Contract
IL CONTROLLO GIUDIZIALE SULLE CLAUSOLE CHE ALTERANO L’ESSENZA DEL CONTRATTO
THE JUDICIAL CONTROL ON THE TERMS ALTERING THE CORE
OF THE CONTRACT
Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 16, febrero 2022, ISSN: 2386-4567, pp. 1644-1669
Xxxxxxx XXXXX
ARTÍCULO RECIBIDO: 00 xx xxxxxxxxx xx 2021 ARTÍCULO APROBADO: 10 de enero de 2022
RESUMEN: La giurisprudenza italiana è da sempre lapidaria nell’affermare che le clausole con cui le parti circoscrivono l’oggetto del contratto non soggiacciono al controllo di validità cui il codice civile sottopone le limitazioni o esclusioni preventive della responsabilità. Negli ultimi anni si nota però un intenso impiego delle clausole in questione in rilevanti settori della contrattualistica e una marcata tendenza della giurisprudenza a sottoporle a forme di controllo alternative, per lo più ancorate a criteri scivolosi come la meritevolezza. L’obiettivo del presente contributo è quello di criticare questa tendenza e di suggerire un criterio per ricondurre il controllo ad unità.
PALABRAS CLAVE: Causa; tipo contrattuale; patti sull’oggetto; patti sulla responsabilità.
ABSTRACT: Italian courts have always been firm in claiming that clauses limiting the obligations arising from the contract are not subject to the validity test required by the civil code for liability exemptions. Though, lately, practice seems to have intensified the use of the clauses at issue in relevant contractual industries and case-law has revealed a significant trend towards the undertaking of alternative forms of judicial control on such terms, mostly anchored to slippery parameters like the “worthiness” of the interests pursued. The purpose of this contribution is to criticise that trend and suggest a criterion for a unified control.
KEY WORDS: Core of the contract; contract type; object limitations; liability exemptions.
SUMARIO.- I. CONTROLLO CONTENUTISTICO E CLAUSOLE SULL’OGGETTO DEL CONTRATTO.- II. LA GIURISPRUDENZA SULLE CLAUSOLE CHE LIMITANO UN’OBBLIGAZIONE TIPICA DEL CONTRATTO.- III. LA GIURISPRUDENZA SULLE CLAUSOLE CHE ESCLUDONO UN’OBBLIGAZIONE TIPICA DEL CONTRATTO.- IV. PROPOSTE PER IL SUPERAMENTO DELL’APPROCCIO CASISTICO E LA PREVISIONE DI UN CONTROLLO UNITARIO.
I. CONTROLLO CONTENUTISTICO E CLAUSOLE SULL’OGGETTO DEL CONTRATTO.
Pur essendo fondato sui principi della libertà dell’iniziativa economica (art. 41 Cost.) e dell’autonomia contrattuale (art. 1322 cod. civ.), al punto da ammettere espressamente la creazione di tipi contrattuali diversi rispetto a quelli previsti dalla legge, l’ordinamento italiano contempla diverse forme di controllo sul contenuto del contratto, diverse ipotesi in cui il giudice può sindacarne totalmente o parzialmente la validità, pur quando quest’ultimo è il frutto di un accordo tra due parti provviste tanto della capacità naturale quanto della capacità giuridica.
Come si ricava dal combinato disposto degli artt. 1418 e 1346 cod. civ., l’ordinamento richiede che l’oggetto del contratto, inteso come prestazione dedotta in obbligazione, sia giuridicamente o materialmente possibile, che sia determinata o determinabile e che sia lecita, cioè conforme alle norme imperative di legge (c.d. nullità virtuale), alle norme che prevedono singole ipotesi di nullità (c.d. nullità testuale), all’ordine pubblico e al buon costume.
La liceità non è richiesta solo per la prestazione, ma anche per l’oggetto del contratto in senso lato, cioè le sue singole clausole, le quali non devono ricadere nelle varie ipotesi di nullità testuali e virtuali. Così, a mero titolo di esempio, il contratto non può contenere una condizione illecita o impossibile (art. 1354 cod. civ.), o una condizione sospensiva meramente potestativa (art. 1355 cod. civ.), o un patto commissorio (art. 2744 cod. civ.) o un patto modificativo dell’onere probatorio tale da rendere eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto (art. 2698 cod. civ.), oppure ancora un patto di limitazione o esclusione preventiva della responsabilità del debitore per dolo, colpa grave o violazione di norme di ordine pubblico (art. 1229 cod. civ.).
Se il contratto è concluso tra un professionista e un consumatore, il controllo contenutistico è più pregnante, nella misura in cui ha come parametro di riferimento non la semplice liceità delle clausole, ma la loro vessatorietà, cioè
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Assegnista di ricerca (Università di Torino); docente a contratto (Università LUMSA Palermo). E-mail: xxxxxxx. xxxxx@xxxxx.xx
la loro suscettibilità di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Com’è noto, l’art. 33 cod. cons. contiene un elenco tassativo di clausole che si presumono vessatorie salvo che il professionista convenuto dal consumatore nel giudizio di nullità non provi il contrario o non provi che sono state oggetto di trattativa individuale con il consumatore (art. 34 cod. cons.); mentre l’art. 36 cod. cons. contiene un elenco di clausole che sono vessatorie e dunque nulle tout court, quantunque oggetto di trattativa individuale1.
La disciplina appena citata precisa che il giudizio di vessatorietà «non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile» (art. 34 cod. cons.). Detto più correttamente, il controllo di vessatorietà riguarda soltanto l’oggetto del contratto inteso come l’insieme delle clausole che compongono il regolamento contrattuale, mentre non riguarda l’oggetto del contratto inteso come la somma delle obbligazioni che gravano sulle parti. In quest’ultima accezione, dunque, l’oggetto del contratto resta sottoposto unicamente al controllo di liceità, determinabilità e possibilità previsto dal codice civile. Diversamente, tanto nella grey list dell’art. 33 cod. cons. quanto nella black list dell’art. 36 cod. cons. figurano le clausole con cui si limita o di esclude preventivamente la responsabilità del professionista.
In questo quadro, si è posto il problema di stabilire quale sia la sorte di quelle clausole, sempre più diffuse nella prassi, con cui le parti modificano la prestazione tipica del contratto, vuoi limitando quantitativamente o qualitativamente una o più obbligazioni, vuoi escludendole del tutto. Quello che si evince dalla disciplina appena riportata è che le parti possono impedire a monte che sorga una determinata obbligazione o ridurne l’ampiezza sul piano quantitativo o qualitativo, ma quando l’obbligazione sorge non possono contestualmente impedire che il suo inadempimento dia luogo a responsabilità e che il risarcimento del danno sia integrale, pena la nullità della pattuizione ex art. 1229 cod. civ. salvo nel caso in cui
1 Salva sempre, almeno secondo la tesi della dottrina che pare più condivisibile, la prova a carico del professionista che la clausola non era in concreto idonea a determinare il significativo squilibrio di diritti e obblighi richiesto dall’art. 33 cod. cons.: così, già prima dell’entrata in vigore del codice del consumo, DE NOVA, G.: Le clausole vessatorie, Ipsoa, Assago, 1996, p. 10; ROPPO, V.: “Clausole vessatorie (nuova normativa)”, Enciclopedia giuridica Treccani, VI, Il Veltro, Roma, 1996, p. 9; XXXXXXXXX, E.: Tutela del consumatore e clausole vessatorie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 173; BIN, M.: “Clausole vessatorie: una svolta storica (ma si attuano cosí le direttive comunitarie?)”, Contratto e impresa/Europa, 1996, pp. 444 ss.; dopo l’entrata in vigore del codice del consumo, per tutti, XXXXXXXXX, E., “I contratti dei consumatori”, in Trattato del contratto Roppo, IV, Rimedi-1 (a cura di X. XXXXXXX), Xxxxxxx, Milano, 2006, pp. 579 ss.; ID.: Dei contratti del consumatore in generale, 2a ed., Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2010, p. 85; e GALLO, P.: Trattato sul contratto, I. La formazione, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2010, pp. 816 ss. In senso contrario, per tutti, XXXXXXXXXXXXX, G.: “Art. 33”, in Commentario del codice del consumo Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxxxx, Ipsoa, Milano, 2006, p. 246; XXXXXXXX, A.: “I contratti dei consumatori”, in A.A. V.V.: Diritto civile (a cura di X. XXXXXX e X. XXXXXXXX), XXX, 0, Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 142; XXXXXXX, F.: Trattato di diritto civile, II, 2a ed., Cedam, Padova, 2010, p. 544; MAZZAMUTO, S.: Il contratto di diritto europeo, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2012, pp. 178 ss.; XXXXX, X.: “I contratti del consumatore in generale”, in A.A. V.V.: Diritto dei consumi: soggetti, contratti, rimedi (a cura di X. XXXXX XXXXXX), Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2012, p. 62.
il debitore risulti in colpa lieve e il suo inadempimento non dipenda dalla violazione di obblighi imposti da norme di ordine pubblico.
La distinzione, con le conseguenze che ne discendono, viene ribadita sempre con la medesima formula dalla giurisprudenza, per cui una clausola è esclusiva o limitativa della responsabilità «qualora stabilisca che il contraente, se non adempirà puntualmente la prestazione promessa, non incorrerà, o incorrerà solo limitatamente nelle sanzioni conseguenti alla sua inadempienza», mentre non sono tali le clausole che «specificano, delimitandolo, l’oggetto della prestazione promessa dal contraente, senza affatto escludere, né in tutto né in parte le sanzioni previste»2.
