DSL
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1-2024
La certificazione (ex art. 75 ss. del d.lgs. n. 276/2003) dei contratti di appalto e subappalto in ambienti sospetti di inquinamento o confinati **
di Xxxx Xxx Xxxxxxx*
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La certificazione dei contratti di appalto e subappalto relativi a lavori da eseguirsi in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti di cui al d.P.R. n. 177 del 2011: la qualificazione del contratto – 3. (segue) la “convergenza” verso il sistema della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. – 4. (segue) la “responsabilizzazione” della filiera degli appalti/subappalti. – 5. L’obbligatorietà della certificazione?
1. Introduzione
Le recenti note dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 694 del 24 gennaio 2024 e n. 1397 del 7 marzo 2024 aventi ad oggetto il «D.P.R. N. 177/2011 problematiche sui luoghi confinati e ambienti sospetti di inquinamento» offrono lo spunto per una riflessione sull’istituto della certificazione dei contratti ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del d.lgs. n. 276/20031 nell’ambito dei servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto.
* Xxxx Xxx Xxxxxxx è professoressa Associata di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi dell’Aquila. xxxx.xxxxxxxxxx@xxxxxx.xx
** Il saggio è stato preventivamente assoggettato alla procedura di referaggio prevista dalle regole editoriali della Rivista.
1 Senza alcuna pretesa di esaustività sul tema v.: S. XXXXXXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro, in X. XXXXXXX XXXXXXXXXX (a cura di), Trattato di Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale: privato e pubblico, Milanofiori Assago, Xxxx Xxxxxxxxx, 2014; S. XXXXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro come mezzo di produzione di certezze nel mercato del lavoro, in S. XXXXXXXXXXX (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Problemi e questioni aperte, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2014; M. NOVELLA, Certificazione in materia di lavoro e tutela giurisdizionale, in “Lavoro e diritto”, 2014, 2-3, p. 347 ss.; X.X. XXXXXXX, Clausole generali e limiti al sindacato del giudice. A proposito dell’art. 30, l. n. 183/2010, in X. XXXXXX-X. XXXXXXXXX (a cura di), La riforma del mercato del lavoro, Commento alla legge 4 novembre 2010 n. 183, 2010, Milanofiori Assago, Utet Giuridica, 2012, p. 216 ss.; X. XXXXX, Procedure di certificazione, in X. XXXXXXX (a cura di), Contratto di lavoro e organizzazione, vol. IV, Padova, Cedam, 2012, p. 91 ss.; X. XXXXX, L’indisponibilità dei diritti del lavoratore secondo l’art. 2113 c.c., Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2011; P. RAUSEI, Collegato lavoro: certificazione dei contratti, Milano, Ipsoa, 2011; X. XXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro e arbitrato: le liasons dangereuses, in “WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT”, 102/2010; X. XXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra qualificazione del rapporto e volontà assistita, in “Lavoro e diritto”, 2006, 2-3, p. 388 ss.; A. XXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro: tra verità e accordo, in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxx, Padova, Cedam, 2005, p. 803 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, in “WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT”, 19/2004; X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, in “Giornale di diritto del lavoro e di
La presente indagine ripercorrerà alcuni aspetti della certificazione dei contratti di appalto/subappalto in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, esaminando se ci sia o meno, in questo ambito, un “arricchimento” della originaria finalità “deflattiva del contenzioso” dell’istituto in questione e ponendo anche l’attenzione sul possibile “mutamento” della stessa natura della certificazione (da facoltativa ad obbligatoria).
Questi temi saranno trattati alla luce del d.P.R. 14 settembre 2011, n. 1772 il cui ambito di applicazione (rivolto in particolare agli ambienti di lavoro sospetti di inquinamento di cui agli articoli 663 e 121 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 814, nonché a quelli confinati di cui all’allegato IV, punto 3 del medesimo d.lgs. n. 81/20085) ha
relazioni industriali”, 2004, 2, p. 203 ss.; L. DE ANGELIS, Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, “Rivista italiana di diritto del lavoro”, I, 2004, p. 234 ss.
2 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Prima dell’approvazione del d.P.R. 14 settembre 2011, n. 177 sono state discusse nell’ambito della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (nelle sedute del 16 marzo 2011 e del 7 aprile 2011) e condivise l’urgenza e l’opportunità di intervenire nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinanti. In dottrina v., X. ROTELLA, P. RAUSEI, X. XXXXXX,
M. XXXXXX, X. XXXXXXXX, La sicurezza del lavoro negli spazi confinati, Milano, Ipsoa, 2012; A. FUCILE,
A. RONCA, Guida operativa ai lavori in spazi confinati, Roma, EPC, 2012.
3 L’art. 66 del d.lgs. n. 81/2008 prevede che è vietato consentire l’accesso dei lavoratori in xxxxx xxxx, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei.
