Testo pubblicato a seguito di referaggio anonimo
Xxxxxx Xxxxxxx
Testo pubblicato a seguito di referaggio anonimo
Il contratto di apprendistato nel D.lgs. 81/2015*
WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT – 286/2015
Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx 2015
Università di Roma “La Sapienza” xxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxx@xxxxx.xxx xxxxx.xxxxxxx@xxxxx.xxx xxxxxx.xxxx@xxxxxxx.xx xxxxxxxxx@xxxxxxx.xxx xxxxxxxxxx@xxxxx.xxx x.xxxxxxxxx@xxxxxxx.xx
WP CSDLE MASSIMO D’XXXXXX.XX - ISSN 1594-817X
Centre for the Study of European Labour Law "MASSIMO D'ANTONA" , University of Catania On line journal, registered at Tribunale di Catania n. 1/2012 – 12.1.2012
Xxx Xxxxx, 00 – 00000 Xxxxxxx (Xxxxx)
Tel: x00 000000000 – Fax: x00 0000000000
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Il contratto di apprendistato nel D.lgs. 81/2015*α
Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx Università di Roma “La Sapienza”
1. Introduzione (di Xxxxx Xxxxxxx) 4
2. L’apprendistato nell’Unione Europea (di Xxxxxx Xxxxx) 8
2.1. Il ruolo dell’apprendistato nell’UE e le sue caratteristiche principali. 8
2.2. L’attualità e le prospettive dell’apprendistato. 10
3. La disciplina generale del contratto di apprendistato nel Jobs act. (di Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx) 14
3.1. I principi della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 14
3.2. I poteri della contrattazione collettiva 15
3.4. La componente formativa del contratto: il Piano formativo individuale 17
3.5. La durata della formazione in apprendistato. 19
3.6. La disciplina del recesso 20
* ll contributo è stato sottoposto a peer-review anonima da un revisore selezionato dalla Direzione della collana. Ricevuto il 15/10/2015; accettato il 29/12/2015; pubblicato il 30/12/2015.
α Il presente Paper, seppur frutto di una riflessione comune sulla materia, va attribuito per i
§§ 1 e 7 a Xxxxx Xxxxxxx, per il § 2 a Xxxxxx Xxxxx, per il § 3 a Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, per il
§4 a Xxxxxxx Xxxxxxxx, per il §5 a Xxxxxxx Xxxxxxxxx e per il § 6 a Xxxxxx Xxxx.
3.8. La certificazione delle competenze. 23
4. L’apprendistato per la qualifica e diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (di Xxxxxxx Xxxxxxxx) 24
4.1. Il I livello di apprendistato nel Testo Unico del 2011 24
4.2. Il I livello di apprendistato dopo il d.lgs. 81 del 2015 25
4.3. La certificazione delle competenze. 32
4.4. Finalità e nuovi obiettivi. 33
5. L’apprendistato professionalizzante (di Xxxxxxx Xxxxxxxxx) 35
5.1. Il nuovo articolo 44 e il mancato richiamo al contratto di mestiere. 35
5.2. Ambito applicativo e “nuova” finalità dell’apprendistato professionalizzante: dalla <<qualifica>> alla <<qualificazione professionale>> 35
5.3. La formazione professionalizzante: definizione delle modalità di erogazione della stessa e durata minima e massima del periodo formativo 38
5.4. Natura “integrativa” dell’offerta formativa pubblica rispetto alla formazione professionalizzante. Cenni alla responsabilità datoriale per omessa formazione. 40
5.5. Ipotesi peculiare di assunzione in apprendistato con specifica finalità di <<qualificazione o riqualificazione professionale>>. Applicazione delle disposizioni in materia di licenziamenti individuali al termine del periodo di apprendistato.
..................................................................................... 42
6. Apprendistato di alta formazione e di ricerca (di Xxxxxx Xxxx). 43 6.1. Ambito di applicazione. 43
6.2. Le novità introdotte: la previsione del Protocollo per l’attivazione del contratto di apprendistato per attività di ricerca.
..................................................................................... 48
6.3. Le novità in merito alla retribuzione durante il percorso formativo 50
6.4. La competenza in merito alla regolamentazione ed alla durata e la possibilità di attivare l’apprendistato di alta formazione e di ricerca con apposite convenzioni in assenza delle regolamentazioni regionali 51
6.5. Le misure sanzionatorie. 51
1. Introduzione.
La parte III del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 811, è dedicata al contratto di apprendistato, ovvero ai contratti di apprendistato e ricerca, oggi, ed abroga il Decreto Legislativo n. 167 del 2011, c.d. Testo Unico.
Si offre poi al lettore un’analisi della normativa e, dopo aver preso in considerazione le direttrici europee (§2), gli ambiti di disciplina generale e di comune applicazione (§3), si analizzeranno le differenti tipologie di apprendistato (§§4,5,6), evidenziando sin da subito la stretta connessione tra due delle tre tipologie di apprendistato ai percorsi del sistema dell’istruzione ed il loro rilancio da parte del Legislatore.
c.d. Testo Unico, il d.lgs. 167 del 2011, non esente, anche esso, da modifiche.
Come è, altresì, noto che la disciplina del contratto a contenuto formativo per eccellenza ha dovuto scontare il fatto di essere oggetto di più ambiti di competenza legislativa tra Stato e Regioni e Province Autonome, secondo i parametri di cui all’art. 117 Cost., attuale formulazione, per la quale ragione in più occasioni la Consulta si è
1 Pubblicato in Gazz. uff. n. 144 del 24 giugno 2015 ed entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, secondo quanto stabilito ai sensi dell’art. 57, comma 1, dello stesso decreto.
Il nuovo decreto legislativo di “riordino contrattuale”, sulla base delle previsioni contenute nell’articolo 55, comma 1, lett. g), determina l’abrogazione del d.lgs. 14 settembre 2011, n. 167, <<salvo quanto disposto dall’articolo 47, comma 5>>, al quale si rinvia.
2 X. XXXXXXXX, Gli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successivi al T.U. del 2011, in Dir. Lav. Rel. Ind., n. 3, 2014, 427, spec. 455.
3 Sia consentito rinviare a X. XXXXXXX, Il lungo processo per la messa a regime del nuovo apprendistato, in Dir. Rel. Ind., n. 1, 2006, 195.
pronunciata, sia dietro ricorso dello Stato, sia delle Regioni/Province Autonome4.
Il Testo Unico del 2011 era un approdo, ma non ancora sufficiente perché questo contratto avesse l’appeal desiderato per essere utilizzato come principale canale di ingresso dei giovani (e non, v. apprendistato per lavoratori in mobilità), dove lavoro e formazione sono strettamente connessi.
La legge n. 183 del 2014 ha previsto la delega al Governo “allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo” per adottare provvedimenti per il riordino e la semplificazione delle tipologie contrattuali esistenti, secondo i seguenti principi che interessano in tal sede: a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l'effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale, anche in funzione di eventuali interventi di semplificazione delle medesime tipologie contrattuali; d) rafforzamento degli strumenti per favorire l'alternanza tra scuola e lavoro.
Mentre il decreto legislativo n. 81 del 2015 riscrive, con alcune modifiche, codificandolo, nuovamente, rispetto al TU del 2011, il contratto di apprendistato, seguendo le direttrici che di seguito si riassumono e che verranno esaminate nel corso dell’intero contributo:
a) Incentivazione al ricorso delle tipologie di apprendistato legate ai percorsi di istruzione (§§4 e 6). Se nelle precedenti riforme era il professionalizzante oggetto di maggiori modifiche ed attenzione da parte
4 X. XXXXXXX, La riforma del mercato del lavoro al vaglio della Corte Costituzionale (nota a C. cost. 28 gennaio 2005, n. 50), in Riv. Giur. Lav., 2005, n. 3, 425; X. XXXXX, Formazione e politiche attive dell’impiego nella giurisprudenza costituzionale, in ADL, 2005, n. 1, 321; P. ALBI, La riforma del mercato del lavoro al bivio del neo-regionalismo, in Riv.It.Dir.Lav., 2005, II, 530; V. FILÌ, La “Riforma Biagi” corretta e costituzionalizzata. Appunti dopo il decreto correttivo ed il vaglio costituzionale, in Lav.Giur., 2005, n. 5, 405; X. XXXXXX, X. XXXXXX, Il conflitto tra Stati e Regioni in tema di lavoro e la mediazione della Corte costituzionale: la recente giurisprudenza tra continuità e innovazione (nota a C. cost. 19 dicembre 2006, n. 425; C. cost. 6 febbraio 2007, n. 24; C. cost. 2 febbraio 2006, n. 21; C. cost. 7 dicembre 2006, n. 406), in Riv.It.Dir.Lav., 2007, n. 3, 574.
5 X. XXXXXXX, Il contratto di apprendistato, in X. XXXXXXX-X. XXXXX GRANDI (a cura di), La politica del lavoro del Governo Xxxxx –Atto I, Adapt labour studies e-book series n. 30, 2015, pp. 161 ss
del Legislatore, in termini di formazione aziendale e pubblica integrativa, oggi maggiore enfasi si dà agli apprendistati legati al sistema dell’Istruzione ed alla creazione di un sistema duale mutuato dal modello tedesco.
b) Parziali modifiche alla tipologia professionalizzante in termini di revisione del ruolo della contrattazione collettiva nella predisposizione della disciplina del contratto e, di notevole rilievo, il ricorso al termine “qualificazione” per individuare la finalità precipua del contratto (§5).
c) Infine, sono previste una serie di norme che direttamente o indirettamente, incentivano o semplificano il ricorso alla tipologia contrattuale che si commenta.
a) Con riguardo alla valorizzazione delle due tipologie legate ai percorsi di istruzione, il Legislatore ha voluto dare maggiore spessore all’alternanza scuola-lavoro. Questa direttrice è la principale di tutta l’opera di codificazione dell’apprendistato e si manifesta attraverso la previsione di ulteriori incentivi individuati mediante un decreto legislativo adottato ai sensi dell’art. 1, comma 4, lett. a) legge n. 183 del 2014, il decreto legislativo n. 150 del 2015 (si veda, in particolare il § 4).
Altro punto degno di nota che rappresenta il rilancio delle due forme di apprendistato legate ai canali dell’istruzione consiste nello stabilire che il sistema della “stabilizzazione” è previsto solo per il professionalizzante, favorendo perciò il ricorso al sistema duale istruzione-lavoro nelle due restanti tipologie.
Ancora, i datori di lavoro sono esonerati dall’erogazione della retribuzione nel corso delle ore di formazione presso le istituzioni formative.
Il piano formativo individuale è predisposto nell’apprendistato di primo e terzo livello dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro (art. 40, comma1).
Altro aspetto che incentiva il ricorso alla prima tipologia di apprendistato è che la disciplina dei profili formativi è rimessa alle Regioni e alle Province autonome, ma in assenza di regolamentazione, l’attivazione avviene tramite decreti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il datore di lavoro deve sottoscrivere un protocollo con l'istituzione formativa, secondo uno schema definito con specifico decreto interministeriale che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore. Per l’apprendistato che si svolge nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale, la formazione esterna all'azienda presso l'istituzione formativa non può essere superiore al 60% dell'orario ordinamentale per il secondo anno e al 50% per il terzo e quarto anno (articolo 41, comma 6).
b) Un aspetto di novità riguarda l’aver risolto il problema qualificatorio della finalità del contratto di apprendistato professionalizzante tra qualifica e qualificazione, espungendo, tra l’altro, dalla rubrica, ogni riferimento al “contratto di mestiere”. In merito a questo punto, che si analizzerà nel dettaglio nel § 5, si prescrive che finalità del contratto di apprendistato professionalizzante è la qualificazione professionale ai fini contrattuali (art. 42, comma 1). Infatti, era del tutto incerto prima se la finalità del professionalizzante fosse la qualifica ovvero la qualificazione. La distinzione è di notevole rilievo, sol che si pensi che nel caso in cui la finalità fosse stata individuata nella qualifica, sarebbe stata negata la possibilità di assumere nuovamente, anche dopo un contratto a tempo determinato di breve durata, con contratto di apprendistato per la stessa qualifica; mentre ora, che è certa la finalità della “qualificazione”, ciò è possibile.
Per ciò che concerne il contratto professionalizzante, la formazione resta dunque elemento essenziale del contratto di apprendistato, tuttavia ne è ridimensionato il valore. Il legislatore lascia nelle mani della Regione offrire percorsi formativi integrativi in un arco temporale forse ristretto (45 giorni). Assumendo come ordinatorio tale termine, si potrebbe verificare, in mancanza di disposizioni collettive, che la formazione di base e trasversale non sia neppure erogata.
Viene, come accennato, agevolato attraverso l’abbassamento della percentuale di stabilizzazione il ricorso al contratto di apprendistato, restringendo anche il numero delle imprese cui l’obbligo di stabilizzazione si applica (imprese superiori ai 50 dipendenti).
Un’altra forma di agevolazione è la previsione della forma scritta richiesta ai soli fini della prova per tutti i tipi di apprendistato; conseguenza di ciò è che possono essere regolarizzati, con il consenso degli stessi, lavoratori non assunti regolarmente, ma in possesso dei requisiti per esser definiti apprendisti, al momento di visita ispettiva.
La valutazione e l’impatto della Riforma richiedono il giusto tempo per osservare gli andamenti delle assunzioni in apprendistato, per il
momento ci si soffermerà sui punti salienti del contratto di apprendistato, evidenziandone criticità e prospettive, dando dapprima uno sguardo alle principali caratteristiche che lo contraddistinguono nelle politiche europee.
2. L’apprendistato nell’Unione Europea.
2.1. Il ruolo dell’apprendistato nell’UE e le sue caratteristiche principali.
Gli ultimi sondaggi mostrano che il tasso di disoccupazione giovanile nell’Unione Europea rimane costantemente alto7. L’attuale situazione dell’occupazione giovanile stimola l’Unione Europea ad agire e creare dei programmi europei che possano migliorare la situazione del mercato del lavoro, che oggi è caratterizzato da un eccesso di offerta sulla domanda8, e sollecitare il datore di lavoro ad assumere i giovani lavoratori, così come apprendisti.
Analizzando l’esperienza dei Paesi europei, la Germania, l’Austria, la Danimarca e i Paesi Bassi risultano i Paesi con i risultati migliori in questo ambito (dove il tasso di disoccupazione rimane più basso): ciò può essere dovuto da un lato all’equilibrato dialogo tra tutte le parti interessate e da un altro all’efficacia del sistema duale diffuso in questi Paesi9. Mentre la situazione in Paesi come Grecia e Spagna rimane preoccupante, visto che la crisi economica ha influenzato il mercato del lavoro ancora di più e la metà dei giovani resta in attesa di lavoro.
Gli Stati membri sono interessati alla promozione dell’apprendistato e alla formazione dei nuovi lavoratori che possano sviluppare il loro potenziale professionale tramite l’apprendistato. Così, i lavoratori più efficienti possono aumentare la produttività dell’azienda in cui lavorano e in prospettiva guadagnare di più, conseguentemente pagando tasse più alte. Ciò in prospettiva macro-economica può indurre l’aumento della produttività e il welfare generale dello Stato10.