Analogamente, la giurisprudenza in materia assicurativa ripete in modo quasi tralatizio la massima per cui sono mere clausole sull’oggetto del contratto quelle che «riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, cioè, specificano legittimamente quale rischio risulti garantito», mentre sono clausole limitative della responsabilità, oltre a quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento, quelle che «operano per escludere il rischio garantito»3.
Se sotto il profilo morfologico le due operazioni poc’anzi descritte appaiono ben distinte, sotto il profilo effettuale, come dimostrano le oscillazioni della giurisprudenza stessa4, si rivela spesso poco agevole stabilire in concreto quando le modificazioni dell’oggetto rimangano tali e quando invece si traducano indirettamente in alterazioni del regime di responsabilità.
Questa difficoltà ha indotto le corti ad astenersi dal sancire linee guida e criteri discretivi generali per adottare invece un approccio casistico, nonché, soprattutto negli ultimi anni e in materia assicurativa, a sottoporre alcune pattuizioni qualificate come clausole sull’oggetto a forme di controllo diverse rispetto tanto al giudizio di compatibilità con l’art. 1229 cod. civ. quanto al giudizio di liceità ai sensi del combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 cod. civ. Così alcune sentenze hanno affermato che le clausole sull’oggetto sono valide solo qualora perseguano interessi
2 Per tutte, Cass., 5 febbraio 1971, n. 280, Foro italiano, 1971, c. 913.
3 In questo senso, ancora di recente, Cass., 30 marzo 2018, n. 7916, CED Cassazione.
4 Alcune pattuizioni che inizialmente venivano qualificate dalla giurisprudenza come clausole limitative della responsabilità sono ormai pacificamente qualificate come clausole sull’oggetto. Così, ad esempio, le clausole claims made nei contratti assicurativi, di cui si dirà meglio infra nel testo: cfr. Trib. Milano, 18 marzo 2010, Giurisprudenza italiana, 2011, p. 831, con nota di XXXXX, F.A.: “La clausola claims made tra atipicità del contratto, inesistenza del rischio e limitazione di responsabilità”; Trib. Bari, 12 luglio 2012, ivi, 2012,
p. 2558, con nota di XXXXXXXXXXXX, V.: “Xxxxxxxx claims made e responsabilità dell’assicuratore: quando ricorre il carattere della vessatorietà”; App. Roma, 7 giugno 2006, Diritto ed economia dell’assicurazione, 2006, p. 880; nonché, seppur con sfumature diverse, Cass., 15 marzo 2005, n. 5624, Nuova giurisprudenza civile commentata, 2006, I, p. 145, con nota di XXXXXXXXX, A.: “Xxxxxx e norma nel contratto di assicurazione claims made”; Xxxxx e responsabilità, 2005, p. 1071, con note di XXXXXX, R.: “Assicurazione e clausola claims made”; e XXXXXXX, C.: “Xxxxxxxx claims made: legittime, ma vessatorie”; Contratti, 2013, pp. 884 ss.
meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.5, altre che le clausole in esame sono nulle quando fanno venir meno la causa concreta del contratto6.
Una simile frammentazione della casistica, rendendo incerti i confini dell’autonomia contrattuale, impone all’interprete il compito di estrapolare dalle sentenze uno o più criteri utili per discernere tra le due categorie di clausole; di domandarsi se la distinzione sia davvero utile o se la ratio dell’art. 1229 cod. civ., letta in chiave sistematica ed evolutiva, suggerisca invece di assoggettarle entrambe ad un’unica forma di controllo; e quale debba essere il parametro alla luce del quale il controllo dovrebbe compiersi. La ricerca di una soluzione a tali quesiti è l’obiettivo che si propone il presente contributo.
5 Dalla più risalente, Cass., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, Contratti, 2016, p. 753; Corriere giuridico, 2016,
p. 921, con nota di XXXXX, R.: “Xxxxxxxx claims made fra meritevolezza e abuso secondo le Sezioni Unite”; Xxxxx responsabilità, 2016, p. 929, con note di XXXXXXX, M.: “La meritevolezza della clausola claims made al vaglio delle Sezioni Unite”; di XXXXXXXX, V.: “Meritevolezza delle claims made: il difficile compito dei giudici di merito dopo le Sezioni Unite”; e XXXXX, M.: “La singolare vicenda della claims made, prima e dopo le Sezioni Unite (“Piacer figlio d’affanno; Xxxxx vana...”)”; Foro italiano, 2016, c. 2014; Giurisprudenza italiana, 2016, p. 2602, con nota di XXXXX, F.A.: “Le Sezioni unite sul contratto di assicurazione per la responsabilità civile claims made: contratto valido (a meno che “la manipolazione dello schema tipico non ne avveleni la causa”)”; Nuova giurisprudenza civile commentata, 2016, p. 1434; Trib. Livorno, 27 luglio 2016, ivi, 2016, p. 1440; Cass., 11 gennaio 2017, n. 417, Guida al diritto, 2017, p. 90; Cass., 28 aprile 2017, n. 10509, Corriere giuridico, 2017, p. 1191; Cass., 28 aprile 2017, n. 10506, Banca borsa titoli di credito, 2017, II, p. 667, con nota di DE LUCA, N.: “Richieste postume e immeritevolezza delle claims made. Nomofilachia o disorientamento?”; Xxxxxxxxx, 2017, p. 383, con nota di XXXXXXXXX, U.: “La clausola claims made e le sue alterne vicende nella giurisprudenza di legittimità”; Foro italiano, 2017, I, c. 2725, con nota di XXXXXXX, B.: “Ulteriori note sulle claims made: la trama si infittisce e ancora non se ne esce”; Xxxxx responsabilità, 2017, p. 441, con note di XXXXXXXX, A. e PARDOLESI, R.: “Claims made, “code lunghe” e ostracismi giudiziali”; di XXXXXXXXXX, S.: “Il giudizio di immeritevolezza della claims made agli albori della tipizzazione della clausola”; di XXXXXXXXX, L.: “Polizze a regime claims made: quando il diverso ha difficoltà ad integrarsi”; e di GRECO, F.: “La clausola claims made tra vessatorietà e meritevolezza in concreto. L’erosione dell’autonomia contrattuale nell’interpretazione della giurisprudenza”; Corriere giuridico, 2017, p. 1191, con nota di FACCI, G.: “Gli interventi demolitivi della Cassazione sulle claims made e la tutela degli assicurati (e dei terzi danneggiati)”; Responsabilità medica, 2017, p. 237, con nota di PARTENZA, I.: “La clausola claims made e le sezioni disunite della Suprema Corte: l’insostenibile incertezza del mercato”; Trib. Udine, 3 maggio 2017, n. 613, xxx.xxxxxx.xx; Cass., 18 maggio 2017, n. 12488, CED Cassazione; Cass., 23 novembre 2017, n. 27867, ivi; Cass., 15 febbraio 2018, n. 3694, cit.
6 Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22437, Foro italiano, 2018, I, c. 3015, con nota di DE XXXX, N.: “Clausole claims made: sono tipiche ma di tutto si può abusare”; ivi, I, c. 3511, con note di XXXXXXXX, A. e PARDOLESI, R.: “Claims made nel post-diritto”; di CANDIAN, Al., “Ultima tappa (per ora) nella saga delle claims made”; e di XXXXXXX, B.: “Le clausole claims made di nuovo al vaglio delle sezioni unite: tanti punti oscuri e due proposte”; Giurisprudenza italiana, 2019, p. 27, con nota di DELFINI, F.: “Le Sezioni Unite e le claims made: l’ultima sentenza e la “Big Picture”; Xxxxxxxxx, 2018, p. 639, con commento di CARNEVALI, U.: “La clausola claims made e le Sezioni Unite: bis in idem”; Nuova giurisprudenza civile commentata, 2019, p. 70, con commento di XXXXXXXX, A.M.: “L’immeritevolezza nell’assicurazione claims made”; Corriere giuridico, 2019, p. 20, con note di D’AURIA, M.: “Xxxxxxx claims made: ascesa e declino della clausola generale di meritevolezza?”; e di FACCI, G.: “Le Sezioni unite e le claims made: ultimo atto?”; Xxxxx e responsabilità, 2018, p. 675, con commento di FORNASARI, R.: “La clausola claims made nuovamente al vaglio delle Sezioni Unite: dalla meritevolezza alla causa concreta”. Cfr. inoltre XXXXXXXXXX, S.: “Nullità della claims made e conformazione della clausola nel teorema delle Sezioni Unite”, Nuova giurisprudenza civile commentata, 2019, pp. 155 ss.; XXXXXXX, P.: “Le clausole claims made. Dalle sezioni unite del 2016 a quelle del 2018: più conferme che smentite”, ivi, 2019, II, pp. 147 ss.; XXXX, I.: “L’ultima parola delle sezioni unite della Cassazione in materia di clausole claims made”, Contratto e impresa, 2019, pp. 9 ss.; XXXXXXXXX, M.: “I contratti di assicurazione della responsabilità civile con xxxxxxxx claims made: la perdurante attualità del tema”, Xxxxx e responsabilità, 2019, pp. 228 ss.; XXXXX, O. e XXXXX, F.: “Un’analisi metodologica condotta sulle clauole claims made tra trend passati e futuri anche alla luce delle Sezioni Unite del 2018”, ivi, 2018, pp. 232 ss.; XXXXXXXX, V.: “L’affermarsi della responsabilità precontrattuale da contratto assicurativo inadeguato (e di altri rimedi meno adeguati)”, in A.A. V.V.: Annuario del contratto (diretto da X. X’XXXXXX e X. XXXXX), 0000, Xxxxxx, 2019, pp. 157 ss. Nella stessa direzione e in modo ancora più marcato, Cass., 15 aprile 2019, n. 10447, CED Cassazione; e Xxxx., 13 novembre 2019, n. 29365, ivi.
