Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile
Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile
Ministero dello Sviluppo Economico
Definizione di indicatori prestazionali energetico-ambientali per la caratterizzazione degli edifici scolastici
R. Armani, L. Pagliano, M. Pietrobon, S. Erba
Report RdS/PAR2016/014
DEFINIZIONE DI INDICATORI PRESTAZIONALI ENERGETICO-AMBIENTALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI
R. Armani, L. Pagliano, M. Pietrobon, S. Erba Settembre 2017
Report Ricerca di Sistema Elettrico
Accordo di Programma Ministero dello Sviluppo Economico - ENEA Piano Annuale di Realizzazione 2016
Area: Efficienza energetica e risparmio di energia negli usi finali elettrici e interazione con altri vettori energetici Progetto D7 “Sviluppo di un modello integrato di smart district urbano”
Obiettivo: c. Controllo e valutazione delle infrastrutture pubblice energivore Responsabile del Progetto: Claudia Meloni, ENEA
Il presente documento descrive le attività di ricerca svolte all’interno dell’Accordo di collaborazione “Definizione di indicatori prestazionali energetico-ambientali per la caratterizzazione degli edifici scolastici”
Responsabile scientifico ENEA: arch Gaetano Fasano Responsabile scientifico POLIMI prof. Lorenza Pagliano
Indice
2 DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ SVOLTE E RISULTATI 7
2.1 Analisi dello stato dell’arte di indicatori prestazionali energetico-ambientali degli edifici 7
2.2 Indicatori prestazionali energetico-ambientali per gli edifici ad uso scolastico 22
2.2.1 Quantificazione del risparmio energetico 22
2.2.4 Efficienza/efficacia delle strategie di ventilazione degli ambienti 31
2.3 Procedura di verifica degli indicatori proposti 34
2.3.1 Quantificazione del risparmio energetico 34
2.3.4 Efficienza/efficacia delle strategie di ventilazione degli ambienti 38
4 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 42
5 ABBREVIAZIONI ED ACRONIMI 43
6 CURRICULUM SCIENTIFICO DEL GRUPPO DI LAVORO 44
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In questo rapporto vengono individuati e selezionati dei possibili indicatori prestazionali (KPI: key performance indicator) per edifici scolastici, utili per caratterizzare gli edifici nel loro stato di fatto e per valutare possibili interventi di riqualificazione energetica che potranno essere previsti nei prossimi anni.
Gli indicatori individuati permetteranno di supportare i responsabili della programmazione ed i progettisti nel processo decisionale e nella verifica degli interventi di riqualificazione energetica, in quanto detti indicatori potranno poi essere verificati attraverso delle attività di monitoraggio strumentale a lavori conclusi. I risultati provenienti dalle attività di monitoraggio, qualora si verificassero forti discrepanze rispetto ai risultati attesi in fase di progettazione, permetteranno di attuare azioni correttive di ottimizzazione nel funzionamento del sistema edificio-impianto.
Il presente studio fa una analisi dello stato dell’arte dei possibili indicatori di prestazione sulla base della letteratura scientifica, tecnica e da risultati delle attività Annex IEA EBC in cui il gruppo eERG del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano ha partecipato e sta partecipando.
Sulla base di questa ricerca e delle esperienze fatte da altri paesi e da istituti di ricerca vengono selezionati e proposti un set di indicatori applicabili per un edificio scolastico. Ogni indicatore viene descritto e commentato allo scopo di far emergere il ruolo e l’importanza che ha nel descrivere la prestazione dell’edificio sia in termini di energia che in termini ambientali (condizioni di comfort garantite). In alcuni casi sono messe in evidenza le criticità che si potrebbero incontrare nell’applicazione del singolo indicatore. Tali criticità a volte non hanno attualmente una soluzione facilmente applicabile in quanto necessiterebbero di maggiore studio e approfondimento. È obiettivo degli scriventi fare in modo che il lettore abbia ben presente i vantaggi ed i limiti di ciascun KPI proposto. Per ciascun indicatore vengono indicati degli indirizzi circa le modalità di misura e monitoraggio di ciascun KPI per caratterizzare le performance dell’edificio nel suo stato di fatto ed al termine di eventuali lavori di riqualificazione energetica, siano essi totali o parziale su determinati componenti di involucro o di impianto.
Alcuni parametri, risultano difficilmente integrabili in un indicatore univoco che abbia lo scopo di caratterizzare la prestazione dell’edificio nel suo complesso. In questa categoria rientrano gli indici che descrivono la prestazione di singoli componenti tecnologici dell’edificio, come quelli che appartengono all’involucro edilizio. Avere informazioni sui valori di trasmittanza termica degli elementi opachi o trasparenti dell’involucro edilizio, conoscere la modalità di attivazione di eventuali schermature solari e le loro prestazioni in termini di riduzione del carico solare in ingresso all’edificio durante la stagione calda, sapere le prestazioni ottiche dei vetri, avere indicazioni circa la tenuta all’aria dell’edificio, oppure ulteriormente considerare l’applicazione di strategie per la riduzione dei consumi idrici per acqua calda sanitaria, consentirebbe di valutare con più precisione l’efficacia delle diverse strategie in termini di riduzione della domanda di energia da parte dell’edificio. In aggiunta queste informazioni permetterebbero di comprendere meglio i risultati provenienti da campagne di monitoraggio effettuate sugli edifici, consentendo di individuare in maniera più diretta eventuali cause di riduzione delle prestazioni dell’edificio non immediatamente evidenziabili dall’osservazione di un indicatore di tipo “globale”.
Come emergerà dal rapporto, numerosi sono gli indicatori selezionabili utili per il calcolo e la valutazione della prestazione energetico-ambientale di un edificio scolastico. Alcuni di essi possono risultare più complessi da applicare ed ancor di più da misurare in campo. Nel rapporto, sono state proposte soluzioni più semplificate ma che possono comunque portare ad una valutazione completa, allo scopo di rendere tecnicamente fattibili ed economicamente sostenibili campagne di monitoraggio su larga scala, sulle quali basare il calcolo dei diversi KPI. In quest’ottica si ritiene che le applicazioni delle semplificazioni delle metodologie qui proposte potrebbero configurarsi come test delle metodologie suggerite, nella prospettiva di validare tali processi semplificati e di valutare quanto queste semplificazioni possano incidere sui risultati.
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Il rapporto si inerisce all’interno dell’Accordo di Programma PAR 2016-2017 che ha come oggetto le infrastrutture pubbliche energivore. L’obiettivo è costruire una piattaforma per il controllo e la valutazione degli edifici pubblici partendo dall’analisi del loro stato di fatto attraverso un monitoraggio strumentale delle sue prestazioni condotto in continuo. Le campagne strumentali permetteranno di ottenere una serie di informazioni legate alle prestazioni energetiche ed ambientali dei singoli edifici, quindi di conoscere il livello di efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico. Queste informazioni potranno essere poi utilizzate per valutare eventuali interventi di ristrutturazione volti a migliorare le performance energetiche ed ambientali dei singoli edifici. Per far ciò è necessario individuare una serie di indicatori prestazionali che permettano di sintetizzare le informazioni provenienti dalle campagne di monitoraggio in indicatori utili a comprendere il comportamento complessivo dell’edifico. Tali indicatori potranno essere utilizzati anche per valutare l’efficacia di interventi di ristrutturazione totale o parziale di ogni singolo edificio della pubblica amministrazione.
La destinazione d’uso oggetto del rapporto è quella scolastica. Per essi vengono definiti e proposti dei possibili indicatori prestazionali - key performance indicator (KPI) – necessari per caratterizzare gli edifici nel loro stato di fatto e valutare gli effetti di possibili interventi di riqualificazione energetica a cui potranno essere sottoposte le scuole nei prossimi anni. Il lavoro è strutturato in diverse fasi.
Una prima parte in cui, attraverso una analisi dello stato dell'arte della letteratura scientifica e tecnica e da risultati delle attività negli Annex IEA EBC in cui eERG-PoliMI partecipa (IEA Annex 62- Ventilative cooling, IEA Annex 5 - Air Infiltration and Ventilation Centre) e ha partecipato (IEA Annex 52 - Towards Net Zero Energy Solar Buildings (NZEBs); IEA Annex 58 - Reliable Building Energy Performance Characterisation Based on Full Scale Dynamic Measurements), viene approfondita la definizione di edificio a zero energia e gli indicatori che possono descrivere le prestazioni di un edificio di questo tipo. Si è scelto di considerare la produzione scientifica nell’ambito degli edifici a energia zero o quasi zero, così da poter presentare i più recenti sviluppi e le considerazioni riguardo la valutazione delle prestazioni del sistema edificio – impianto. Gli indicatori presentati in rassegna e selezionati sono comunque validi anche per edifici che non raggiungono la prestazione al livello nZEB. La letteratura è una base utile in quanto è in questo ambito che si stanno sviluppando e testando indicatori di prestazione per affrontare le sfide del riscaldamento globale e della disponibilità delle risorse del pianeta.
Una seconda fase in cui vengono selezionati e proposti indicatori utili a caratterizzare l'edificio dal punto di vista delle prestazioni energetiche e dalle condizioni ambientali (comfort igro-termico, comfort luminoso, qualità dell’aria). Tali indicatori sono in alcuni casi a loro volta discussi, in quanto è parere degli scriventi informare il lettore sui vantaggi ma anche su quegli aspetti per cui è necessario porre attenzione per una più accurata applicabilità dell’indicatore stesso. In quest’ottica, studi ulteriori per approfondire e migliorare l’applicazione e l’affidabilità degli indici proposti sarebbe auspicabile.
Infine un’ultima fase in cui per ciascun KPI selezionato vengono indicate le variabili da calcolare o da misurare e con quale frequenza, per la determinazione, controllo e verifica dei KPI proposti.
Nello sviluppo del presente rapporto sono condivise e messe a disposizione le esperienze ed i risultati provenienti da progetti europei e pubblicazioni scientifiche in cui il gruppo eERG partecipa o ha partecipato, in particolare nell’ambito della valutazione ed il monitoraggio delle prestazioni energetiche degli edifici e dei livelli di comfort degli ambienti interni, nell’ambito delle ristrutturazioni di qualità, in particolare negli edifici scolastici. Si citano ad esempio i progetti Europei: AZEB – affordable ZEB, Commoncense, PassReg, Renew School, EU GUGLE ecc, collaborazioni internazionali IEA Annex 52 - Towards Net Zero Energy Solar Buildings (NZEBs), IEA Annex 58 - Reliable Building Energy Performance Characterisation Based on Full Scale Dynamic Measurements.
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2 Descrizione delle attività svolte e risultati
2.1 Analisi dello stato dell’arte di indicatori prestazionali energetico-ambientali degli edifici.
Il concetto di edificio a energia zero (Zero Energy Building - ZEB) nasce dalla necessità di promuovere la riduzione dell’energia spesa per gli usi finali di un edificio, di favorire per gli edifici di nuova costruzione e ristrutturati la penetrazione di tecnologie energeticamente efficienti e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili.
L’EPBD recast (EU2010), identifica come nearly Zero Energy Building (nZEB) un edificio che ha un’alta prestazione energetica, cioè caratterizzato da bassi fabbisogni di energia, i quali devono essere coperti per la maggior parte da fonti rinnovabili prodotte in sito o nelle immediate vicinanze.
Nell’Annex I della direttiva, vengono individuati come indici di prestazione degli edifici, un indicatore di prestazione generalmente identificato con il fabbisogno energetico (energy needs for heating, cooling and hot water) che caratterizza la qualità dell’involucro ed un indicatore di energia primaria, che caratterizza l’efficienza degli impianti e la qualità delle fonti energetiche di fornitura.
Dal 2006 ad oggi, alcuni autori propongono diverse definizioni di edificio a zero energia. Alcuni di essi [1], prospettano differenti definizioni di ZEB in funzione del sito, dell’interesse degli investitori, dei costi energetici e delle emissioni di gas climalteranti. Altri autori [2], integrano la prestazione energetica dell’immobile con il ciclo di vita degli elementi tecnici dell’involucro edilizio, delle tecnologie impiantistiche in esso installate, considerando anche l’energia incorporata durante il processo produttivo di ogni singolo componente. Altri ancora definisco un edifico a zero energia sulla base del tipo di bilancio, degli usi finali inclusi, dell’energia primaria, delle tonnellate di CO2 immesse in atmosfera per il suo esercizio, dei livelli di comfort, del confine del sistema considerato, della tipologia di fonte rinnovabile utilizzata. In Tabella 1 sono riportati gli studi suddivisi per anno di pubblicazione con la descrizione sommaria della definizione di nZEB proposta dagli autori. La tabella presenta una sintesi bibliografica delle principali fonti che analizzano la definizione e la descrizione di un edificio a energia zero. La bibliografia è una base utile in quanto è in questo ambito che si stanno sviluppando e testando indicatori di prestazione, per affrontare le sfide del riscaldamento globale e della scarsità delle risorse del pianeta.