Le caratteristiche essenziali dell’apprendistato sono le seguenti: è destinato ai giovani; l’apprendimento segue il piano predefinito; l’obiettivo fondamentale è l’apprendimento del mestiere; è fondato sul contratto tra l’apprendista e il datore di lavoro, che prevede la durata
7 Cfr. European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, Addressing youth unemployment in the EU, 2015, p. 1, in xxxx://xxxxxxxx.xxxxxx.xx.
8 Cfr. Cedefop, Developing apprenticeships, 2014, p. 2, in xxxx://xxxxxxxx.xxxxxx.xx.
9 Cfr. AA. VV., EU Youth Guarantee: first steps taken but implementation risks ahead, Special report № 03, 2015, p. 10, in xxxx://xxxxxxxx.xxxxxx.xx.
10 Cfr. X. Xxxxxxxx, Overview of apprenticeship systems and issues, Geneva, ILO, 2014, p. 9, in xxxx://xxx.xxx.xxx.
minima dell’apprendistato e la certificazione finale dell’apprendista (riconosciuta a livello nazionale); gli apprendisti di solito sono considerati dipendenti dell’azienda e quindi ricevono la retribuzione per il lavoro svolto11, anche se essa può essere ridotta rispetto a quella degli altri lavoratori dell’azienda.
Va notato che i Paesi con il livello di disoccupazione relativamente basso sono quelli in cui l’apprendistato (soprattutto del sistema “duale”) è diffuso e applicato di più12. Per esempio la Germania, che ha il tasso di disoccupazione più basso in Europa, utilizza l’apprendistato del sistema duale ormai da tanto tempo, non considerandolo, tuttavia come un contratto di lavoro vero e proprio13.
Questo sistema duale tanto diffuso in Germania nello stesso tempo richiede la massima cooperazione fra tutte le parti interessate (Governo, scuole, istituti formativi, aziende e parti sociali)14 e per funzionare in maniera efficace deve essere perfettamente equilibrato.
In Germania - il paese col tasso di disoccupazione giovanile più basso in Europa - il sistema duale dell’apprendistato ha suscitato molto interesse: tale sistema è caratterizzato principalmente dall’alternanza della formazione professionale degli apprendisti presso le scuole professionali (off-the-job) e le aziende (on-the-job). Tuttavia, la formazione on-the-job viene applicata di più, formando le basi della formazione professionale e rendendola più professionalizzante e meno formativa15.
Il contratto di formazione professionale viene stipulato in forma scritta tra l’apprendista e l’azienda e la sua durata media può variare da due a tre anni16. Tale contratto, alla fine delle trattative, deve essere registrato e depositato presso la Camera di Commercio17.
Durante la stipulazione del contratto, l’Agenzia per il Lavoro svolge il ruolo di mediatore, cercando di semplificare per lo studente il processo di sottoscrizione dello stesso18. Dopo la stipulazione del contratto, è il datore di lavoro o tutor che deve organizzare la formazione professionale dell’apprendista ed elaborare un piano di formazione aziendale. Alla fine della formazione è previsto un esame finale, il cui superamento consente
12 Cfr. Cedefop, Op. cit., p. 1.
13 Cfr. X. Xxxxxxx, Xxxxxxx e formazione nelle normative europee: l'apprendistato, in WP
C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, 90/2012, p. 9.
15 Cfr. X. Xxxxxxx, X. X’Xxxxxxxx, F. D’Arista, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Modelli di apprendistato in Europa: Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, ISFOL 2012, p. 73.
16 Cfr. X. Xxxxxxx, Op. cit., p. 8.
17 Cfr. X. Xxxxxxx, X. X’Xxxxxxxx, F. D’Arista, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Op. cit., p. 80.
agli apprendisti di conseguire la qualifica professionale19, considerata titolo professionale20. Come mostra la prassi, l’esame finale viene passato con successo dalla maggior parte degli apprendisti21.
In Germania non esiste un numero massimo di apprendisti che può prendere un’impresa e la formazione professionale dei giovani è considerata un dovere sociale di ogni xxxxxxx00: nonostante questo però, i potenziali apprendisti a volte devono aspettare molti anni prima di essere assunti come apprendisti23. Per questo lo Stato offre degli incentivi economici alle aziende che assumono gli apprendisti più difficili da collocare, applicando le politiche attive del lavoro24.
In Francia invece, alla fine del percorso formativo e dopo l’esame finale, l’apprendista acquisisce la qualifica professionale, corrispondente ad un titolo di studio25. Ogni azienda francese, disposta ad assumere gli apprendisti, in primis deve dichiarare la sua capacità formativa e la prontezza di prendersi questo carico; tale dichiarazione formale è rinnovabile ogni cinque anni26.
Come in Germania, in Francia è fondamentale il ruolo del tutor: quest’ultimo, insieme al Cento di Formazione per Apprendisti (CFA), coordina il giovane durante il suo percorso formativo27. L’assunzione degli apprendisti viene vigorosamente promossa dallo Stato francese e le imprese che assumono i giovani ricevono incentivi da parte delle autorità regionali28.
2.2. L’attualità e le prospettive dell’apprendistato.
Lo sviluppo dell’apprendistato offre la possibilità di adeguare la formazione professionale dei giovani alle esigenze del mercato del lavoro, nonostante ciò la situazione attuale mostra che i giovani restano poco convinti dell’utilità dell’apprendistato e sottovalutano le prospettive che esso può offrire alla loro crescita professionale.
21 Cfr. X. Xxxxxxxx, The State of Apprenticeship in 2010: Australia, Austria, England, France, Germany, Ireland, Sweden, Switzerland, commissioned by the Apprenticeship Ambassadors Network, Centre for Economic Performance, London School of Economics and Political Science, 2010, p.24, in xxxx://xxx.xxx.xx.xx/.
22 Cfr. X. Xxxxxxx, X. X’Xxxxxxxx, F. D’Arista, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Op. cit., p. 76.
23 Cfr. X. Xxxxxxxx, The State of Apprenticeship in 2010, Op. cit., p. 23.
25 Cfr. X. Xxxxxxx, X. X’Xxxxxxxx, F. D’Arista, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Op. cit., p. 81.
28 Cfr. X. Xxxxxxxx, The State of Apprenticeship in 2010, Op. cit., p. 22.
Tuttavia, il problema principale che affrontano i giovani in cerca del posto di lavoro è quello della mancanza di esperienza e di pratica lavorativa, ed è l’apprendistato che fornisce ai giovani la possibilità di combinare l’apprendimento scolastico con l’apprendimento in azienda29, facilitando in tal modo l’entrata del giovane nel mondo del lavoro.
Bisogna sottolineare il fatto che l’apprendistato dovrebbe essere promosso e rafforzato specialmente durante la crisi economica, quando i giovani restano inoccupati per lunghi periodi di tempo30. Comunque, l’idea dell’apprendistato deve essere promossa non solo tra i giovani potenziali apprendisti, ma anche tra le aziende e i datori di lavoro, visto che non tutte le aziende vogliono prendersi cura degli apprendisti senza alcuna esperienza lavorativa e tendono ad assumere i lavoratori già formati, con più esperienza nel mondo del lavoro. Eppure le grandi aziende tendono ad essere molto più favorevoli agli apprendisti, mentre le piccole aziende cercano di evitare di offrire l’apprendistato31. Per questo i datori di lavoro (soprattutto nelle medie e piccole aziende) devono essere incoraggiati ad assumere gli apprendisti, per esempio con gli incentivi economici, previsti per agevolare l’apprendistato, o con aiuti di Stato di carattere economico32.
Gli incentivi di carattere economico variano in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea e di solito sono dovuti alla situazione economica attuale e alle esigenze specifiche del mercato del lavoro. Dunque, sembra che non sia possibile semplicemente implementare il sistema di incentivazione vigente nei Paesi col tasso di disoccupazione basso, ma occorre analizzarlo attentamente.
Per convincere i datori di lavoro a proporre l’apprendistato è utile ridurre la burocrazia al livello minimo possibile; in altre parole, semplificare l’aspetto formale per quanto ciò sia realizzabile33. Nello stesso tempo la legislazione deve essere ridotta e resa più chiara e coerente per non confondere le parti interessate e non respingere l’interesse del datore di lavoro34.
I datori di lavoro che offrono l’apprendistato affermano che questa prassi contribuisce agli obiettivi aziendali, migliora l’ambiente in azienda e promuove la trasmissione dell’esperienza lavorativa dalla generazione vecchia alla più giovane. Assumendo gli apprendisti il datore di lavoro non solo aumenta la produttività dell’azienda, ma crea anche le condizioni
29 Cfr. Cedefop, Op. cit., p. 3.
30 Cfr. X. Xxxxxxxx, Overview of apprenticeship systems and issues, Op. cit., p. 1.
31 Cfr. Cedefop, Op. cit., p. 4.
32 Cfr. X. Xxxxxxx, Op. cit., p. 4.
33 Cfr. X. Xxxxxxxx, Overview of apprenticeship systems and issues, Op. cit., p. 6.
ideali per selezionare in futuro i dipendenti più adatti alle esigenze dell’impresa, scegliendo tra gli apprendisti che hanno mostrato il livello professionale più alto35. Perciò l’investimento nell’apprendistato si recupera in tempi assai brevi, e in cambio il datore di lavoro acquisisce il nuovo lavoratore giovane, già entrato nell’ambiente dell’impresa, creativo e motivato a continuare la sua crescita professionale36.
2.3. Xxxxxxxx Xxxxxxx.
Il ruolo principale dell’Unione Europea in tale ambito è di assicurarsi che le politiche occupazionali di ogni Stato membro siano coerenti e coordinate37. Xxxxxxxx Xxxxxxx (Youth Guarantee), adottata dal Consiglio dei ministri dell’Unione Europea il 22 Aprile 2013, è il programma europeo creato ai fini di diminuzione della disoccupazione giovanile, per facilitare la transizione del giovane dallo studio al mondo del lavoro38.
La Raccomandazione del Consiglio del 22 Aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani raccomanda agli Stati membri di “garantire che tutti i giovani di età inferiore a 25 anni ricevano un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale39”.
In questo modo il Programma Xxxxxxxx Xxxxxxx propone ai giovani le quattro possibilità alternative: ricevere l’offerta del lavoro, dell’apprendistato, del tirocinio o proseguimento degli studi.
Come visto, l’apprendistato e il tirocinio sono due componenti fondamentali di Youth Guarantee e rappresentano una vera opportunità per i giovani di ricevere l’esperienza lavorativa e trovare il posto di lavoro in futuro40. Questo aspetto è molto importante visto che il problema più
35 Cfr. Cedefop, Op. cit., p. 4.
36 Cfr. X. Xxxxxxxx, Overview of apprenticeship systems and issues, Op. cit., p. 7.
37 Cfr. AA. VV. Op. cit., p. 11.
38 Cfr. Cedefop, Op. cit., p. 3.
40 Cfr. European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, Addressing youth unemployment in the EU, 2015, p. 2, in xxxx://xxxxxxxx.xxxxxx.xx.
diffuso è quello che i datori di lavoro di solito sono più interessati ad un lavoratore con esperienza lavorativa.
Il Programma Xxxxxxxx Xxxxxxx riceve tre fonti di finanziamento: il Fondo sociale europeo (FSE), l’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (IOG) e i finanziamenti nazionali41. Ultimamente agli Stati Membri è stato richiesto di fornire le informazioni sui costi e i finanziamenti per la Xxxxxxxx Xxxxxxx, però solo 19 su 28 Stati Membri hanno fornito tale informazione alla Commissione42, creando una serie di problemi con la programmazione del finanziamento successivo.
Sia ben chiaro il fatto che la Raccomandazione sulla Garanzia Xxxxxxx non impone il programma preciso della sua implementazione, dato che ogni Paese Membro deve adeguarla in un modo migliore all’attuale situazione economica, sociale e occupazionale43. Pertanto, la soprannominata Raccomandazione ha tutte le caratteristiche di soft law.
Il 2 luglio 2013 la Commissione Europea, ai fini dell’ampliamento dell’apprendistato, ha creato anche l’Alleanza Europea per l’Apprendistato (the European Alliance for Apprenticeships). Miglioramento dell’immagine dell’apprendistato, il suo ampliamento a livello mondiale e l’incremento della sua qualità sono gli obiettivi principali che persegue l’Alleanza44. Questa Alleanza può essere molto utile per l’implementazione dell’apprendistato, contribuendo alla sua promozione.
41 Cfr. AA. VV. Op. cit., p. 13.
44 Cfr. European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, European Alliance for Apprenticeships, 2014, p. 1, in xxxx://xxxxxxxx.xxxxxx.xx.
45 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Apprendistato: quadro comparato e buone prassi, ADAPT Labour Studies e-Book series, 2014, n. 24, p. 14.
3. La disciplina generale del contratto di apprendistato nel Jobs act.
3.1. I principi della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183.
La legge 10 dicembre 2014, n. 183, all’art. 1, comma 7, delegava il Governo ad adottare entro sei mesi un decreto legislativo “recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro” allo scopo sia di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione sia di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con l’attuale contesto occupazionale e produttivo.
Come accennato nella parte introduttiva (§1), il d.lgs. n. 81/2015 abroga il d.lgs. 14 settembre 2011, n. 167 (da ora TU)47 e, coerentemente alla volontà del legislatore di riformare il mercato del lavoro, riscrive la disciplina del contratto di apprendistato con l’obiettivo da un lato di semplificarne il quadro normativo e, dall’altro di incentivarne l’utilizzo. Il TU dell’apprendistato era sopravvissuto come regolamentazione organica del contratto di apprendistato ai ripetuti interventi legislativi di modifica che, dalla sua entrata in vigore, si sono succeduti nel tempo48, con l’obiettivo di rendere tale tipologia contrattuale la modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro49.
Quanto al regime transitorio, l’art. 47, comma 5, dispone che per le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e i settori ove la disciplina dell’apprendistato di cui al d.lgs. n. 81/2015 non sia immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti. Il legislatore omette di indicare un termine massimo entro il quale le Regioni e le Province Autonome debbano garantire l’attuazione della
46 Art. 1, comma 7, lett. a), legge n. 183/2014.
47 Art. 55, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 81/2015.
49 V. l’art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 92/2012 e l’art. 2, comma 2, del d.l. n. 76/2013.
nuova disciplina del contratto di apprendistato. In altri termini, se da un lato si individua un arco temporale transitorio in cui vige la vecchia disciplina, dall’altro si rileva come per tale arco temporale, per sua definizione circoscritto temporalmente, la norma non preveda un termine. Ne potrebbe derivare un’applicazione non uniforme della nuova disciplina del contratto di apprendistato sul territorio nazionale o la scelta da parte delle Regioni e delle Province Autonome di non applicare affatto la regolamentazione di cui al d.lgs. n. 81/2015 in luogo del TU.