II. LA GIURISPRUDENZA SULLE CLAUSOLE CHE LIMITANO UN’OBBLIGAZIONE TIPICA DEL CONTRATTO.
Il problema della distinzione tra clausole sull’oggetto e clausole sulla responsabilità si è posto in ampi e variegati settori della contrattualistica, ma gli ambiti nei quali ha sollevato maggiore dibattito riguardano i contratti bancari di prestazione del servizio di cassette di sicurezza, i contratti di assicurazione, i contratti di parcheggio, alcuni contratti di prestazione d’opera manuale e di servizi e alcuni contratti di prestazione d’opera intellettuale. A seconda dei casi, le obbligazioni su cui vertono le clausole sono di custodia, di indennizzo e di facere.
Nell’ambito del filone bancario, si è discusso a lungo della qualifica della c.d. clausola di tetto massimo, con cui il cliente si obbliga a depositare nelle cassette di sicurezza oggetti di valore superiore ad un certo importo e la banca prevede che, in caso di furto del contenuto della cassetta non sarà tenuta a risarcire più di quell’importo. Dopo qualche oscillazione iniziale, la giurisprudenza si è attestata sulla qualifica in termini di clausola limitativa della responsabilità e ne ha pertanto sancito la vessatorietà ai sensi dell’art. 1341 cod. civ. e dell’art. 33 cod. cons7.
7 Cass., Sez. Un., 1° luglio 1994, n. 6225, Archivio civile, 1994, p. 1135, con nota di SEGRETO, A.: “Cassette di sicurezza e responsabilità della banca: la dottrina e la giurisprudenza fino alla sentenza delle sez. un.
n. 6225/1994”; Banca borsa titoli di credito, 1995, p. 446, con nota di PAPA, A.: “Cassette di sicurezza e responsabilità della banca”; Corriere giuridico, 1994, p. 967, con nota di CARBONE, V.: “Ribadita la nullità del patto che limita l’ammontare dei valori da conservare in cassetta”; Foro italiano, 1994, I, c. 3422, con osservazioni di CATALANO, G.; Giurisprudenza commerciale, 1996, II, p. 192, con nota di RAGNO, M.: “Cassette di sicurezza: ancora sulla limitazione di responsabilità della banca”; Giurisprudenza italiana, 1995, I, c. 800, con nota di SCODITTI, E.: “Autoregolamento e tipo nel contratto di cassetta di sicurezza. Sulla differenza fra clausola limitativa del valore e patto di limitazione della responsabilità della banca”; e Cass., Sez. Un., 1° luglio 1994, n. 6226, Giustizia civile, 1994, I, p. 2444; Cass., 11 agosto 1995, n. 8820, Banca borsa titoli di credito, 1997, II, p. 139; Cass., 10 gennaio 1998, n. 158, Giurisprudenza italiana, 1998, p. 499; Cass., 24 gennaio 1997, n. 750, Contratti, 1997, p. 255, con nota di DELFINI, F.: “Clausole di esonero da responsabilità e determinazione dell’oggetto”; Guida al diritto, 1997, p. 20; Cass., 10 febbraio 1998, n. 1355, Foro italiano, 1998, I, c. 2184; Impresa, 1998, p. 777; Cass., 4 marzo 1998, n. 2393, Xxxxx e responsabilità, 1998, p. 553, con nota di XXXXXXX, F.: “La prova del danno da furto nelle cassette di sicurezza”; Foro italiano, 1998, I, c. 2179; Cass., 4 aprile 2001, n. 4946, in Giustizia civile, 2001, I, p. 1784; Cass., 7 marzo 2003, n. 3389, Xxxxx e responsabilità, 2003, p. 1093; Contratti, 2003, p. 707; Gius, 2003, p. 1434; Archivio civile, 2004, p. 93; Guida al diritto, 2003, p. 45; Cass., 29 luglio 0000, x. 00000, in Foro italiano, 2005, I, c. 1445; Cass., 24 maggio 2004,
n. 9902, Responsabilità civile, 2005, p. 14, con nota di XXXXXX, M.: “Cassette di sicurezza e responsabilità della banca”; Cass., 5 aprile 2005, n. 7081, Xxxxxxxxx, 2005, p. 969, con nota di XXXXXXXXX, U.: “La prova della colpa grave nelle clausole di esonero da responsabilità”; Giurisprudenza italiana, 2005, p. 2035; Responsabilità civile, 2006, p. 614, con nota di PRIMICERI, L.: “Caso fortuito e cassette di sicurezza”; Cass., 5 aprile 2005,
n. 7087, Notariato, 2006, p. 413; App. Roma, 12 maggio 2005, Giustizia civile, 2006, I, p. 803; App. Roma, 2 febbraio 2006, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; App. Napoli, 14 febbraio 2006, xxx.xxxxxx.xx; Cass., 21 maggio 2008,
n. 13051, Foro italiano, 2008, I, c. 2472, con nota di XXXXXXXX, A.: “Contratti bancari e clausole abusive: l’inibitoria collettiva e i suoi effetti”; Obbligazioni e contratti, 2008, p. 677, con nota di XXXXXX, S.; Nuova giurisprudenza civile, 2008, p. 1245, con nota di LA MARCA, G.: “Alcune questioni in tema di clausole abusive contenute nei contratti bancari”; Responsabilità civile e previdenza, 2008, p. 2465; Trib. Milano, 18 giugno 2009, Giurisprudenza italiana, 2009, p. 2717; Famiglia, persone e successioni, 2010, p. 473; Cass., 30 settembre 2009, n. 20948, Contratti, 2010, p. 48; App. Roma, 24 giugno 2010, xxx.xxxxxx.xx; App. Roma, 16 giugno 2011, ivi; Cass., 22 dicembre 0000, x. 00000, ivi; Cass., 27 dicembre 2011, n. 28835, Xxxxx e responsabilità, 2012,
p. 193; Giustizia civile, 2012, I, p. 1739; App. Palermo, 17 luglio 2012, Banca borsa titoli di credito, 2014, p. 169 ss., con nota di XXXXX, G.; Cass., 27 luglio 2017, n. 18637, Quotidiano giuridico, 2017; Corriere giuridico, 2017,
p. 1311; e App. Reggio Calabria, 21 gennaio 2019, xxx.xxxxxx.xx.
La motivazione si potrebbe sintetizzare in questi termini: l’oggetto del contratto concluso con la banca è la prestazione di custodia non della cassetta di sicurezza in sé o del suo contenuto, ma dei locali in cui la cassetta è sita; la clausola di tetto massimo, nel limitare il valore di quanto depositabile nella cassetta, non incide in alcun modo sulla prestazione di custodia, non impone alla banca un livello di diligenza inferiore rispetto a quello richiesto dall’art. 1839 cod. civ.; allora, se l’obbligazione sorge nella sua integralità, anche il risarcimento del danno derivante dal suo inadempimento deve essere integrale; prevedere un tetto massimo significa soltanto ridurre il quantum risarcitorio dovuto dalla banca, almeno in tutti i casi in cui il valore degli oggetti sottratti dalla cassetta sia superiore alla soglia indicata nella clausola8.
Dal canto suo, la dottrina ha sempre ritenuto nulle le clausole di tetto massimo, ma non sulla base della qualifica in termini di limitazioni di responsabilità, bensì per frode (ex art. 1344 cod. civ.) all’art. 1839 cod. civ., norma reputata imperativa, che sancisce espressamente la responsabilità della banca salva la prova del caso fortuito (c.d. responsabilità ex recepto)9. Più precisamente, la clausola in questione realizzerebbe vuoi un abuso del tipo contrattuale, così come configurato dal legislatore, «un’utilizzazione deviante di esso, che l’ordinamento non può consentire»10, vuoi un’alterazione della causa del contratto, desumibile anche dalla scelta del legislatore di spingere il regime di responsabilità sino al limite del fortuito11.
Il secondo filone da esaminare è quello relativo ai contratti di assicurazione. Qui il problema maggiormente dibattuto è stato la qualifica delle clausole c.d. claims made impure, con cui l’assicurazione circoscrive la copertura alle pretese
8 Cfr. sul punto le osservazioni di XXXXXX, L.: Le modificazioni convenzionali della responsabilità civile, Padova, Cedam, 2000, p. 229, la quale condivisibilmente osservava che «talvolta, è la medesima struttura del rapporto obbligatorio che ostacola la configurazione di un’operazione sull’oggetto, per imporre inevitabilmente la sua confluenza nell’ambito delle convenzioni limitative della responsabilità».
9 Sulla responsabilità ex recepto sono particolarmente interessanti le riflessioni di MENGONI, L.: “Responsabilità contrattuale”, Enciclopedia del diritto, XXXIX, Xxxxxxx, Milano, 1988 p. 1092; REALMONTE, F.: “Caso fortuito e forza maggiore”, Digesto delle discipline privatistiche, Sezione civile, II, Utet, Torino, 1988, p. 248; ANELLI,
F.: Caso fortuito e rischio d’impresa nella responsabilità del vettore, Xxxxxxx, Milano, 1990, p. 173; D’AMICO, X.: La responsabilità ex recepto e la distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Contributo alla teoria della responsabilità contrattuale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 54 ss., spec. pp. 88 ss.; XXXXXXX, F.: “Sulla natura non colposa della responsabilità contrattuale”, Europa diritto privato, 2011, pp. 1019 ss., p. 1064.
