Capitolo 1
Capitolo 1
PER REALIZZARE UNO SCOPO COMUNE NELLA NORMATIVA EUROPEA E NAZIONALE
SOMMARIO: 1. I contratti che realizzano uno scopo comune tra le imprese. – 2. I contratti di collaborazione tra enti pubblici. – 3. Gli accordi per realizzare uno scopo comune nel diritto e nella prassi dell’Unione europea. – 4. Gli accordi per realizzare uno scopo comune negli altri paesi europei. – 5. Funzioni dei contratti che stabiliscono uno scopo comune.
1. – I contratti che realizzano uno scopo comune tra le imprese
Negli ultimi decenni si può osservare un considerevole aumento dei casi in cui la legge e la prassi prendono in considerazione contratti che realizzano un rapporto associativo o comunque uno scopo comune alle parti.
Nell’esperienza giuridica italiana, accanto ai contratti previsti nel codice civi- le che danno origine a nuovi soggetti di diritto come le associazioni, di cui al Li- bro I, le società e consorzi 1, previsti nel Libro V, si assiste al notevole sviluppo di contratti «associativi atipici» 2, che nascono dalla pratica anche prima delle innovazioni legislative 3.
È il caso delle «fondazioni di partecipazione» 4 nate dalla collaborazione tra pubblici e privati per raggiungere finalità di interesse generale 5 utilizzando il
1 Per la configurabilità del consorzio come contratto con comunione di scopo, x. Xxxx. civ.
Sez. I, 9 luglio 1993, n. 7567, in Mass. Giur. It., 1993, col. 724-725.
2 Cfr. X. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Commentario al codice civile Scialoja-Branca, Bolo- gna, 2002.
3 I raggruppamenti temporanei di imprese, nell’ambito degli appalti, furono considerati am- missibili anche prima che fossero nominati nelle fonti legislative: v., per es., Cass. 24 dicembre 1975, n. 681.
4 X. XXXXXXX, La fondazione di partecipazione: natura giuridica e legittimità, in AA.VV., Fonda- zioni di partecipazione, I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2007, p. 25 ss.
5 Sull’utilizzo delle fondazioni per il perseguimento di interessi pubblici, v., tra gli altri, M.P.
modello della fondazione opportunamente adattato negli ultimi decenni 6, per consentire la partecipazione di più soggetti alla costituzione e al funzionamento della persona giuridica.
Un primo settore in cui si è realizzata questa evoluzione è senz’altro la legi- slazione in ambito commercialistico, dove si osserva un sempre maggiore favore per le forme di collaborazione tra imprese 7.
La stessa disciplina codicistica dei consorzi è stata progressivamente ampliata (v. l. n. 377/1976 e l. n. 240/1981) dall’iniziale esclusiva funzione regolatrice del- la concorrenza, a «strumento di collaborazione generale tra imprese diverse, vol- to a realizzare le più razionali ed opportune sinergie» 8.
La relazione alla legge del 1976 parla di:
«uno strumento disponibile per ogni forma di collaborazione che non abbia ca- rattere societario e cioè per ogni forma di collaborazione consistente nel mettere in comune l’esplicazione di un servizio o, in genere, di una o più fasi del ciclo di impre- sa, lasciando tuttavia ferma l’autonomia economica delle singole imprese e, di conse- guenza, la diretta riferibilità a tali soggetti dei risultati delle rispettive imprese».
Inoltre, i consorzi sono utilizzati per finalità diverse dalla collaborazione tra imprese, come accade per i «consorzi di urbanizzazione» 9.
La legge ha previsto altri contratti con comunione di scopo che interessa- no le imprese quali gli accordi per la ristrutturazione dei debiti, (in preceden- za v. agli art. 182-bis l. fall.; oggi v. gli «Strumenti di regolazione della crisi» ed in particolare gli «Accordi di ristrutturazione dei debiti», di cui agli artt. 57 ss. d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insol- venza in attuazione della l. 19 ottobre 2017, n. 155 10); le convenzioni inter-
CHITI, La presenza degli enti pubblici nelle fondazioni di partecipazione tra diritto nazionale e dirit- to comunitario, in Fondazione di partecipazione, I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notaria- to, 2/2007, p. 32 ss.; A. XXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), La nuova disciplina delle associazioni e delle fondazioni, in Quad. riv. dir. civ., Padova, 2007; X. XXXXXXX, Delle persone giuridiche, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, II ed., 2006.
6 Per quanto riguarda lo schema codicistico, v. A. XXXXXX, voce Fondazione, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civ., vol. VIII, Torino, 1992, p. 364.
7 Come ricorda Cons. Stato Sez. V, 14 maggio 2001, n. 2641, in Foro Amm., 2001, f. 5.
8 Cass. civ. 18 marzo 1995, n. 3163, in Giur. It., 1995, I, 1, p. 1800; in Società, 1995, 1423 nota di SARALE.
9 V., tra gli altri, X. XXXXXXXXX, Il recesso nei consorzi di urbanizzazione, in Contratto e Impr., 2006, 2, p. 339 secondo il quale lo scopo di tali consorzi, qualificabili come contratti plurisogget- tivi con comunione di scopo, «è quello di migliorare la qualità della vita, in residenza o in vacanza, ovvero di procurare, ai consorziati, una maggiore redditività dell’investimento immobiliare». Sullo scopo comune di detti consorzi, v. anche A. CASTELLANO, Consorzi in genere sulla natura giuridica dei consorzi di urbanizzazione, in Corriere Giur., 1997, 7, p. 844.
10 V. per esempio X. XXXXX, Uff e disciplina dell’insolvenza (II parte) – Le procedure d’insol- venza delle società facenti parte di un gruppo di società, in Giur. It., 2018, 2, p. 480; E. CAPOBIAN-
bancarie per il risanamento delle imprese 11 o i patti parasociali 12.
La legge si riferisce poi ai «contratti di rete di imprese» 13, attraverso i quali:
«due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività eco- nomiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato» (v. art. 3, co. 4-ter, d.lgs. n. 5/2009, conv. con l. n. 33/2009 e successive modificazioni) 14.