3.2. I poteri della contrattazione collettiva.
Il capo X xxx x.xxx. x. 00/0000 xxxxxxxxx “Apprendistato”, disciplina in sette articoli (artt. 41-47) il contratto di apprendistato ripercorrendo fedelmente l’architettura dell’originario TU.
Dal d.lgs. n. 81/2015 emerge come la nuova normativa modifichi significativamente la disciplina generale del contratto di apprendistato, comune all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, all’apprendistato professionalizzante e infine all’apprendistato di alta formazione e ricerca, nel tentativo di semplificarne la disciplina.
Il d.lgs. n. 81/2015 modifica l’assetto delle fonti di regolazione del contratto di apprendistato51. Nella specie, il d.lgs. n. 81/2015 affida alla fonte legislativa la competenza in ordine alla regolamentazione di alcuni profili del contratto individuale, quali la forma del contratto (v. infra par. 3.3.), la redazione del Piano Formativo Individuale (v. infra par. 3.4), la
50 X. Xxxxxxx, Ricerche le riforme del mercato del lavoro: dalla legge Fornero al Jobs Act, Atto I: la legge n. 78/2014 fra passato e futuro, in Dir. rel. ind., 2015, I, p. 5; X. Xxxxxxxx, Gli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successivi al T.U. del 2011, in Giorn. dir. lav., 2014, n. 143, p. 3; X. Xxxxxxxxxxx, Il nuovo apprendistato dopo la legge di riforma del mercato del lavoro del 2012, in Riv. It. dir. lav., 2012, IV, p. 695; X. Xxxxxxx, Xxxxxxx e formazione nelle normative europee: l’apprendistato, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx” 90/2012.
51 Nella formulazione dell’art. 2 del TU, il legislatore “rimette” ad “appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” la regolamentazione della disciplina generale del contratto di apprendistato, fissando dodici principi, indicati nelle lett. a) – m), ai quali le Parti Sociali debbono attenersi. In altri termini, il TU se da un lato privilegia una sistema centralizzato della disciplina dell’apprendistato, dall’altro attribuisce un ruolo assai rilevante alla contrattazione collettiva, investita di elaborare nella sostanza la regolamentazione generale del contratto di apprendistato. Resta, infine, alle Regioni, la competenza in merito alla disciplina degli aspetti formativi del contratto.
durata minima della componente formativa (v. infra par. 3.5.), l’apparato sanzionatorio, la disciplina del recesso (v. infra par. 3.6). Salvo i profili contrattuali sopraindicati, la contrattazione collettiva continua ad avere piena competenza sulla disciplina dei restanti aspetti contrattuali nel rispetto dei principi previsti dall’art. 42, comma 5. Ne consegue che l’ambito di intervento dell’autonomia collettiva in materia di apprendistato non è più rappresentato dall’intera disciplina del contratto di apprendistato, bensì soltanto dai profili contrattuali individuati dai principi direttivi di cui alle lett. a) – h) dell’art. 42, comma 552.
3.3. La forma.
I primi quattro commi dell’art. 42 disciplinano gli elementi del contratto di apprendistato sui quali non è più ammessa alcuna deroga da parte dell’autonomia collettiva.
Il d.lgs. n. 81/2015 supera definitivamente la complessa problematica in ordine alla natura della forma del contratto53, disponendo all’art. 42, comma 1, che “il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della prova”. La forma scritta del contratto di apprendistato è, dunque, richiesta ad probationem e non come requisito di validità dello stesso contratto54.
La norma elimina, inoltre, il riferimento alla necessità della forma scritta per il patto di prova. E’ bene, tuttavia, evidenziare che già l’art. 2096 cod. civ. dispone che l’assunzione in prova deve risultare da atto scritto, salva diversa previsione di contratti collettivi.
52 X. Xxxxxxxx, L’ennesima riforma dell’apprendistato, in X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Contratti di lavoro, mansioni e misure di conciliazione vita-lavoro nel jobs act 2, Xxxxxxx, Bari, 2015, p. 351. L’A. afferma che “la principale novità in ordine alla disciplina generale dell’apprendistato concerne il diverso riparto di competenze a livello regolativo, atteso che alcuni profili di rilievo prima affidati alla disciplina autonoma, con fissazione dei criteri direttivi da parte del legislatore, ora sono stati affidati alla competenza di quest’ultimo”.
53M. X’Xxxxxx, Il Testo Unico sull’apprendistato, in Xxx. xxxx. xxx., 0000, X, x. 000; X. Xxxxxxx, D. Papa, Disciplina generale dell’apprendistato: il trattamento economico e normativo, in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Il Testo Unico dell’apprendistato e le nuove regole sul tirocinio, Xxxxxxx, Milano, 2011; X. Xxxxxxx, Apprendistato, Guida alle novità del Testo Unico, Gruppo 24ore, Milano, 2011.
54 L’art. 2, comma 1, lett. a), del TU prevede la forma scritta del contratto e del patto di prova. La norma testé citata genera una nutrita querelle in dottrina quanto alla natura giuridica della forma del contratto. Parte della dottrina qualifica come ad substantiam il requisito formale del contratto, in quanto essenziale ai fini della validità dell’atto negoziale. Sul fronte diametralmente opposto si pone, invece quella parte della dottrina che sostiene la forma ad probationem dell’apprendistato. Vi è, in ultimo, parte della dottrina che sostiene la forma ad regularitatem del contratto, in ordine alla quale la mancanza della forma determinerebbe soltanto un’irregolarità formale sanabile anche in costanza di rapporto di lavoro.
3.4. La componente formativa del contratto: il Piano formativo individuale.
Il d.lgs. n. 81/2015 introduce elementi di novità anche in relazione al Piano formativo individuale (da ora PFI).
L’art. 42, comma 1, dispone che “il contratto di apprendistato contiene, in forma sintetica, il PFI definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali di cui all’art. 2, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 276/2003”.
Il PFI è parte integrante del contratto in quanto in esso contenuto: si può perciò ritenere che anche il PFI debba essere redatto per iscritto ai fini della prova.
Al fine di consentire una semplificazione nella redazione del PFI, l’art. 42, comma 1, conferma la previsione della formula sintetica dello stesso, che può essere stilato sulla base di moduli e formulari predisposti dalle organizzazioni sindacali o dagli enti bilaterali. Con riferimento alla formula sintetica, la circolare del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 18 del 30 luglio 2014, nel confermare quanto previsto dalle linee guida del 20 febbraio 2014, dispone che il PFI può limitarsi a contenere la sola formazione “finalizzata all’acquisizione delle competenze tecnico- professionali e specialistiche”; su quest’ultima, difatti, si concentra, l’attività di vigilanza per la componente formativa56. Ne consegue che il PFI perde il carattere dell’obbligatorietà in relazione alla formazione di base e trasversale57.
Il PFI, sia pure nella formulazione sintetica, deve essere contenuto nel contratto di apprendistato al momento della sottoscrizione dello stesso58. Detta disposizione è inderogabile da parte della contrattazione collettiva.
La redazione del PFI costituisce un momento assai delicato della disciplina del contratto di apprendistato. L’art. 42, comma 1, prevede che
55 Circolare ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 35 del 29 agosto 2013.
57 X. Xxxxxxx, Le modifiche al contratto di apprendistato, in X. Xxxxxxx e X. Xxxxx Xxxxxx (a cura di), La politica del lavoro del governo Xxxxx Xxxx I, Adapt labour studies e-book series n. 30, p. 161.
58 X. Xxxxxxxx, Il ridisegno delle tipologie contrattuali nel Jobs Act, ; X. Xxxxxxx, P.A. Varesi, Interventi apprendistato: il nuovo quadro normativo dopo il Testo Unico ed i più recenti interventi legislativi, in Dir. rel. ind., 2015, I, p. 155 ss..
il PFI debba essere predisposto “dall’istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa” prima della sottoscrizione del contratto nel caso di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e nell’apprendistato di alta formazione e ricerca. Ne segue che, salvo per la tipologia dell’apprendistato professionalizzante, la formazione non attiene soltanto a un rapporto intersoggettivo tra datore e prestatore di lavoro, in quanto coinvolge anche l’istituzione formativa.
E’ condivisibile la scelta di affidare all’istituzione formativa il compito di declinare il percorso formativo dell’apprendista, in quanto soggetto idoneo a contemperare da un lato il diritto dell’apprendista a ricevere una formazione adeguata al titolo di studio o professionale che si appresta a conseguire e dall’altro l’esigenza dell’impresa a che l’apprendista riceva una formazione aderente il più possibile al settore per il quale è stato assunto. A tal fine è necessario che l’istituzione formativa curvi la propria offerta formativa in relazione alle esigenze dell’impresa, tenendo in considerazione che lo studente in apprendistato acquisisce parte della sua formazione on the job. La ratio della norma è rinvenibile nella volontà del legislatore di dare preminenza all’aspetto formativo del contratto, concentrandosi in particolar modo sulle tipologie di apprendistato “a prevalente componente formativa59”, qual è l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e l’apprendistato di alta formazione e ricerca.
Sotto il profilo sanzionatorio, il d.lgs. n. 81/2015 conferma la disciplina previgente nell’ipotesi di inadempimento degli obblighi formativi. L’art. 47, comma 1, dispone che, in presenza di inadempimento nell’erogazione della formazione a carico del datore di lavoro di cui egli sia esclusivo responsabile e tale da impedire il raggiungimento delle finalità formative, il datore di lavoro è punito con una sanzione amministrativa consistente nel versamento della differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato maggiorata del cento per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione. La disposizione evidenzia la necessaria coesistenza della esclusiva responsabilità del datore di lavoro e della gravità della violazione tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo. Alla rilevazione di un
59S. Xxxxxxxxxxx, Apprendimento e tutela del lavoro, Utet, Torino, 2013; X. Xxxxxxx, Complimenti dottor Xxxxxxxxxxx: il disegno di legge governativo in materia di riforma del lavoro, in Riv., giur, lav., 2012, p. 537; X. Xxxxxxxx, Diritto alla formazione e lavoro. Realtà e retorica, Cacucci, Bari, 2012.
3.5. La durata della formazione in apprendistato.
L’art. 42, comma 2, dispone che “il contratto di apprendistato ha una durata minima non inferiore a sei mesi” con la sola eccezione dei lavoratori stagionali, per i quali rimane in vigore il rinvio ai contratti collettivi nazionali di lavoro che possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato anche a tempo determinato (art. 44, comma 5). La ratio sottesa a detta disposizione normativa consiste nella volontà di contrastare l’elusione della finalità formativa del contratto di apprendistato, ritenuto incompatibile con una durata del contratto eccessivamente ridotta61. E’ opportuno evidenziare come la norma intervenga sulla durata minima del contratto nel senso di eliminare ogni competenza di diversa regolamentazione all’autonomia collettiva62. A differenza che nel TU, la norma non consente agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi nazionali di derogare, seppure entro i limiti di legge, a detta disposizione.
Appare necessario evidenziare che la previsione della durata minima e massima dell’apprendistato deve necessariamente riferirsi al periodo di formazione in apprendistato, in quanto il contratto di lavoro è a tempo indeterminato (art. 41, comma 1)63. In altre parole, i limiti temporali indicano la durata del percorso formativo dell’apprendista, al termine dei quali il rapporto di lavoro non si estingue, salvo per effetto del recesso da parte del datore di lavoro.
Quanto alla durata massima della componente formativa, essa varia in relazione alla tipologia di apprendistato (v. infra).
60 X. Xxx Xxxxx, Diritto del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2015, p 727. L’A. sostiene che “seppur non espressamente previsto dal legislatore, è consentito al lavoratore proporre giudizio al fine di accertare l’inadempimento dell’obbligo formativo a carico del datore”.
61 X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx; X. Xxxxxxxxx, Il contratto di apprendistato, in I nuovi contratti di lavoro, Maggioli Editore, 2015, p. 101.
62 L’art. 2, comma 1, lett. a-bis) del TU prevede una durata minima legale del contratto non inferiore a sei mesi, uniforme a tutte le tipologie di apprendistato.
63S. Xxxxxxxxxxx, Apprendimento e tutela del lavoro, Utet,Torino, 2013.
3.6. La disciplina del recesso.
Il contratto risulta, pertanto, connotato da un periodo di formazione iniziale delimitato temporalmente a cui il legislatore ha legato la disciplina del recesso del contratto. Nella specie, si distinguono due ipotesi di recesso: il recesso in costanza del periodo di formazione e il recesso al termine del periodo di formazione.
Per quanto concerne la prima ipotesi, con un intervento meramente correttivo della disciplina del TU65, l’art. 42, comma 3, dispone che “durante l’apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo”. In altri termini, al pari di quanto già previsto nel TU, durante la fase formativa il rapporto di lavoro può estinguersi solo per giusta causa o per giustificato motivo.
L’art. 42, comma 3, prosegue specificando che, per la sola tipologia di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, attestato dall’istituzione formativa66. La ratio della norma consiste nella esigenza di rendere ancora più saldo il collegamento tra la finalità formativa e quella occupazionale del contratto di apprendistato, esaltando soprattutto la valenza educativa e formativa del lavoro67.
Sostanzialmente immutata è la disciplina del recesso effettuato al termine del periodo di formazione. Nella specie, l’art. 42, comma 4, dispone che al termine del periodo di apprendistato, ciascuna parte può liberamente recedere dal rapporto contrattuale con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione a norma dell’art. 2118 cod. civ.. Se nessuna delle parti recede il contratto procede come ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In altri termini, il recesso libero è
64 Art. 41, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.
65 L’art. 2, comma 1, lett. l), prevede in modo espresso il divieto per le parti del rapporto di lavoro di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.
66 X. Xxxxxxxx, L’apprendistato nel decreto legislativo n. 81/2015 (artt. 41-47), in X. Xxxxxxx (a cura di) Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi”, e-Book series Adapt, n. 48, 2015, p. 256 ss..
67 X. X’Xxxxxx, Il Testo Unico sull’apprendistato, in Riv. giur. lav., 2012, I, p. 211.
A tal proposito, appare necessario approfondire l’ipotesi del mancato recesso al termine del periodo di formazione. L’art. 2, comma 2, d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23 estende l’ambito di applicazione della disciplina del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti anche “nel caso di conversione di apprendistato in contratto a tempo indeterminato”. Tale disposizione normativa favorisce la prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione dell’apprendista69. Al pari di quanto già previsto nel TU70, l’art. 47, comma 4, conferma l’eccezione in tema di recesso prevista per il contratto di lavoro per la qualificazione o riqualificazione rivolto ai lavoratori beneficiari di un’indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione. In tale ipotesi non trova applicazione l’esercizio del libero recesso al termine del periodo di formazione in apprendistato professionalizzante, in quanto vige la disciplina del licenziamento individuale sia durante il periodo di
formazione sia al termine dello stesso.