10 XXXXXXXXXX, C.: “Tra rischio e caso fortuito. La responsabilità da cassette di sicurezza”, in A.A. V.V.: Le operazioni bancarie (a cura di G.B. PORTALE), I, Xxxxxxx, Milano, 1978, p. 500. Secondo XXXXXXX, U.: “Il contratto in generale”, III, in Trattato di diritto privato Bessone, XIII, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1999, p. 267, il contratto che contiene una clausola come quella in esame sarebbe concluso al solo scopo di «usare la forma giuridica come copertura di un risultato vietato».
11 In questo senso, XXXXXXX, A.: “Merito e metodo nella giurisprudenza sulle cassette di sicurezza: a proposito della meritevolezza di tutela del contratto atipico”, Rivista di diritto commerciale, 1989, I, p. 221; e ID., in Trattato dei contratti Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Utet, Torino, 2006, p. 1522, nt. 412; ma ancor prima XXXXXXX, F.O.: “Le clausole di esonero della responsabilità nella prassi bancaria”, in A.A. V.V.: Le operazioni bancarie, I, cit.,
p. 144. Come osserva condivisibilmente XXXXX, A.: “Ambito operativo dell’art. 1229 c.c. e responsabilità ex recepto”, Obbligazioni e contratti, 2012, p. 839, p. 842, nt. 37.
risarcitorie che siano state avanzate in costanza di polizza e che siano altresì conseguenza di un sinistro verificatosi anch’esso nel periodo di vigenza della polizza medesima12. Dopo una prima fase in cui la giurisprudenza ha qualificato, seppur talvolta in obiter, la clausola come limitativa della responsabilità e quindi vessatoria13, si è affermato l’orientamento per cui la claims made è una semplice clausola sull’oggetto del contratto, in quanto specifica soltanto il rischio garantito, senza escluderlo del tutto14.
Come si accennava però nel primo paragrafo, la giurisprudenza ha avvertito l’esigenza di andare oltre e di sottoporre comunque la clausola a qualche forma di controllo, in quanto essa è potenzialmente suscettibile: a) di attribuire all’assicurazione un vantaggio ingiusto e sproporzionato, non bilanciato da una contropartita per il cliente, giacché di fatto esclude tutti i danni cagionati dall’assicurato in prossimità della scadenza del contratto, laddove è praticamente impossibile che la vittima di un danno abbia la prontezza e il sangue freddo di chiederne immediatamente il risarcimento; b) di porre quindi il cliente in una posizione di indeterminata soggezione nei confronti dell’assicurazione, perché fa dipendere l’indennizzo anche da un evento futuro e incerto dipendente non dalla condotta dell’assicurato ma dalla volontà del terzo danneggiato di chiedere subito il risarcimento; c) di scoraggiare il cliente ad adempiere spontaneamente alla propria obbligazione risarcitoria prima della domanda giudiziale della controparte, giacché, in tale ipotesi, l’assicurazione sarebbe legittimata dalla clausola a negare l’indennizzo15.
Sulla scorta di queste criticità, il citato orientamento ha subordinato la validità della clausola ad un giudizio di meritevolezza degli interessi dalla stessa perseguiti, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. Alcune pronunce hanno reputato la clausola immeritevole già di per sé, in astratto16; altre ne hanno presunto l’immeritevolezza
12 Tra gli innumerevoli contributi sul tema cfr. PIRAINO, F.: “Critica della causa al servizio dell’adeguatezza in concreto del contratto. Il caso della responsabilità civile con copertura claims made”, Europa diritto privato, 2019, p. 1045.
13 Così le sentenze citate supra nella nota 4.
14 Così le sentenze citate supra nelle note 5 e 6.
15 Queste perplessità sono espresse con chiarezza nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite più recente: Cass., 19 gennaio 2018, n. 1465, cit.
16 Cass., 19 gennaio 2018, n. 1465, cit., la quale dichiaratamente auspicava una pronuncia una risposta della Corte nel senso dell’immeritevolezza delle clausole in questione «sempre e comunque», nella misura in cui queste rappresentano un patto atipico che intende per- seguire un risultato contrario ai «principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati».
fino a prova contraria gravante sull’assicurazione17; altre ancora hanno propeso per una valutazione della meritevolezza in concreto e caso per caso18.
Le pronunce più recenti, a partire dalle ultime Sezioni Unite, sull’erroneo presupposto per cui il giudizio di meritevolezza si applica solo ai contratti con causa atipica19, hanno sostituito tale criterio con quello della sussistenza della causa concreta del contratto20. Il ragionamento è in sintesi il seguente: il modello di assicurazione previsto dall’art. 1917 cod. civ. (loss occurrence) è derogabile giacché non figura nell’elenco di cui all’art. 1932 cod. civ.; la deroga attraverso la clausola claims made non altera il tipo contrattuale; se il tipo contrattuale rimane invariato, non c’è motivo di applicare il controllo di meritevolezza ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, cod. civ.; occorre invece verificare se le criticità sopra illustrate ricorrano effettivamente e se siano tali da rendere «l’assetto sinallagmatico» del contratto di assicurazione inadeguato «rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti»21.
17 Trib. Udine, 3 maggio 2017, n. 613, cit.: «è assai difficile ritenere meritevoli di tutela le clausole claims made
c.d. impure, particolarmente penalizzanti, che limitano la copertura alla sola rigida ipotesi che, durante il tempo dell’assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento, senza deroghe di sorta verso il passato od il futuro. In tale ipotesi va seguito un ragionamento di tipo presuntivo semplice (art. 2729 comma 1 c.c.), tendente a ritenere immeritevoli di tutela simili clausole, salva la verifica di pattuizioni o condizioni specifiche della fattispecie in giudizio che portino a diversa conclusione».
18 In particolare Cass., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, cit., secondo cui la clausola claims made potrebbe risultare in singoli casi non diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico e l’accertamento della compatibilità con il disposto dell’art. 1322 cod. civ., comma secondo, deve compiersi in concreto, non in astratto, valutando i seguenti elementi: se la clausola subordini l’indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto; la qualità delle parti; la circostanza che la clausola possa esporre l’assicurato a “buchi di copertura”.
19 In dottrina comincia a sostenere l’applicazione del giudizio di meritevolezza ai contratti tipici, per tutti, FERRI, G.B.: Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Xxxxxxx, Milano, 1966; ID.: “Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale”, Rivista di diritto commerciale, 1971, II, pp. 81 ss.; ID.: “Ancora in tema di meritevolezza dell’interesse”, ivi, 1979, I, pp. 1 ss. Applica il giudizio di meritevolezza a una clausola inserita in un contratto tipico – nella specie la clausola di un contratto di locazione con cui si prevedeva il divieto di ospitalità non temporanea di persone estranee al nucleo familiare anagrafico – Cass., 19 giugno 2009, n. 14343, Corriere giuridico, 2010, pp. 58 ss., con nota di XXXX, N.: “Il dovere di solidarietà sociale e l’ospitalità del conduttore”.
20 Così Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22437, cit., il cui principio di diritto recita, testualmente, che «il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, che è volto a indennizzare il rischio dell’impoverimento del patrimonio dell’assicurato pur sempre a seguito di un sinistro, inteso come accadimento materiale, è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita al primo comma dell’art. 1917 c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore. Ne consegue che, rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati, ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose; nullità, anche parziale per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti; conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (come quella di recesso in caso di denuncia di sinistro)». Nello stesso senso Cass., 13 novembre 2019, n. 29365, cit.
21 Così si esprime, in particolare, Cass., 13 novembre 2019, n. 29365, cit.
Mettendo a confronto la giurisprudenza sulle clausole di tetto massimo e quella sulle claims made impure, si possono individuare almeno due tratti comuni. Il primo è che entrambe le categorie di clausole appaiono nella loro formulazione come limitative della prestazione dovuta dalla parte che ha predisposto il contratto; il secondo è che la prestazione su cui la clausola interviene non è semplicemente connaturata al tipo contrattuale, ma è essenziale rispetto al medesimo, nel senso che, se non ci fosse l’obbligo di custodia nel contratto di cassette di sicurezza, ne verrebbe meno la causa e lo stesso varrebbe per un’assicurazione priva dell’obbligo di tenere indenne l’assicurato22.
Eppure, la giurisprudenza sulle clausole di tetto massimo non ha dato alcun rilievo al discorso causale, mentre quella sulle claims made sì, e la prima ha optato per la qualifica in termini di limitazioni della responsabilità, mentre la seconda per la qualifica in termini di limitazioni dell’oggetto del contratto, nella specie del rischio garantito. Occorre allora stabilire se e in che termini vi sia una differenza tra le due categorie di clausole e se tale differenza giustifichi o meno la disparità di trattamento.