Tabella 1. Quadro riassuntivo delle definizioni di nZEB presenti in letteratura
Nr. | Authors | Title | Year | Summary |
1 | Torcellini et al. | Zero Energy Buildings: A Critical Look at the Definition | 2006 | Four definitions—net-zero site energy, net-zero source energy, net-zero energy costs, and net-zero energy emissions—are proposed; advantages and disadvantages of each are discussed. |
2 | Siir Kilkis | A New Metric for Net- Zero Carbon Buildings | 2007 | A new energy balance metric based on exergy is introduced. Then ZCB and ZEXB definitions are presented and discussed. |
3 | Crawley et al. | Getting to Net Zero Energy Buildings. | 2009 | Review of NZEB definitions and policies, and classifying NZEBs by renewable energy supply |
4 | Sartori et al. | Comfort and Energy Efficiency Recommendations for Net Zero Energy Buildings | 2010 | An overview of existing international standards. It addresses issues of climate classification, comfort criteria, and energy efficiency requirements and provides recommendations for the design of Net ZEBs. |
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5 | Sartori et al. | Criteria for Definition of Net Zero Energy Buildings. | 2010 | It presents a framework for describing the relevant characteristics of Net ZEBs in a series of criteria: boundary conditions, crediting system, net zero balance, temporal energy match and monitoring procedure. |
6 | Voss et al. | Load Matching and Grid Interaction of Net Zero Energy Buildings | 2010 | Load matching index and grid interaction index are proposed and discussed. |
7 | Hernandez, Patxi, and Paul Kenny | From Net Energy to Zero Energy Buildings: Defining Life Cycle Zero Energy Buildings. | 2010 | A definition of LC-ZEB is proposed. The concept of ‘net energy’ is introduced and applied within the built environment, based on a methodology accounting for the embodied energy of building components together with energy use in operation. |
8 | Marszal et al. | Zero Energy Building - A Review of Definitions and Calculation Methodologies. | 2011 | An overview of ZEB definitions is presented with highlighting the most important aspects of ZEB definitions. Secondly, various approaches towards possible ZEB calculation methodologies are proposed. And finally, they provide some recommendations on the development of a future ZEB definition and calculation methodology. |
9 | Kolokotsa et al. | A Roadmap towards Intelligent Net Zero- and Positive-Energy Buildings (PEB). | 2011 | A review of the technological developments to support the future dynamic development of NZEB/PEB: accurate simulation models, sensors and actuators, as well the building optimization and control methodologies. To reach a necessary matching of generation and consumption in NZEB under real-time dynamic conditions, the authors suggest applying intelligent PCSs (predictive control schemes). |
10 | Lund, H., A. Marszal, and P. Heiselberg. | Zero Energy Buildings and Mismatch Compensation Factors. | 2011 | The mismatch problem due to hourly differences in energy production and consumption of zero energy and zero emission buildings (ZEBs) is analyzed. The authors try to propose solutions and quantify mismatch compensation factors. |
11 | Voss et al. | From Low-Energy to Net Zero-Energy Buildings: Status and Perspectives. | 2011 | It reviews the background and the various effects influencing the energy balance of NZEB. A terminology and balancing procedure is proposed based on input/output balancing at the supply interface of a building considering energy efficiency and load matching. |
12 | Salom et al. | Understanding Net Zero Energy Buildings: Evaluation of Load Matching and Grid Interaction Indicators. | 2011 | A literature review of common load matching and grid interaction indicators. A set of these indicators are chosen and they are evaluated and calculated for an example NZEB. |
13 | Sartori et al. | Net Zero Energy Buildings: A Consistent Definition Framework. | 2012 | A consistent framework is presented for setting NZEB definition and for describing its relevant characteristics in five criteria: building system boundary, weighting system, NZEB balance, temporal energy match characteristics and measurement and verification. The balance concept is central in the definition framework and two major types of balance are identified, namely the import/export balance and the load/generation balance. |
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14 | Li et al. | Zero Energy Buildings and Sustainable Development Implications - A Review. | 2013 | It reviews energy-efficient measures including building envelopes, internal conditions and building services systems. Renewable energy technologies are highlighted namely photovoltaic, wind turbines, solar thermal, heat pumps, and district heating and cooling. |
15 | Deng et al. | How to Evaluate Performance of Net Zero Energy Building - A Literature Research | 2014 | In this paper, NZEBs definitions and typical energy-efficient measures in building energy systems, such as solar heating, solar sorption cooling, independent temperature and humidity control, renewable source heat pump and power generation system, as well as technological development trends such as energy storage and smart grid are briefly reviewed. Then, a summary of performance evaluation indicator, such as indoor comfort and energy balance are discussed. |
16 | Salom et al. | Analysis of Load Match and Grid Interaction Indicators in Net Zero Energy Buildings with Simulated and Monitored Data. | 2014 | Five cases of studies are analyzed with high time resolution data (three based on real monitored data) to investigate the interplay of on-site generation and the building loads in NZEB. Various load match and grid interaction indicators such as cover factors (load cover factor and supply cover factor), loss-of-load probability factor, generation multiple, etc. are discussed. |
17 | D’Agostino, Delia. | Assessment of the Progress towards the Establishment of Definitions of Nearly Zero Energy Buildings (nZEBs) in the European Member States. | 2015 | This paper presents the main issues of nZEBs together with categories, definitions, and calculation methodologies. The progress and status of Member States in different aspects such as balance, boundary, energy uses, and renewables towards the implementation of nZEBs are reported. |
Punti fermi in questa analisi sono stati consolidati nella Direttiva Europea sulla Prestazione degli Edifici (2010) e nello Standard EN ISO 52000 (2017). La prestazione energetica di un edificio è definita come “the calculated or measured amount of energy needed to meet the energy demand associated with a typical use of the building, which includes, inter alia, energy used for heating, cooling, ventilation, hot water and lighting” (Art. 2 comma 4 Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia, rifusione, di seguito EPBD). Al comma 2) dello stesso articolo della Direttiva è data la definizione di edificio a energia quasi zero come “a building that has a very high energy performance, as determined in accordance with Annex I. The nearly zero or very low amount of energy required should be covered to a very significant extent by energy from renewable sources, including energy from renewable sources produced on-site or nearby”.
L’Art 2) dell’EPBD, che non è in fase di revisione, identifica chiaramente l’energia totale richiesta (rinnovabile e non rinnovabile), chiede di ridurne l’entità a favore di edifici a quasi zero energia o contraddistinti da fabbisogni energetici molto bassi, ed infine di coprire il più possibile tali fabbisogni con l’uso delle rinnovabili.
La logica è di evitare di sprecare energia preziosa, qualunque sia la fonte.
Nel luglio 2017 è stato adottato lo standard EN ISO 52000-1 e la relativa guida di accompagnamento (EN ISO 52000-2).
Questo standard è ora il riferimento internazionale. Nello standard viene descritta la metodologia da utilizzare per il calcolo della prestazione energetica dell’edificio e mette in mostra la leadership Europea in questo settore. Questo è merito dell’Unione Europea, degli organismi di standardizzazione dei suoi Stati Membri, del CEN/CENELEC (Comitato Europeo di Normazione/Comitato Europeo di Normazione in
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Elettronica e Elettrotecnica) e della Commissione Europea che hanno contribuito alla redazione di questo nuovo standard.
E’ facile notare come la formulazione utilizzata nello Standard EN-ISO sia sostanzialmente la stessa della Direttiva attualmente in vigore: “A NZEB should be a building that has a very low amount of energy required associated with a typical use of the building including energy used for heating, cooling, ventilation, hot water and lighting, ..." e "The very low amount of energy required by a nearly zero-energy building should be covered to a very significant extent by energy from renewable sources, including energy from renewable sources produced on-site or nearby”.
La EN-ISO 52000 afferma esplicitamente che “the use of only one requirement, e.g. the numeric indicator of primary energy use, is misleading”. Lo Standard raccomanda di utilizzare come indicatori il fabbisogno termico (energy need) e l’energia primaria (nelle sue declinazioni “total primary use”, “non-renewable primary use without compensation”, ed eventualmente anche “non-renewable primary energy with compensation”). Lo Standard include i principi secondo cui “...energy (even renewable) should not be wasted...” e che “separate accounting for on-site, nearby and distant renewable energy provides the RER [Renewable Energy Ratio] depending on the selected perimeter”1
Tabella 2: Esempio della proposta contenuta nella ISO 52000-1:2017 per la categoria NZEB
1 Source: PD CEN ISO/TR 52000-2:2017;
- Annex J, Calculation examples, page 126
- H.3 Second requirement: The total primary energy use, page 119
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La legislazione italiana (D.lgs 2011; D.M. 2015) definisce un edificio a energia quasi zero utilizzando un set di indicatori calcolati rispetto ad un edificio di riferimento, in particolare:
• un coefficiente medio globale di scambio termico per trasmissione per unità di superficie disperdente;
• un indice di prestazione termica utile per il riscaldamento;
• un indice di prestazione termica utile per il raffrescamento;
• un indice di prestazione energetica globale dell’edificio totale (ovvero sia rinnovabile che non rinnovabile);
• indicatori di efficienza media stagionale dell’impianto di climatizzazione invernale, estivo e produzione di acqua calda sanitaria;
• un indicatore che considera l’area solare equivalente estiva per unità di superficie.
Contemporaneamente con il rispetto degli indicatori sopra elencati la legislazione nazionale prescrive il rispetto della copertura da fonti rinnovabili in accordo con l’Allegato 3 del D.lgs 28 del 2011. Il fabbisogno energetico annuale si calcola come energia primaria per singolo servizio energetico con intervalli di calcolo mensile. Lo stesso metodo si usa per l’energia da fonte rinnovabile prodotta all’interno del confine di sistema. Quest’ultima componente viene considerata nel bilancio all’interno del confine di sistema solo per contribuire ai fabbisogni del medesimo vettore energetico e fino a copertura totale del corrispondente fabbisogno. L’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile e non direttamente utilizzata dall’edificio nel mese specifico, non può essere considerata per coprire il fabbisogno energetico nei mesi in cui la produzione in sito risulti insufficiente.
Nella definizione di un indicatore in grado di rappresentare la prestazione energetica di un edificio, in alcune delle definizioni assunte in letteratura la scelta delle grandezze di riferimento del bilancio energetico e la loro quantificazione numerica varia in funzione del livello di energia assunto come riferimento. Come visto, la EN ISO 5200 richiede esplicitamente di utilizzare almeno tre indicatori (energy needs, total primary energy e non renewable primary energy) e ammette/incoraggia l’uso di ulteriori indicatori per una descrizione esaustiva del comportamento dell’edificio.
Questi livelli sono suddivisibili come segue: livello di energia primaria, livello di energia importata (negli standard EN ISO identificata come “delivered energy”), il fabbisogno energetico (energy use), il fabbisogno termico (energy need) ;Figura 2], di seguito brevemente descritti sulla base delle definizioni della norma UNI EN 15603:2008 [3] approvata dall’UNI in lingua inglese e non tradotta in italiano) o nella più recente EN ISO 52000-1:2017(c), (approvata in luglio 2017), disponibile per ora solo in lingua inglese. Di seguito alcuni estratti delle definizioni:
3.4.13 “energy need for heating or cooling” heat to be delivered to or extracted from a thermally conditioned space to maintain the intended space temperature conditions during a given period of time
3.4.12 “energy need for domestic hot water” heat to be delivered to the needed amount of domestic hot water to raise its temperature from the cold network temperature to the prefixed delivery temperature at the delivery point without the losses of the domestic hot water system
3.4.6 “delivered energy” energy, expressed per energy carrier, supplied to the technical building systems through the assessment boundary, to satisfy the uses taken into account or to produce the exported energy
(Note that delivered energy can be calculated for defined energy uses or it can be measured.)
3.4.29 “primary energy” energy that has not been subjected to any conversion or transformation process
Note 1 to entry: Primary energy includes non-renewable energy and renewable energy. If both are taken into account it can be called total primary energy.
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3.5.17 “non-renewable primary energy factor” non-renewable primary energy for a given energy carrier, including the delivered energy and the considered energy overheads of delivery to the points of use, divided by the delivered energy
3.5.21 “renewable primary energy factor” renewable primary energy for a given distant or nearby energy carrier, including the delivered energy and the considered energy overheads of delivery to the points of use, divided by the delivered energy
3.5.25 “total primary energy factor” sum of renewable and non-renewable primary energy factors for a given energy carrier
Le seguenti figure, generate nel progetto AZEB (ww.azeb.eu), illustrano visivamente i livelli energetici:
Figura 1. Livello di energia: fabbisogno termico (energy need). Progetto AZEB
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Figura 2. Livello di energia: energia primaria. Progetto AZEB
Negli standard UNI TS 11300 (1, 2, 3 e 4) gli stessi livelli energetici sono descritti con la seguente nomenclatura, in lingua Italiana
• 3.7 (UNI TS UNI/TS 11300-1:2014) fabbisogno di energia termica (utile) per riscaldamento o raffrescamento: quantità di calore che deve essere fornita o sottratta ad un ambiente climatizzato per mantenere le condizioni di temperatura desiderate durante un dato periodo di tempo.
• 3.8 (UNI TS UNI/TS 11300-1:2014) fabbisogno ideale di energia termica (utile) per riscaldamento o raffrescamento : fabbisogno di energia termica riferito a condizioni di temperatura dell'aria uniforme in tutto l'ambiente climatizzato.
• 3.1 (UNI TS UNI/TS 11300-2:2014) fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale: quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per la climatizzazione invernale in condizioni climatiche e di uso standard dell'edificio.
• 3.2 (UNI TS UNI/TS 11300-2:2014) fabbisogno annuo per la produzione di acqua calda sanitaria: quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare la richiesta annua di acqua calda per usi igienico - sanitari determinata sulla base dei fabbisogni di acqua calda calcolati in base alla presente specifica.
• 3.7 (UNI/TS 11300-2:2008) perdite di energia termica recuperate: Parte delle perdite recuperabili effettivamente utilizzate per diminuire il fabbisogno di energia termica.
• 3.15 (UNI/TS 11300-2:2008) fabbisogno netto di energia termica utile: Fabbisogno diminuito della quantità di perdite recuperate.
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Il calcolo delle quote energetiche rinnovabile e non rinnovabili si effettua applicando ai vari vettori energetici i pertinenti fattori di conversione in energia primaria non rinnovabile (fp,ren), rinnovabile (fp,ren) e totale (fp,tot),
Tabella 3: fattore di conversione in energia primaria dei vettori energetici. [Decreto 176/2017 Allegato H Regione Lombardia]
In discussione è il punto del sistema in cui calcolare il bilancio energetico per valutare la prestazione dell’edificio. Alcuni autori propongono di utilizzare uno dei livelli energetici descritti sopra, altri la CO2 o CO2 equivalente emessa, altri ancora l’energia grigia relativa ai componenti dell’edificio o l’exergia. Tra questi è l’energia primaria l’indicatore che viene utilizzato con maggior frequenza anche se risulterebbe di più facile applicazione, soprattutto per quanto riguarda la misura in campo, un indicatore basato sull’energia importata [1;4].
Infatti la possibilità di poter usufruire di un indicatore che consideri direttamente l’energia importata dall’edificio permetterebbe di verificare in maniera diretta, attraverso una campagna di monitoraggio strumentale, la prestazione dell’edificio attesa in fase di progetto. Di contro verrebbe meno il riferimento relativo all’efficienza di produzione dei vettori energetici utilizzati, normalmente considerata negli indicatori che esprimono la performance dell’edificio in termini di energia primaria (attraverso i valori dei rispettivi coefficienti di conversione da energia importata - delivered - a energia primaria).
