COLLEGIO DI PALERMO
COLLEGIO DI PALERMO
composto dai signori:
(PA) XXXXXXX Presidente
(PA) SANTANGELI Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) MIRONE Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) XXXXXXX Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(PA) DESIDERIO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXXXXX
Seduta del 24/10/2017
FATTO
Con ricorso pervenuto in data 04.04.2017, il ricorrente espone che: a) in seguito alla presentazione di un project financing avente ad oggetto la riqualificazione urbana delle aree di parcheggi e servizi in un Comune, si rivolgeva all’intermediario A per ottenere assistenza circa la possibilità di accedere ai fondi di cui alla legge 662/1996, necessari alla realizzazione dle progetto; b) dopo avere intrattenuto contatti con il predetto intermediario, in data 15.11.2016 stipulava un contratto di mandato di intermediazione creditizia che prevedeva il pagamento di € 3.000,00 a titolo di spese di istruttoria; c) la suddetta istruttoria non poteva essere avviata al momento della stipula del contratto perché la ricorrente non aveva ancora ottenuto la qualifica di “concessionario” prevista per l’aggiudicazione del progetto: d) data l’impossibilità di procedere all’istruttoria veniva consegnato all’intermediario A un assegno, tratto sul conto intestato alla ricorrente pari a € 3.000,00 “a garanzia del mandato sottoscritto”; e) questo assegno veniva emesso senza l’indicazione della data, concordando che il pagamento della somma ivi indicata sarebbe avvenuto solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo di aggiudicazione; f) Intorno al 14.12.16 il ricorrente riceveva comunicazione da parte dell’intermediario B (banca trattaria) della negoziazione dell’assegno in questione; g) dopo diversi solleciti da parte della ricorrente, il 29.12.16, l’intermediario A richiamava il titolo negoziato; h) in virtù dei suddetti accordi intercorsi con l’intermediario A, la ricorrente non aveva provveduto a rendere disponibile la provvista per il pagamento dell’assegno a questi rilasciato; i) l’intermediario A aveva avviato l’istruttoria volta all’ottenimento del finanziamento senza
preavviso alla ricorrente; l) nel frattempo, l’intermediario B richiedeva la quietanza liberatoria per non procedere all’iscrizione in C.A.I. per mancanza di provvista; m) per ottenere la quietanza liberatoria la ricorrente è stata costretta a pagare € 1.500,00 a titolo di indennizzo all’intermediario A; che tale quietanza non presentava tutti i requisiti previsti per la sua validità; n) l’intermediario B, nonostante il richiamo dell’assegno, ha proceduto all’iscrizione al C.A.I. Pertanto, la ricorrente chiede la condanna dell’intermediario A per il comportamento scorretto, all’intermediario B di effettuare la cancellazione della segnalazione al CAI e la condanna al risarcimento e/o restituzione delle somme ingiustamente pagate.
