CONFINDUSTRIA CANAVESE
0mag2gio 2019
02 - MAGGIO 2019
FORME DI
CONFINDUSTRIA CANAVESE
FLESSIBILITÀ
Appalto, contratto a termine, somministrazione di lavoro
Appalto, contratto a termine, somministrazione di lavoro
La presente pubblicazione è stata realizzata da Confindustria Canavese.
Autore
Xxxxxxx Xxxxxx, Responsabile del Servizio Lavoro e Welfare di Confindustria Canavese
con la preziosa collaborazione di
Xxxxxx Xxxxxxx, Legal Counsel di Adecco Italia
Pubblicazione: maggio 2019
Il contratto di Xxxxxxx, il contratto a termine e i contratti di somministrazione hanno subito, nel corso degli ultimi anni, alcune modifiche normative di rilievo, spesso dettate da scelte di natura politica e non sempre perfettamente in asse con i fabbisogni delle aziende, sia che esse si trovino in un momento di crescita che in una fase di necessità di contenimento dell’occupazione.
Tra gli scopi della nostra associazione confindustriale c’è sicuramente quello di aiutare gli imprenditori a compiere le scelte giuste, formulando correttamente i contratti e allo stesso tempo tutelando i giusti margini operativi, che sono necessari per la salute e la continuità delle Aziende.
In questo ambito si colloca il secondo volume del progetto editoriale di Confindustria Canavese a sostegno delle imprese associate, che vuole, con questa pubblicazione, favorire la conoscenza e l’utilizzo migliore dei contratti di flessibilità che la disciplina giuslavorista nazionale mette a disposizione del mondo imprenditoriale.
Xxxxxxxxx gli autori di questo libro che, in modo estremamente chiaro, hanno raccolto e illustrato approfonditamente le norme aggiornate in merito ai contratti di appalto, ai contratti a termine e ai contratti di somministrazione.
Continueremo, nel prosieguo dell’anno, la diffusione di altri “Quaderni” di aggiornamento, con lo scopo di rendere i nostri imprenditori sempre più attenti e preparati: anche quando il panorama legislativo non è semplice e lineare, le Aziende devono reagire e progredire velocemente, riuscendo sempre ad emergere, pur operando in contesti economici instabili e complessi.
Xxxxxxxx Xxxxxx Presidente Confindustria Canavese
Successione temporale delle leggi sull’appalto 15
1676. Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente 19
Appalto – Legge 1369/1960 – abrogata dall’art. 85 del D.lgs.276/03
....................................................................................................................... 19
Appalto - art. 29 D.lgs. 276/2003 – comma 1 20
Contratto d’opera – art. 2222 c.c 23
Contratto di trasporto – art. 1978 c.c 26
Cambio appalto e trasferimento di azienda 27
Cambio appalto ed esclusione delle norme sul trasferimento
d’azienda - art. 29 d.lgs.276/2003 – comma 3 27
Solidarietà entro i 2 anni - art. 29 d.lgs.276/2003 – comma 2 28
Regime di solidarietà - D.L. n. 25/2017 28
Solidarietà oltre i due anni - art.1676 c.c 29
Solidarietà nella somministrazione ai sensi dell’art. 35 d.lgs.81/2015
....................................................................................................................... 30
LICEITA’/ILLICEITA’ DELL’APPALTO 30
Appalto illecito - art. 29 D.lgs.276/2003 – 3 bis 30
Somministrazione irregolare 32
Somministrazione fraudolenta 33
Appalto illecito e somministrazione fraudolenta 34
Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro 35
SICUREZZA SUL LAVORO - OBBLIGHI CONNESSI AI CONTRATTI D'APPALTO O D'OPERA O DI SOMMINISTRAZIONE 36
Art. 26. T.U. 81-2008. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione 36
Solidarietà per eventuali danni non indennizzati 38
Indicazione dei costi per la sicurezza 39
Sistema di controllo amministrativo 41
Soggetti abilitati alla verifica della regolarità contributiva 42
Modalità della verifica e contenuti del documento 42
SUCCESSIONE TEMPORALE DELLE LEGGI SUL CONTRATTO A TERMINE 45
Gestione periodo transitorio 47
CONTRATTO A TERMINE DISCIPLINA 47
Durata massima del contratto a termine 49
Eccezioni alla durata massima 49
Computo durata del contratto termine e della somministrazione 50
Determinazione indiretta della durata 51
Proroghe e rinnovi – Eccezioni 52
Prosecuzione del contratto a termine 53
Trasformazione a tempo indeterminato del contratto a termine 54
Conseguenze della trasformazione 54
Fattispecie esenti da limiti quantitativi 55
Definizione della base di computo 56
Conseguenze violazione del limite percentuale 56
Ulteriore limite quantitativo del 30% tra somministrazione e contratto a termine 57
Ulteriore limite del 30% – Eccezioni 57
Conseguenze della violazione del limite del 30% 59
Esercizio del diritto di precedenza 60
Casi di esclusione della disciplina del contratto a termine 61
CONTRATTO A TERMINE CONTRIBUZIONE AGGIUNTIVA 62
Contributo addizionale e riduzioni contributive 62
Contributo aggiuntivo dello 0,5% per rinnovo del contratto a termine
....................................................................................................................... 62
Restituzione del contributo 63
SUCCESSIONE TEMPORALE DELLE LEGGI SUL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE 64
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE - DISCIPLINA 67
Somministrazione a tempo indeterminato 67
Somministrazione a tempo determinato 67
Ulteriore limite quantitativo del 30% 68
Ulteriore limite quantitativo del 30% - Eccezioni 68
Disciplina del rapporto - Xxxxxxx e rinnovi 70
Successione tra contratto a termine a scopo di somministrazione 72
Assunzione di lavoratori a tempo indeterminato somministrati a termine 72
Tutela dei lavoratori e diritti sindacali 76
LICEITA’/ILLECEITA’ NELLA SOMMINISTRAZIONE DISCIPLINA 76
Somministrazione irregolare 76
Somministrazione fraudolenta 77
Tutti i Governi che si sono succeduti hanno introdotto, modificato o eliminato istituti contrattuali c.d. “flessibili”, facendo di tali interventi la bandiera del loro credo politico.
A distanza di anni è ormai indubbio che la singola modifica normativa non possa creare “occupazione”, nel breve periodo, ma se ben strutturata, possa favorire, nel medio/lungo periodo, le condizioni che permettono di attrarre maggior investimenti da parte delle imprese e, di conseguenza, una crescita del sistema Paese.
Assistiamo invece a interventi normativi pensati per il brevissimo periodo, spesso contraddittori e che, anche se condivisibili in alcuni aspetti, hanno l’effetto di generare incertezza e quindi allontanare possibili investitori.
Prende spunto da tale riflessione la necessità di fornire all’Azienda un Vademecum che, lungi da voler avere la completezza del manuale, cerca di fornire in modo schematico e facilmente fruibile, gli strumenti per comprendere e utilizzare correttamente il contratto di appalto, il contratto a termine e la somministrazione di lavoro.
SUCCESSIONE TEMPORALE DELLE LEGGI SULL’APPALTO
Il Codice Civile – articoli 1655 e seguenti fornisce la definizione del contratto di appalto e subappalto.
Legge n.1369/1960 sancì il divieto per l’imprenditore di affidare in appalto l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro.
Legge n.196/97 (Legge Treu) introdusse il contratto di appalto per la fornitura delle prestazioni di lavoro temporaneo.
D.Lgs. n.276/2003 (Xxxxx Xxxxx) abrogò la legge n.1369/1960, salvo l’aspetto penalistico, introducendo, all’art.29, una specifica disciplina sulla responsabilità solidale per i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ai dipendenti, nel caso di appalti di servizi, con termine di decadenza limitato ad un anno dalla cessazione dell’appalto e con possibilità di deroga da parte della contrattazione collettiva.
X.Xxx.n.251/2004 modificò l’art. 29 allargando la solidarietà datoriale
anche agli appalti di opere.
D.L. n.223/2006 (Decreto Bersani) introdusse un complesso meccanismo di accertamento preventivo di regolarità fiscale e contributiva attraverso cui si poteva dare attuazione all’esonero della responsabilità solidale del committente (tranne che per l’aspetto retributivo).
Legge n.296/2007 (Finanziaria 2008) eliminò la possibilità di deroga da parte della contrattazione collettiva, ampliò il termine di prescrizione a 2
anni dalla cessazione dell’appalto ed estese la responsabilità anche ai
dipendenti subappaltatori.
Legge n.123/2007, legge delega sulla sicurezza, stabilì l’adozione di un unico documento di valutazione dei rischi concernenti l’appalto.
D.L. n.91/2008, convertito nella legge n. 129/2008, dispose l’abrogazione
del Decreto Bersani (art. 35 commi da 29 a 34).
X.Xxx. n.81/2008 (T.U. sulla sicurezza) accomunò la posizione del committente con quella dell’appaltatore in termini di garanzia nei confronti dei dipendenti di quest’ultimo; venne, inoltre, prevista l’introduzione della tessera di riconoscimento.
D.Lgs. n.106/2009 stabilì ulteriori obblighi in tema di sicurezza.
Legge n.136/2010 introdusse ulteriori specifiche relative alla tessera di riconoscimento.
Legge n.183/2010 (c.d. Collegato Lavoro) fornì indicazioni in merito alla certificazione dei contratti di appalto.
D.L. n.138/2011, convertito nella legge n.148/11, reintrodusse la deroga, da parte della contrattazione collettiva, al regime di solidarietà negli appalti.
Legge n.35/2012 e D.L. n.16/2012, convertito in legge n.44/2012, stabilirono modifiche in materia di solidarietà dei committenti.
D.L. n.5/2012 precisò che la solidarietà si estende anche ai premi assicurativi (es. I.N.A.I.L.) mentre rimane esclusa in materia di sanzioni civili per le quali risponde solo il responsabile delle violazioni; per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto venne precisato che opera il principio di solidarietà “pro quota” riferito al periodo di esecuzione del contratto.
D.L. n.69/2013 (cd. decreto del "fare") escluse l'IVA dall'ambito oggettivo di applicazione della disciplina della solidarietà.
D.L. n.76/2013 precisò che l’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n.276/03 trova applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo mentre non trova applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle PP.AA.
D.Lgs.n.175/2014 stabilì che il committente, che abbia eseguito il pagamento dei trattamenti retributivi dei lavoratori, possa esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato, e sia obbligato ad assolvere, ove previsto, gli adempimenti del sostituto d'imposta.
X.Xxx.n.81/2015 aveva eliminato la somministrazione fraudolenta
prevista dall’art. 28 del D.Lgs.n.276/2003.
Legge europea n.122/2016, ha modificato il comma 3 dell’art. 29 del D. Lgs. n.276/2003 prevedendo che l’esclusione dall’applicazione delle disposizioni dell’art. 2112 Cod. Civ., in caso di cambio appalto con acquisizione di personale, è subordinata al fatto che il nuovo appaltatore sia dotato di una propria struttura organizzativa ed operativa e che sussistano “elementi di discontinuità” che determinino una “specifica identità” dell’impresa subentrante.