3.7. I limiti legali.
Rimane invariata la disposizione che fissa il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente, per il tramite delle agenzie di somministrazione autorizzate. Nella specie, l’art. 42, comma 7, dispone che detto numero non può superare il tre (apprendisti) a due rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo stesso datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il cento per cento per i datori di lavoro che occupano meno di dieci unità. Nell’ipotesi in cui non vi siano lavoratori qualificati o specializzati o questi siano meno di tre, il datore di lavoro può assumere apprendisti nel numero massimo di tre71. Benché trovi applicazione nelle sole imprese che superano la soglia dimensionale delle dieci unità72, il contingentamento degli apprendisti nel rapporto di
68 X. Xxxxxxxxxxx, op. ult. cit.; X. Xxxxxxxxx, Il contratto di apprendistato e le novità del d.l. n. 34/2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 78/2014, in X. Xxxxx (a cura di), I nuovi contratti di lavoro, Maggioli, 2014.
69 X. Xxxxxxx, L’assunzione (e “conversione”) dei lavoratori in regime di tutele crescenti, in
Guida lav., 2015.
71 X. Xxxx, Il contratto di apprendistato riformato, tra finalità occupazionali ed esigenze formative, in Riv. it. dir. lav., 2013, III, p. 577; X. Xxxxxxx, E tu lavorerai come apprendista (L’apprendistato da contratto “speciale” a contratto “quasi unico”, Cedam, Xxxxxx, 0000.
72 X. Xxxxxxxxx, Le modifiche all’apprendistato nella legge di riforma del mercato del lavoro,
Boll. Adapt 10 settembre 2012. L’A. sostiene che “la scelta di escludere le micro-imprese
tre a due costituisce, senz’altro, un utile incentivo alla diffusione del contratto di apprendistato.
Si rileva come, a differenza del TU, il d.lgs. n. 81/2015 limiti l’onere di stabilizzazione al solo apprendistato professionalizzante. In altri termini, il datore di lavoro può procedere all’assunzione di altri apprendisti con contratto professionalizzante di cui all’art. 44 solo a condizione di aver confermato una percentuale di apprendisti il cui periodo formativo sia terminato.
L’intento del legislatore è chiaramente quello di promuovere e incentivare l’apprendistato sia di primo sia di terzo livello.
dalla possibilità di assumere più apprendisti appare in realtà poco comprensibile e penalizzante e in contrasto con la finalità di placement tanto enfatizzata dal legislatore”.
73 X. Xxx Xxxxx, Diritto del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2015, p 721.
74 Art. 42, comma 8, d.lgs. n. 81/2015. Si v. X. Xxxxxxxxxx, Apprendistato: una semplificazione di facciata,in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Jobs Act: il cantiere aperto delle riforme del lavoro. Primo commento al d.l. 20 maggio 2014, n. 34 convertito, con modificazioni, in l. 16 maggio 2014, n. 78, Adapt University Press, 2014.
75 X. Xxxxxxxx, Gli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successivi al T.U. del 2011, in Giorn. dir. lav., 2014, III, n. 143.
3.8. La certificazione delle competenze.
Il d.lgs. n. 81/2015, alla luce dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 13/2013 riguardante il sistema nazionale di certificazione delle competenze76 e dell’Intesa Stato-Regioni del 22 gennaio 201577, tenta un’operazione di semplificazione del sistema. Ciononostante la certificazione delle competenze dell’apprendista rimane un profilo ancora molto problematico.
In linea di continuità con il TU, la formazione dell’apprendista deve essere caratterizzata da uno standard qualitativo che la renda certificabile. Muta, invece, il soggetto competente a individuare gli standard formativi: l’art. 46, comma 1, demanda la definizione degli standard formativi di tutte le tipologie di apprendistato a un successivo decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, da adottarsi di concerto con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del ministro dell’Economia e delle Finanze, previa Intesa con la conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Gli standard formativi così delineati costituiscono livelli essenziali delle prestazioni. Il legislatore limita ancora una volta la competenza della contrattazione collettiva che, nel vigore del TU78, ha il compito di definire gli standard professionali di riferimento dei percorsi formativi dell’apprendistato professionalizzante e dell’apprendistato di ricerca.
Sempre in tema di formazione, l’art. 46, comma 4, dispone che la certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista è di competenza dell’istituzione formativa di provenienza dello studente a norma del d.lgs. n. 13/2013, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni in esso disciplinate.
Le competenze acquisite in apprendistato e certificate devono essere registrate sul libretto formativo del cittadino, a norma dell’art. 42, comma 5, lett. f). A tal proposito l’art. 46, comma 2, distingue tra l’apprendistato professionalizzante e le altre due tipologie di apprendistato: nella prima ipotesi detto adempimento è di competenza
76 X. Xxxxxxx, La certificazione delle competenze nel decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, in AA. VV., Studi in memoria di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx, Bari, 2015; X. Xxxxxxxxx, Il sistema nazionale di certificazione, in AA. VV., Libro dell’Anno del diritto, Treccani, Xxxx, 0000.
del datore di lavoro; nella seconda spetta all’istituzione formativa o all’ente di ricerca di appartenenza dell’apprendista.
4. L’apprendistato per la qualifica e diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
4.1. Il I livello di apprendistato nel Testo Unico del 2011.
Le modifiche apportate dal Legislatore del 2015 alla prima tipologia (o livello) di apprendistato - quella in origine denominata dall’art. 1, secondo comma, lett. a) del Testo Unico del 2011 “per la qualifica e per il diploma professionale” ed oggi ribattezzata “per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore” ex art. 43 del decreto in esame - si colgono agevolmente dal raffronto ‘sinottico’ col preesistente quadro normativo di riferimento, tracciato dall’art. 3 del Testo Unico del 2011.
Come noto, l’apprendistato di primo ‘livello’ era caratterizzato dalla dimensione professionale (o istruzione tecnica), poiché indirizzato ai giovani che intendevano intraprendere un percorso scolastico professionalizzante (dunque, non un liceo), per ottenere:
a) al termine dei tre anni di studi negli Istituti professionali di Stato ovvero negli Enti di formazione accreditati dalla Regione, un diploma di qualifica professionale; ovvero
Il suo obiettivo era, quindi, da rinvenirsi non solamente nell’acquisizione della qualifica professionale (al termine dei percorsi triennali della formazione professionale regionale), ma anche del diploma
79 Art. 46, comma 3, d.lgs. n. 81/2015.
80 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, L’apprendistato tra formazione e lavoro, in X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Utet, Torino, 2014, pp. 514 ss.
professionale (uscita dai percorsi quadriennali della formazione professionale regionale)81.
In particolare, potevano essere assunti con tale tipologia di apprendistato, in tutti i settori di attività, i “soggetti” da quindici fino al venticinquesimo anno di età; secondo un intento volto a privilegiare l’elemento anagrafico e permettere il raccordo tra formazione e primaria occupazione.
La sua durata, inoltre, era determinata secondo la qualifica ed il diploma da conseguire, limitandosi il Legislatore a fissare il limite dei tre anni (per la sua componente formativa) ovvero quattro (in caso di diploma quadriennale regionale).
Quanto alle fonti di regolamentazione, nell’apprendistato di I livello, dovevano rinvenirsi sia nella legge statale sia in quella regionale82 (sebbene tale divisione di attribuzioni, non sia sempre stata chiaramente delineata). Essendo, in particolare, devoluta alla competenza regionale, l’individuazione dei profili formativi nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
a) definizione della qualifica e diploma professionale ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 17 ottobre 2005;
b) previsione di un congruo ‘monte’ ore di formazione sia interna che esterna all’azienda, per l’ottenimento della qualifica ovvero del diploma, in ossequio agli ‘standard’ minimi di formazione previsti dal decreto legislativo 226 del 2005;
c) rinvio ai CCNL nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni.
4.2. Il I livello di apprendistato dopo il d.lgs. 81 del 2015.
Così riassunti i tratti peculiari della prima tipologia di apprendistato possiamo, così, procedere alla disamina delle novità apportate dal d. lgs. 81 del 2015 (negli artt. da 41 a 47), che hanno interessato - tra le altre - anche e soprattutto il ‘vecchio’ apprendistato
81 X. Xxxxxxx e X. Xxxxxx, Interventi apprendistato: il nuovo quadro normativo dopo il testo unico ed i più recenti interventi legislativi, in Dir. Rel. Ind., I, 2015, pp. 159 ss.
“per la qualifica e per il diploma professionale”, che, ne risulta rivisitato anche nel nome.
Ed infatti, muta, prima di tutto, la sua definizione, essendo oggi rinominato “apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore” (art. 41, lett. a).
Sicchè, confluiscono nel nuovo primo livello, anche l’apprendistato per il conseguimento del “diploma di istruzione secondaria superiore” e per la “specializzazione tecnica superiore” di cui all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144; entrambi originariamente ricompresi (dall’art. 5 del Testo Unico abrogato) nell’apprendistato di “alta formazione e ricerca” (ora disciplinato dall’art. 45, del decreto 81 del 2015).
Inoltre, secondo quanto previsto dalla riforma in esame, il nuovo primo livello di apprendistato ed il terzo integrano “organicamente, in un sistema duale” formazione e lavoro con riferimento ai titoli di istruzione e formazione ed alle qualifiche professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013, nell’ambito del Quadro europeo delle qualificazioni (art. 41, III comma).
In altre parole - come si evince, anche, dalla relazione illustrativa dello schema originario di decreto del 9 aprile 2015 - con la revisione dell’apprendistato “per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore” nonché dell’apprendistato “di alta formazione e ricerca”, si è inteso porre le basi di un “sistema duale”, nel quale il conseguimento dei titoli, rispettivamente, del livello secondario di istruzione e formazione e del livello terziario, potrà avvenire “anche attraverso l’apprendimento presso l’impresa”.
Ciò, al fine di rivitalizzare le due predette tipologie e, soprattutto, perseguire i seguenti obiettivi:
a) rafforzare gli strumenti deputati a contrastare la disoccupazione giovanile;
b) ricomporre il distacco tra scuola e lavoro così come risulta dalle statistiche europee;
c) rafforzare le competenze tecnico - professionali “creando percorsi tesi al conseguimento di titoli che dall’uscita delle medie inferiori possano portare fino alla formazione terziaria”;
d) introdurre una metodologia di apprendimento ‘on the job’ (ennesimo dei tanti anglicismi cari al Legislatore, per l’appunto, del ‘Jobs act’).
Una ulteriore modifica viene, di poi, apportata anche al PIF (Piano Formativo Individuale) del I livello di apprendistato, che dovrà essere
predisposto dalla istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa (art. 42, I comma, secondo alinea).
Mentre, resta invariata, la previsione (invero, già contenuta nell’art. 2, comma primo, del Testo Unico) della presenza, per tutte le tre tipologie, del PIF in forma sintetica, anche definito sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva e dagli Enti bilaterali di cui all’art. 2, comma primo , lett. h) del d. lgs. n. 276 del 2003 (art. 42, I comma, primo alinea).
Per quanto concerne, invece, il recesso durante il periodo di apprendistato, secondo l’art. 42, comma terzo, troveranno applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il “licenziamento illegittimo”83. A differenza della prima versione dello schema di decreto che, di contro, richiamava le sanzioni previste per il “licenziamento ingiustificato” (in linea con l’art. 2, lett. l) del T.U. abrogato, il quale vietava alle parti di recedere, durante il periodo di formazione, in assenza di giusta causa o di un giustificato motivo).
Modifica, questa, che si ritiene essere stata introdotta nell’ottica di raccordare tale disposizione con il decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015 recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014” che, come noto, ha differenziato il regime sanzionatorio delle ipotesi di licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale (art. 2), da quello per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o giusta causa (art. 3) ed ancor più, da quello affetto da vizi formali e procedurali (art. 4).
Per di più, sempre in tema di recesso, viene anche espressamente specificato - ma solo per il contratto di apprendistato di I livello - che costituisce giustificato motivo di licenziamento anche “il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa” (art. 42, III comma, secondo alinea).
Al contempo, rimangono invariate, la disciplina del recesso così come quella del periodo di preavviso, nel quale continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.
83 Si veda in dottrina anche X. Xxxxxxxxx, Il contratto di apprendistato, in AA.VV., I nuovi contratti di lavoro, Maggioli Editore, 2015, p. 103, secondo la quale: “È plausibile che il Legislatore abbia scelto di applicare la disciplina del contratto a tutele crescenti anche all’apprendistato al solo fi ne di promuovere la prosecuzione del rapporto di lavoro. Infatti, se il datore di lavoro esercita il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2118 c.c., al termine del periodo di formazione, tale recesso non consente al datore di lavoro di assumere successivamente lo stesso lavoratore con contratto a tempo indeterminato, in quanto tale recesso costituisce un elusione del criterio applicativo del regime delle tutele crescenti”; che richiama la Circolare INPS del 29 gennaio 2015, n. 17, su xxx.xxxx.xx.
Di particolare rilievo appare, poi, il contenuto dell’art. 43 del decreto 81 del 2015 che, muovendo da una premessa volta ad individuare i tratti distintivi del nuovo primo livello di apprendistato (che si richiede sia “strutturato in modo da coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e di quelli di cui all’art. 46”) ne affronta, poi, le problematiche legate all’età di ingresso ed alla regolamentazione dei profili formativi, dei termini di durata e del monte ore.
V’è da dire, in primo luogo, che restano identici i presupposti dell’età anagrafica per l’accesso dei “giovani” (qui la terminologia del Legislatore si fa più attenta passando dai “soggetti” previsti dal primo comma dell’art. 3 del Testo Unico, ai “giovani”) che oscilla, sempre, tra i 15 ai 25 anni di età (art. 43, secondo xxxxx, primo alinea).
Non si registrano, di poi, mutamenti riguardo al periodo di durata del contratto84, che è determinato sempre “in considerazione della qualifica e del diploma da conseguire” e che non può “in ogni caso essere superiore a tre anni o a quattro anni nel caso di diploma professionale quadriennale” (art. 43, secondo xxxxx, secondo xxxxxx).
Riguardo alle qualificazioni contenute nel Repertorio di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013 (per l’appunto richiamato dal quarto comma dell’art. 43, quarto comma, del decreto), è data la facoltà per i datori di lavoro di prorogare “fino ad un anno” l’apprendistato dei giovani “qualificati e diplomati” che abbiano concluso positivamente i percorsi formativi (di cui al primo comma del predetto art. 43).
Ciò, al fine di consolidare ovvero acquisire ulteriori competenze tecniche professionali e specialistiche che saranno “spendibili” anche ai fini “dell’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale” all’esito del corso annuale integrativo previsto dall’art. 15, d. lgs. 226 del 2005 (art. 43, quarto comma, xxxxx xxxxxx).
Così come, la proroga “fino ad un anno” del contratto di apprendistato viene ad essere prevista anche nel caso in cui al termine del percorso formativo di cui all’art. 43, primo comma, il “giovane apprendista” non abbia conseguito la qualifica, il diploma il certificato di specializzazione tecnica superiore o il diploma di maturità professionale
“all’esito del corso annuale integrativo” (art. 43, quarto comma, ultimo alinea).