Costituitosi l’intermediario A espone che: a) in data 10/11/2016, dopo un primo contatto telefonico, incontrava la ricorrente, la quale richiedeva assistenza tecnico-finanziaria tendente ad analizzare la fattibilità del progetto di finanza di “riqualificazione urbana delle aree di parcheggi e servizi” e la possibilità di accedere ai fondi di cui alla legge n. 662/1996, necessari per la realizzazione del progetto; b) in seguito al suddetto incontro, si riservava di analizzare la fattibilità del progetto, al fine di sottoscrivere il mandato per l’intermediazione al credito, dato che tale progetto prevedeva un impegno finanziario di circa euro 4.000.000,00; c) dopo aver accertato la fattibilità dell’operazione e comunicato la disponibilità a ricevere il mandato di intermediazione finanziaria, in data 15/11/2016 veniva stipulato il contratto e veniva consegnato contestualmente alla ricorrente il foglio informativo, volto ad illustrare le complesse fasi dell’intermediazione creditizia e i servizi che sarebbero stati prestati alla ricorrente; d) con il suddetto contratto la ricorrente si obbligava al pagamento di euro 3.000,00, così come disposto dall’art. 5 ivi previsto; che l’odierna ricorrente, tuttavia, manifestava l’impossibilità di ottemperare al contestuale pagamento, chiedendo e ottenendo la possibilità di posticipare di qualche settimana il pagamento dovuto; e) in ragione del contratto stipulato con la ricorrente, avviava l’attività istruttoria finalizzata alla ricerca di un istituto di credito che avrebbe finanziato il progetto della ricorrente; che, in seguito a tale ricerca, era stata individuata una banca disponibile a finanziare l’operazione e che di tale circostanza era stata data notizia alla ricorrente; f) in data 19/12/2016 poneva all’incasso l’assegno bancario di euro 3.000,00; g) tale assegno risultava scoperto, e, su invito della ricorrente, provvedeva a richiamarlo; h) con accordo transattivo intervenuto con la ricorrente, il resistente rinunciava alla somma di euro 3.000,00, legittimamente pretesa in forza del contratto di mediazione, a fronte del pagamento di euro 1.500,00; che con il pagamento di suddetto importo, quest’ultimo si impegnava a rilasciare quietanza liberatoria in data 29.3.2017 e dichiarava di essere soddisfatto relativamente al pagamento delle spese istruttorie del mandato di mediazione creditizia sottoscritto.
Rileva, dunque, che: il predetto mandato prevedeva il pagamento della somma di euro 3,000.00 a titolo di spese istruttorie da versare al conferimento del mandato, a nulla rilevando l’approvazione, anche parziale, da parte di banche o di intermediari finanziari del finanziamento richiesto dalla ricorrente; - che l’assegno emesso dalla ricorrente non era “in garanzia” e privo di data, atteso che l’obbligazione era sorta con la sottoscrizione del contratto di mediazione e che, quindi, non poteva che essere corrisposto a titolo di pagamento; - il presunto illegittimo riempimento dell’assegno e rileva che alcun accordo fosse intervenuto tra le parti circa l’utilizzo del titolo quale strumento di garanzia, come dimostrato dall’art. 5 del contratto e dall’esecuzione dell’attività istruttoria; - al momento della presentazione al pagamento, l’assegno era completo di tutti i suoi elementi, ivi inclusa la data, e che l’emissione di un assegno incompleto della data rappresenta un utilizzo non legittimo di tale strumento da parte della ricorrente; - in ogni caso, l’emissione di un assegno privo di data vale come promessa di pagamento, e, dunque, chi lo emette si assume la responsabilità della attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche
dell’assegno bancario ; - pertanto, la ricorrente non può avanzare nessuna pretesa in ordine alla regolare iscrizione in C.A.I., poiché la mancata copertura dell’assegno è imputabile esclusivamente al suo operato; - la richiesta di restituzione della somma di euro 1.500,00 “per non avere avuto alcun tipo di servizio” e “per il rilascio della quietanza” appare infondata, data l’attività prestata dal resistente e la transazione intervenuta tra le parti.
Chiede, dunque, in via preliminare che la domanda sia qualificata improcedibile per mancata preventiva contestazione in fase di reclamo, in quanto, l’unica corrispondenza intercorsa tra l’esponente e la ricorrente ha ad oggetto richieste diverse da quelle esposte in ricorso, contrariamente a quanto disposto dalla normativa succitata, secondo cui il ricorso debba avere ad oggetto la stessa contestazione del reclamo presentato. Nel merito, che venga dichiarata l’infondatezza di quanto dedotto ed eccepito dalla ricorrente e venga rigettata la domanda.
Costituitosi l’intermediario B deduce che: a) la ricorrente non ha mai presentato reclamo in merito alle doglianze oggetto del ricorso in esame; b) nel merito, che in data 19 dicembre 2016 la ricorrente ha emesso un assegno di euro 3.000,00 a favore dell’intermediario A, tratto sul conto corrente intestato alla stessa ; c) l’assegno negoziato in check truncation in data 20 dicembre 2016, è stato reso insoluto il 22 dicembre 2016; d) il suddetto assegno negoziato in “stanza” in data 27 dicembre 2016, è stato reso insoluto il 29 dicembre 2016 per “mancanza totale o parziale di fondi” (causale 20); e) in data 29 dicembre 2016 l’assegno è stato inviato al protesto e in data 30 dicembre è ritornato dal protesto richiamato dalla banca negoziatrice; e) in data 9 gennaio 2017 ha provveduto a inviare alla ricorrente il preavviso di revoca di sistema, informando che, ai sensi della legge 386/90, il termine ultimo entro il quale effettuare il pagamento dell’assegno in questione era il 6 marzo 2017 e che il mancato pagamento avrebbe comportato l’iscrizione in C.A.I. dal 9 marzo 2017; f) in data 29 marzo 2017 (23 giorni dopo la scadenza del termine utile per il pagamento) la ricorrente ha presentato un documento intestato “quietanza liberatoria” (all. n. 4 alle controdeduzioni) datato 28 marzo 2017, privo di tutti i requisiti essenziali. Chiede, pertanto, il rigetto del ricorso.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
2. Occorre preliminarmente affrontare la questione relativa alla mancata presentazione del reclamo da parte del ricorrente. Entrambi gli intermediari, infatti, eccepiscono in via pregiudiziale l’irricevibilità del ricorso in quanto non preceduto dal reclamo. Effettivamente, dalla documentazione prodotta dalle parti, non è possibile rintracciare alcun documento qualificabile come reclamo.
Nel sistema ABF la presentazione del reclamo costituisce una condizione di procedibilità dell’azione, la cui mancanza comporta la dichiarazione, anche d’ufficio, di irricevibilità del ricorso. Ai sensi della Sez. VI, par. 1, delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari “il ricorso all’ABF è preceduto da un reclamo preventivo all’intermediario”, intendendosi per tale “ogni atto con cui un cliente chiaramente identificato contesta in forma scritta (es. lettera, fax, e-mail) un suo comportamento anche omissivo”.
3. Volendo, dunque, valorizzare il carattere informale del reclamo, nel caso di specie, è possibile prendere in esame lo scambio di mail intercorso tra la ricorrente e l’intermediario A, al fine di valutare la procedibilità del ricorso. Dalla
documentazione prodotta dalla ricorrente, però, non vi è corrispondenza tra quanto richiesto nel corpo della mail e l’oggetto del ricorso. In altre parole, le mail hanno ad oggetto la richiesta di “richiamo dell’assegno” e “il rilascio della quietanza liberatoria”, mentre nel ricorso viene chiesto 1) di “condannare l’intermediario A per il comportamento scorretto" e 2) “condannare al risarcimento e/o restituzione delle somme pagate per non aver ricevuto nessun servizio e per avere preteso il pagamento di € 1.500 per il rilascio della quietanza liberatoria”. Non risulta, dunque, esservi corrispondenza tra quanto richiesto tramite lo scambio di mail e quanto richiesto tramite ricorso. Ai sensi della Sez. VI, par. 1, delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari “il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo”. Inoltre, la prima domanda oggetto del ricorso è alquanto generica e indeterminata. A proposito, il consolidato orientamento Abf prevede che la domanda che si concretizzi in una richiesta generica è irricevibile (Coll. Di Napoli, dec. N. 10567/16; Coll. di Roma, dec. N. 6752/16).
In merito alla seconda domanda oggetto del ricorso, di risarcimento dle danno, si evidenzia che dalle disposizioni sul procedimento ABF, è previsto che “il cliente può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo. Nel caso di specie mancano tali presupposti in quanto, nelle mail inviate all’intermediario è presente un generico riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente a seguito della segnalazione in C.A.I., diversamente dal ricorso in cui viene contestata la condotta dell’intermediario consistente nel “non aver prestato servizi alla cliente” e nell’“aver preteso il pagamento della somma di euro 1.500,00 per il rilascio della quietanza liberatoria”. In nessun documento prodotto, inoltre, emerge la richiesta di restituzione della somma pagata (euro 1.500,00) in seguito ad accordo transattivo tra le parti.
Per il suo contenuto, dunque, lo scambio di mail in parola non può essere qualificato come reclamo non coincidendo, inoltre, con le richieste oggetto del ricorso.
Pertanto, il Collegio ritiene irricevibile il ricorso nei confronti dell’intermediario A.
4. In ordine alla corrispondenza intercorsa con l’intermediario B, si rileva che l’unico comportamento contestato a quest’ultimo consiste nell’aver proceduto all’iscrizione al C.A.I. nonostante il richiamo dell’assegno non pagato. Vi è, dunque, coincidenza tra l’oggetto delle mail e quello del ricorso.
5. Dunque, la questione sottoposta al Collegio concerne la presunta illegittimità della segnalazione del nominativo della ricorrente nella Centrale di Allarme Interbancaria da parte dell’odierna Banca resistente, per non avere la stessa fornito tempestivamente, ossia entro il termine di 60 giorni, al primo intermediario segnalante prova dell’effettivo pagamento dell’assegno privo di provvista.
6. Preliminarmente occorre considerare in diritto che la nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari di cui alla legge 15 dicembre 1990, n. 386 (come risultante dalla novella apportata dal D. Lgs. n. 507/1999, in tema di depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio) configura all’ art. 2 l’ illecito amministrativo dell’ emissione di assegno bancario o postale senza provvista. Tale illecito è punito con sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie.
7. Il successivo art. 8, comma 1, della citata legge n. 386/1990 statuisce che le sanzioni amministrative (sia pecuniarie che accessorie) non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione
del titolo, effettua il pagamento dell’ assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente. Il rispetto del citato termine è tanto importante che lo stesso comma 4 del medesimo articolo prevede che il procedimento per l’ applicazione delle sanzioni amministrative non può essere iniziato prima che sia decorso il termine dei sessanta giorni.
8. A tali presidi si aggiunge - ai fini generali del regolare funzionamento del sistema dei pagamenti - la revoca delle autorizzazioni (disciplinata dall’ art. 9, legge n. 386/1990), ove è previsto che, in caso di difetto di provvista, il trattario iscrive il traente nell’ archivio di cui all’ art. 10-bis (CAI) quando sia decorso il termine di sessanta giorni di cui all’ art. 8 senza che il traente abbia fornito la prova dell’ avvenuto pagamento di quanto dovuto. L’art. 9 prevede espressamente il divieto di dare una nuova autorizzazione prima del decorso del termine di sei mesi dall’iscrizione del nominativo al CAI.
9. A ciò si aggiunga che l’ art. 10 della legge n. 386/1990 contempla la responsabilità solidale del trattario, che abbia omesso o ritardato l’ iscrizione nell’ archivio di cui all’ art. 10-bis (ovvero abbia rilasciato comunque moduli di assegni in favore di persona iscritta), a pagare gli assegni da questi emessi nel periodo in cui avrebbe dovuto operare la revoca.
10. Con riferimento al caso in esame, dalla documentazione prodotta risulta che l’iscrizione al C.A.I. della ricorrente decorre dal 09.03.2017. Pertanto, ai sensi dell'art.9 L. 386/90, ad oggi risulta decorso il termine di 6 mesi previsto per poter procedere ad una nuova autorizzazione.
Ragion per cui la l’intermediario B può comunque cancellare il nominativo dal CAI, qualora lo stesso fosse ancora iscritto.
P.Q.M.
Il Collegio dichiara improcedibile il ricorso nei confronti dell’intermediario A; dichiara la cessazione della materia del contendere nei confronti dell’intermediario B.
IL PRESIDENTE
firma 1