La determinazione dei coefficienti di conversione in energia primaria dei vettori energetici è aspetto rilevante e che può essere approfondito a vari livelli, a partire dal legislatore. Essi infatti possono variare da luogo a luogo in base alla modalità di produzione ed avere ampie fluttuazioni nel tempo, anche durante una singola giornata. Si cita come esempio l’influenza che hanno le rinnovabili sulla modalità di produzione del vettore elettrico. Per un calcolo preciso sarebbe necessario affidarsi ad una modellazione che prenda in considerazione la dinamicità del valore numerico di questi fattori di conversione. Alcuni autori [5] suggeriscono un approccio “quasi-stazionario” con coefficienti di conversione variabili, calcolati su base stagionale o mensile e che considerino il peso delle oscillazioni giornaliere e dei carichi di picco.
In Figura 4 sono mostrati i livelli di energia considerati negli indicatori di prestazione dell’edificio e la tipologia di fattore di conversione in Europa.
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Figura 3. Indicatore di prestazione (sopra) e metodo di definizione del fattore di conversione di energia primaria (sotto) in Europa, fonte: [6].
Nei diversi Paesi d’Europa sono espresse scelte normative e tecniche differenti sulla definizione del confine dell’edificio, nell’individuazione del periodo di tempo sul quale calcolare il bilancio energetico e quali usi finali considerare. Ogni stato membro ha indipendentemente legiferato definendo il proprio confine del sistema sul quale calcolare il bilancio e come considerare il rapporto tra energia importata ed esportata da rinnovabile rispetto all’edificio e la sua interazione con la rete. L’individuazione del confine dell’edificio definisce a sua volta quali usi finali vengono inclusi nel calcolo del bilancio energetico [Figura 4] e come considerare la rinnovabile prodotta in sito ed esportata in rete.
Su questo tema, BPIE insieme ad alcuni autori [7], suggeriscono di non restringere troppo il confine di calcolo dell’edificio. Ad esempio, un bilancio che si limita al confine fisico dell’edificio penalizzerebbe quegli immobili che per motivi dimensionali o limitazioni varie non hanno la possibilità di installare sistemi di produzione di energia da rinnovabile. Un bilancio che non è legato alle dimensioni dell’edificio consentirebbe di considerare l’eventuale contributo di energia rinnovabile prodotta su edifici vicini, comunque con una connessione fisica all’edificio di breve estensione. Il concetto di in suto, nelle immediate vicinanze o distante è schematizzato in Figura 3 Figura 4.
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Figura 4. Rappresentazione grafica dei perimetri, da ISO 52000-1:2017(E).
Griffiths & Nolte [7] sostengono che un bilancio energetico su base mensile è sufficientemente affidabile per quantificare le emissioni in atmosfera associate ai bisogni energetici dell’edificio. Questa è la direzione
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Analogamente a quanto accaduto nel processo di definizione del confine del sistema e della base temporale sulla quale calcolare le prestazioni energetiche di un edificio, ogni Stato Membro ha definito, secondo propri criteri, quali usi finali debbano essere considerati all’interno del bilancio energetico. A sostegno di ciò si cita come esempio il fatto che l’EPBD recast non impone alcun obbligo nel considerare all’interno del bilancio energetico la domanda di energia elettrica associata alle utenze domestiche che non sono destinate alla climatizzazione degli edifici
Marszal et al [4] sostengono che nel determinare la prestazione energetica di un edificio dovrebbero essere considerati solo i fabbisogni energetici (energy use) che non dipendono dalla gestione dell’occupante e dalle condizioni ambientali che potrebbero indurre dei comportamenti imprevedibili da parte degli utenti. Questo significa, per gli edifici non residenziali, limitare il calcolo al solo riscaldamento, raffrescamento, controllo dell’umidità, ventilazione, acqua calda sanitaria e illuminazione. Al fine di ottenere un quadro completo della prestazione dell’edificio e della sua interazione con la rete, tutti i carichi legati ai diversi usi degli edifici dovrebbero essere considerati nel bilancio, inclusi gli elettrodomestici e le apparecchiature elettriche. Questo agevolerebbe la comprensione del profilo di carico proveniente da campagne di monitoraggio dei consumi reali dell’edificio da confrontare con le previsioni di progetto.
Figura 5. Fabbisogni energetici (energy use) inclusi nelle diverse definizioni del bilancio energetico nei diversi stati membri d’Europa, fonte: [6]
Essendo la destinazione d’uso di riferimento del presente rapporto quella della scuola, risulta importante approfondire la tematica dei consumi per l’illuminazione interna. L’energia spesa per l’illuminazione degli ambienti interni ed esterni di un immobile rappresenta una componente non trascurabile nel bilancio energetico dell’edificio. All’interno di un rapporto dell’International Energy Agency (IEA) ripreso da Tanishima e Waide [8], è stato affermato che il 19% dell’energia prodotta a livello mondiale è consumata dagli impianti di illuminazione. Questo a causa anche dell’obsolescenza degli apparecchi illuminanti (con
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vetustà superiori a 20 anni), caratterizzati da basse efficienze. Phol et al [9] quantificano che oltre il 90% degli apparecchi illuminanti installati ricadono in questa condizione.
Da qui la necessità di ridurre la componente di energia consumata dall’impianto di illuminazione, al fine di migliorare la prestazione dell’edificio, ridurre i costi di gestione e manutenzione degli apparecchi illuminanti, ridurre i costi energetici. Questa riduzione non può però compromettere le condizioni di comfort visivo all’interno degli edifici. Nasce dunque l’esigenza individuare degli indicatori prestazionali in grado di valutare il benessere luminoso degli spazi confinati.
Linhart e Scartezzini [10] mostrano come oggi sia possibile raggiungere potenze di apparecchi illuminanti installati inferiori di 5 W/m2 in edifici per uffici raggiungendo adeguate condizioni di benessere visivo. Li et al. [11] dimostrano come in un edificio scolastico sia possibile raggiungere riduzioni di consumi di energia associati all’illuminazione artificiale fino al 28% prevedendo l’installazione di apparecchi illuminanti ad alta efficienza e sistemi di dimmeraggio controllato. Gli stessi autori mostrano come un’ulteriore riduzione sia possibile attraverso uno sfruttamento prolungato nel tempo della luce naturale, contenendo al tempo stesso i carichi richiesti per la climatizzazione estiva grazie all’impiego di adeguati sistemi di schermatura solare. La concomitanza di esigenze differenti, ovvero di garantire livelli di illuminamento dei piani di lavoro adeguati, consentire l’ingresso di radiazione luminosa, evitare fenomeni di abbagliamento e contenere l’aumento dei carichi per la climatizzazione estiva, risulta un tema progettuale da non sottovalutare. Questo impone al progettista di dotarsi di strumenti adatti che gli consentano di fare le opportune valutazioni e le scelte progettuali più pertinenti rispetto al caso in esame.
Si riporta come esempio il risultato di un’analisi di un intervento di riqualificazione energetica di un edificio scolastico sito nella città di Milano [12]. L’obiettivo è di trasformare l’immobile esistente in un edificio a energia quasi zero. L’analisi condotta in fase di progettazione, attraverso l’applicazione di una simulazione energetica in regime dinamico mostra un incremento della domanda di energia da dedicare all’illuminazione artificiale durante il periodo di raffrescamento, tuttavia associata ad una più considerevole riduzione della domanda di energia per raffrescamento (sia in termini di energia termica utile sia in termini di energia elettrica per le macchine di raffrescamento) come si può vedere in Figura 6. Questo succede perché, al fine di massimizzare le condizioni di comfort termico interno e contemporaneamente minimizzare i consumi energetici per garantire tali condizioni, sono state simulate strategie passive volte a limitare l’ingresso della radiazione solare nei momenti in cui questa non sarebbe risultata favorevole. Queste strategie hanno al tempo stesso ridotto la disponibilità di luce naturale agli ambienti, comportando un’attivazione anticipata dei sistemi di illuminazione artificiale per garantire livelli di illuminamento adeguati [Figura 6]. L’incremento dei consumi associati all’illuminazione degli ambienti è riscontrabile anche durante il periodo invernale. In questo caso l’attuazione di sistemi di protezione solare risulta disabilita in quanto si vuole massimizzare l’ingresso di radiazione solare negli spazi condizionati. Il maggior consumo è dovuto ad un controllo dei livelli di illuminamento nel rispetto della normativa vigente. Nella simulazione pre-retofit l’accensione delle luci avveniva manualmente in base alla sensibilità dell’occupante rispetto alla disponibilità di luce naturale nell’ambiente. Generalmente l’attivazione dell’illuminazione artificiale avviene quando i valori di illuminamento sul piano di lavoro sono molto bassi, ben al di sotto dei livelli di qualità indicati dagli standard normativi. Nelle simulazioni post-retrofit il livello di illuminamento degli ambienti interni viene controllato e mantenuto da un sistema automatizzato in grado di compensare, attraverso l’accensione dell’illuminazione artificiale, i ridotti livelli di illuminamento forniti dalla luce naturale in ingresso dalle superfici finestrate. Osservando la prestazione energetica nel suo complesso, includendo gli usi finali per riscaldamento, raffrescamento, ventilazione, apparecchiature elettriche impianto di illuminazione, è evidente come un edificio ben progettato, con adeguati livelli di isolamento termico, con l’installazione di sistemi di ventilazione meccanica con ottime efficienze di recupero di calore, con la predisposizione di sistemi attivi di schermatura solare e scegliendo elementi trasparenti caratterizzati da ottime performance sia termiche che luminose, sia possibile ottenere importanti risparmi energetici, consentendo al tempo stesso di migliorare significativamente le condizioni di comfort degli spazi climatizzati.
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Figura 6. Analisi comparativa della quantità di energia elettrica prelevata dalla rete (delivered energy) , in assenza di un impianto fotovoltaico, suddivisa per uso finale. I risultati delle simulazioni sono riferiti alla condizione pre-retrofit (a sinistra) e post-retrofit (a destra).
Lo sviluppo di criteri e la definizione di indicatori che siano in grado di valutare parallelamente la domanda di energia elettrica per il funzionamento dell’impianto di illuminazione, senza pregiudicare eccessivamente le condizioni di comfort luminoso risultano essere sempre più un elemento chiave nella valutazione degli interventi di riqualificazione degli edifici. La strategia progettuale dovrebbe consentire di massimizzare lo sfruttamento della luce naturale al fine di garantire qualità visiva, limitando al tempo stesso il rischio di fenomeni di abbagliamento e gli apporti solari durante la stagione di raffrescamento.
In questa direzione va lo standard svizzero SIA 387/4 del 2017 [13]. Rispetto allo standard EN 15193-1 [14], la SIA 387/4 si pone come obiettivo l’utilizzo efficiente dell’energia per l’illuminazione degli ambienti. Nella norma sono indicate due metodologie di calcolo: calcolo del carico elettrico specifico e delle ore di pieno carico per l’illuminazione (metodo semplificato), calcolo su base oraria molto simile a quello indicato nella norma EN 15193-1 (metodo dettagliato).
L’indicatore di riferimento è il consumo di energia espresso come carico specifico moltiplicato per le ore di pieno carico.
Il metodo semplificato calcola per ogni singolo ambiente il carico specifico considerando le esigenze di illuminazione, le caratteristiche tecnologiche del sistema di illuminazione, le caratteristiche dello spazio confinato in termini di luminosità e la direzione di provenienza della luce. Le ore di pieno carico vengono calcolate utilizzando un fattore che considera la disponibilità di luce naturale, le strategie di controllo dei corpi illuminanti, le modalità di utilizzo e gestione dell’ambiente.
Il metodo dettagliato prevede un calcolo più preciso della disponibilità di luce naturale e definisce una indicazione del carico specifico su base oraria.
Per i piccoli edifici (inferiori ai cento metri quadri) lo standard definisce dei requisiti minimi di efficienza energetica sulla base della prestazione dei corpi illuminanti, di un valore di riflessione delle superfici edilizie della stanza, del rischio del fenomeno di abbagliamento e del sistema di controllo dell’ingresso della radiazione solare.
Per gli edifici superiori ai cento metri quadri nello standard vengono definiti dei requisiti prestazionali espressi in termini di potenza installata, oppure in alternativa come energia consumata, entrambi
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Tabella 4. Benchmark esistente, limiti e valori target per l'efficienza degli impianti di illuminazione artificiale, da SIA 387/4: 2017
Room type | Specific power installed (W/m2) | Specific energy consumption (kWh/m2) | ||||
Existing building | Limit | Best practice | Existing building | Limit | Best practice | |
Hotel room | 16,5 | 7,7 | 5,0 | 10,7 | 5,0 | 2,2 |
Lobby, entrance | 13,2 | 6,6 | 4,3 | 49,6 | 24,8 | 11,8 |
Single office, group office | 15,9 | 12,5 | 8,1 | 22,3 | 17,5 | 2,8 |
Open space office | 12,5 | 9,8 | 6,4 | 24,4 | 19,2 | 7,0 |
Meeting room | 15,9 | 12,5 | 8,1 | 11,9 | 9,4 | 1,6 |
Entrance, | 12,4 | 7,1 | 4,6 | 14,9 | 8,5 | 2,1 |
Classroom | 14,1 | 11,0 | 7,2 | 18,3 | 14,4 | 3,2 |
Teachers room | 11,7 | 7,5 | 4,9 | 13,4 | 8,6 | 1,2 |
Library | 10,3 | 5,9 | 3,8 | 13,9 | 8,0 | 2,1 |
Auditorium | 12,5 | 9,8 | 6,4 | 21,3 | 16,7 | 6,0 |
School laboratory | 14,1 | 11,0 | 7,2 | 18,3 | 14,4 | 3,2 |
Grocery shop | 23,3 | 14,9 | 9,7 | 93,0 | 59,8 | 38,8 |
General shop | 23,3 | 14,9 | 9,7 | 93,0 | 59,8 | 38,8 |
DIY shop | 18,6 | 12,0 | 7,8 | 74,4 | 47,8 | 31,0 |
Restaurant | 10,3 | 5,9 | 3,8 | 25,8 | 14,7 | 5,5 |
Self service restaurant | 6,1 | 3,5 | 2,3 | 9,2 | 5,3 | 2,0 |
Restaurant kitchen | 23,9 | 18,8 | 12,2 | 58,5 | 45,9 | 20,7 |
Self service kitchen | 18,8 | 14,7 | 9,5 | 35,6 | 28,0 | 14,8 |
Display room | 10,8 | 7,0 | 4,5 | 32,5 | 20,9 | 13,5 |
Multipurpose room | 10,8 | 7,0 | 4,5 | 29,8 | 19,2 | 8,8 |
Exhibition hall | 10,8 | 7,0 | 4,5 | 59,6 | 38,3 | 17,6 |
Bedroom (Hospital) | 13,6 | 6,8 | 4,4 | 21,0 | 10,5 | 3,5 |
Service room (Hospital) | 19,5 | 12,5 | 8,1 | 110,1 | 70,8 | 35,7 |
Medical room (Hospital) | 15,9 | 12,5 | 8,1 | 39,4 | 30,9 | 7,9 |
Production (heavy) | 10,8 | 7,0 | 4,5 | 42,8 | 27,5 | 10,4 |
Production (light) | 14,8 | 11,6 | 7,5 | 22,9 | 18,0 | 5,6 |
Laboratory | 16,3 | 12,8 | 8,3 | 19,5 | 15,3 | 3,3 |
Warehouse | 11,3 | 7,3 | 4,7 | 44,6 | 28,7 | 10,8 |
Gym room | 17,6 | 11,3 | 7,3 | 37,8 | 24,3 | 8,1 |
Fitness room | 9,9 | 6,4 | 4,1 | 31,3 | 20,1 | 7,5 |
Indoor pool | 11,3 | 7,3 | 4,7 | 29,4 | 18,9 | 6,1 |
Circulation | 7,1 | 3,5 | 2,3 | 1,6 | 5,8 | 1,5 |
Circulation (24 h - hospital) | 12,4 | 7,1 | 4,6 | 41,4 | 23,6 | 7,1 |
Staircase | 12,4 | 7,1 | 4,6 | 21,0 | 12,0 | 3,4 |
Secondary room | 6,0 | 3,0 | 1,9 | 8,4 | 4,2 | 0,6 |
Kitchen (office) | 8,9 | 5,1 | 3,3 | 7,6 | 4,3 | 0,5 |
WC, bathroom, shower | 10,5 | 6,0 | 3,9 | 8,9 | 5,1 | 0,6 |
WC | 17,3 | 9,9 | 6,4 | 13,8 | 7,9 | 1,0 |
Wardrobe, shower | 9,9 | 5,7 | 3,7 | 8,4 | 4,8 | 0,9 |
Parking | 2,9 | 1,4 | 0,9 | 4,6 | 2,2 | 0,7 |
Laundry room | 13,2 | 8,5 | 5,5 | 14,5 | 9,4 | 1,7 |
Cold room | 5,7 | 2,8 | 1,8 | 0,3 | 0,1 | 0,1 |
Server room | 6,7 | 3,3 | 2,2 | 0,3 | 0,2 | 0,1 |
La definizione di un indicatore specifico che esprima il consumo per l’illuminazione degli ambienti, è utile per indirizzare i progettisti verso sistemi più efficienti. In questa direzione sarebbe interessante valutare la possibilità di definire dei limiti prestazionale come ad esempio fa lo standard svizzero SIA 387/4:2017. Per far ciò è necessario disporre di un benchmark affidabile in grado di definire i valori soglia da assumere come
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riferimento, suddivisi per tipologia di edificio ed ambiente, sulla base della destinazione d’uso od in base alla tipologia di attività svolta.