Xxxx è che tanto le clausole di tetto massimo quanto le claims made incidono su una prestazione caratterizzante la causa del contratto cui accedono, ma significativamente diversa è l’intensità di tale incisione. Le clausole di tetto massimo non elidono la prestazione e dunque non elidono la causa, ma limitano le conseguenze della mancata esecuzione della prestazione; le claims made, invece, possono in alcuni casi limitare la copertura assicurativa così tanto da rendere di fatto impossibile il sorgere dell’obbligo di indennizzo. Ma se il rischio che la compagnia debba indennizzare l’assicurato manca, manca anche la controprestazione che giustifichi il pagamento del premio, dunque manca la causa.
Sotto questo profilo, il ragionamento sembra corretto. Xxxx convincente è invece la conclusione che se ne fa discendere. La lettura causale non è l’unica possibile: impedire di fatto che sorga l’obbligo di indennizzo, significa escludere a monte la “responsabilità” dell’assicurazione. Non semplicemente limitarne il quantum ad un determinato importo, come nel caso delle clausole di tetto massimo,
22 Si riprende qui la distinzione elaborata nel Medioevo dai glossatori, mutuata dalla filosofia aristotelica (x. XXXXXXXX, X.: “Tra elaborazioni nuove e dottrine tradizionali”, Quaderni fiorentini, 1990, 19, pp. 243 ss.,
p. 247.), tra essentialia e naturalia negotii, ove per i primi s’intendevano quegli elementi del contenuto contrattuale inderogabili da parte dell’autonomia privata; mentre con il secondo si intendevano quegli elementi da reputarsi naturalmente inclusi nel regolamento contrattuale e suscettibili di modifica ad opera delle parti. Per un approfondimento vid. XXXXXX, P.: “Sulla ‘natura’ del contratto”, Quaderni fiorentini, XV, 1986, pp. 593 ss., spec. pp. 617 ss.; XXXXXXXX, I.: “Causa e categoria generale del contratto. Un problema dogmatico nella cultura privatistica dell’età moderna”, I. Il cinquecento, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1997, pp. 54 ss.; e XXXXX, R.: La definizione della locatio conductio. Giurisprudenza romana e tradizione romanistica, Jovene, Napoli, 1999, pp. 319 ss. Alla distinzione tra essentialia e naturalia i Glossatori aggiungevano gli accidentalia negotii, cioè quelli che potevano essere previsti dalle parti, ma la cui mancata previsione non incideva sulla validità del contratto e alla cui mancanza non si poteva sopperire in via d’integrazione. Sul punto cfr. CURSI, M.F.: “Alle origini degli accidentalia negotii. Le premesse teoriche della categoria moderna nelle sistematiche dei giuristi romani”, Index, XXIX, 2001, pp. 301 ss.
ma escluderne l’an. Se non c’è obbligazione, non può esserci inadempimento e, di conseguenza, neppure responsabilità. Il risultato pratico è però il medesimo: il debitore non verrà risarcito, o nel caso di specie indennizzato, laddove, secondo la legge avrebbe dovuto esserlo.
Ma allora, se così è, pare sufficiente richiamare la massima che è stata da sempre familiare alla giurisprudenza e che si è riportata nel primo paragrafo: sono clausole sull’oggetto quelle che semplicemente delimitano il rischio garantito, mentre sono clausole sulla responsabilità quelle che lo escludono del tutto23. Quando risulta in concreto che la clausola claims made esclude di fatto il rischio garantito, precludendo il sorgere dell’obbligo di indennizzo e così alterando la causa concreta del contratto, dovrà qualificarsi come vessatoria ai sensi dell’art. 1341 cod. civ. o degli artt. 33, 36 cod. cons., e comunque nulla ai sensi dell’art. 1229 cod. civ24.
III. LA GIURISPRUDENZA SULLE CLAUSOLE CHE ESCLUDONO UN’OBBLIGAZIONE TIPICA DEL CONTRATTO.
Fuori dall’ambito assicurativo, il problema dell’esclusione a monte di un’obbligazione che altrimenti sarebbe stata legislativamente o socialmente tipica di quel determinato contratto è stato affrontato espressamente dalla giurisprudenza innanzitutto con riguardo alle clausole con cui il gestore di un parcheggio si esonera dall’obbligo di custodire le autovetture parcheggiate nell’apposito spazio e dalla correlativa responsabilità.
In una prima fase, la giurisprudenza aveva qualificato la clausola come limitativa della responsabilità e dunque vessatoria: il parcheggio è un contratto atipico le cui caratteristiche sono assimilabili a quelle del deposito oneroso, con conseguente applicazione della relativa disciplina; poiché obbligo essenziale del depositario è la custodia diligente della cosa e la restituzione al depositario nello stato di fatto in cui questa si trovava al momento della stipula, la sua esclusione altera il regime tipico di responsabilità25.
23 Cfr. supra la nota 3.
24 Per ulteriori e più approfondite argomentazioni, sia consentito rinviare a COPPO, L.: L’esonero da responsabilità, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2021, pp. 153 ss.
25 Così, senza distinguere a seconda che la clausola fosse collocata in un cartello affisso all’ingresso del parcheggio o in un adesivo attaccato alla macchinetta che eroga il ticket o sullo scontrino, Cass., 27 gennaio 2009, n. 1957, Foro italiano, 2009, I, c. 1006; Corriere giuridico, 2009, p. 1647; Giurisprudenza italiana, 2009, p. 2411. In questo senso, per limitarsi ai precedenti di legittimità, già Cass., 13 marzo 2007, n. 5837, Xxxxxxxxx, 2007, p. 1080, con nota di PETTI, G.: “Parcheggio di autoveicolo e responsabilità ex recepto del gestore”; Cass., 1° dicembre 2004, n. 22598, Giustizia civile, 2005, I, p. 2635; Contratti, 2008, p. 888; Cass., 26 febbraio 2004, n. 3863, Giurisprudenza italiana, 2005, p. 268, con nota di XXXXXXXX, R.: “La costosa custodia: la qualificazione del contratto di parcheggio e le sue conseguenze”; Corriere giuridico, 2005, p. 384, con nota di VITI, M.: “Metodi di qualificazione e disciplina applicabile al contratto di parcheggio”; Nuova giurisprudenza civile commentata, 2005, I, p. 528, con nota di XXXXXXX, A.: “Parcheggio automatizzato e responsabilità del gestore”; Responsabilità civile e previdenza, 2004, p. 717, con nota di XXXXXXX, M.: “Parcheggio e custodia:
L’orientamento è mutato a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite, le quali hanno ammesso l’esistenza di due diversi sottotipi di parcheggio, quello custodito e quello non custodito, e riconosciuto la meritevolezza anche del secondo26. Più precisamente, secondo la pronuncia, la clausola di parcheggio non custodito sarà valida quando l’interesse concreto prevalente dell’utente è nel senso di
«concludere un contratto che gli assicura uno spazio per lo stazionamento del veicolo in prossimità di luoghi di interscambio con sistemi di trasporto collettivo a cui intende accedere velocemente e senza incorrere in divieti sanzionati dal codice della strada», mentre non lo sarà quando il predetto interesse è nel senso di «assicurarsi non solo l’utilizzazione dell’area, ma anche la conservazione e la restituzione del veicolo nello stesso stato in cui lo ha consegnato»27.
A diversa conclusione, ancorché per via di obiter dictum, è giunta la Cassazione con riguardo all’esclusione dell’obbligo di custodia in un contratto di prestazione d’opera concluso dal proprietario di un’autovettura con il proprio meccanico28. Nella specie la questione riguardava la configurabilità o meno di una responsabilità in capo al meccanico per omessa custodia nel caso di furto dell’autovettura verificatosi dopo il decorso del termine previsto per il ritiro della medesima da parte del cliente. Secondo la Corte, l’unica via per escludere la responsabilità sarebbe stata quella di pattuire una clausola di esclusione dell’obbligo di custodia nei limiti dell’art. 1229 cod. civ. Per la Cassazione, dunque, una clausola che esclude la custodia nel contratto concluso con il meccanico è da qualificarsi come esonero da responsabilità ed opera validamente solo se il debitore era in colpa lieve e l’inadempimento non è dipeso dalla violazione di norme di ordine pubblico.
Dunque, in sintesi, nel contratto di parcheggio l’esclusione preventiva dell’obbligo di custodia è una mera clausola sull’oggetto ed è valida se risponde ad un interesse meritevole di tutela comune all’aderente; mentre nel contratto di prestazione d’opera manuale concluso con il meccanico l’esclusione preventiva dell’obbligo di custodia sarebbe una clausola sulla responsabilità e dunque la sua validità sarebbe subordinata ai limiti imposti dall’art. 1229 cod. civ. Ancora una volta, si tratta di capire, anche alla luce delle considerazioni svolte a proposito
tra negazione dell’utilità della disciplina contrattuale di diritto comune e svalutazione del consenso, in tema di contratto di parcheggio”, Foro italiano, 2004, I, c. 2132, con nota critica di BITETTO, A.L.; nonché Cass., 15 novembre 2002, n. 16079, Foro italiano, 2003, I, c. 1526.
26 Cass., Sez. Un., 28 giugno 2011, n. 14319, CED Cassazione.
27 Ibidem. Nel caso di specie si trattava di un contratto di parcheggio concluso dall’utente con aziende municipalizzate che avevano ottenuto in concessione dal Comune la gestione del servizio di parcheggio su aree appositamente istituite e adibite a tale finalità. Una sentenza di merito ha esteso il principio di diritto anche all’ipotesi del parcheggio privato in abbonamento, sulla scorta della motivazione per cui una diversa soluzione, ricorrendo la medesima ratio, avrebbe integrato un’irragionevole disparità di trattamento: Trib. Trani, 3 giugno 2015, Contratti, 2016, p. 477, con nota di QUARTICELLI, P.: “Contratto di parcheggio senza obbligo di custodia – Il commento”.