4 L’art. 121, comma 1, del testo unico in materia di sicurezza prevede che quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose
5 Infine per ambiente confinato (di cui all’allegato IV, punto 3 «Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos» del d.lgs. n. 81/2008) si intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di sostanze o condizioni di pericolo. I fattori di pericolo sono molteplici e possono essere rappresentati: dalla presenza di agenti chimici pericolosi (gas, vapori, polveri, …); da altri agenti di rischio (biologico, esplosione, …); dalla carenza di ossigeno o per difficoltà di comunicazione con l’esterno o di evacuazione. Generalmente ci si riferisce a luoghi non progettati e costruiti per essere occupati in permanenza da persone, ma che lo possono essere temporaneamente per particolari interventi lavorativi (ad esempio di ispezione, pulizia, riparazione). L’ambito di applicazione del d.P.R. n. 177/2011 è dunque quello delineato nel testo, come sottolineato dallo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (v., Interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 2 novembre 2015, n. 10) il quale ha escluso, ad esempio, dall’applicabilità del citato d.P.R. le attività di manutenzione, riparazione e trasformazione navale, come disciplinate dal d.lgs. n. 272 del 1999. Si deve inoltre sottolineare che allo scopo di fornire chiarimenti sui profili definitori, è stato costituito, nell’ambito della Commissione UNI/CT042/GL59 “Salute e sicurezza dei lavoratori esposti ad agenti chimici, polveri e fibre” un gruppo ad hoc per la redazione di una norma tecnica specifica – progetto UNI1601920 “Ambienti confinati – Classificazione e criteri di sicurezza”. Le definizioni attualmente presenti nel progetto citato riguardano sia l’“ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento” che l’“ambiente assimilabile”. L’”ambiente confinato” o “spazio confinato” è uno spazio circoscritto non progettato e costruito per la presenza continuativa di un lavoratore, ma di dimensioni tali da consentire l’ingresso e lo svolgimento del lavoro assegnato caratterizzato da vie di ingresso o uscita limitate e/o difficoltose con possibile ventilazione sfavorevole, all’interno del quale è prevedibile la presenza o lo sviluppo di condizioni pericolose per la salute e la sicurezza dei lavoratori. L’ambiente assimilabile è un ambiente per il quale, a valle della valutazione del rischio,
un impatto importante su un numero elevato di lavorazioni: si pensi, solo per fare un esempio, ai settori che operano nelle attività di assurance, delivery e network construction nell’ambito della realizzazione di reti in fibra ottica6.
L’indagine, inoltre, condurrà ad una riflessione sul contratto di subappalto – a tutti gli effetti riconducibile alla figura giuridica del contratto di appalto, previsto e disciplinato dall’art. 1655 c.c. e richiamato dall’art. 1656 c.c., il quale, vietandolo nell’ipotesi in cui non sia stato consentito dal committente, lo ammette in tutti gli altri casi7 – e sulla “autonomia” della certificazione del subappalto rispetto a quella del contratto di appalto principale.
2. La certificazione dei contratti di appalto e subappalto relativi a lavori da eseguirsi in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti di cui al d.P.R. n. 177 del 2011: la qualificazione del contratto
Come è noto, il d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276 e successive modifiche prevede, da un lato, che: «al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro» (art. 75) e, dall’altro lato, che «le procedure di certificazione [...] possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto di cui all’articolo 1655 del codice civile sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini della distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto» (art. 85) ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo III dello stesso d.lgs. n. 276/2003.
sussistono condizioni pericolose assimilabili a quelle individuate per gli ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento. Cfr., X. XXXXXXX, Ambiente di lavoro e tutela della salute, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2021, pp. 95-96.
6 Si parla di FTTC (“Fiber to the Cabinet”) ossia “fibra fino al cabinato”, oppure di FTTH (“Fiber to the Home”), cioè “fibra fino a casa”.
7 L’art. 1656 c.c., infatti, si limita a prevedere che l’appaltatore non possa «dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente». L’autorizzazione è data con separato atto successivo alla conclusione dell’appalto. Cfr. X. XXXXXX, X. MOSCATI, L’appalto, Torino, Utet, 1980; Cass. civ., 18 maggio 0000, x. 0000, xx “Xxxxxxxxx Xxxxxx”, 0000, I, p. 1383, secondo cui la mancanza di autorizzazione del committente comporta la nullità del contratto di subappalto, la quale però può essere fatta valere dal solo committente; contra, X. XXXXXXXXXXXX, L’appalto, Milano, Xxxxxxx, 1977, secondo cui, nel caso in cui difetti l’autorizzazione, il contratto è solamente annullabile.
8 Per la distinzione tra appalto e somministrazione v. I. XXXXXX, Profili problematici della distinzione fra appalto e somministrazione nella recente giurisprudenza, in “Il Lavoro nella Giurisprudenza. Gli Speciali”, 2011, Parte II Appalto e decentramento produttivo, p. 20 ss.
Rimangono viceversa fuori dall’oggetto della certificazione gli ulteriori profili di disciplina del contratto di appalto/subappalto che non incidono specificamente sulla qualificazione del tipo contrattuale.
Quanto appena detto vale anche per la certificazione dei contratti di appalto e subappalto relativi a lavori da eseguirsi in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti di cui al d.P.R. 14 settembre 2011, n. 177 oggetto della presente indagine, rispetto ai quali la Commissione di certificazione è comunque chiamata a certificare la “genuinità” del contratto di appalto e non ulteriori profili, quali la materia della salute e sicurezza dei lavoratori di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 sui quali la stessa Commissione non è competente a pronunziarsi10. Tra l’altro la Commissione di certificazione è priva di qualsiasi potere di verifica e accertamento dei profili esecutivi del rapporto di lavoro, di cui dispongono invece le autorità preposte a conoscere l’effettiva esecuzione del rapporto di lavoro quali sono l’autorità giudiziaria o ispettiva11.
Inoltre per quanto riguarda una possibile opponibilità del provvedimento di certificazione, l’art. 79 del d.lgs. n. 276/2003 stabilisce che gli effetti dell’accertamento del contratto effettuato dalla Commissione di certificazione permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80 del
9 V., S. XXXXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, in
xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxx-xx-xxxxxx_%00Xxxxxxx-xx line%29/.