Studi in questa direzione sarebbero auspicabili, in quanto altrimenti, tale tipologia di indicatore non disporrebbe di adeguati valori soglia con cui confrontarsi o da rispettare.
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2.2 Indicatori prestazionali energetico-ambientali per gli edifici ad uso scolastico
Di seguito vengono proposti, commentati ed in alcuni casi criticati una serie di indicatori prestazionali energetico-ambientali che potrebbero essere assunti come riferimento per gli scopi del presente accordo di programma. Tali indicatori sono definiti sulla base delle esperienze e conoscenze acquisite dal gruppo eERG durante la partecipazione a progetti europei (si citano ad esempio i progetti: Commoncense, PassReg, Renew School, EU GUGLE ecc…), collaborazioni internazionali (vari IEA Annexes) e pubblicazioni scientifiche. Nella selezione degli indicatori è stata considerata la fattibilità tecnica e la sostenibilità economica derivante da una applicazione su larga scala dei metodi di calcolo e delle campagne di monitoraggio propedeutiche alla definizione numerica dei KPI selezionati. Questo introduce delle semplificazioni. Per questo in alcuni casi vengono proposti set di indicatori che, seppur ritenuti utili ed interessanti per gli obiettivi prefissati, necessiterebbero di ulteriori studi per approfondirne l’applicazione anche in contesti più comuni.
2.2.1 Quantificazione del risparmio energetico
Gli indicatori di prestazione energetica che quantifichino il fabbisogno termico e la domanda di energia primaria dell’edificio permettono di avere un quadro chiaro del grado di efficienza dell’involucro edilizio e della prestazione complessiva del sistema edificio-impianto e sono fondamentali in fase di progettazione e certificazione.
D’altro canto questi indicatori vanno calcolati a partire da altre grandezze in quanto non sono direttamente misurabili. Questo vale anche per le nuove costruzioni.
Ad esempio il fabbisogno termico per riscaldamento e raffrescamento, che viene definito dalla norma EN 15603 [3] come la quantità di calore da fornire o da estrarre, rispettivamente verso e da un spazio climatizzato per mantenere determinati livelli di temperatura, non può essere misurato in maniera diretta. Nella realtà questa grandezza può includere trasferimenti di calore non prevedibili in fase di calcolo, dovuti ad una distribuzione non uniforme delle temperature. Infatti, anche se si provasse a misurare l’energia scambiata da un generico sistema di emissione dedicata ad uno specifico ambiente climatizzato questa risulterebbe influenzata quantomeno dal rendimento del sistema di regolazione e del sistema di emissione stesso. Se invece si tentasse di misurare l’energia primaria fornita ad un edificio, questo significherebbe confrontarsi costantemente con un fattore di conversione di energia primaria che, come discusso nel paragrafo 2.1 può variare nel tempo in funzione della disponibilità di produzione di energia da rinnovabile ed immessa in rete, come normalmente accade per il vettore elettrico. Questo fattore di conversione è difficilmente controllabile in quanto varia istante con istante, in funzione del mix energetico a disposizione dell’ente responsabile della fornitura e dipende dalle modalità di distribuzione e produzione dell’energia che vengono determinate su scala più ampia rispetto al singolo edificio.
Anche se non è possibile misurare direttamente i fabbisogni termici (energy need) per riscaldamento e raffrescamento è tuttavia possibile valutare alcune grandezze e caratteristiche alle quali tali fabbisogni sono correlati. Pertanto per la valutazione delle prestazioni energetiche dell’edificio si ritiene importante analizzare alcune caratteristiche relative all’isolamento termico ed alla tenuta all’aria dell’involucro edilizio, all’inerzia termica, alla protezione solare delle superfici trasparenti, al funzionamento della ventilazione naturale e meccanica. Si elencano qui di seguito alcune di queste grandezze, quelle che si ritengono importanti da valutare come indicatori prestazionali:
• le trasmittanze termiche delle pareti;
• la composizione della stratigrafia dei componenti di involucro e dei principali componenti di partizione interna, per la valutazione della massa termica e per l’applicazione di altre possibili analisi (ad esempio costruzione di modelli di calcolo energetico e/o simulazione energetica dinamica);
• le trasmittanze termiche dei sistemi finestrati;
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• la presenza di protezioni solari (presenza o meno, posizione esterna o interna, tipologia, colore e caratteristiche superficiali, caratteristiche dimensionali, ecc.)
• tenuta all’aria dell’involucro;
• parametri per valutare l’uso e le potenzialità della ventilazione naturale per il ricambio d’aria e il raffrescamento passivo (caratteristiche dimensionali delle finestre, disposizione, modalità di apertura delle finestre, ecc.);
• presenza di sistema di ventilazione meccanica con recupero di calore e sue caratteristiche (portata d’aria - minima, media, massima, di progetto, potenza elettrica specifica di ventilazione - specific fan power [W/m3], efficienza di recupero di calore, adozione di controlli automatici)
• presenza e caratteristiche di docce a basso flusso e riduttori di portata per i rubinetti nei bagni e negli spogliatoi delle strutture collegate alla scuola.
Si ritiene anche utile raccogliere ed analizzare informazioni sull’illuminazione artificiale degli spazi interni (e se possibile anche esterni, soprattutto se la domanda di energia per illuminare questi ultimi viene monitorata insieme agli altri usi). Si riconoscono queste caratteristiche utili come possibili indicatori:
• potenza elettrica installata per l’illuminazione;
• tipologia, numero e disposizione degli apparecchi illuminanti;
• presenza o meno di sistemi di controllo automatici per l’accensione, lo spegnimento e la regolazione dell’illuminazione (ad es. sensori di presenza, sensori di illuminamento, timer, sistemi di dimmeraggio);
Risulta difficile caratterizzare le prestazioni di ciascuna strategia sopra elencata in un unico indicatore. Si pensi ad esempio alla trasmittanza termica dei componenti opachi, trasparenti, oppure alla valutazione della massa degli elementi di involucro, questi potrebbero variare da componente a componente soprattutto quando l’obiettivo è caratterizzare le performance di un intervento di riqualificazione su un edificio esistente. Nonostante questa difficoltà la raccolta di queste informazioni e caratteristiche può consentire di fare delle valutazioni più complete sugli altri indicatori prestazionali misurati di cui si scrive qui di seguito.
Per valutare gli effetti che hanno uno o più interventi di efficienza energetica su un edificio scolastico esistente, può risultare interessante definire un indicatore in grado di quantificare il risparmio di energia conseguito a fronte della realizzazione di tali interventi. Per far ciò e necessario affidarsi ad indicatori che possono essere facilmente misurabili. L’energia importata (delivered energy), rispetto ai quattro livelli di energia ed ai diversi confini del sistema risulta essere il punto di misura più adatto allo scopo. Infatti il consumo di energia richiesto per gli usi finali dell’edificio può essere relativamente facilmente misurato con l’installazione di misuratori di energia. In aggiunta la misura dell’energia importata include tutti gli effetti dovuti alle variabili indipendenti che non sono strettamente legate al comportamento del sistema edificio- impianto, come ad esempio il comportamento dell’utente. Nel caso in cui l’edificio ospiti dei sistemi impiantistici in grado di produrre dell’energia da fonte rinnovabile, sarà necessario misurarne la quota parte.
La misura del consumo di energia prima e dopo l’attuazione di strategie di efficientamento energetico, fornisce utili indicazione in merito alle prestazioni energetiche dell’edificio durante il periodo di osservazione, ma allo stesso tempo questa misura non risulta essere sufficiente per quantificare il risparmio energetico ottenuto. Questo perché la prestazione dell’edificio è legata alle condizione climatiche dell’ambiente esterno durante il periodo di misura. Mettere a confronto risultati ottenuti monitorando stagioni di riscaldamento e raffrescamento caratterizzate da condizioni climatiche esterne differenti può compromettere in modo consistente la valutazione dei risparmi energetici. Per tale motivo è necessario
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correggere i risultati dei monitoraggi sulla base del clima esterno che ha contraddistinto i rispettivi tempi di osservazione. La descrizione del clima esterno permetterà di proiettare nel tempo i dati misurati nella condizione di pre-retrofit, permettendo così un confronto diretto con i risultati del post retrofit. In questo modo si otterrà la prestazione dell’edificio a valle degli interventi di efficientamento, direttamente attraverso una misura strumentale e la prestazione dell’edifico prima degli interventi edilizi, calcolando un profilo di consumo corretto in base al clima esterno misurato più recente. Questo permetterà di quantificare il risparmio energetico come la differenza tra il consumo energetico dell’edificio riqualificato (Post-retrofit), possibilmente suddiviso nei suoi diversi usi finali ed il consumo “proiettato” dell’edificio misurato nel suo stato di fatto (Pre-retrofit).
Risparmio = Energia Importata Pre-retrofit proiettata alle condizioni post retrofit – Energia Importata Post-retrofit
Figura 7. Quantificazione del risparmio. (Fonte: ASHRAE 14-2002 [15])
L’iter procedurale da assumere come riferimento nel calcolo del risparmio energetico, sulla base di quanto indicato dall’ASHRAE 14-2002, potrebbe essere il seguente:
1) Progettare un piano delle misure dell’energia importata in funzione della tipologia degli interventi di efficienza che si vogliono attuare sull’edificio esistente;
2) Sulla base del piano di cui al punto 1), procedere con una campagna di misura dell’energia importata dedicata ad uno o più usi finali a servizio dell’edificio nel suo stato di fatto (baseline). La durata della campagna di misura dovrebbe essere almeno pari ad un’intera stagione / periodo rappresentativo dell’uso sul quale le misure di efficienza energetica andranno ad impattare (ad es. un’intera stagione di riscaldamento e/o raffrescamento, etc.). Contemporaneamente dovranno essere misurate le variabili indipendenti che saranno utilizzate per proiettare i consumi del baseline nel periodo di misura del post- retrofit (ad esempio la temperatura dell’aria esterna);
3) Dopo aver attuato gli interventi di efficienza previsti a progetto, procedere con una nuova campagna di misura (post-retrofit), includendo quantomeno la misura dei medesimi flussi energetici misurati per il baseline. Sulla durata minima del periodo di monitoraggio valgono le considerazione di cui sopra.
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4) Procedere al calcolo della domanda di energia importata che l’edificio avrebbe avuto nel suo stato di fatto proiettato nel clima che ha caratterizzato il monitoraggio del post retrofit (baseline corretto).
5) Calcolare il risparmio energetico ottenuto come semplice differenza tra il monitoraggio post retrofit ed il
baseline corretto riscrivendo così l’equazione sopra proposta nel seguente modo:
Risparmio = Energia Importata Baseline Corretto – Energia Importata Post-retrofit
Il metodo proposto da ASHRAE implicherebbe l’applicazione di modelli complessi che richiederebbero maggiori sforzi nell’applicazione dei modelli e nel monitoraggio delle variabili di ingresso ai modelli stessi.
Per una maggiore operatività del metodo è possibile, a questo livello di dettaglio applicare i modelli proposti dall’Allegato B EN 15603:2008 relativamente alla firma energetica e di seguito sintetizzato:
Ф= Ф0-Hϑe
Ф: energia importata corretta;
Ф0: energia importata dall’edificio nella condizione in cui la temperatura dell’aria esterna sia pari a 0 °C; H: pendenza della retta interpolatrice;
ϑe: variabile indipendente (nel caso specifico la temperatura media dell’aria esterna sulla base dell’arco temporale assunto come riferimento).
Questo approccio semplificato permette di avere delle indicazioni dei risparmi energetici conseguiti sugli usi finali che sono dipendenti dalle condizioni climatiche esterne (riscaldamento e raffrescamento). Non permette ad esempio di valutare direttamente gli effetti dovuti ad miglioramento nella gestione dell’umidità interna (che ha comunque un effetto limitato sul comfort, anche secondo il metodo di Fanger – PMV, si veda ISO 7730) , nonché quelli dovuti ad un utilizzo più responsabile dell’edificio da parte degli occupanti.