D.Lgs. n.8/2016 recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, della Legge 28 aprile 2014, n. 67” ha modificato
la sanzione relativa all'art. 29, co. 1 e 30, co. 1, contenuta all'art. 18, co. 5- bis, del D.Lgs. n. 276/2003; in caso di assenza dei requisiti essenziali del contratto di appalto è stata introdotta una sanzione di € 50,00 per ciascuna giornata e per ciascun lavoratore occupato da comminarsi sia all'appaltatore che al committente.
Legge n.232/2016 (legge di bilancio) ha abolito, in via definitiva, l’obbligo di versamento all’INPS del contributo dovuto, ai sensi dell’art. 2, comma 31, della Legge 28 giugno 2012, n. 92 in relazione alle interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, per causa diversa dalle
dimissioni, nei casi di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali.
D.L. n.25/2017 ha abrogato le disposizioni contenute nei periodi secondo, terzo e quarto, dell’art. 2, xxxxx introdotti dalla legge n. 92 del 2012 facendo venir meno:
• il principio del litisconsorzio necessario ossia l’obbligo di chiamare
in giudizio appaltatore e committente;
• il principio della preventiva escussione ossia l’obbligo di aggredire, in via preventiva ed infruttuosamente, il patrimonio dell’impresa appaltatrice prima di esperire l’azione esecutiva nei confronti dell’impresa committente;
• la derogabilità della solidarietà nell’appalto da parte di procedure
previste dai CCNL.
Legge n.96/2018 (legge di conversione del D.L. n.87/2018) ha reintrodotto la somministrazione fraudolenta (art. 38 bis del D.Lgs.n.81/2015) che si realizza quando la somministrazione è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore.
L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del
servizio, se non è stato autorizzato dal committente.
1676. Diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente
Coloro che alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o prestare il servizio, possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.
Appalto – Legge 1369/1960 – abrogata dall’art. 85 del D.lgs.276/03
La prima norma sull’appalto, dopo l’entrata in vigore del codice civile, è stata la legge n.1369/1960, poi abrogata dal D.Lgs.n.276/2003 (c.d. Legge Biagi).
Bisogna partire da tale restrittiva norma per capire come l’immobilismo giuridico in materia di appalto abbia dato spazio, per quasi 40 anni, alla sola giurisprudenza e come abbia creato le condizioni per la “rivoluzione” in tema di esternalizzazioni, partita nel 1997 con la legge n.196 (c.d. legge Treu sul lavoro interinale) e tuttora in corso.
Art. 1
Comma 1
“E’ vietato all’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma…., l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di mano d’opera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono.”
Comma 3
“È considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o
subappalto, anche per esecuzioni di opere o servizi, ove l’appaltatore impieghi capitali, macchine o attrezzature fornite dall’appaltante anche quando per il loro utilizzo venga corrisposto un compenso.”
Appalto - art. 29 D.lgs. 276/2003 – comma 1
La norma che abroga la legge n.1369/60 e “liberalizza” il contratto d’appalto è la legge n. 276/2003.
Ai sensi dell’art. 29 della citata legge, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.
Il contratto di appalto è sempre un’obbligazione di risultato che deve essere individuato nel contratto.
Il contratto di appalto può essere suddiviso in due tipologie:
• L’appalto di opere ricorre quando l’attività consiste nella trasformazione o produzione della materia; ad esempio, la costruzione di un edificio o l’installazione di un macchinario.
• L'appalto di servizi ricorre quando l’attività consiste nel perseguimento di un’utilità (appunto un servizio) senza la trasformazione della materia; ad esempio servizi di pulizia, elaborazione paghe.
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 5 dell’11 febbraio 2011, ha fornito una generale ricognizione delle principali problematiche riguardanti l’appalto.
Secondo il Ministero l’appalto risulta “genuino” quando l’appaltatore è un
vero imprenditore e non un semplice intermediario ossia:
• Impiega una propria organizzazione;
• Assume i rischi della realizzazione dell’opera o del servizio;
• È in possesso di una dimostrabile autonomia e professionalità.
Elementi di carattere sostanziale di cui servirsi per verificare l’esistenza di
una propria organizzazione possono essere riscontrati in:
• presenza di capitali, macchine e attrezzature;
• presenza di personale tecnicamente preparato;
• presenza dei poteri direttivi e disciplinari dell’appaltatore nei
confronti dei propri dipendenti.
Relativamente alla presenza di capitali, macchine e attrezzature ricordiamo che il Ministero del Lavoro, nell’interpello n.77 del 22 ottobre 2009, aveva comunque precisato che la genuinità dell’appalto sussiste, “in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell’opera o del servizio dedotti nel contratto, anche nell’ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal committente, purché restino totalmente in capo all’appaltatore la responsabilità del loro utilizzo e l’assunzione del rischio d’impresa”.
Elementi di carattere formale di cui servirsi per verificare l’esistenza di una
propria organizzazione possono quindi essere riscontrati:
• dall’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese (con particolare riguardo alla data, all’oggetto sociale, nonché al capitale sociale);
• dal libro giornale;
• dal libro degli inventari e dal Libro unico del lavoro (ove sono indicati la data di assunzione, le qualifiche e le mansioni dei lavoratori impiegati nell’appalto);
• dal Documento unico di regolarità contributiva (DURC).
In relazione al rischio d’impresa il Ministero del lavoro precisa che risulta essere presente quando il corrispettivo è dovuto solo al compimento di uno specifico risultato (a regola d’arte), mentre non è presente quando il committente retribuisce l’appaltatore, a prescindere dal risultato, per il solo fatto di aver svolto l’attività lavorativa.
Elementi di cui servirsi per verificare l’esistenza dell’assunzione del rischio
di impresa:
• presenza del compenso pattuito per l’effettiva realizzazione dell’opera appaltata, a “corpo” e non legata alle mere ore di lavoro necessarie;
• presenza nel contratto di appalto di clausole penali nel caso in cui l’opera non venga realizzata nelle tempistiche o nelle modalità concordate.
L’autonomia dell’appaltatore rispetto al committente non può ridursi alla sola direzione dei lavoratori impiegati sull’appalto o alla semplice gestione del rapporto di lavoro, dovendosi verificare l’esistenza di una reale organizzazione produttiva idonea a realizzare un risultato autonomo indipendentemente dall’attività prestata presso il committente.
A titolo esemplificativo, si evidenziano alcuni indici rivelatori della
sussistenza del requisito dell’autonomia in capo all’appaltatore:
• lo svolgimento abituale di una attività imprenditoriale o di una attività produttiva propria in maniera evidente e comprovata;
• l’operare per conto di differenti imprese da più tempo o nel medesimo arco temporale considerato (la monocommittenza può essere indice di mancanza di autonomia);
• essere in possesso di specifiche competenze e know how;
• separazione fisica delle zone in cui operano i dipendenti del
committente e quelli dell’appaltatore.
Diversi Contratti Collettivi impongono limitazioni all’utilizzo dell’appalto oppure ne regolamentano l’utilizzo; di conseguenza, prima di affidare un’attività in appalto, è sempre consigliabile verificare la possibilità o meno di utilizzare tale istituto.
Ricordiamo ad esempio che, nel CCNL Industria metalmeccanica privata, debbono essere esclusi dall’appalto i lavori svolti in azienda direttamente per attività di trasformazione proprie dell’azienda stessa, nonché quelle di manutenzione ordinaria continuative, ad eccezione di quelle che devono necessariamente essere svolte al di fuori dei normali turni di lavoro.
Sono fatti salvi quindi gli appalti aventi carattere di continuità ma che siano
relativi ad attività diverse da quelle proprie dell’azienda appaltante.
Contratto d’opera – art. 2222 c.c.
“Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.”
Diversamente dal contratto di appalto nel contratto di opera prevale
l’attività personale e manca l’organizzazione dei mezzi/persone.
Nel lavoro subordinato assume importanza principale l’oggetto del
contratto ossia la semplice prestazione lavorativa; l’oggetto del contratto è il “facere” e non il risultato; salvo eccezioni il lavoratore viene retribuito anche se non esegue l’attività a regola d’arte.
In considerazione dell’estrema varietà della casistica, in alcuni casi pratici le fattispecie di lavoro subordinato e appalto possono avvicinarsi; ad esempio, nelle figure dirigenziali oppure, all’opposto, quando ritroviamo la figura del c.d. “nudus minister”, ossia il mero esecutore, che si realizza quando il committente impone continue ingerenze, privando quasi totalmente dell’autonomia l’appaltatore.
Il contratto di somministrazione è il contratto con cui una parte (Agenzia di somministrazione) si impegna, verso un corrispettivo di un prezzo, a fornire all’Azienda utilizzatrice prestazioni di lavoro periodiche o continuative rese da terzi, senza che tra i lavoratori somministrati e l’utilizzatore si instauri un contratto di lavoro subordinato.
Diversamente dall’appalto il potere organizzativo e direttivo è in capo al
committente/utilizzatore.
In considerazione dell’estrema varietà della casistica, anche il contratto di compravendita può avvicinarsi al contratto di appalto.
In questi casi la giurisprudenza adotta il cd. criterio della prevalenza ossia:
• è qualificato come appalto se prevale l’obbligazione del “facere”; ad esempio quando si vende un semplice computer e si procede all’installazione di un software complesso;
• è qualificato come compravendita se prevale l’interesse del trasferimento della proprietà; ad esempio quando vendo un computer con una semplice garanzia di intervento.
Il distacco di personale è previsto dall’articolo 30 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (c.d. Riforma Biagi) e si estrinseca quando un datore di lavoro (distaccante), al fine di soddisfare un proprio interesse, pone uno o più lavoratori (distaccati) a disposizione di un altro soggetto (distaccatario), per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa temporanea.
Diversamente dal contratto di appalto nel distacco manca l’organizzazione dei mezzi e l’assunzione del rischio da parte del distaccante che semplicemente “presta” i lavoratori, per un determinato periodo (temporaneità) e per soddisfare un proprio interesse.
La legge n.192/98 regolamenta il contratto di subfornitura ossia quando un imprenditore si impegna ad effettuare, per conto di un’impresa committente, lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dal committente medesimo, o si impegna a fornire all’impresa prodotti e servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente.
Sono esclusi i contratti di fornitura di materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature.
Si evidenzia però che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 254/2017, ha ritenuto applicabile anche al contratto di subfornitura la disposizione dell'art. 29, comma 2, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, secondo la quale, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore e con ciascuno dei subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, i contributi e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell'appalto.
Prescindendo quindi da ogni considerazione sulla natura del contratto di subfornitura (se cioè si tratti di un tipo o di un sottotipo di appalto oppure di un tipo negoziale autonomo), la Corte Costituzionale, con la succitata sentenza, fornisce un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 29, comma 2, del Decreto Legislativo n. 276/2003, nel senso della sua applicabilità anche al contratto di subfornitura.