10 È noto che la Commissione certifica “il contratto” accertando la rispondenza in concreto del singolo accordo (voluto e stipulato) alla tipologia astratta prevista dal legislatore (c.d. tipo legale). Per tale ricostruzione del significato tecnico giuridico della certificazione condiviso in dottrina v. E. GHERA, Certificazione dei contratti e giurisdizione, in AA.VV., Diritto e libertà. Studi in memoria di Xxxxxx xxxx’Xxxx, II, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2008, p. 650 ss.; X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 203 ss.; X. XXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro e arbitrato: le liasons dangereuses, cit., p. 10. 11 Così, S. XXXXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit. Peraltro a mente dell’art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003 “l’inizio del procedimento deve essere comunicato alla Direzione Provinciale del Lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti. Le autorità pubbliche possono presentare osservazioni alle commissioni di certificazione” (sul punto v., nota INL n. 1981 del 4 marzo 2020). Secondo la nota INL del 19 aprile 2019, n. 3861 la comunicazione in questione deve essere trasmessa alla sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro che, in relazione al luogo di svolgimento delle prestazioni di lavoro (o del servizio in appalto), è interessato agli effetti della
certificazione.
d.lgs. n. 276/2003, cioè fino a che non sia pronunciata una sentenza che riconosca l’erronea qualificazione del contratto o la difformità fra il programma negoziale certificato e quello attuato, o vizi del consenso, fatti salvi i provvedimenti cautelari. Ciò determina l’opponibilità ai terzi della qualificazione certificata, con la conseguenza che a questi risulterà preclusa (salva la possibilità di invalidazione giudiziale) l’adozione di tutti quei provvedimenti recuperatori/sanzionatori che discendono e presuppongono una qualificazione diversa e difforme da quella
dedotta nel provvedimento di certificazione12.
In altri termini, sarà preclusa l’adozione di quei provvedimenti che si pongono in nesso di derivazione necessaria da una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella operata dalla Commissione. Pertanto, secondo una opinione, non sono inibiti quei provvedimenti che risultano del tutto “neutri” rispetto alla qualificazione giuridica del rapporto13; si pensi ad esempio a violazioni in materia di sicurezza relative al contratto oggetto della presente indagine, ove il distinguo l’appalto/subappalto lecito e somministrazione di lavoro a quei fini a nulla rileva. Del resto la qualificazione certificata dalla Commissione non ostacola lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e di controllo delle autorità pubbliche anche in riferimento al contratto di appalto/subappalto.
L’atto di certificazione, come è noto, rappresenta un provvedimento di certazione14 cioè produttivo di certezza legale sul piano dell’ordinamento generale e, in specie, nei rapporti interprivati; pertanto l’effetto di certazione “non accerta uno stato di fatto ma qualifica il rapporto determinando così le conseguenze giuridiche del comportamento contrattuale delle parti”. Il procedimento e l’atto di certificazione, infatti, costituiscono l’esercizio di un potere dichiarativo finalizzato alla formazione di una certezza pubblica intorno al rapporto e alla sua qualificazione; ciò avviene sul presupposto non di una semplice constatazione della sussistenza o meno di un fatto ma di una la verifica della rispondenza in concreto del singolo contratto stipulato alla tipologia astratta prevista dal legislatore (c.d. tipo legale)15.
Quanto detto assume una “valenza” particolare nell’ambito del settore degli ambienti confinati di cui al d.P.R. n. 177/2011.
In primo luogo perché la certificazione dei contratti di appalto/subappalto e dei contratti di lavoro non standard in essi implicati “converge” verso il sistema
12 V. anche nota INL del 23 aprile 2019, la quale sottolinea che la certificazione dei contratti di appalto non ha effetto retroattivo e non produce alcun effetto in ordine ad eventuali condotte di rilievo penale.
13 X., X. XXXXXXXXX e A. RAPACCIUOLO, La certificazione dei contratti tra nuove opportunità e criticità, in xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/Xxxxxxxxxxxxxx%00xxx%00xxxxxxxxx%000-00.xxx, p. 2 ss.
14 E. GHERA, Certificazione dei contratti e giurisdizione, in AA.VV., Diritto e libertà. Studi in memoria di Xxxxxx xxxx’Xxxx, cit., p. 650 ss.;
15 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., 203 ss.; Per tale ricostruzione del significato tecnico giuridico della certificazione condiviso in dottrina v. E. GHERA, Certificazione dei contratti e giurisdizione, cit.; X. XXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro e arbitrato: le liasons dangereuses, cit., p. 10. X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, in X. XXXXXXX, X. DI CERBO,
A. XXXXXXX (a cura di), Il diritto del lavoro, Vol. I, Milano, Xxxxxxx, 2007, p. 1134.
della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro nel momento in cui, in ragione della particolare pericolosità e dell’alto rischio di infortuni in questo settore, il legislatore ha emanato il d.P.R. 14 settembre 2011 n. 177 introducendo, in funzione di prevenzione di malattie professionali ed infortuni, alcune disposizioni finalizzate a qualificare16 le imprese e i lavoratori operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
In secondo luogo perché la certificazione contribuisce a “sostenere” un corretto comportamento aziendale in termini di “responsabilizzazione” della filiera negli appalti/subappalti. In quest’ottica la certificazione incentiva pratiche virtuose tra soggetti privati, fornendo agli stessi un importante strumento di raggiungimento di obiettivi di politica sociale inserendosi, in senso lato, in sistemi di “Due diligence” (anche in riferimento alla scelta del contraente in un contratto di appalto/subappalto).
3. (segue) la “convergenza” verso il sistema della tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro
Il d.P.R. n. 177/2011, in attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (come previsto dagli articoli 6, comma 8, lettera g), e art. 27 del Testo Unico in materia di sicurezza) disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati (v. art. 1, comma 1).