Uno dei principali impatti nella progettazione di un edificio è il comfort termico degli ambienti interni. Un scarsa qualità ambientale potrebbe generare nell’occupante situazioni di disagio psicofisico, problemi di salute (effetto diretto) oppure una riduzione della produttività (effetto indiretto). Questi aspetti assumo ancora una maggiore importanza per gli edifici scolastici dove gli occupanti, indipendentemente dalla loro età, passano una buona parte del loro tempo e dove è richiesto un livello di attenzione ed una capacità di apprendimento costante.
Qualsiasi approccio progettuale che abbia lo scopo di realizzare un edificio ad alte prestazioni energetiche, mediante interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione, non può non considerare le condizioni di comfort interne e di qualità dell’aria a cui gli occupanti saranno esposti.
Tale concetto viene ripreso e rafforzato dalla EN 15251 [16]: “l’indicazione della prestazione energetica di un edificio senza dare informazioni relative alle condizioni ambientali interne non ha senso. Di conseguenza, sussiste il bisogno di specificare criteri per la progettazione della qualità ambientale degli ambienti interni, per effettuare calcoli energetici, per definirne le prestazioni ed il funzionamento degli edifici”.
Questo significa che specifiche prestazionali riferite al comfort termico dovrebbero essere parte integrante della progettazione e chiaramente esplicitate nella definizione di un edificio a basso consumo energetico o ZEB.
Tuttavia, indirizzare la progettazione al fine di garantire determinate condizioni di comfort significa allo stesso tempo incidere sulla prestazione energetica dell’edificio [17] . Ad esempio, gli obiettivi di comfort termico esplicitati nei diversi standard (tra cui lo standard EN 15251), dovrebbero essere utilizzati come
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Accordo di Programma MSE-ENEA
criteri per la progettazione dell’edificio e dei suoi sistemi impiantistici, in particolare quelli dedicati alla climatizzazione degli ambienti, al rinnovamento dell’aria interna, all’illuminazione. Gli stessi standard identificano anche quali parametri devono essere utilizzati per monitorare e mostrare le prestazioni dell’edificio [17]. Questo tipo di approccio può comportare un eccessivo utilizzo non giustificabile dei sistemi impiantistici con conseguenti aumenti dei consumi energetici ed una riduzione delle performance energetiche dell’edificio. Questo rischio è confermato dai risultati di campagne di monitoraggio eseguite su edifici esistenti [18]. L’applicazione di modelli di comfort differenti, basati su calcoli, oppure su dati provenienti da monitoraggi di lungo periodo, se comparati con indagini in cui viene chiesto agli occupanti di esprimere la sensazione termica percepita all’interno dell’ambiente confinato, spesso evidenziano delle incongruenze. Gli stessi modelli se applicati in parallelo posso generare risultati discordanti. Nel caso in cui invece emergano delle condizioni di discomfort, sulla base delle esperienze condotte in diversi progetti europei, può accadere che la causa del discomfort possa risultare opposta rispetto alla percezione dell’occupante (freddo invece che caldo e viceversa [17]). In questi casi, se venisse lasciata la libertà all’occupante di gestire gli impianti di climatizzazione, tale contrapposizione potrebbe generare un utilizzo poco consapevole dei sistemi impiantistici con evidenti ricadute sulla prestazione energetica.
È bene evitare quindi di applicare contemporaneamente diversi indicatori di comfort.
Figura 8. Numero di indici di discomfort proposti in letteratura (cumulativo) [19].
La maggior parte di questi indici è stata sviluppata per valutare condizioni di discomfort estivo per troppo caldo e solo alcuni di essi per definire il comfort invernale.
Alcuni standard più recenti definiscono specifici indicatori per la caratterizzazione del comfort interno agli edifici. Gli standard ASHRAE 55 [20] e EN 15251 [16] hanno introdotto il modello di comfort adattivo per gli edifici ventilati naturalmente e privi di impianti di climatizzazione durante la stagione calda. La ISO 7730
[21] utilizza il Voto Medio Previsto (Modello PMV o la Percentuale Prevista di Insoddisfatti PPD) per gli edifici riscaldati e raffrescati meccanicamente. La ISO 7730 e la EN 15251 introducono il concetto della categoria di comfort basata su intervalli differenti di PMV/PPD oppure rispetto ai valori di temperatura operativa. Queste categorie sono spesso sintetizzate in un unico indicatore di lungo periodo che considera la percentuale di tempo in cui i requisiti prestazionali associati ad ogni indicatore non vengono rispettati. Questi indicatori risultano essere quelli maggiormente utilizzati ed al tempo stesso discussi per la caratterizzazione del comfort negli edifici. Infatti anche i recenti “Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici” del decreto ministeriale del 24 dicembre 2015 e pubblicato in Gazzetta ufficiale in data
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21 gennaio 2016 impone di garantire condizioni di benessere termo-igrometrico adeguate da valutare calcolando gli indicatori PMV/PPD.
In linea con la legislazione nazionale si propone di utilizzare, per gli edifici climatizzati meccanicamente, sia in stagione di riscaldamento che in raffrescamento, gli indicatori proposti dalla ISO 7730. Mentre nel caso in cui l’edificio scolastico nella stagione di raffrescamento sia privo di sistemi attivi di climatizzazione e di ventilazione meccanica e la gestione del microclima interno avvenga esclusivamente attraverso l’utilizzo di strategie passive in dotazione all’involucro ed attraverso la ventilazione naturale (ad esempio durante le ore della notte) si suggerisce di applicare il modello di comfort adattivo proposto dalla EN 15251.
Gli stessi standard propongono delle etichettature sulla base di classi (ISO 7730) o categorie (EN 15251) definite da intervalli di PMV/PPD oppure di temperatura operativa. Questi modelli di classificazione danno informazioni sulla percentuale di tempo in cui un’ambiente ricade al di fuori della categoria di riferimento ma non permetto una diretta individuazione della causa della condizione di discomfort (freddo o caldo). Si ritiene che la conoscenza della causa del discomfort sia rilevante nella gestione dell’edificio e nella definizione di interventi migliorativi.
La simmetria dell’indicatore è un argomento che merita attenzione. Indicatori simmetrici sono indicatori in grado di restituire una informazione che consideri sia dei superamenti superiori che inferiori rispetto a dei limiti imposti. Indicatori asimmetrici invece sono in grado di dare indicazione sul superamento superiore o inferiore rispetto ad un unico limite di soglia. Un indicatore simmetrico potrebbe ben rappresentare la causa del discomfort in edifici climatizzati e ventilati meccanicamente mettendo in evidenza situazioni di disagio psicofisico per troppo freddo o troppo caldo (PMV/PPD). Negli edifici ventilati naturalmente può essere sufficiente un indicatore asimmetrico che identifichi i periodi di tempo in cui si ha un surriscaldamento degli ambienti interni durante la stagione calda (adattivo).
Questa tipologia di indicatori mira ad informare, attraverso l’espressione di un valore numerico rappresentativo della stagione di riscaldamento o di raffrescamento, la percentuale di tempo in cui le condizione igro-termiche interne stanno all’interno oppure all’esterno di determinati intervalli. Questo può in alcuni casi generare delle sottostime associate a condizioni di forte stress termico percepibile all’interno dell’edifico. Si prenda ad esempio il caso della stagione di raffrescamento. Ad oggi non esistono indicazioni precise e condivise su quando abbia inizio e fine la stagione di raffrescamento. Un progettista od un consulente che ha il compito di valutare le performance energetiche e ambientali dell’edificio potrebbe decidere di includere all’interno del periodo di calcolo anche i mesi primaverili e autunnali connotati da un clima esterno tendenzialmente mite. Considerare questi mesi all’interno di un unico indicatore stagionale potrebbe “mitigare” situazioni di eccessivo discomfort causate da esposizioni prolungate degli utenti a condizioni critiche di surriscaldamento degli ambienti durante i mesi estivi centrali. Tale problematica è molto meno evidente durante la stagione invernale in quanto il periodo di riscaldamento è solitamente ben identificato. Ulteriori studi che puntino alla definizione del periodo di raffrescamento, nella definizione delle condizioni di comfort durante la stagione calda, sarebbero auspicabili. In via del tutto transitoria potrebbe risultare interessante esprimere gli indicatori di comfort termico al di fuori della stagione di riscaldamento, su base mensile e non su base stagionale. In questo modo sarebbe possibile individuare con maggior facilità i mesi caratterizzati da condizioni di benessere particolarmente critiche per troppo caldo, consentendo così di valutare in modo puntuale le strategie correttive e di miglioramento da attuare sull’edificio.
Ulteriore variabile che ha una influenza sull’ambiente termico all’interno di un edificio, è il comportamento dall’occupante. Questo è indipendentemente dalle caratteristiche tecnologiche dell’edificio. Sarebbero auspicabili studi che puntino a normalizzare gli indicatori di comfort al fine di ridurre l’effetto dell’occupante sul risultato finale. Lo scopo è di rendere confrontabili più edifici, caratterizzati da profili di occupazione e gestione dell’edificio da parte degli utenti differenti.
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In letteratura sono presenti diversi studi che hanno avuto come obiettivo quello di definire specifici indicatori in grado di caratterizzare il comfort visivo degli ambienti confinati in funzione delle esigenze degli occupanti. Tra questi, le attenzioni maggiori sono state rivolte allo studio ed alla valutazione della luce disponibile all’interno di un ambiente, alla distribuzione uniforme dei livelli di illuminamento, alla previsione del rischio di abbagliamento, sia da luce naturale che da luce artificiale.
Il comfort luminoso, in letteratura conosciuto anche come comfort visivo, è definito nello standard EN 12665 [22] come una condizione soggettiva di benessere visivo indotta da un ambiente. Esso dipende dalla fisiologia dell’occhio umano, dalla quantità e dalla distribuzione della luce all’interno dello spazio e dall’emissione spettrale delle sorgenti luminose.
Come riproposto da Carlucci et al [23], in letteratura e negli standard che si sono succeduti dalla metà del novecento ad oggi, sono stati proposti ben più di trenta tipologie di indicatori per la definizione di condizioni di benessere visivo all’interno di un ambiente di un edificio [Figura 9].
Light distribution | Famiglia di descrittori che definiscono come equamente la luce si diffonde su un compito visivo. |
Quality of light | Famiglia di descrittori che hanno lo scopo di definire la qualità percepibile da un occupante in merito alla tipologia di sorgente luminosa (naturale o artificiale). |
Glare | Famiglia di descrittori che hanno lo scopo di prevedere fenomeni di abbagliamento visivo dovuto a luce artificiale o naturale. |
Amount o f light | Famiglia di descrittori che quantificano la disponibilità di luce necessaria a svolgere un compito. Solitamente definiti come un livello di illuminamento sul piano di lavoro. |
Figura 9. Numero degli indici di comfort proposti dal 1950 ad oggi.
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Tabella 5. Quadro riassuntivo degli indici di comfort visivo individuati da standard internazionali e presenti nella letteratura scientifica[23].
È evidente come nessuno degli indicatori presenti in letteratura ad oggi sia in grado di caratterizzare il comfort visivo in un unico indice ed in un unico valore numerico. Questo perché il comfort visivo è interessato da diversi fattori che coesistono contemporaneamente. Gli indici proposti dagli standard o dalla letteratura scientifica sono costruiti per valutare ciascun descrittore di comfort singolarmente (livelli illuminamento, uniformità di illuminamento del compito, rischio di fenomeni di abbagliamento, ed altri). Questo significa che nessuno degli indici riconosciuti può essere preso singolarmente per la caratterizzazione delle condizioni di comfort visivo all’interno di un edificio, senza dimenticare che le condizioni e le necessità di garantire condizioni visive di un certo livello possono variare da ambiente ad ambiente, in funzione dell’attività svolta. Questo è ciò che si verifica tipicamente in una scuola, dove le esigenze didattiche sono molteplici.
Per confrontare il comfort visivo di edifici differenti, oppure per lo stesso edificio come cambia il benessere luminoso a seguito di interventi di ristrutturazione, sono da preferire indicatori che esprimono un valore numerico percentuale riferito ad una condizione di riferimento. Questi indicatori sono indipendenti dalla
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magnitudo del fenomeno fisico. Ad esempio, alcuni indicatori hanno come output una descrizione numerica spaziale su due dimensioni, che consente una buona comprensione ed interpretazione del fenomeno investigato, ma che risulta poi difficile da utilizzare per analisi comparative. Questo è il caso delle mappe di illuminamento. Queste risultano molto utili nel valutare la distribuzione dei valori di illuminamento sul compito visivo o nei dintorni del compito, ma di difficile impiego per la caratterizzazione dei livelli di comfort visivo sul lungo periodo (ad esempio 1 anno).
In questa direzione, Carlucci et al [23], individuano nell’Useful Daylight Illuminance (UDI) un possibile indicatore adatto ad esprimere sinteticamente una valutazione dei livelli di illuminamento sul lungo periodo. Questo indicatore è in grado di quantificare non solo se l’ambiente si trova in una condizione di discomfort, ma anche se la causa è dovuta ad un eccessivo o ridotto livello di illuminamento (indicatore “two-tailed”). Esso infatti è in grado di dare informazioni circa i livelli di luce naturale e la loro tendenza verso livelli eccessivi. Valori troppo alti potrebbero essere causa di fenomeni di abbagliamento. Questo succede quando non si ha il pieno controllo della radiazione solare in ingresso agli ambienti [24].
L’indicatore UDI (Useful Daylight Illuminace) è definito come la frazione di tempo in un anno in cui il livello di illuminamento per luce naturale in un dato punto è superiore o inferiore ad un intervallo definito accettabile. Questo permette di conoscere il periodo di tempo in cui è necessario servirsi di un impianto di illuminazione artificiale per rientrare nell’intervallo definibile come accettabile (per bassi livelli di illuminamento), ed al tempo stesso i periodi di tempo in cui aumenta il rischio di abbagliamento (alti livelli di illuminamento). Il valore intermedio rappresenta invece la percentuale di tempo in cui la luce naturale è ritenuta sufficiente a garantire le condizioni di comfort visivo.