Sempre di durata non superiore a quattro anni possono essere, peraltro, anche i contratti di apprendistato rivolti ai giovani iscritti a partire dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore, per l’acquisizione, oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore, di ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scolastici, “utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore” (art. 43, quinto comma).
A tal fine, viene disposta l’abrogazione dell’art. 8 bis, comma secondo, del d. lgs. 104 del 2013 (convertito con modificazioni dalla Legge 128 del 2013)85 concernente i percorsi di orientamento per gli studenti; anche se, sono fatti salvi sino all’emanazione dei decreti richiamati dalle disposizioni del decreto 81 del 2015, i programmi sperimentali per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda, già attivati ed ancora non conclusi (artt. 43, xxxxxx xxxxx, ultimo alinea e 55, terzo comma).
Inoltre, potranno essere stipulati contratti di apprendistato di durata non superiore a due anni per i “giovani” frequentanti il corso annuale integrativo degli istituti professionali che si conclude con l’esame di Stato previsto dall’art. 6 del X.x.x. 00 xxx 0000 (xxx. 00, xxxxxx xxxxx, xxxxxx xxxxxx).
Quanto all’attribuzione delle competenze legislative, la regolamentazione dei profili formativi “è rimessa” alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano: con espresso avviso che, in caso di ‘latitanza’ di queste ultime, l’attivazione dell’apprendistato per la qualifica, il diploma professionale e il certificato di specializzazione tecnica superiore - ad eccezione, dunque, di quello per il diploma per l’istruzione secondaria superiore - sarà esercitata dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali “con propri decreti” (art. 43, terzo comma).
Ciò, a differenza di quanto previsto per la definizione degli standard formativi dell’apprendistato che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni (ai sensi del d. lgs. 226 del 2005), i quali devono esser definiti con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’istruzione, e dell’Economia, previa intesa in sede di conferenza permanente Stato - Regioni (art. 46, primo comma).
Con provvedimento del 1 ottobre 2015, la Conferenza Stato Regioni ha approvato l’intesa sullo schema di decreto del Ministro del
85 Così come previsti nell’ambito delle “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” dal d. lgs. 104 del 2013 convertito con modificazioni dalla Legge 128 del 2013.
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca ed il Ministro dell’Economia e delle finanze che definisce gli standard formativi dell’apprendistato e i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato in attuazione dell’art. 46, comma 1, del d. lgs. 81 del 201586.
Dopo aver delineato le definizioni di istituzioni formative, datori di lavoro, protocollo ed intesa interna ed esterna (art. 2), si perviene all’individuazione dei requisiti del datore di lavoro (suddivisi in ‘capacità’ strutturali, tecniche e formative, ex art. 3) e, per quanto qui interessa, ai limiti della durata dei contratti di apprendistato di primo livello (art. 4).
Questi non possono essere inferiori a sei mesi e non possono, in ogni caso, essere superiori a:
a) tre anni per il conseguimento della qualifica di istruzione e formazione professionale, b) 4 anni per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale; c) quattro anni per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore; d) due anni per la frequenza del corso annuale integrativo per l’ammissione all’esame di stato di cui all’art. 15, comma 6 del d. lgs. 226 del 2005; e) un anno per il conseguimento del diploma di istruzione e formazione professionale per coloro che sono in possesso della qualifica di istruzione e formazione professionale nell’ambito dell’indirizzo professionale corrispondente; f) un anno per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore.
Inoltre, è altresì ammessa la proroga fino ad un anno purchè per iscritto e previo aggiornamento del PIF nel caso in cui l’apprendista abbia
(i) concluso positivamente i percorsi di cui al comma 1, lett. a) e per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico professionali e specialistiche, utile anche ai fini dell’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore, o del diploma di istruzione professionale, previa frequenza del corso annuale integrativo di cui all’art. 15, comma 6 del d.lgs. 226 del 2005; (ii) nel caso in cui al termine dei percorsi di cui al comma 1, l’apprendista non abbia conseguito la qualifica, il diploma, il certificato di specializzazione tecnica superiore o il diploma di istruzione professionale.
Quanto agli adempimenti, il datore di lavoro intenzionato a stipulare un apprendistato di primo livello, dovrà sottoscrivere un
86
http://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/Documenti/DOC_048682_rep%20162%20%20%20punto%203% 20odg.pdf . Si evidenzia che le Regioni e le Province autonome dispongono di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore del decreto per recepirne le disposizioni ai sensi dell’art. 10 dello schema di decreto stesso.
‘protocollo’ che definisce il contenuto e la durata dei suoi obblighi formativi con l’istituzione formativa di provenienza dell’apprendista.
Secondo lo schema poc’anzi richiamato, il protocollo consiste nell’accordo sottoscritto dal datore di lavoro e dall’istituzione formativa che “definisce i contenuti e la durata della formazione interna ed esterna all’impresa” e la sua stipula “potrà avvenire anche tra reti di istituzioni formative” (art. 2, comma 1, lett. C), secondo il modello di protocollo allegato allo schema di decreto, nel quale potranno essere apportate integrazioni e modulazioni da parte dell’istituzione formativa e del datore di lavoro “in funzione di specifiche esigenze volte a migliorare l’efficacia e la sostenibilità degli interventi programmati”.
In tale intesa, vengono, altresì, definiti i criteri generali concernenti gli standard formativi, il PIF e la formazione interne ed esterna (art. 5); i diritti e doveri degli apprendisti (art. 6); la funzione e ripartizione dei compiti tra il tutor aziendale e formativo (art. 7); nonché la valutazione e certificazione delle competenze (art. 8).
In via generale, il monte ore dell’apprendistato da svolgersi nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale per la formazione esterna all’azienda (impartita nell’istituzione formativa cui lo studente è iscritto), non dovrà superare il 60% dell’orario “ordinamentale” per il secondo anno; ed il 50% per il terzo e quarto anno, nonché per l’anno successivo finalizzato al conseguimento del certificato di specializzazione tecnica (art. 43, sesto comma, ultimo alinea).
Inoltre, in maniera più puntuale, ulteriori specificazioni in ordine ai limiti temporali della formazione interna ed esterna sono stati dettati sempre dall’art. 5, commi 6 e 8 dello schema di decreto del 1 ottobre 2015.
In tema di obbligo retributivo, si prevede, per di più che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione a carico del datore di lavoro spetterà all’apprendista una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe dovuta; ed il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo per la formazione svolta nell’istituzione formativa (art. 43, comma settimo).
Diversamente da quanto previsto dall’art. 3, comma 2 ter (peraltro recentemente aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. b) del Decreto Legge
20 marzo 2014, convertito il Legge n. 78 del 16 maggio 2014) che riconosceva - fatta sempre salva l’autonomia collettiva - all’apprendista di primo livello, una retribuzione che tenesse conto delle ore di lavoro effettivamente prestate, nonché delle ore di formazione “almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo”.
Permane, da ultimo, la possibilità di trasformare il contratto in apprendistato professionalizzante, al fine di conseguire la qualificazione professionale “ai fini contrattuali”, in seguito al conseguimento della qualifica o diploma professionale previsto dal decreto legislativo n. 226 del 17 ottobre 2005 (art. 43, xxxxx xxxx).
In questa ipotesi, la durata massima complessiva dei due periodi (art. 43, nono comma, secondo alinea), in ogni caso, non potrà eccedere quella definita da appositi accordi interconfederali ovvero dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, come previsto dall’art. 42, comma quinto del decreto 81 del 2015 (come, del resto, già previsto anche dall’art. 3, comma 2 ter, del Testo Unico, aggiunto dall’art. 9, comma 3, del Decreto Legge n. 76 del 28 giugno 2013, convertito in
Legge n. 99 del 9 agosto 2013).
4.3. La certificazione delle competenze.
Diviene, tra l’altro, più specifica la previsione della certificazione delle competenze, atteso che la registrazione nel libretto formativo del cittadino viene ad essere assegnata, per l’apprendistato di primo livello, all’istituzione formativa o all’ente di ricerca di appartenenza dello studente (art. 46, comma secondo); e non più genericamente al datore di lavoro (come accennato nell’art. 6, comma secondo, ultimo alinea, del Testo Unico).
La certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista, invece, sarà rilasciata dall’istituzione formativa di provenienza secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 13 del 2013 “e, in particolare, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni ivi disciplinati” (art. 46, comma quarto); nonché nel rispetto delle modalità di valutazione e certificazione specifica delle competenze delineata dall’art. 8 dello schema di decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca ed il Ministro dell’Economia e delle finanze che definisce gli standard formativi dell’apprendistato e i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato in attuazione dell’art. 46, comma 1, del d. lgs. 81 del 2015. Così delineandosi una attribuzione specifica di tale competenza, in passato, non presente nell’art. 6, ultimo comma del Testo Unico, nel quale le modalità di certificazione avrebbero potuto (vi si leggeva “potranno essere certificate”) essere svolte secondo le modalità definite dalle Regioni e dalle Province autonome, e registrate nel libretto formativo, nel rispetto delle intese raggiunte tra Governo, Regioni e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio 2010, con applicazione residuale dei
“sistemi di standard regionali esistenti” nelle more della definizione del repertorio medesimo.
Nulla muta, invece, a proposito della previsione del Repertorio delle professioni, sempre deputato allo scopo di armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali acquisite durante l’apprendistato (e non più “secondo le diverse tipologie di apprendistato” come nella dicitura dell’art. 6, comma terzo del Testo Unico); al fine di consentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali (art. 46, comma terzo).
4.4. Finalità e nuovi obiettivi.
In conclusione, sembra che la riforma persegua l’obiettivo, per le due tipologie di apprendistato chiamate a costituire un ‘sistema duale’ (ossia, il I e III livello), di definire i processi di cooperazione tra l’istituzione formativa cui lo studente è iscritto ed il datore di lavoro.
Mediante la stipula di un apposito protocollo nel quale siano definite “l’entità e le modalità” - anche temporali - della formazione a carico del datore di lavoro; con svolgimento della formazione esterna all’azienda presso l’istituzione formativa di appartenenza, riduzione dell’onere economico a carico del datore di lavoro e, da ultimo, previsione di incentivi che saranno definiti con successivo decreto legislativo ai sensi dell’art. 1, comma quarto, lett. a) della Legge delega n. 183 del 201487.
Ma, altresì, mediante la previsione di appositi incentivi individuati dal d.lgs. 150 del 2015 con il quale si è cercato di favorire con specifiche agevolazioni sia l’apprendistato per la qualifica, il diploma e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. di primo livello); sia quello di alta formazione.
Ed invero, ai sensi dell’art. 32 del d. lgs. 150 del 2015 per il periodo dal 24 settembre 2015 al 31 dicembre 2016, a) il contributo di ingresso alla Naspi previsto dai commi 31 e 32 della legge n. 92/2012 in caso di interruzione del rapporto di apprendistato, diverso dalle dimissioni del lavoratore, o in caso di recesso al termine del periodo formativo, non è dovuto; b) l’aliquota contributiva del 10% (da calcolare sulla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali),viene ridotta al 5%. Questa percentuale concerne le imprese oltre le nove unita, mentre per le altre continua, alle condizioni ribadite in via amministrativa dalla circolare Inps n. 128/2012, ad applicarsi fino al 31 dicembre 2016 l’esenzione contributiva totale sulla quota a carico dei datori di lavoro (fatto salvo
Tuttavia, tali “incentivi” non si applicano per l’anno successivo alla qualifica dell’apprendista. La normativa (già previgente) prevede che “dopo la qualifica il datore di lavoro può applicare una contribuzione previdenziale pari al 10%, anziché quella prevista per i lavoratori
88 Questi “benefici cessano con la fine della fase formativa: infatti, il comma 2, specifica che la previsione del mantenimento, prevista, in caso di “consolidamento” del rapporto dall’art. 47, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2015, non trova applicazione” X. Xxxxx, Riordino degli incentivi e novità per l’apprendistato, in Diritto e Pratica del lavoro n. 42 del 2015, p. 2413. Si riporta per completezza il testo dell’art. 32 commi 1, 2 e 3 del d. lgs. 150 del 2015:
“1. A titolo sperimentale, per le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento e fino al 31 dicembre 2016, si applicano i seguenti benefici:
a) non trova applicazione il contributo di licenziamento di cui all'articolo 2, commi 31 e 32, della legge n. 92 del 2012;
b) l'aliquota contributiva del 10 per cento di cui all'articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e' ridotta al 5 per cento;
c) e' riconosciuto lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro di finanziamento dell'ASpI di cui all'articolo 42, comma 6, lettera f), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e dello 0,30 per cento, previsto dall'articolo 25 della legge n. 845 del 1978.
3. Ai sensi degli articoli 41, comma 3, e 43, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, a titolo sperimentale, per gli anni 2015 e 2016 le risorse di cui di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge n. 144 del 1999, sono incrementate di 27 milioni di euro per ciascuna annualita' da destinare al finanziamento dei percorsi formativi degli anni 2015/2016 e 2016/2017 rivolti all'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, e dei percorsi formativi rivolti all'alternanza scuola lavoro ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera d), della legge n. 183 del 2014 e del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77. La sperimentazione di cui al primo periodo del presente comma e' finalizzata a elaborare modelli per l'occupazione dei giovani di cui all'articolo 43, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 ed e' promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, d'intesa con le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche avvalendosi degli enti di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40, nei limiti delle risorse di cui al primo periodo del presente comma da destinare prioritariamente ai percorsi di formazione nell'ambito del sistema di istruzione e formazione professionale”.
Nella speranza che l’apprendistato svolga finalmente la sua funzione primaria di formazione intesa come “chiave di volta del disegno dei nuovi regimi occupazionali perché influenza la qualità dell’occupazione, e nel contempo anche la quantità della stessa”90.
5. L’apprendistato professionalizzante.
5.1. Il nuovo articolo 44 e il mancato richiamo al contratto di mestiere.
Il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, regolamenta il contratto di apprendistato professionalizzante e scompare, rispetto alla precedente denominazione, di cui all’art. 4, del d.lgs. n. 167/2011, il riferimento al contratto di mestiere.
Il nuovo testo della disposizione in esame, cominciando dalla sua rinnovata intestazione, deve essere analizzato tenendo in debita considerazione, tra i molteplici principi e criteri direttivi ai quali l’intervento di riforma è ispirato, quello di “semplificazione” delle tipologie contrattuali esistenti, richiamato dall’art. 1, comma 7, lett. a), della legge-delega n. 183/2014.
5.2. Ambito applicativo e “nuova” finalità dell’apprendistato professionalizzante: dalla <<qualifica>> alla <<qualificazione professionale>>.
Il primo comma dell’art. 44 riproduce in maniera sostanzialmente inalterata il contenuto del comma 1, art. 4, del d.lgs. n. 167/2011, sia per quanto riguarda l’utilizzabilità del contratto di apprendistato professionalizzante <<in tutti i settori di attività, pubblici o privati>>, sia in riferimento ai soggetti che con tale contratto possono essere assunti: coloro i quali abbiano un’<<età compresa tra i 18 e i 29 anni>>.