L’art. 2, comma 1, del citato decreto prevede, infatti, che qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che siano in possesso dei requisiti previsti dalla norma tra quali: integrale applicazione dei vigenti obblighi in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria, misure di gestione delle emergenze (art. 2, comma 1, lett. a); impone alle imprese familiari e ai lavoratori autonomi l’obbligo di sottoporsi a sorveglianza sanitaria e di sottoporsi a corsi di formazione (art. 2, comma 1, lett. b); impone alle imprese e ai lavoratori autonomi che svolgano attività negli ambienti confinati, ivi compreso il datore di lavoro, l’obbligo di procedere a specifica informazione e formazione oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento e finalizzate a consentire a tutte le maestranze la piena conoscenza di tutti i rischi che sono propri dei lavori in ambienti confinati
16 È stato precisato come il sistema di qualificazione delineato dal d.P.R. n. 177/2011 si configuri quale norma transitoria, in attesa di quel “complessivo sistema di qualificazione delle imprese” richiamato dall’art. 1 dello stesso d.P.R. n. 177 (P. RAUSEI, Il sistema di qualificazione delle imprese operanti negli spazi confinati, in “Igiene e sicurezza del lavoro”, 2012, n. 1, p. 5).
17 In tal senso X. XXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autoregolazione e certezza del diritto, Torino, Giappichelli, 2023, p. 24.
(art. 2, comma 1, lett. d); obbliga i datori di lavoro e i lavoratori autonomi a possedere dispositivi di protezione individuale (ad esempio maschere protettive, imbracature di sicurezza, ecc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (ad esempio respiratori, rilevatori di gas, ecc.) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative in parola e ad aver effettuato, sempre in relazione a tutto il personale impiegato, attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, coerentemente con gli artt. 66 e 121, allegati IV, punto 3, del d.lgs. n. 81/2008 (art. 2, comma 1, lett. e); richiede la effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato, sempre ivi compreso il datore di lavoro, relativamente ai rischi che sono proprio degli “ambienti confinati” e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti possono emergere (lett. f); richiama il rispetto integrale degli obblighi in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva (lett. g) e di quelli relativi alla parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento dell’eventuale contributo all’ente bilaterali di riferimento (lett. h)18.
Inoltre, e per quanto interessa in questa sede, l’art. 2, comma 1, lett. c)
Questo dato legislativo impone alcune riflessioni, in primo luogo, sul modo in cui la certificazione ex art. 75 del d.lgs. n. 276/2003 si inserisce nel “sistema di qualificazione” degli operatori economici e nella “verifica dell’idoneità tecnico- professionale” degli stessi. Conseguentemente ci si potrebbe chiedere se in tale ambito si verifichi una modifica della originaria funzione della certificazione; ed infine se il d.P.R. n. 177 del 2011 modifichi la natura della certificazione ex art. 75 della riforma Biagi (da facoltativa ad obbligatoria)20.
18 “Buone prassi” per tali procedure sono state validate e formalizzate della Commissione consultiva permanente e dall’Inail. V., in xxxxx://xxx.xxxxx.xx/xx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxxxxx-x- sicurezza/promozione-e-cultura-della-prevenzione/buone-prassi.html?currentPage=3.
19 V., secondo la nota ministeriale 27 giugno 2013, n. 11649, tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto impiegato su quello specifico lavoro che esegue le attività di cui all’art. 1, comma 2, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda. Qualora l’appaltatore si avvalga di professionalità attraverso forme contrattuali diverse da quelle del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, è necessario che i relativi contratti siano certificati ai sensi del Titolo VIII Capo I, del d.lgs. n. 276/2003. V., Interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 24 marzo 2015, n. 6 il quale ha ammesso che dalla lettura dell’art. 2 del d.P.R. n. 177/2011, e nello specifico, dal riferimento espresso all’assunzione con “altre tipologie contrattuali”, non sembrano emergere preclusioni in ordine alla possibilità di attivare rapporti di lavoro di natura intermittente ai fini dello svolgimento di attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di legge e, in particolare, il possesso da parte del lavoratore di una esperienza almeno triennale maturata in tale ambito.
20 V., infra, paragrafo 5.
Sul primo versante la certificazione è configurabile (tra l’altro in modo transitorio21 e limitatamente all’ambito dei settori oggetto della presente analisi) come un “momento” del sistema di “qualificazione” degli operatori economici22 in grado di promuovere più elevati standard di tutela del lavoro. Questo “nuovo modello” di qualificazione è incentrato, come evidenziato, su una serie di tipologie di requisiti: alcuni riguardano specificatamente la gestione della salute e sicurezza sul lavoro23; altri riguardano gli standards organizzativi e contrattuali di materia lavoristica24; ed infine solo alcuni riguardano la certificazione ex art. 75 del d.lgs. n. 276/2003 di contratti di lavoro flessibili, di appalto, di subappalto.
Da una parte l’art. 2, comma 1, lett. c) richiede «la presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276». Dall’altro lato, l’art. 2, comma 2 del d.P.R. n. 177/2011 prevede anche che «in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni».
Sebbene la certificazione si colloca all’interno del sistema di qualificazione
degli operatori economici delineato dal d.P.R. n. 177 del 2011, quest’ultima norma non muta la funzione originaria della certificazione, tant’è che sia l’art. 2, comma 1, lett. c), che l’art. 2, comma 2, del d.P.R. fanno riferimento ai “certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”. Ciò fa pensare che il Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, non attribuisca ulteriori funzioni all’istituto della certificazione “oltre” la qualificazione dei contratti25.