Sul tema è intervenuto anche l'Ispettorato Nazionale del Lavoro con circolare n. 6/2018, che, nel commentare la pronuncia della Corte Costituzionale, ha ritenuto che il principio enunciato sia applicabile anche ad altre ipotesi di decentramento (es. distacco, consorzio).
L'Ispettorato Nazionale del Lavoro ritiene che il principio tracciato dalla Corte Costituzionale appaia rispondere anche ad altre ipotesi di dissociazione tra datore di lavoro e utilizzatore della prestazione lavorativa, quali il rapporto tra il consorzio e le società consorziate, il distacco di lavoratori ai sensi dell'art. 30 del citato Decreto Legislativo n. 276/2003 e il distacco transnazionale di cui al Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n. 136, comportando, in quest'ultimo caso, l'applicazione del regime di solidarietà di cui all'art. 29, comma 2, tra società estera distaccante e società utilizzatrice in Italia, non soltanto nei casi in cui la prestazione di servizi sia riconducibile ad una filiera di appalto o subappalto, ma anche qualora la stessa consista in altre operazioni.
Contratto di trasporto – art. 1978 c.c.
Il contratto di trasporto è il contratto con cui un vettore si obbliga, verso un corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro.
Se l’attività è episodica, non si applica il contratto di appalto, ma quello del trasporto che dal 1° gennaio 2015, in base all’art. 1 commi 246-247 della legge 190/2014, prevede una specifica responsabilità solidale.
Se l’attività è continuativa e si esplica in una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo si applica il contratto di appalto.
Cambio appalto e trasferimento di azienda
Ai sensi dell’art. 2112 de c.c. si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conservi, nel trasferimento, la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda.
Le disposizioni si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.
In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.
La legge europea n. 122/2016, ha modificato il comma 3 dell’art. 29 del D.
Lgs. n. 276/2003 prevedendo che:
“L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda.”
L’esclusione dall’applicazione delle disposizioni dell’art. 2112 Cod. Civ., in caso di cambio appalto con acquisizione di personale, è subordinata al sussistere di due requisiti:
• che il nuovo appaltatore sia dotato di una propria struttura organizzativa ed operativa;
• che sussistano elementi di discontinuità che determinino una specifica identità dell’impresa subentrante (ad esempio la proprietà dei mezzi come elemento identitario).
Solidarietà entro i 2 anni - art. 29 d.lgs.276/2003 – comma 2
In caso di appalto di opere o servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di durata del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere agli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del D.P.R. n. 600/73 (IRPEF), e può esercitare le azioni di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.
Regime di solidarietà - D.L. n. 25/2017
L’art. 2 del D.L. 25/2017 abroga le disposizioni contenute nei periodi
secondo, terzo e quarto, introdotte dalla legge n. 92 del 2012 ossia:
• principio del litisconsorzio necessario; la norma precedentemente prevedeva, infatti, l'obbligo per il lavoratore (o l'ente assicurativo o previdenziale) di chiamare in giudizio anche l'impresa committente unitamente all'impresa appaltatrice (datrice di lavoro);
• principio della preventiva escussione; non è più necessario che il lavoratore (o l'ente assicurativo o previdenziale) aggredisca, in via preventiva ed infruttuosamente, il patrimonio dell'impresa appaltatrice prima di esperire l'azione esecutiva nei confronti dell'impresa committente.
L’art. 2 del D.L. 25/2017 abroga inoltre la facoltà concessa ai contratti collettivi nazionali, sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore, di individuare, in alternativa all'applicazione della disciplina sulla solidarietà prevista dalla legge, metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti.
Limiti temporali: due anni dalla cessazione dell'appalto.
Soggetti garantiti: lavoratori subordinati, autonomi ed enti previdenziali e assicurativi; per lavoratori autonomi si intendono i xx.xx.xx., e non tutti i lavoratori autonomi.
Oggetto della garanzia: trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi.
Trattamento di fine rapporto: viene precisato che opera il principio di
solidarietà “pro quota” riferito al periodo di esecuzione del contratto.
Principio del litisconsorzio necessario: non più necessario.
Principio della preventiva escussione: non più necessario.
Derogabilità della garanzia della solidarietà da parte dei CCNL: non più previsto.
L’azione è esperibile anche dagli enti previdenziali e dall’agenzia delle
entrate.
Solidarietà oltre i due anni - art.1676 c.c.
Le garanzie previste dall’art. 29 del D.Lgs. 276/03 si aggiungono a quelle
previste dall’art. 1676 C.C.; quella stabilita dal predetto articolo è l’unica azione esperibile dai lavoratori dell’appaltatore e nel limite del credito che l’appaltatore vanta nei confronti del committente, decorsi i due anni dalla cessazione dell’appalto.
Tale garanzia è però utilizzabile solo:
• per i crediti retributivi;
• nel limite del credito del committente al momento della richiesta;
• solo dai lavoratori dell’appaltatore.
Solidarietà nella somministrazione ai sensi dell’art. 35 d.lgs.81/2015
L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere al lavoratore i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo obbligo di rivalsa nei confronti del somministratore.
LICEITA’/ILLICEITA’ DELL’APPALTO
Nel caso in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una mera prestazione lavorativa, con semplice gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, contribuzione ecc.), senza l’esercizio dei poteri direttivi e dell’organizzazione, si ricade nell’interposizione illecita di manodopera (somministrazione irregolare/fraudolenta).
Appalto illecito - art. 29 D.lgs.276/2003 – 3 bis
Quando il contratto di appalto sia disposto in violazione di quanto disposto dal comma 1 dell’art.29 del D.Lgs.276/2003, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 del c.p.c,
notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la
costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo.
Ai sensi dell’abrogata legge n.1369/1960, a seguito della violazione del divieto di interposizione di prestazioni, il rapporto era ritenuto “di diritto” tra lavoratore e committente.
Esisteva quindi una presunzione assoluta per cui anche l’Ispettore del lavoro, in presenza di violazione della normativa, poteva agire d’ufficio richiedendo la costituzione del rapporto di lavoro.
Con l’introduzione dell’art. 29 solo il lavoratore ha “azione” per richiedere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore.
Ai sensi dell’art 31, comma 4 lettera d) della Legge n.183/2010 il lavoratore, per rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro, deve trasmettere un atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la propria volontà, entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto (da intendersi come cessazione dell’attività resa in favore dell’appaltatore).
Tale atto, a pena di inefficacia, dovrà essere seguito da un ricorso giudiziario/tentativo di conciliazione o arbitrato da depositare nella cancelleria del Tribunale competente entro i successivi 180 giorni.
Qualora la conciliazione o l’arbitrato siano stati rifiutati o non si sia raggiunto un accordo il ricorso al giudice deve essere depositato entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
La costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti del committente ha
effetto “ex tunc” ossia dalla data di inizio dell’appalto irregolare.
I pagamenti a titolo retributivo e contributivo effettuati dall’appaltatore valgono, comunque, a liberare il committente fino a concorrenza delle somme versate.
Il Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, della Legge 28 aprile 2014, n. 67” ha modificato la sanzione relativa all'art. 29, co. 1 e 30, co. 1, contenuta all'art. 18, co. 5-bis, del D.Lgs. n. 276/2003; in caso di assenza dei requisiti essenziali del contratto di appalto è prevista una sanzione (al posto dell’ammenda) di € 50 per ciascuna giornata e per ciascun lavoratore occupato da comminarsi sia all'appaltatore che al committente.
In caso di distacco privo dei requisiti essenziali, la sanzione prevista è di € 50 per ogni giornata di lavoro e per ogni lavoratore da comminarsi sia nei confronti del distaccante che del distaccatario.
La sanzione minima non potrà mai essere inferiore a € 5.000 e superiore a
€ 50.000.
Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 31, commi 1 (percentuale nel caso di somministrazione a tempo indeterminato) e 2 (limiti quantitativi fissati dia CCNL), 32 (situazioni soggette a divieto) e 33, comma 1, lettere a) (estremi autorizzazione), b) (numero contratti), c) (eventuali rischi per la salute) e d) (data inizio e durata), 38, comma 1 (mancanza di forma scritta) del D.Lgs.81/15 il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto dall'inizio della somministrazione.
Il lavoratore, per rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro deve trasmettere un atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la propria volontà, entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto (da intendersi come cessazione dell’attività resa in favore del somministratore) a cui dovrà seguire, a pena di inefficacia, ricorso giudiziario/tentativo di conciliazione o arbitrato da depositare nella cancelleria del Tribunale competente entro i successivi 180 giorni.
I pagamenti a titolo retributivo e contributivo effettuati dal somministratore valgono, comunque, a liberare l’utilizzatore fino a concorrenza delle somme versate.
Nel caso in cui il giudice accolga la domanda condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966 (art. 39, comma 2 D.Lgs.81-2015).
La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro.
La somministrazione fraudolenta, già prevista, con identica formulazione, dall’art. 28 del D.Lgs. n.276/2003, poi abrogato dall’art. 55 del D.Lgs. n.81/2015 è stata reintrodotta dalla legge n.96/2018 (Legge di conversione del D.L. n.87/2018) e si realizza quando la somministrazione è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore.
Sulla tematica si è espresso anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con circolare n. 3 dell’11 febbraio 2019.
Secondo il parere dell’Ispettorato Nazionale il reato di somministrazione fraudolenta può realizzarsi anche al di fuori di una ipotesi di pseudo appalto, addirittura coinvolgendo agenzie di somministrazione autorizzate, oppure nell’ambito di distacchi di personale che comportino una elusione della disciplina di cui all’art. 30, D.Lgs. n.276/2003 ovvero ipotesi di distacco transnazionale “non autentico” ai sensi dell’art. 3, X.Xxx. n. 36/2016.
Appalto illecito e somministrazione fraudolenta
Il Ministero del Lavoro con circolare n. 5/2011 aveva già affrontato la tematica della somministrazione fraudolenta ora nuovamente oggetto di commento da parte dell’Ispettorato.
Ad avviso dell’INL il ricorso ad un appalto illecito (e quindi alla somministrazione di lavoro in assenza dei requisiti di legge), già costituisce, di per sé, elemento sintomatico di una finalità fraudolenta, che il Legislatore ha inteso individuare nella elusione di “norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”.
Tali norme possono individuarsi, a titolo esemplificativo, in quelle che stabiliscono la determinazione degli imponibili contributivi (art. 1, comma 1, del D.L. n.338/1989) o, più direttamente, in quelle che introducono divieti alla somministrazione di lavoro (art. 32, D.Lgs. n.81/2015) o prevedono determinati requisiti per la stipula del contratto (art. 32, D.Lgs. n 81/2015) o, ancora, specifici limiti alla somministrazione (artt. 31 e 33 del D.Lgs. n.81/2015).
A fronte dell’utilizzo illecito dello schema negoziale dell’appalto, il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro derivanti dalla applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL dall’appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, così come un’accertata elusione dei divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione, risulta sicuramente sufficiente a dimostrare l’intento fraudolento.