In merito a quest’ultimo punto, l’art. 44, comma 1, secondo periodo, conformemente all’art. 4, comma 1, secondo periodo, prevede che il limite minimo di età subisca un ribasso, con la conseguente possibilità di stipulare il contratto in commento <<a partire dal diciassettesimo anno di età>>, <<per i soggetti in possesso di una
89 X. Xxxxxxx, L’apprendistato di I livello nel Jobs Act: gli incentivi e il costo del lavoro tra il d.lgs. n. 81 e il d.lgs. n. 150, in Bollettino Adapt del 21 settembre 2015, xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxx-xx-x-xxxxxxx-xxx-xxxx-xxx-xxx-xxxxxxxxx-x-xx-xxxxx- del-lavoro-tra-il-d-lgs-n-81-e-il-d-lgs-n-150/.
90 X. Xxxxxxxxx, Diritto al lavoro. Crisi. Lavoro dei giovani, Xxxxxxx, Milano, 2013.
qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005>>.
La <<qualifica professionale>> richiamata dalla norma corrisponde a quella ottenuta al termine dei percorsi formativi del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione professionale, nei quali si realizza pienamente l’alternanza scuola-lavoro; detta qualifica, la quale è valutabile in termini di credito formativo (certificato), è la stessa conseguita attraverso i percorsi in apprendistato di cui all’art. 43 del d.lgs. n. 81/2015.
Diversa è, invece, la <<qualificazione professionale ai fini contrattuali>> cui tende l’apprendistato professionalizzante, ai sensi dell’art. 44, comma 1, primo periodo, che ha sostituito la previgente espressione <<qualifica professionale a fini contrattuali>>, impiegata dall’art. 4, comma 1, primo periodo, “Testo unico dell’apprendistato”.
La nuova formula introdotta dal Legislatore delegato pone maggiormente in risalto la finalità formativa del contratto (ancor prima che occupazionale), la quale si fonda sull’acquisizione da parte del lavoratore, nel corso del periodo di apprendistato, di un insieme di
<<competenze necessarie a diventare professionalmente qualificato>>, ovvero sul <<conseguimento di una specifica professionalità>>91 intesa, dunque, quale sintesi delle competenze maturate, sia attraverso l’esecuzione della prestazione lavorativa dedotta in contratto (mansioni), che attraverso la formazione teorico-pratica impartita all’apprendista.
Soltanto qualora il percorso formativo si concluda con esiti positivi92, ossia con l’effettiva acquisizione di determinate competenze e capacità, la professionalità soggettiva raggiunta (o qualifica professionale soggettiva, distinta da quella oggettiva, essendo quest’ultima individuata su base esclusiva delle mansioni dedotte nel contratto) sarà rilevante e vincolante, in caso di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il periodo di apprendistato93, ai fini di un corrispondente inquadramento contrattuale (qualifica contrattuale). Anche la <<qualifica professionale a fini contrattuali>> presentava carattere vincolante in tal senso, ma aveva, altresì, efficacia preclusiva nel caso di <<assunzione di apprendisti che [avessero] precedentemente prestato la loro attività
91 X. Xxxxxxxxxxx, L’apprendistato professionalizzante ancora alla ricerca di una disciplina definitiva, in Riv. it. dir. lav., 2009, I, 397.
92 L’art. 42, comma 5, lett. e), del d.lgs. n. 81/2015, prevede che il <<riconoscimento […] della qualificazione professionale ai fini contrattuali>> rappresenti una <<possibilità>>, nel senso che al lavoratore non può spettare l’inquadramento nella qualifica contrattuale non raggiunta. In relazione a tale aspetto, si veda X. Xxxxxxxxxxx, Apprendimento e tutela del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2013, pp. 137 ss.
93 Considerata la facoltà di recesso ex art. 2118 cod. civ., riconosciuta alle parti al termine del periodo di apprendistato, ai sensi dell’art. 42, comma 4.
lavorativa presso il medesimo datore di lavoro con rapporti di natura temporanea […], quale, ad esempio, un contratto a tempo determinato>>94. Nello specifico, non era ammissibile <<la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che [avesse] già svolto un periodo di lavoro [presso la medesima impresa] in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo; [ciò] al fine di non eludere le […] finalità dell’istituto ed in particolare quella legata al raggiungimento di precisi obiettivi formativi>>95. Ad oggi, invece, il termine <<qualificazione>>, con accezione più ampia rispetto a quella precedente, permette di superare i suddetti limiti legati alla nozione di <<qualifica>>, dotando così il rapporto di lavoro di maggiore flessibilità funzionale, anche nella gestione interna dello stesso.
Nei termini anzidetti, la <<qualificazione professionale>>, in quanto criterio di riferimento per la determinazione del trattamento economico e normativo applicabile al prestatore di lavoro, fa sì che la formazione impartita a quest’ultimo presenti una rilevanza esclusivamente interna al rapporto di lavoro. Tale rilevanza dipende, inoltre, dal fatto che la stessa formazione aziendale, di tipo professionalizzante, sia svincolata dal sistema pubblico dell’istruzione e della formazione professionale (al quale, invece, risulta connessa la
<<qualifica professionale conseguita ai sensi del decreto legislativo n.
226 del 2005>>), essendo essa riservata alla competenza esclusiva dell’autonomia collettiva.
Il ruolo centrale della contrattazione collettiva viene confermato anche nel nuovo testo dell’art. 44, il quale ai sensi del comma 1, terzo periodo (non presente nel contesto dell’art. 4, comma 1), affida alle parti del contratto la determinazione della <<qualificazione professionale>> al cui conseguimento esso è volto, stabilendo espressamente che tale determinazione avvenga <<sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi96 stipulati dalle
95 Interpello n. 8/2007. La Direzione generale per l’Attività Ispettiva richiama la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale (seppure con riferimento ai contratti di formazione e lavoro) è necessario che il contratto formativo <<sia idoneo a conferire una professionalità diversa da quella già acquisita>>, ovvero sia <<idoneo a promuovere l’acquisizione di nuove professionalità>>.
<<contratti collettivi nazionali di lavoro>>, contenuto nell’art. 44, comma 2, primo periodo.
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale>>.
I <<profili o qualificazioni professionali>> previsti dai contratti collettivi costituiscono, quindi, parametro di riferimento per la determinazione della <<qualificazione professionale>> da acquisire in apprendistato, circoscrivendo così lo spazio di libertà dell’autonomia individuale entro i confini delineati dall’autonomia collettiva.
5.3. La formazione professionalizzante: definizione delle modalità di erogazione della stessa e durata minima e massima del periodo formativo.
Proseguendo nell’analisi dell’art. 44, il secondo comma ripropone quasi integralmente il contenuto dell’art. 4, comma 2, prevedendo che la durata e le modalità di erogazione della formazione professionalizzante, diretta all’<<acquisizione delle […] competenze tecnico-professionali e specialistiche>> e, dunque, di tipo pratico, siano stabilite dagli accordi interconfederali e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale97, non più <<in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire […] in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale>>98, bensì esclusivamente <<in ragione del tipo di qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire>>.
Quest’ultimo riferimento, a differenza del precedente richiamo alla
<<qualificazione [o qualifica] contrattuale>>, pone chiaramente in risalto la professionalità da raggiungere in apprendistato, la quale costituisce il
Per completezza espositiva si segnala che, nell’ambito delle “Disposizioni finali”, di cui al Capo VII del d.lgs. n. 81/2015, l’art. 51, rubricato “Norme di rinvio ai contratti collettivi”, in qualità di norma generale dell’intero sistema normativo oggetto del decreto, stabilisce che
<<salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria>>.
98 Il richiamo ai <<profili professionali>> di cui sopra è contenuto, secondo la nuova formulazione della norma, nel contesto dell’art. 44, comma 1, ultimo periodo, con riferimento alla <<determinazione della qualificazione professionale>> da conseguire in apprendistato.
presupposto logico del successivo ed eventuale, nonché corrispondente, inquadramento contrattuale99.
La seconda parte del comma 2 rimette, altresì, alla competenza degli accordi interconfederali e dei contratti collettivi nazionali la facoltà di stabilire <<la durata anche minima del periodo di apprendistato>>, la quale non è più riferita letteralmente alla componente formativa del contratto, essendo quest’ultimo sin dal principio <<un contratto di lavoro a tempo indeterminato>>100, ma è riferita in maniera più esatta e precisa al solo periodo formativo.
Detto periodo, sulla base dell’art. 42, comma 2 – corrispondente all’art. 2, comma 1, lett. a-bis), del d.lgs. n. 167/2011 – che impropriamente101 continua ad utilizzare l’espressione <<contratto [invece di “periodo”] di apprendistato>>, <<ha una durata minima non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 43, comma 8, e 44, comma 5>>. Il quinto comma dell’art. 44 ricalca fedelmente il quinto comma dell’art. 4, consentendo ai datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali di ricorrere a <<specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato>>, qualora esse siano previste dai <<contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale>>.
Tra le possibili modalità di regolamentazione del contratto, giustificate dalla particolarità del settore di riferimento e rimesse alle scelte della contrattazione collettiva (nazionale), continua a rientrarvi anche l’assunzione a tempo determinato, che non permette di fissare una durata minima del periodo formativo, derogando così al limite legale di sei mesi.
Per quanto riguarda, invece, la durata massima di tale periodo, essa, ai sensi dell’art. 44, comma 2, seconda parte, continua ad essere triennale, ovvero quinquennale esclusivamente <<per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento>>102. Con riferimento ai suddetti
99 Si ricorda che la <<possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto>> (art. 42, comma 5, lett. b), rappresenta un vantaggio/beneficio economico tipico ed esclusivo del periodo formativo.
100 Cfr. art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 167/2011 e art. 41, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015.
102 Per l’individuazione dei profili professionali sopra richiamati, <<ciò che rileva […] è il contenuto sostanziale dell’attività cui l’apprendista è adibito, che deve presentare i caratteri propri dell’artigianalità della prestazione, pur potendo essere svolta in settori diversi da
profili professionali, la possibilità di <<definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere>> resta, ai sensi dell’art. 44, comma 4, di pertinenza delle Regioni e, in aggiunta, per il riferimento da ultimo introdotto – rispetto al testo dell’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 167/2011
5.4. Natura “integrativa” dell’offerta formativa pubblica rispetto alla formazione professionalizzante. Cenni alla responsabilità datoriale per omessa formazione.
Riguardo all’<<offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda [e specificamente] finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali>>, non muta la sua natura di formazione meramente “integrativa” rispetto a quella professionalizzante, erogata e gestita dall’azienda sotto la responsabilità del datore di lavoro, contrariamente alla prima che, invece, appartiene alla competenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano103, dalle quali è regolata, <<sentite le parti sociali>> (art. 44, comma 3, primo periodo).
L’art. 44, terzo comma, nel disciplinare la formazione “pubblica”, si conforma al testo dell’art. 4, comma 3, (di recente profondamente modificato a mezzo del d.l. n. 78/2014, di conversione del d.l. n. 34/2014)104 riproducendone il contenuto, anche sulla scorta delle “Linee guida” adottate per l’apprendistato professionalizzante il 20 febbraio 2014 da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
L’art. 44, comma 3, si discosta dal testo dell’art. 4, comma 3, esclusivamente laddove, ai sensi del primo periodo, non prevede più che
quello dell’artigianato e che spetta ai contratti collettivi di categoria individuare come tali. […] L’insindacabilità [dell’autonomia collettiva] naturalmente incontra il limite del rispetto dei tratti caratteristici del lavoro artigiano […] identificabili nello svolgimento con lavoro prevalentemente personale di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi (cfr. art. 3, l. n. 443/1985)>>. Cit. X. Xxxxxxxxxxx, Il nuovo apprendistato dopo la legge di riforma del mercato del lavoro del 2012, in Riv. it. dir. lav., 2012, I, pp. 708-709.
104 Per un approfondimento delle modifiche apportate all’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 167/2011, in relazione al profilo formativo pubblico, si rinvia a X. Xxxxxxx, Le modifiche al contratto di apprendistato, X. Xxxxxxx e X. Xxxxx Xxxxxx (a cura di), La politica del lavoro del Governo Xxxxx Xxxx I, in ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series n. 30, 2014, pp. 171 ss. ed, inoltre, a X. Xxxxxxxx, Gli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successivi al
T.U. del 2011, in Dir. lav. rel. ind., n. 143, 2014, 3, pp. 445 ss.
l’offerta formativa pubblica sia disciplinata, in termini di durata, contenuti e modalità di realizzazione, anche in considerazione dell’età dell’apprendista, ma soltanto sulla base del titolo di studio e delle competenze di cui egli è in possesso al momento dell’assunzione.
La formazione di base e trasversale, pur essendo “integrativa” rispetto alla formazione impartita dall’azienda105, che continua ad avere carattere preminente nel percorso formativo dell’apprendista, resta ad ogni modo obbligatoria, sebbene tale obbligatorietà sussista ancora nei
<<limiti delle risorse [pubbliche] annualmente disponibili>> (art. 44, comma 3, primo periodo) e nella misura in cui la Regione effettui, a favore del datore di lavoro, la comunicazione posta a suo carico, ai sensi dell’art. 44, comma 3, secondo ed ultimo periodo.
Le previsioni contenute nelle “Linee guida” stabiliscono che la suddetta formazione è obbligatoria in quanto essa sia concretamente
<<disciplinata come tale nell’ambito della regolamentazione regionale, anche attraverso specifici accordi, e sia realmente disponibile106 per l’impresa e per l’apprendista, ovvero, in via sussidiaria e cedevole, sia definita obbligatoria dalla disciplina contrattuale [collettiva] vigente>>107. Relativamente a quest’ultima ipotesi, la circ. Min. lav. n. 5/2013 puntualizza che soltanto qualora la contrattazione collettiva di riferimento
<<scelga di rimettere al datore di lavoro l’obbligo di erogare anche la formazione trasversale, nelle more dell’intervento della Regione, non potrà non ravvisarsi un corrispondente “ampliamento” delle responsabilità datoriali e pertanto dei connessi poteri sanzionatori in capo al personale ispettivo>>; ad eccezione di tale circostanza e, dunque, in tutti gli altri casi sopra menzionati, non sussisterà, invece, alcuna responsabilità del datore di lavoro per omessa formazione trasversale108.
Riguardo alla formazione di tipo professionalizzante, la responsabilità datoriale è, al contrario, sempre configurabile, nel caso in cui il datore di lavoro risulti inadempiente nella erogazione della formazione stessa, ovvero qualora non la effettui <<in termini di “quantità”, contenuti e modalità previsti dal contratto collettivo e declinati
105 Per una disamina del valore “residuale” della formazione pubblica, si rinvia a X. Xxxxxxxx, Note in tema di profili formativi nel contratto di apprendistato, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”. IT, 224/2014, pp. 18-19; pp. 26 ss.