21 In quanto l’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 177 del 2011 prevede che “in attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, come previsto dagli articoli 6, comma 8, lettera g), e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il presente regolamento disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, quale di seguito individuato”
22 V., P. RAUSEI, Il sistema di qualificazione delle imprese operanti negli spazi confinati, cit., pp. 5-9;
L. DI XXXXXXX, X. RUSSO, La certificazione ex art. 75 del d. lgs. n.276/2003 come strumento di qualificazione dell’impresa. L’esperienza della Commissione istituita presso la Fondazione Xxxxx Xxxxx, in “Diritto della sicurezza sul Lavoro”, 1/2022, I, p. 114 ss.
23 In particolare art. 2, comma 1, lettere a, b, d, e ed f.
24 In particolare art. 2, comma 1, lettere g e h.
25 Sul punto v. paragrafo 2. Inoltre si ricordi che la certificazione fa stato fino all’eventuale adozione di una sentenza di primo grado da parte di giudice che “riqualifichi” il contratto; rende temporaneamente inefficaci tutti gli atti che presuppongano una diversa “qualificazione” del contratto, difformità tra il contratto e la sua successiva esecuzione, vizi del consenso (v. artt. 79 e 80 del d.lgs. n. 276/2003).
Inoltre i requisiti dettati dal d.P.R. n. 177 del 2011 sono messi in relazione con l’istituto della idoneità professionale, la cui verifica spetta ai committenti (o subappaltanti) ex art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008 come modificato dal d.lgs. n. 106/2009.
Tale raccordo è stato sottolineato sia dalla nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 9828 del 6 maggio 2013 la quale ha previsto che ‹‹il committente è obbligato ad applicare l’art. 26›› del d.lgs. n. 81 del 2008 e anche il
d.P.R. n. 177/2011; che dalla nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
n. 11646 del 27 giugno 2013 in tema di sanzioni in caso di mancata certificazione. In tale nota si prevede che qualora un datore di lavoro non ottemperi alle prescrizioni in materia di certificazione dei contratti contenute nel d.P.R. 177, ‹‹è applicabile, nei confronti del committente, la sanzione relativa alla non corretta verifica della idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi prevista dall’art. 26, comma 1, lett. a) e sanzionata dell’art. 55, comma 5, lett. b), d. lgs. n. 81/2008››, con l’arresto da 2 a 4 mesi o, in via alternativa, con un’ammenda compresa tra 1.096,00 e 5.260,80 euro.
Quanto detto induce a ritenere che nelle realtà produttive nelle quali si svolgono lavori del tipo preso in esame dalla presente indagine, la certificazione (pur sempre perseguendo l’obiettivo di qualificazione del contratto e con lo scopo deflativo del contenzioso) “converge” verso il sistema della sicurezza nei luoghi di lavoro determinando, unitamene al rispetto di livelli formazione, di esperienza, di addestramento ecc., un innalzamento del livello di tutela e di protezione dei lavoratori coinvolti.
4. (segue) la “responsabilizzazione” della filiera degli appalti/subappalti
La certificazione ex d.lgs. n. 276/2003 contribuisce a “sostenere” un corretto comportamento aziendale in termini di “responsabilizzazione” della filiera negli
26 Su questi aspetti v., X. XXXXXXX, La qualificazione delle imprese: obiettivi normativi, stato dell’arte e prospettive di sviluppo, in X. XXXXXXXX e X. XXXXXX, Il nuovo diritto della sicurezza sul lavoro, Torino, Utet, 2012, p. 500.
appalti/subappalti: rafforzando il rispetto degli obblighi di legge e di contratto collettivo applicabili27 ma anche controllando la lunghezza della catena di subappalto.
Come è noto, infatti, nel momento in cui la Commissione qualifica un contratto di appalto/subappalto in ambienti confinati prenderà in riferimento elementi che assumono valore dirimente nella ricostruzione dell’autonomia organizzativa dell’appaltatore (o Subappaltatore) attesa la natura labour intensive del contratto28; per cui verificherà le previsioni contrattuali che attribuiscono al Subappaltatore, ad esempio, la piena ed esclusiva responsabilità della gestione del personale, della sua formazione professionale e dell’applicazione dei trattamenti dovuti in base alle fonti legali e contrattuali collettive applicabili.
Del resto il nostro ordinamento non definisce né tipizza il contratto di subappalto che, piuttosto, costituisce un contratto derivato (o sub-contratto) del contratto di appalto principale da cui deriva29. Il contratto di subappalto è, quindi, a tutti gli effetti riconducibile alla figura giuridica del contratto di appalto, previsto e disciplinato dall’art. 1655 c.c. Dunque per valutare la legittimità dei contratti di subappalto sottoposti al procedimento di certificazione, la Commissione sarà chiamata ad accertare la sussistenza dei requisiti che identificano il tipo contrattuale di cui all’art. 1655 c.c., anche tenendo conto dei consolidati orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia. L’art. 1656 c.c. prende in considerazione il subappalto, vietandolo nell’ipotesi in cui non sia stato consentito dal committente ed ammettendolo in tutti gli altri casi; tale norma, infatti, si limita a prevedere che l’appaltatore non possa «dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente»30. In linea di massima, salvo diversa
27 L’art. 2, comma 2, lett. h), del d.P.R. n. 177/2011 prevede, come già evidenziato, il rispetto del requisito della integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
28 Per un’attenta ricostruzione dei problemi connessi alla certificazione del contratto di appalto v., X. XXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autoregolazione e certezza del diritto, cit., pp. 256-264.