Ad avviso dell’INL potrà ravvisarsi una somministrazione fraudolenta nelle ipotesi in cui un datore di lavoro licenzi un proprio dipendente per riutilizzarlo tramite agenzia di somministrazione, violando norme di legge o di contratto collettivo.
In ogni caso, qualora la somministrazione fraudolenta si realizzi per il tramite di una agenzia autorizzata, è indubbio, secondo il parere dell’Ispettorato, che la prova in ordine alla “specifica finalità” prevista dall’art. 38 bis dovrà essere più rigorosa.
In tali casi per il somministratore e per l'utilizzatore è comminata la sanzione penale dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
Gli artt. 603 bis e ter del codice penale prevedono che, fatto salvo che il fatto non costituisca reato più grave, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con multa da 500 a 1000 € per ogni lavoratore chi:
• recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
• utilizza, assume, impiega manodopera, anche attraverso l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno.
Costituiscono indici di sfruttamento:
• la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi;
• la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro;
• reiterata violazione della normativa relativa alla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
• sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro e alloggiative degradanti.
SICUREZZA SUL LAVORO - OBBLIGHI CONNESSI AI CONTRATTI D'APPALTO O D'OPERA O DI SOMMINISTRAZIONE
Art. 26. T.U. 81-2008. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo deve:
• verificare l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione.
La verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
- acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
- acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
• fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
Nell'ipotesi di affidamento a terzi di attività, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
- cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
- coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze, ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionale di cui all’art. 29, comma 6 ter D.Lgs.n.81/2008 con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi un proprio incaricato in possesso di formazione esperienza e competenza professionali adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro per sovraintendere a tali cooperazione e coordinamento.
In caso di redazione del documento esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture.
A tali dati possono accedere il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle XX.XX. comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Dell’individuazione dell’incaricato o della sostituzione deve essere data
immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera.
Le disposizioni di cui sopra non si applicano ai rischi specifici propri
dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Nell’ambito di applicazione del codice di cui al D.Lgs.12 aprile 2006 n. 163
tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare con potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.
Tale obbligo non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è superiore a 5 uomini/giorno, sempre che essi non comportino rischi derivanti da rischio di incendio di livello elevato ai sensi del decreto del Ministro dell’Interno 10 marzo 1998, o dallo svolgimento di attività in ambienti confinati, o dalla presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, di amianto o di atmosfere esplosive ecc.
Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto; l’integrazione, sottoscritta per accettazione dall’esecutore, integra gli atti contrattuali.
Tale documento deve essere allegato al contratto di appalto o di opera.
Solidarietà per eventuali danni non indennizzati
Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Le disposizioni predette non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Risulta una responsabilità oggettiva (con prescrizione decennale) del committente per gli infortuni (non indennizzati) occorsi ai dipendenti
dell’appaltatore, su cui non può (e non deve) esercitare alcun tipo di
controllo o direzione.
I danni non indennizzati sono:
• danno morale;
• danno biologico da inabilità temporanea;
• danno biologico per inabilità permanente fino al 5%;
• danno esistenziale.
Indicazione dei costi per la sicurezza
Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze della lavorazioni.
A tali dati relativi ai costi delle misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni, possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture.
Ai fini del suddetto obbligo il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della salute e
delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.
Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.
I passaggi fondamentali prima di affidare in appalto un’attività sono:
• redigere il contratto in forma scritta con determinate caratteristiche; il contratto di appalto non richiede (nel settore privato) la forma scritta “ad substantiam” ma, naturalmente, è assolutamente consigliata;
• predisporre un adeguato sistema di controllo amministrativo;
• nei casi più delicati, predisporre specifiche indagini sugli appaltatori.
Un passaggio fondamentale per tutelarsi da eventuali rischi connessi al contratto di appalto è quello di predisporre un contratto avente alcuni requisiti:
• concordare con l’appaltatore quale tipologia di lavoratori potranno operare nell’appalto; nel caso in cui risulti opportuno far intervenire esclusivamente lavoratori subordinati è consigliabile inserire uno specifico vincolo contrattuale in tal senso prevedendo in caso di inadempimento una clausola risolutiva espressa;
• prevedere xxxxxxxx xxxxxx, con riserva di richiesta del maggior danno, in caso si manifestino i suddetti inadempimenti;
• inserire nel contratto delle clausole di manleva da parte dell’appaltatore nei confronti del committente sia per i profili di responsabilità solidale prevista dall’art. 29 sia per gli obblighi previsti dal D.Lgs.81/2008; tali clausole permetteranno le azioni di rivalsa del committente davanti il giudice del lavoro senza la necessità di attivare un’autonoma causa in sede civile;
• inserire clausole contrattuali che prevedano la sospensione dei pagamenti, quale eccezione di inadempimento, nel caso in cui l’appaltatore non rispetti i requisiti di legge, le regole pattuite, prima di ogni pagamento;
• prevedere, ove possibile, il divieto di subappalto.
Sistema di controllo amministrativo
• verificare l’idoneità tecnico-professionale attraverso la richiesta del certificato di iscrizione alla Camera di commercio e un’autocertificazione sull’idoneità tecnico-professionale (art. 26, comma 1 – lettera a) D.Lgs.n.81/2018);
• redigere un documento di valutazione rischi da interferenze (DUVRI).
• effettuare la valutazione dei costi sulla sicurezza (art. 26, comma 5 –D.Lgs.n.81/2018);
• richiedere posizione INPS/INAIL della società.
• richiedere la fotocopia del LUL anche per verificare il rispetto dei minimi contrattuali;
• richiedere l’elenco dei lavoratori impiegati nell’appalto con relativo allegato della comunicazione di assunzione, con ogni eventuale successiva variazione;
• richiedere, in corso di contratto, le buste paga del lavoratore
operante sull’appalto con relativa quietanza di pagamento;
• richiede gli F24 quietanzati;
• verificare il DURC.
Il Decreto Interministeriale 30 gennaio 2015 ha introdotto, a decorrere dal 1° luglio 2015, disposizioni volte alla semplificazione in materia di D.U.R.C..
Da tale data è stata introdotta una procedura di verifica informatica dello stato di regolarità contributiva, accessibile agli interessati (compresa l’azienda stessa) con modalità esclusivamente telematica ed in tempo reale.
Tale sistema permette di verificare la regolarità contributiva dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi nei confronti di INPS, INAIL e casse edili.
Soggetti abilitati alla verifica della regolarità contributiva
Risultano soggetti abilitati ad effettuare la verifica della regolarità contributiva:
• le amministrazioni aggiudicatrici;
• gli organismi di diritto pubblico;
• gli enti aggiudicatori, gli altri soggetti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e le stazioni appaltanti;
• gli organismi di attestazione SOA;
• le amministrazioni pubbliche concedenti;
• i concessionari o i gestori di pubblici servizi;
• l’impresa o il lavoratore autonomo in relazione alla propria posizione contributiva o, previa delega dell’impresa o del lavoratore autonomo medesimo, chiunque vi abbia interesse;
• le banche o gli intermediari finanziari, previa delega da parte del soggetto titolare del credito, in relazione alle cessioni dei crediti certificati.
Modalità della verifica e contenuti del documento
I soggetti abilitati alla verifica, in possesso di specifiche credenziali, effettuano un’unica interrogazione negli archivi dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L. e delle Casse edili.
L’esito positivo della verifica di regolarità genera un Documento in formato
“pdf”, non modificabile, recante i seguenti contenuti minimi:
• la denominazione o ragione sociale, la sede legale ed il codice fiscale del soggetto nei cui confronti è effettuata la verifica;
• l’iscrizione all’I.N.P.S., all’I.N.A.I.L. e, ove previsto, alle Casse edili;
• la dichiarazione di regolarità;
• il numero identificativo, la data di effettuazione della verifica e quella di scadenza di validità del documento.
Ai sensi dell’art. 3, comma 2, del succitato Decreto, la regolarità sussiste
anche in caso di:
• rateizzazioni concesse dall’I.N.P.S., dall’I.N.A.I.L. o dalle Casse
edili, ovvero dagli Agenti della riscossione;
• sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative;
• crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la quale sia stato accertato il credito, nelle forme previste dalla legge o dalle disposizioni emanate dagli Enti preposti alla verifica, e che sia stata accettata dai medesimi Enti;
• crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo, sino alla decisione che respinge il ricorso;
• crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario, sino al passaggio in giudicato della sentenza, salva l’ipotesi di cui all’art. 24, comma 3, del Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (iscrizione a ruolo effettuata in presenza di provvedimento esecutivo del giudice);
• crediti affidati per il recupero agli Agenti della riscossione per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario;
• scostamento non grave fra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile (somme pari o inferiore ad € 150,00, comprensivi di eventuali accessori di legge).
A differenza della verifica (riservata ai soggetti abilitati), la semplice consultazione delle attestazioni di regolarità è liberamente accessibile.
In questo caso se è presente un documento in corso di validità, l’applicazione propone al richiedente il documento stesso e la possibilità di visualizzarlo e scaricarlo.
In caso contrario il sistema risponde con un messaggio che, per il codice fiscale indicato, non è disponibile un DURC on line in corso di validità e che la richiesta deve essere effettuata attraverso la richiesta di regolarità.
SUCCESSIONE TEMPORALE DELLE LEGGI SUL CONTRATTO A TERMINE
Legge n. 230 del 1962, stabilì la possibilità di stipulare (e prorogare una sola volta) un contratto di lavoro a termine solo in specifiche tassative quali lo svolgimento di attività stagionali, la sostituzione di lavoratori con diritto alla conservazione del posto; l'esecuzione di lavori predeterminanti aventi durata predefinita nel tempo.
X.Xxx. n.368/2001, liberalizzò la disciplina del termine, abrogando la precedente L. n. 230/1962 e introducendo il c.d. “causalone” ossia giustificando l’apposizione del termine ogniqualvolta sussistessero delle motivazioni tecnico/organizzative/sostitutive da esplicitare nel contratto di lavoro.
D.L. n.34/2014 convertito in legge n. 78/2014 ha eliminato le “causali” e ha stabilito una durata massima del contratto in 36 mesi e stabilito una percentuale massima (20%) nell’utilizzo del contratto a termine.
X.Xxx. n.81/2015 ha introdotto alcune modifiche regolamentando le conseguenze nel caso del c.d. sforamento dalla percentuale del 20%, prevista dalla legge, di assunzioni e ha fornito chiarimenti in merito al calcolo della percentuale nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno.
Il contratto a tempo determinato è regolamentato dal D.Lgs.n.81/2015 (artt. 19-29) così come modificato dal c.d. Decreto Dignità e dalla successiva legge di conversione.
Nella Gazzetta Ufficiale n.186 dell'11 agosto 2018 è stata pubblicata la Legge del 9 agosto 2018, n.96, in vigore dal 12 agosto 2018, che ha convertito, con modificazioni, il Decreto-Legge 12 luglio 2018, n.87, recante "Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”.