Inoltre, in materia di regolamentazione regionale della formazione, si veda il XIV rapporto di monitoraggio sull’apprendistato, Isfol-Inps, aprile 2014, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx .
107 L’art. 47, comma 5, secondo periodo, conformemente all’art. 7, comma 7, secondo periodo, prevede che <<in assenza della offerta formativa pubblica di cui all’articolo 44, comma 3, trovano immediata applicazione le regolazioni contrattuali [collettive] vigenti>>.
108 Vd. circ. Min. lav. n. 18/2014.
nel piano formativo individuale>>109, impedendo così il raggiungimento dell’obiettivo formativo di cui all’art. 44, comma 1, primo periodo, e legittimando, altresì, ai sensi dell’art. 47, primo comma, secondo periodo (corrispondente all’art. 7, comma 1, secondo periodo), l’intervento del personale ispettivo.
5.5. Ipotesi peculiare di assunzione in apprendistato con specifica finalità di <<qualificazione o riqualificazione professionale>>. Applicazione delle disposizioni in materia di licenziamenti individuali al termine del periodo di apprendistato.
L’art. 47, norma relativa alle “Disposizioni finali”, disciplina, al quarto comma, un’ipotesi peculiare di assunzione in apprendistato, la stessa prevista ai sensi dell’art. 7, comma 4; si tratta della possibilità di stipulare un contratto di apprendistato con i soggetti beneficiari, oltreché di indennità di mobilità110, anche di un trattamento di disoccupazione111,
<<ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale>>.
Rispetto all’art. 7, comma 4, che permette(va) di assumere i lavoratori mediante qualsiasi tipologia di apprendistato, il nuovo testo consente di ricorrere esclusivamente all’apprendistato professionalizzante ed, oltretutto, <<senza limiti di età>>, derogando così alla regola generale dettata dall’art. 44, primo comma.
Nonostante l’esplicito richiamo alla finalità formativa dell’apprendistato (<<qualificazione o riqualificazione professionale>>), in tal caso non sembrano sussistere dubbi in merito alla sua <<vocazione marcatamente occupazionale>>112, confermata dalle previsioni contenute nel quarto comma, secondo periodo, dell’art. 47, volte a favorire l’utilizzazione del contratto in commento, attraverso l’applicazione del
<<regime contributivo agevolato di cui all’articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991 e l’incentivo di cui all’articolo 8, comma 4, della medesima legge>>, concessi al datore di lavoro <<per i [soli] lavoratori beneficiari di indennità di mobilità>>113.
109 Circ. Min. lav. n. 5/2013.
Rispetto, poi, al piano formativo individuale, le “Linee guida”, al punto n. 2, stabiliscono che esso <<è obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche>>.
110 Si ricorda che, a partire dal 1° gennaio 2017, l’indennità di mobilità verrà abrogata.
111 Vale a dire la NASpI, introdotta dal d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22.
112 X. Xxxxxxxx, op. cit., p. 429.
113 Per quanto riguarda, invece, il regime contributivo previsto per l’assunzione di lavoratori beneficiari di un trattamento di disoccupazione, si rinvia a X. Xxxxxxxx, “L’apprendistato nel decreto legislativo n. 81/2015”, in ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series n. 48, 2015, p. 272.
Inoltre, a vantaggio dei soggetti assunti, si prevede che trovino attuazione le disposizioni della legge n. 604/1966, in materia di licenziamenti individuali, in deroga alle previsioni di cui al quarto comma dell’articolo 42, con la conseguenza che le parti, al termine dell’apprendistato, non potranno recedere liberamente ex art. 2118 cod. civ., ma soltanto sulla base di un giustificato motivo o di una giusta causa. Ciò al fine di garantire una maggiore stabilità del vincolo contrattuale114.
6. Apprendistato di alta formazione e di ricerca.
6.1. Ambito di applicazione.
Fin dal suo esordio la terza tipologia di apprendistato ha avuto molte difficoltà a decollare115.
114 Al di là di tale ipotesi eccezionale, è riconosciuta alle parti, secondo la “Disciplina generale” dettata dall’art. 42, comma 4, la possibilità di esercitare il recesso libero ex art. 2118 cod. civ. (cd. recesso ad nutum), al termine del periodo di apprendistato,
<<garantendo [così] una flessibilità in uscita [...] nel momento in cui il contratto si spoglia del suo carattere formativo e si apre la prospettiva di una diversa configurazione della relazione contrattuale, […] anche in relazione agli esiti della formazione stessa e all’attitudine dimostrata dal prestatore di lavoro di permanere in servizio come lavoratore qualificato>>. Cit. X. Xxxxxxxxxxx, Il nuovo apprendistato dopo la legge di riforma del mercato del lavoro del 2012, in Riv. it. dir. lav., 2012, I, pp. 709 ss.
Inoltre, in riferimento al periodo di formazione, il nuovo articolo 42, comma 3, anziché richiamare espressamente il principio della necessaria giustificazione del recesso, fondato sulla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo (cfr. art. 1, comma 1, lett. l, d.lgs. n. 167/2011), stabilisce che, in caso di licenziamento illegittimo durante l’apprendistato, trovi attuazione il regime sanzionatorio di cui alla normativa vigente.
Quanto appena detto richiede un doveroso rinvio al d.lgs. n. 23/2015, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”, il quale introduce, a partire dal 7 marzo c.a., un nuovo regime di tutela, applicabile in caso di licenziamento illegittimo o ingiustificato, ai lavoratori con qualifica non dirigenziale assunti a tempo indeterminato dalla data di entrata in vigore del decreto (la stessa suindicata). Ciò comporta che nei confronti dei lavoratori assunti precedentemente a tale data continuerà a trovare applicazione la previgente disciplina (art. 18, Stat. lav. e art. 8, legge n. 604/1966), ma soltanto fino a quando il loro rapporto di lavoro resterà in vita, ovvero, con specifico riferimento agli assunti con contratto di apprendistato, finché detto rapporto non verrà confermato a tempo indeterminato, per mancato esercizio della facoltà di recesso al termine del periodo di apprendistato. L’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 23/2015, prevede, infatti, che le disposizioni di cui allo stesso provvedimento trovino applicazione <<anche nei casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del […] decreto, […] di apprendistato in contratto a tempo indeterminato>>.
115 Cfr. in tal senso X. XXXXXXXXXX, L’apprendistato di alta formazione, in X. XXXXXXXXXX (a cura di), La riforma del lavoro pubblico e privato e il nuovo welfare, Xxxxxxx, Milano, 2008, p
.102, che riteneva che l’art. 50 del d.lgs. 276/2003 si poteva considerare tra le norme meno utilizzate della Riforma Biagi. L’ articolo è stato abrogato dal d.lgs. 14 Settembre 2011, n. 167, a sua volta tra le disposizioni di cui il legislatore, con l’art. 55 lett. g), prevedeva l’abrogazione, salvo quanto disposto dall’art. 47, comma 5. La difficoltà per
Il primo comma dell’art. 45 del d.lgs. 15 giugno 2015, n.81 che è entrato in vigore il 25 giugno 2015, conferma l’ambito di applicazione dell’apprendistato di alta formazione e di ricerca, poiché stabilisce che il contratto è rivolto ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, per il conseguimento di titoli universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca116, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori per attività di ricerca, per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.
Possono attivare il contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca, quindi, i giovani con un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni e che siano in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale, conseguito nei percorsi di istruzione e di formazione professionale, integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore, o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.
Il decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 81, non prevede limiti di durata massima, che potranno essere previsti dalla legge regionale o, in sua mancanza, dalle convenzioni stipulate tra le istituzioni formative e le aziende o le loro rappresentanze, in ragione della consistenza formativa del contratto 117. La durata minima e massima riguarda il periodo formativo dell'apprendistato, ovvero la fase del contratto che comprende la componente formativa, in cui vi è la disciplina di
questa particolare tipologia contrattuale era proprio l’impreparazione culturale degli attori coinvolti nell’attivazione del contratto, ovvero le Regioni, gli attori sociali e le istituzioni formative, nei riguardi di una nuova tipologia contrattuale, tesa a favorire l’alternanza tra l’istruzione e la formazione professionale e il mercato del lavoro.
116 E’ l’art. 23, co. 3 della legge n.133/2008 che ha previsto la possibilità di ottenere il dottorato di ricerca con l’apprendistato del terzo tipo, ma alcuni Autori ritengono, tuttavia, che questa possibilità era implicitamente prevista già nell’art. 50 del d.lgs. 276/2003. In tal senso X. XXXXXXXXXX, L’apprendistato di alta formazione, in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), La riforma del lavoro pubblico e privato e il nuovo welfare, Xxxxxxx, Milano, 2008, p. 105 ss.
Per l'apprendistato professionalizzante (art. 44) la durata massima è triennale, salvo che per «per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento», per i quali è consentita un'estensione della durata fino a cinque anni.
particolare favore dettata per l'apprendistato sul piano economico, normativo e contributivo118.
Una novità rilevante del decreto legislativo in commento è che scompare dal dettato del nuovo articolo, la possibilità di acquisire con contratto di apprendistato per attività di ricerca, un diploma di istruzione secondaria superiore119, i cosiddetti I.S.S120. Tale possibilità è traslata, come si evidenzia già nella rubrica dell’ art. 43, nell’ apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale, nella più recente formulazione121.
120 Con decreto interministeriale MIUR-MLPS-MEF del 5 giugno 2014 è partito l'avvio di un programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda, rivolto agli studenti del quarto e quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado, che contempla la stipulazione di contratti di apprendistato per l'alta formazione, con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per il triennio 2014 – 2016.Vedi sul punto X. XXXXXXXX, Gli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successivi al T.U. del 2011, in Dir. lav. rel. ind., 2014, 3, p.451. Un’ analisi dei vantaggi e delle possibilità della sperimentazione sono analizzati anche da X. XXXX, Il nuovo apprendistato per l’alternanza scuola-lavoro: una rivisitazione di norme già esistenti, in La circolare di lavoro e previdenza, Euroconference editore, n. 28, 2014, p.12. Interessante è stata la sperimentazione avviata in Enel, dove è stato previsto un Programma sperimentale di apprendistato di alta formazione e ricerca per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, grazie ad un Protocollo di Intesa tra Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Regione Campania, Regione Xxxxxx Xxxxxxx, Regione Lazio, Regione Piemonte, Regione Puglia, Regione Toscana, Regione Veneto e Gruppo Enel, siglato a luglio 2014, in virtù del Decreto interministeriale n. 473 del 17 giugno 2014 attuativo dell'art. 8 bis della legge 8 novembre 2013, n. 128.
Il programma sperimentale è rivolto agli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado che vengono assunti con contratto di apprendistato di alta formazione. Il programma si fonda sull'integrazione tra le politiche educative della scuola, i fabbisogni professionali dell'Azienda, le esigenze formative e di orientamento degli studenti e la maturazione di un'esperienza lavorativa ed è testimonianza della volontà del legislatore italiano nel prendere modello le migliori esperienze europee, come appunto quella tedesca.
Per la natura dei percorsi formativi dell’apprendistato duale, è posta in capo all’istituzione formativa, la responsabilità del piano formativo individuale che rilascia il titolo di formazione cui il contratto stesso è finalizzato, pur restando il coinvolgimento dell’impresa. In questo modo si vuole evitare che l’adempimento sia gestito, insieme alla comunicazione obbligatoria di assunzione, da intermediari esterni ai processi formativi oggetto del contratto.
Il decreto legislativo in commento conferma la possibilità di conseguire con la terza tipologia di apprendistato i diplomi relativi ai percorsi degli I.T.S.122 e di svolgere il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche123.
del Governo n.158, schema di decreto legislativo recante testo organico delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni, ai sensi dell’art. 1, commi 7 ed 11, della legge delega 10 dicembre 2014 n.183, sul punto, si è espressa positivamente per consentire il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore dall’apprendistato di III livello all’apprendistato di I livello, per disciplinare gli aspetti comuni in modo coordinato con la qualifica Istruzione e Formazione Professionale e il diploma tecnico professionale. Questo per la natura dei percorsi che richiedono una frequenza elevata, poiché hanno una struttura articolata e anche per i suoi destinatari, giovani in obbligo di istruzione e/o diritto- dovere di istruzione e formazione.
Il praticante ha altresì diritto ad una retribuzione che sia equivalente alla sua qualifica; è prevista la possibilità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il conseguimento delle quali è finalizzato il contratto, o in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale all’anzianità di servizio. Si rimanda per la disciplina generale M.A. XXXXXXX, in questo lavoro collettaneo.
Tale possibilità, tuttavia, nonostante gli oggettivi vantaggi rilevati, non ha avuto un’effettiva realizzazione pratica.
l’alternanza tra l’università e il mondo del lavoro, prevede una formazione di qualità ed adeguata alle necessità e ai fabbisogni professionali del mercato del lavoro e infine consente di anticipare l’entrata dei giovani nel mercato del lavoro.
E’ stato approvato e sottoscritto infatti l’accordo tra la Regione Marche e la Confprofessioni Marche, finalizzato alla disciplina dell’ apprendistato di alta formazione per l’accesso alle professioni ordinistiche. L’obiettivo dell’ accordo è realizzare percorsi in apprendistato per lo svolgimento del praticantato obbligatorio per l’accesso alle professioni ordinistiche, da parte dei giovani che stipuleranno contratti di apprendistato di alta formazione con aziende situate nel territorio regionale marchigiano.
Svolgere la pratica professionale con l’apprendistato di alta formazione consente di avere notevoli vantaggi, permette infatti di prepararsi adeguatamente all’esame di abilitazione per l’accesso alla professione ordinistica, ma consente anche con la frequenza nello studio professionale, per imparare concretamente la professione, ricevendo fin dal periodo di praticantato una retribuzione.
L’accordo è destinato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni e permette di stipulare un contratto di apprendistato di alta formazione ; va letto con assieme ai regolamenti per il praticantato delle singole professioni, in merito alla modalità di svolgimento, al titolo di studio idoneo per l’accesso, ai termini e alla durata del periodo di formazione.
Con delibera 20 marzo 2015 n. 216 viene poi modificata la durata del contratto, poiché è specificato che il contratto di apprendistato per l’accesso alle professioni ordinistiche deve avere una durata di 18 mesi che sia estensibile fino al conseguimento dell’abilitazione professionale, entro il limite di durata dei 36 mesi. E’ tuttavia disciplinato, in via sperimentale, che la coincidenza del contratto di apprendistato di alta formazione con i 18 mesi di praticantato obbligatorio, possa essere ridotta ad un minimo di 6 mesi. Nella prima fase di applicazione è anche possibile per i praticanti già in essere alla data di approvazione dei relativi profili formativi, che il periodo dei sei mesi possa essere ridotto ad un mese”. Per i professionisti è previsto anche un incentivo all’assunzione ed è in fase di definizione la predisposizione di voucher per la formazione.
La terza delibera del 20 marzo 2015 n. 214 concerne l’approvazione del profilo formativo dell’aspirante consulente del lavoro da utilizzare nell’apprendistato di alta formazione per accedere alla professione di consulente del lavoro ed è stata anche approvata la delibera n.