L’Autrice si sofferma, con ampi riferimenti alla dottrina e alla giurisprudenza, sugli indici che consentono alla Commissione di certificazione di affermare la ricorrenza di un appalto genuino. 29 Così per tutti, X. XXXXXXXXXXXX, L’appalto, cit. In giurisprudenza v., Cass. civ., Sez. II, 11
agosto 1990, n. 8202, in “Giustizia civile Massimario”, 1990, 8; Cass. civ., Sez. I, 11 novembre 2009,
n. 23903, in “Diritto e giustizia”, 2009.
30 In linea di massima, salvo diversa previsione, il contratto di appalto e quello di subappalto sono tra loro Autonomi. In dottrina v., X. XXXXXX, X. XXXXXX, Dell’appalto Art. 1655-1677, Libro IV – Delle obbligazioni, in X. XXXXXXX (a cura di), Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, Roma, Soc. ed. del Foro Italiano, 1992, p. 201; sul punto v, anche X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, Esi, 2009, p. 1166. In giurisprudenza x. Xxxx. civ., Sez. I, 24 luglio 2000, n. 9684, in “Giustizia civile Massimario”, 2000, p. 1611; Cass. civ., Sez. I, 20 giugno 0000, x. 0000, xx “Xxxxxxxxx xxxxxx”, 0000, I, p. 2577; Cass. civ., Sez. I, 19 luglio 2018, n. 19296, in “Il Foro Amministrativo”, 2019, 4, p. 629; Il consenso al subappalto espresso dal committente ai sensi dell’art. 1656 c.c. ha la sola funzione di rendere legittimo il ricorso da parte dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione del contratto, senza che tra committente e subappaltatore venga ad instaurarsi un rapporto diretto; in giurisprudenza v., Xxxx. civ., Sez. II, 11 agosto 1990, n. 8202,
previsione, il contratto di appalto e quello di subappalto sono tra loro autonomi31: il consenso al subappalto espresso dal committente ai sensi dell’art. 1656 c.c. ha la sola funzione di rendere legittimo il ricorso da parte dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione del contratto, senza che tra committente e subappaltatore venga ad instaurarsi un rapporto diretto32.
L’accertamento richiesto alla Commissione ai fini della emissione del provvedimento di certificazione riguarderà, quindi, esclusivamente gli elementi costitutivi della tipologia negoziale del subappalto come evincibili dal testo contrattuale nonché dalla volontà manifestata dalle parti, essendo esclusa ogni indagine relativa alla concreta esecuzione del contratto.
Per verificare i requisiti nel subappalto si farà riferimento dunque all’art. 1655
c.c. e quindi alla natura imprenditoriale del subappaltatore, l’organizzazione dei mezzi necessari all’esecuzione del subappalto e dall’assunzione del rischio di impresa da parte del subappaltatore. Rispetto a tali requisiti, l’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003 fornisce una semplice puntualizzazione del requisito organizzativo nel caso di appalti c.d. labour intensive, in particolare prevedendo che
Pertanto si può affermare che i caratteri identificativi del subappalto, atti
anche a distinguerlo dalla somministrazione di lavoro, sono da ravvisare essenzialmente: nell’autentica natura imprenditoriale dell’appaltatore;
RFI, 1990, Appalto, n. 18; Cass. civ., Sez. II, 29 maggio 1999, n. 5237, RFI, 1999, Appalto, n. 20,
Cass. civ., Sez. II, 2 agosto 2011, n. 16917, in “Giustizia civile Massimario”, 7-8, p. 1148.
31 Cfr., X. XXXXXX, X. XXXXXX, Dell’appalto Art. 1655-1677, cit., p. 201; sul punto v, anche X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, cit., p. 1166.
32 Cfr., Cass. civ., Sez. II, 11 agosto 1990, n. 8202, RFI, 1990, Appalto, n. 18; Cass. civ., Sez.
II, 29 maggio 1999, n. 5237, RFI, 1999, Appalto, n. 20.
33 In dottrina v., X. XXXXX, Xxxxxxx, somministrazione e interposizione illecita di manodopera, in “Massimario di giurisprudenza del lavoro”, 2020, IV, p. 989 ss.
nell’autonoma organizzazione di mezzi da parte dell’appaltatore (che nelle attività labour intensive si concretizza principalmente nell’esercizio esclusivo da parte dell’appaltatore del potere organizzativo, direttivo e di controllo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto34); nell’assunzione da parte dell’appaltatore del relativo rischio di impresa35. Quindi ai fini della certificazione del contratto di appalto/subappalto particolare attenzione sarà rivolta alle disposizioni contrattuali ed alle dichiarazioni rese della parti sul rispetto della normativa applicabile ai rapporti di lavoro, sull’adempimento degli obblighi di carattere retributivo, contributivo e fiscale relativo al personale impiegato e sull’integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ai sensi della lett. h) dell’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 177/2011.
La certificazione, valutando questi elementi, garantisce una maggiore
responsabilizzazione, trasparenza e “verificabilità” del corretto operare degli imprenditori coinvolti nel subappalto.
5. L’obbligatorietà della certificazione?
L’ultimo aspetto da considerare è quello attinente alla natura, obbligatoria o facoltativa, della certificazione nell’ambito oggetto della presente analisi.
Secondo alcuni, ad una prima lettura dell’art. 2, comma 1, lett. c), del d.P.R.
n. 177/2011 – che richiede, come già evidenziato, «la presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre
34 Cass. civ., Sez. Lavoro, 15 luglio 2011, n. 15615 in “Giustizia civile Massimario”, 2011, n.
7-8, p. 1073; Cass. civ., Sez. Lavoro, 6 giugno 2011, n. 12201 in “Giustizia civile Massimario”, 2011,
n. 6, p. 848; Cass. civ., 18 marzo 2000, n. 3196, in “Giustizia civile Massimario”, 2000, p. 595.