L’entrata in vigore del D.L. n.87/2018, nel mese di luglio 2018, e della successiva Legge di conversione n.96/2018, efficace da agosto 2018, ha determinato una sovrapposizione di norme generando difficoltà gestionali e incertezze nell’applicazione di alcune disposizioni.
Il periodo transitorio, tardivamente introdotto dalla Legge n.96/2018, ha, in parte, mitigato alcuni effetti negativi del Decreto, lasciando però ampie zone d’ombra nella successione temporale dei contratti.
Le disposizioni dell'art. 1, comma 2 del D.L. n.87/2018, in vigore dal 14 luglio 2018, risultavano immediatamente efficaci per i contratti stipulati da tale data, nonché per le proroghe e xxxxxxx.
L'art. 1, comma 2 della Legge 9 agosto 2018, n.96, entrata in vigore il 12
agosto 2018, attraverso l’introduzione di un periodo transitorio:
• ha fatto salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del Decreto-Legge n. 87/2018;
• ha previsto che le disposizioni si fossero applicate ai nuovi contratti di lavoro a tempo determinato, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.
A seguito dell’introduzione del periodo transitorio è stato quindi necessario verificare la data di stipula del primo contratto con un lavoratore subordinato:
• 1° contratto a termine stipulato fino al 13 luglio 2018. Applicazione, fino al 31 ottobre 2018, delle regole precedenti in tema di durata, proroga e rinnovo, ad eccezione della contribuzione aggiuntiva.
• 1° contratto a termine stipulato dal 14 luglio 2018 al 11 agosto 2018.
Applicazione delle nuove regole in tema di durata, proroga, rinnovo e contributo aggiuntivo.
• 1° contratto a termine stipulato dal 12 agosto 2018
Applicazione delle nuove regole in tema di durata, proroga, rinnovo e contributo aggiuntivo.
Dal 1° novembre 2018 le regole sono invece comuni a tutti i contratti a termine.
CONTRATTO A TERMINE DISCIPLINA
Il contratto va necessariamente stipulato (il termine è quindi privo di effetto) in forma scritta nel caso in cui la durata sia superiore a 12 giorni e
copia del contratto deve esser consegnata al lavoratore entro 5 giorni
dall’inizio della prestazione.
In caso di rinnovo il contratto deve contenere la specificazione delle esigenze per cui è stato sottoscritto.
In caso di proroga il contratto deve contenere la specificazione delle esigenze per cui è stato sottoscritto solo quando il periodo complessivo ecceda i 12 mesi.
Ricordiamo inoltre che deve essere richiamato nel contratto il diritto di precedenza.
La prima sostanziale novità introdotta dal Decreto Dignità è che al contratto di lavoro subordinato possa essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi, senza alcun tipo di causale, per qualsiasi esigenza e per qualsiasi mansione.
Ricordiamo che antecedentemente alle modifiche del Decreto Dignità il
periodo di “acausalità” risultava di 36 mesi.
Ai sensi dell’art 19, comma 1, viene previsto che il contratto possa avere una durata superiore ai 12 mesi e fino ad un massimo 24 mesi, solo quando ricorra una delle seguenti condizioni:
• esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;
• esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
• esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.
Le causali sono inoltre necessarie anche nei casi di:
• rinnovo;
• proroga oltre i 12 mesi;
I contratti a termine per attività stagionali rimangono esclusi dalla disciplina delle causali.
È evidente la volontà del Legislatore di limitare l’utilizzo di tale forma contrattuale; infatti, fatta salva la causale sostituiva, risulta altamente rischioso inserire qualsiasi altra condizione che possa soddisfare i requisiti previsti dalla legge.
Durata massima del contratto a termine
Si prevede che la durata massima del contratto a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro e un lavoratore, per effetto di una successione di contratti (sia proroghe che rinnovi), previsti per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra uno e l’altro, non possa superare i ventiquattro mesi.
Per il raggiungimento del tetto dei ventiquattro mesi, si tiene conto anche dei periodi di missione in somministrazione a tempo determinato.
Ai sensi dell’art. 19, comma 2, rimangono fuori dal tetto dei ventiquattro
mesi:
• le attività stagionali individuate con Decreto del Ministero del lavoro o dai contratti collettivi, anche aziendali, ai sensi della definizione contenuta nell’art. 51; in attesa di definizione rimangono efficaci le previsioni del DPR n.1525 del 1963;
• eventuali disposizioni dei contratti collettivi; le previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio 2018, i quali, in attuazione del rinvio di legge, abbiano previsto una durata massima della successione dei contratti a termine pari o superiore a trentasei mesi, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza dell’accordo collettivo.
• la stipula presso la ITL di un ulteriore contratto a termine della durata massima di dodici mesi (art. 19, comma 3);
• i contratti che hanno come oggetto in via esclusiva l’attività di
ricerca scientifica (art. 23. comma 3).
Computo durata del contratto termine e della somministrazione
Per effetto dell’estensione delle disposizioni previste per il contratto a tempo determinato ai rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione, stipulati tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore, il rispetto del limite massimo di durata di ventiquattro mesi del singolo rapporto deve essere valutato anche nell’ambito della somministrazione con riferimento non solo al rapporto di lavoro intercorso tra il lavoratore e il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore; in altre parole, per entrambi gli istituti si devono considerare sia i periodi svolti con contratto a termine sia quelli di missione per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale.
Di conseguenza l’obbligo di specificare le motivazioni del ricorso alla somministrazione di lavoratori a termine sorge non solo quando i periodi siano riferiti al medesimo utilizzatore nello svolgimento di una missione di durata superiore a dodici mesi, ma anche qualora lo stesso utilizzatore abbia “instaurato un precedente rapporto a termine con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria”.
In particolare, il Ministero del Lavoro, con circolare ministeriale n. 17/2018, ha fornito i seguenti esempi:
• in caso di precedente rapporto di lavoro a termine di durata inferiore a dodici mesi, un eventuale periodo successivo di missione presso lo stesso soggetto richiede sempre l’indicazione delle motivazioni in quanto tale fattispecie è assimilabile ad un rinnovo;
• in caso di precedente rapporto di lavoro a termine di durata pari a dodici mesi, è possibile svolgere per il restante periodo e tra i medesimi soggetti una missione in somministrazione a termine, specificando la causale;
• in caso di un periodo di missione in somministrazione a termine fino a dodici mesi (quindi anche inferiore a 12 mesi), è possibile per l’utilizzatore assumere il medesimo lavoratore direttamente con un contratto a tempo determinato per una durata massima di dodici mesi indicando la relativa motivazione.
Dall’interpretazione ministeriale risulta evidente che l’utilizzo prima di un
istituto e poi dell’altro obblighi il datore di lavoro (qualunque esso sia) ad inserire una causale (con tutti i rischi del caso) come si fosse in presenza di un rinnovo.
Ad ulteriormente irrigidire il quadro normativo il Decreto-Legge n. 87/2018 non ha attribuito alla contrattazione collettiva la facoltà di intervenire sul nuovo regime delle condizioni. (Circolare ministeriale n. 17/2018); di conseguenza eventuali accordi sindacali finalizzati a limitare o “standardizzare” le causali introdotte dal Decreto Dignità risulterebbero prive di efficacia.
Determinazione indiretta della durata
Attraverso l’eliminazione della possibilità che il termine risulti anche “indirettamente” da atto scritto, è escluso che il termine sia desumibile da elementi esterni al contratto, fermo restando tuttavia che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro possa continuare ad evincersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione.
Il caso più comune è la sostituzione della lavoratrice in maternità, di cui non è possibile conoscere anticipatamente l’esatta data di rientro, sempre nel rispetto dei limiti di durata massima.
Ai sensi dell’art. 21, il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, unicamente in presenza delle condizioni di cui all’art. 19 comma 1, ossia con le “causali”.
La proroga del contratto può avvenire solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore ai 24 mesi, e comunque per un massimo di quattro volte (prima erano 5) nell’arco di ventiquattro mesi.
In base alle istruzioni fornite dalla circolare ministeriale n. 17 del 31 ottobre 2018 la proroga del contratto a tempo determinato presuppone che
restino invariate le ragioni (ove richieste) che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine; pertanto non sarebbe possibile effettuare la proroga modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto, ricadente nella disciplina del rinnovo.
Le nuove disposizioni sono finalizzate a penalizzare il rinnovo del contratto.
Infatti questo potrà avvenire, anche durante i primi 12 mesi, esclusivamente secondo le disposizioni dell’art. 19 comma 1, ossia con le causali che, al di là di quelle sostitutive risultano, praticamente, inutilizzabili.
Ricordiamo che in caso di rinnovo gli intervalli da rispettare tra singoli contratti a termine sono:
• 10 giorni – per i contratti di durata iniziale fino a 6 mesi;
• 20 giorni – per i contratti di durata iniziale superiore a 6 mesi.
Proroghe e rinnovi – Eccezioni
Ai sensi dell’art 21, comma 3, i contratti a termine possono essere prorogati e rinnovati anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1 nei casi di:
• attività stagionali per l’identificazione delle quali, oltre a quanto disposto dai contratti collettivi, si prevede l’emanazione di un nuovo DPR che sostituirà quello n. 1525 del 1963, che rimane vigente fino all’emanazione del nuovo;
• imprese start up innovative definite dal D.L. 179/212, convertito con modificazioni dalla legge 221/2012 per un periodo di 4 anni dalla costituzione.
Prosecuzione del contratto a termine
Le recenti disposizioni non hanno introdotto alcuna modifica alla disciplina della prosecuzione del contratto a termine, prevista dall’art.22; la legge Fornero aveva ampliato il periodo di “tolleranza” da 20 a 30 giorni per i contratti di durata fino a 6 mesi e da 30 a 50 giorni per i contratti di durata superiore.
Il Decreto 76/2013 aveva eliminato l’onere di preventiva comunicazione della decisione di avvalersi di tale periodo di prosecuzione del rapporto a tempo determinato, comunicazione da inviare entro la data di cessazione del contratto al Centro per l’impiego territorialmente competente.
Ricordiamo che, in caso di prosecuzione del contratto, il datore di lavoro deve riconoscere al lavoratore le seguenti maggiorazioni:
• 20% per ogni giorno di prosecuzione fino al decimo;
• 40% per ogni giorno di prosecuzione oltre il decimo.
Ai sensi dell’art. 20, il contratto a termine non è ammesso:
• per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
• presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 e che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo per:
- assunzioni in sostituzione di lavoratori assenti;
- assunzione di lavoratori iscritti alle liste di mobilità (licenziati collettivamente, se si vuol dare un senso alla disposizione oppure la previsione non ha efficacia essendo venute meno le suddette liste dal 1/1/2017);
- durata iniziale del contratto non superiore a tre mesi.
- presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, per lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
- da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Trasformazione a tempo indeterminato del contratto a termine
Fornendo un quadro di sintesi possiamo affermare che il contratto a termine si trasforma a tempo indeterminato nei seguenti casi:
• in caso di superamento dei 12 mesi, in assenza delle causali, dalla data di superamento;
• in caso di superamento dei 24 mesi per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti dalla data di superamento;
• in caso di superamento delle 4 proroghe, dalla decorrenza della quinta proroga;
• in caso di non rispetto dei termini di stop and go (10/20 giorni) in caso di rinnovo, con decorrenza dal rinnovo, fatte salve le attività stagionali;
• in caso di prosecuzione oltre i 30/50 giorni dal giorno del superamento;
• in caso di utilizzo dei contratti a termine nelle fattispecie in cui vige il divieto.
Conseguenze della trasformazione
Ai sensi dell’art. 28, comma 2, in caso di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato il giudice condanna l’azienda al pagamento di un’indennità onnicomprensiva tra le 2,5 e le 12 mensilità, da calcolarsi in base all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Tale somma ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo che va dalla scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto.
L’indennità viene stabilità dal giudice in base ai criteri della legge 604/66 ossia:
• numero dipendenti;
• dimensioni dell’impresa;
• anzianità di servizio;
• comportamento;
• condizioni delle parti.
Ai sensi dell’art. 23, viene confermata la percentuale massima di rapporti a termine attivabili, ossia il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione con arrotondamento del decimale (maggiore o uguale a 0,5 si arrotonda all’unità superiore).
Per le aziende fino a 5 dipendenti è possibile stipulare un contratto a termine.
Il testo normativo prevede che la percentuale del 20% sia elevabile anche dalla contrattazione collettiva aziendale.
Per quanto riguarda le modalità di calcolo della percentuale nel caso di inizio di attività in corso d’anno si fa riferimento al numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Fattispecie esenti da limiti quantitativi
Le fattispecie in cui è possibile stipulare contratti a termine “esenti” da limiti
quantitativi:
• per le fasi di avvio di nuove attività temporalmente definite dai contratti collettivi (anche aziendali) anche in maniera non uniforme con riferimento ad aree geografiche o settori merceologici;
• per le imprese start up come individuate dal D.L. n. 179/2012;
• con lavoratori con età superiore a 50 anni;
• per le attività stagionali;
• per la sostituzione di lavoratori assenti;
• per specifici spettacoli/programmi.
Tali fattispecie derogano anche eventuali limitazioni previste da contratti collettivi (art. 23 comma 2).
Definizione della base di computo
La definizione di organico su cui calcolare la percentuale del 20% è stata precisata dalla circolare ministeriale n. 18/2014.
Rientrano quindi tutti i lavoratori subordinati dell’azienda (non solo dell’unità produttiva) comprendendo:
• dirigenti;
• part time (riproporzionati);
• lavoratori intermittenti con indennità di disponibilità (in
proporzione all’orario svolto);
• lavoratori a domicilio;
• apprendisti;
ma con l’esclusione dei:
• contratti a termine;
• somministrati a tempo indeterminato;
• parasubordinati/lavoro accessorio/attività autonome/lavoratori intermittenti privi indennità di disponibilità.
È possibile esaurire la quota percentuale di assunzioni su un’unica unità
produttiva.
Conseguenze violazione del limite percentuale
Viene confermato che, in caso di violazione dei limiti percentuali, è esclusa la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, ma viene applicata una sanzione amministrativa pari:
• al 20% della retribuzione per ciascun mese o frazione superiore ai
quindici giorni, nel caso il limite sia superato di una sola unità;
• al 50% della retribuzione per ciascun mese o frazione superiore ai quindici giorni, nelle altre ipotesi.
L’eventuale sanzione:
• non sarà comminata per “sforamenti” fino a 15 giorni;
• si ridurrà ad 1/3 del valore se il pagamento avverrà entro 60 giorni dalla notifica.
Ulteriore limite quantitativo del 30% tra somministrazione e contratto a termine
L’art. 31 comma 2, nel disciplinare il contratto di somministrazione introduce un ulteriore limite complessivo all’utilizzo delle forme flessibili di lavoro, che, di conseguenza, si ripercuote anche sull’utilizzo del contratto a termine.
In particolare, viene previsto che:
• il numero complessivo di lavoratori assunti con contratto a termine o impiegati tramite somministrazione a termine (fermo restando il limite del 20% relativo ai contratti a termine) non possa eccedere il 30% di quelli impiegati a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione con arrotondamento del decimale (maggiore o uguale a 0,5 si arrotonda all’unità superiore).
Per quanto riguarda le modalità di calcolo della percentuale nel caso di inizio di attività in corso d’anno si fa riferimento al numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
La norma prevede che la percentuale del 30% sia modificabile dalla
contrattazione collettiva applicabile all’utilizzatore.
Ulteriore limite del 30% – Eccezioni
Le fattispecie in cui è possibile stipulare contratti di somministrazione
“esenti” da limiti quantitativi:
• deroghe previste dai contratti collettivi;
• contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 8, comma 2 della legge
223/91;
• contratti a termine stipulati con percettori di indennità di disoccupazione non agricola da almeno 6 mesi;
• contratti a termine stipulati con lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati.
Risultano lavoratori svantaggiati coloro che rientrano almeno in una delle seguenti situazioni:
a) “non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”, ovvero coloro che negli ultimi sei mesi non abbiano prestato attività riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi, nonché coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito corrispondente ad un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex art. 13 TUIR;
b) “avere un'età compresa tra i 15 e i 24 anni”;
c) “non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non avere ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito” ovvero coloro che non hanno conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore o una qualifica o un diploma di istruzione e formazione professionale rientranti nel terzo livello della classificazione internazionale sui livelli di istruzione nonché coloro che hanno conseguito una delle suddette qualificazioni da non più di due anni e non hanno avuto un primo impiego regolarmente retribuito come definito alla lettera a);
d) “aver superato i 50 anni di età” ovvero coloro che hanno compiuto 50 anni di età;
e) “essere un adulto che vive solo con una o più persone a carico” ovvero coloro che hanno compiuto 25 anni di età e sostengono da soli il nucleo familiare in quanto aventi una o più persone a carico (ex art. 12 TUIR);
f) “essere occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la media uomo-donna in tutti i settori economici, se il lavoratore interessato
appartiene al genere sottorappresentato” ovvero coloro che sono occupati nei settori e nelle professioni caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la media annualmente individuata ai sensi dell'articolo unico del decreto 16 aprile 2013, attuativo dell'articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92 e che appartengono al genere sottorappresentato;
g) “minoranze etniche e linguistiche” ovvero appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e avere la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile ovvero l’appartenere alle minoranze storicamente insediate sul territorio italiano ai sensi della legge n. 482/1999 e a quelle minoranze che risultino ufficialmente riconosciute in Italia sulla base di specifici provvedimenti, se si dimostra la necessità di migliorare le proprie competenze linguistiche e professionali o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso a un'occupazione stabile.
Per essere compresi nella categoria dei lavoratori molto svantaggiati, i soggetti devono soddisfare almeno una delle seguenti condizioni:
• privi da almeno 24 mesi di impiego regolarmente retribuito;
• privi da almeno 12 mesi di impiego regolarmente retribuito ed appartenenti ad una delle seguenti categorie dei lavoratori svantaggiati:
- avere un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;
- appartenere a una minoranza etnica o linguistica.
Conseguenze della violazione del limite del 30%
Ai sensi dell’art. 38, comma 2, viene espressamente previsto che, nel caso di utilizzo della somministrazione in violazione del limite percentuale previsto dall’art. 31, comma 2 (limite 30%), il lavoratore possa chiedere, anche solo nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con effetto dall’inizio della somministrazione.
Non vengono precisate le conseguenze nel caso di sforamento attraverso la stipula di un contratto a tempo determinato aggiuntivo.
Ai sensi dell’art. 24, il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
Nel computo dei 6 mesi rientra anche il periodo di maternità obbligatoria.
Alle lavoratrici in maternità è inoltre riconosciuto un diritto di precedenza nelle assunzioni effettuate con contratto a termine nei successivi 12 mesi per le mansioni già espletate.
Il lavoratore assunto per attività stagionali vanta un analogo diritto sulle assunzioni con contratto a termine per attività stagionali.
Esercizio del diritto di precedenza
Il diritto di precedenza va:
• espressamente richiamato nella lettera di assunzione;
• fatto valere dal lavoratore attraverso comunicazione scritta di avvalersi di tale diritto:
- entro 6 mesi per attività non stagionali;
- entro 3 mesi per attività stagionali.
Nessuna novità è stata invece introdotta dalle recenti modifiche normative in merito all’applicazione del principio di non discriminazione (art. 25) e per quanto attiene agli obblighi di formazione (art. 26).
L’art.27 prevede che, salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina legale o contrattuale, ove rilevi il computo ove rilevi il computo dei dipendenti a tempo determinato, compresi i dirigenti, si tenga conto del loro numero medio mensile nell’arco degli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei rapporti di lavoro.
Si evidenzia che tale computo si dovrà adottare anche per l’applicazione dell’art.18 della legge 300/70.
Un’ulteriore novità riguarda la disciplina della decadenza dell’impugnazione del contratto a termine (art. 28), da effettuarsi entro 180 gg. (invece di 120) dalla scadenza del singolo contratto, con successivo deposito del ricorso entro 180 gg., pena l’inefficacia dell’impugnativa.
Casi di esclusione della disciplina del contratto a termine
In ambito industriale/servizi la disciplina del contratto a termine non si applica:
• ai rapporti instaurati ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge
n. 223 del 1991, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 25 (principio di non discriminazione) e 27 (criterio di computo);
• ai contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere a norma dell'articolo 2118 del codice civile una volta trascorso un triennio;
• ai rapporti per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi.
CONTRATTO A TERMINE CONTRIBUZIONE AGGIUNTIVA
A decorrere dal 1° gennaio 2013 venne previsto un generale incremento del costo dell’istituto del contratto a termine attraverso l’introduzione di un contributo addizionale, pari all’1,4%, a carico del datore di lavoro (Legge 92/2012 - art. 2, commi 28 - 30).
L’esenzione dal versamento del contributo addizionale è prevista nelle
seguenti ipotesi:
• per i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
• per le attività stagionali sia quelle previste dal D.P.R. n. 1525/1963;
• ipotesi di assunzione a tempo determinato, ex articolo 8, c. 2 della legge n. 223/1991, di lavoratori in mobilità.
Contributo addizionale e riduzioni contributive
Sul contributo addizionale (1,40%) potranno, ovviamente, operare le riduzioni contributive previste dall’ordinamento per tutte le tipologie di assunzioni a tempo determinato agevolate (es. assunzioni di over 50 disoccupati da oltre dodici mesi o di donne, introdotte dall’articolo 4, commi 8 e 11 della legge 92/2012).
Contributo aggiuntivo dello 0,5% per rinnovo del contratto a termine
Il contributo addizionale di cui all'art. 2, comma 28, della Legge 28 giugno 2012, n. 92, è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, con esclusione dei contratti di lavoro domestico (art. 3, comma 2 della legge n.96/2018).
