato nel progetto di ricerca di lavoro mediante la procedura di profilazione ed orientamento sopra descritta (il “servizio di assessment”). sarà poi inquadrato uno dei Cluster sottoindicati, riceverà indicazioni sulle attività formative utili a ridurre i suoi problemi di disallineamento rispetto al mercato del lavoro. A seguito della sottoscrizione del Patto di servizio o Patto per il lavoro; sarà infine indirizzato in uno degli specifici percorsi individualizzati:
Percorso 1 (Reinserimento occupazionale) è, in estrema sintesi, un servizio per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, particolarmente utile laddove il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro sia prevalentemente da attribuire a difficoltà di circolazione delle informazioni (e non a discrepanza tra le competenze
richieste dalle imprese e quelle in possesso dei lavoratori);
Percorsi 2 e 3: questi percorsi richiedono, invece, il rafforzamento o il mutamento delle competenze possedute dal lavoratore; sono quini caratterizzati dall’inserimento del lavoratore in percorsi formativi;
Percorso n. 4 (Lavoro ed inclusione): è indubbiamente il percorso che presenta maggiori difficoltà di successo. Ciò è dovuto non solo all’elevato grado di debolezza (non solo sotto il profilo occupazionale) dei lavoratori interessati ma anche alla necessità di attivare reti di collaborazione tra servizi per il lavoro e servizi sociali. E’ comprensibile, quindi, che il Programma preveda anche la realizzazione di specifiche iniziative a carattere sperimentale nei confronti dei soggetti più fragili, attivando percorsi di lavoro protetto o di accompagnamento al lavoro (v. in proposito le recenti Linee-guida del Ministero del Lavoro per l’attuazione della legge n. 68/199911);
Percorso n. 5 - ricollocazione collettiva: si tratta delle attività poste in essere a sostegno di gruppi di lavoratori e segnatamente quelli appartenenti ad aziende in crisi.
C) Infine, quelli che ri-definiscono gli Standard dei servizi di GOL e le relative unità di costo standard. L’intento principale è di aggiornare gli standard di servizio che devono essere garantiti in materia di politiche attive del lavoro a coloro che accedono a GOL sull’intero territorio nazionale, quale applicazione dei Livelli Essenziale delle Prestazioni (LEP) di cui all’art. 117, c. 2, lett. m, Cost.12.
La definizione delle unità di costo standard consente l’appropriata quantificazione delle risorse disponibili per l’erogazione dei servizi nell’ambito dei diversi percorsi in cui è articolato il Programma:
In sintesi, possiamo affermare che la Delibera in esame sviluppa puntualmente l’idea che plasma il Programma Gol: le principali categorie di soggetti in difficoltà occupazionale sono raggruppate in cluster e per ciascuna di esse è prevista una specifica e dettagliata descrizione dei servizi da erogare. In questo modo, come in un mosaico, l’insieme dei tasselli consente di avere l’immagine complessiva del quadro di interventi previsti e cioè dell’azione di politica attiva del lavoro che il Paese si impegna ad offrire ai propri cittadini in difficoltà occupazionale.
2.2.2. Linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità (D.M. 11 marzo 2022, n. 43)
Pur trattandosi di un provvedimento formalmente collaterale al Programma GOL, è opportuno dare conto in questa sede delle recenti “Linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità”, di cui al D.M. 11 marzo 2022, n. 43, per l’evidente nesso con il percorso n. 4 (Lavoro ed inclusione) di tale Programma. Il collocamento mirato, di cui alla legge n. 68/1999, costituisce infatti una componente delle politiche attive del lavoro, ove si assuma il lavoro come “dimensione fondamentale per l’integrazione
11. Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, D.M. 11 marzo 2022, n. 43, “Linee guida in materia di collocamento
mirato delle persone con disabilità”.
12. Questa disposizione modifica gli standard applicati nell’ambito della Garanzia per i Giovani ed aggiorna quanto previsto dall’allegato B) del D.M. 11 gennaio 2018, n. 4- “Specificazione dei livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale” alle persone in cerca di lavoro.
sociale delle persone disabili e per assicurare loro prospettive di vita indipendente”13. Le Linee guida sono volte a sostenere mediante servizi un’utenza ampia caratterizzata dalla presenza di soggetti con particolari difficoltà di inserimento al lavoro (giovani con disabilità non in età da lavoro o ancora all’interno del sistema di istruzione; coloro che si iscrivono per la prima volta alle liste del collocamento mirato; soggetti disoccupati da oltre 24 mesi e persone che rientrano nel mercato del lavoro dopo dimissioni, licenziamenti o lunghi periodi di malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale o riabilitazione):
Merita, infine, di essere segnalata l’attenzione del provvedimento in esame al rafforzamento della “Banca dati del collocamento obbligatorio mirato”14, fondamentale strumento al fine di consentire a tutte le istituzioni coinvolte (ed in primo luogo al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali ed alle Regioni) di avere puntuale monitoraggio dell’applicazione della legge n. 68/1999.
2.2.3. La Circolare ANPAL n. 1 del 5 agosto 2022
L’avvio dei PAR è avvenuto con gradualità nei diversi territori ma, stando a quanto dichiarato dall’ANPAL, alla fine di luglio tutte le Regioni sono risultate pienamente operative. Ciò ha indotto l’ANPAL a fornire “note di coordinamento” per sciogliere i dubbi ed assicurare un impianto operativo comune in tutte le Regioni.
Non è questa la sede per l’illustrazione dettagliata della Circolare. Preme però richiamare due punti di rilievo ai nostri fini. La Circolare in esame nella prima parte precisa le condizioni che consentono di considerare il lavoratore “beneficiario di GOL” ai fini del conseguimento dei traguardi previsti dal PNRR: egli “deve aver sostenuto almeno un colloquio di orientamento di base, nel quale abbia concluso l’assessment con la profilazione qualitativa, e sottoscritto un patto di servizio che identifichi il percorso GOL in cui si impegna ed al quale ha diritto”. E’ dunque ai soggetti che hanno compiuto almeno questo percorso che faremo riferimento più avanti nel valutare lo stato di avanzamento di GOL.
Una seconda (e corposa) parte della Circolare è dedicata, invece, alla trattazione delle regole per applicare la “condizionalità”, nell’intento di fissare, in attuazione della disciplina di legge vigente15, orientamenti nazionali volti a definire in maniera unitaria la gestione di un tema assai spinoso e contrassegnato, nell’esperienza pregressa, da comportamenti delle diverse amministrazioni poco rigorosi e comunque variegati. Da notare che, al fine di perseguire la massima estensione ed uniformità di comportamenti, le regole sono rivolte non solo alle strutture pubbliche (i Centri per l’impiego) ma anche ai soggetti privati accreditati che concorrono all’erogazione delle misure di politica attiva (tenuti a comunicare tempestivamente -entro tre giorni- e con modalità
13. Le “linee guida” dichiarano espressamente di ispirarsi ai principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità e tengono in considerazione gli obiettivi della recente Strategia europea per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 presentata dalla Commissione Europea
14. La “Banca dati del collocamento obbligatorio mirato” è stata istituita dall’art. 8 della legge 99/2013 nell’ambito della “Banca dati delle politiche attive e passive del lavoro”.
15. In proposito v: l’art. 21, c. 7 del d. lgs. n. 150/2015 per i beneficiari di NASPI e DISCOLL; l’art. 25 ter d. lgs n. 148/2015 che prevede l’obbligo di formazione per i lavoratori collocati in CIGS e le sanzioni nel caso di mancata partecipazione a tali attività; l’art. 7, c. 5, d. l. n. 4/2014 conv. in l. n. 26/2019 per i beneficiari del Reddito di Cittadinanza),
tracciabili al Centro per l’impiego gli eventi suscettibili di dare luogo ad eventuali sanzioni, quali, ad es. mancata presentazione o partecipazione del lavoratore alle attività previste nel Patto di servizio o Patto per il lavoro).
Con specifico riferimento alla mancata partecipazione senza giustificato motivo alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, la Circolare afferma che si configura la mancata partecipazione priva di giustificazione qualora si verifichi un’assenza “per almeno due giornate in ciascun mese di attività”16. Da questa mancanza discendono le sanzioni per il lavoratore, sanzioni che incidono sulle prestazioni economiche di cui beneficia, nonché sul riconoscimento dello “stato di disoccupazione”.
2.2.4. La prima fase operativa: gli Avvisi.
A conclusione di questo breve aggiornamento sulle tappe del percorso di attuazione della parte del PNRR in esame, è opportuno segnalare che molte Regioni sono attualmente impegnate nell’approvazione degli Avvisi per la raccolta di candidature da parte dei soggetti accreditati per l’erogazione delle prestazioni per il lavoro ricomprese nei diversi percorsi descritti in precedenza e rivolti ai destinatari del Programma GOL.
2.3. I traguardi raggiunti ad ottobre 2022 ed i traguardi da raggiungere entro il 31 dicembre 2022.
L’attività di monitoraggio del Programma offre un bilancio dei traguardi raggiunti nella prima fase di attuazione dei PAR. L’esito appare al momento più che confortante: agli inizi di ottobre 2022 i lavoratori presi in carico dai Centri per l’impiego nell’ambito del Programma GOL risultavano essere più di 326mila17; quindi era già stato superato il traguardo fissato dal PNRR per il 31 dicembre 2022 (300.000 lavoratori da prendere in carico). Non solo. L’ANPAL ritiene che possa essere superato il target nazionale di
600.00 lavoratori da prendere in carico entro l’anno e che, a seconda degli scenari, sia
realistico attendersi tra i 650 e i 750 mila beneficiar18.