Dunque l’UDI risulta un indicatore di lungo termine atto a caratterizzare la disponibilità di luce naturale negli ambienti. Possibili limitazioni ad oggi assoggettabili a questo indicatore sono: non c’è pieno accordo sulla definizione degli intervalli ritenibili come accettabili in quanto diversi autori propongono valori soglia differenti per la sua applicazione [24,25,26,27]; fornisce tre valori per ogni singolo punto rendendo così più complesse le operazioni di confronto.
Per quanto riguarda il rischio di abbagliamento emerge una carenza di standardizzazione in merito alla sua determinazione. C’è un generale accordo sulle cause che lo determinano, ma diversi sono i metodi proposti per la sua quantificazione. Inoltre, nessuno dei metodi proposti dalla letteratura scientifica prende in considerazione il tempo di esposizione a tale fenomeno. Allo stato attuale, Carlucci et al [23], propongono come indicatore più appropriato rispetto a quelli presenti in letteratura il DGP (Discomfort Glare Probability) in quanto: è correlato alla risposta che ha l’occupante rispetto all’abbagliamento; considera la luminosità dell’intera scena, considera l’altezza del punto di vista dell’osservatore, esprime l’intensità del fenomeno di abbagliamento in termini percentuali rispetto ad osservatori che considerano come non confortevole una scena in una particolare condizione luminosa.
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L’indicatore DGP è così definito [28,29]:
dove:
Ev: illuminamento sul piano verticale prodotta dalla sorgente di luce all’altezza degli occhi [lux];
LS: luminanza della sorgente [cd/m2];
ωs: angolo solido della sorgente visto dall’osservatore;
Pi: fattore che tiene conto della posizione e del campo visivo dell’osservatore.
Il DGP può essere applicato solo se il risultato finale è un valore numerico compreso tra 0,2 e 0,8 e se l’illuminamento sul piano verticale all’altezza degli occhi dell’osservatore è superiore a 380 lux.
Lo svantaggio nell’applicazione del DGP sta nella creazione di modelli di calcolo precisi ed affidabili e dal tempo richiesto per il calcolo dei diversi contributi.
Per gli scopi di tale rapporto in cui, seppur in maniera semplificata, si vogliono proporre set di indicatori prestazionali facili da calcolare e misurare si dissuade nel selezionare indicatori di comfort visivo legati al rischio di abbagliamento come indici di riferimento. Questi infatti risultano complicati da valutare e da calcolare. Gli autori hanno voluto comunque mettere in evidenza che il rischio di abbagliamento è un fenomeno in grado di generare condizioni di stress visivo che possono compromettere la sensazione di benessere percepita dagli occupanti.
2.2.4 Efficienza/efficacia delle strategie di ventilazione degli ambienti
Una adeguata ventilazione delle aule scolastiche effettuata con un impianto di ventilazione meccanica o attraverso la ventilazione naturale permette di garantire ambienti caratterizzati da una migliore qualità dell’aria interna. È noto come, diverse sono le sorgenti di inquinanti areo-disperse nei volumi d’aria degli edifici: gli arredi interni, i materiali edilizi come le finiture superficiali, i prodotti utilizzati per alcune attività didattiche, i prodotti utilizzati per la pulizia degli ambienti, le emissioni generate dagli occupanti o i particolati trasportati dagli stessi occupanti dall’ambiente esterno verso l’interno dell’edificio.
Per garantire una adeguata salubrità degli ambienti, per gli edifici non esposti a condizioni dell’aria esterne particolarmente inquinate, è importante ventilare adeguatamente gli ambienti soprattutto nei locali in cui gli occupanti permangono per un lungo periodo e contraddistinti da un alto indice di affollamento, come le scuole.
Spesso però le portate di ventilazione realmente riscontrate nelle aule didattiche difficilmente rispettano le portate minime indicate dalla normativa. Ambienti scolastici con scarsa efficienza ed efficacia delle strategie di ventilazione sono generalmente caratterizzati da alte concentrazioni di contaminanti. Questa condizione può compromettere la capacità di apprendimento durante le ore di lezione degli studenti, può aumentare la probabilità dell’insorgenza di patologie legate alle vie respiratorie ed incrementare l’assenteismo scolastico. Diversi studi [30], mostrano come garantendo o aumentando le portate minime indicate dagli standard di progettazione si riducono gli effetti negativi sopra elencati. In molti casi questo significa aumentare di poco i consumi energetici legati alla climatizzazione ed i costi di esercizio degli edifici. La ventilazione degli edifici scolastici può essere effettuata meccanicamente mediante l’impiego di sistemi attivi, naturalmente attraverso le infiltrazioni dell’involucro edilizio e l’apertura delle finestre, oppure ibridamente applicando una gestione controllata delle due strategie di ventilazione.
Una strategia di ventilazione efficace limita la concentrazione di agenti inquinanti negli ambienti interni. In base alla concentrazione del singolo contaminante aero-disperso nell’aria esterna, la quantità relativa ad uno specifico agente all’interno dell’edificio può aumentare o diminuire all’aumentare delle portate di ventilazione. Questo è difficilmente prevedibile in fase di progettazione in quanto non è possibile definire a priori la concentrazione di inquinanti presenti in atmosfera. Ad esempio i contaminanti generati dalle
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La misura dell’efficacia delle strategie di ventilazione può risultare per alcuni contaminanti molto complessa e di difficile applicazione. La misura di un singolo contaminante presente in un ambiente scolastico richiederebbe l’impiego di uno specifico sensore in grado di captarne la concentrazione.
Per superare le difficoltà nel procedere con questa tipologia di misure ed al fine di valutare l’efficacia e/o efficienza di una strategia di ventilazione rispettivamente naturale/meccanizzata, si individua nella concentrazione di anidride carbonica (ppm di CO2) l’indicatore prestazionale da assumere come riferimento. Questo indicatore è facilmente misurabile e la strumentazione da utilizzare ha generalmente dei costi contenuti.
Quando un aula viene occupata, la concentrazione di CO2 in ambiente aumenta sulla base del numero di persone, della loro permanenza in ambiente, dall’attività metabolica svolta dagli occupanti e dal tasso di ventilazione dello spazio confinato. Quando invece l’ambiente non è occupato i livelli di CO2 ed il loro decadimento nel tempo sono influenzati unicamente dal tasso di rinnovo dell’aria nell’ambiente e dalla concentrazione di CO2 presente nell’atmosfera esterna.
A puro titolo di esempio in Figura 10 sono mostrati i risultati di una campagna di monitoraggio dei livelli di concentrazione di CO2 all’interno di aule scolastiche. Il progetto si chiama Air@School e rientra nelle attività del progetto del progetto Europeo Renew School [32] [33].
Figura 10. Concentrazioni di CO2 in un’aula scolastica in assenza di impianto di ventilazione meccanica su un periodo di osservazione di una settimana. In rosso i periodi di tempo in cui è stato misurato il superamento della soglia di 1500 ppm definita dagli sviluppatori della campagna di monitoraggio.
È evidente come in assenza di una adeguata ventilazione degli ambienti (nel caso specifico trattasi di edificio scolastico privo di sistemi di ventilazione meccanica), le concentrazioni di CO2 che si raggiungono son ben al di sopra dei livelli considerabili come accettabili dalla letteratura e dagli standard di riferimento. Nel caso specifico è stata valutato come valore soglia di attenzione una concentrazione di 1500 ppm di anidride carbonica. Alcuni standard, per la definizione delle portate di ventilazione da garantire, propongono un bilancio di massa considerando direttamente la concentrazione di CO2 dell’aria esterna. Ad esempio lo standard EN15251, suggerisce per ogni categoria di comfort un obiettivo espresso come incremento massimo ammesso rispetto alla concentrazione di CO2 esterna [Tabella 6].
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Tabella 6. Esempio dei superamenti ammessi rispetto alla concentrazione di CO2 esterna per lo sviluppo di calcoli energetici (valori consigliati)
Categoria | Incremento dei livelli di CO2 interna all’edificio rispetto ai valori misurabili in esterno. |
I | 350 |
II | 500 |
III | 800 |
IV | > 800 |
La rata di acquisizione della concentrazione di CO2 fissata nella campagna di monitoraggio sopra citata è stata fissata ad un minuto. Questo ha permesso di tracciare la curva di crescita dell’inquinante ed osservare la velocità con la quale la CO2 si porta al di sopra del livello soglia e raggiunge picchi superiori alle 3000 ppm. Questi picchi, in momenti particolarmente sfavorevoli possono essere raggiunti anche in un tempo inferiore all’ora.
Anche lo standard EN 15251 al paragrafo 6.3 [16], per edifici non residenziali, identifica dei criteri per caratterizzare la qualità dell’aria sulla base della concentrazione di CO2 in ambiente. Lo standard, secondo alcune interpretazioni, permette di esprimere e definire le categorie di comfort associate alla qualità dell’aria sulla base delle portate di ventilazione minima, oppure sui livelli di CO2 attesi o misurati quando la sorgente principale di contaminante aero disperso è rappresentata dagli occupanti. In quest’ultimo caso, le misure dovrebbero essere effettuate quando gli occupanti passano la maggior parte del tempo in un ambiente specifico.
Non essendo attualmente presente un indicatore comune e condiviso per la caratterizzazione della qualità dell’aria interna e/o la valutazione dell’efficacia/efficienza di sistemi o strategie di ventilazione degli ambienti, con la consapevolezza che misurare le portate d’aria di rinnovo in un edificio esistente può essere a volte complicato e non sufficiente per avere il controllo del livello di inquinanti interni, si suggerisce di adottare come riferimento un indicatore di lungo periodo che esprima la percentuale di tempo in cui la concentrazione dei livelli di CO2 supera valori soglia identificabili come livelli di attenzione.
Come anticipato la CO2 risulta un indicatore facile da misurare, in particolare in un edificio scolastico dove la sorgente principale di contaminante è rappresentata dagli occupanti stessi. Inoltre la possibilità di controllare la concentrazione di anidride carbonica presente in ambiente permette di valutare la risposta del sistema edificio-impianto (apertura delle finestre e attivazione di un impianto di ventilazione meccanica) anche quando il profilo di occupazione può variare nel tempo rispetto alle previsioni di affollamento previste in fase di progetto. Di contro questo indicatore non permette in maniera diretta di correlare una riduzione di tutti gli agenti inquinanti generati da sorgenti interne diverse dagli occupanti (materiali di finitura, arredi, prodotti chimici utilizzati per le attività didattiche o per la pulizia degli ambienti, particolato trasportato dall’esterno verso l’interno o generato da sorgenti interne), anche se alcuni studi stanno provando a definire una correlazione tra la riduzione della concentrazione di CO2 in ambiente, con una migliore efficacia delle strategie di ventilazione ed in maniera indiretta una generale riduzione della maggior parte di inquinanti interni. Generalmente questo è vero fin tanto che la concentrazione di inquinanti nell’aria esterna è più bassa rispetto a quella misurabile negli ambienti interni di un edificio. Diverso è il caso in cui l’edificio si trova immerso in atmosfere esterne altamente inquinate. In questo caso le considerazioni da fare dovranno tassativamente essere differenti.
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2.3 Procedura di verifica degli indicatori proposti
Nel presente capitolo vengono indicati, per ciascuno indicatore proposto, degli indirizzi utili per lo sviluppo di metodologie in grado di valutare le performance dell’edificio in fase di programmazione degli interventi di efficienza energetica e di monitoraggio post-operam, nei primi anni di utilizzo e gestione dell’edificio a valle dell’intervento di riqualificazione. Proprio su quest’ultimo aspetto si concentreranno le proposte principali, in quanto la tecnologia a supporto di questa attività è sempre più all’avanguardia e di facile installazione. La direzione di un monitoraggio puntuale è oggi tema di forte interesse nello sviluppo di smart cities e smart grids. L’innovazione tecnologica verso sistemi BMS (building management system) che permettono un controllo ottimizzato dei sistemi attivi presenti nell’edificio, secondo algoritmi definiti ma al tempo stesso flessibili, agevolano il compito di dover reperire dati misurati utili per gli scopi del presente studio.
L’obiettivo è di proporre metodologie semplificate, che siano facilmente attuabili ed economicamente non troppo impegnative.
2.3.1 Quantificazione del risparmio energetico
Sulla base delle considerazioni affrontate nel paragrafo 2.2.1, per una più affidabile quantificazione del risparmio di energia ottenuto a fronte di interventi di efficientamento energetico totale o parziale di una scuola esistente è necessario prevedere campagne di monitoraggio di lungo periodo in grado di caratterizzare il consumo di energia necessario per la climatizzazione degli ambienti. Pertanto è auspicabile prevedere almeno una stagione calda ed una fredda con edificio a regime prima e dopo gli interventi edilizi. Sulla base degli indirizzi proposti dagli standard internazionali, a seconda delle disponibilità economiche e finanziare messe a bilancio per la realizzazione di campagne di monitoraggio, è possibile definire procedure in grado di restituire dati in diversi gradi di dettaglio.
Un primo livello in cui l’edificio viene considerato nel suo insieme ed i flussi di energia non vengo scomposti in funzione dei diversi usi. Questo livello deve prevedere una misura suddivisa per vettore energetico. Qualora siano messe a disposizione degli enti responsabili della fornitura di energia (elettrica e gas), bollette su base mensile, che riportino i quantitativi di energia effettivamente fornita all’edificio e non una loro stima o proiezione sulla base dello storico dei consumi è possibile, in alternativa ad una campagna di misura, quantificare i consumi del baseline e del baseline corretto sulla base dell’analisi della bollettazione. Nel caso di installazione di misuratori di energia è bene che questi abbiano la possibilità di registrare il dato misurato con una frequenza temporale sufficientemente breve. In assenza di sistemi di produzione di energia da rinnovabile potrebbero essere sufficienti misure di energia su base giornaliera. In presenza di sistemi impiantistici che sfruttino le rinnovabili in sito è bene predisporre campagne di monitoraggio con frequenza di acquisizione orarie o sub-orarie, in modo da valutare correttamente l’eventuale energia in esubero prodotta da rinnovabile ed immessa in rete. Questo approccio è consigliato nel momento in cui si voglia considerare la prestazione complessiva dell’edificio, senza avere la necessità di conoscere i singoli flussi di energia associati ad ogni uso finale. Tali semplificazioni infatti non permetteranno di quantificare il risparmio di energia generato da interventi di efficienza che hanno un peso limitato sulla domanda di energia complessiva dell’edificio.
In generale la memorizzazione delle misure con frequenza oraria (o sub-oraria), anche se totale per tutti gli usi di ciascun singolo vettore energetico, può permettere di riconoscere domande di energie anomale, dovute ad esempio a malfunzionamenti dei componenti impiantistici, a schedule di programmazione o timer impostati in modo scorretto, a comportamenti non virtuosi (ad es. apertura eccessiva di finestre o mancato spegnimento dell’illuminazione artificiale quando non necessaria), ecc.