35 In giurisprudenza v., tra le tante, Xxxx. civ., Sez. Lavoro, 29 settembre 2011, n. 19920, in “Giustizia civile Massimario”, 2011, n. 9, p. 1366; Cass. civ., 17 febbraio 2010, n. 3681, in “Giustizia
civile Massimario”, 2010, n. 2, p. 217; Cass. civ., 19 luglio 2007, n. 16016, in “Giustizia civile Massimario”, 2007, n. 7-8. Infatti come insegna la Cassazione (Cass. civ., Sez. Unite, 17 novembre 2008, n. 27306, in “Giustizia civile Massimario”, 2008, n. 11, p. 1629), l’appalto irregolare “sussiste nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione di una prestazione lavorativa, lasciandosi all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, assegnazione delle ferie, distribuzione dei turni di lavoro), ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. Per la verifica dei requisiti dell’organizzazione di mezzi necessari e dell’assunzione del rischio di impresa da parte dell’appaltatore, v., le circolari n. 48 del 15 dicembre 2004 e n. 5 dell’11 febbraio 2011 con cui il Ministero del lavoro ha elaborato delle linee guida per l’attività di certificazione delle commissioni di certificazione costituite presso le direzioni territoriali del lavoro anche relativamente al contratto di appalto ed ha effettuato ‹‹una ricognizione delle principali problematiche che gli operatori incontrano nel ricorrere all’appalto›› fornendo linee guida agli organismi di vigilanza per la verifica, tra l’altro, della “genuinità” dell’appalto.
Una parte della dottrina ha evidenziato che dall’art. 2, comma 1, lett. c), del
d.P.R. n. 177 del 2011 discenda l’obbligatoria certificazione dei contratti di lavoro “flessibili” o contratti di lavoro utilizzati dall’appaltatore, solamente nel caso in cui l’azienda non soddisfi il requisito del 30% della forza lavoro assunta a tempo indeterminato e con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti confinati37. Conseguentemente, fuori da questo ambito, la certificazione manterrebbe la sua natura volontaria.
La recente Nota dell’Ispettorato Nazionale del lavoro la n. 694 del 24 gennaio 2024 interviene sul punto specificando che il comma 1, lett. c), dell’art. 2 del d.P.R. n. 177 del 2001 impone alle imprese l’obbligo di utilizzo di personale, stabilendone i requisiti minimi – esperienza almeno triennale – e la tipologia contrattuale, la quale deve essere generalmente di tipo subordinato a tempo indeterminato. Qualora l’impresa decida di utilizzare personale con altre tipologie contrattuali, allora l’impresa dovrà procedere alla certificazione del contratto di lavoro ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del d.lgs. n. 276/2003. Inoltre, nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore − ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Tale nota sembrerebbe suggerire una soluzione interpretativa volta a stabilire una generale “obbligatorietà” della certificazione sia dei contratti di lavoro c.d. “atipici” che dei contratti di lavoro (compresi quelli subordinato a tempo indeterminato) del personale impiegato in forza di un contratto di appalto.
Tale soluzione, tuttavia, da un lato, non risulta pienamente conforme alla interpretazione letterale dell’art. 2, comma 1, lett. c), del d.P.R. 177/2011 e, dall’altro lato, potrebbe creare un problema di eccessivo carico di lavoro delle attività delle Commissioni di certificazioni (chiamate a certificare “tutti” i contratti
36 Così X. XXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro, in X. XXXXXXX XXXXXXXXXX (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Privato e pubblico, Tomo primo, Milanofiori Assago, Xxxx Xxxxxxxxx, 2020, pp. 1756-1757.
37 X., X. DI XXXXXXX, X. RUSSO, La certificazione ex art. 75 del d. lgs. n. 276/2003 come strumento di qualificazione dell’impresa. L’esperienza della Commissione istituita presso la fondazione Xxxxx Xxxxx, cit., p. 132 per i quali ‹‹l’obbligatorietà sembra operare solo fino a concorrenza del raggiungimento del predetto limite del 30%, senza quindi estendersi a tutti i contratti di lavoro flessibili utilizzati››. Si vedano anche le considerazioni di X. XXXXXXX, Xxxxxx confinati e sospetti di inquinamento: quanto è obbligatoria la certificazione dei contratti?, in “Bollettino Certificazione”, 2013, n. 2, p. 3. In tal senso anche X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, in X. XXXXXXX, X. DI XXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Il lavoro privato, Milano, Xxxxxxx, 2022, p. 1203.
di lavoro aventi ad oggetto prestazioni di lavoro svolte nell’ambito di luoghi confinati e ambienti sospetti di inquinamento).
Alla luce di queste criticità l’Ispettorato Nazionale del lavoro con nota n. 1937 del 7 marzo 2024 ha prontamente rettificato le precedenti indicazioni fornite con la nota n. 694/2024 stabilendo che sono “oggetto di certificazione ai sensi del Titolo VII, Capo I – recante “certificazione di contatti di lavoro” – del D. Lgs, n. 276/2003, esclusivamente i contratti di lavoro c.d. “atipici” e non anche i contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
Questa interpretazione è maggiormente conforme alla ratio della norma ed è anche funzionale allo scopo di assicurare una concreta tutela dei lavoratori che, operando con contratti non standard, possano avere minore esperienza e conoscenza dell’organizzazione aziendale e, dunque, essere maggiormente esposti a rischi per la propria salute e sicurezza38.