Dalla nota di monitoraggio succitata emergono inoltre elementi interessanti per una prima valutazione dell’impatto del Programma sui soggetti posti al centro dell’intervento. Rispetto alle tipologie di percorso previste nel patto di servizio personalizzato, risulta che più del 50% dei lavoratori che hanno beneficiato dei servizi inserita nel percorso per le persone più vicine al mercato del lavoro (percorso 1). Altra parte consistente è riconducibile ai percorsi che richiedono attività di aggiornamento o di riqualificazione (percorsi 2 e 3), a conferma di quanto sia utile (ed in molti casi indispensabile) l’intervento a modifica delle competenze possedute per un efficace azione a sostegno dell’inserimento/reinserimento al lavoro. Assai ridotta (inferiore al 5%) è, al momento, la quota di coloro che necessitano di percorsi complessi di lavoro ed inclusione19
16. La mancata iscrizione alle attività formative indicate nel Patto di servizio o nel Patto per il lavoro è, ovviamente, equiparata alla “mancata partecipazione”.
17. X. XXXXX, Nota di Monitoraggio del Programma GOL, Roma, ottobre 2022
18. V. il documento ANPAL citato alla nota precedente.
19. La citata nota di monitoraggio ANPAL del 7 ottobre 2022 offre anche informazioni sulle caratteristiche dei beneficiari: la componente femminile rappresenta il 57% dei presi in carico. Quanto all’età, gli under 30 sono il 26% e gli over 55 il 18,6%. La percentuale di cittadini stranieri coinvolti nel programma è pari al 14,1%.
Parte Seconda
Formazione e Lavoro
3. Il Piano Nuove Competenze ed il cammino delle riforme nel comparto formazione/ educazione.
Già dalla lettura superficiale del PNRR emerge il rilievo attribuito ai processi di formazione/educazione. rivolti ai soggetti destinatari delle misure di politica attiva del lavoro. Non solo. Le attività di formazione professionale rivolte ai giovani (v. in particolare il potenziamento del sistema duale di cui alla Missione 5- Componente 1 – Investimento1.4) ed agli adulti (v. il sostegno alla formazione continua) si affiancano e si intrecciano alle riforme nel campo dell’istruzione rinvenibili alla Missione 4 (più precisamente a quelle di cui alla Missione 4, Componente 1).
La seconda parte del presente contributo, non potendo certo approfondire nei dettagli le singole misure, si limita, in prima battuta, a dare conto dei numerosi provvedimenti adottati in attuazione del Piano Nuove Competenze20 e proseguirà con l’illustrazione di quelli più direttamente connessi alle politiche attive del lavoro.
Si ricorderà che il Piano Nuove Competenze, nell’intento di rafforzare l’offerta di formazione professionale e, quindi, le opportunità di miglioramento del grado di occupabilità dei lavoratori ed in specie di quelli caratterizzati da un basso livello di competenze o dall’obsolescenza delle stesse, concentra l’attenzione su tre target: i disoccupati, i giovani e gli occupati.
Dei disoccupati si è detto trattando delle attività formative previste dal Programma GOL. Per quanto riguarda i provvedimenti relativi agli altri target dobbiamo richiamare l’attenzione sui seguenti quattro provvedimenti:
A) il D.M. 2 agosto 2022, n. 142 – Disciplina delle attività di formazione per lavoratori collocati in CIGS ai sensi dell’art. 25 ter del d. lgs. n. 148/2015;
B) D.M. 2 agosto 2022, n. 140 dedicato alla elencazione delle sanzioni che colpiscono i lavoratori beneficiari di trattamenti integrazioni salariali che, senza giustificato motivo, non partecipano alle attività formative realizzate in attuazione dell’art. 25- ter d. lgs. n. 148/2015.
C) D.I. Lavoro-Economia 22 settembre 2022 - Rifinanziamento Fondo Nuove
Competenze –
D) D. M. 2 agosto 2022, n. 139. Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) nonché il Ministero del lavoro - Decreto Direttoriale 22 luglio 2022, n. 54, Ripartizione delle risorse.
20. Il Piano è stato adottato con d.m. 14 dicembre 2021 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, acquisita in data 2 dicembre 2021 l’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
4. Gli stadi di avanzamento del Piano nazionale Nuove competenze (PNC)
4.1. Fondo Nuove Competenze: rifinanziamento del Fondo e modifiche ai precedenti
Decreti Interministeriali.
Ai nostri fini assumono particolare rilievo le nuove misure riguardanti il Fondo Nuove Competenze: si ricorderà, infatti, che, nell’ambito del Piano nuove Competenze (PNC) del PNRR, esso è identificato quale uno dei Programmi guida, in particolare in relazione al gruppo target di riferimento dei lavoratori occupati.
Il “Fondo nuove competenze”, istituito dall’art. 88, c. 1, del d. l. n. 34/2020, conv. dalla l. n. 77/202021, ha offerto un ulteriore impulso alla formazione professionale continua dei lavoratori. Come è noto, esso promuove le attività formative previste da specifiche intese sindacali (a livello aziendale o territoriale)22 volte alla rimodulazione dell’orario di lavoro mediante le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi di upskilling o di reskilling. Così delineato, il Fondo non intende offrirsi solo quale misura alternativa ai licenziamenti ma anche alla mera collocazione dei lavoratori in cassa integrazione; esso consente infatti di affrontare le eccedenze di personale agendo anche sull’innalzamento delle competenze dei lavoratori.
Come è noto, la tecnica con cui il Fondo sostiene le attività formative è incentrata sul rimborso al datore di lavoro del costo sostenuto (retribuzione più contributi previdenziali ed assistenziali) per la parte dell’orario di lavoro in cui i lavoratori sono stati impegnati in formazione. E’ escluso, invece, da quanto ammesso a contributo il costo delle attività di formazione. Per il recupero di questi oneri vi è un implicito invito ad accedere ai Fondi interprofessionali (o alla Regione di competenza).
Nella fase di avvio (biennio 2020-2021) il Fondo ha potuto avvalersi di risorse significative pari, complessivamente, a 730 milioni di Euro23.
Nel rispetto dei vincoli posti dalla legge, l’attività del Fondo è stata fino ad ora regolata,
invero con innovative letture della legislazione anche su aspetti non marginali24, dal
21. Tale norma è stata successivamente modificata dall’art. 4 del d. l. 14 agosto 2020, n. 104, conv. dalla l. 13 ottobre 2020, n. 126, nonché dall’art. 9, c. 8, del d. l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv. dalla l. 25 febbraio 2022, n. 15.
22. I contratti collettivi di lavoro aziendali o territoriali presi in considerazione dalla norma in esame devono essere sottoscritti da soggetti sindacali qualificati, cioè “da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda a sensi della normativa e degli accordi interconfederali vigenti...”.
23. Tale somma è l’esito di un incremento progressivo degli stanziamenti a favore del Fondo: il decreto-legge
n. 34/2020 stanziava solo 230 milioni a valere sul PON “Sistemi di politiche attive per l’occupazione”; questo importo è stato successivamente incrementato di 200 milioni per il 2020 e di 300 milioni per il 2021 dal decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 conv. dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126.
La legge prevede inoltre che a queste risorse possano aggiungersi quelle dei Programmi operativi regionali del Fondo sociale europeo, dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all’art. 118 della legge n. 388/2000 nonché del Fondo di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 276/2003 (relativo all’area della somministrazione di lavoro).
24. L’art. 1 del D.I 9 ottobre 2020, con scelta condivisibile, “reinterpreta” le finalità del Fondo: le attività formative non sono orientate esclusivamente a migliorare le competenze utili all’impresa promotrice (come sembra indicare il primo comma dell’art. 88 della legge) ma possono tendere anche ad “innalzare il livello del capitale umano nel mercato del lavoro” e ad “offrire ai lavoratori competenze e strumenti utili per adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro”. Si apre in tal modo la prospettiva di un utilizzo dei percorsi formativi anche per guidare la ricollocazione sul mercato di lavoratori eccedenti, come conferma il secondo comma dell’art. 3 del Decreto laddove precisa che gli accordi sindacali possono prevedere “lo sviluppo di competenze…. anche al fine di promuovere processi di mobilità e di ricollocazione in altre realtà produttive”.
Decreto Interministeriale 9 ottobre 2020 come modificato dal D.I. 22 gennaio 2021.
Il sistema delle imprese ha dimostrato di apprezzare il Fondo, come si può dedurre dal provvedimento legislativo che ne ha esteso la durata al 31 dicembre 202225. L’apprezzamento, invero, va considerato alla luce di alcune critiche avanzate dalle associazioni delle imprese di minori dimensioni secondo cui le regole operative del Fondo hanno reso più agevole l’accesso alle aziende di maggiori dimensioni.
Le risorse, pur rilevanti, stanziate nel 2020 sono state rapidamente esaurite e si è rivelato necessario il suo rifinanziamento. Dopo primi provvedimenti assunti a questo fine, principalmente mediante utilizzo di risorse derivanti da REACT-EU26, il Piano Nuove Competenze (PNC) ha previsto che un ulteriore miliardo di Euro venisse destinato al rifinanziamento del Fondo, sempre a valere sulle risorse di REACT-EU, allo scopo di dare continuità nel tempo all’azione del Fondo.
E’ dunque in attuazione di quanto previsto dal PNC che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha recentemente emanato il D.I. 22 settembre 202227 che interviene su più punti della disciplina della materia anche apportando modifiche a parti del precedente D.I. 9 ottobre 202028.
I primi commenti a quest’ultimo Decreto hanno (correttamente) richiamato l’attenzione soprattutto sul rifinanziamento del Fondo29, incrementato, come si è detto, in misura pari ad un miliardo di Euro a valere sule risorse dell’iniziativa REACT_EU. Vi sono però anche altre innovazioni che meritano di essere segnalate in quanto, come anticipato, il nuovo Decreto integra e modifica il succitato D.I. 9 ottobre 2020.