Un secondo livello di monitoraggio più dettagliato può essere quello di installare dei misuratori di energia dedicati ad ogni singolo uso o sistema impiantistico (riscaldamento, raffrescamento, produzione di acqua
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calda sanitaria, illuminazione, ventilazione meccanizzata ecc…). Questo maggior dettaglio di misura permetterebbe di avere un quadro ben definito di ciascun contributo di ogni uso finale, sia in termini di domanda, che nel calcolo del risparmio energetico ottenuto. Questo agevolerebbe valutazioni più dettagliate anche nel caso in cui il processo di riqualificazione dell’edificio sia caratterizzato da un approccio step by step su più anni.
Questi misuratori possono essere collocati al livello dell’energia importata oppure per singolo uso o gruppo di dispositivi / circuiti dei diversi usi. Ad esempio, anche in base alle risorse disponibili ed ai limiti riscontrati, per l’energia elettrica si potrà decidere di misurare e memorizzare separatamente la domanda di energia per illuminazione, per i dispositivi elettrici collegati alle prese, per gli ausiliari degli impianti termici, ecc. Ulteriormente si potrebbe valutare la possibilità di misurare l’energia elettrica per singoli usi particolari (ad es. di una singola unità di trattamento d’aria oppure di pompe di circolazione).
Per la misura e la memorizzazione dell’energia termica, se possibile, potrebbe essere rilevante misurare la domanda di energia termica separatamente per riscaldamento, raffrescamento, produzione di acqua calda sanitaria.
Può essere utile anche considerare dispositivi per la misura dell’energia termica, che sono in grado di memorizzare separatamente anche i valori delle temperature di mandata e di ritorno del circuito considerato e la portata del fluido termovettore (grandezze necessarie per la determinazione dell’energia termica). Se il monitoraggio è eseguito con frequenza adeguata (ad es. generalmente con frequenza oraria), con la presenza di almeno un misuratore di energia termica in un circuito specifico, si possono avere anche indicazioni importanti sulle regolazioni impostate e su eventuali azioni migliorative da attuare sull’impianto (ad es. intervenire sulla regolazione di pompe di circolazione elettroniche per evitare portate troppo elevate o al contrario insufficienti).
Considerazioni analoghe possono essere fatte per impianti ad aria, come sistemi di climatizzazione ad aria o sistemi di aria primaria, che possono essere presenti nella configurazione originaria dell’edificio pre-retrofit, oppure possono essere implementati ex-novo o migliorati nella realizzazione del post-retrofit. Nel caso di impianti ad aria può essere utile o necessario monitorare l’energia termica (o la potenza termica) associata alle masse d’aria trasportate dall’impianto, monitorando la portata (o velocità media dell’aria nel canale), la temperatura e l’ umidità relativa del fluido nelle posizioni prima e dopo le principali trasformazioni che l’aria subisce nel sistema considerato (ad es. raffrescamento con deumidificazione per mezzo del passaggio in una batteria di scambio termico, il raffrescamento/riscaldamento per mezzo del passaggio in uno scambiatore di calore interrato ad aria). Queste grandezze permettono di calcolare le condizioni dell’aria nell’impianto considerato, applicando le comuni regole dell’aria umida.
Il monitoraggio dei flussi di energia termica associati ai singoli impianti può essere molto importante anche nel caso in cui si decida di intervenire per la riqualificazione di un impianto termico a servizio di un edificio scolastico, introducendo dei sistemi geotermici (ad acqua o aria). In questi casi sarà importante monitorare le loro prestazioni, per valutare i benefici conseguiti e per controllarne la regolazione e la messa a punto in fase operativa.
Indipendentemente dal livello del monitoraggio a cui si vuole ambire per caratterizzare la prestazione energetica globale di un edificio scolastico si ritiene utile suggerire delle campagne di monitoraggio anche di breve periodo necessarie per conoscere le principali grandezze a cui sono correlati i fabbisogni termici (energy need), sulle quali si è scritto anche nei paragrafi precedenti. Per la valutazione di queste grandezze si può procedere secondo diversi livelli di approfondimento, sintetizzati qui di seguito:
• raccolta dei dati e delle caratteristiche negli elaborati di progetto di cui si dispone (sullo stato di fatto o sugli interventi realizzati o programmati);
• indagini con sopralluoghi in situ e raccolta delle informazioni in schede strutturate che possono essere sviluppate secondo diversi livelli di approfondimento e complessità;
• applicazione di procedure di misura e test secondo i rispettivi riferimenti normativi nazionali, comunitari ed internazionali più aggiornati (ad es. sulla misura della trasmittanza termica di un componente di involucro, oppure sulla valutazione della tenuta all’aria dell’involucro).
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Per definire quantomeno il livello prestazionale più direttamente vicino all’involucro edilizio e alla ventilazione, si ripropongono qui di seguito i parametri che si ritiene importante valutare:
• le trasmittanze termiche delle pareti;
• la composizione della stratigrafia dei componenti di involucro e dei principali componenti di partizione interna, per valutazione della massa termica e per l’applicazione di altre possibili analisi (ad esempio costruzione di modelli di calcolo energetico e/o simulazione energetica dinamica);
• le trasmittanze termiche dei sistemi finestrati;
• le prestazioni ottiche e termiche dei componenti trasparenti (fattore solare, trasmissione visibile);
• la presenza di protezioni solari (presenza o meno, posizione esterna o interna, tipologia, colore e caratteristiche superficiali, caratteristiche dimensionali, ecc.)
• tenuta all’aria dell’involucro;
• parametri per valutare l’uso e le potenzialità della ventilazione naturale per il ricambio d’aria e il raffrescamento passivo (caratteristiche dimensionali delle finestre, disposizione, modalità di apertura delle finestre, ecc.);
• presenza di un sistema di ventilazione meccanica con recupero di calore e sue caratteristiche (portata d’aria minima, media, massima, di progetto, potenza elettrica specifica di ventilazione, specific fan power [W/m3], efficienza di recupero di calore, adozione di controlli automatici);
• presenza o meno di ventilatori a soffitto, loro densità
• presenza e caratteristiche di docce a basso flusso e riduttori di portata per i rubinetti nei bagni e negli spogliatoi delle strutture collegate alla scuola.
In parziale sostituzione, ma preferibilmente in parallelo alle campagne di monitoraggio, è possibile costruire dei modelli di calcolo in grado di simulare la prestazione dell’edificio nella condizione pre e post retrofit. Questi modelli supporterebbero il progettista nella valutazione dei benefici dei singoli interventi migliorativi previsti e permetterebbero di studiare strategie correttive nel funzionamento e nella gestione del sistema edificio-impianto qualora i risultati delle campagne di monitoraggio si discostino considerevolmente dalle previsioni di progetto.
Per effettuare la regressione lineare proposta nel paragrafo 2.2.1, necessaria per proiettare il baseline dell’edificio pre-retrofit nel clima del post-retroit (baseline corretto), con tutte le assunzioni di semplificazione specificate nel paragrafo 2.2.1, è necessario misurare la variabile indipendente, ovvero la temperatura dell’aria esterna. Essa dovrà avere una frequenza di monitoraggio al massimo oraria. In questo modo è possibile calcolare temperature medie giornaliere affidabili. Frequenze più piccole aumenterebbero la precisione del calcolo.
I misuratori di energia da installare sull’edificio dovranno essere in grado di misurare l’energia elettrica fornita all’edificio, l’eventuale energia elettrica prodotta da rinnovabile in sito, la quota parte accumulata od esportata, le portate dei diversi combustibili fossili a servizio dei sistemi di generazione non elettrici e se
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possibile, le temperature e le portate dei fluidi termovettori suddivise per uso finale (riscaldamento, acs, solare termico).
Il numero e la posizione dei misuratori di energia può variare a seconda delle esigenze. Per valutazioni su larga scala su più edifici sono sufficienti misure a monte dei sistemi di generazione termica e dei diversi usi elettrici a servizio degli edifici (illuminazione, ventilazione, apparecchiature elettriche, ecc.). In questo caso è suggerita una frequenza di acquisizione massima oraria. Nel caso in cui l’obiettivo sia quello di valutare la prestazione di interventi di efficientamento su un numero limitato di edifici tali da essere considerati come “casi studio”, sarà necessario procedere all’installazione di un numero di misuratori di energia che consentano di controllare le prestazioni dei singoli componenti di impianto. In questo modo sarà possibile individuare perdite termiche o perdite di efficienza non volute. Questo maggior dettaglio permetterà di attuare misure correttive anche in fase di esercizio dell’edificio. La frequenza di monitoraggio consigliata può variare in funzione del punto di misura e del singolo sottosistema. Da pochi minuti a frazioni di ora. Si rimanda allo standard ASHRAE Guideline 14-2002 “Measurement of Energy and Demand Saving” per maggiori dettagli sulle specifiche tecniche dei misuratori di energia da utilizzare in queste attività.
La caratterizzazione del comfort termico di un edificio scolastico, attraverso una campagna di monitoraggio dettagliata secondo gli standard internazionali, date le sue dimensioni, può risultare economicamente poco sostenibile. È importante riuscire ad avere una mappatura spaziale dell’ambiente termico in cui gli occupanti stazionano. Per ottenere questa distribuzione spaziale è necessario prevedere almeno un punto di misura per ogni ambiente interno, quantomeno per quelli caratterizzati da un profilo di occupazione continuo e non saltuario (ad esempio le aule didattiche, gli uffici direttivi, amministrativi e le sale docenti) e se possibile all’interno dello stesso locale più punti di misura. Nel caso non sia possibile monitorare tutti gli ambienti principali di un edificio è opportuno procedere con una selezione “a campione”. Gli ambienti campione selezionati dovranno essere i più rappresentativi in termini di destinazione e modello d’uso, orari e livelli di occupazione, esposizione climatica e posizione nell’edificio.
La dotazione strumentale utilizzata normalmente per valutare l’ambiente termico nelle vicinanze di un utente posto in un punto preciso dello spazio confinato (sensore di temperatura, globo-termometro, sonda psicrometrica, anemometro a filo caldo, radiometro dislocati su tre altezze differenti nello spazio), se installata in tutte le aule e gli ambienti dell’edificio richiederebbe un importante investimento economico. In aggiunta il risultato finale risulterebbe comunque inficiato da una variabile di indeterminatezza dovuta alla gestione dell’ambiente da parte dell’occupante, dal suo abbigliamento e dall’attività metabolica svolta. Queste informazioni sono infatti parte integrante nella descrizione delle condizioni di comfort dell’edificio ma la loro acquisizione imporrebbe che un operatore formato presidi ed annoti tali informazioni in continuo.
Tali difficoltà impongono la necessità di introdurre delle semplificazioni che permettano, seppur sotto determinate ipotesi, di definire il comfort degli ambienti interni utilizzando gli indicatori proposti nel paragrafo 2.2.2. Per gli edifici, ben isolati, in cui il rapporto tra superficie trasparente e superficie opaca delle chiusure verticali esterne dei singoli ambienti è basso, è ragionevole assumere che la temperatura delle superfici edilizie sia prossima alla temperatura dell’aria, di conseguenza la temperatura media radiante della stanza sia vicina alla temperatura dell’aria e così anche la temperatura operante. Inoltre durante il periodo invernale oppure in edifici dove la climatizzazione degli ambienti ed il rinnovo dell’aria è affidato ad impianti meccanici si può assumere che l’aria interna ai locali si trovi in una situazione di quiete o quantomeno le velocità raggiunte a seguito dell’instaurarsi di moti convettivi dovuti ai sistemi di emissione (ad esempio radiatori) non siano percepibili dall’occupante. Sotto queste ipotesi semplificative, potrebbe risultare sufficiente misurare per ogni ambiente la temperatura dell’aria e l’umidità relativa. Esistono sul mercato diversi sensori in grado di fare ciò, che sono al tempo stesso visivamente poco impattanti, facilmente trasportabili e con costi contenuti. Nel caso si ulitizzino ventilatori a soffitto in estate, una tecnica prevista e con effetto significativo, secondo sia ISO 7730 che EN 15251, potrebbero
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risultare utili misure, anche puntuali, di velocità dell’aria, a ventilatori in funzione. Semplici anemometri a ventola potrebbero fornire accuratezza sufficiente per una valutazione id prima approssimazione.
La rata di acquisizione per questa tipologia di misure è legata al tempo richiesto dal sensore per andare a regime. Normalmente si ritiene che una acquisizione ogni 10-15 minuti sia sufficiente per condure delle analisi che diano delle indicazioni più o meno affidabili sulle condizioni di comfort.
Contemporaneamente alla misurazione di temperatura e umidità sarebbe auspicabile misurare anche la concentrazione di CO2 nell’ambiente. Questa misura darebbe la possibilità di avere una traccia del profilo di occupazione degli ambienti, in particolare in quelli normalmente più affollati, come le aule didattiche. Esistono in commercio strumenti che hanno la possibilità di integrare ai sensori di temperatura e umidità anche un sensore di CO2. Per di più, misurare la concentrazione di anidride carbonica nei locali, permetterebbe di fare delle valutazioni inerenti la qualità dell’aria e l’efficacia delle strategie di ventilazione durante i periodi di occupazione [paragrafo 2.3.4].
Qualora la ventilazione degli ambienti fosse affidata esclusivamente all’apertura delle finestre da parte dell’occupante è bene installare su ogni serramento un sensore che sia in grado di segnalare lo stato della finestra (aperta/chiusa). In questo modo sarà possibile ottenere delle informazioni in merito alla gestione delle aperture da parte degli occupanti, di valutare se e come considerare i dati misurati quando la o le finestre risultano aperte, soprattutto durante la stagione di riscaldamento.
Sulla base delle osservazioni evidenziate nel paragrafo 2.2.3, viste le oggettive difficoltà nel valutare il comfort visivo di un ambiente, si propone di misurare (o calcolare) esclusivamente i livelli di illuminamento necessari alla definizione dell’UDI in alcuni punti significativi di ciascuna ambiente. Gli ambienti di riferimento dovranno essere selezionati in base all’esposizione, al rapporto tra la superficie trasparente ed opaca e la tipologia di occupazione. Questo permetterà di limitare le campagne di monitoraggio ai soli ambienti rappresentativi di condizioni più generali. Per evitare l’influenza dell’occupante sulla misura dei livelli di illuminamento, generalmente caratterizzati da forte variabilità, sia nel lungo periodo per effetto della posizione del sole e del contributo di schermature fisse e mobili, ma anche nel breve periodo per effetto delle condizioni di nuvolosità del cielo, si suggerisce di procedere con le misure in assenza di occupanti prima della consegna dell’edificio.