309 del 20 aprile 2015, concernente il profilo formativo per aspirante dottore commercialista ed esperto contabile, mentre è in corso di predisposizione il profilo formativo dei geometri.
Tale possibilità permette di individuare i requisiti per l’ accesso alla professione di consulente del lavoro, attraverso le classi di laurea idonee all'iscrizione al registro praticanti, ma permette anche di avere i crediti formativi utili a garantire percorsi di laurea coerenti con le esigenze formative dei Consulenti del Lavoro, integrando il principio dell'alternanza
dottori commercialisti hanno predisposto una riforma per il praticantato126, volto a ridurre il periodo di pratica professionale a 18 mesi e di anticiparlo all’ultimo anno della laurea magistrale, ma la possibilità di svolgere la pratica professionale con l’apprendistato di alta formazione rimane di difficile applicazione127.
6.2. Le novità introdotte: la previsione del Protocollo per l’attivazione del contratto di apprendistato per attività di ricerca.
Una novità interessante e certamente di non immediata applicazione, apportata al co. 2 dello stesso art. 45 del decreto legislativo in commento, è la previsione di un Protocollo per l’attivazione del contratto di apprendistato per attività di ricerca. In tal senso il datore di lavoro deve sottoscrive un Protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, o con l’ente di ricerca, comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.
La previsione del Protocollo non sembra di facile applicazione e sicuramente bisognerà attendere, per rispettare l’attribuzione di competenze tra lo Stato e le Regioni, un decreto che veda coinvolti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell’istruzione dell’Università e della ricerca e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome per stabilire l’entità e le modalità della formazione a carico del datore di lavoro.
E’ prevista, tuttavia, l’esigenza di una norma transitoria in riferimento al decreto ministeriale che definisca lo schema di protocollo, che il datore di lavoro dovrà sottoscrivere con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, o con l’ente di ricerca con riferimento all’entità, alle modalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro
scuola-lavoro. Il tirocinio non si configura come un rapporto di lavoro subordinato anche se part time od occasionale, o di qualsiasi altra natura contrattuale.
e dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per la formazione a carico del datore di lavoro, entro il massimo di sessanta.
Il Protocollo stabilisce oltre al numero dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per la formazione a carico del datore di lavoro, il numero dei crediti formativi erogati dalle Università, che non può essere superiore a 60 e stabilisce che sono proprio le Università che disciplinano, nel proprio regolamento didattico, le conoscenze e le abilità professionali certificate, ma anche le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi.
La formazione esterna all’azienda è svolta, invece, nell’istituzione formativa dove è iscritto lo studente e di solito negli Istituti Tecnici Superiori non può essere superiore al 60% dell’orario ordinamentale.
Lo schema di decreto interministeriale che definisce gli standard formativi ed i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato del primo e terzo livello, in attuazione dei contratti di lavoro effettuata dal d.lgs.81/2015, è stato approvato il 1° Ottobre 2015 dalla Conferenza Stato-Regioni.
Il legislatore ha voluto, anche in tempi celeri, introdurre delle modifiche rilevanti per l’apprendistato del primo e terzo livello: un quadro omogeneo di regole comuni per le due tipologie di apprendistato; una semplificazione burocratica, in particolar modo per i datori di lavoro, poiché il piano formativo individuale e gli strumenti tecnici per la sua validazione, saranno improntati con modelli, attraverso un protocollo sottoscritto tra datore di lavoro e istituzione formativa. Il piano formativo, pertanto, avrà un ruolo importante per la programmazione e valutazione degli apprendimenti e sarà stilato in confronto tra l’istituzione formativa e l’impresa, avrà quindi una forma flessibile, perché potrà essere modificato nel corso del rapporto, fatta eccezione per la qualificazione da conseguire, per prevenire il contenzioso. Non sono ricompresi in questo assetto l’apprendistato per la ricerca e quello per conseguire l’accesso alle professioni ordinistiche, per i quali la formazione esterna non è obbligatoria.
Importante è anche l’introduzione di un criterio semplice per la determinazione della durata della formazione interna e di quella esterna anche in rapporto agli aspetti retributivi, che hanno subito una modifica con il d.lgs. 81/2015.
Nel decreto si prende a modello la virtuosa sperimentazione in Enel, che si nota particolarmente nell’articolo 6 che riguarda i diritti e doveri degli apprendisti e nell’articolo 7 sulle funzioni del tutor formativo e aziendale.
E’ prevista una semplificazione anche in merito alla certificazione delle competenze, dove si sottolinea il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali, come riporta il decreto interministeriale del 30 giugno 2015. L’obiettivo è quello di una semplificazione dei parametri ed un’ uniformità degli stessi per il tema della certificazione delle competenze, che è stato un punto di criticità per la difficoltà di trovare modelli uniformi sul territorio nazionale e che siano valevoli e riscontabili anche a livello comunitario.
6.3. Le novità in merito alla retribuzione durante il percorso formativo.
Un’ ulteriore punto di novità introdotto dal decreto legislativo in commento, è la previsione di una retribuzione durante il percorso formativo, con modalità diverse a seconda che si parli di formazione formale o informale.
129 Vedi sul punto X. XXXXXXXXXXX, Il nuovo apprendistato dopo la legge di riforma del mercato del lavoro del 2012, in Riv. it. dir. lav., fasc. 4, 2012, pag. 695 ss. dove l’Autrice sottolinea che nelle diverse tipologie di apprendistato la componente formativa e quella occupazionale coesistono, ma presentano anche una consistenza e una rilevanza diversa, infatti si spazia dall'apprendistato a prevalente componente occupazionale, quale
6.4. La competenza in merito alla regolamentazione ed alla durata e la possibilità di attivare l’apprendistato di alta formazione e di ricerca con apposite convenzioni in assenza delle regolamentazioni regionali.
La regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di ricerca o per percorsi di alta formazione è rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le Università, gli Istituti Tecnici Superiori e le altre istituzioni formative, o di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, dell’ innovazione e del trasferimento tecnologico.
In assenza delle regolamentazioni regionali di cui al comma 4, l'attivazione dell'apprendistato di alta formazione e di ricerca è rimessa, tuttavia, ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca di cui al comma 4, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6.5. Le misure sanzionatorie.
Durante l’iter parlamentare, in riferimento alla misura sanzionatoria, la XI Commissione permanente del Senato130 suggeriva, in
sicuramente è l'apprendistato di ricerca, all'apprendistato a prevalente componente formativa, quale è l'apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale.
130 Senato, Legislatura XVII - Parere approvato dalla XI Commissione permanente in data
13 maggio 2015, in sede consultiva su atti del Governo n. 158, Schema di decreto
caso di inadempimento nell’erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, di cui egli fosse esclusivamente responsabile, di eliminare la maggiorazione sanzionatoria del 100%, che non appariva coerente con l’attuale contesto sanzionatorio, introducendo in sostituzione la disciplina sanzionatoria dell’omissione contributiva, visto che l’eventuale violazione non avrebbe integrato un’ ipotesi di lavoro “nero”. In tal senso il legislatore si era orientato per favorire il ricorso al contratto di apprendistato, ritenendo che la sola sanzione per omissione contributiva sarebbe stata sufficiente a sanare l’ inadempimento nell’erogazione della formazione in capo al datore di lavoro, da cui discenderebbero tuttavia, le gravi conseguenze della mancata realizzazione delle finalità proprie delle tipologie di apprendistato.
Il parere parlamentare però non è stato accolto e la previsione del
d. lgs. n. 81/2015131 ha riconfermato in capo al datore di lavoro di versare la differenza tra la contribuzione erogata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione. Nel caso specifico in cui poi si rilevi un inadempimento nella erogazione della formazione
legislativo recante testo organico delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni, ai sensi dell’art. 1, commi sette ed undici, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183.
131 Il decreto legislativo n.81/2015 conferma, infatti, che in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione per il datore di lavoro, che lo stesso abbia una sanzione della differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento. In tal senso è significativo che gli effetti del grave inadempimento nell’ erogazione della formazione in capo al datore di lavoro, siano stati espressamente circoscritti dal legislatore, prevedendo quale unica conseguenza sanzionatoria il versamento dei contributi pieni maggiorati del cento per cento. Sono previsti, invece, soltanto sanzioni amministrative per gli inadempienti che riguardano elementi strutturali di disciplina dell'apprendistato quali la forma scritta, redazione del piano formativo, divieto della retribuzione a cottimo, sotto-inquadramento, presenza del tutor o referente aziendale. Un’ utile riflessione sugli aspetti sanzionatori è di X. XXXXXXXXXXX, Il nuovo apprendistato dopo la legge di riforma del mercato del lavoro del 2012, in Riv. it. dir. lav., fasc.4, 2012, pag. 695. L’Autrice si sofferma nel dire che in caso di inadempimento di cui sia unico responsabile il datore di lavoro, non si può escludere l'azione risarcitoria, che il lavoratore potrebbe far valere per il danno subito; mentre la mancanza di una previsione legale espressa che disponga il riassorbimento nel tipo standard, impedisce l'automatica trasformazione del rapporto. All’Autrice, però, preme sottolineare se il giudice non possa valutare l'inadempimento ai fini dell'accertamento dell’effettiva volontà dei contraenti, quale emerge obiettivamente dal comportamento da essi tenuto nell'esecuzione del contratto. Naturalmente se l'inadempimento non è così grave da mettere in discussione il fine formativo del contratto, la reazione all'inadempimento di cui sia unico responsabile il datore di lavoro, sarà solo quella dell'azione risarcitoria che potrà essere fatta valere dal lavoratore per il danno subito.
prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dovrà adottare un provvedimento di disposizione, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del 2004, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.
Per la violazione della disposizione di cui all'articolo 42, comma 1, che riguardano la forma scritta del contratto e la previsione del piano formativo in forma sintetica, ma anche per la violazione delle previsioni contrattuali collettive riguardanti il divieto di retribuzione a cottimo, la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto, o, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio, o ancora nel caso in cui sia violata la previsione di un tutore o referente aziendale per l’apprendista, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria che oscilla dai 100 ai 600 euro, che in caso di recidiva viene aumentata dai 300 ai 1500 euro.
Per concludere citerei il parere della Camera anche esso favorevole132, poiché sottolineava i punti critici che hanno ostato alla realizzazione dell’istituto e che sono difficili da superare per una effettiva applicazione del contratto nelle coesistenza delle sue finalità occupazionali e formative; un’ esigua applicazione dell’apprendistato in particolar modo per il primo ed il terzo livello, che deriva anche dalle carenti risorse finanziare che sono state predisposte per la sua realizzazione.
In tal senso, però, il decreto legislativo in commento, all’art. 47, co. 10, stabilisce che con un successivo decreto saranno definiti gli incentivi per i datori di lavoro che assumono con l’apprendistato per la qualifica, il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore ed il certificato di specializzazione tecnica superiore e con l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Probabilmente il legislatore ha voluto adottare un occhio di riguardo per quelle tipologie di apprendistato che hanno avuto più difficoltà a decollare.
E’ evidente quindi un’attenzione particolare rivolta alle due tipologie di apprendistato legate ai canali dell’istruzione, per costituire un “sistema duale” formazione e lavoro, nel quale il conseguimento dei titoli
del livello secondario di istruzione e formazione e del livello terziario, potrà avvenire “anche attraverso l’apprendimento presso l’impresa”.
7. Osservazioni conclusive.
La persistente gravità della situazione disoccupazionale giovanile (133), la dispersione scolastica, esigenze di implementare le competenze, sono solo alcune, delle più importanti, ragioni della disamina delle norme che regolano questa forma contrattuale, la cui peculiarità, come visto, consiste nell’obbligo formativo del datore di lavoro nei confronti dell’apprendista cui si affianca l’obbligo, comune in un rapporto di lavoro, di retribuire il prestatore di lavoro che acquisisce, al termine del periodo formativo, una qualifica, una qualificazione o titolo di studio.
È noto come la riforma del mercato del lavoro (c.d. Jobs Act) abbia toccato i diversi ambiti del diritto del lavoro e del mercato del lavoro, ricostruendo tra le altre cose, una mappatura delle tipologie contrattuali, tra cui la revisione dei contratti di apprendistato.
La riforma trae ispirazione dal modello duale tedesco, collaudato da tempo, che permette alle giovani generazioni di formarsi, lavorando attraverso percorsi di alternanza. Difatti, se la disoccupazione giovanile è aumentata considerevolmente negli ultimi anni in molti Paesi europei, ciò non è avvenuto in Germania 134; molti, perciò, pensano che sia dovuto al sistema c.d. duale. È per tale ragione che nel §2 sono stati affrontati i temi riguardanti lo stato di attuazione delle politiche europee in materia di apprendistato, cercando di offrire al lettore una panoramica circa i principali modelli in essere nei Paesi membri, seppur per brevi cenni.
(133)Questa tuttora si attesta, secondo i dati Istat, circa al 40%, salendo al 50% nel Mezzogiorno, dato più preoccupante dell’Eurozona. I dati statistici sono consultabili sul sito xxx.xxxxx.xx/xx/xxxxxx, sezione Disoccupazione giovanile.
attraverso il rilancio di un modello (già conosciuto) contrattuale, riducendone i costi e razionalizzandone la disciplina. Così, il decreto legislativo n. 81 del 2015, promuove le due tipologie di apprendistato attraverso cui si conseguono qualifiche e titoli di studio di diverso grado da un lato (§§ 4 e 6), dall’altro modifica la disciplina della tipologia professionalizzante, soprattutto per quanto riguarda la definizione della finalità dello stesso (§5).
Come visto, in linea generale, poi, cioè per tutte le tipologie di apprendistato, viene riscritta la disciplina lasciando inalterate perlopiù la maggior parte delle norme in tema di sottoinquadramento, divieto di retribuzione a cottimo, presenza del tutor aziendale, proroga del contratto in caso di cause sospensive del rapporto, ma il Legislatore limita lo spazio prima devoluto alla contrattazione collettiva, attribuendo a sé le seguenti competenze: forma scritta del contratto, durata minima, disciplina del recesso (§3).
Nel corso della trattazione, si è fatto riferimento, poi, al sistema degli incentivi, messo a regime tramite il d.lgs. 150 del 2015, che accompagna la “riforma” dell’apprendistato (§4).
La valutazione e l’impatto di questa ultima richiedono il giusto tempo per osservare gli andamenti delle assunzioni in apprendistato, soprattutto per quelle tipologie ad oggi meno utilizzate ed oggetto di commento nei §§ 4 e 6, ma anche quelle su cui il Legislatore ha investito di più in termini di modifica, razionalizzazione e sostegno.
L’auspicio è, senza dubbio, che i pregi di una regolamentazione incentivata e “duale” dell’apprendistato forniscano maggiori livelli occupazionali giovanili nel nostro Paese.
lavoro gli ordini professionali, gli enti che si occupano di attività culturali e ambientali e gli enti sportivi iscritti al CONI.