L’incremento dello 0,50% del contributo addizionale dell’1,40 per cento
della retribuzione imponibile si applica in modo incrementale per ciascun
rinnovo contrattuale (circ. Ministero del Lavoro n. 17 del 31 ottobre 2018).
L’incremento dello 0,50% non è dovuto in caso di proroga del contratto e
termine.
Viene altresì prevista la restituzione di 6 mensilità del contributo addizionale pagato in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
In caso di assunzione successiva alla scadenza del rapporto a tempo determinato, la restituzione viene ridotta di un numero di mensilità pari a quelle intercorse tra la cessazione del primo rapporto e l’instaurazione di quello a tempo indeterminato.
L’INPS, attraverso il messaggio n. 4152/2014, ha precisato che la restituzione del contributo può avvenire anche in caso di successiva assunzione con un contratto di apprendistato, nel rispetto delle condizioni richiamate dalla circolare del Ministero del Lavoro n.5/2013.
SUCCESSIONE TEMPORALE DELLE LEGGI SUL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE
Legge n.196/97 (Legge Treu) introdusse il contratto per la fornitura delle prestazioni di lavoro temporaneo.
Il lavoro interinale era tuttavia consentito solo in alcune ipotesi; la legge del 1997 collegava il contratto di fornitura non soltanto al soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo dell'impresa utilizzatrice, ma specificava che tali esigenze dovevano corrispondere ad alcune categorie tipologiche, indicate dalla stessa legge (anche mediante rinvio alla contrattazione collettiva), al di fuori delle quali la stipulazione del contratto di fornitura non era consentita.
X.Xxx. 276/2003 disciplinò il contratto di somministrazione di lavoro, intendendosi per tale, secondo la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, lettera a), la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine.
Una previsione di forte rilevanza innovativa era prevista nel comma 3 dell’art. 20, secondo cui il contratto di somministrazione di lavoro poteva essere legittimamente concluso anche a tempo indeterminato, laddove la normativa abrogata (art. 1, comma 1, della l. n. 196/1997) ammetteva il contratto di fornitura solo per esigenze di carattere temporaneo dell’impresa utilizzatrice.
Il X.Xxx. n. 276/2003 eliminò la necessità di individuare specifiche esigenze di carattere temporaneo e, dunque, conferì all’istituto una maggiore elasticità strutturale, abbandonando, per la somministrazione a tempo determinato, il criterio limitativo della “nominatività” dei casi in cui la stessa era ammissibile, e sostituendolo con quello delle causali giustificanti le ordinarie assunzioni a termine.
X.Xxx. n.24/2012, recante “attuazione della Direttiva 2008/104/CE”,
introdusse alcune modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro contenuta nel Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e in particolare la possibilità di ricorrere alla somministrazione a tempo determinato senza indicare le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo (cd. “causali”) qualora il contratto di somministrazione prevedesse l’utilizzo di soggetti disoccupati o “svantaggiati”.
D.L. n.34/2014 convertito in legge n. 78/2014 aveva eliminato, anche per il contratto di somministrazione, le “causali” e aveva confermato il demando esclusivo ai contratti collettivi nazionali di lavoro dell’individuazione di limiti quantitativi.
D.Lgs. n.81/2015 ha introdotto alcune modifiche al contratto di somministrazione prevedendo il definitivo superamento del sistema delle causali e individuando un tetto percentuale di utilizzo (pari al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1°gennaio dell’anno di assunzione).
La somministrazione a tempo determinato di lavoro è interessata da una vera e propria rivoluzione.
Mentre il contratto di somministrazione a tempo indeterminato rimane inalterato, il contratto di somministrazione a tempo determinato, che da sempre trovava la propria ragione di esistere nella fornitura “temporanea” di lavoratori alle imprese, viene stravolta dall’intervento normativo che lo riconduce alle regole (salvo poche eccezioni) del contratto a termine.
Come è noto, gli interventi legislativi che fino alla recente riforma del Decreto Dignità hanno disciplinato la somministrazione di lavoro, si sono focalizzati sul contratto commerciale di somministrazione, limitandone in maniera diversa l’utilizzo.
Il contratto tra Agenzia per il Lavoro (ApL) e lavoratore, invece, è sempre stato considerato come un contratto a termine, sia pure di natura particolare, tanto che secondo diverse opinioni dottrinarie rappresentava un contratto speciale di lavoro.
Non è dubbio comunque che nel regime anteriore alla entrata in vigore del D.Lgs. n.81/2015 il contratto commerciale di somministrazione rappresentasse il fulcro dell’istituto; la somministrazione infatti era consentita solo nelle ipotesi previste dalla legge e, di tali ipotesi, era necessario che se ne facesse menzione nel contratto commerciale di somministrazione.
Questo modello è rimasto inalterato anche a seguito della entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act).
Sia pur liberalizzando completamente il ricorso alla somministrazione, non più ancorata alla sussistenza di determinate ragioni giustificative, il legislatore non ha però alterato lo schema precedente; il contratto commerciale di somministrazione infatti rimaneva il contratto principale rispetto al quale il contratto di lavoro a termine tra ApL e lavoratore rivestiva una funzione ancillare e strumentale.
La nuova disciplina introdotta dalla Legge n. 96/2018 ha profondamente innovato il quadro precedente assogettando anche il contratto di lavoro tra la Apl e il lavoratore alla stessa disciplina del contratto a termine diretto tra impresa e lavoratore.
L’art. 34 c. 2, infatti, estende al contratto tra lavoratore e ApL la stessa disciplina prevista per il contratto di lavoro a termine eliminando la precedente dicitura “…..per quanto compatibile…..”.
Una formulazione che, decisamente, non tiene conto della particolarità del contratto a termine tra ApL e lavoratore, che per sue finalità e specificità non può essere forzosamente sovrapposto alla disciplina del contratto a termine, come peraltro le Direttive Europee stanno evidenziando da anni.
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE - DISCIPLINA
Somministrazione a tempo indeterminato
Rimane inalterato il “limite” percentuale del 20% (art. 31, comma 1) del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (secondo lo schema già illustrato per il contratto a termine).
Questo limite è elevabile dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore,
anche aziendali.
Ricordiamo che possono essere somministrati a tempo indeterminato solo e soltanto lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato.
Nessuna novità in ordine alla disciplina della cessazione della somministrazione a tempo indeterminato, cui non si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 bensì l’art. 3 della
legge n. 604 del 1966.
Nessuna limitazione è stata introdotta per l’invio in missione a tempo determinato di lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore, per i quali, pertanto, si devono rispettare i soli limiti quantitativi percentuali previsti in tema di somministrazione a termine o a tempo indeterminato, secondo la tipologia di contratto intercorrente tra l’utilizzatore e l’agenzia per il lavoro (Circ. Min. Lav. n. 17/2018).
Somministrazione a tempo determinato
Ai sensi dell’art.34, comma 2, in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del contratto a tempo determinato, prevista dal Capo III del Decreto Legislativo
n. 81/2015, ossia vengono applicate tutte le regole del contratto a termine con esclusione degli articoli 21, comma 2, 23 e 24 relativi, rispettivamente:
• STOP AND GO ossia i periodi che devono necessariamente intercorrere tra un contratto a termine e l'altro stipulati tra le stesse parti;
• limiti quantitativi;
• diritto di precedenza.
Ulteriore limite quantitativo del 30%
La norma (art. 31, comma 2) introduce un ulteriore limite complessivo
all’utilizzo delle forme flessibili di lavoro, perché si prevede che:
• il numero complessivo di lavoratori impiegati tramite somministrazione a termine (fermo restando il limite del 20% relativo ai contratti a termine) non possa eccedere il 30% di quelli impiegati a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione con arrotondamento del decimale (maggiore o uguale a 0,5 si arrotonda all’unità superiore).
Per quanto riguarda le modalità di calcolo della percentuale nel caso di inizio di attività in corso d’anno si fa riferimento al numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Ulteriore limite quantitativo del 30% - Eccezioni
Le fattispecie in cui è possibile stipulare contratti di somministrazione
“esenti” da limiti quantitativi:
• deroghe previste dai contratti collettivi;
• contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 8, comma 2 della legge
223/91;
• contratti a termine stipulati con percettori di indennità di disoccupazione non agricola da almeno 6 mesi;
• contratti a termine stipulati con lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati che rientrano nella categoria di cui ai numeri 4) e 99) dell’art. 2 Regolamento UE n. 651/2014, come richiamato dall’art. 31 co. 2 D.Lgs. 81/2015.
Risultano lavoratori svantaggiati coloro che rientrano almeno in una delle
seguenti situazioni:
h) “non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”, ovvero coloro che negli ultimi sei mesi non abbiano prestato attività riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi, nonché coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito corrispondente ad un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex art. 13 TUIR;
i) “avere un'età compresa tra i 15 e i 24 anni”;
j) “non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non avere ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito” ovvero coloro che non hanno conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore o una qualifica o un diploma di istruzione e formazione professionale rientranti nel terzo livello della classificazione internazionale sui livelli di istruzione nonché coloro che hanno conseguito una delle suddette qualificazioni da non più di due anni e non hanno avuto un primo impiego regolarmente retribuito come definito alla lettera a);
k) “aver superato i 50 anni di età” ovvero coloro che hanno compiuto 50 anni di età;
l) “essere un adulto che vive solo con una o più persone a carico” ovvero coloro che hanno compiuto 25 anni di età e sostengono da soli il nucleo familiare in quanto aventi una o più persone a carico (ex art. 12 TUIR);
m) “essere occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la media uomo-donna in tutti i settori economici, se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato” ovvero coloro che sono occupati nei settori e nelle professioni caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la media annualmente individuata ai sensi dell'articolo unico del decreto 16 aprile 2013, attuativo dell'articolo 4, comma 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92 e che appartengono al genere sottorappresentato;
n) “minoranze etniche e linguistiche” ovvero appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e avere la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la
propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile ovvero l’appartenere alle minoranze storicamente insediate sul territorio italiano ai sensi della legge n. 482/1999 e a quelle minoranze che risultino ufficialmente riconosciute in Italia sulla base di specifici provvedimenti, se si dimostra la necessità di migliorare le proprie competenze linguistiche e professionali o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso a un'occupazione stabile.
Per essere compresi nella categoria dei lavoratori molto svantaggiati, i soggetti devono soddisfare almeno una delle seguenti condizioni:
• privi da almeno 24 mesi di impiego regolarmente retribuito;
• privi da almeno 12 mesi di impiego regolarmente retribuito ed appartenenti ad una delle seguenti categorie dei lavoratori svantaggiati:
- avere un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;
- appartenere a una minoranza etnica o linguistica.
Disciplina del rapporto - Xxxxxxx e rinnovi
Il contratto di durata superiore a 12 mesi e tutti i rinnovi presso lo stesso utilizzatore, indipendentemente dalla durata, devono contenere la specificazione di una delle causali di cui all’art. 19 comma 1 D.Lgs. n.81/2015 previste per il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (secondo lo schema delle causali già illustrato per il contratto a termine).