Tali contratti sono stipulati tra più imprenditori e prevedono la realizzazione di un «programma comune di rete» con:
«lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano».
CO, Le patologie degli accordi di ristrutturazione, in Dir. Fall., 2013, 2, p. 10186; X. XXXXXX, ffffetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv. dir. civ., 2009, 3, p. 10337; C. PROTO, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento, 2006, 2, p. 129; i quali comunque mettono in luce che tali accordi possono eventualmente presentarsi come plurisoggettivi, ma che possono formularsi anche in modo bilaterale. Anzi per una parte della giurisprudenza (v. per es. Cass. 20 maggio 1993, n. 5736, in Il Fallimento, 1993, p. 1135 ss.; Cass. 18 marzo 1979, n. 1562, in Giust. civ., 1979, I, p. 951, e in Giur. comm., 1980, II, p. 700) e della dottrina (G. LO XXXXXX, Il concordato preventivo, Xxxxxxx, 2015, p. 879 ss.; X. XXXXXXX, Accordi di ristrutturazione dei debiti: la «meno incerta» via italiana alla «reorganization»?, commento a Tribunale di Milano, sez. II, 23 gennaio 2007, in Il Fallimento, 6, 2007, p. 708; X. XXXXXXXXX, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel quadro dell’intervento correttivo del 2007: una possibile soluzione alla crisi d’impresa, in Diritto fall., 2007, p. 925 ss.) si dovrebbe parlare di un fascio di accordi bilaterali di carattere re- missorio tra il debitore ed i singoli creditori, sebbene tali accordi siano tra di loro collegati dallo scopo previsto dall’art. 182-bis.
11 T.M. UBERTAZZI, Accordi di moratoria, convenzioni interbancarie e bancarie nei risanamenti di imprese: profili civilistici e qualificatori, in Contratto e Impr., 2015, 2, p. 340.
12 Pret. Milano, 15 gennaio 1990, in Giur. It., 1990, I, 2, p. 227 nota di X. XXXXXXX.
13 Tra gli altri: X. XXXXXXX, Introduction, in AA.VV., Contractual networks, inter-firm coopera- tion and economic growth, a cura di X. XXXXXXX, Cheltenham, 2011; ID., Contractual Networks and the Small Business Act: Towards ffuropean Principles?, in ffuropean Review of Contract Law, 2008, 4, p. 490 ss., 495; ID., Il contratto di rete e il diritto dei contratti, in Contratti, 2009, 10, p. 915; ID., Il nuovo contratto di Rete: “Learning By Doing”?, in Contratti, 2010, 12, p. 1143.
14 Per quanto riguarda la configurabilità del contratto di rete come contratto con comu- nione di scopo, cfr. X. XXXXX, Frammenti ricostruttivi del contratto di rete, in Giur. comm., 2010, I, p. 839 ss.; G. VILLA, Reti di imprese e contratto plurilaterale, ivi, p. 944 ss.; X. XXXXX- RO, Contratti di impresa e contratti tra imprese, in Corr. merito, 2010, p. 5 ss.; X. XXXXXX, Contratti di rete e consorzi, ivi, p. 9 ss.; P. IAMICELI (a cura di), Le reti di imprese e i contratti di rete, Torino, 2009. Nella letteratura successiva alla novella del 2010, X. XXXXXXX, Il con- tratto di rete. Prime considerazioni, in Not., 2011, p. 64 ss.; X. XXXXXXX, X. XXXXX, Il “contrat- to di rete”, Studio n. 1-2011, in xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxx varie; X. XXXXXXXXX, Il contratto di rete fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. dir. civ., 2011, I, p. 323 ss.
Il programma comune di rete ha come contenuto la collaborazione, lo scam- bio di informazioni 15, l’esercizio in comune di una o più attività. Il contratto può prevedere l’istituzione di un fondo comune e di un organo incaricato di ge- stire l’esecuzione del contratto. Il contratto di rete non ha soggettività giuridica a meno che non si decida di utilizzare le forme di cui al co. 4-quater dell’art. 3 citato. Pertanto, si possono distinguere le reti, a secondo della complessità orga- nizzativa, in reti semplici, che si limitano a regolare i rapporti tra le imprese 16; reti senza soggettività ma provviste di un organo che agisce in rappresentanza degli aderenti e di un fondo patrimoniale; e le reti-soggetto, caratterizzate dalla soggettività giuridica.
Anche se non disciplinati nel codice civile o nelle leggi speciali 17, già da tem- po si ammettono, anche nel diritto italiano, contratti di collaborazione, come le joint venture 18, nati, come si è detto, dal diritto anglosassone e dalla prassi in- ternazionale e definite dalla Cassazione 19 come:
15 Come si è notato, qui lo «scambio» delle informazioni è da intendersi in modo atecnico e non necessariamente come corrispettività, v. S. DELLE MONACHE, Il contratto di rete tra imprese, in xxx.xxxxxxxx.xx, p. 14.
16 P. IAMICELI, Il contratto di rete tra percorsi di crescita e prospettive di finanziamento, in Con- tratti, 2009, p. 345; X. XXXXXXXXX, Modelli decisionali nel contratto di rete tra disciplina generale del contratto e regime della comunione, ivi, 2013, p. 822 ss; X. XXXXXXXX, Cooperazione imprendi- toriale e contratto di rete, Padova, 2015, p. 44 ss.
17 Come segnalavano tra gli altri: X.X. XXXXXXXX, Le associazioni temporanee di imprese, in Dir. dell’economia, 1975, I, p. 349; X. XXXXXXXX, Consorzi e associazioni temporanee di imprese. Brevi spunti civilistici e fiscali, in Arch. giur. Opere pubbliche, 1976, I, p. 1.
18 Tra i primi che si sono occupati del fenomeno: v. X. XXXXXXXXX, Le joint ventures: tecni- ca giuridica e prassi societaria, Milano, 1977; A. ASTOLFI, Il contratto di joint venture, Milano, 1981, 47; X. XXXXXX, Le associazioni temporanee di imprese, Milano, 1983, p. 8; X. XXXXXXXX- XX, M.R. MORRESI, in Nuoviss. Dig. it., voce «Joint ventures», App., IV, Torino, 1983, p. 1. Più di recente v., tra gli altri, X. DI ROSA, La Joint Venture, in P. XXXXXX (a cura di), I contratti di collaborazione, in Trattato dei contratti, diretto da X. XXXXXXXX e E. XXXXXXXXX, Torino, 2011, p. 1083 ss.
19 Cass. Sez. III, 17 maggio 2001, n. 6757 (in: Mass. Giur. It., 2001; Xxxxxxxxx, 2001, 10, p. 917;
Urb. e appalti, 2001, 8, p. 862; Contratti, 2002, 1, p. 41, nota di X. XXXXXXX; Corriere Giur., 2002, 1, p. 82, nota di A. FORCHINO). In particolare Colombo (X. XXXXXXX, Associazioni tra im- prenditori: tipi e differenze, in Xxxxxxxxx, 2002, 1, p. 41) sintetizza gli elementi qualificanti la joint venture: – perseguimento di uno scopo comune di natura economica; realizzazione di una specifi- ca operazione d’affari; apporto da parte di ciascun associato di beni, denaro, conoscenze; ricono- scimento (o meglio conoscenza) degli imprenditori riuniti di partecipare ad utili e perdite derivan- ti dal raggiungimento degli obiettivi; limitazione della responsabilità del singolo partecipante alle obbligazioni assunte nel contesto del contratto; a ciascun partecipante il diritto di reciproco con- trollo e intervento nella gestione dell’impresa comune; solo un’impresa opera verso l’esterno (con i terzi) in qualità di mandatario, rappresenta gli interessi dell’intero gruppo, coordina le attività dei diversi partecipanti; negli accordi si prevedono clausole compromissorie per risolvere futuri conflitti tra gli associati.
«le varie e diverse forme di associazione temporanea tra due o più imprese fina- lizzate all’esercizio di un’attività economica in un settore di comune interesse, siano esse rivolte all’esecuzione di un opera complessa, ovvero limitate alla prestazione di particolari servizi o al compimento di un singolo affare».
Tra gli accordi con comunione di scopo che riguardano coloro che svolgono attività economica, sono poi da citare coloro che svolgono un’attività professio- nale. Il legislatore prevede, a tale riguardo, associazioni e società tra professioni- sti 20, nonché altri tipi di accordi associativi, come quelli previsti di recente dal- l’art. 12, co. 3, l. 22 maggio 2017, n. 81 (intitolata alle «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato», detta «Jobs Act», che, al fine di consentire la partecipazione ai bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi anche da parte di privati, prevede la possibilità per i professionisti di costituire e partecipare a reti di esercenti la professione e reti di imprese; a con- sorzi stabili professionali; a associazioni temporanee professionali (ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e cioè il Codice degli appalti, v. in se- guito) 21.
2. – I contratti di collaborazione tra enti pubblici
Quello negoziale è oggi lo strumento principale dell’azione amministrativa in sostituzione e ad integrazione del tradizionale provvedimento amministrativo, come positivamente affermato in Italia dalla l. n. 241/1990.
Il co. 1-bis della legge sul provvedimento amministrativo, infatti, stabilisce che:
«La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, e salvo che la legge disponga diversa- mente».
Tra gli strumenti privatistici, e quelli contrattuali in particolare, assume gran- de rilievo la collaborazione tra enti pubblici e tra questi ed i privati.
A tale proposito la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 15, rubrica- ta appunto «Accordi fra pubbliche amministrazioni», della l. n. 241/1990.
20 Come noto i professionisti iscritti negli albi e ordini professionali possono organizzarsi in as- sociazioni, di cui all’art. 1 l. n. 1815/1939, definito in giurisprudenza «contratto associativo atipi- co» (v. Trib. Roma, sent. 1° agosto 1992, in Foro pad., 1993, I, p. 198; in Rep. Foro it., 1994, Pro- fessioni intellettuali [5230], n. 174.
21 V. tra gli altri S. PRINCIVALLE, Contratto di rete e professionisti: pubblicità e dubbi applicativi sulla nuova previsione normativa, in Notariato, 2019, 1, p. 21.
Va ricordato che questi accordi devono istituire una collaborazione tra gli enti coinvolti in base ad un interesse pubblico comune, che non realizzi l’acqui- sto di beni e servizi e quindi sfugga alla qualificazione di contratto a titolo one- roso secondo la disciplina degli appalti pubblici (v. il paragrafo successivo) 22. Con essi, come afferma l’ANAC 23, si realizza:
«un modello convenzionale attraverso il quale le pubbliche amministrazioni co- ordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato co- mune in modo complementare e sinergico, ossia in forma di “reciproca collaborazio- ne” e nell’obiettivo comune di fornire servizi “indistintamente a favore della colletti- vità e gratuitamente”».
A tali accordi, in base al combinato disposto dall’art. 15, co. 2 e art. 11, co. 1-bis e co. 2, l. n. 241/1990 «si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto com- patibili».
Le forme con cui si realizzano gli accordi tra pubbliche amministrazioni pos- sono essere diverse.
È il caso delle convenzioni tra enti pubblici territoriali 24, quali gli «accordi di programma» di cui all’art. 34 del d.lgs n. 267/2000 25; i «patti territoriali» (art. 2, co. 203, l. n. 662/1996); gli accordi per la gestione associata di servizi mediante consorzi, «unioni di comuni» o «altre forme condivise» (artt. 31 e 33 d.lgs. n. 267/2000); gli accordi tra governo, regioni e province autonome (art. 20-ter l. n. 59/1997).
Altre norme fanno esplicito riferimento alla collaborazione in settori quali la scienza e l’istruzione 26, come accade nella legislazione universitaria, dove sono
22 V., per esempio, Corte di giustizia, sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06; Cons. Stato Sez. V, n. 4832/2013; ANAC, Determinazione 21 ottobre 2010, n. 7; Id., Parere sulla normativa, 30 luglio 2013, AG 42/13.
23 V. la delibera n. 567 del 31 maggio 2017.
24 A. DI XXXXX, Il recesso dagli accordi tra amministrazioni abbandona l’autotutela, in Urbani- stica e appalti, 2005, 7, p. 83.
25 Secondo il quale «per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordina- ta di comuni, province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o co- munque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli in- terventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adem- pimento».
26 La compresenza di elementi causali riconducibili a contratti associativi e a contratti corri- spettivi ha fatto avvicinare il contratto di ricerca di promozione all’associazione in partecipa-
previste le convenzioni per costituire centri di ricerca o centri di servizi interu- niversitari, tra le quali quelle “tra università italiane e università di Paesi stranie- ri per attività didattiche scientifiche integrate e per programmi integrati di stu- dio degli studenti, nonché per esperienze nell’uso di apparati tecnico-scientifici di particolare complessità» (art. 91 d.P.R. n. 382/1980) 27; le società e i consorzi interuniversitari (art. 91-bis d.P.R. n. 382/1980); le società aventi le caratteristi- che di spin-off o start-up universitari o di enti di ricerca (art. 6, co. 9, l. n. 240/2010; v. anche d.m. n. 168/2011); le convenzioni per obiettivi di «comune interesse» per lo svolgimento delle attività dei docenti universitari in più univer- sità (art. 6, co. 11, l. n. 240/2010); le convenzioni per istituire corsi di studio (art. 3, co. 10, d.m. 22 ottobre 2004, n. 270) e dottorati di ricerca (art. 2 d.m. n. 45/2013); e così via.
3. – Gli accordi per realizzare uno scopo comune nel diritto e nella prassi dell’Unione europea
Una forte spinta all’utilizzo di contratti che regolano la collaborazione diretta ad uno scopo comune si osserva nel diritto e nella prassi dell’Unione europea.
Il diritto comunitario dimostra un grande favore nei confronti di questo tipo di accordi.
Tra questi si pensi ai contratti stipulati tra la Commissione europea (o altre amministrazioni finanziatrici) per attuare i programmi comunitari.
La maggior parte dei finanziamenti viene erogato sulla base di contratti, come accade nelle sovvenzioni, in cui l’ente finanziatore ed i beneficiari, in numero di due o più, collaborano per realizzare il comune obiettivo rappre- sentato da un progetto (v. in generale gli artt. 180 ss. Regolamento (UE, Eura- tom) 2018/1046).
La disciplina comunitaria ha influenzato quella nazionale in materia di finan- ziamenti pubblici, che sono regolati non più esclusivamente attraverso i provve- dimenti amministrativi, ma sulla base di contratti di collaborazione tra ente fi- nanziatore e beneficiari 28.
zione, di cui all’art. 2549 c.c., anche se, come si è detto «… la stringatezza della disciplina oggi prevista per i contratti di associazione conferisce all’accostamento un valore forse più dogmati- co che applicativo» (X. XXXXXX, voce Contratto di ricerca, in ffnc. dir., vol. XL, Milano, 1989, p. 443).
27 Come riconosciuto dalla recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sent. 04206/2019 del 20 giugno 2019, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx «la convezione istitutiva del [Centro interuniversirario] riproduce un modulo negoziale c.d. associativo, non riconducibile tout court al sinallagma contrattuale tipico dei contratti a prestazioni corrispettive specificamente di- sciplinati dagli artt. 1372 e 1373 c.c.» (v. par. 8.1).
28 Cfr. in Francia l’art. 10, co. 3, l. n. 321/2000 del 12 aprile 2000 (relative aux droits des ci-
La base giuridica dei programmi comunitari e numerose fonti fanno riferi- mento ad altri contratti che regolano la collaborazione tra università, imprese, enti pubblici e altri soggetti per realizzare progetti o iniziative in settori quali la ricerca, l’istruzione e la formazione professionale 29.
Nella prassi e nella legislazione sono presenti riferimenti ad accordi come i Consortium Agreement 30, Partnership Agreement, le Associazioni temporanee di scopo e altre tipologie di raggruppamenti per partecipare a contratti pubblici 31; ai Cluster 32 e ad altre «reti» di imprese; alle «piattaforme tecnologiche europee»
toyens dans leurs relations avec les administrations). Nella Ley General de Subvenciones spagnola l’art. 16 stabilisce l’obbligo di stipulare un «Convenio de colaboración» tra «el órgano administrativo concedente y la entidad colaboradora en el que se regularán las condiciones y obligaciones asumidas por ésta». Inoltre, tutta la disciplina dei finanziamenti viene disciplinata con riferimento ai principi stabiliti dalla Ley de Contratos de las Administraciones Públicas. In Italia diversi sono i casi in cui il finanziamento è accordato sulla base di un contratto, il cui schema è adottato dall’ente finanziatore. V., per esempio, il «Contratto di finanziamento in forma di credito agevolato e contributo nella spesa», elaborato dal MIUR, ai sensi del d.lgs. n. 297/1999, così come applicato dall’art. 12 del d.m. 8 agosto 2000, n. 593 e del d.m. 10 ottobre 2003, n. 90402.
29 V. per esempio l’art. 8 dell’Atto di indirizzo dell’attività contrattuale in materia di RS&D della Sapienza – Università di Roma (emanato con D.R. n. 385 del 15 settembre 2006), in base al quale «possono essere conclusi accordi di collaborazione scientifica con soggetti terzi operanti in settori disciplinari affini; detti accordi potranno prevedere l’erogazione di borse di studio, premi di laurea e/o contributi».
30 P. GUARDA, Consortium Agreement and Intellectual Property Rights within the ffuropean Union Research and Innovation Programme, in xxxxxxx.xxx.xxxxx.xx, June 2015; X. XXXXXXXXX, Il Consortium Agreement, in X. XXXXXXXXX, X. XXXXX, I programmi comunitari per la ricerca l’inno- vazione, Perugia, 2007, p. 247 ss.
31 La fonte che attualmente regola la materia (direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE; per l’Italia v. il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), infatti, in coerenza con quanto stabilito dalle direttive precedenti, stabilisce che le amministrazioni aggiudicatici stipu- lano contratti con gli «operatori economici», che sono da intendere «una persona fisica o giuri- dica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato … la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi». (art. 1, par. 8, direttiva 2004/18/CE). Come suggerito dalla definizione appena riportata, pertanto, si coglie la possibilità per gli ope- ratori economici di partecipare agli appalti, attraverso «raggruppamenti». Per l’art. 4, par. 2, direttiva 2004/18/CE «i raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare offerte o a candidarsi». Le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggrup- pamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica, almeno in fase di pre- sentazione dell’offerta. Può essere imposta una data forma giuridica al raggruppamento solo dopo l’aggiudicazione dell’appalto e solo nella misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona esecuzione dell’appalto.
32 I cluster possono essere definiti come «a group of firms, related economic actors, and institutions that are located near each other and have reached a sufficient scale to develop specialized expertise, ser- vices, resources, suppliers and skills» (Commissione europea, Towards world-class clusters in the ffuro- pean Union: Implementing the broad-based innovation strategy, del 17 ottobre 2008, COM(2008) 652; e il documento di lavoro allegato, The concept of clusters and cluster policies and their role for competi-
(ffuropean Technology Platforms) 33, alle «iniziative tecnologiche congiunte» (Joint Technology Initiatives) 34, Joint Research Unit 35, e così via 36.
Tali ipotesi di collaborazione, previste dalla legislazione comunitaria, non sempre si estrinsecano in rapporti formali, come si evidenzia anche nei concetti utilizzati nel diritto della concorrenza (come è per la nozione di intesa), in quel-
tiveness and innovation: Main statistical results and lessons learned). I cluster sono oggetto di una speci- fica politica dell’Unione, come richiesto dal Consiglio europeo del 13-14 maggio 2008 (punto 7 delle conclusioni); v. anche l’ffuropean Cluster Memorandum del gennaio 2008 su xxxx://xxx.xxxxxxx- xxxxxx.xx/XXXX/xxxxxxxx_xxxxxxxxx/Xxxxxxxx_Xxxxxxx_Xxxxxxxxxx.xxx .
33 Ai sensi dell’Allegato I della Decisione n. 1982/2006 del Parlamento europeo e del Consi- glio del 18 dicembre 2006 concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) le «piattaforme tec- nologiche europee» sono istituite «in settori in cui la competitività europea, la crescita econo- mica e il benessere dipendono dagli importanti progressi realizzati, a medio e lungo termine, nel campo della ricerca e della tecnologia». Esse «consentono di associare le parti interessate, sotto la guida industriale, per definire ed attuare un’agenda strategica di ricerca» e «possono svolgere un ruolo nell’agevolare e organizzare la partecipazione dell’industria, incluse le PMI, ai progetti di ricerca attinenti ai loro specifici settori, compresi i progetti ammissibili al finan- ziamento a titolo del programma quadro.». V. anche Commissione europea, Report on ffurope- an Technology Platforms and Joint Technology Initiatives: Fostering Public-Private RCD Partner- ships to Boost ffurope’s Industrial Competitiveness, Staff working document, 10 giugno 2005, SEC (2005) 800.
34 Sempre secondo l’Allegato I della Decisione n. 1982/2006 citata: «In un numero molto limi- tato di casi, la portata dell’obiettivo di RST e l’entità delle risorse necessarie potrebbero giustifica- re l’istituzione di partnership pubblico/privato a lungo termine che assumano la forma di iniziati- ve tecnologiche congiunte. Queste iniziative, risultanti essenzialmente dal lavoro delle piattaforme tecnologiche europee e concernenti uno o più aspetti specifici della ricerca nel loro settore, asso- ceranno investimenti del settore privato e finanziamenti pubblici nazionali ed europei, ivi compre- si finanziamenti provenienti dal settimo programma quadro e prestiti e garanzie concessi dalla Banca europea per gli investimenti. Ciascuna iniziativa tecnologica congiunta sarà decisa singo- larmente a norma dell’articolo 171 del Trattato (che prevede anche l’istituzione di imprese comu- ni) o sulla base delle decisioni concernenti i programmi specifici, a norma dell’articolo 166, para- grafo 3 del Trattato».
35 Le Joint Reserach Unit, citate dai documenti riguardanti il Settimo Programma Quadro di Ricerca e sviluppo della Unione europea si rifanno alla esperienza francese delle Unité Mixte de Recherche (UMR). Esse sono «structures opérationnelles de recherche» costituite dal CNRS (non- ché anche da altri enti pubblici di ricerca) e altri soggetti, soprattutto università e imprese, per collaborare in un dato settore scientifico. Le UMR sono costituite mediante contratti di collabora- zione che generalmente non determinano la nascita di nuovi soggetti di diritto. (v. l’art. 2 Décret n° 82-993 del 24 novembre 1982, che disciplina l’organizzazione e il funzionamento del CNRS e la Décision n° 920520SOSI del 24 luglio 1992, riguardante l’«organisation et fonctionnement des structures opérationnelles de recherche».
36 Per esempio l’art. 13, par. 1.a, della Decisione n. 1639/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che istituisce un programma quadro per la competitività e l’in- novazione (2007-2013), che afferma che le azioni riguardanti l’innovazione sono dirette, tra l’altro,
«ad incoraggiare l’innovazione settoriale, i raggruppamenti, le reti di innovazione, la collaborazio- ne tra il settore pubblico e quello privato in materia d’innovazione, la cooperazione con le orga- nizzazioni internazionali competenti e l’uso del management dell’innovazione».
lo di «filiera» (cfr. Regolamento 178/2002 sulla legislazione alimentare), o nella definizione di gruppo 37.
Il diritto comunitario ha poi introdotto altri strumenti di collaborazione, tra i quali i GEIE (Gruppi Europei di Interesse Economico, di cui al Regola- mento n. 2137 del 25 luglio 1985) 38, i GECT – Gruppi Europei di Coopera- zione Territoriale, istituiti dal Regolamento 1082/2006 del Parlamento euro- peo e del Consiglio, nel contesto della riforma della politica regionale per il periodo 2007-2013, le Euroregioni, le Imprese comuni (art. 187 Trattato FUE).