28 Cfr., a titolo di esempio, Cass., 1° luglio 2005, n. 14092, Contratti, 2006, p. 67; Obbligazioni e contratti, 2006, I, p. 70; Cass., 12 aprile 2006, n. 8629, Contratti, 2007, p. 46; Cass., 6 luglio 2006, n. 15364, Giustizia civile, 2006, p. 9; Cass., 18 settembre 2008, n. 23845, ivi, 2010, p. 463.
delle clausole di tetto massimo e delle clausole claims made, quale sia la ragione autentica del diverso trattamento e se la diversità sia giustificata.
Posto che entrambe le clausole non limitano semplicemente l’obbligo di custodia, ma lo escludono del tutto, la differenza tra il caso del parcheggio e il caso del contratto concluso con il meccanico è che nel primo caso l’obbligo in questione non è considerato essenziale, cioè imprescindibile per la sussistenza della causa. Tant’è che la giurisprudenza (e la legge stessa29) ha individuato due sottotipi di parcheggio, uno custodito e uno non-custodito, mentre in entrambi la prestazione essenziale è la messa a disposizione di uno spazio nel quale lasciare l’autovettura. Il requisito della meritevolezza dell’interesse, che è proprio di un controllo causale, vale qui come componente del giudizio di essenzialità della prestazione: se manca un interesse meritevole, l’obbligo di custodia penetra la causa del contratto di parcheggio, sicché una sua esclusione si traduce in un esonero da responsabilità a favore del gestore.
Nel caso del contratto concluso con il meccanico, invece, l’obbligazione di custodia è, se non essenziale, quantomeno necessariamente strumentale alla prestazione essenziale, cioè quella di riparare l’autovettura. Nel momento in cui la causa del contratto in questione è la riparazione dell’autovettura e l’adempimento di tale obbligo da parte del meccanico implica inevitabilmente la consegna al medesimo delle chiavi, oltre al deposito della vettura presso l’officina, allora anche la custodia sarà essenziale.
La conclusione trova conforto anche nell’ultimo filone giurisprudenziale che resta da esaminare: quello relativo all’esclusione dell’obbligo del notaio di effettuare le visure ipotecarie e catastali prima della stipula dell’atto. Fermo restando che tale obbligo rientra pacificamente nella prestazione dovuta dal notaio30, la
29 L’art. 7, comma 1, lett. f.), del D.Lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada) autorizza i Comuni, previa deliberazione della Giunta, ad istituire aree di parcheggio a pagamento «anche senza custodia del veicolo». La ragione deve ravvisarsi nel bilanciamento tra l’interesse dell’utente a depositare l’autovettura in un luogo sicuro con quello del medesimo ad assicurarsi uno spazio per lo stazionamento del veicolo a costi contenuti e quello del gestore ad offrire detto servizio traendone comunque un profitto, ancorché inferiore.
30 Sul fatto che tale obbligo figuri tra quelli connaturati al contratto di prestazione professionale concluso con il notaio non vi sono dubbi né in seno alla dottrina notarile (cfr. la regola n. 6 del Protocollo emanato dal Consiglio Nazionale del Notariato), né in seno alla giurisprudenza (per tutte, Cass., 24 maggio 2019,
n. 14169, CED Cassazione; Cass., 29 agosto 2019, n. 21775, ivi; Cass.,12 luglio 0000, x. 00000, ivi; Cass., 15 maggio 2018, n. 11746, ivi; Cass., 21 settembre 2017, n. 21953, ivi; Cass., 11 maggio 2016, n. 9660, Foro italiano, 2016, I, c. 2800 ss.; Notariato, 2017, p. 327, con nota di NAGAR, M.: “Obblighi di diligenza e buon consiglio del notaio”; Cass., 11 maggio 2016, n. 9662, Diritto e giustizia, 2016, p. 2, con nota di XXXXXXXX, S.: “Compravendita: la mancata verifica di trascrizioni pregiudizievoli implica la responsabilità del notaio”; Cass., 20 agosto 2015, n. 16990, CED Cassazione; Cass., 26 agosto 2014, n. 18224, ivi; Cass., 6 giugno 2014,
n. 12797, Xxxxx e responsabilità, 2014, p. 1151, con nota di GRIPPAUDO, E.: “Visure ipocatastali: quando l’esenzione non basta”; Cass., 13 giugno 2013, n. 14865, Rivista del notariato, 2014, p. 84; Notariato, 2013, p. 488; Cass., 30 gennaio 2013, n. 2219, CED Cassazione; Cass., 29 gennaio 2013, n. 2071, Rivista del notariato, 2013, p. 388; Cass., 21 giugno 2012, n. 10296, in Immobili e proprietà, 2012, p. 531; Cass., 27 ottobre 2011,
n. 22398, Vita notarile, 2012, p. 71 ss., con nota di XXXXXXXXXXXX, V.: “Gli obblighi esigibili dal notaio in base alla normale diligenza comprendono anche la consultazione dei registri immobiliari”; Cass., 20 luglio 0000,
x. 00000, Responsabilità civile, 2010, p. 707; Notariato, 2010, p. 606; Foro italiano, 2011, I, c. 812; Vita notarile, 2011, p. 1301; Cass., 2 luglio 2010, n. 15726, ivi, 2010, p. 1495).
giurisprudenza, conformemente alle regole stabilite in via di autodisciplina dal Consiglio Nazionale del Notariato31, è costante nell’affermare che esso può essere validamente escluso quando l’esclusione sia concordemente richiesta dalle parti e ciò risulti dall’atto, risponda a concrete esigenze delle medesime, quale ad esempio l’urgenza di procedere alla stipula, e sia stata preceduta da un’adeguata informazione da parte del notaio in merito ai possibili rischi del mancato accertamento32.
La giurisprudenza, inoltre, ha cura di precisare che l’esclusione dell’obbligo di visure non può in nessun caso esonerare il notaio da responsabilità quando questi conoscesse o potesse ragionevolmente sospettare al momento del rogito la presenza di formalità pregiudizievoli sul bene oggetto dell’atto33. Questo, secondo la citata giurisprudenza, perché l’omissione di una simile informazione si porrebbe in contrasto con la buona fede esecutiva ex art. 1375 cod. civ.
Sebbene la giurisprudenza faccia leva soltanto sui criteri della meritevolezza e dell’informazione ma non si soffermi né sul problema dell’essenzialità dell’obbligo di visure rispetto alla causa del contratto, né su quello della qualifica della clausola di esclusione come patto sull’oggetto o patto sulla responsabilità, occorre anche qui compiere una riflessione in tali termini. Con due avvertenze preliminari: la prima è che, come si è visto, qui l’esonero dall’obbligo di visure può essere nell’interesse del cliente più che del notaio, nel qual caso riuscirebbe difficile, anche solo a buon senso, qualificarlo come un esonero da responsabilità; la seconda è che nei contratti di prestazione d’opera intellettuale è più complesso individuare il contenuto minimo essenziale e distinguerlo da quello accessorio.
Ciò premesso, pare corretto ritenere che anche qui il riferimento alla meritevolezza dell’interesse sia strumentale al giudizio di essenzialità della prestazione rispetto alla causa del contratto. Quest’ultima deve ravvisarsi in quel complesso di diligenza professionale e di risultati intermedi che mirano ad
31 Secondo la citata regola n. 6 del Protocollo emanato dal Consiglio Nazionale del Notariato, il notaio può essere eccezionalmente dispensato dall’obbligo di procedere alle visure, a patto però che segua alcune regole. Anzitutto dovrà informare le parti circa l’importanza di un’indagine ipocatastale corretta ed esaustiva e i possibili effetti negativi del suo mancato svolgimento, accertandosi che l’informazione sia stata adeguatamente compresa. Il suggerimento del notaio di omettere gli accertamenti ipocatastali, anche per ragioni di risparmio di spesa, dovrà reputarsi contrario ai principi deontologici. Qualora le parti intendano comunque procedere alla stipula in assenza degli accertamenti in questione, il notaio dovrà far constare nel- l’atto (e non nel contratto di prestazione d’opera) tale accordo e le ragioni su cui si fonda. Il protocollo redatto del consiglio – e questo è forse l’aspetto più interessante – precisa che la reiterata presenza ne- gli atti dei citati accordi costituisce indizio di una condotta scorretta del notaio nel caso in cui la dispensa non sia dettata da esigenze meritevoli di tutela
32 Ex multis, Cass., 29 gennaio 2013, n. 2071, cit.; Cass., 27 novembre 2012, n. 20991, cit.; Trib. Nuoro, 28 febbraio 2011, n. 205, Rivista giuridica sarda, 2013, p. 25, con nota di CIUSA, F.: “Responsabilità del notaio e visure ipocatastali: clausola di esonero e dovere di informazione”; Cass. 2 luglio 0000, x. 00000, cit.; Cass., 11 gennaio 2006, n. 264, Giustizia civile, 2006, I, p. 518; Cass., 6 aprile 2001, n. 5158, Rivista del notariato, 2001, p. 1206; Vita notarile, 2001, p. 953; Giurisprudenza italiana, 2001, p. 1206.