L’art. 2 del D.I. in esame rimodula i meccanismi per il calcolo del rimborso spettante al datore di lavoro in relazione alle ore di lavoro destinate alla formazione. della retribuzione. Più precisamente, è previsto che, in via ordinaria, il Fondo rimborsi il 60% della retribuzione oraria, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali, per le ore destinate alla formazione e rimborsi interamente gli oneri relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali.
Si noti però che la quota di retribuzione finanziata dal Fondo potrà essere elevata
al 100% nel caso in cui gli accordi sindacali prevedano, oltre alla rimodulazione
25. ’V. l’art. 9, comma 8, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante “Disposizioni urgenti in materia di
termini legislativi”,
26. V. il decreto del Commissario straordinario ANPAL di data 1 febbraio 2022 n. 27, che ha riaperto l’istruttoria e la valutazione di tutte le istanze di accesso al Fondo Nuove competenze presentate entro il 30 giugno 2021, trovando copertura finanziaria, oltre che in economie, per circa 500 milioni di euro nelle risorse del Fondo REACT- EU (confluite nel programma operativo SPAO (Sistemi per le politiche attive del lavoro) secondo quanto previsto dalla l. 30 dicembre 2020, n. 178.
27. Il D.I. 22 settembre 2022 è stato registrato dalla Corte dei Conti in data27 ottobre 2022 e pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 2 novembre 2022. In precedenza, il testo era stato sottoposto all’esame preventivo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta dell’8 settembre 2022 al fine di acquisirne il parere. In tale sede Le Regioni hanno espresso parere negativo, richiedendo, in particolare, che fosse individuata una quota di riserva regionale. Il Governo ha ritenuto di non poter accogliere le proposte avanzate dalle Regioni “in particolare con riferimento alla richiesta di individuare una quota di riserva regionale, tenuto conto della necessità di assicurare l’opportuna omogeneità e coerenza sul piano nazionale del finanziamento a copertura degli oneri connessi alle intese di rimodulazione dell’orario di lavoro”.
28. Le modalità di calcolo del costo del lavoro e le modalità di verifica dei rendiconti sono state definite con Decreto
del Commissario straordinario dell’ANPAL del 23 settembre 2022, n. 275.
29. Per primi commenti v.: X. Xxxxxxxxx, Lavoro: decreto da un miliardo per il Fondo Nuove Competenze, Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2022; Quotidiano IPSOA, Fondo Nuove Competenze: in arrivo nuove risorse, edizione del 14 settembre 2022.
dell’orario di lavoro finalizzata a percorsi formativi, una riduzione dell’orario normale di lavoro a parità di retribuzione complessiva. L’impegno assunto in via contrattuale può anche essere sperimentale purché operi per almeno un triennio coinvolgendo tutti i lavoratori dell’azienda.
Al fine di consentire l’accesso al Fondo al più ampio numero possibile di imprese, è previsto un tetto al contributo massimo che può essere concesso per ciascuna istanza di finanziamento: dieci milioni di Euro.
Dalla lettura del Decreto emerge anche la volontà di promuovere sinergie tra i diversi strumenti finanziari e le diverse strutture che operano a sostegno della formazione continua. L’esperienza degli anni scorsi ha dimostrato che la procedura destinata a regolare l’intervento del Fondo si è rivelata in effetti un po’ farraginosa, a partire dalla numerosità dei soggetti coinvolti (ANPAL, Fondi interprofessionali, Regioni, INPS) per un unico intervento30. Nell’intento di rendere più fluido il percorso, il D.M. tende a chiarire meglio il ruolo degli attori in campo. In particolare, è definito più puntualmente il ruolo dei Fondi interprofessionali. Per essere più precisi, non solo si riafferma che i Fondi paritetici interprofessionali possono concorrere, mediante finanziamenti, alle attività di formazione ma si afferma che, “di norma”, l’attività di formazione è finanziata dai Fondi paritetici interprofessionali. Inoltre, vi è nel Decreto la sollecitazione alla collaborazione tra ANPAL e Fondi paritetici per lo scambio delle informazioni sui progetti formativi, sui lavoratori da formare, sugli esiti della formazione erogata e sulle attività di verifica svolte, anche al fine di semplificare gli adempimenti burocratici che gravano sui datori di lavoro.
Vi è un’altra novità che merita di essere segnalata. In inottemperanza a disposizioni legislative, il Decreto apre l’accesso al Fondo a nuovi soggetti, estendendo l’area di intervento. Sono ammessi, infatti, anche:
• i datori di lavoro che, in sede di intesa sindacale, identifichino “un fabbisogno di adeguamento strutturale delle competenze dei lavoratori conseguente alla sottoscrizione di accordi di sviluppo per progetti di investimento strategico” (di cui all’art. 43 del d. l. 25 giugno 2008, n. 112);
• i datori di lavoro che siano ricorsi al Fondo per il sostegno alla transizione industriale (di cui all’art. 1, c. 478, della legge 30 dicembre 2021, n. 234);
• le società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
Le novità investono anche il tipo di competenze su cui si vuole concentrare il sostegno del Fondo. Il Decreto, in attuazione di un preciso indirizzo del legislatore31, persegue
30. Secondo le procedure previste dal citato D.M. del 9 ottobre del 2020 il finanziamento da parte del Fondo è giunto dopo un complesso percorso a tappe: la richiesta è stata autorizzata da ANPAL che ha valutato il progetto formativo “sentita la Regione interessata” seguendo il criterio cronologico di presentazione; il contributo previsto è stato erogato dall’INPS, mediante il meccanismo dello sgravio contributivo. I Fondi Paritetici Interprofessionali hanno avuto la facoltà di finanziare le attività (limitatamente ai costi della formazione), in aggiunta a quanto concesso dal Fondo Nuove Competenze, ricorrendo al Conto formazione e/o al Conto sistema.
31. V. in proposito il decreto-legge 2t ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2O2l, n.2l5, e, in particolare, l’articolo ll-ter, il quale, tra l’altro, prevede al comma 2, che con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, siano ridefiniti: i limiti degli oneri finanziari a valere sulle risorse del Fondo Nuove Competenze, “prevedendo cornunque ……..
le caratteristiche dei datori di lavoro che possono presentare istanza, avendo particolare attenzione a coloro che operano nei settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica e digitale; ….”.
l’utilizzo mirato delle risorse, indirizzandole al finanziamento di attività formative funzionali alla creazione o all’innalzamento di competenze digitali o all’acquisizione o rafforzamento di competenze nel campo della sostenibilità ambientale, facendo proprie, in tal modo, le priorità del PNRR e di Next Generation EU (v. in proposito l’art. 3)32.
Anche la qualità delle attività formative è oggetto di particolare cura (v. l’art. 4). I progetti formativi (di durata variabile tra un minimo di 40 ore ed un massimo di 200 ore per ciascun lavoratore coinvolto) sono finalizzati all’acquisizione di una qualifica (o di singole unità di competenza) incluse nel Repertorio nazionale ed al rilascio di un’attestazione finale ai sensi del d. lgs. n. 13/201333. E’ peraltro riconfermato che tutti i datori di lavoro che intendano ottenere contributi dal Fondo dovranno erogare la formazione mediante il ricorso soggetti qualificati (enti accreditati a livello nazionale o regionale, gli Istituti di istruzione secondaria di secondo grado, università statali o non statali legalmente riconosciute, gli ITS, i Centri per l’istruzione degli adulti-CPIA, ecc.).
Su un punto, infine, va registrato un mutamento di indirizzo: contrariamente a quanto previsto in precedenza, l’impresa che presenta istanza di accesso al Fondo non potrà essere anche soggetto erogatore della formazione (v. art. 4, c. 6\.
Il D.I in esame si conclude affermando che restano ferme, ove compatibili, le disposizioni del precedente Decreto 9 ottobre 2020, come modificato dal Decreto 22 gennaio 2021; con apprezzabile precisione sono individuate le disposizioni di tale Decreto non più applicabili in quanto in contrasto con la nuova regolamentazione34.
4.2. Nuove condizionalità per i lavoratori collocati in CIGS: l’obbligo di partecipare ad iniziative di formazione professionale (D.M. 2 agosto 2022, n. 142).
L’art. 25-ter (Condizionalità e formazione) del D. Lgs. n. 148/201535 riscrive le regole di condizionalità per i lavoratori beneficiari di trattamenti di CIGS o di trattamenti erogati da Fondi di solidarietà. Più precisamente, la norma intende disciplinare gli obblighi di partecipazione ad attività formative gravanti sui lavoratori sospesi dal lavoro e destinatari dei sostegni al reddito sopra indicati e traccia le linee per la disciplina delle sanzioni da applicare loro in caso di mancata partecipazione. Invero, la definizione delle modalità di attuazione delle iniziative di carattere formativo rientranti nell’ambito di applicazione del provvedimento, nonché la definizione delle modalità e dei criteri con cui irrogare le sanzioni sono demandate a due distinti
32. Si ricorderà che la disciplina originaria del Fondo prevedeva il finanziamento di attività formative individuate con una formulazione molto più ampia;:esse dovevano far fronte “ai fabbisogni di nuove o maggiori competenze in ragione dell’introduzione di innovazioni organizzative, tecnologiche, di processo, di prodotto o di servizi in risposta alle mutate esigenze produttive dell’impresa”
33. Decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13: “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell’art. 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92”.
34. Il D.I. …. 2022 afferma che non si applicano alle intese di rimodulazione finanziate dal Fondo Nuove Competenze
alcune delle disposizioni contenute negli artt. 3, 5 ed 8 del D. M. 9 ottobre 2020.
35. L’art. 25-ter è stato introdotto dal comma 202 dell’art. 1 della l. n. 234/2021 (Legge di Bilancio per il 2022) al fine di colmare il vuoto derivante dall’abrogazione, ad opera della stessa legge, del comma 1 dell’art. 8 del d. lgs. n. 148/2015 e dell’art. 22 del d. lgs. n. 150/2015.