Accordi che prevedono una collaborazione sono inoltre quelli che stanno alla base dei codici di autoregolamentazione, ai quali i testi comunitari fanno spesso riferimento 39.
37 V. la definizione di imprese «collegate» ai sensi dell’art. 1 della direttiva 83/349/CEE, con tutte le conseguenze in materia, per esempio, di diritto sulla concorrenza e di pubblici appalti.
38 Sui GEIE, v., tra gli altri A. XXXXXXXXXXXX, Il GffIff «italiano» tra impresa e società, Napoli, 2014; X. XXXX, Il gruppo europeo di interesse economico (commento al Regolamento Cffff n. 2137/85 del25 luglio 1985 e al d.lg. 23 luglio 1991 n. 240), Torino, 1994; A. XXXXXXXXX, Il gruppo europeo di interesse economico (G.ff.I.ff.), in Trattato Xxxxxxx, XVII, Padova, 1994; A. ROSSI Il GffIff nell’ordi- namento italiano. Criteri di integrazione della disciplina, Milano, 1998; E. XXXX, X. XXXXXXX, GffIff. Gruppo europeo di interesse economico, Milano, 1998; A. BADINI CONFALONIERI, Il GffIff. Disciplina comunitaria e profili operativi nell’ordinamento italiano, Torino, 1999; X. XXXX, voce Gruppo euro- peo di interesse economico (GffIff) (diritto commerciale), in ffnc. giur. Treccani, XV, Roma, 1994; X. XXXXXX, Gruppo europeo di interesse economico (GffIff), in ffnc. dir., Agg. V, Milano, 2001, p. 649 ss.; L. DE ANGELIS, Responsabilità patrimoniale nel GffIff e in altri istituti di cooperazione fra impren- ditori, ivi, p. 149 ss.; X. XXXXXXXXX, Organi, posizioni dei membri e responsabilità del GffIff, xxx, p. 157 ss.; A. XXXXX, Aspetti fiscali del GffIff, xxx, p. 161 ss.; X. XXXXXXXX, Raggruppamenti di imprese e Gruppo europeo di interesse economico, ivi, p. 167 ss. F. DI SABATO, Il gruppo europeo di interesse economico, in Riv. dir. impr., 1996, p. 1 ss.; G. SACERDOTI, Il carattere del GffIff e il suo impiego nell’ordinamento italiano, in Giur. comm., 1992, I, p. 876 ss.; A. XXXXXXX, GffIff e consorzi, in Giur. comm., 1990, I, p. 592 ss.; A. PIETROBON, Il gruppo europeo di interesse economico (GffIff), in Riv. dir. civ., 1989, II, p. 57 ss.; X. XXXXXXXX, Il GffIff a confronto con altri rapporti di cooperazione econo- mica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, p. 329 ss.; X. XXXXXXXX, Riflessioni sul «gruppo europeo di in- teresse economico», in Dir. econ., 1991, p. 305 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, L’attuazione del GffIff in Italia, in Giust. civ., 1993, II, p. 133 ss; X. XXXXXXXX, ffuropean ffconomic Interest Groupings, London, 1990; D. XXX XXXXXX, X.X.X. XXXXXXX (eds), ffuropean ffconomic Interest Groupings. The ffffC Regulation and its Application in the Member States of the ffuropean Community, Deventer, 1990. In francese: X. XXXXXXXXX, Groupement d’intérêt économique (GIff), Groupement européen d’intérêt éco- nomique (GffIff): création, gestion, Paris, 1999; X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, G.I.ff., G.ff.I.ff.: Groupement d’intérêt économique, Groupement européen d’intérêt économique, Paris, 1995. In tedesco: A. XXXXX LANDRUT, Die ffuropäische Wirtschaftliche Interessenvereinigung, Gründungs- vertrag und innere Verfassung einer ffWIV mit Sitz in der Bundesrepublik Deutschland, Stuttgart, 1988;
X. XXXX, ffinfluß der europäischen wirtschaftlichen Interessenvereinigung auf das Prinzip der Selbstor- ganschaft als Beispiel der Veränderung der Strukturen des deutschen Gesellschaftsrechts durch eu- ropäische Rechtsetzung, Frankfurt a.M.-Berlin-Bern-Wien, 2001; X. XXXXXX-GUGEN XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX (Hrsg.), Die ffWIV in ffuropa – Texte und ffrläuterungen aus rechtsvergleichender Sicht, München, 1995.
39 X. XXXXXXX, Lex mercatoria, Bologna, 2001, p. 215. Per un inquadramento del tema dei
I codici di condotta costituiscono la tecnica di regolamentazione in settori in cui tutti gli interessi coinvolti sono di rilievo costituzionale e potenzialmente in conflitto (per esempio la libertà di espressione da una parte e la tutela dei minori dall’altra; i valori etici fondamentali e la libertà della ricerca, la privacy e così via). Il legislatore europeo 40, dopo aver fissato le fondamentali regole del gioco, lascia alle categorie interessate il compito di fissare la disciplina di dettaglio 41, evitando interventi censori e poco elastici. Infatti, come è stato detto, in queste materie «la via maestra è rappresentata dal ricorso, tutte le volte che sia possibile, a regole di compatibilità, invece che a regole di prevalenza o di supremazia» 42.
Il diritto dell’Unione Europea riguardante la protezione dei dati personali prevede diversi esempi di accordi collaborativi, quali quelli che danno vita ad un esempio dei predetti codici di condotta (v. art. 40 del Regolamento (UE) 2016/679) o agli accordi tra «titolari del trattamento» quando due o più di que- sti «determinano congiuntamente le finalità e i mezzi del trattamento» (v. art. 40 del Regolamento (UE) 2016/679) 43.
Il diritto comunitario ha poi introdotto e regolato contratti con comunione di scopo 44, quali il raggruppamento di operatori economici negli appalti (art. 48 d.lgs. 50/2016) 45 o strumenti di collaborazione tra amministrazioni ed imprese,
codici di autoregolamentazione si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Autoregolamentazione e responsabilità, in A. PALAZZO, A. SASSI (a cura di), Diritto privato del mercato, cit., p. 271 ss.