33 Trib. Palermo, 13 settembre 2017, cit.; Trib. Catania, 11 marzo 2017, cit.; Cass., 6 giugno 2014, n. 12797, cit.; Cass., 29 gennaio 2013, n. 2071, cit.; Cass., 27 novembre 2012, n. 20991, cit.; Xxxx. 2 luglio 2010, n. 15726, cit.; Cass., 11 gennaio 2006, n. 264, cit.; Cass., 6 aprile 2001, n. 5158, cit.
assicurare la funzione di garanzia del notaio nella stipula degli atti. L’obbligo di effettuare le visure non è di per sé essenziale rispetto alla causa del contratto, salvo nella misura in cui la sua esclusione incentivi comportamenti fraudolenti o gravemente negligenti del notaio, minandone appunto la funzione di garanzia e lasciando il cliente privo di qualsiasi tutela.
Se il cliente ha interesse che il notaio ometta le visure, quest’ultimo, posto che non può rifiutarsi immotivatamente di ricevere l’atto senza incorrere nella responsabilità di cui all’art. 27 l. not., dovrà innanzitutto valutare se emergano dalle circostanze del caso indici della probabile esistenza di formalità pregiudizievoli e, poi, informarne le parti o comunque renderle edotte della gravità dei rischi derivanti dall’omesso accertamento ipotecario. Nel caso in cui l’interesse del cliente manchi o difettino la diligente valutazione e informazione del notaio, la clausola sarà un’esclusione della responsabilità di quest’ultimo per aver stipulato l’atto in presenza di formalità pregiudizievoli. Questo perché la clausola farebbe venir meno quella funzione di garanzia di cui si diceva poc’anzi. La clausola sarà pertanto soggetta all’art. 1229 cod. civ.
IV. PROPOSTE PER IL SUPERAMENTO DELL’APPROCCIO CASISTICO E LA PREVISIONE DI UN CONTROLLO UNITARIO.
Le riflessioni sin qui svolte consentono di porre qualche tassello per provare a superare l’approccio casistico al problema del controllo sulle clausole che modificano il contenuto del contratto rispetto a quello tipico e suggerire una risposta più di sistema ai quesiti sollevati all’inizio del contributo.
Il primo quesito riguardava la ricerca di un criterio discretivo tra le clausole con cui le parti determinano semplicemente il contenuto del contratto e le clausole con cui le parti limitano o escludono la responsabilità del debitore. Al riguardo, sistematizzando le conclusioni tratte dall’analisi giurisprudenziale intrapresa nei paragrafi precedenti, si può suggerire l’iter logico che segue. Il passaggio preliminare da compiere è verificare se la clausola limita un’obbligazione tipica o la esclude del tutto.
Nel caso in cui la clausola limiti un’obbligazione tipica, occorre accertare se la limitazione riguarda anche la prestazione oppure lascia quest’ultima intatta: nella prima ipotesi, la clausola sarà qualificabile come mero patto sull’oggetto del contratto, mentre nella seconda la clausola sarà qualificabile come patto limitativo della responsabilità e dunque soggiacerà al controllo di compatibilità con l’art. 1229 cod. civ. e al controllo di vessatorietà ai sensi dell’art. 1341 cod. civ. e degli artt. 33, 36 cod. cons.
Nel caso in cui la clausola escluda del tutto un’obbligazione tipica, occorre valutare se l’obbligazione sia semplicemente connaturata al tipo contrattuale oppure sia essenziale rispetto ad esso, cioè valutare se escludere quell’obbligazione faccia venir meno la causa del contratto senza convertirla in un’altra meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.: nell’ipotesi in cui l’obbligazione sia accessoria, la clausola sarà qualificabile come mero patto sull’oggetto del contratto, mentre nell’ipotesi in cui l’obbligazione sia essenziale la clausola sarà qualificabile come patto esclusivo della responsabilità soggetto all’art. 1229 cod. civ., all’art. 1341 cod. civ. e agli artt. 33, 36 cod. cons.
Questa ricostruzione contiene già in sé la risposta al secondo quesito che ci si era posti all’inizio del lavoro e cioè l’opportunità o meno di prevedere due forme di controllo distinte per le clausole che incidono sull’oggetto del contratto e per quelle che incidono sulla responsabilità. In base al ragionamento poc’anzi illustrato, le vere clausole sull’oggetto del contratto sono quelle che non incidono sulla responsabilità e neppure sulla causa, perché limitano semplicemente la prestazione tipica o escludono una prestazione tipica non essenziale; dunque, non vi sarà necessità di applicare né il controllo ex art. 1229 cod. civ., né quello causale previsto dall’art. 1322 cod. civ.
Sono invece solo formalmente clausole sull’oggetto quelle che limitano il bene su cui la prestazione incide, senza però limitare la prestazione in sé, e quelle che escludono un’obbligazione tipica essenziale per la causa del contratto. Entrambe le categorie di clausole sono sostanzialmente patti sulla responsabilità, nella misura in cui consentono al debitore di non eseguire la prestazione tipica senza conseguenze pregiudizievoli o con conseguenze pregiudizievoli limitate rispetto all’integralità del risarcimento, sicché non c’è ragione per non applicare ad entrambe la disciplina prevista dagli artt. 1229 cod. civ., 1341 cod. civ. e 33, 36 cod. cons.
Il sindacato di meritevolezza ex art. 1322 cod. civ. viene in gioco – perché, come si è detto, queste ultime modificano prestazioni che rientrano nella causa tipica del contratto – ma non direttamente nel giudizio di validità della clausola, bensì nella valutazione dell’essenzialità o accessorietà dell’obbligazione su cui la clausola incide: se, senza la prestazione esclusa dalla clausola, il contratto persegue una funzione individuale meritevole di tutela, significa che quella prestazione non era essenziale; se, invece, senza la prestazione esclusa dalla clausola, il contratto non persegue alcuna funzione, significa che la prestazione era essenziale. Eliminarla a monte dal contratto o mantenerla ma escludere a monte la responsabilità del debitore per il suo inadempimento è, sotto il profilo degli effetti, la medesima cosa, sicché non c’è ragione per non applicare l’art. 1229 cod. civ.
Del resto, il collegamento tra la causa e il controllo ex art. 1229 cod. civ. emerge con evidenza dalla ratio che la più attenta dottrina ascrive alla norma.
Quest’ultima non è da ravvisarsi soltanto nell’immoralità del patto di esonero34, o in una generica incompatibilità del patto medesimo con la clausola generale di buona fede35, o nell’esigenza di imporre al debitore un minimo inderogabile di diligenza nell’adempimento36, o più in generale di soddisfare quell’interesse alla tutela del credito eletto secondo alcuni a pilastro del diritto contrattuale37, ma altresì nell’intento di attuare quell’idea, sulla quale s’impernia appunto la teoria della causa, per cui la delimitazione del contenuto essenziale del negozio è sottratta all’autonomia privata38.
In quest’ottica ed in sintesi, ammettere l’esclusione o la limitazione della responsabilità per dolo o colpa grave o per la violazione di norme di ordine pubblico significherebbe incoraggiare il debitore ad omettere quella cooperazione su cui si fonda il diritto delle obbligazioni e consentire alle parti di limitare il vigore del negozio apponendovi restrizioni che «ripugnino alla sua funzione tipica, quale è valutata dalla legge e dalla coscienza sociale, secondo il criterio, generico ma suscettibile di congrue differenziazioni, enunciato all’art. 1176»39. L’individuazione di questa ratio consente di superare le distinzioni basate sull’apparenza formale delle clausole e di illuminare il criterio per il loro assoggettamento al controllo di compatibilità con l’art. 1229 cod. civ. o al controllo di vessatorietà.
Un passo importante nella direzione appena tracciata è stato compiuto dall’ordinamento francese con la riforma del 2016 del diritto delle obbligazioni
34 La tesi era diffusa nella dottrina anteriore all’entrata in vigore del codice del 1942 e traeva spunto dall’orientamento della giurisprudenza tedesca del primo dopoguerra. Così XXXXXX, G.: Teoria delle obbligazioni, II, 7a ed., Cammelli, Firenze, 1907, pp. 67-68, n. 39; CHIRONI, P.: La colpa nel diritto civile odierno, I, Colpa contrattuale, 1897, rist., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2012, pp. 500 ss.; XXXXXXX, V.: Le obbligazioni nel diritto civile italiano, Athenaeum, Roma, 1915, pp. 385 ss., p. 389, il quale richiama il celebre e già citato passo di Ulpiano (D. 16.3.1.7) secondo cui «Illud non probabis, dolum non esse praestandum si convenerit; nam haec conventio contra bonam fidem contraque bonos mores est, et ideo nec sequenda est»; ASQUINI, A.: “Del contratto di trasporto”, in Commentario del codice del commercio Bolaffio, Xxxxx e Xxxxxxx, VII, II, Utet, Torino, 1935, p. 348. La tesi convince, anche se, com’è stato osservato, è più calzante per giustificare il divieto di esonero della responsabilità per dolo, che non il divieto di esonero della responsabilità per colpa grave: AULETTA, G.: “Limitazione di responsabilità del vettore marittimo”, Rivista di diritto della navigazione, 1952, pp. 180 ss.; XXXXXX, C.M., “Dell’inadempimento delle obbligazioni”, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, sub art. 1229 c.c., Zanichelli-Società editrice del Foro italiano, Bologna-Roma, 1967, p. 397; e XXXXXXX, F.O.: Contributo allo studio delle clausole di esonero da responsabilità, Xxxxxxx, Milano, 1971, p. 31.