Sarà necessario costruire apposite procedure in grado di correlare le misure da sviluppare in campo con i modelli di calcolo da utilizzare per valutare l’effetto di interventi di efficienza da applicare all’involucro edilizio o inerenti la sostituzione dei corpi illuminanti.
Nelle campagne di monitoraggio ante e post operam saranno da prevedere periodi di misura sufficientemente lunghi in modo da caratterizzare la variabilità dei livelli di illuminamento in più punti di controllo all’interno dei singoli ambienti, in funzione dell’attività svolta in ogni singolo ambiente, delle condizioni ambientali esterne e del profilo di utilizzo e gestione dell’edificio (in particolare in merito all’utilizzo di schermature solari interne ed esterne ed all’accensione dell’impianto di illuminazione artificiale).
In questa fase non è possibile andare oltre ad una definizione di linee di indirizzo per il calcolo e la misura degli indicatori di comfort visivo in quanto, il numero, la posizione, il tempo di misura sono da valutarsi caso per caso.
2.3.4 Efficienza/efficacia delle strategie di ventilazione degli ambienti
Di seguito vengono proposte diverse modalità di misura utili alla valutazione dell’efficienza/efficacia di strategie di ventilazione degli ambienti (naturale, meccanica o ibrida).
Le misure dovrebbero essere effettuate all’altezza della testa dell’occupante nella sua posizione di riferimento. Per gli edifici scolastici andrebbe considerata come rappresentativa l’altezza di uno studente in
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Solo per gli edifici ventilati meccanicamente, lo standard EN 15251 indirizza verso uno studio che si basa sulla quantità di aria immessa in ambiente dall’impianto. In questo caso la strumentazione che deve essere utilizzata per effettuare questa tipologia di misurazione deve essere conforme alla EN 12599 e l’aria di rinnovo immessa per l’intero edificio deve essere parametrizzata sui metri quadri di superficie dell’edificio o in alternativa sull’occupazione prevista a progetto. Si rimanda allo standard EN 15251 per maggiori dettagli sulla metodologia di misura in base alla tipologia di ventilazione meccanica: a portata costante oppure a portata variabile.
La misurazione della concentrazione di CO2 nell’ipotesi più ottimale dovrebbe essere svolta per ogni ambiente o quantomeno negli ambienti più rappresentativi di una condizione più generale. La scelta degli ambienti campione può essere fatta in basa alle dimensioni, al periodo di occupazione, al numero di occupanti e loro combinazione.
Per ogni ambiente selezionato è opportuno prevedere almeno un punto di misura posto alla stessa quota della testa di un alunno in posizione seduta. Nel caso si volesse valutare l’efficienza di un impianto di ventilazione prevedere l’aggiunta di un misuratore di CO2 in corrispondenza della mandata dell’impianto di ventilazione ed uno in corrispondenza della ripresa. Osservare la curva di decadimento della concentrazione di CO2 dopo aver saturato l’ambiente con dell’anidride carbonica immessa in ambiente con l’utilizzo di bombole, può dare preziose indicazioni sul tasso di ventilazione degli spazi interni. In questo caso i livelli di CO2 da raggiungere in condizione satura dovrebbero essere ricompresi tra le 3000 e 5000 ppm [34]. Nel caso in cui da un’analisi conoscitiva preliminare la tipologia di occupazione dell’ambiente è tale per cui si osservino concentrazioni di CO2 equiparabili a quelle indicate è possibile effettuare dette misure utilizzato come sorgente gli occupanti stessi e procedere al tracciamento della curva di decadimento una volta che l’aula viene abbandonata dagli utenti.
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Figura 11. Esempio di curve di decadimento della concentrazione di anidride carbonica in un aula scolastica, in diverse posizioni, in presenza di un impianto di ventilazione meccanica dopo aver saturato l'ambiente a 5000 ppm di CO2 [35].
Nel caso in cui si voglia valutare l’efficienza dell’impianto di ventilazione nello spazio, è opportuno prevedere una rete di sensori distribuita all’interno dell’aula scolastica. Questo permetterà di valutare l’uniformità della distribuzione degli inquinanti all’interno dell’ambiente, di valutare l’età dell’aria, di osservare eventuali “zone buie” non coperte dal sistema di ventilazione meccanica o effetti cortocircuitali nella distribuzione e nella ripresa dell’aria, derivanti principalmente dal posizionamento della mandata e della ripresa dell’impianto.
La rata di acquisizione del parametro monitorato potrà variare a seconda delle esigenze e del tipo di misura. È opportuno impostare rate di acquisizione inferiori ai quindici minuti.
Il tempo di osservazione del monitoraggio può variare a seconda dello scopo. Per caratterizzare la concentrazione media di anidride carbonica presente negli ambienti confinanti è necessario programmare campagne su base stagionale. Per valutare l’efficienza di un sistema di ventilazione a fronte di una saturazione dell’ambiente con gas tracciante (nel caso specifico CO2) possono essere sufficienti poche ore. Per tutte le tipologie delle campagne di monitoraggio è necessario tenere traccia del contenuto dello specifico contaminante presente in esterno, pertanto sarà necessario prevedere una misura strumentale in contemporanea della concentrazione dei singoli agenti chimici in atmosfera per tutta la durata delle misure.
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Come emerge dal rapporto qui presentato, numerosi sono gli indicatori selezionabili utili per il calcolo e la valutazione della prestazione energetico-ambientale di un edificio scolastico. Alcuni di essi possono risultare più complessi da applicare ed ancor di più da misurare in campo. Nel rapporto, sono state proposte soluzioni più semplificate ma che possono comunque portare ad una valutazione completa, allo scopo di rendere tecnicamente fattibili ed economicamente sostenibili campagne di monitoraggio su larga scala, sulle quali basare il calcolo dei diversi KPI. In quest’ottica si ritiene che le applicazioni delle semplificazioni delle metodologie qui proposte potrebbero configurarsi come test delle metodologie suggerite, nella prospettiva di validare tali processi semplificati e di valutare quanto queste semplificazioni possano incidere sui risultati.
Inoltre, dovrebbero essere condotti studi volti all’individuazione dei periodi temporali migliori per l’osservazione. Gli edifici scolastici, seppur generalmente caratterizzati da un profilo di occupazione standard, presentano una complessità legata alla variabilità delle attività didattiche svolte. Il numero di ambienti da monitorare può variare da edificio ad edifico. Il comportamento degli occupanti è difficilmente tracciabile e prevedibile, soprattutto nei ragazzi di giovane età. Campagne di monitoraggio di breve periodo, rappresentative di una condizione più generale, effettuate attraverso strumenti mobili all’interno dell’edificio, potrebbe consentire una riduzione dell’impegno tecnologico richiesto, agevolando così una maggiore diffusione su larga scala.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello dei limiti tecnologici della strumentazione, che devono essere valutati attentamente prima dell’installazione dei dispositivi. Diversi strumenti comunicano con un proprio linguaggio e spesso questo linguaggio non permette una diretta interoperabilità dei diversi dispositivi utilizzati. Studi che permettano una standardizzazione dei linguaggi di comunicazione e dei formati dei dati misurati agevolerebbero la scelta dei singoli prodotti e la fase di post elaborazione dei dati. Questo permetterebbe anche di ridurre i problemi di comunicazione tra gli attuatori elettronici ed i sistemi di misurazione e gestione dell’energia, in particolare quando si è chiamati ad intervenire su sistemi impiantistici vetusti.
È importante in fase di progettazione del sistema di monitoraggio (semplice o complesso) individuare le tecnologie in grado di garantire una adeguata classe di accuratezza, complete di dispositivi per la loro alimentazione, gestione, con possibilità di comunicare e memorizzare sia in locale che in remoto. La scelta di un sistema unico per diversi edifici gestiti dagli stessi responsabili può favorire la facilità di uso di questi sistemi, l’analisi dei dati memorizzati e la restituzione dei risultati.
Un ultimo punto da considerare, è quello della valutazione dell’efficacia degli interventi di efficienza energetica, sia totali che parziali (step by step), per quanto riguarda l’ovvia diversità delle condizioni climatiche nei diversi momenti di misura. Questa valutazione dovrebbe essere migliorata, rendendola più affidabile, correggendo i dati derivanti dalle diverse campagne di monitoraggio sulla base delle condizioni climatiche esterne. Per tale motivo si ritiene interessante studiare procedure di normalizzazione o di proiezione dei risultati (come nel caso del calcolo del baseline corretto) più rigorose, al fine di ridurre le imprecisione introdotte dalle ipotesi semplificative.
In conclusione, ad oggi, si ritiene che gli indicatori proposti nel rapporto sono utili per caratterizzare le prestazioni energetico-ambientali di edifici scolastici. Ulteriori analisi di approfondimento potranno essere condotte durante lo svolgimento delle singole campagne, come presentato nella prima parte di questo documento.
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4. A. J. Marszal, P. Heiselberg, J. S. Bourrelle, E. Musall, K. Voss, I. Sartori, A. Napolitano, “Zero Energy Building - A review of definitions and calculation methodologies”, Energy and Buildings, 43(4) (2011), 971–979.
5. I. Sartori, A. Napolitano, K. Voss, “Net zero energy buildings: A consistent definition framework” Energy and Buildings, 48 (2012), 220–232.
7. N. Griffiths, I. Nolte, “PrinciPles For neArly Zero-energy Buildings”, BPIE (2011).
13. SIA 387/4 “Elettricità negli edifici- illuminazione: calcolo e requisiti” (2017).
20. ANSI/ASHRAE Standard 55, Thermal Environmental Condition for Human Occupancy, (2013).
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30. W.J. Fisk, “The ventilation problem in schools; literature review”, Indoor Air, 2017.
31. G. Cattani, M.C. Cusano, M. Inglessis, G. Settimo, G. Stacchini, G. Ziemacki, A. Marconi, “Misure di materiale particellare PM10 e PM2,5 a Roma: confronti indoor/outdoor, Ann. Ist. Superiore Della Sanità, 39(3) 2003, 357-364.
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39. A. Sfakianaki, M. Santamouris, M. Hutchins, F. Nichol, M. Wilson, L Pagliano, W. Pohl, Alexandre J, Freire “Energy Consumption Variation due to Different Thermal Comfort Categorization Introduced by European Standard EN 15251 for New Building Design and Major Rehabilitations”, International Journal of Ventilation, 2011 vol: 10 (2)
KPI Key performance indicator UDI Useful Daylight Illuminace DGP Discomfort Glare Probability ZEBs Edifici a zero energia
nZEB Edificio ad energia quasi zero
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6 Curriculum scientifico del gruppo di lavoro
eERG è il Gruppo di ricerca sull’efficienza negli usi finali dell’energia, attivo dal 1996 presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano. L’approccio interdisciplinare di eERG connette ricerca in nuove tecnologie e in fisica degli edifici, analisi economica e delle politiche energetiche, audit e progettazione d’interventi, e comprende: ricerca scientifica e tecnologica svolta in partnership con gruppi accademici e agenzie europee e statunitensi; trasferimento dei risultati verso l’applicazione, attraverso cooperazione con l’industria, istituzioni italiane ed europee, enti locali; didattica universitaria e post-universitaria e attività di formazione e divulgazione.
eERG è stata ed è attualmente impegnata in attività di ricerca sui edifici Passive House e nearly Zero Energy, partecipando a diversi progetti di ricerca europei e internazionali, occupandosi di monitoraggio di edifici a energia zero, supporto all’ottimizzazione dei controlli per impianti ed edifici, simulazione energetica dinamica, supporto alla progettazione, applicazione di tecniche di ottimizzazione per la progettazione.
Il gruppo, grazie alla sua dotazione strumentale, è in grado di effettuare lo studio e l’analisi delle condizioni di benessere degli ambienti confinati (benessere igro-termico, benessere visivo, qualità dell’aria ed efficienza dei sistemi di ventilazione meccanica incluso la rilevazione di inquinanti come TVOC, formaldeide, CO2, SO2, NO2, O3, particolati).
Il direttore di eERG, Lorenzo Pagliano, laureato in Fisica cum laude, Dottore di Ricerca in Energetica, è stato Visiting Researcher presso il Lawrence Berkeley Laboratory (California, USA). Sue aree di ricerca sono gli edifici a bassa energia, il comfort termico e l’analisi della politiche energetiche. Tiene il corso di Fisica dell’Edificio presso la facoltà di Ingegneria Edile e Architettura è Direttore del Master RIDEF, è membro del Comitato editoriale della rivista Energy Efficiency (Springer) e Advances in Building Energy Research, è membro del Consiglio Direttivo dello European Council for an Energy Efficient Economy (ECEEE).
Marco Pietrobon, laureatosi a pieni voti in Ingegneria Edile presso il Politecnico di Milano, si occupa di simulazioni termo-energetiche di edifici e di monitoraggio in situ delle prestazioni energetiche di edifici e impianti e delle condizioni di comfort degli ambienti interni. Nell’ambito di progetti di ricerca europei e di consulenza ha approfondito tematiche e soluzioni per edifici a zero energia e passive house. Si occupa anche della valutazione di strumenti politici a sostegno dell’efficienza energetica in edilizia.
Roberto Armani, laureato in Ingegneria Edile presso il Politecnico di Milano nel 2007. Da sempre svolge l’attività della libera professione specializzandosi in efficienza energetica degli edifici, in acustica ambientale ed architettonica. Dal 2009 collabora con il gruppo di ricerca eERG diretto dal Professor Lorenzo Pagliano lavorando su progetti europei, occupandosi di misure di comfort degli ambienti interni, di simulazione energetica in regime dinamico degli edifici e di cost optimal design negli interventi edilizi (nuovi o ristrutturati).
Silvia Erba, PhD in Ingegneria dei Sistemi Edilizi, svolge attività di ricerca presso il Politecnico di Milano dal 2012, prima collaborando con il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle costruzioni e Ambiente costruito e dal 2015 con il gruppo di ricerca eERG presso il Dipartimento di Energia. Le aree di ricerca sono edifici a energia quasi zero, studio del comportamento termofisico di edifici storici e di nuova costruzione, comfort termico e simulazioni energetiche in regime dinamico. Esperienze nel campo della diagnostica e delle indagini non distruttive, in particolare termografia all'infrarosso.
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