Decreti del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Si noti che per il primo dei due Decreti (quello relativo alle modalità di attuazione delle iniziative di carattere formativo) è richiesta l’intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D. Lgs n. 281/1997 (Conferenza Stato-Regioni unificata con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali).
Il rinvio investe punti fondamentali della disciplina sulla condizionalità al fine di dare compiuta attuazione all’intreccio tra sostegni al reddito (nel caso integrazioni salariali straordinarie) ed attività finalizzata all’innalzamento delle competenze dei lavoratori. Si comprendono, quindi, sia l’attenzione suscitata da tali Decreti, sia il vivace dibattito che ne è derivato (fin dall’apparizione degli schemi dei Decreti)36.
Il D.M. 2 agosto 2022, n. 14237, disciplina per l’appunto le “Modalità di attuazione delle iniziative di carattere formativo dei lavoratori beneficiari di integrazioni salariali straordinarie”, consolidando, in tal modo, l’intreccio tra politiche attive ed ammortizzatori sociali.
In prima battuta (v. gli artt. 1 e 2), il D.M. riprende le indicazioni dell’art. 25 ter del d. lgs. n. 148/2015 in merito alla individuazione dei destinatari delle attività di formazione o riqualificazione. Sono tenuti a partecipare alle attività formative i beneficiari di trattamenti di integrazione salariale straordinaria previsti sia dal Titolo I, capo III, sia dal Titolo II del succitato d. lgs. n. 148/2015, qualora tale attività siano previste dalla legge o da accordi sindacali.
L’intento precipuo è quello di rafforzare le competenze dei lavoratori sospesi e collocati in CIGS al fine di “mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio”. E’ espressamente previsto, dunque, che la formazione possa essere finalizzata anche a sostenere processi di ricollocazione presso altri datori di lavoro.
Le iniziative di carattere formativo possono essere finanziate (o cofinanziate) dalle Regioni e dai Fondi paritetici interprofessionali. Nell’intento di rendere più agile l’intervento di questi ultimi, è previsto che essi possano finanziare le attività formative sopra indicate sul Conto individuale/Conto formazione, oppure mediante la pubblicazione di avvisi per la concessione di finanziamenti sul Conto collettivo o di sistema.
Il D.M., al terzo e quarto comma dell’art. 3, riserva infine specifica attenzione alle caratteristiche che devono avere i progetti formativi o di riqualificazione: in proposito è richiesta:
- la personalizzazione dei percorsi di apprendimento;
- la valorizzazione del patrimonio di competenze possedute dal lavoratore (anche mediante servizi di individualizzazione o validazione delle competenze);
- il rilascio, al termine del percorso formativo, di un’attestazione (di trasparenza, di
validazione o di certificazione) dei risultati di apprendimento, conformemente a
36. V. in proposito le osservazioni critiche allo schema di Decreto di X. Xxxxxxxxx, La CIGS senza formazione porta al taglio dell’assegno, Il Sole 24 Ore, 10 agosto 2022.
37. Il D.M. 2 agosto 2022, n. 142 è stato pubblicato sulla G.U. il 28 settembre 2022.L’intesa sul contenuto del Decreto
è stata raggiunta in sede di Conferenza unificata nella seduta del 27 luglio 2022.
quanto disposto dal D.M. n. 13/201338 e dal Decreto interministeriale 5 gennaio 2021. Queste attività penetrano e condizionano il percorso di formazione. Così poste, esse si configurano come requisiti (impegnativi) per ottenere l’approvazione dei progetti.
4.3. (Segue): Le sanzioni in caso di mancata partecipazione alle attività formative. Il
D. M. n. 140 del 2 agosto 202239
In attuazione del comma terzo dell’art. 25-ter del d. lgs. n.148/2015, il D.M. del 2 agosto 2022, n. 140 disciplina l’apparato sanzionatorio volto a colpire la mancata partecipazione alle attività formative, senza giustificato motivo, dei lavoratori collocati in cassa integrazione straordinaria. Si noti che le sanzioni si applicano ai lavoratori beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria di cui al Capo III del Titolo I del d. lgs. n. 148/2015 ed anche a quelli beneficiari degli stessi trattamenti ai sensi e per gli effetti del Titolo II dello stesso d. lgs (riguardante i Fondi di solidarietà). Il Decreto all’art. 3 individua l’istituzione preposta alla verifica della partecipazione dei lavoratori alle attività formative: è l’Ispettorato del lavoro territorialmente competente; tenuto a comunicare all’INPS eventuali assenze non giustificate per l’applicazione delle conseguenti decurtazioni dei trattamenti.
Il provvedimento in esame stabilisce inoltre la graduazione delle sanzioni in relazione alla gravità delle assenze:
- la sanzione minima (prevista direttamente dal legislatore) è pari alla decurtazione di una mensilità del trattamento di integrazione salariale; essa è applicata nel caso in cui la mancata partecipazione risulti al di sotto del 25% delle ore di formazione;
- qualora la mancata partecipazione si attesti, invece, tra il 25% ed il 50% delle ore complessive del percorso formativo, è prevista la decurtazione di un terzo delle mensilità del trattamento di sostegno al reddito.
- qualora la mancata partecipazione superi il 50% del monte ore complessivo di formazione fino a raggiungere l’80%, la sanzione sarà pari alla decurtazione della metà delle mensilità spettanti;
- oltre la soglia dell’80% interverrà la dichiarazione di decadenza dai trattamenti di sostegno al reddito.
Come anticipato, ove le assenze siano riconducibili a giustificati motivi, non si applicano le sanzioni sopra esposte. Il decreto elenca quindi le cause che giustificano la mancata partecipazione: malattia o infortunio; svolgimento del servizio civile, gravidanza, gravi motivi familiari documentabili; limitazioni legali della mobilità personale; ogni altro impedimento che per cause di forza maggiore per fatti e circostanze che trascendono ogni valutazione soggettiva o discrezionale del lavoratore.
Per quanto riguarda le modalità per procedere alla decurtazione delle mensilità di integrazione salariale ai lavoratori che nei beneficiano a carico dei Fondi di solidarietà bilaterali alternativi (presenti nei settori dell’artigianato e della somministrazione di lavoro), il D. M. rinvia alle specifiche determinazioni dei soggetti prepositi alla
38. Il Decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13 è dedicato alla “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell’articolo 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
39. V. il testo in G.U. 28 ottobre 2022.
gestione di tali Fondi.
4.4. Il rafforzamento del sistema duale nel D. M. 2 agosto 2022, n. 139. (Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale-IeFP e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore -IFTS). Nell’ambito del Piano nazionale Nuove Competenze40 è stato attribuito un posto di rilievo all’ulteriore potenziamento del nostro “Sistema duale”, da tempo oggetto di sperimentazione ed a suo tempo già destinatario di specifiche misure di sostegno (v. l’art. 32 del d. lgs. n. 150/2015).
Danno ora corpo a questo obiettivo le “Linee Guida per la programmazione e attuazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) in modalità duale” di cui al Decreto del Ministero del Lavoro n. 139 del 2 agosto 202241. Rafforza il disegno la costituzione di un apposito “Osservatorio del Sistema Duale” avente il compito di accompagnare l’implementazione dei percorsi in modalità duale e di prevenire e fronteggiare le eventuali criticità, nonché di proporre eventuali modifiche alle linee guida42.
Come si desume dalla rubrica del Decreto, le “Linee Guida” definiscono il quadro entro il quale dovranno essere programmate e realizzate le attività oggetto del Decreto stesso, “delineandone le caratteristiche generali, identificando i destinatari e gli erogatori delle misure, nonché la programmazione degli interventi e i criteri di determinazione delle opzioni di costo semplificate”.
Alcuni aspetti, in particolare, meritano di essere segnalati, seppur sinteticamente: la mole complessiva delle attività che si intendono promuovere; la tipologia dei percorsi; le modalità didattiche utilizzabili;
Il target finale del Piano Nazionale esprime con evidenza le ambizioni sottese all’intervento: è prevista la realizzazione di un totale di 174mila percorsi, di cui 39 mila percorsi di Baselinein(pdeivrciodrusaili svolti grazie all’impiego esclusivo di
risorse diverse da quelle del PNRR) e 135mila percorsi aggiuntivi PNRR da realizzare nell’arco di tempo pari a 3 anni formativi, dal 2022/2023 al 2024/2025.
Quanto alla gamma dei percorsi finanziabili mediante le risorse del PNRR “Sistema
duale”, non si può non riconoscere che essa è ampia. Sono previsti:
1. Percorsi duali aggiuntivi rispetto all’offerta di leFP duale finanziata con risorse
ordinarie;
2. Percorsi di conversione in duale dell’offerta di leFP ordinamentale finanziata con
risorse ordinarie;
3. Percorsi extra diritto-dovere, organizzati in modalità duale (apprendistato o alternanza rafforzata) finalizzati all’acquisizione di una qualificazione di IeFP o di Istruzione e Formazione tecnica Superiore (IFTS) o di una certificazione di singole unità di competenza delle suddette qualificazioni.
Da quanto esposto emerge la precisa volontà di valorizzare le esperienze maturate nel
40. X. XXXX Xxxxxx, Xxxxxxxx 0 - Xxxxxxxxxx 1- Investimento 1.4 “Sistema duale. La misura è ditata di un finanziamento di 0,60 miliardi di Euro.
00.Xx D.M. in esame recepisce i contenuti dell’Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2022.
42. V. il Decreto Direttoriale 20 settembre 2022, n. 76.
corso delle sperimentazioni svolte negli anni passati: esse costituiscono la base su cui operar per dare continuità a quanto realizzato e per costruire l’ulteriore sviluppo del Sistema duale in Italia.