40 Le considerazioni che seguono sono tratte, soprattutto, dalla Comunicazione della Com- missione europea «Verso uno spazio europeo della ricerca», COM (2000) 6 del 18 gennaio 2000, nonché dalla Comunicazione della Commissione, Verso una visione strategica delle scien- ze della vita e della biotecnologia: documento di consultazione, COM (2001) 454 del 4 settem- bre 2001. V. anche il documento della Commissione “Science and Society Action Plan” del di- cembre 2001.
41 V. l’art. 16, par. 1, lett. e, direttiva 2000/31/CE, con specifico riferimento alla protezione dei minori; la direttiva n. 95/46 del 24 ottobre 1995 sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali che, all’art. 27 n. 1, dispone l’obbligo degli Stati di incoraggiare l’elaborazione di codici di condotta «destinati a contribuire, in funzione delle specificità settoriali, alla corretta applicazione delle norme nazionali di attuazione della direttiva».
42 Cfr. X. XXXXXX, Legiferare in bioetica, Le scienze – Quaderni, DEFANTI, FAMIGLI, XXXX (a cura di), Bioetica, n. 88, Milano, 1996, p. 86, che si riferisce alla necessità che non si ricorra alla legge come strumento autoritario per imporre un certo valore, delegittimando altri.
43 Vedi sugli aspetti giuridici di tali accordi, X. XXXXXXXX, Joint Controller Agreement under GDPR, in ffU and Comparative Law Issues and Challenges Series, 3, 2019, p. 1030 ss.
44 X. XXXXXXX, Tipicità ed atipicità del contratto di associazione temporanea di imprese, in Le associazioni temporanee di imprese, a cura di XXXXXXX, LORIA, Roma, 1990, p. 11.
45 V. la recente opera monografica di F. DURANTE, Associazioni temporanee di imprese e negozi collegati nel Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2017. V. anche X. XXXXXXXXX, voce Associazione temporanea di imprese, in ffnciclopedia Treccani, III, Roma, 1988, p. 7; X. XXXXXX, I raggruppa- menti temporanei di imprese tra associazione e contratto, in Giur. It., 1991, I, 2, p. 867. Per la giuri- sprudenza che qualifica questi contratti con comunione di scopo, v. Trib. Genova, 24 maggio 1989, in Società, 1989, 1268 nota di BONVICINI.
come i partenariati per l’innovazione (v. «considerando» n. 49 e artt. 51 ss. di- rettiva 2014/24/UE) 46.
I raggruppamenti tra beneficiari sono anche previsti nella normativa e nella prassi in materia di sovvenzioni 47.
Da ricordare, inoltre, l’interesse per la Commissione per il «partenariato pubblico-privato» nella erogazione dei pubblici servizi 48. Al tema la Commis- sione ha dedicato un apposito Libro verde (approvato il 30 aprile 2004, COM (2004) 327) 49.
Nella stessa legislazione nazionale la collaborazione tra enti pubblici e tra questi e i privati è divenuta rilevante, come attesta una legislazione ormai impor- tante, anche se non sempre organica 50.
Lo schema del partenariato pubblico-privato è conosciuto a livello interna- zionale, per esempio nei documenti dell’OCSE 51, e suscita interesse anche in al- tri continenti 52.
Un altro ambito in cui le fonti dell’Unione Europea fanno riferimento ai con- tratti di collaborazione è la ricerca e l’innovazione, che sono materie considerate di particolare rilievo nelle strategie europee degli ultimi anni.
46 G. CAPO, In tema di qualificazione del modello legale dell’associazione temporanea di imprese,
in Giur. comm., 2003, f. 2, parte II, p. 148.
47 Si permetta il rinvio a X. XXXXXXXXX, Associazione temporanea di scopo e altri raggruppamenti tra i beneficiari di sovvenzioni, in Contr., 2011, p. 843.
48 G.F. CARTEI, Le varie forme di partenariato pubblicoprivato. il quadro generale, in Urb. e ap- palti, 2011, 8, p. 888 ss.
49 V. M.A. SANDULLI, Il parternariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili della tutela, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1/2005, p. 167 ss.; v. anche M. LI- BANORA, Le partnership pubblicoprivato istituzionalizzate secondo la Commissione ffuropea, in A- zienditalia, 2008, 6, p. 465 ss.
50 V. gli accordi tra pubbliche amministrazioni, anche con il concorso dei privati, di cui all’art. 2, c. 203, la l. 23 dicembre 1996, n. 662, con funzione essenzialmente di programmazione, in tutte le va- rianti previste, e cioè accordi di: a) «Programmazione negoziata»; b) «Intesa istituzionale di program- ma»; c) «Accordo di programma quadro»; d) «Patto territoriale»; e) «Contratto di programma».
51 Secondo il documento OCSE, Public Governance of Public-Private Partnerships, Maggio 2012, i partenariati pubblico-privati si definiscono come “long term contractual arrangements be- tween the government and a private partner whereby the latter delivers and funds public services using a capital asset, sharing the associated risks (…). In a PPP agreement the service delivery objec- tives of the government are intended to be aligned with the profit objectives of the private partner. The effectiveness of the alignment depends on a sufficient and appropriate transfer of risk to the pri- vate partners. In a PPP contract, the government specifies the quality and quantity of the service it requires from the private partner. The private partner may be tasked with the design, construction, financing, operation and management of a capital asset required for service delivery as well as the delivery of a service to the government, or to the public, using that asset».
52 V. per esempio il documento della Banca Interamericana per lo Sviluppo, Asociaciones Público Privadas para la Prestación de Servicios. Una visión hacia el futuro. Resumen ffjecutivo, Asunción, 15 giugno 2011.
A questo proposito si è soliti classificare la ricerca a seconda della tipologia di contratti posti in essere dagli operatori. Si parla così di «ricerca contrattuale» e di «ricerca collaborativa» (detta anche «cooperativa») 53.
Il primo schema è riconducibile alle «commesse» 54, dove una parte realizza un’attività di ricerca in favore di un’altra, percependo un corrispettivo.
Nell’ordinamento italiano tali contratti sono riconducibili al contratto di opera intellettuale (artt. 2222 ss. c.c.) e a quello di appalto (artt. 1655 ss. c.c.), ed in particolare l’appalto di servizi 55.
Secondo la dottrina francese invece di solito i contratti di ricerca sarebbero da considerarsi nell’alveo dell’appalto, coinvolgendo imprese che impiegano ri- sorse e mezzi ingenti (contrat d’entreprise, art. 1710 code civil) 56.
Nel diritto comunitario rientrano in questo schema i servizi di ricerca (in cui non si realizza il cofinanziamento, v. l’art. 14 Direttiva 2014/24/UE) e gli accor- di di trasferimento di tecnologia. Questi ultimi sono definiti dal Regolamento 316/2014 (v. art. 1, par. 1, lett. c) come accordi di licenza per diritti tecnologici concluso tra due imprese oppure la cessione degli stessi diritti.
La ricerca collaborativa, invece, secondo i documenti della Commissione eu- ropea 57:
«involves different partners associated with the public research organisation through its laboratories i.e. its researchers working together toward a common goal, supported by the private sector and the public sector sharing, not only the knowledge accumulated be- fore the project but within the project».
53 Raccomandazione della Commissione 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà in- tellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca, cit., Allegato I «Codice di buone pratiche per le università e altri organismi pubblici di ricerca in materia di gestione della proprietà intellet- tuale e di trasferimento delle conoscenze», par. 17.
54 La dottrina si è interessata di una particolare applicazione del contratto di opera intellettua- le, che è la cosiddetta «commessa di ricerca». Sul punto v. X. XXXXXX, voce Contratto di ricerca, cit., p. 421 ss.
55 Come ha posto in luce X. XXXXXX, voce Contratto di ricerca, cit., p. 438 ss., il contratto d’o- pera e quello di appalto sono molto vicini e non sempre distinguibili con sicurezza. Si propone, pertanto, di ricondurre le commesse di ricerca, di volta in volta, al contratto d’opera o a quello di appalto, a seconda del rilievo assunto dalle caratteristiche dell’esecutore della ricerca (lavoratore autonomo o imprenditore) e del progetto (opera intellettuale o servizio). Secondo alcuni autori, caratteri quali l’autonomia o la mancanza dell’obbligo di raggiungere un risultato, consigliano l’in- quadramento del contratto nel novero del contratto di opera intellettuale di cui all’art. 2222 c.c.
V. L.C. UBERTAZZI, Ricerca (profili privatistici), in Noviss. Dig. It., App., VI, Torino, 1989, p. 700 ss., 711; ID., Profili soggettivi del brevetto, Milano, 1985, p. 37 ss.
56 X. XXXXXX, Les contrats de recherche, Litec, 1978100; X XXXX, Les principaux contrats spé- ciaux, in Traité de droit civil, LGDJ, II ed., n. 32102 e s.
57 Commissione europea «Expert Group on Knowledge Transfer», Final Report, 30 novem- bre 2009, Bruxelles, 2010, p. 79.
Essa si realizza, rispetto al modello «contrattuale», attraverso accordi (me- glio: contratti) che determinano una collaborazione tra le parti finalizzata al rag- giungimento di uno scopo comune, sia esso la ricerca o lo sfruttamento dei risul- tati della ricerca 58.
In particolare, si tratta della realizzazione in comune di un progetto di ricer- ca e cioè la:
«collaborazione tra almeno due parti indipendenti, finalizzata allo scambio di conoscenze o di tecnologie, o al conseguimento di un obiettivo comune basato sulla divisione del lavoro, nella quale le parti definiscono di comune accordo la portata del progetto di collaborazione, contribuiscono alla sua attuazione e ne condividono i rischi e i risultati» (Disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato a favore di ri- cerca, sviluppo e innovazione 2014, par. 27; cfr. anche il par. 15.h che definisce il concetto di «effettiva collaborazione» e il par. 00.xx che contiene la definizione di progetto) 59.
In questo caso «Una o più parti possono farsi interamente carico dei costi del progetto e, pertanto, sollevare altre parti dai relativi rischi finanziari».
4. – Gli accordi per realizzare uno scopo comune negli altri paesi europei
Per quanto riguarda il diritto di altri paesi europei, così come nel diritto ita- liano, il fenomeno della collaborazione per il raggiungimento di uno scopo co- mune viene regolato soprattutto quando si disciplina la costituzione di nuovi soggetti di diritto.
Negli altri casi i contratti con scopo comune nascono dalla prassi commercia- le o per effetto dell’implementazione del diritto dell’Unione europea.
Così, per esempio, nel diritto tedesco sono previsti contratti associativi, come il Gesellschaftsvertrags (società di diritto civile, GbR), regolato dai parr. 705 ss. nonché gli altri contratti sociali.
Nel diritto inglese accanto alla prassi delle «contractual joint venture», sono
58 X. XXXXXX, Les contrats de recherche, cit., pp. 105-108 distingue tra la collaborazione «verti- cale» e quella «orizzontale», a secondo che essa leghi imprese a livelli diversi o allo stesso livello del ciclo produttivo. Si considera invece «radiale» la collaborazione tra imprese che svolgono atti- vità supplementari, come quelle necessarie per la costruzione di un prototipo.
59 Nella disciplina degli aiuti di Stato vengono inseriti in detta categoria di contratti gli «accor- di di ricerca e sviluppo», che il Regolamento 1217/2010 definisce come accordi di collaborazione tra soggetti giuridici (anche se nel regolamento si parla specificamente di imprese) che possono consistere nello svolgimento in comune di attività di ricerca e sviluppo, oppure nello sfruttamen- to, sempre in comune, dei risultati di tale attività (art. 1, par. 1, lett. a), Regolamento 1217/2010). Lo sfruttamento, in particolare, consiste nella produzione di prodotti e servizi destinati alla vendi- ta, nonché i contratti di licenza o cessione dei beni immateriali che derivano dall’attività comune (cfr. art. 1, par. 1, lett. g, Regolamento 1217/2010).