35 In questo senso cfr. XXXXXXX, V.: Le obbligazioni, cit., p. 457, secondo cui sarebbe questa ratio a giustificare l’equiparazione tra dolo e colpa grave dell’art. 1229 cod. civ.
36 Vid. in particolare XXXXXX, C.M.: “Dell’inadempimento delle obbligazioni”, cit., sub art. 1228, 2a ed., Zanichelli-Società editrice del Foro italiano, Bologna-Roma, 1979, p. 475. Nella stessa direzione, pur con sfumature diverse, CIAN, G.: “Lata culpa dolo aequiparatur”, Rivista di diritto civile, 1963, p. 177, il quale afferma che la ratio del divieto di esonero da responsabilità previsto dall’art. 1229 cod. civ. si fonda sull’«interesse pubblico a che nel traffico sociale si osservi sempre un minimo di diligenza»; e DI GRAVIO, V.: Prevedibilità del danno e inadempimento doloso, Xxxxxxx, Milano, 1999, pp. 60-61. Più precisamente, secondo DI MAJO, A.: “Delle obbligazioni in generale (artt. 1173-1176)”, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, Zanichelli-Società editrice del Foro italiano, Bologna-Roma, 1994, pp. 58 ss., l’esigenza sottesa all’art. 1229 cod. civ. sarebbe da ascrivere all’interesse di sottrarre il diritto contrattuale e delle obbligazioni all’arbitrio individuale e dunque al rischio di privilegiare caso per caso il debitore o il creditore.
37 Questa è la tesi di XXXXXXX, F.O.: Contributo allo studio, cit., pp. 48 ss., pp. 81 ss.
38 Così XXXXX, X.: Teoria generale del negozio giuridico, rist. corretta della 2° ed., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1994, pp. 105-106.
39 Ibidem.
e dei contratti. Prima della riforma, mancando nel code civil una norma generale sul controllo del contenuto del contratto, la giurisprudenza aveva accolto la teoria, elaborata dalla dottrina40, dell’obligation essentielle e l’aveva impiegata per neutralizzare quelle pattuizioni con cui le parti alleggerivano la prestazione caratterizzante del contratto o comunque consentivano al debitore di sottrarsi alle conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento41. Con la riforma, il legislatore, pur eliminando la causa dai requisiti di validità del contratto, ha introdotto, nella sottosezione dedicata al contenuto del contratto, l’art. 1170 cod. civ., secondo cui qualunque clausola che privi della propria sostanza l’obbligazione essenziale del debitore si dà per non apposta42.
Se il concetto di obbligazione essenziale, espresso con questa formulazione, può apparire al giurista italiano atecnico e più incerto rispetto a quello di responsabilità impiegato dall’art. 1229 cod. civ.43, ha però il merito di essere anche più inclusivo e quindi, come si diceva, di consentire il controllo giudiziale indipendentemente da come è la clausola è formulata. Inoltre, rispetto al concetto di causa, quello di obbligazione essenziale è più intuitivo e più familiare al giurista europeo ed internazionale.
Non appena si volge lo sguardo oltre i confini italiani, ci si accorge che il lessico utilizzato dalle corti per affrontare il problema del controllo contenutistico è pieno di espressioni che richiamano l’idea di obbligazione essenziale. Ad esempio, nell’ordinamento tedesco si parla di Kardinalpflichten, nei principali testi di diritto
40 La nozione di «obbligazione essenziale» deriva dalla tesi di XXXXXXXXXX, P.: Les clauses allégeant les obligations dans les contrats, thèse ronéotypée, Aix-Marseille, III, 1981.
41 Si fa riferimento in particolare al noto caso Chronopost: Xxxx. Com., 22 octobre 1996, Contrats, concurrence, consommation, 1997, num. 24; Recueil Dalloz, 1997, p. 121; e p. 175; Xxxxxxxxx, 1997, p. 333; La Semaine juridique, 1997, num. 1, p. 4002; e p. 4025; e num. 11, p. 22881; ed infine Revue trimestrielle de droit civil, 1997, p. 418. Per osservazioni sul punto cfr. XXXXXXXXX-XXXXXX, B. e XXXXXXX, D.: “L’avant-projet xxxxxxxx xx xxxxxxx xx xxxxx xxx xxxxxxxxxxx xx xx xx xxxxxxxxxxxx”, Revue de droit uniforme, 2006, num. 103, p. 114.
42 La formula originale recita: «Toute clause qui prive de sa substance l’obligation essentielle du débiteur est réputée non écrite».
43 Non si può dimenticare che l’individuazione del significato di obbligazione essenziale ha sollevato criticità anche in seno alla dottrina francese e sin dall’elaborazione del concetto. Cfr. JESTAZ, P.: “L’obligation et la sanction. À la recherche de l’obligation fondamentale”, in Mélanges Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxx, 0000,
p. 273; XXXXXXX, C.: “Éléments essentiels et obligation fondamentale du contrat”, Revue juridique de droit des affaires, 1997, num. 4, p. 291; XXXXXXXX, J.: Cause et type de contrat, LGDJ, Paris, 1999; XXXXXX-GREEN, R.: La notion d’obligation fondamentale: comparaison franco-anglaise, Xxxxxx, Xxxxx, 0000; XXXXX, M.É.: La prestation caractéristique du contrat, Economica, Paris, 2002; XXXXXX-XXXXXX, M.P.: “Pour une approche empirique de la notion d’obligation essentielle du contrat. (À partir de l’exemple du contrat Chronopost)”, Revue de la recherche juridique, 2002, num. 4, p. 1859; XXXXXX, X.: “Une notion fuyante: l’obligation essentielle du contrat”, in Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, p. 521; XXXXXX, A.: L’obligation essentielle dans le contrat, mémoire de maîtrise, master I, Dijon, Université de Bourgogne, 2005; XXXXXXX-XXXXXX, N.: Les obligations essentielles en droit privé des contrats, LGDJ, Xxxxx, 0000.
europeo uniforme44 si fa riferimento al concetto di fundamental breach e così pure, con alcuni correttivi45, nell’ordinamento inglese ed in quello americano46.
Ebbene, indipendentemente dalla formulazione del concetto, pare che infondo anche l’essenza del controllo giudiziale sulle clausole che alterano elementi fondamentali del tipo, come le prestazioni che ne compongono la causa o il regime di responsabilità, sia quella medesima esigenza, avvertita persino dagli ordinamenti di common law, che il giudice accerti la sussistenza di quelle «minimum decencies» essenziali perché si abbia un accordo azionabile in giudizio47, onde evitare che il contratto si traduca in una «commercial and practical absurdity48».
44 Così nell’art. 25 della Convenzione di Vienna sulla Vendita Internazionale di beni mobili (su cui vid., XXXXXXXXX, U.G.: “Article 25”, in A.A. V.V.: Schwenzer&Schlechtriem Commentary on the UN Convention on the International Sale of Goods (a cura di I. XXXXXXXXX), 3rd ed., OUP, Xxxxxx, 0000, p. 398, par. 6, p. 402; XXxXXXXXX, A.: “Article 25”, in A.A. V.V.: The United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods (a cura di X. XXXXX, L.A. XXXXXXXX e M.P. VISCACILLAS), X.X. Xxxx-Xxxx, Xxxxxxx-Xxxxxx, 0000, p. 333, par. 2, p. 334; WILL, M.: “Article 25”, in A.A.V.V.: Commentary on the International Sales Law: The 1980 Vienna Sales Convention (a cura di C.M. XXXXXX e M.J. BONELL), Xxxxxxx, Milano, 1987, p. 205 e pp. 206 ss.); nonché alla sezione 8:103 dei Principles of European Contract Law, nei principi Unidroit (7.3.1.) e nella bozza CESL (87.2).
45 Per una panoramica delle critiche che sono state mosse, negli anni, alla teoria dell’inadempimento fondamentale cfr. XXXX, R.C.B.: Recent Developments in Contracts, Law Society of Upper Canada Special Lectures, 1966, p. 253; XXXXXXX, S.M.: “Contracts - Exemption Clauses - Fundamental Breach - Unconscionability”, University of Western Ontario Law Review, 1978-1979, vol. 17, p. 295; e MEYER, A.W.: “Contracts of Adhesion and the Doctrine of Fundamental Breach”, Xxxxxxxx Xxx Review, 1964, vol. 50, p. 1178.
46 Cfr., in particolare, XXXXX, B.: Exception clauses: some aspects of the law relating to exception clauses in contracts for the carriage, bailment and sale of goods, Sweet & Xxxxxxx, London, 1964, pp. 139-140, il quale, interrogandosi sulle clausole che determinano l’oggetto del contratto e quelle che attenuano o escludono la responsabilità del debitore osserva: «So long as exception clauses are seen as devices by which injured people are deprived of their remedies for breaches of duty, they must be regarded with disfavour. But if they are once seen as helping to determine whether duty or obligation was assumed in the first place, there is no need for any automatic condemnation [...] it is not assumption of risk as such which causes difficulty, but rather the prevailing belief that by the use of exception clauses a wrong doer is escaping the consequences of a liability he has actually assumed».
47 Così, illustrando la implication of terms doctrine, XXXXXXXXXX, K.: “Book review”, Harvard Law Review, 1938- 1939, vol. 52, pp. 701 ss., p. 703.
48 Così Mr Recorder Xxxxxxxx-Xxxxx QC, in qualità di giudice di primo grado nel caso Paragon Finance plc x. Xxxx [2001] EWCA Civ, 1466, [2002] 1 WLR 685, citato da Xxxx Xxxxx al par. 26.
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