Riprendendo quanto previsto dal Piano Nazionale Nuove Competenze, la formazione in contesto lavorativo può essere erogata con diverse modalità didattiche:
1. Alternanza simulata: percorsi di apprendimento e/o orientamento in assetto esperienziale simulato presso l’istituzione formativa (ad esempio impresa formativa simulata, compiti di realtà) o nell’ambito di visite in contesti produttivi aziendali;
2. Alternanza rafforzata (percorsi di apprendimento in assetto esperienziale in impresa).
3. Apprendistato duale (riguardante i percorsi in apprendistato disciplinati dall’art. 43 del d. lgs. n. 81/2015).
Le “Linee guida” rivisitano e diversificano anche gli standard minimi relativi alla quantificazione delle percentuali di utilizzo delle modalità didattiche sopra indicate, applicate all’interno dei diversi percorsi duali43.
Il D.M. in esame, al fine di consentire (o promuovere) l’ampliamento dell’offerta formativa, prevede inoltre che i percorsi standard potranno essere affiancati da nuovi percorsi specificamente indirizzati a sviluppare gli interventi nel campo della “Imprenditorialità e transizione digitale”, in sintonia gli indirizzi del PNRR e di Next Generation EU.
E’ opportuno, in chiusura della trattazione del punto, un breve richiamo alle risorse finanziarie destinate all’obiettivo. A sostegno delle attività formative che le Regioni e le Province autonome sono chiamate a promuovere o realizzare al fine di rafforzare il Sistema duale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha già assegnato alle Regioni e alle Province autonome, per l’annualità 2021, una prima rata (pari al 20% del totale delle risorse riservate a questa tipologia di investimento del PNRR, pari a euro
€ 120.000.000,00)44.
4.5. L’intervento legislativo in affiancamento al PNRR: l’Istruzione Tecnica Superiore, dalla sperimentazione alla collocazione nell’ordinamento del sistema educativo.
A chiusura del contributo sulle politiche attive del lavoro ed in specie della parte dedicata al rapporto tra formazione e lavoro, è opportuno segnalare anche provvedimenti che attengono alla riforma del sistema educativo e che si saldano con la strategia di politica del lavoro perseguita dal PNRR. Mi riferisco, in particolare, al più ampio ruolo attribuito all’Istruzione Tecnica Superiore – ITS.
Questo obiettivo è perseguito non solo mediante il potenziamento dell’offerta formativa (in proposito basti ricordare l’obiettivo previsto dal PNRR di raddoppiare il numero degli attuali iscritti a percorsi ITS (attualmente si registrano 18.750 frequentanti
43. Per l’alternanza simulata è previsto un limite dal 15% al 25% delle ore del percorso del primo anno di IeFP; per l’alternanza rafforzata dal 30% al 50%; per l’apprendistato nel rispetto delle percentuali di formazione esterna definite ai sensi e per gli effetti del d. lgs. n. 81/2015; per i percorsi extra diritto-dovere (escluso l’apprendistato) dal 30% al 50% del percorso formativo.
44. V.. Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, Decreto Direttoriale 22 luglio 2022, n. 54- Ripartizione delle
risorse.
e 5.250 diplomati all’anno), ma anche mediante l’istituzione, con provvedimento legislativo, di uno specifico canale di istruzione terziaria non accademica nell’ambito del nostro sistema educativo. Risultato acquisito mediante la recente approvazione della legge 15 luglio 2022, n. 99, Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore.
Nel solco tracciato da molti Paesi europei, dopo un lungo periodo di “sperimentazione” (iniziato nel 201045) si consolida nell’ordinamento l’offerta di istruzione terziaria professionalizzante mediante percorsi, di durata biennale o triennale46, che si affiancano ai tradizionali percorsi accademici. Nell’intento di salvaguardare la peculiarità di questo canale del sistema educativo è previsto che gli ITS siano istituiti solo per “specifiche aree tecnologiche” che saranno definite mediante decreto ministeriale. Ne dovrebbe risultare quindi rafforzata “la presenza attiva dell’istruzione superiore nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori e dei diversi comparti produttivi”.
Ma gli elementi di innovazione non sono rinvenibili unicamente nell’ampliamento dell’offerta di istruzione di livello terziario (cosa in sé apprezzabile, visto che il nostro Paese risulta penultimo tra i 27 Paesi dell’Unione per percentuale di cittadini con un livello terziario di studi47). La legge sopra citata riformula la definizione degli Istituti, che acquisiscono il nome di Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy), e ripensa il loro modello di governance. Questi Istituti sono chiamati ad operare dando vita a forme di collaborazione organica tra scuole, università, enti di formazione professionale ed imprese del territorio, riprendendo e valorizzando quello che è stato uno dei principali fattori di successo delle esperienze fino ad ora realizzate. Per un verso, si intende in tal modo colmare una grave lacuna del nostro sistema educativo, nell’intento di assicurare alle imprese lavoratori con elevate competenze tecnologiche e tecnico professionali; per altro verso si offrono, in specie ai giovani diplomati, opportunità di istruzione ad alta probabilità di successo occupazionale (i monitoraggi sul punto attestano che circa l’80% dei diplomati risulta occupato entro un anno dall’acquisizione del titolo e, di questi, oltre il 90% risulta occupato in attività coerenti con il percorso formativo seguito48).
Sono inoltre molto interessanti le regole che assicurano il connubio tra istituzione educative e mondo produttivo: l’attività didattica sarà svolta per almeno il 60% del monte orario complessivo da docenti provenienti dalle imprese; stages e tirocini formativi sono obbligatori, occuperanno almeno il 35% del monte orario, e potranno essere svolti anche all’estero
5. Conclusioni
L’analisi svolta sullo stato di avanzamento delle Riforme e delle Missioni previste dal
PNRR-Italia in materia di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro consente
45. Gli Istituti Tecnici Superiori -ITS, disciplinati dal D.P.C.M. 25 gennaio 2008 ed attivati nel 2010, sono attualmente presenti nei diversi territori in numero ancora limitato: si tratta di 124 Istituti, correlati a sei aree tecnologiche considerate “strategiche” per lo sviluppo economico e la competitività del Paese,
46. I percorsi formativi degli ITS saranno organizzati su due dei livelli del quadro europeo delle qualifiche – EQ:
il quinto livello, di durata biennale ed il sesto livello di durata triennale:
47. L’Eurostat afferma che nel 2021 i cittadini italiani in possesso di titolo di studio di livello terziario rappresentavano il 17,8% della popolazione tra i 15 ed i 64 anni contro la media UE a 27 del 29,5%. Più in basso solo la Romania con una percentuale del 16,4%
48. V. INDIRE, Monitoraggio nazionale 2022 sui percorsi degli ITS conclusi nel 2020, Roma, 2022.
di affermare che nel corso del 2022 le amministrazioni pubbliche coinvolte (statali e regionali) hanno dimostrato di saper far fronte, in larga parte, agli impegni ed alle scadenze previste. L’ANPAL ha posto in luce che l’impegno delle istituzioni nel corso del 2022 si è concentrato “sull’implementazione degli strumenti nei diversi territori per raccordarli a livello nazionale”, puntando cioè sulle politiche che le Regioni hanno messo in campo valorizzandole in una cornice unitaria nell’intento di arrivare un giorno all’affermazione di una logica dei livelli essenziali delle prestazioni come veri e propri diritti esigibili dei cittadini”49.
Queste corrette constatazioni non esimono, in sede di conclusioni, dal segnalare elementi di criticità che possono essere ravvisati su punti specifici nell’intento di allontanare i pericoli rispetto al raggiungimento finale degli obiettivi prefissati.
Gli indubbi riscontri positivi registrati nell’attuazione della prima fase del Programma GOL sono un’ottima premessa per l’ulteriore cammino da compiere. Essi non devono però distogliere la nostra attenzione da alcune “debolezze” già emerse e che potrebbero eventualmente incidere sulle fasi successive.
Come si è detto in precedenza, il successo della strategia delineata dal PNRR dipende dall’attuazione, simultanea e sinergica, del Programma GOL, del Piano straordinario per il potenziamento dei Centri per l’impiego e del Piano Nuove Competenze. A questo proposito preoccupano, ad esempio, le difficoltà ed i ritardi che si riscontrano nell’attuazione del Piano di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro di cui all’art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter del d. l. n. 4/2019 conv. dalla l.
n. 26/2019. Si ricorderà che il Piano prevedeva l’assunzione da parte delle Regioni e delle Province autonome in tre anni (2019, 2020, 2021) di un contingente di personale da assegnare ai Centri per l’impiego fino ad 11.600 unità50. Ciò avrebbe dovuto consentire alle Regioni “di più che raddoppiare il numero di unità di personale impiegata nei centri per l’impiego”, passando, a seguito del completamento delle assunzioni, dai circa 8 mila a quasi 20 mila operatori. Un potenziamento considerato dal PNRR “fondamentale per dare concreta attuazione territoriale alle misure di politica attiva previste in GOL”51. Purtroppo, ormai giunti all’ultimo scorcio del 2022 possiamo affermare che il potenziamento non è ancora stato completato.
Inoltre, da prossimo anno inizierà la fase più difficile per l’attuazione del disegno tracciato dal PNRR, poiché sarà necessario erogare, ai lavoratori presi in carico e trattati mediante l’assessment, i servizi corrispondenti allo specifico percorso a cui sono stati indirizzati. Tra questi rivestono indubbiamente un ruolo cruciale i servizi di formazione, essenziali per sostenere adeguatamente i lavoratori nei processi transizionali (di passaggio da una occupazione ad un’altra o da una condizione ad un’altra) in cui saranno coinvolti52. Non a caso la loro integrazione con i servizi per l’impiego è considerata uno degli elementi di maggiore innovazione del Programma GOL. Si tratta però dei servizi che presentano maggiori difficoltà di attuazione, anche perché richiedono la predisposizione di percorsi di formazione disegnati sulla base
49. Così X. Xxxxxxxx, Commissario straordinario ANPAL, Dichiarazione sul sito ANPAL, ottobre 2022.
50. Per una più puntuale descrizione del Piano rinvio al mio contributo sulle politiche attive del lavoro nel XXIII
Rapporto Mercato del lavoro e contrattazione collettiva 2021, CNEL, Roma,2021, p. 66 ss.