In particolare, nella somministrazione a termine le condizioni previste dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs.81/2015, ossia le fattispecie di utilizzo delle causali nel contratto a termine, si incardinano sull’utilizzatore.
Sul punto la Legge ha specificato, con una norma “interpretativa” di non semplice lettura (art. 2, comma 1-ter), che, “Le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n.81, (e quindi in primo luogo le causali N.d.R.) nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all’utilizzatore”.
Conseguentemente, quando l’Agenzia assume il lavoratore a tempo determinato, nelle ipotesi normativamente previste nelle quali occorre apporre la causale, quest’ultima dovrà essere richiesta all’utilizzatore.
Alla luce della struttura “triangolare” che connota la somministrazione di lavoro - l’Agenzia assume sì alle proprie dipendenze ma esclusivamente per far fronte alle esigenze lavorative di un altro soggetto, l’utilizzatore – ne consegue che le “condizioni” richieste dalla Legge per la legittimità di un contratto a termine debbano applicarsi in toto all’utilizzatore stesso.
In sede di prima interpretazione, ed in coerente applicazione dei principi sopra esplicitati, si ritiene che il regime di causalità – e di converso di acausalità – debba essere riferito allo specifico, singolo utilizzatore.
A sostegno di tale lettura va in primo luogo ribadito che l’Agenzia assume il lavoratore non per far fronte ad una esigenza lavorativa propria, bensì dell’utilizzatore, con conseguente inserimento del lavoratore nel contesto aziendale di quest’ultimo che esercita il potere direttivo e di controllo nei confronti del lavoratore somministrato, alla stregua di quanto avviene per i propri dipendenti diretti.
Ne consegue che in caso di rinnovo di contrattosi determinano le seguenti conseguenze:
• l’Agenzia per il lavoro che assuma per la prima volta a termine un lavoratore potrà inviarlo in missione senza indicare la causale del contratto presso un’azienda utilizzatrice per massimo dodici mesi, comprensivi di proroghe;
• al termine del contratto di lavoro, dato che la causale si applica al singolo utilizzatore, il successivo contratto a termine necessiterà della causale se l’utilizzatore rimane lo stesso (esattamente alla stregua di un rinnovo di un contratto a termine diretto in quanto una diversa lettura potrebbe determinare, come detto, pratiche di aggiramento/elusive dei nuovi limiti);
• parimenti, in caso di diverso utilizzatore, questi, qualora si sia in presenza di un primo rapporto di lavoro, ancorché indiretto, con il lavoratore somministrato, non dovrà comunicare la causale all’Agenzia per il lavoro;
• stante quanto sopra il regime di acausalità, pari a massimo 12 mesi, potrà essere applicato dalla singola Agenzia su diversi utilizzatori fermo ovviamente restando il limite di durata massimo (v. infra).
Successione tra contratto a termine a scopo di somministrazione
La Circolare del Ministero del Lavoro n. 17/2018 indica la necessità di inserire la causale in caso di successione di contratti a termine diretti e contratti a termine a scopo di somministrazione intervenuti con la stessa risorsa e il medesimo datore di lavoro/utilizzatore.
L’inserimento della causale, secondo le indicazioni del Ministero, è previsto in entrambi i passaggi (da contratto a termine diretto a contratto a termine a scopo di somministrazione e viceversa).
Assunzione di lavoratori a tempo indeterminato somministrati a termine
Le Legge permette alle Agenzie per il lavoro di assumere lavoratori a tempo indeterminato e di somministrarli a termine presso l’azienda utilizzatrici, in ragione di un contratto commerciale di somministrazione a tempo determinato.
In tale caso:
• non occorre inserire una causale di utilizzo;
• non ci sono limiti di proroghe o rinnovi;
• non si applica il contributo addizionale (1,4 %+ 0,5%);
• occorre rispettare il limite del 30% previsto per la somministrazione a tempo determinato.
Ai sensi dell’art. 34, comma 2, il contratto di somministrazione a termine può essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal CCNL applicato dal somministratore.
È previsto un massimo di 6 proroghe per ogni singolo contratto, nell’arco
del limite legale di 24 mesi.
In base al recente rinnovo del CCNL delle Agenzie per il Lavoro il numero massimo di proroghe è elevato ad 8 nelle seguenti ipotesi:
• se il contratto collettivo di lavoro applicato dall’utilizzatore preveda
una durata massima diversa ai 24 mesi;
• lavoratori svantaggiati di cui all’art. 2, n.4 lett. c) d) e f): senza diploma, over 50, disparità uomo/donna;
• lavoratori molto svantaggiati di cui al numero 99) del Regolamento UE n. 651/2014;
• lavoratori privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 12 mesi;
• lavoratori ricollocati c/o altro utilizzatore nei percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale;
• lavoratori ricollocati c/o altro utilizzatore nei percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale;
• lavoratori individuati dalla ccl di secondo livello e/o territoriale;
• lavoratori con disabilità di cui alla legge n.68/1999 e s.m.i..
In base alle istruzioni fornite dalla circolare ministeriale n. 17 del 31 ottobre 2018 la proroga del contratto a tempo determinato presuppone che restino invariate le ragioni (ove richieste) che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine; pertanto non sarebbe possibile effettuare la proroga modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto, ricadente nella disciplina del rinnovo.
Il rinnovo di contratto, indipendentemente dalla sua durata (quindi anche se la durata del contratto precedente è inferiore ai 12 mesi) prevede che:
• se l’utilizzatore è lo stesso occorre inserire una causale (come
detto precedentemente);
• se l’utilizzatore è diverso non vi è necessità di inserire una causale (a meno che il contratto superi i 12 mesi);
• vi è un aumento della contribuzione dello 0,50% sulla retribuzione lorda in ragione di ogni rinnovo (la natura incrementale, ad ogni
rinnovo, è stata confermata anche dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 17/2018);
• l’inserimento della causale non è richiesto se le attività
dell’utilizzatore sono stagionali.
Ai sensi dell’art.19, comma 2 del D.Lgs. n 81/2015, nei contratti di lavoro a termine a scopo di somministrazione, la durata massima dei contratti è soggetta ad un doppio contatore, come di seguito esposto:
Contatore Agenzia per il Lavoro
In base al recente rinnovo del CCNL ApL per i contratti di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione stipulati tra Agenzia e Lavoratore, a far data dal 1° gennaio 2019 la durata massima della successione dei contratti a termine tra le medesime parti è così articolata:
a) nelle ipotesi di somministrazione di lavoro con il medesimo utilizzatore, la durata massima è individuata dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. In assenza di tale disciplina la durata massima della successione dei contratti è fissata in 24 mesi;
b) nelle ipotesi di somministrazione di lavoro su diversi utilizzatori, la successione di contratti di lavoro a tempo determinato tra Agenzia e lavoratore non può, in ogni caso, superare la durata massima complessiva di 48 mesi;
c) le anzianità maturate dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2018 si calcolano entro il limite massimo di 12 mesi, anche se il rapporto tra le parti ha avuto in concreto una durata maggiore.
In questo modo, le anzianità maturate prima del 2014, e i periodi eccedenti i 12 mesi nel quinquennio pregresso, non concorrono al raggiungimento delle soglie di durata massima prevista dalla legge e dallo stesso contratto collettivo.
La durata massima del singolo contratto di lavoro a termine resta fissata in 24 mesi (durata non derogabile dai CCNL).
Contatore Utilizzatore/datore di lavoro
Salvo diverse intese stabilite dalla contrattazione collettiva I datori di lavoro/utilizzatori dovranno conteggiare ai fini della durata massima di 24 mesi sia i contratti a termine diretti sia i contratti a termine a scopo di somministrazione intervenuti con la stessa risorsa a parità di mansioni e categoria legale
Le modalità di computo dei contratti di somministrazione nel contatore dell’utilizzatore non sono definite dalla norma del 2012 (Riforma Fornero). Ciò ha determinato diverse interpretazioni in particolare rispetto alle conseguenze del superamento del periodo massimo tramite la somministrazione a termine (da sola o successiva a precedenti contratti a termine diretti).
Lo stesso Ministero del Lavoro ha fornito a riguardo delle indicazioni interpretative che paiono contrastanti (Circolare n. 18/2012 e Risposta ad Interpello n. 32/2012 da una parte e Circolare 17/2018 dall’altra).
Viene confermato il principio che il lavoratore somministrato non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di norme di legge o di contratto, ad eccezione delle norme in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Ricordiamo che, in caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a dodici mesi, il lavoratore somministrato è computato nella quota di riserva ai fini del collocamento obbligatorio.
Ai sensi dell’art. 32, la somministrazione non è ammessa:
• per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
• presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti
alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato;
• presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
• da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Tutela dei lavoratori e diritti sindacali
Rimane invariata anche la disciplina della tutela del lavoratore (art.35),
sull’esercizio del potere disciplinare e sul regime di solidarietà.
Quanto ai diritti sindacali e alle garanzie collettive (art. 36), viene confermato sia l’impianto precedente in ordine all’esercizio dei diritti sindacali dei lavoratori somministrati, sia l’onere di comunicazione dell’utilizzatore, ogni 12 mesi, sull’utilizzo complessivo del contratto di comunicazione.
La comunicazione va trasmessa alla RSU e, in mancanza, alle XX.XX. di categoria territorialmente competenti (comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).
LICEITA’/ILLECEITA’ NELLA SOMMINISTRAZIONE DISCIPLINA
Viene sostanzialmente confermata la precedente disciplina sulla somministrazione irregolare (art. 38) in questi casi:
• mancanza forma scritta (nullità del contratto);
• sforamento del 20% della somministrazione a tempo indeterminato;
• sforamento del 30% del numero complessivo tra contratti a termine e somministrazione a tempo determinato;
• situazioni in cui vige il divieto di utilizzo (sciopero, licenziamenti collettivi, cigo/cigs, mancanza valutazione rischi);
• mancanza dei requisiti essenziali (estremi autorizzazione, numero lavoratori, rischi per la salute, data di inizio e durata della somministrazione).
La conseguenza è che il lavoratore possa chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro anche solo all’utilizzatore con decorrenza dall’inizio della somministrazione.
Quando la somministrazione sia posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo sia il somministratore sia l’utilizzatore sono puniti con:
• sanzioni previste dall’art. 18 X.xx 276/2003;
• ammenda di 20 € per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun
giorno di somministrazione.
L’articolo in tema di decadenza e tutele (art.39), precisa che il termine di 180 giorni per l’impugnazione, laddove il lavoratore somministrato voglia agire per la costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore, decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore.
In caso di somministrazione a termine il rimando alla disciplina del contratto a termine crea qualche incertezza sulle tempistiche di impugnazione del contratto.
In caso di costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore il giudice condanna l’azienda al pagamento di un’indennità onnicomprensiva tra le 2,5 e le 12 mensilità, da calcolarsi in base all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR; tale somma ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo che va dalla fine dell’attività svolta per l’utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto.