Capitolo Ottavo La clausola compromissoria e il compromesso
44. Co-Autore “Arbitrato, ADR conciliazione”, Parte Prima. L’arbitrato: generalità. Capitolo VIII - La clausola compromissoria e il compromesso, 109
Capitolo Ottavo
La clausola compromissoria e il compromesso
di Xxxxxx Xxxxxxxx
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Natura ed effetti della convenzione arbitrale – 3. La forma – 4. Capacità e legittimazione alla stipulazione – 5. L’oggetto della convenzione arbitrale ed i limiti di operatività – 6. Gli elementi indispensabili e quelli accidentali – 7. L’interpretazione – 8. Profili peculiari della clausola compromissoria – 8.1. L’autonomia della clausola compromissoria – 8.2. La circolazione della clausola –
8.3. L’inefficacia sopravvenuta e la rinuncia – 9. La riforma del 2006.
1. Premessa
Il vigente codice di rito distingue, tra gli strumenti attraverso i quali è consentito devolvere la soluzione di controversie ad arbitri, il compromesso dalla clausola compromissoria senza offrire una nozione unitaria di convenzione arbitrale, quale invece è dato riscontrare – ad esempio – nell’ambito di taluni trattati internazionali che riguardano la materia dell’arbitrato1.
Ferma restando la necessità di ancorarsi al dato normativo che offre adeguata giustificazione della distinzione tra compromesso e clausola compromissoria, deve tuttavia rilevarsi che dal punto di vista definitorio sembra emergere anche a livello legislativo una visione unitaria del fenomeno considerato attraverso l’individuazione della nozione di “patto compromissorio” che accomuna i due strumenti di devoluzione ad arbitri delle controversie di cui si discute2.
1 L’art. I, comma 2, della Convenzione di Ginevra del 21 aprile 1961, ratificata in Italia con legge 10 maggio1970, n. 418, accomuna il compromesso e la clausola compromissoria nella definizione di “convenzione d’arbitrato”.
2 La recente legge 14 maggio 2005 n. 80 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 14 maggio 2005, n. 35, nel disciplinare la delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo recante modificazioni al codice di procedura civile, prevede una riforma in senso razionalizzatore della disciplina dell’arbitrato introducendo appunto la nozione di “patto compromissorio” senza peraltro una compiuta descrizione di esso.
Definizioni
Nel prosieguo della trattazione si utilizzerà il termine convenzione arbitrale o patto compromissorio intendendolo comprensivo, in una visione unitaria, dei due strumenti che il codice di rito individua quali possibili forme di devoluzione ad arbitri delle controversie.
Attraverso il compromesso le parti, nei limiti indicati all’art. 806 c.p.c., possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, mentre con la clausola compromissoria le parti nell’ambito del contratto tra di loro stipulato, ovvero in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto siano decise da arbitri purché tali controversie possano formare oggetto di compromesso secondo quanto dispone la richiamata norma di cui all’art. 806.
Si è a lungo discusso della distinzione tra compromesso e clausola compromissoria ma oggi può ragionevolmente affermarsi che tale distinzione deve rinvenirsi non soltanto in ragione del fatto che – per espressa disposizione legislativa – il compromesso debba riguardare una lite già insorta mentre la clausola compromissoria è per converso riferibile a controversie “insorgende”, ma anche perché mentre il compromesso può avere ad oggetto controversie che non traggano origine da un contratto, ciò è positivamente escluso con riferimento alla clausola compromissoria che riguarda soltanto le controversie nascenti da uno specifico contratto stipulato tra le parti3.
3 Sulla ammissibilità del compromesso per controversie derivanti da illecito extracontrattuale si veda Corte appello Milano, 10 novembre 2000, secondo cui “la clausola compromissoria genericamente relativa alle controversie nascenti dal contratto cui inerisce, in mancanza di espressa volontà contraria, deve essere interpretata nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la loro "causa petendi" nel contratto medesimo (nella specie, la clausola in questione faceva riferimento alla sola "interpretazione" del contratto, mentre la lite atteneva alla "esecuzione" dello stesso; in motivazione si legge - "obiter dictum" - che tra le controversie da ritenersi comprese nella clausola arbitrale, rientra anche l'eventuale azione extracontrattuale che tragga origine dal contratto stesso)” in Gius 2001, 2415. Con riferimento alla ammissibilità del compromesso per controversie in merito a conseguenze civili dell’illecito penale, cfr. anche Xxxx. 26 gennaio 1988, n. 664 la quale ha stabilito che: “I diritti a restituzioni o risarcimento dei danni, ancorché traggano origine da un illecito penale, rientrano nella disponibilità delle parti, e, pertanto, possono costituire oggetto di transazione ovvero di arbitrato irrituale o libero”; nello stesso senso: Cass. 22 giugno 1981, n. 4069; cfr. da ultimo Cass., 5 giugno 1998, n. 5528 la quale ha stabilito che “L'oggetto di una clausola compromissoria può legittimamente riguardare vicende attinenti alla sola materia civile, senza che, sulla validità della clausola, possano spiegare rilevanza gli eventuali aspetti penalistici potenzialmente derivabili dal giudizio arbitrale, restando essi estranei ai rapporti regolati con la clausola stessa”.
Per converso si rileva l’impossibilità di utilizzare una clausola compromissoria per regolare controversie eccedenti la materia contrattuale: in tal senso, Cass., S.U., 28 luglio 1998, n. 7398 “Poiché il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri stranieri comporta una deroga alla giurisdizione del giudice ordinario, la clausola
Dal punto di vista empirico emerge una netta prevalenza della utilizzazione della clausola compromissoria rispetto al compromesso e la circostanza trova una ragionevole spiegazione nel fatto che a lite insorta non è frequente che le parti si trovino d’accordo nel devolvere la controversia ad arbitri, non essendosi preventivamente vincolate in tal senso attraverso la stipulazione della clausola compromissoria.
Natura
del patto
2. Natura ed effetti della convenzione arbitrale
L’accordo attraverso il quale due o più parti convengono di deferire ad arbitri una controversia già insorta ovvero si obbligano a deferire in arbitrato le eventuali controversie tra loro insorgende in relazione ad un rapporto contrattuale costituisce, secondo l’opinione che può definirsi dominante tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, un contratto ancorché connotato da talune peculiarità4.
La nozione più accreditata ascrive il patto compromissorio alla categoria dei contratti ad effetti processuali, dei quali farebbero parte non soltanto la convenzione arbitrale ma anche gli accordi relativi alla deroga alla competenza territoriale, nei limiti ammessi dall’ordinamento processuale, la deroga alla giurisdizione, gli accordi sulle prove, il pactum de non petendo o de non exeguendo.
L’obiezione secondo cui la natura contrattuale del patto compromissorio dovrebbe escludersi in ragione della mancanza del requisito della patrimonialità non sembra cogliere nel segno in quanto
compromissoria deve essere espressa in modo chiaro ed univoco con riguardo alla precisa determinazione dell'oggetto delle future controversie e, in caso di dubbio in ordine all'interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un'interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione ordinaria; è pertanto da escludersi che, tramite la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, la deroga alla giurisdizione del giudice ordinario e il deferimento agli arbitri si estendano a controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al contratto principale cui accede la suddetta clausola”. Si è peraltro osservato in dottrina che il solo dato letterale emergente dal primo comma dell’art. 808 c.p.c. non sarebbe sufficiente ad escludere l’ipotesi di una clausola compromissoria destinata ad operare con riferimento a controversie future nascenti da rapporti non contrattuali: in questo senso FESTI, La clausola compromissoria, Milano, 2001, 194 ss.
4 Cfr. G.B. FERRO, La clausola compromissoria, in ALPA (a cura di), L’arbitrato profili sostanziali, in Giur. sist. dir. civ. comm., Torino 1999, II, 611 ss.; PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2000, 163 ss.; VERDE, La convenzione di arbitrato, in Diritto dell’arbitrato rituale, VERDE (a cura di), II ed., Torino, 2000, 43 ss.; XXXXXXX, La nozione di clausola compromissoria, in Riv. arbitrato, 2004, 417 ss.; XXXXXXXX, La qualificazione della clausola compromissoria e i suoi limiti soggettivi di efficacia: il difficile cammino della nuova concezione negoziale dell'arbitrato rituale. Nota a Trib. Rimini 28 marzo 2003. in Giur. It., 2004, 1657 ss.
Effetti
essa non tiene conto della circostanza che il requisito della patrimonialità è rinvenibile in via mediata nelle situazioni destinate ad essere definite dagli arbitri in virtù della convenzione arbitrale stessa5.
In giurisprudenza è ormai costante l’affermazione secondo cui: “la cosiddetta clausola compromissoria costituisce un contratto, ad effetti processuali, a se stante, anche quando - come prevalentemente accade - è inserita nell'atto contenente il contratto cui ineriscono le controversie oggetto della clausola; né, data la loro autonoma funzione, tra i due contratti sussiste tecnicamente un rapporto di accessorietà, come è espressamente riconosciuto dall'art. 808, comma 3, c.c. (come novellato dalla l. n. 25 del 1994), secondo cui la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce. Ne consegue che la clausola compromissoria contenuta in una proposta contrattuale può ritenersi operante anche se l'accettazione contiene modifiche riguardanti la sola parte sostanziale del contratto, perché la relativa causa di nullità del contratto (mancanza di accordo delle parti) non incide sulla validità della clausola compromissoria” 6.
La tesi della natura contrattuale del patto compromissorio trova ulteriore conforto nel recente orientamento giurisprudenziale secondo cui l’intero fenomeno dell’arbitrato si colloca nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti alle quali è consentito affidare la soluzione di controversie tra loro insorte o insorgende ad atti dell’autonomia privata assunti da terzi da essi designati.
Si afferma infatti in giurisprudenza che “il dictum arbitrale è, e resta, un atto di autonomia privata. L'arbitro non è un organo giurisdizionale. L'attribuzione al lodo a posteriori di effetti propri della sentenza lascia inalterata la sua natura originaria di atto negoziale”7.
Dalle considerazioni in precedenza esposte in ordine alla natura del patto compromissorio possono trarsi utili indicazioni in ordine agli effetti che conseguono dalla stipulazione di esso.
5 Sul punto cfr. per tutti: FESTI, La clausola, cit., 11 ed ivi note 27 a 30.
6 Cfr. Cass. Civ., 14 aprile 2000, n. 4842. Si osservi inoltre che gli effetti processuali della clausola compromissoria costituiscono l’elemento sulla base del quale il giudice ordinario, adito nonostante la sussistenza di un patto compromissorio, deve accertare la validità o meno della clausola compromissoria: cfr. in tal senso Xxxx. Civ., 10 novembre 1998, n. 11294
7 Cfr. Cass. Civ. S.U. 3 agosto 2000, n. 527 in Foro pad. 2001, I, 34 con nota di RUBINO-XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx xx Xxxxx – Arbitrato irrituale come processo: un sogno impossibile?. Si veda inoltre: FAZZALARI, Una svolta attesa in ordine alla natura dell’arbitrato, in Riv. arbitrato, 2000, 704 ss.; RICCI, La "natura" dell'arbitrato rituale e del relativo lodo: parlano le sezioni unite. Nota a Cass. sez. un. civ. 3 agosto 2000, n. 527, in Riv. dir. Process., 2001, 259 ss.; XXXXXXXXXX, Le sezioni unite della Cassazione affermano la natura giuridica negoziale e non giurisdizionale del c.d. "arbitrato rituale”. Nota a Cass. sez. un. civ. 3 agosto 2000, n. 527 in Giust. Civ., 2001, I, 764 ss.
Tutela cautelare
Il primo e più rilevante effetto è la sottrazione della controversia alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, che è conseguenza della rinuncia ad avvalersi dell’ordinamento statuale attraverso la rinuncia al diritto di azione in sede giurisdizionale che è connaturale alla stipulazione del patto compromissorio.
In questa prospettiva la giurisdizione statale può operare limitatamente alla tutela cautelare che è materia tradizionalmente sottratta all’ambito dei poteri degli arbitri.
In proposito, peraltro, corre l’obbligo di evidenziare che il codice di rito sino alla recentissima riforma di cui alla legge 14 maggio 2005 n. 80 trattava il tema della esperibilità della tutela cautelare soltanto con riferimento all’arbitrato rituale, esplicitamente ammettendola (art. 669 quinquies c.p.c. testo previgente). Di qui l’ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza in ordine alla inammissibilità di tutela cautelare nell’ipotesi di sottoposizione della controversia ad arbitrato irrituale, sulla base della presunta rinuncia preventiva a qualsiasi forma di tutela giurisdizionale che sarebbe stata connaturale alla previsione della devoluzione della controversia ad arbitrato libero o irrituale8.
Sul punto era intervenuta la Corte Costituzionale in senso possibilista, non rinvenendosi da parte del giudice delle leggi un ostacolo normativo e nemmeno costituito dal c.d. diritto vivente alla ammissibilità della tutela cautelare anche nell’ambito dell’arbitrato irrituale9.
8 Cfr. Cass. 7 dicembre 2000, n. 15524 in Giur. It. 2001, 1107 ss. Con nota di CANALE, Arbitrato e tutela cautelare: i soliti problemi tra vecchie soluzioni e nuove prospettive; decr. Trib. Modena 15 dicembre 2003, in Giur. It., 2004, 1628 ss. con nota di XXXXXXX, Arbitrato irrituale e tutela cautelare: much ado about nothing?; ord. Trib. Grosseto 17 gennaio 2003, in Le Società, 2003, 851 ss. con commento di XXXXXXXXX, Arbitrati e tutela cautelare: una incompatibilità sul viale del tramonto; Tribunale Rimini, 8 settembre 2003 in Dir. prat. soc., 2003, fasc. 24, 79 ss. con commento di SOLDATI, Incompatibilità delle misure cautelari nell’arbitrato irrituale; ord. Trib. Roma 24 luglio 1997, in Foro it., 1998, I, 3669 ss. con nota di XXXXXX, Ancora su arbitrato irrituale e tutela cautelare. Recentemente si segnala la sentenza del Tribunale di Trani, 24 gennaio 2005, xxx.xxxxxxxxx.xxx, secondo cui “La presenza di clausola compromissoria, che devolva il merito della controversia ad arbitrato irrituale , non preclude il ricorso alla tutela cautelare "ante causam" innanzi al giudice ordinario”.
In dottrina si veda inoltre: PUNZI, Disegno, op. cit. I, 622 ss.; XXXXXXX, in CONSOLO, LUISO, SASSONI, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, sub art. 669 – quinquies, 607 ss.; RUBINO-XXXXXXXXXX, Il diritto dell’arbitrato, terza ed., Padova, 2002, 645 ss.; G.F. XXXXX, Provvedimenti cautelari, commento all’art. 818
c.p.c. in Arbitrato, a cura di CARPI, Bologna, 2001, 339 ss.; XXXXX, L’arbitrato irrituale, Torino, 2005, 125 ss.; XXXXXXX, L’arbitrato, Bologna 1993, 371.
0 Xxx. Xxxxx Xxxx., xxx. 5 luglio 2002, n. 320, in Giur. it. 2003, 633 con nota di CANALE; Cfr. anche SASSANI, La garanzia dell'accesso alla tutela cautelare nell'arbitrato irritale, Nota a ord. C. Cost. 5 luglio 2002, n. 320 in Riv. arbitrato, 2002, 505 ss.; XXXXXXXXX, Una possibile disciplina della tutela cautelare nell'arbitrato libero, Nota a
Il legislatore ha accolto le indicazioni della Corte Costituzionale già nell’ambito della introduzione del nuovo rito societario di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 e successive modifiche ed integrazioni, disponendo che nella materia dell’arbitrato societario la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies del codice di procedura civile.
La questione è oggi positivamente risolta, anche al di fuori della materia societaria, dal nuovo testo dell’art. 669 quinquies c.p.c. secondo cui se la controversia oggetto di clausola compromissoria è compromessa in arbitri anche non rituali o se è pendente giudizio arbitrale, la domanda (cautelare ndr) si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. Fermo quindi l’effetto preclusivo alla cognizione di merito del giudice ordinario discendente dalla presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria deve per converso affermarsi la piena ammissibilità della tutela cautelare pur in presenza del patto compromissorio, quale che sia la natura, rituale o irrituale, dell’arbitrato.
3. La forma
Le regole che attengono alla forma del patto compromissorio sono contenute negli artt. 807 e 808 c.p.c., dei quali il primo disciplina la forma del compromesso ed il secondo la forma della clausola compromissoria attraverso il rinvio alle disposizioni sul compromesso.
Il compromesso deve, a pena di nullità, “essere fatto per iscritto” e tuttavia non deve necessariamente constare in un unico documento, ben potendo la forma scritta essere rispettata dallo scambio di documenti separati.
Sul punto la giurisprudenza è orientata a ritenere validamente stipulato un compromesso anche attraverso lo scambio di proposta ed accettazione scritta del patto compromissorio: in tal senso si è espressa la sentenza della Corte di Cassazione 22 febbraio 2000, n. 1989 la quale espressamente ha stabilito che “la stipulazione del compromesso deve ritenersi validamente verificata con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l'accettazione di compromettere ad arbitri la decisione della controversia insorta; la richiesta di costituzione di un collegio arbitrale
ord. C. Cost. 5 luglio 2002 n. 320, in Riv. dir. process., 2004, 600 ss.; AULETTA, Le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni non costituzionali, ma perché è impossibile darne applicazioni costituzionali: la disapplicazione del principio in materia di arbitrato e tutela cautelare. Nota a ord. Trib. Torino sez. distaccata Chivasso 21 maggio 2001. in Riv. arbitrato, 2002, 89 ss.
Difetto della forma scritta
Nuovi mezzi di telecomu- nicazione
infatti non può essere interpretata diversamente, implicando necessariamente l'espressione della volontà di rimettere agli arbitri la decisione della controversia” 10.
Dall’espressa previsione legislativa si ricava che il requisito della forma è posto ad sustantiam, sicché il difetto della prescritta forma non potrà essere superato da manifestazioni di volontà prive del richiesto requisito formale. Ai sensi del secondo comma dell’art. 807 c.p.c. il requisito formale si intende rispettato anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo o telescrivente11.
La richiamata previsione legislativa ha formato oggetto di ampio dibattito, in quanto il legislatore nell’introdurre tale disposizione con l’art. 2 della legge 5 gennaio 1994, n. 25 non ha ritenuto di fare menzione dei più moderni mezzi di telecomunicazione utilizzati dalla prassi, quali ad esempio il telefax o la comunicazione in via telematica.
In dottrina si riscontra un approccio prudente rispetto alla possibilità di considerare assolto il requisito della forma del patto compromissorio anche mediante l’utilizzazione del telefax.
Accanto a chi sostiene la estensibilità a questo mezzo di comunicazione della disposizione di cui all’art. 807 secondo comma (che menziona soltanto il telegrafo e la telescrivente)12 la maggioranza degli autori che si sono occupati del problema è più prudente, suggerendosi in buona sostanza, nell’ipotesi di utilizzazione del telefax, la cautela della riproduzione del patto compromissorio in una delle forme espressamente previste dal legislatore 13
Un discorso parzialmente diverso può essere fatto con riferimento al documento informatico di cui al d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, in quanto ove siano rispettate le condizioni previste dalla richiamata normativa sembra possibile affermare la validità della stipulazione di un patto compromissorio attraverso l’uso del computer14.
10 Cfr. Riv. Arbitrato, 2001, 35 ss. con nota di XXXXXX, Lo scambio degli atti di nomina degli arbitri come stipulazione del compromesso.
11 Si veda in dottrina: TIZI, La forma dell’accordo arbitrale rituale, in Riv. Arbitrato, 2004, 3, 629 ss.; XXXXXXXX, L’accordo compromissorio alla prova delle nuove tecnologie, in Riv. Arbitrato, 2004, 1, 163 ss.
12 FESTI, La clausola, op. cit., Milano, 2001, 228.
13 RUBINO-XXXXXXXXXX, Il diritto, op. cit., 312.
14 In Italia la prima regolamentazione in materia si è avuta con il d.p.r. n. 513/1997, emanato in attuazione dell’art. 15 comma 2° della legge n. 59/1997 (legge Xxxxxxxxx-uno) che definiva il documento informatico e introduceva il concetto di firma digitale. Tale quadro normativo si è arricchito con l’emanazione del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa,
d.p.r. n. 445/2000. Sull’argomento si rinvia a GRAZIOSI, La nuova efficacia probatoria del documento informatico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 53 ss.; XXXXXXXXXX, La
Sempre con riferimento alla forma del patto compromissorio occorre rilevare che il legislatore, mentre con riferimento al compromesso enuncia con chiarezza che esso deve essere fatto per iscritto (art. 807, primo comma, c.p.c.), con riferimento alla clausola compromissoria dispone che essa “deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso” (art. 808, comma 1, seconda parte, c.p.c.). Il differente linguaggio del legislatore ha consentito di ipotizzare che la forma scritta richiesta per la clausola compromissoria sia ad probationem e non ad sustantiam. L’esame della giurisprudenza consente peraltro di rilevare che, al di là del dato letterale delle norme in raffronto, l’opinione assolutamente dominante è nel senso che anche con riferimento alla clausola compromissoria la forma scritta sia richiesta ad sustantiam15.
Clausole
per relationem
Sotto un diverso profilo deve esaminarsi, ancora, la fattispecie in cui la clausola compromissoria sia stipulata per relationem, mediante il rinvio ad una clausola compromissoria contenuta in un altro contratto intervenuto tra le medesime parti, ovviamente in forma scritta, ovvero quando le parti facciano rinvio a regolamenti normativi ovvero ancora a regolamenti di istituzioni arbitrali.
In linea generale si ritiene la validità della clausola compromissoria stipulata per relationem ad altre fonti negoziali o regolamentari: sul punto la giurisprudenza è univocamente orientata nei termini che seguono: “Quando i contraenti fanno riferimento alla disciplina fissata in un distinto documento al fine dell'integrazione della regolamentazione negoziale, le previsioni di quella disciplina si intendono conosciute e approvate "per relationem", assumendo pertanto il valore di clausole concordate senza necessità di una specifica approvazione per iscritto ai sensi dell'art. 1341
c.c. (Nella specie, la clausola compromissoria richiamava il regolamento dell'Associazione Italiana per l'Arbitrato, preclusivo della sua impugnativa per nullità; in applicazione del suesposto principio, la S.C. ha ritenuto sufficiente la specifica approvazione della clausola compromissoria contenente il succitato rinvio "per relationem" e non necessaria una
disciplina sulle firme elettroniche: ultimo tassello?, in Le nuove leggi civili commentate, 2003, 801 ss.; GATTAMELATA, Un nuovo tassello per un processo telematico, in Le nuove leggi civili commentate, 2001, 532.
Di particolare interesse: XXXXXXX, Validità di clausola compromissoria espressa in forma elettronica e conclusa per via telematica, nota a XX Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx xx Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx 00 xxxxxx 0000 (XXX) in Riv. arbitrato, 2001, 263 ss.
15 G.B. XXXXX, La clausola compromissoria, op. cit., 643 ss.; XXXX, La forma dell'accordo arbitrale rituale, in Riv. arbitrato, 2004, 629.
Contratti con condizioni
generali
Arbitrato irrituale
ulteriore specifica approvazione della disciplina del regolamento richiamato nella clausola)”16.
Per quanto riguarda la necessità o meno della specifica approvazione per iscritto della clausola compromissoria contenuta nelle condizioni generali di contratto deve rilevarsi che tale necessità sussiste soltanto nella misura in cui la clausola compromissoria sia inserita in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti (art. 1341, comma 1, c.c.) ovvero conclusi mediante sottoscrizioni di moduli o formulari (art. 1342, comma 1, c.c.)17.
In merito infine alla forma del patto compromissorio per arbitrato irrituale sarà in questa sede sufficiente osservare che secondo l’orientamento univoco di dottrina e giurisprudenza il patto compromissorio per arbitrato irrituale necessiterà della forma scritta ad sustantiam soltanto se le questioni sostanziali deferite in tale arbitrato riguardino rapporti per i quali la forma scritta è a sua volta richiesta ad sustantiam; negli altri casi accanto a teorie che richiedono la forma scritta ad probationem in analogia alle previsioni codicistiche in tema di transazione, ve ne sono altre che privilegiano la libertà di forme.18
16 Cfr. XXXXXXXXX, Specifica approvazione scritta della clausola arbitrale per relationem: manifestazione della volontà compromissoria; verifica della internazionalità dell'arbitrato in Cassazione, nota a Cass. 4 maggio 2000, n. 5578 in Riv. arbitrato, 2000, 455 ss.
17 XXXXXXX, Clausola compromissoria e specifica approvazione ex art. 1341 c.c., nota a App. Lecce sez. distaccata Taranto, 6 giugno 2002, n. 166, in Riv. arbitrato, 2002, 708 ss. Si precisa in proposito che sono contratti per adesione quelli predisposti unilateralmente ed applicabili ad una serie indeterminata di rapporti (cfr. Cass. 23 novembre 1993, n. 11648, in Foro It., 1994, I, 748) con la conseguenza della clausola compromissoria non necessita della specifica approvazione, anche quando inserita in un contratto predisposto da una delle parti se è frutto di specifiche trattative, tali che ognuna delle parti ha contribuito alla formulazione del testo contrattuale o comunque lo ha esaminato o conosciuto preventivamente (Cass. Sez. Un. 29 novembre 1991, n. 12835, in Giur. It. 1992, I 1, 1512).
Si è altresì precisato che la specifica approvazione per iscritto della clausola compromissoria inserita in un contratto per adesione, quale requisito essenziale ai sensi dell’art. 1341 comma 2 c.c., non è configurabile per effetto della sola apposizione delle firme di ciascuna parte su ogni foglio di cui è composto il documento. Cfr Cass. 14 aprile 1999 n. 3669, in Roiv. Arb. 1999, 745.
18 Cfr. FESTI, La clausola, op. cit., 245-246; FREGONESE, Sull'obbligatorietà della forma scritta della clausola compromissoria per arbitrato irrituale, in Foro pad., 2002, fasc. 3-4, 635 ss.; XXXXXXXX, Arbitrato irrituale e forma del compromesso, nota a Cass. sez. I civ. 25 agosto 1998, n. 8417 in Riv. arbitrato, 1999, 261 ss.; 1998; XXXXXXXX, Natura e forma nell'arbitrato irrituale, nota a Cass. sez. I civ. 14 maggio 1997, n. 4258 in Giust. civ., 1998, I, 2002 ss.
Sul punto si è recentemente osservato che “in ipotesi potrebbe anche darsi la possibilità di un arbitrato irrituale meramente orale, e cioè iniziato sulla scorta di una clausola verbale e concluso sulla scorta di un contratto redatto in forma verbale. L’ipotesi è puramente ipotetica ma, tenuto conto della natura dell’arbitrato irrituale, è sicuramente, da un punto di vista teorico, percorribile”19.
4. Capacità e legittimazione alla stipulazione
Le questioni relative alla capacità di stipulare validamente un patto compromissorio rivestono una particolare importanza dal momento che il difetto di capacità si riverbera direttamente sulla validità del patto compromissorio quale causa di nullità di esso.
Sino all’entrata in vigore della novella del 1994 non si dubitava, relativamente alla capacità delle parti, in ordine alla applicabilità alla clausola compromissoria delle disposizioni dettate dal legislatore in tema di compromesso, secondo cui al compromesso si applicano le disposizioni che regolano la validità dei contratti eccedenti l’ordinaria amministrazione (attuale terzo comma dell’art. 807 c.p.c.).
Con disposizione innovativa la citata novella ha invece disposto che il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria (art. 808, 3° comma, c.p.c.).
Nonostante qualche isolata opinione in dottrina secondo cui la iscrizione della stipulazione del compromesso alla categoria degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione sarebbe venuta meno per effetto della novella, deve ritenersi che effettivamente, a seguito della modifica legislativa, la questione relativa alla capacità delle parti debba porsi in diversa prospettiva a seconda che si tratti di compromesso ovvero di clausola compromissoria.
Per quanto riguarda il compromesso resta la regola che ascrive la sua stipulazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, mentre per quanto riguarda la clausola compromissoria, nonostante la sua autonomia rispetto al contratto cui accede, la capacità a stipulare il contratto attribuisce anche il potere di stipulare detta clausola20.
La diversificazione di cui si è fatto cenno risulta oggettivamente ingiustificata ed è unanime l’auspicio di un suo superamento.
In questa prospettiva si pone la già citata legge 14 maggio 2005 n. 80 che disciplina, tra l’altro, la delega al Governo per la riforma in senso
19 XXXXX, L’arbitrato irrituale, Torino, 2005, 144
20 Cfr. CARPI – ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, Commento all’Art. 807, in Arbitrato, Carpi (a cura di), Bologna, 2001, 105 ss.
Capacità di agire
Persone fisiche
razionalizzatore della disciplina dell’arbitrato, prevedendo espressamente che “per la stipulazione di compromesso e di clausola compromissoria vi sia un unico criterio di capacità, riferito al potere di disporre in relazione al rapporto controverso” (art. 1, comma 3, lett. b), legge citata).
Venendo ora ad esaminare, alla luce della normativa vigente, la questione della capacità delle parti occorre rilevare che essa si riferisce non tanto alla capacità giuridica, intesa quale capacità di essere titolare di diritti ed obbligazioni, quanto alla capacità di agire ossia di poter disporre validamente dei propri diritti.
Una parte della dottrina ritiene peraltro che accanto alla capacità di agire debba riguardarsi, quanto alla capacità di stipulare il patto compromissorio, anche alla legittimazione a compromettere intesa quale titolarità del diritto sostanziale dedotto nel patto21.
Per quanto riguarda le persone fisiche, questioni relative alla capacità a stipulare validamente un patto compromissorio si porranno in relazione a coloro che difettano della capacità di agire ovvero posseggono una limitata capacità di agire (minori, interdetti, incapaci). Relativamente a tali soggetti la stipulazione del patto compromissorio che li riguardi dovrà avere luogo con l’osservanza delle specifiche disposizioni che li riguardano e così, a titolo esemplificativo, per i minori i genitori dovranno ottenere l’autorizzazione del Giudice Tutelare ma, per i soli giudizi relativi ad atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, i tutori dovranno munirsi dell’autorizzazione del Tribunale mentre i minori emancipati e gli inabilitati potranno stipulare compromessi con l’assistenza del curatore.
Certamente privo della capacità di compromettere è il fallito, in quanto non legittimato a disporre dei beni e dei diritti caduti nel fallimento, mentre in sua vece può validamente stipulare un patto compromissorio il curatore qualora a ciò sia autorizzato dal Tribunale Fallimentare (art. 35 L.F.). Per le delicate questioni che riguardano la sorte del compromesso o della clausola compromissoria nell’ipotesi di sopravvenuto fallimento in una delle parti si fa rinvio alla specifica trattazione in altro capitolo di quest’opera.
Relativamente alla capacità del rappresentante volontario di porre validamente in essere un patto compromissorio occorre rilevare che ai sensi dell’art. 1708, 2° comma, cod.civ., il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente. Il procuratore generale potrà quindi validamente
21 Si veda in dottrina: ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, La convenzione arbitrale rituale rispetto ai terzi, Xxxxxxx, 2004, 255 ss.
Enti privati
stipulare il patto compromissorio soltanto ove tale potere sia attribuito in modo specifico, espresso ed inequivoco; diversa soluzione è invece da assegnare all’ipotesi di stipulazione di clausola compromissoria accessiva al contratto stipulato dal procuratore generale (e, a maggior ragione, dal procuratore speciale) in quanto la nuova formulazione dell’art. 808, 3° comma, come si è già ricordato, dispone che il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.
Per quanto riguarda gli enti occorrono alcune distinzioni. Nell’ambito delle società semplici e degli enti o associazioni si ritiene che il potere di stipulare il patto compromissorio debba essere espressamente conferito ai rappresentanti delle prime (attesa la loro qualità di mandatari) ovvero debba essere espressamente previsto nello statuto quanto ai secondi.
Per quanto riguarda invece le società commerciali, siano esse di persone o di capitali, deve ritenersi che gli amministratori che abbiano la rappresentanza della società possano validamente stipulare il patto compromissorio con i soli limiti delineati dall’oggetto sociale e richiamate altresì le disposizioni che, in tema di società di capitali, dispongono l’inopponibilità ai terzi di buona fede delle limitazioni al potere rappresentativo conferito agli amministratori.
Nell’ambito delle società di capitali, inoltre, si ritiene ormai comunemente che non possa farsi luogo alla distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nella accezione riferita ai poteri di agire delle persone fisiche.
Si è infatti ritenuto in giurisprudenza che: “Al riguardo, con riferimento all’amministrazione, questa corte ha già avuto modo di puntualizzare (Cass. 4 maggio 1995, n. 4856) come, in tema di attività d’impresa, il criterio per distinguere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non può essere quello del carattere «conservativo» o meno dell’atto posto in essere (criterio valido, invece, di regola, per l’amministrazione del patrimonio degli incapaci), in quanto quella imprenditoriale è attività che presuppone necessariamente il compimento di atti di disposizione di beni, con la conseguenza che l’indicata distinzione va fondata sulla relazione in cui l’atto si pone con la gestione «normale» (e quindi «ordinaria») del tipo d’impresa di cui si tratta ed alle dimensioni in cui essa viene esercitata. Ne deriva che, mentre gli atti che modificano le strutture economico- amministrative dell’impresa sono da considerarsi di «straordinaria» amministrazione, la stipulazione di una clausola compromissoria non può essere annoverata tra quelli «eccedenti» l’ordinaria amministrazione, con la conseguenza che anche un amministratore, i cui poteri siano stati
Enti pubblici
Precisi limiti
Controversie
in tema di lavoro
Stato e capacità delle persone
limitati all’amministrazione ordinaria, è pienamente abilitato a stipulare l’indicata clausola”22.
Per quanto riguarda infine gli enti pubblici si ritiene che il soggetto che ha il potere di rappresentanza sostanziale ha anche quello di stipulare convenzioni di arbitrato, non essendo di regola prevista la necessità di autorizzazioni23.
5. L’oggetto della convenzione arbitrale ed i limiti di operatività.
La legge pone precisi limiti all’autonomia privata nella individuazione delle controversie che possono formare oggetto di patto compromissorio.
L’art. 806 c.p.c. esclude dal novero delle controversie compromettibili:
a) quelle relative ai rapporti disciplinati dagli artt. 429 e 459
c.p.c. (ora 409 e 442) dovendosi tuttavia precisare che l’art. 808, 2° comma, in tema di clausola compromissoria, dispone che le controversie di cui all’art. 409 possono essere decise da arbitri a condizione che ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro, gli arbitri pronuncino secondo diritto e non secondo equità, il lodo sia impugnabile e resti salva la facoltà delle parti di adire in alternativa l’autorità giudiziaria;
b) quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi;
c) quelle che non possono formare oggetto di transazione.
Per la disamina delle questioni relative alla limitata compromettibilità delle controversie in tema di lavoro si rinvia alla specifica trattazione sul punto24 rilevando incidentalmente che l’art. 412 ter c.p.c., sotto la rubrica “arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi” disciplina puntualmente il procedimento arbitrale in materia di lavoro ed il successivo art. 412 quater disciplina a sua volta la materia della impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale nella materia considerata.
La non compromettibilità delle controversie che attengano a questioni in tema di stato e capacità delle persone e di separazione personale tra coniugi non necessita di particolare illustrazione, dovendosi peraltro rilevare che potrebbe ritenersi ammissibile la compromettibilità delle controversie sulle conseguenze patrimoniali delle situazioni considerate purché non sia in discussione la indisponibilità di esse25.
22 Cfr. Cass. 18 ottobre 1997 n. 10229, in Foro It., 1999, 1, 291 ss.
23 Cfr.: VERDE, Diritto dell’arbitrato rituale, (a cura di), Torino, 2000, 57.
24 Cfr. cap. 9.a. in altro capitolo di quest’opera
25 Per uno spunto in questo senso: Xxxx. 12 maggio 1994, n. 4647, in Nuova giur. civ. commentata 1995, I, 882 con nota di XXXXXXXX; in tema di transigibilità delle sole
Limiti
alla arbitrabilità
Un discorso assai più articolato merita invece la terza categoria di controversie non compromettibili, riferibile a quelle “che non possono formare oggetto di transazione”.
La nozione di controversie che non possono formare oggetto di transazione deve essere ricostruita alla luce del disposto dell’art. 1966 cod.civ., a mente del quale la transazione è ammessa se le parti hanno la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite salvo che per la loro natura o per espressa disposizione di legge tali diritti siano sottratti alla disponibilità delle parti.
La disponibilità del diritto sostanziale controverso assurge quindi al ruolo discriminante tra arbitrabilità o meno della vicenda e l’oggetto dell’indagine si deve quindi focalizzare sulla individuazione delle situazioni indisponibili che si pongono come limite all’operatività del patto compromissorio.
La nozione di indisponibilità, come è stato giustamente rilevato, è un concetto dai contorni incerti ed assai variabili.
Si è infatti osservato che: “L’individuazione dei diritti indisponibili impone una non semplice ricerca di diritto positivo, nel cui ambito bisogna tener conto del fatto che le scelte del legislatore non sono valide in assoluto, ma sono storicamente determinate in relazione ad interessi di volta in volta ritenuti prevalenti. In linea di prima approssimazione possiamo dire che è indisponibile il diritto rispetto al quale esiste un divieto espresso o implicito (ossia derivante dalla natura intrinseca del medesimo) di rinunzia o di dismissione (o di conformazione in maniera diversa da quella prevista per legge)”26.
Occorre precisare, a questo proposito, che non può essere condivisa la diffusa tendenza ad equiparare le situazioni indisponibili con quelle prese in considerazione da norme inderogabili ovvero di ordine pubblico che non attengono alla disponibilità del diritto ma riguardano la necessaria conformazione del giudizio alla disciplina inderogabile.
E’ pur vero, come si rileva in dottrina, che spesso l’inderogabilità interagisce sulla disponibilità, come è agevole constatare dalla circostanza secondo cui normalmente la disciplina del processo relativo a norme inderogabili è accompagnata dalla previsione della presenza necessaria del Pubblico Ministero, da cui si ricava l’esclusione della compromettibilità della relativa controversia27.
questioni patrimoniali tra coniugi in vista della separazione; più in generale sulla transigibilità delle questioni patrimoniali nella materia considerata cfr. DEL PRATO, voce Transazione, dir.priv., in Enc. Dir., XLIV, Milano 1992, 841.
26 In questi termini cfr.: VERDE, op. cit., 60.
27 In questo senso cfr. ancora VERDE, op. cit., p. 62.
Contratti
illeciti
Una recente decisione di merito ha in proposito rilevato che: “Gli art. 806
c.p.c. e 1966 c.c. – che escludono dalla compromettibilità in arbitrati nazionali le controversie su «diritti» che «per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disponibilità delle parti» - impediscono di compromettere le controversie aventi ad oggetto solo quei diritti – di regola, ma non sempre, personali o personalissimi – che sono irrinunciabili, intrasmissibili ed imprescrittibili (e dei quali perciò non si può disporre con transazione o compromesso), fermo restando che non tutte le norme imperative hanno ad oggetto diritti indisponibili potendo esse agire con comandi o divieti pur sempre perentori ma nel territorio dei diritti disponibili, che restano tali anche quando il loro esercizio sia
«conformato» da una disciplina inderogabile che preveda, ad esempio, specifiche sanzioni di nullità di atti o fatti illeciti”28.
Si discute poi se sia arbitrabile o meno la controversia che tragga origine da un contratto illecito posto che l’art. 1972, 1° comma, cod.civ. sanziona di nullità la transazione relativa ad un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo.
La tesi secondo cui in questa fattispecie sussisterebbe una oggettiva non arbitrabilità della controversia in virtù della richiamata disposizione codicistica che combina la nullità della eventuale transazione, non è persuasiva dovendosi ritenere in sintonia con la più recente dottrina e giurisprudenza, che l’ipotesi di cui all’art. 1972, 1° comma, cod.civ. non soltanto è peculiare alla disciplina della transazione, e non si estende alla disciplina dell’arbitrato nella quale si fa luogo ad una pronuncia di accertamento e non di composizione delle reciproche pretese, ma anche soprattutto perché la richiamata disciplina codicistica riguarda gli effetti della disposizione transattiva delle conseguenze del contratto illecito, travolgendoli, mentre l’arbitrato non può che accertare o non accertare l’illiceità del contratto ed ove la soluzione assegnata non sia corretta la sanzione sarà la nullità del lodo e non già quella del patto compromissorio.
In argomento particolarmente significativa risulta una non recente pronuncia della Suprema Corte che, per la esaustività della argomentazione conviene riportare: “Per quanto riguarda la dedotta nullità della clausola compromissoria, va ricordato che, ai sensi dell’art. 808 c.p.c. in relazione al precedente art. 806, le parti possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto che esse stipulano siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possano formare oggetto di transazione e di compromesso. E secondo l’art. 1966 c.c. la transazione è nulla se i diritti che formano oggetto della lite sono, per loro natura o per espressa
28 Si veda: App. Milano, 13 settembre 2002, in Dir. Ind., 2003, 346, con nota di PORTINCASA; cfr. anche: Corr. Giur., 2003, 1626, con nota di SALVANESCHI.
disposizione di legge, sottratti alla disponibilità delle parti. Per aversi nullità della clausola compromissoria relativa a controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili – che è nullità (pur se destinata a evidenziarsi nel giudizio arbitrale) del patto contrattuale, riferibile alla volontà delle parti
– occorre in primo luogo che già il contratto, cui la clausola (che è tuttavia autonoma) accede, incida (mediante atto traslativo, abdicativo, ecc.) su simili diritti, realizzando l’atto di disposizione vietato dalla norma; occorre inoltre che anche le controversie nascenti da quel contratto, se portate in sede transattiva all’esame delle parti o rimesse in arbitri per la decisione, siano tali da comportare disposizione del diritto indisponibile, nel senso che per effetto della transazione o della sentenza arbitrale risulti attuato, contra legem, il trasferimento del diritto medesimo, oggetto della lite. Ogni altro genere di controversia, compresa quella sulla validità del contratto avente ad oggetto un diritto pretesamente indisponibile, che non importino detto effetto al pari del resto di qualsiasi altra causa d’invalidità del contratto stipulato dalle parti, non può ritenersi sottratta alla decisione arbitrale, stante la natura meramente dichiarativa della relativa pronunzia: specie poi quando da essi derivi l’annullamento del negozio (per illiceità dell’oggetto dovuta all’indisponibilità del diritto: art. 1418, comma 2, in relazione agli art. 1325 n. 3 e 1346 c.c. o per altra diversa causa). Si comprende perciò che quando la invalidità del negozio per indisponibilità del diritto oggetto della possibile controversia (che è una tra le varie possibili altre cause d’invalidità del negozio, ma l’unica suscettibile di determinare le nullità del compromesso o della clausola arbitrale) non sia specificamente prevista nella clausola compromissoria, non può ritenersi la nullità della clausola per un vizio genetico riferibile alla volontà delle parti. E poiché ogni altro genere di controversia sulla validità del contratto che non involga pronunzia su diritti indisponibili non è certamente sottratta alla competenza degli arbitri, potrà eventualmente determinarsi, nell’ipotesi in cui le parti deducano successivamente simile causa di nullità nel giudizio arbitrale, nullità del lodo che non abbia ravvisato detta forma di invalidità; non quindi nullità della clausola compromissoria e incompetenza degli arbitri” 29.
Anche recente giurisprudenza di merito ribadisce l’arbitrabilità delle controversie che riguardino un contratto illecito precisando che: “Le controversie che concernono la nullità di contratti per illiceità sono compromettibili ex art. 1972 c.c. dato che questa specifica norma si applica solo in tema di efficacia preclusiva del negozio transattivo e non per regolare l’arbitrato e dato che il compromesso non sana l’eventuale vizio dell’accordo contrattuale dedotto come invalido o illecito ma ne rimette agli arbitri la rilevazione” 30.
29 Cfr. Cass. 19 maggio 1989, n. 2406, in Giust. Civ., 1989, 1, 2605 ss.
30 Cfr. App. Milano, 13 settembre 2002, cit.
Ulteriori
limiti
Nomina
degli arbitri
D’altra parte è utile ricordare che la giurisprudenza non dubita in ordine alla arbitrabilità delle conseguenze patrimoniali dell’illecito penale, essendo ovviamente preclusa agli arbitri peraltro la pronuncia in ordine alla sussistenza o meno del reato31.
Rinviando alla specifica trattazione le ulteriori questioni in tema di compromettibilità in talune materie (cfr. infra sub para. 9) occorre rilevare l’esistenza di ulteriori limiti oggettivi alla arbitrabilità delle controversie in ragione della natura del giudizio deferito agli arbitri.
Le controversie compromettibili riguardano esclusivamente quelle che sarebbero altrimenti sottoposte ad un ordinario giudizio di cognizione, salve talune specifiche eccezioni, e non possono pertanto riguardare questioni relative a procedimenti di esecuzione ovvero di volontaria giurisdizione, né tantomeno controversie per le quali l’ordinamento predispone procedimenti speciali o sommari (ad esempio in materia possessoria ovvero di convalida di licenza o sfratto in materia locatizia).
6. Gli elementi indispensabili e quelli accidentali.
Gli elementi indispensabili della convenzione arbitrale riguardano da un lato l’individuazione dell’oggetto della controversia (per quanto riguarda il compromesso) ovvero l’indicazione che le controversie nascenti da un determinato contratto siano deferite in arbitrato (quanto alla clausola compromissoria, con l’avvertenza, in questo ultimo caso, che l’ampia formulazione della norma di cui all’art. 808 c.p.c., “Controversie nascenti dal contratto”, comporta, in assenza di una diversa indicazione contenuta nella clausola compromissoria che tutte le controversie che trovino la loro causa petendi nel contratto cui si riferisce la clausola debbono ritenersi soggette ad arbitrato, ovviamente nei limiti in cui esse possano formare oggetto di compromesso).
Il patto compromissorio deve contenere altresì la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli, secondo le previsioni di cui all’art. 809, 2° comma, c.p.c..
Questo requisito, seppure previsto dalla legge, non può più essere considerato necessario a pena di nullità, così come prevedeva il testo dell’art. 809 c.p.c. ante riforma del 1994. Come è stato osservato, infatti,
31 Così: Cass. 26 gennaio 1988, n. 664, in Foro it. Rep. 1988, voce Arbitrato, n. 27 la quale ha stabilito che “i diritti a restituzione o risarcimento dei danni, ancorché traggano origine da un illecito penale, rientrano nella disponibilità delle parti, e, pertanto, possono costituire oggetto di transazione ovvero di arbitrato rituale o libero”; più recentemente, Cass. 5 giugno 1998, n. 5528, in Foro It. Rep., 1998, voce Arbitrato, n. 81.
Sede dello arbitrato
Elementi accidentali
la riforma, nell’intento di agevolare il ricorso all’arbitrato, ha previsto l’integrazione ex lege delle previsioni incomplete o manchevoli delle parti sia in ordine al numero degli arbitri sia in ordine al modo di nominarli32.
L’indicazione della sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica non è un elemento necessario nel patto compromissorio poiché la legge prevede che ove le parti non abbiano proceduto a determinare la sede dell’arbitrato in Italia, a tanto debbano provvedere gli arbitri nella loro prima riunione.
A riprova della non necessità dell’indicazione della sede già nell’ambito del patto compromissorio può richiamarsi la disposizione di cui all’art. 810, 2° comma, c.p.c., la quale nel disciplinare il procedimento di nomina degli arbitri da parte del Presidente del Tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato precisa che se le parti non abbiano ancora determinato tale sede, il ricorso per la nomina è presentato al Presidente del Tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria, con l’ulteriore previsione che ove il luogo di stipula del patto compromissorio sia stato all’estero la competenza appartiene a Presidente del Tribunale di Roma.
Si è a proposito rilevato in giurisprudenza che: “Non è causa di invalidità od inefficacia della clausola di arbitrato interno la mancata indicazione della località nella quale deve essere pronunciato il lodo, che può essere compiuta in un momento successivo da parte degli arbitri, poiché per la formazione del collegio arbitrale soccorre, ove necessario, il criterio sussidiario previsto dall’art. 810, 2° comma, c.p.c., applicabile anche all’arbitrato irrituale”33.
Molteplici sono, invece, gli elementi accidentali del patto compromissorio.
Innanzitutto le parti possono stabilire nel patto compromissorio, o in una convenzione anteriore all’inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento (art. 816, 2° comma, c.p.c.).
Tale indicazione assume particolare rilievo nell’ipotesi, invero poco ricorrente, in cui le parti abbiano stabilito l’osservanza delle forme prescritte per il giudizio ordinario poiché, in tale ipotesi, se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte per i giudizi sotto pena di nullità e la nullità non è stata sanata, il lodo sarà a sua volta nullo ai sensi dell’art. 829, 1° comma, n. 7, c.p.c.
32 Cfr. artt. 809, 3° comma, e 810, 2° e 3° comma, c.p.c.; in dottrina: LA CHINA,
L’arbitrato, Milano, 2004, pag. 51.
33 Cass., sez. I, 16 novembre 2000, n. 14860, Cd-Rom Foro It., 1987-2000;
Contratti 2001, 329 con nota di DELCONTE.
Le parti possono altresì stabilire nel patto compromissorio il termine entro il quale il lodo deve essere pronunciato, fermo restando che ove non sia apposto un termine dalle parti gli arbitri debbano pronunciare il lodo nel termine di 180 giorni dall’accettazione della nomina (art. 820 c.p.c.).
Ulteriore elemento accidentale del patto compromissorio è l’autorizzazione agli arbitri a pronunciare secondo equità, autorizzazione che può essere concessa “con qualsiasi espressione” ai sensi dell’art. 822 c.p.c., ed ancora la rinuncia alla impugnazione del lodo, che deve peraltro essere intesa nel senso che tale rinuncia preclude l’impugnazione per nullità del lodo soltanto per inosservanza delle regole di diritto e non per i casi previsti nel 1° comma dell’art. 829 c.p.c. che sono invocabili nonostante qualsiasi rinuncia.
7. L’interpretazione.
Regole in tema di applicazione dei contratti
Dalla qualificazione del patto compromissorio quale contratto ad effetti processuali discende che l’interpretazione di esso non può che aver luogo alla stregua delle regole poste dall’ordinamento in tema di interpretazione dei contratti34.
Il riferimento è pertanto, in primis, alle disposizioni di cui all’art. 1362 e ss. cod.civ. e conseguentemente al primo e più rilevante canone ermeneutico riferito alla comune intenzione delle parti quale emerge anche dal comportamento di esse posteriore alla conclusione del contratto.
Può xxxxxx affermarsi che l’utilizzazione dei canoni di ermeneutica contrattuale per l’interpretazione e la qualificazione del patto compromissorio risulta un dato acquisito sia in dottrina che in giurisprudenza.
E’ interessante notare, a questo proposito, ed a conferma di quanto in precedenza ha affermato, che la Suprema Corte ha altresì avuto modo di statuire che alla verifica della validità del patto compromissorio vanno applicati i principi in materia di successione delle norme nel tempo proprie dei contratti, di tal ché tale verifica deve essere effettuata in riferimento alle norme vigenti al momento della perfezione del patto, salvo che la norma sopravvenuta non rechi espressa previsione circa la sua applicazione retroattiva35.
34 Si veda, recentemente, XXXXXXXXX, Note in tema di interpretazione del lodo arbitrale, in Riv. arbitrato, 2004, 4, 671 ss.
35 Cfr. Cass., Sez. Un., 10 dicembre 2001 n. 15608, in Foro It., 2002, I, 1728.
Volontà delle parti circa il tipo
di arbitrato
Si è già detto, con riferimento alla interpretazione della clausola compromissoria, che in sede di interpretazione di essa il riferimento alle controversie nascenti dal contratto, in assenza di diverse previsioni delle parti, deve essere inteso in senso ampio, tale da riferirsi a tutte le possibili controversie che trovino la loro causa petendi nel contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria36.
La questione più delicata che si pone in tema di interpretazione del patto compromissorio riguarda, come è noto, la qualificazione del tipo di arbitrato al quale le parti abbiano inteso riferirsi.
L’individuazione della volontà delle parti di dare corso ad un arbitrato rituale ovvero irrituale assume carattere prioritario ed indefettibile, in ragione della assoluta diversità, quantomeno sotto il profilo degli effetti delle due figure, anche e soprattutto in ordine ai rimedi ai quali le parti possono fare ricorso per contestare il dictum arbitrale.
Pur non essendo possibile in questa sede dare conto del vasto dibattito attualmente in corso in ordine alla sopravvivenza o meno della figura dell’arbitrato irrituale e rinviando in proposito alla trattazione in altra sede di questo volume è opportuno un breve cenno in ordine alla evoluzione della giurisprudenza proprio con specifico riferimento alla interpretazione e qualificazione del patto compromissorio.
Il consolidato orientamento della Suprema Corte, inteso a privilegiare nel dubbio l’interpretazione del patto compromissorio nel senso della devoluzione della controversia ad arbitrato irrituale, in ragione della propugnata eccezionalità della sottrazione delle controversie alla cognizione del giudice ordinario che era stato criticato dalla dottrina , si è nel tempo incrinato a seguito della attenzione rivolta all’elemento della volontà espressa dalle parti e conseguentemente rinvenendosi nell’uso nell’ambito del patto compromissorio di espressioni tipiche del processo (“decisione”, “giudizio” e così via) un elemento interpretativo a favore della devoluzione della controversia ad arbitrato rituale.
Si è infatti affermato che: “Una clausola compromissoria che definisce gli arbitri irrituali «amichevoli compositori» e che peraltro affidi loro di
«decidere» le controversie insorte da un determinato rapporto, prevede un arbitrato rituale” 37.
Il citato orientamento, peraltro, non può ritenersi definitivamente accolto, poiché ancora recentemente è dato rinvenire pronunce secondo le quali: “Il permanere di una situazione d’incertezza in ordine alla interpretazione del contenuto della clausola compromissoria ed alla natura
36 Cfr. Cass. 20 febbraio 1997, n. 1559 in Foro it. Rep. 1997. voce Arbitrato: arbitrato e clausola compromissoria, n. 133.
37 RUBINO-XXXXXXXXXX, 4a edizione Cedam 2005, 373
dell’arbitrato va risolto – peraltro – nel senso di ritenere la natura irrituale dell’arbitrato, tenuto conto del carattere pur sempre eccezionale dell’arbitrato rituale rispetto alla cognizione del giudice ordinario” 38.
Merita di essere segnalata, per la sua singolarità, una relativamente recente pronuncia di merito in cui, a fronte del dilemma interpretativo del patto compromissorio si è giunti alla conclusione che: “La clausola pattizia che devolve al «giudizio» di un arbitro amichevole compositore «ogni controversia tra i soci e la società, tra i soci ovvero tra gli eredi dei soci e la società in ordine alla interpretazione e all’esecuzione dell’atto costitutivo» societario, fissa le modalità di nomina del medesimo arbitro e gli attribuisce la facoltà di «giudicare secondo equità, senza formalità di procedura e con il giudizio inappellabile», non consentendo di stabilire se le parti abbiano inteso prevedere un arbitrato rituale ovvero irrituale, deve ritenersi nulla per indeterminatezza dell’oggetto” 39.
Dato atto della persistente situazione di incertezza in ordine ai criteri descrittivi tra devoluzione ad arbitrato rituale o per converso irrituale da desumersi in via interpretativa dal patto compromissorio, e pur riconoscendo che la giurisprudenza di legittimità ha rilevato, sia pure a livello di obiter dictum, la necessità di superare definitivamente la soluzione secondo cui, in caso di persistente ambiguità interpretativa del patto compromissorio, deve privilegiarsi la scelta per l’arbitrato irrituale40 occorre fare cenno a quanto dispone sul punto la più volte citata legge- delega in materia di riforma dell’arbitrato.
Nella delega si prevede infatti che le norme in materia di arbitrato dovranno trovare sempre applicazione in presenza di patto compromissorio comunque denominato, salva la diversa ed espressa volontà delle parti di derogare alla disciplina legale fermi in ogni caso il rispetto del principio del contraddittorio, la sindacabilità in via di azione o di eccezione della decisione per vizi del procedimento e la possibilità di fruire della tutela cautelare.
Per quanto in questa sede rileva se ne dovrebbe desumere che soltanto una espressa ed inequivoca volontà delle parti manifestata nel patto compromissorio può consentire la deroga alla disciplina legale, che altra non è se non quella dell’arbitrato rituale; ne consegue altresì il ribaltamento dell’orientamento inteso a privilegiare, nel dubbio, il ricorso all’arbitrato irrituale.
38 Si veda in questo senso: Cass., sez. I, 13 aprile 2001, n. 5527, in Corr. Xxxx., 2002, 361, con nota di XXXXXXXXXX; ed anche in: Giust. Civ., 2002, I, 2909.
39 Cfr. App. Firenze, 2 maggio 2001, in Foro It. 2001, 1, 3637.
40 Xxx. Xxxx., 0 xxxxxxxx 0000, x. 000, xx Xxxx Xx. 1999, 1, 455.
8. Profili peculiari della clausola compromissoria.
8.1. L’autonomia della clausola compromissoria.
Validità
della clausola
La clausola compromissoria anche nella ipotesi, più ricorrente nella prassi in cui essa è materialmente inserita nel corpo del documento contrattuale, deve essere riguardata autonomamente, quanto alla sua validità ed efficacia, rispetto al contratto cui accede.
La natura di patto autonomo da assegnarsi alla clausola compromissoria è sempre stata predicata in dottrina e giurisprudenza, sia pure con accenti diversi, ed ha trovato, nei limiti di cui si dirà, uno specifico riconoscimento legislativo attraverso la scelta del legislatore della riforma del 1994 che ha introdotto l’attuale testo dell’art. 808 c.p.c., il cui 3° comma esplicitamente afferma che la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce.
Occorre peraltro rilevare che la dottrina che ha recentemente approfondito la materia ha sostenuto che tale autonomia non significa che la clausola compromissoria debba essere ritenuta distinta dal negozio in cui essa è inserita, per cui le vicende che riguardano il negozio non comprenderebbero la clausola in ragione della sua autonomia, ma soltanto che l’accertamento della validità della clausola va compiuto in maniera distinta all’analogo accertamento relativo al rapporto sostanziale41.
La ricostruzione del significato da attribuirsi al carattere autonomo della clausola compromissoria nel senso da ultimo indicato, che trova conforto nel tenore letterale dell’art. 808, 3° comma, c.p.c. non trova rispondenza negli orientamenti giurisprudenziali che insistono invece più marcatamente nel senso di una effettiva individualità ed autonomia della clausola che la renderebbe nettamente distinta dal contratto cui aderisce.
Ancora recentemente, infatti, si è affermato che: “La clausola compromissoria non è un patto accessorio del contratto nel quale è inserita, ma costituisce negozio dotato di propria individualità e autonomia, nettamente distinto dal contratto cui aderisce”42.
Dalla constatazione dell’autonomia della clausola compromissoria, alla quale è ancorata saldamente la giurisprudenza di legittimità, derivano
41 Cfr., per tutti, XXXXXXX, Sulla circolazione della clausola compromissoria, in Studi in onore di X. Xxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, 93 ss.
42 Cfr. Cass. 19 settembre 2003, n. 13893, in Corr. Xxxx., 2003, 1583, con nota critica di XXXXXXXXX.
rilevanti conseguenze tra le quali spicca per importanza quella secondo cui l’eventuale invalidità del contratto cui la clausola accede o si riferisce non necessariamente si trasmette alla clausola stessa, consentendo così il radicarsi della potestas iudicandi degli arbitri anche in ordine alle cause di invalidità del contratto.
Cause di nullità
del contratto
Si afferma infatti in giurisprudenza che: “La clausola compromissoria non costituisce un accessorio del contratto nel quale è inserita, ma ha propria individualità ed autonomia nettamente distinta da quella del contratto cui accede, per cui ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale”43.
E’ peraltro evidente che possano sussistere circostanze in cui il vizio che affligge il contratto si estende anche alla clausola compromissoria, ipotesi che ad esempio può ricorrere quando sussista una situazione di incapacità che riguardi una delle parti del contratto cui la clausola accede.
E’ invece certo che le cause di nullità del contratto non si trasmettono alla clausola compromissoria, la cui validità deve essere autonomamente valutata, con la conseguente possibilità per gli arbitri di giudicare, in virtù della valida clausola, in ordine alla nullità del contratto.
L’autonomia della clausola non esclude che relativamente ad essa si possa porre la questione della applicabilità ad essa della normativa in tema di tutela del consumatore i cui all’art. 1469 bis, comma 3, cod.civ. secondo cui fino a prova contraria si considerano vessatorie, e pertanto inefficaci, le clausole inserite nei contratti stipulati con i consumatori che escludano o limitino le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista ovvero che sanciscano deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
La norma non riproduce espressamente le disposizioni della direttiva 93/13 CEE che definisce vessatorie le clausole che obbligano il consumatore “a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche”, e tuttavia si è ritenuto in giurisprudenza che: “Poiché nell’elencazione delle clausole abusive contenute nella direttiva comunitaria n. 13 del 1993 – a cui il giudice deve attenersi nell’interpretare le disposizioni attuative nazionali, sono inserite le clausole che hanno per oggetto o per effetto quello di «sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche - deve ritenersi, nonostante la
43 In questo senso: Cass., sez. I, 20 giugno 2000, n. 8376, in Giust. Civ., 2001, I,
1327.
non felice formulazione dell’art. 1469 bis n. 18 c.c. che tra dette clausole rientrino quelle che prevedono l’arbitrato irrituale”44.
8.2. La circolazione della clausola.
Pluralità di situazioni
Successione
mortis causa
E’ di tutta evidenza l’importanza del fenomeno relativo alla circolazione della clausola compromissoria e dei problemi che relativamente ad esso si pongono nella pratica con riferimento alle svariate vicende in cui soggetti che non sono stati parte del negozio cui accede la clausola compromissoria subentrano nella posizione di una delle parti.
Si pone, in questa ipotesi, la questione dei limiti soggettivi del patto compromissorio e conseguentemente della sua opponibilità nei confronti del terzo subingredito nella posizione giuridica di una delle parti ovvero, specularmente, della azionabilità del patto compromissorio da parte del subentrante nei confronti dell’altra parte.
Come è stato rilevato in dottrina le ipotesi in cui si pone il problema della circolazione (o meno) della clausola compromissoria sono assai variegate spaziando dalla successione a titolo universale o particolare, alla cessione del contratto o del credito, alla cessione di azienda, alla cessione di partecipazioni sociali, alla fusione e alla scissione di società, al contratto a favore di terzo, a quello per persona da nominare, all’esercizio dell’azione surrogatoria ed altri fenomeni in cui abbia luogo alternativamente il subingresso nella posizione giuridica di una della parti stipulanti la clausola ovvero soggetti estranei alla clausola risultino legittimati a far valere diritti nascenti dal negozio cui la clausola accede.
Sino ad epoca recente la materia non risultava sufficientemente indagata e d’altra parte scarsa era la giurisprudenza edita che si era occupata del fenomeno considerato.
Negli ultimi anni si è assistito, tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, ad un proliferare di studi e pronunce sull’argomento dall’esame dei quali è possibile, pur nella eterogeneità delle fattispecie, enucleare una casistica.
In tema di successione mortis causa si ritiene che il patto compromissorio si trasmetta agli eredi, discutendosi invece se ciò avvenga o meno nell’ipotesi di legato ex lege.
Quanto al primo profilo la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che: “L’avente causa dell’erede del socio di una società in accomandita semplice, ancorché non possa subentrare nella qualità di socio, data la natura del rapporto societario, basato sull’intuitus personae, succede pur
44 Così: Trib. Genova 26 maggio 2000, Cartasegna c. Assicurazioni Generali, in
Nuova Giur. Ligure, 2001, 9.
Fusione
e scissione
Cessione di contratto
sempre che in tutti gli altri rapporti del de cuius, per la controversia relativa alla liquidazione della quota sociale, è tenuto al rispetto della clausola compromissoria inserita dal de cuius nel patto societario per ogni lite relativa a diritti nascenti dal contratto”45.
In ordine alla successione del legatario ex lege, invece, si è ritenuto che: “La legataria ex lege non succede nella clausola compromissoria stipulata dal de cuius; perciò non può investire gli arbitri e ricevere il lodo. Il quale, essendo indivisibile, va dichiarato nullo, per nullità assoluta della clausola anche nei confronti degli eredi partecipanti all’arbitrato”46.
E’ lecito dubitare, in sintonia con la dottrina, della correttezza della soluzione assegnata all’ipotesi della trasmissibilità o meno della clausola al legatario ex lege, e ciò in quanto il fenomeno successorio è unico nelle due ipotesi di legato testamentario ovvero ex lege, essendo solo distinte le fattispecie a cui la successione è collegata non sussistendo quindi sul piano degli effetti alcuna distinzione tra le due ipotesi47.
Per quanto riguarda altri fenomeni che, in qualche misura, possono essere assimilati a quello successorio ed in particolare alle ipotesi di fusione e scissione societaria, non sembra possa dubitarsi della sussistenza del fenomeno circolatorio della clausola compromissoria nei confronti del soggetto che subingredisce nella posizione giuridica di una delle parti del contratto per effetto di fusione o scissione.
Assai più delicata risulta essere, invece, la questione relativa alla circolazione della clausola compromissoria in ipotesi di cessione del contratto o di cessione del credito derivante dal contratto cui accede la clausola compromissoria.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità si dimostra oscillante, come emerge dal richiamo di alcune tra le più significative pronunce in materia.
In epoca ormai risalente si era affermato che, nell’ipotesi di cessione del contratto: “Poiché la volontà comune è diretta soltanto all’anzidetta sostituzione soggettiva, occorre, affinché la clausola compromissoria operi nei confronti del successore, che questi l’abbia accettata espressamente e con le dovute forme” 48.
Con una successiva decisione si è invece affermato che: “La clausola compromissoria, data la sua natura contrattuale, pur essendo di rigida applicazione si estende anche a chi subentra nella condizione
45 Cfr. Cass. 17 settembre 1970, n. 1525, in Foro it. Rep., 1970, voce: arbitrato,
n. 33; Giust. Civ. 1970, I, 1565).
46 Cfr. Cass. 27 luglio 1990, n. 7597, in Riv. Arb., 1992, 269.
47 Cfr. XXXXXXX, op. cit., 101.
48 Si veda: Xxxx. 17 settembre 1970, n. 1525, cit..
giuridica di uno dei compromettenti per effetto della cessione del contratto” 49.
Un diverso orientamento venne poi assunto con la motivazione che: “In caso di cessione del contratto la clausola compromissoria contenuta nel contratto originario deve, per essere efficace nei confronti del cessionario, essere oggetto di specifico richiamo nella scrittura di cessione” 50.
In epoca più recente sul presupposto che la cessione del contratto realizza una successione a titolo particolare nel rapporto contrattuale mediante la sostituzione di un nuovo soggetto nella posizione giuridica, attiva e passiva, di uno degli originari contraenti si è ritenuto che detta cessione: “Comporta che il trasferimento del vincolo nascente dalla clausola compromissoria con la quale le parti originarie si siano impegnate a deferire ad arbitri rituali ogni e qualsiasi controversia insorta tra le parti circa l’attuazione, l’interpretazione e la risoluzione del contratto” 51.
Negli ultimi anni, peraltro, l’orientamento giurisprudenziale risulta nuovamente mutato, con un ritorno alle argomentazioni desumibili dalle più risalenti pronunce.
Argomentando sulla predicata autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto cui si riferisce, intesa nel senso di una netta distinzione del patto compromissorio che costituirebbe negozio dotato di propria individualità ed autonomia, si è apoditticamente ritenuto che: “E’ dunque escluso che la cessione del contratto contenente la clausola comporti altresì, in difetto di specifico accordo tra le singole parti, automatica cessione della clausola stessa” 52.
L’orientamento da ultimo assunto dalla giurisprudenza di legittimità ha formato oggetto di critica da parte della dottrina rilevandosi che: “Non v’è dubbio che, in mancanza di controindicazioni contenute nella singola clausola, la soluzione corretta della questione è, anche con riferimento alla cessione del contratto, la estensione della clausola a regolare le controversie tra cessionario del contratto e contraente ceduto.
Nel momento in cui quest’ultimo accetta di far subentrare il cessionario nella medesima posizione del cedente, questa accettazione si estende a tutte le clausole contenute nel contratto oggetto della cessione, senza che si possa far leva sulla autonomia della clausola arbitrale per escluderne la sua circolazione” 53.
49 Cfr. Cass. 14 febbraio 1979, n. 965, in Arch. Giur. OOPP, 1979, II, 50.
50 Cfr. Cass. Sez. Un. 3 giugno 1985, n. 3285, in Foro it. Rep. 1988, voce
arbitrato, n. 58; Dir. Mar., 1986, 407.
51 Cass. 21 giugno 1996, n. 5761, in Riv. Arb., 1996, 699.
52 Cass. 19 settembre 2003, n. 13893, cit.
53 Cfr. MARICONDA, Cessione del credito e clausola compromissoria: le inaccettabili conclusioni della Cassazione, in Corr. Giur. 2003, 1585, spec. 1589.
Cessione di credito
Le obiezioni mosse alla soluzione giurisprudenziale che nega la circolazione della clausola compromissoria per effetto della cessione del contratto (in difetto di una specifica pattuizione sul punto) appaiono ampiamente condivisibili dal momento che assai discutibile è il presupposto sul quale si fonda la soluzione negativa: l’esasperazione del concetto di autonomia della clausola compromissoria, sino a ritenere quest’ultima avulsa dal contesto negoziale nel quale pure è inserita, non trova, contrariamente a quanto si afferma una giustificazione appagante nel dato normativo. Altro è, infatti, predicare la necessità di una autonoma valutazione della efficacia e validità della clausola compromissoria rispetto al contratto cui accede, altro è predicarne un grado di autonomia così elevato da escludere la sua estensibilità al soggetto che per effetto della cessione del contratto subingredisce nella medesima posizione giuridica soggettiva del cedente.
Le considerazioni sin qui svolte in tema di circolazione della clausola compromissoria nell’ipotesi di cessione del contratto consentono di affrontare l’ulteriore questione relativa alla sorte della clausola in caso di trasferimento del credito derivante dal rapporto cui la medesima clausola si riferisce.
Anche sotto questo profilo la giurisprudenza si è dimostrata oscillante.
L’orientamento più risalente affermava che nell’ipotesi di cessione del credito: “Il consenso del debitore ceduto è estrinseco alla convenzione tra cedente e cessionario, non è necessario per il perfezionamento del negozio, (art. 1260 c.c.) e neppure per la sua efficacia, essendo all’uopo sufficiente che la cessione sia stata notificata (art. 1264 c.c.). Basta, quindi,, l’accordo tra creditore e cessionario perché il secondo subentri,per quanto attiene al credito, nella posizione giuridica del primo, Ma, poiché la clausola compromissoria riguarda le liti circa l’esistenza e l’entità del credito, ne consegue che, con la cessione di questo, l’efficacia della clausola si estende automaticamente al cessionario, per effetto della convenzione conclusa tra loro senza l’intervento del debitore ceduto, perché la clausola stessa attiene a quell’elemento del rapporto che è stato trasmesso” 54.
La dottrina, per parte sua, si è sostanzialmente allineata a quell’orientamento sia pure con talune precisazioni nel senso che “la verità è che la cessione, in quanto negozio traslativo, è idonea a produrre solo una modificazione soggettiva (dal lato attivo) del rapporto, mentre rimane immutato, nel suo contenuto precettivo (nel quale è compresa la clausola compromissoria), il negozio che è fonte de rapporto e che ne detta la disciplina anche con riguardo alla risoluzione delle controversie che lo
54 Cfr. Cass. 17 settembre 1970, n. 1525, cit.
dovessero riguardare: si spiega così l’operatività della clausola tra debitore ceduto e cessionario” 55.
Disimmetria
E’ risultato conseguentemente sorprendente il nuovo orientamento assunto dalla Suprema Corte, dapprima con sentenza delle Sezioni Unite n. 12616 del 1998 (in materia di regolamento di giurisdizione) e, più recentemente con una decisione, già citata in precedenza, secondo cui “Il cessionario di credito nascente da contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria non subentra nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può, pertanto, invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto; tuttavia quest’ultimo può avvalersi della clausola compromissoria nei confronti del cessionario atteso che il debitore ceduto si vedrebbe altrimenti privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accorso tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo” 56.
Il ragionamento seguito per giungere alla statuizione sopra riferita, peraltro, non è persuasivo, come non ha mancato di notare la dottrina 57.
Da un lato, infatti, non è per nulla persuasivo l’argomento secondo cui se la circolazione della clausola compromissoria non è un effetto naturale della cessione del contratto, a maggior ragione tale effetto deve escludersi nell’ipotesi della cessione del credito perché, a tacer d’altro, nel primo caso occorre una specifica e nuova manifestazione di volontà del contraente ceduto per far subingredire nel rapporto il cessionario, mentre ciò pacificamente non è richiesto con riguardo alla mera cessione del credito.
Ma ciò che più non persuade è il ragionamento secondo cui da un lato il cessionario del credito non sarebbe legittimato ad avvalersi della clausola compromissoria mentre, dall’altro, il ceduto avrebbe la facoltà unilaterale di opporgli la sussistenza del patto compromissorio.
Qui è davvero arduo convenire con il ragionamento della Corte poiché delle due l’una: o il patto compromissorio, come apparirebbe preferibile, circola con il trasferimento del credito derivante dal rapporto cui il medesimo patto accede ovvero, in ragione della sua predicata autonomia assoluta rispetto al contratto cui si riferisce, la clausola compromissoria non circola affatto.
La disimmetria in ordine alla operatività del patto compromissorio che è stata ricostruita dalla giurisprudenza risulta obiettivamente non giustificata.
55 Si veda: XXXXXXX, op. cit., 102.
56 Cfr. Cass. 19 settembre 2003, n. 13893, cit.
57 MARICONDA, op. cit., passim.
Ulteriori ipotesi: rinvio
In un quadro connotato da così rilevanti contraddizioni risulta allora più coerente la soluzione suggerita in dottrina secondo cui nell’ipotesi della cessione di credito ed in difetto di accordo tra le parti (cedente, ceduto e cessionario) si debba ritenere l’inoperatività della clausola compromissoria nei rapporti tra ceduto e cessionario che restano quindi devoluti alla cognizione del giudice ordinario58.
Per una disamina delle ulteriori ipotesi di modificazione soggettiva dei contraenti ovvero di esercizio da parte di terzi di diritti che riguardino rapporti devoluti in arbitrato si rinvia alla pertinente trattazione59.
8.3. L’inefficacia sopravvenuta e la rinuncia.
Il fenomeno della cessazione degli effetti del patto compromissorio non trova una puntuale disciplina nel vigente ordinamento, a differenza di quanto era dato rinvenire sotto il vigore del codice di procedura previgente in cui l’art. 34 si riferiva alla materia considerata.
La ricostruzione delle fattispecie in cui può verificarsi la cessazione degli effetti del patto compromissorio assume così un connotato casistico, non essendo possibile ricostruire una nozione unitaria della fattispecie.
Ancora, occorrerà distinguere tra compromesso e clausola compromissoria, in ragione del fatto che essendo il primo destinato a regolare una controversia insorta gli effetti di tale patto si esauriranno naturalmente con la decisione arbitrale, salva l’ipotesi, disciplinata dall’art 830, 2° comma, c.p.c., in cui le parti convengano che nell’ipotesi di pronuncia di annullamento del lodo il giudice rimetta alle parti agli arbitri.
Analoga conclusione non può essere invece assegnata con riferimento alla clausola compromissoria, la quale per definizione si riferisce ad un numero indefinito di controversie che possano sorgere dal rapporto cui essa accede e conseguentemente non necessariamente gli effetti della clausola compromissoria possono intendersi esauriti con la pronuncia arbitrale, salva sempre la previsione di cui al richiamato art. 830, 2° comma, c.p.c.
La natura e gli effetti del patto compromissorio, di cui si è dato conto in precedenza, con la conseguente ascrivibilità di esso alla categoria del contratto, sia pure con peculiari caratteristiche, e la riconducibilità pur sempre all’autonomia negoziale della volontà di compromettere in arbitri, consentono pacificamente di ritenere che rientri nella disponibilità delle parti la caducazione degli effetti del patto compromissorio.
58 Cfr. RUBINO-XXXXXXXXXX, op. cit., 395.
59 Si veda in altro capitolo della presente opera.
Inefficacia sopravvenuta
Fallimento
Attraverso il consenso delle parti sarà così possibile il contrarius actus che estinguerà gli effetti del patto compromissorio.
Una ulteriore ipotesi di cessazione degli effetti del patto compromissorio potrà avere luogo a causa della inefficacia sopravvenuta di esso in ragione della introduzione di un divieto legislativo di devoluzione ad arbitri di talune controversie ovvero di norme che rendano indisponibili i diritti oggetto della controversia, non consentendo conseguentemente l’arbitrabilità di essa secondo il disposto dell’art. 806 c.p.c..
Una interessante ipotesi di sopravvenuta inefficacia della clausola compromissoria è stata esaminata e risolta in giurisprudenza.
L’indisponibilità sopravvenuta dei diritti scaturenti dal contratto è stata riconosciuta quale ostacolo alla permanenza della potenziale devoluzione ad arbitrato derivante da convenzione compromissoria in origine validamente stipulata e quindi da un lato causa di sopravvenuta inefficacia della clausola compromissoria e dall’altro causa di reviviscenza del potere di cognizione del giudice statuale60.
Altra causa di sopravvenuta inefficacia della clausola compromissoria può verificarsi nell’ipotesi di successivo fallimento di una delle parti.
Il discorso è peraltro piuttosto complesso perché da un lato non vi è dubbio che le controversie che riguardino ragioni creditorie da far valere nei confronti del fallito siano attratte alla competenza funzionale del Tribunale Fallimentare, ma non altrettanto può dirsi con riferimento alle controversie che non attengano all’accertamento del passivo fallimentare e specialmente per quelle in cui la posizione del curatore sia quella di attore nei confronti della controparte.
A fronte di un risalente orientamento inteso a ritenere in ogni caso la sopravvenuta inefficacia del patto compromissorio si è nel tempo evoluto un diverso orientamento che non soltanto ha affermato che il subentro del curatore nei contratti pendenti comporta altresì il subentro nella clausola compromissoria che acceda a tali rapporti ma anche che, indipendentemente dal subentro, la soluzione debba essere verificata caso per caso in ragione della incidenza o meno della controversia sul procedimento di verifica fallimentare dei crediti.
Per l’approfondimento delle questioni, assai dibattute, dei rapporti tra arbitrato e fallimento si rinvia alla trattazione che ne è effettuata in altro capitolo della presente opera.
Altra ipotesi di sopravvenuta inefficacia del patto compromissorio si rinviene nell’ipotesi in cui, come talvolta accade nella prassi, il patto
60 In questo senso: App. Genova, 7 maggio 1994, in Riv. Arb., 1994, 505.
Decorso del termine
Rinunzia
Principî direttivi
Convenzione di arbitrato
compromissorio contempli un termine entro il quale le parti debbono dare corso all’arbitrato.
L’inutile decorso del termine produrrà la cessazione degli effetti del patto compromissorio con la possibilità per le parti di rivolgersi all’autorità giudiziaria61.
Costituisce altresì causa di sopravvenuta efficacia del patto compromissorio la rinunzia conseguente alla sottoposizione della controversia alla autorità giudiziaria ordinaria senza che la controparte sollevi l’eccezione della devoluzione della controversia ad arbitrato.
9. La riforma del 2006.
La delega al Governo per la modifica del Codice di Procedura Civile in materia di processo di Cassazione e di arbitrato, contenuta nella L. 14 maggio 2005 n. 80, ha trovato attuazione con il Dlgs. 2 febbraio 2006 n. 40, entrato in vigore il successivo 2 marzo 2006.
Le disposizioni del codice di rito in materia di arbitrato sono state significativamente innovate dalla legislazione delegata in attuazione della finalità di “riformare in senso razionalizzatore la disciplina dell’arbitrato” (di cui all’art. 1, comma 3, lett. b) della Legge Delega) in conformità ad una nutrita serie di principî direttivi e della facoltà, specificamente attribuita al legislatore delegato, di revisionare la formulazione letterale e la collocazione di norme che, seppure non investite direttamente dalla riforma, necessitassero di essere coordinate con le innovazioni introdotte (art. 1, comma 4, della Legge Delega).
Con specifico riferimento al patto compromissorio i principî direttivi della Legge Delega erano intesi a:
a) assumere la disponibilità dell’oggetto come unico e sufficiente presupposto dell’arbitrato, salva diversa disposizione di legge;
b) disporre che per la stipulazione di compromesso e di clausola compromissoria vi sia un unico criterio di capacità, riferito al potere di disporre in relazione al rapporto controverso.
Nell’ambito dei principî posti dalla delega nella materia considerata, il legislatore della riforma è intervenuto significativamente, modificando gli artt. da 806 a 808 c.p.c. ed introducendo i nuovi articoli da 808-bis a 808-quinquies nell’ambito del Capo I del Titolo VII deputato alla disciplina dell’arbitrato.
Da un punto di vista semantico, innanzitutto, il legislatore ha inteso accomunare il compromesso e la clausola compromissoria nella locuzione
61 Sul punto, per una disamina più approfondita, si rinvia a RUBINO- XXXXXXXXXX, op. cit., 344 ss.
Ambito oggettivo di arbitrabilità
Controversie future relative a rapporti non contrattuali
“convenzione di arbitrato”, che deriva dalla Convenzione di Ginevra del 21 aprile 1961, preferendola a quella di “patto compromissorio” di cui alla Legge Delega.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo di arbitrabilità delle controversie il nuovo art. 806 c.p.c., sotto la rubrica “controversie arbitrabili” consente che le parti possano far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.
Il secondo comma della citata disposizione dispone inoltre che le controversie individuali di lavoro di cui all’art. 409 possano essere decise da arbitri solo se ciò è previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.
La prima significativa innovazione riguarda senz’altro l’abbandono del criterio della non-arbitrabilità delle controversie che non possono formare oggetto di transazione, evitando così il necessario riferimento alla disciplina della transigibilità di cui all’art. 1972 cod.civ., con conseguente chiara distinzione tra indisponibilità del diritto (che preclude la stipulazione del patto compromissorio) ed inderogabilità delle norme applicabili, che non impedisce l’arbitrabilità della controversia ma impone agli arbitri di conformare il loro giudizio alla pertinente norma inderogabile.
E’ peraltro consentito al legislatore di operare ulteriori restrizioni all’ambito oggettivo di arbitrabilità delle controversie, anche nell’ipotesi in cui si discuta di diritti disponibili.
Una prima applicazione di tale facoltà è quella contenuta nel secondo comma del nuovo art. 806, relativamente alle controversie individuali di lavoro ed alla quale si è fatto cenno in precedenza.
Con disposizione innovativa il legislatore delegato ha altresì disposto in ordine alla arbitrabilità di controversie future relative a rapporti non contrattuali determinati (art. 808-bis).
Attraverso la convenzione di arbitrato in materia non contrattuale è stato quindi rimosso il limite che impediva alle parti di stipulare una clausola compromissoria relativa a controversie di natura non contrattuale, ritenendosi consentito relativamente ad esse soltanto la stipulazione di un compromesso, a lite già insorta.
Non è agevole individuare con immediatezza l’ambito di applicabilità della convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, che deve riferirsi a “controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati”.
Capacità
Forma
Telefax e messaggi telematici
Interpretazione
Efficacia
Tra i primi commenti si evidenzia, a titolo di esempio, il rapporto relativo all’esercizio di una servitù o quello nascente da un atto non contrattuale produttivo di obbligazioni62.
Per quanto concerne la capacità per la stipulazione della convenzione di arbitrato scompare, relativamente al compromesso, il rinvio alle disposizioni che regolano la validità dei contratti eccedenti l’ordinaria amministrazione, in coerenza con il principio direttivo della riforma secondo cui il criterio di capacità deve intendersi riferito al potere di disporre in relazione al rapporto controverso.
In merito alla forma della convenzione di arbitrato resta la distinzione tra compromesso, che deve essere fatto a pena di nullità per iscritto, e clausola compromissoria, che deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso.
La forma scritta si intende rispettata anche quando la volontà di compromettere in arbitri è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi (art. 807, 2° comma, nuovo testo).
In tema di interpretazione della convenzione di arbitrato l’art. 808-quater dispone che nel dubbio la convenzione di arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce.
La norma, che non trova un puntuale aggancio nella Legge Delega, non è particolarmente innovativa, nel senso che riproduce il risultato a cui da tempo è giunta la dottrina e la giurisprudenza, come in precedenza si è evidenziato (cfr. supra sub § 8.7).
In tema di efficacia della convenzione di arbitrato l’art. 808- quinquies dispone che la conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito non toglie efficacia alla convenzione di arbitrato.
Di per sé la disposizione non è innovativa in quanto anche anteriormente alla riforma si riteneva che il patto compromissorio non perdesse efficacia per il solo fatto che il procedimento arbitrale si fosse concluso senza una decisione del merito della lite63.
Le disposizioni di cui all’art. 808-ter hanno riguardo all’arbitrato irrituale che il legislatore ha inteso disciplinare definendolo alla stregua di una determinazione contrattuale: per l’analisi della innovativa previsione si rinvia alla pertinente trattazione in altro capitolo di quest’opera.
62 XXXXXXX, Patto Compromissorio, in Riv. Arb., 2005, 716.
63 XXXXXXX, op.cit., 725.
Applicazione delle nuove norme
Le nuove norme, in precedenza sinteticamente illustrate, si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo, e quindi per quelle stipulate dopo il 2 marzo 2006.