51. V. Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 5, Componente 1.
52. S. Xxxxxxxxxxx, A. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx ( a cura di), Flexsecurity e mercati transizionali del lavoro , Adapt Univeristy press, 2021.
degli specifici fabbisogni del lavoratore. Inoltre, non appartenendo alla tradizione dei nostri servizi per l’impiego, le attività di formazione possono presentare difficoltà per i soggetti formatori (chiamati a riorganizzare la loro offerta formativa) e possono anche incontrare riserve da parte dei lavoratori, soprattutto da quelli da tempo lontani da attività di formazione.
Infine, poiché dal 2023 sarà necessario monitorare attentamente il raggiungimento degli obiettivi previsti anche a livello dei singoli territori (verificando se il raggiungimento del “target” dei beneficiari del Programma sia stato conseguito in ciascuna Regione e Provincia autonoma), è bene sollecitare con fermezza i territori che manifestano ritardi nella pubblicazione degli Avvisi.
Capitolo 3
La clausola di condizionalità all’occupazione di giovani e donne nel PNRR:
stato dell’arte e prospettive
di applicazione
Capitolo 3
La clausola di condizionalità all’occupazione di giovani e donne nel PNRR: stato dell’arte e prospettive di applicazione
Valentina Cardinali1
Premessa
La “condizionalità all’occupazione di giovani e donne” è un dispositivo di quota oc- cupazionale, che vincola gli operatori economici aggiudicatari di bandi di fondi Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e Pnc (Piano nazionale degli investimenti complementari)2 a destinare ai giovani under-36 e alle donne senza limiti di età almeno il 30 per cento dell’occu- pazione aggiuntiva creata in esecuzione del contratto per le attività essenziali ad esso connesse. Previsto a pagina 36 del PNRR, è disciplinato dall’art 47 del decreto legge n. 77/20213 e dalle “Linee guida per favorire la pari opportunità di genere e generazionale, nonché l’in- clusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC”, contenute nel DM 7.12.2021. Si tratta di un dispositivo di azione positiva, per sua natura derogatorio del regime ordinario (v.oltre) che il PNRR defi- nisce come obbligatorio sin dalla fase di presentazione dell’offerta e che disciplina con modalità specifiche, all’interno delle previste priorità trasversali di parità di genere e generazionale (v.oltre).
Ad oltre un anno dall’avvio del procurement PNRR, in assenza di un sistema di rila- scio periodico di dati di attuazione della condizionalità, è possibile avviare una riflessione circa il ruolo che, complessivamente, potrà avere l’applicazione di questa misura all’in- terno del Piano e il relativo livello di efficacia rispetto agli obiettivi per cui è sorta. Elementi che si possono desumere da una valutazione ex ante dell’impianto, della sua disciplina attuativa e del ruolo assegnato alla attuazione, monitoraggio e verifica del dispositivo all’interno del sistema di governance del PNRR.
1. La priorità “giovani e donne” nel PNRR, al netto della condizionalità
La parità di genere e generazionale è assunta nel PNRR come “priorità trasversale”, ossia implica l’obiettivo e l’impegno che tutte le Missioni contribuiscano al miglio- ramento delle condizioni di giovani e donne nel mercato del lavoro e nel sistema di inclusione socioeconomica. Per quanto riguarda il target giovanile (al suo interno, comunque, differenziabile per genere), il principio di parità generazionale è inteso
1. Esperta di mercato del lavoro e politiche di genere è Responsabile Struttura Mercato del Lavoro INAPP. Già componente del gruppo Occupazione femminile e disparità salariali, istituito dal Ministro del Lavoro e delle poli- tiche sociali con DM 29 marzo 2021 n.63.
2. Le misure di incentivazione e di tutela delle pari opportunità generazionali e di genere, nonché quelle per l’in- clusione lavorativa delle persone con disabilità di cui alle presenti linee guida si applicano a tutte le procedure afferenti gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste nell’ambito del Piano Na- zionale di Ripresa e Resilienza di cui al Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e al Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, nonché del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) di cui al decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101
3. Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108): “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
come “investire nelle nuove generazioni per garantire l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia, migliorare il sistema scolastico e invertire il declino di natalità del Paese”. Per parità di genere il PNRR intende “garantire con riforme, istruzione e investimenti le stesse opportunità economiche e sociali tra uomini e donne in un’ottica di gender mainstreaming”. 4
Il contributo delle singole Missioni alle priorità trasversali appare stabilito, a livello teorico, come probabile effetto diretto o indiretto sui target a seconda degli ambiti di applicazione delle Missioni e delle tipologie di progetti5. Nello specifico, si parla di effetto diretto in presenza di iniziative ad hoc (come il sostegno all’imprenditoria fem- minile o il servizio civile giovanile) e di effetto indiretto, laddove il Piano assegna una relazione tra ambito della Missione e beneficio del target, includendo con pari peso interventi strutturali, interventi all’occupabilità o all’occupazione (es: la transizione ecologica e la digitalizzazione come ambito di potenziale sviluppo di occupazione giovanile oppure l’investimento in strutture per l’infanzia come fattore propulsivo di maggiore occupazione femminile). Non risulta presente alcun sistema, definito ex ante, di indicatori specifici di carattere non rendicontativo volti a quantificare e qua- lificare il miglioramento concretamente previsto dai singoli progetti. E’ possibile, in- vece, rintracciare all’interno del complesso del sistema di monitoraggio PNRR6 (tra milestone e target) alcuni indicatori sensibili al genere e all’età, ma, tenendo conto della finalità gestionale del sistema, l’unità di riferimento è sempre la Missione e la Misura e la tipologia di informazioni è di standard di attuazione e di gestione.
Pertanto, il contributo PNRR alle priorità trasversali (non in ottica di spesa ma di ef- fetto sui beneficiari) potrà forse essere valutato, in termini complessivi, solo ex post, attraverso un’operazione di integrazione di diverse fonti informative.
Focalizzando l’analisi sulla componente di parità di genere e generazionale relativa al miglioramento della presenza nel mercato del lavoro, nel Piano è comunque contenu- ta una stima dell’incremento occupazionale che l’attuazione degli interventi dovrebbe apportare su giovani e donne: nello specifico si afferma che al 2026 l’occupazione fem- minile dovrebbe segnare un aumento del 3,7% rispetto allo scenario di base e l’occu- pazione giovanile un aumento del 3,2% - al “netto della condizionalità”7 (v.oltre).
Si tratta, tuttavia, di stime condotte a “mercato vigente”, ossia avendo come riferimen- to proprio quel mercato in cui si producono - e si riproducono - i fattori determinanti i gap di accesso e partecipazione al mercato del lavoro di giovani e donne, che presen- tano oramai carattere strutturale8.
4. Cfr xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxx.xx/ che informa sulla struttura e sull’andamento dell’attuazione del PNRR.
5. Cfr. Italia Domani cit.
6. Le milestone definiscono generalmente fasi rilevanti di natura amministrativa e procedurale: sono traguardi qualitativi da raggiungere tramite una determinata misura del PNRR (riforma e/o investimento); individuano spesso fasi chiave dell’attuazione delle misure (e.g. legislazione adottata, piena operatività dei sistemi informativi, etc.). I Target rappresentano risultati attesi dagli interventi, quantificati con indicatori misurabili: sono traguardi quantitativi da raggiungere tramite una determinata misura del PNRR (riforma e/o investimento); sono misurati tramite indicatori ben specificati. Non risultano milestone e target specificatamente assegnati come declinazioni delle priorità trasversali.
7. Cfr. parte 4 del PNRR
8. Cfr. Xxxxxxxx M. (a cura di) Inapp Gender policies Report 2021 xxxxx://xx.xxxxx.xxx/xxxxx/xxxx- le/20.500.12916/3396; Cardinali V. ( a cura di) Inapp Gender policies report 2020-2019 xxxxx://xx.xxxxx.xxx/xx-
Porre l’accento proprio sul tema degli ostacoli alla partecipazione al mercato del lavo- ro dei giovani e donne - che coinvolgono simultaneamente il versante della domanda e offerta di lavoro e i fattori di sistema – è particolarmente importante per compren- dere la scelta e la funzione del dispositivo di condizionalità nel PNRR. La misura, infatti, nasce proprio con la volontà di affrontare e bypassare quegli ostacoli, in una situazione di consolidati e irrisolti gap nell’occupazione di uomini e donne.