Va precisato che l’obbligatorietà sembra operare solo fino a concorrenza del raggiungimento del limite del 30%39 senza estendersi a tutti i contratti atipici/flessibili utilizzati dell’appaltatore40. Inoltre l’obbligo di certificazione sembra estendersi a quei casi in cui la percentuale del 30% venga raggiunta con lavoratori a tempo indeterminato che non siano assunti direttamente dell’impresa appaltatrice come, ad esempio, nel caso di somministrazione di lavoro o di distacco.
Infine è opportuno rivolgere l’attenzione su alcuni profili su cui è intervenuta la nota INL n. 694 del 2024 e sui quali non sono state apportate (correttamente) rettifiche con la successiva nota n. 1937 del 2024.
La nota n. 694 del 2024 ha sottolineato, infatti, che l’obbligatorietà della certificazione non si estende anche al contratto “commerciale” di appalto.
Questa indicazione è molto importante nel caso di contratto di subappalto (tra il subappaltante e il subappaltatore) rispetto al quale il committente “principale” rimane estraneo (in quanto non si viene a creare alcun rapporto diretto tra esso e il subappaltatore). Tale “estraneità” rileva anche ai fini della certificazione del contratto di subappalto sia perché il committente principale non interviene, come è noto, nel procedimento di certificazione del contratto di subappalto sia perché non risulta obbligatorio certificare il contratto di appalto (principale).
Da ultimo la nota INL n. 694 del 2024 non sembra revocare in dubbio l’obbligatorietà della certificazione del contratto di subappalto in quanto l’art. 2,
38 Tale ratio è presente anche in altre norme del nostro ordinamento v., tra tutte, l’art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008 che prevede nell’oggetto della Valutazione dei rischi anche “quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.
39 La nota INL n. 694/2024 precisa che la misura del 30% deve intendersi riferita al personale impiegato sulla specifica attività, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda. Sul punto v. anche Nota Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 11649 del 27 giugno 2013
40 In questo senso, già prima dell’emanazione della Nota INL 694/2024, L. DI XXXXXXX, X. RUSSO, La certificazione ex art. 75 del d. lgs. n. 276/2003 come strumento di qualificazione dell’impresa. L’esperienza della Commissione istituita presso la fondazione Xxxxx Xxxxx, cit., p. 132.
comma 2, del d.P.R. n. 177/2011 prevede che «in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni e integrazioni».
In questo caso si rimarca la valenza “obbligatoria” della certificazione e la sua stretta connessione con l’autorizzazione al subappalto41. Pertanto la Commissione di certificazione verificando: che il committente del contratto di appalto principale abbia autorizzato l’appaltatore a subappaltare a terzi i servizi compresi nel contratto di appalto; che il subappalto non superi la quota percentuale dell’importo dei servizi subappaltabili indicata nel contratto di appalto; che l’autorizzazione riguardi l’oggetto del subappalto di cui si richiede la certificazione; che ci sia corrispondenza temporale tra durata dell’autorizzazione e durata del contratto di subappalto ed, infine, che il subappalto non formi oggetto di ulteriore subappalto contribuisce pienamente a “sostenere” un corretto comportamento aziendale in termini di “responsabilizzazione e trasparenza” della filiera al fine di garantire i diritti dei lavoratori nelle catene di appalti/subappalti.
Abstract
Il contributo ripercorre gli aspetti fondamentali della certificazione ex art. 75 del d.lgs. n. 276/2003 dei contratti di appalto e subappalto relativi a lavori da eseguirsi in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti di cui al d.P.R. n. 177/2011, interrogandosi se in questo particolare ambito l’istituto della certificazione abbia subito una “torsione” della sua originaria finalità e natura. Anche alla luce delle recenti note INL nn. 694 e 1937 del 2024 il contributo esamina i profili problematici collegati alla qualificazione di contratti di appalto/subappalto, al sistema di qualificazione degli operatori economici nel settore degli ambienti confinati e alla “responsabilizzazione” nella filiera degli appalti/subappalti.
The contribution traces the fundamental aspects of certification pursuant to art. 75 of the legislative decree n. 276/2003 of procurement and subcontracting contracts relating to works to be carried out in environments suspected of being polluted or in neighboring environments referred to in the Presidential Decree. n. 177 of 2011, questioning whether in this context the certification institution has modified its original purpose and nature. Also in light of the recent INL notes nos 694 and 1937 of 2024, the contribution examines the problematic profiles linked to the qualification of procurement/subcontracting contracts, the qualification system of economic operators in the confined spaces sector and “accountability” in the procurement/subcontracting supply chain.
Parole chiave
Contratti di appalto e subappalto relativi a lavori da eseguirsi in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, certificazione ex art. 75 ss. del d. lgs. n. 276/2003, qualificazione del contratto, verifica degli standard organizzativi e contrattuali, obbligatorietà della certificazione, nota INL n. 694/2024
41 Solitamente l’autorizzazione è data con separato atto successivo alla conclusione dell’appalto; cfr. X. XXXXXX, X. XXXXXXX, L’appalto, cit.; Cass. civ., 18 maggio 0000, x. 0000, xx “Xxxxxxxxx xxxxxx”, 0000, I, p. 1383, secondo cui la mancanza di autorizzazione del committente comporta la nullità del contratto di subappalto, la quale però può essere fatta valere dal solo committente; contra, X. XXXXXXXXXXXX, L’appalto, cit., secondo cui, nel caso in cui difetti l’autorizzazione, il contratto è solamente annullabile.
Keywords
Contracts and subcontracts relating to works to be carried out in environments suspected of being polluted or in neighboring environments, certification pursuant to art. 75 ff. of the d. lgs. n. 276/2003, qualification of the contract, verification of organizational and contractual standards, mandatory certification, note INL n. 694/2024