2. La clausola di condizionalità: ammissibilità e disciplina
2.1. La ratio di una misura “di ultima istanza”
La clausola di condizionalità per giovani e donne – elaborata dal gruppo di lavoro “Occupazione femminile e disparità salariali”, di cui al Decreto del Ministro del Lavo- ro e delle Politiche Sociali del 29 marzo 2021 n.639, è un dispositivo di quota occupa- zionale la cui legittimità, ampiamente codificata in norma e giurisprudenza10, si fonda nella sua natura di “azione positiva”11. Con questo termine si intende una o più inizia- tive/policies di carattere temporaneo, volte ad attribuire un vantaggio comparativo a un gruppo svantaggiato, giustificato dalla gravità, persistenza e quindi eccezionalità della situazione di squilibrio che deve andare a correggere. L’idoneità dello strumen- to alla situazione del mercato del lavoro di giovani è donne è palese: la gravità della situazione dei bassi tassi di occupazione - misurabili in punti di PIL mancato12 - il loro ridottissimo tasso di crescita nel tempo e la sostanziale impermeabilità registrata rispetto alle ordinarie misure employment oriented, sono tutti fattori che legittimano un intervento di azione positiva come strumento “di ultima istanza”. Questa espressio- ne, “ultima istanza”, evidenzia come all’origine della scelta di inserire la clausola di condizionalità nel PNRR vi fosse la chiara consapevolezza che il Piano poteva rappre- sentare l’occasione per tentare una forzatura nei confronti di una problematica restata irrisolta con gli strumenti di policy “ordinaria”. La quota occupazionale consentiva di legare esplicitamente l’ingente flusso di finanziamenti all’aumento dei tassi di occu- pazione di giovani e donne, puntando chiaramente alla creazione di posti di lavoro
lui/handle/20.500.12916/848
9. in AA.VV. Linee per un piano di piena e buona occupazione femminile (e generale) di X. Xxxxxxxxx, D. Archi- bugi, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, E. Xxxxxxxx, A. Xxxxxxxxx xon la collabora- zione di: X. Xxxxxxxxxx, S. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx), documento presentato il 14 dicembre 2021 presso Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
10. X. Xxxxxx, Le azioni positive, 2019, in X. Xxxxxxx x A. Xxxxxxx, La tutela antidiscriminatoria. Fonti, strumenti, interpreti, 2019, Gixxxxxxxxxx, Torino, pp. 501-517, pp. 501-502; X. Xxxxxxx, L’eguaglianza come scudo e l’egua- glianza come spada, 2002, in RGL, pp. 805 e ss., citato in X. Xxxxxx, cit. e X. Xxxxxx, Azioni positive possibili tra lotta alle discriminazioni e promozione dell’uguaglianza, in “Lavoro e diritto, Rivista trimestrale” 2/2005, pp. 273-294, doi: 10.1441/19216; X. Xxxxxxx, Le azioni positive nel costituzionalismo contemporaneo, 2008, Casa Editrice Jovene, Napoli, pp. 5-25; X. Xxxxxxxx “I princìpi costituzionali in materia di azioni positive nella giurisprudenza della Corte costituzionale” in AAVV Linee per un piano di piena e buona occupazione femminile (e generale) cit.
11. Le azioni positive sono uno strumento di diritto diseguale volto alla realizzazione dell’uguaglianza sostanziale attraverso la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione delle pari opportunità, in linea con l’arti- colo 3 comma 2 della Costituzione1, nel quale trovano fondamento costituzionale. A. Xxxxxxxxx, L’uguaglianza di genere nell’UE: categorie giuridiche e tutele, in “Rivista Associazione Italiana dei Costituzionalisti”, n. 4/2020, pp. 19-58, pp. 22-23
12. EIGE Vantaggi economici dell’uguaglianza di genere nell’Unione europea xxxxx://xxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xx- fault/files/documents/2017.2083_mh0217178itn_pdfweb_20171130122530.pdf; World Economic Forum (2021); Banca d’Italia Le donne e l’economia italiana, Questioni di Economia e Finanza n.17/13; Banca d’Italia, Bollettino economico 3/2022.
aggiuntivi, che non fossero solo stimabili, ma “programmabili” sin dall’avvio dell’e- secuzione dei progetti. Contemporaneamente, questa operazione consentiva di dare concretezza al ruolo delle Missioni rispetto alle priorità trasversali di genere e gene- razionali, affiancando l’approccio teorico citato al par. 1, con uno strumento specifico e monitorabile, in grado di produrre output quantitativi (il numero di posti di lavoro per giovani e donne imputabili al PNRR).
Ovviamente la natura derogatoria del dispositivo “di ultima istanza” implicava di uscire dalla logica del già descritto “mercato vigente” - in cui i gap occupazionali di giovani e donne non avevano nel tempo trovato composizione - e di intervenire, in- vece, in quel mercato in funzione correttiva, proprio con riferimento alle determinanti i bassi tassi di occupazione prima citati. I livelli di partecipazione di giovani e donne nel mercato del lavoro, infatti, dipendono da un complesso di fattori interrelati, che non nascono solo dal mercato e che dal solo mercato non sono conseguentemente risolvibili. Non sono esclusivamente il risultato di un inefficiente match tra domanda ed offerta – e quindi solo marginalmente possono essere influenzati dal restyling dei sistemi di intermediazione pubblici e privati. Non sono solamente “costi aggiuntivi” per le imprese in clima di incertezza – stante il basso take up medio delle misure di incentivazione13 . Non sono nemmeno esclusivamente l’esito dell’inadeguatezza dei profili disponibili rispetto alle richieste della domanda di lavoro – stante che l’incre- mento delle competenze non sempre determina analogo tasso di placement, come evidenzia l’elevato livello di overeducation femminile a fronte dei bassi tassi di occu- pazione registrati14. Incidono sui livelli di partecipazione, invece, almeno tre ordini di fattori: a) una componente soggettiva (es: condizione familiare, reddito disponibile, progetti di vita) che determina il costo opportunità ad entrare nel mercato del lavoro e a quali condizioni e costi; b) almeno tre componenti di contesto, quali la presenza di: dispositivi che non determinino un effetto spiazzamento rispetto alla partecipazio- ne; una domanda di lavoro “grigia” economicamente concorrenziale; un sistema di reclutamento e di diffusione delle vacancies trasparente e diffuso; c) una componente culturale, spesso poco osservata ma determinante, che attiene alla domanda di lavoro e alla sua cultura organizzativa, in cui agiscono, consapevolmente ed inconsapevol- mente, stereotipi generazionali e di genere che incidono sulle scelte di reclutamento, sviluppo e investimento. Il tutto, in un contesto in cui il principale canale di accesso al lavoro è affidato all’intermediazione informale15 (in primis conoscenze o coopta-
13. Cfr. X. Xxxxxxxxx Il ruolo degli incentivi all’occupazione nel 2021: lavoro a termine, part time, fragilità contrat- tuale - Inapp policy brief n. 28 – giugno 2022 xxxxx://xx.xxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxx/00.000.00000/0000/XXXXX_ Ruolo_degli_incentivi_occupazione_2021_PB_28_2022.pdf?sequence=1
Consulenti del Lavoro, Sgravi 2015 e 2016: gli effetti reali sull’occupazione, 2021; AA.VV Incentivi occupazionali 2022: quali opportunità per le imprese? Bollettino ADAPT 24 gennaio 2022, n. 3; X. Xxxxxxx Il ruolo degli incentivi fiscali alle Imprese su investimenti e lavoro, INAPP xxxxx://xx.xxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxx/00.000.00000/0000
14. Almalaurea, Condizione occupazionale dei laureati 2021; Fondazione Adapt, Le opportunità occupazionali dei
giovani: il ruolo del placement universitario, 2011; Isfol Indagine Nazionale Placement Primi risultati e aspetti metodologici 2011; INAPP, xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxxxx.xxx; X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx X’overeducation in Italia: le determinanti e gli effetti salariali scuola democratica 2/13; Caxxxxxxxxx, C., Roxxx, L. and Töpfer, M. (2018), “Overe- ducation and the gender pay gap in Italy”, International Journal of Manpower, Vol. 39 No. 5, pp. 710-730. https:// doi.org/10.1108/IJM-12-2016-0235; Fanti, L., Guarascio, D., Tubiana, M. (2021). Skill Mismatch and the Dynamics of Italian Companies’ Productivity, Applied Economics; Esposito P., Scicchitano S. (2022), Drivers of skill mis- match among Italian graduates: The role of personality traits, Roma, Inapp, WP, 86 https://oa.inapp.org/xmlui/ handle/20.500.12916/3509
15. F. Bergamante, E. Mandrone e M. Marocco I canali di ingresso nel mondo del lavoro, Inapp policy brief n. 29 –
zione in ambito professionale), che rafforzando la segregazione (per genere ed età) esistente nei settori economici e tra i profili professionali, rende il sistema “ordinario” di distribuzione di chances di accesso particolarmente inefficace per i target marginali nel mercato del lavoro.
In questo scenario, la condizionalità, essendo uno strumento cogente che va ad orien- tare il comportamento del datore di lavoro verso risultati predeterminati (specifica at- tenzione a giovani e donne nel processo di reclutamento), può consentire di superare l’attitudine a processi selettivi per cooptazione settoriale16 e di contrastare, al contem- po, la presenza di bias generazionali e di genere, anche inconsapevoli. La sua applica- zione può offrire chance a persone a cui, nel regime ordinario descritto, la informativa di vacancy non sarebbe probabilmente nemmeno arrivata. In questo senso, la quota (seppur misurata solo su un terzo del totale delle assunzioni), può davvero innestare un processo di equa ridistribuzione delle opportunità, agendo, grazie alla cogenza dell’adempimento, non nei tempi lunghi del mutamento culturale, ma nell’arco di vita del progetto.
Da quanto affermato sinora, emerge come la condizionalità, come strumento in dero- ga, sia finalizzato a fornire facilitazione all’accesso all’occupazione, quindi all’aumen- to quantitativo delle opportunità. Non vi sono indicazioni contenute nella disciplina attuativa circa la “qualità” dell’occupazione da assegnare in quota e quindi la tipolo- gia contrattuale, il livello di stabilità, il regime orario o eventuali soglie retributive. Si tratta di aspetti che nell’ottica di una valutazione ex post del dispositivo ai fini di una riproposizione o messa a sistema della sperimentazione, andrà adeguatamente affrontata, soprattutto in relazione a target che maggiormente presentano bassi tassi di occupazione corredati da alti livelli di instabilità e bassi livelli retributivi.
Quale spettro di manovra il dispositivo, nella attuale configurazione, potrà avere sarà evidenziato al par. 3. Di seguito evidenziamo, invece, gli aspetti operativi ed il ciclo di applicazione del sistema quota.
2.2. L’iter di applicazione (e disapplicazione) della condizionalità
La clausola di condizionalità è prevista dalla norma come obbligatoria e vincolante per tutti gli operatori economici aggiudicatari di bandi per i fondi Pnrr e Pnc sin dalla fase di presentazione dell’offerta, ma per essere operativa, deve essere inserita e disci- plinata dalle stazioni appaltanti (di seguito SA) all’interno dei bandi di gara, secondo le disposizioni previste dalle Linee guida del DM 7.12.22 – le quali prevedono anche il relativo sistema di deroghe (totali o parziali) e sanzioni.
Nel ciclo di vita della condizionalità il primo step, quindi, prevede l’espressione della facoltà da parte della SA di applicare o meno la quota all’interno del bando che sta per emanare. Qualora decida di ricorrere a deroga (totale o parziale), secondo i criteri e le modalità previste dalle Linee guida (v.oltre), deve comunicare ad ANAC tale de- cisione, corredata da adeguata motivazione. Si tratta di una facoltà, in quanto pur in presenza di presupposti che potrebbero legittimare la deroga, la SA può comunque
giugno 2022; https://oa.inapp.org/bitstream/handle/20.500.12916/3562/INAPP_Bergamante_Mandrone_Ma- rocco_Canali_ingresso_lavoro_PB29_2022.pdf?sequence=1; E Mandrone, M. Marocco Canali informali per cercare lavoro La voce.info 5.7.22.
16. V.nota 6
decidere di non avvalersene.
In presenza di quota nel bando, gli operatori economici partecipanti devono darne conto nella progettazione e quelli aggiudicatari dovranno applicarla nel corso dell’e- secuzione del contratto. La soglia del 30% è da intendersi riferita a giovani e donne come due target autonomi con ammissibilità di procedere a quota unica, secondo le ipotesi indicate nelle Linee guida17. La quota si riferisce a nuove assunzioni18 per l’ese- cuzione di “attività essenziali” del contratto19 e il computo può comprendere le ipotesi di subappalto20.
La verifica della applicazione corretta della clausola avverrà a fine contratto, secondo le modalità indicate dalle Linee guida21 e potrà prevedere per l’ente aggiudicatario sanzioni e penali in caso di copertura assente o parziale.
Come anticipato, il ricorso alla deroga da parte della SA implica l’obbligo di fornire ad ANAC “adeguata e specifica motivazione prima o contestualmente all’avvio di pro- cedura ad evidenza pubblica” e la deroga può essere totale (completa inapplicabilità) o parziale (riduzione della soglia del 30%). Le deroghe sono considerate ammissibili qualora “l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati dalla stazione appaltante (come, ad esempio, il tipo di pro- cedura, il mercato di riferimento, l’entità dell’importo del contratto ecc.) rendono la clausola impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbli- che”22. La deroga si estende anche ai contratti che prevedono le cd. Clausole sociali23. Nel caso specifico della deroga parziale, (ossia la riduzione della soglia del 30%) i criteri di ammissibilità individuati dalle Linee guida per le SA sono difformi tra i due
17. Linee guida cit. Par. 5 “Calcolo della quota del 30 per cento”
18. Le assunzioni da destinare a occupazione giovanile e femminile si identificano con il perfezionamento di con- tratti di lavoro subordinato disciplinati dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dai contratti collettivi sotto- scritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
19. Il primo riguarda le attività necessarie per l’esecuzione del contratto. Tale riferimento non implica di distingue- re tra assunzioni necessarie e non necessarie, ma introduce una relazione o un nesso funzionale tra l’esecuzione del contratto e le assunzioni, nel senso che nel calcolo della quota corrispondente al numero delle assunzioni obbli- gatorie occorre fare riferimento a tutte le assunzioni funzionali a garantire l’esecuzione del contratto aggiudicato. Devono ritenersi escluse dal citato computo le assunzioni non funzionali a garantire l’esecuzione del contratto. In questo senso la disposizione deve essere esaminata contestualmente alla tipologia di contratti di lavoro rile- vanti ai fini del calcolo della medesima quota del 30 per cento (linee guida cit. par 5).
20. Il perimetro applicativo dell’obbligo di assunzione è comunque delimitato all’interno del contratto aggiudicato e la disposizione introduce un obbligo rivolto al contraente principale. L’obbligo deve comunque essere inteso come riferibile anche alle prestazioni che questi esegue tramite subappalto o avvalimento, purché rientranti nel descritto perimetro applicativo. Sul punto, ferma l’autonomia della stazione appaltante in ordine alla determi- nazione delle preferibili modalità di indicazione del citato obbligo assunzionale all’appaltatore e al subappalta- tore - con uno specifico riferimento in sede di autorizzazione del subappalto, fin dal momento della stipulazione del contratto con l’appaltatore ovvero con entrambe le modalità - le quote di cui all’articolo 47, comma 4, sono calcolate sul totale delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per le attività ad esso connesse e strumentali, restando invece irrilevante la concreta ripartizione delle stesse assunzioni tra appaltatore e subappal- tatore (linee guida cit. par 5).
21. Su valutazione discrezionale della stazione appaltante, la penale è parametrata giornalmente tra lo 0,6 per mille e l’1 per mille dell’ammontare netto contrattuale, ma non oltre il 20% del totale del finanziamento (come previsto dall’art 50 del detto decreto).
22. Linee guida cit.
23. “in tutti casi in cui nelle nuove assunzioni intervengono ‘clausole sociali’ di riassorbimento occupazionale – come può accadere nel cambio di appalti di servizi – la deroga può trovare adeguata motivazione nell’obiettivo di garantire stabilità occupazionale agli addetti che escono da una precedente fornitura”. (linee guida cit.)
target. Nel caso dei giovani, rende ammissibile una quota inferiore la non corrispon- denza tra esperienza richiesta dalla selezione ed età anagrafica24, elemento valutabile dalla SA. Nel caso delle donne, invece, si introduce, come motivazione specifica, un dato oggettivo: la presenza di un “tasso di occupazione femminile nel settore Ateco 2 Digit di riferimento del progetto, inferiore al 25% della media nazionale”, da in- tendersi tuttavia come ‘tasso di femminilizzazione’, ovvero la percentuale di donne occupate sul totale degli occupati in quel settore25. Ne consegue che questa soglia di “sbarramento settoriale”, fotografando la realtà di segregazione settoriale di genere nel mercato del lavoro ordinario, rende la condizionalità applicabile solo nei settori ove le donne sono più presenti (v.oltre).
Circa gli esiti dell’applicazione del dispositivo, il Monitoraggio non avviene all’in- terno del Sistema Regis - previsto per il complesso del PNRR dal decreto del Presi- dente del Consiglio dei Ministri del 15 settembre 202126, ma richiede una procedura diversa che fa capo alla governance specifica del sistema di public procurement. L’art 5, comma 4 del citato Decreto, infatti, definisce come Responsabile della ricezione e trattamento dei dati e delle informazioni relative specificatamente all’applicazione del principio di condizionalità l’ANAC - l’Autorità Nazionale Anticorruzione, per la sua competenza in chiave di contratti ed appalti. Ad ANAC è assegnato il compito di “individuare i dati e le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori devono fornire, secondo termini e forme di comunicazione standardizzate, alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, al fine di monitorare l’adozione dei requisiti e dei criteri premiali per le pari opportunità generazionali e di genere, nonché per l’in- clusione lavorativa delle persone con disabilità”27. I termini per l’avvio di questo pro- cesso (definito con la Delibera n. 122 del 16 marzo 2022) sono stati fissati a partire dal 27 luglio 2022. Le informazioni che le SA devono comunicare al Sistema SIMOG sono:
a) la previsione nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, del rispetto della clausola di condizionalità; b) la presenza di deroghe motivate; c) la previsione nel bando di ulteriori misure premiali – facoltative - che attribuiscono un punteggio aggiuntivo al candidato ai sensi del comma 5 dell’art 47 del DL semplificazioni, sulla base di una
24. Per quanto attiene all’occupazione giovanile, la motivazione, a sostegno della deroga all’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento di nuove assunzioni di giovani, potrebbe considerare i casi in cui esigenze specifiche correlate alle caratteristiche delle mansioni da svolgere per l’esecuzione del contratto o per la realizza- zione di attività ad esso connesse o strumentali, richiedano, per oltre il 70 per cento delle nuove assunzioni, una pregressa esperienza o specializzazione tali da rendere la fascia anagrafica giovanile con esse incompatibile (Linee guida cit. par.6)
25. In questo caso, tuttavia, anche a fronte di una riduzione della quota, il progetto dovrà comunque operare per realizzare l’assunzione di donne per una quota superiore al 5% Linee guida cit. par.6
26. Ad oggi sono titolari del monitoraggio Amministrazioni centrali titolari, responsabili dell’attuazione degli investimenti e delle riforme, dell’attivazione delle procedure per la realizzazione delle misure la selezione dei progetti, nonché della realizzazione di milestone e target di rispettiva competenza. Soggetti attuatori, tra cui le Amministrazioni territoriali (Regioni, Provincie Autonome di Trento e Bolzano, Città metropolitane e Comuni), gli EGATO, le Autorità portuali, i Commissari speciali, e altri enti pubblici responsabili della realizzazione dei singoli progetti. Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Servizio Centrale per il PNRR, responsabile del coordinamento tecnico per l’attuazione, monitoraggio, valutazione rendi- contazione e controllo del PNRR e l’Unità di missione NGEU - RGS, istituita ai sensi dell’articolo 1, comma 1050, della Legge n. 178/2020, con compiti di valutazione in itinere, verifica degli scostamenti e della qualità dei dati (Linee guida per il Monitoraggio
27. Art. 10 Linee guida cit.