Sommario pag. 1
Diritti e busta paga
Sommario pag. 1
Il perché di questa pubblicazione pag. 3 Cenni storici 3
Libertà sindacale e sciopero “ 5
Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro “ 6
Cooperative e soci lavoratori “ 7
Contratto a termine “ 7
Apprendistato “ 10
Part Time “ 11
Lavoro intermittente “ 11
Contratto a progetto “ 12
Partite Iva “ 13
Associazione in partecipazione ” 13
Lavoro accessorio “ 14
Tirocinio ” 14
Difendersi nei rapporti di lavoro nero ” 14
Il diritto al lavoro dei disabili “ 15
Sanzioni disciplinari “ 16
Licenziamenti individuali “ 16
Sanzioni ” 18
Licenziamenti collettivi ” 19
Prescrizione dei crediti da lavoro “ 21
Contrasto al mobbing “ 21
Ammortizzatori-Cassa integrazione guadagni “ 22
Ammortizzatori-mobilità “ 24
Contratti di solidarietà “ 25
Aspi “ 26
Mini Aspi “ 27
Assegno per il nucleo familiare “ 27
Immigrati e detrazioni per carichi familiari “ 28
Maternità “ 28
Permessi per portatori di handicap e per chi li assiste “ 30
Trattamento di fine rapporto (Tfr) “ 31
Il modello Cud “ 31
Le trattenute previdenziali ed assistenziali “ 32
Contributi per i trattamenti di pensione, malattia
maternità, assegni, familiari ecc. “ 32
Le trattenute fiscali “ 33
Che cosa è la busta paga “ 33
Come è composta la busta paga “ 34
Gli elementi della retribuzione “ 34
Paga base o minimo contrattuale “ 34
Scatti di anzianità “ 34
Cottimo “ 34
Compenso per straordinario, festivo, notturno e turni “ 35
Salario aziendale “ 35
Mensa e indennità di mensa “ 35
Altre indennità “ 35
segue sommario
Indennità di contingenza/Edr “ 35
Malattia “ 35
/Infortunio “ 36
Orario e riduzione di orario “ 37
Ex festività ” 37
Ferie “ 37
Tredicesima o gratifica natalizia ” 38
Premio feriale o Quattordicesima “ 38
Vacanza contrattuale “ 38
Cosa è la Cub “ 39
Dove trovi la Cub “ 40
IL PERCHÉ DI QUESTA PUBBLICAZIONE
Da anni è in corso una devastante campagna sull’obbligo di piegare i comportamenti di chi lavora al dio mercato con le imprese e i governi che sono i sacerdoti deputati a vigilare sul rispetto di questa religione. La campagna ha portato masse sempre più crescenti di lavoratori e la- voratrici a perdere la cognizione dell’esistenza di diritti e tutele, della stessa possibilità di farli rispettare o di migliorarli.
La campagna padronal-governativa si è sviluppata e ha avuto suc- cesso grazie anche al ruolo complice dei sindacati concertativi (cgil-cisl-uil e ugl) e all’atteggiamento di troppi lavoratori “rasse- gnati” o illusi sulla possibilità di “salvarsi” individualmente.
Con questa pubblicazione vogliamo richiamare alla memoria e all’agire collettivo le tutele, i diritti previsti dalle leggi e dalle norme dei contratti nazionali per fornire a quadri, militanti e lavoratori lo stato delle nor- mative che regolano il rapporto di lavoro.
Uno strumento a disposizione di quanti non sono rassegnati e sono di- sponili a sviluppare con la Cub una azione di contrasto alle politiche liberiste e all’obbiettivo di alzare i livelli di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici a partire dagli ambiti lavorativi.
CENNI STORICI
Il lavoro salariato. Il lavoratore non è proprietario dei mezzi di pro- duzione (macchine, attrezzi, materie prime, officina, conoscenze tecniche relative al prodotto, al ciclo e risorse finanziarie), ma si li- mita a vendere per denaro il proprio lavoro al padrone.
Quando il padrone vende il prodotto realizzato dal lavoratore, paga i dipendenti, l'acquisto di beni e servizi necessari alla produzione, l'ac- quisto delle materie prime o dei semi-lavorati, gli interessi sui debiti contratti, gli oneri finanziari e trattiene per sé una parte che si chiama profitto.
Il profitto deriva, dunque, dall'appropriazione del lavoro da parte di chi mette il capitale nell’impresa (il capitalista), e dalla sua realizzazione sul mercato.
Lo sfruttamento del lavoratore nel corso della storia. Lo sfrutta- mento del lavoro è avvenuto, nel corso della storia, attraverso rapporti
di produzione molto diversi tra loro: il rapporto schiavistico, nel quale la figura del produttore (lo schiavo) era asservita al padrone e non go- deva di alcuna libertà; il rapporto di produzione feudale medievale, nel quale la figura del produttore (il servo della gleba) era legata alla terra, cioè al principale mezzo di produzione, non era libera di muoversi e di scegliere per chi lavorare, e il padrone si appropriava direttamente della maggior parte dei prodotto; infine il rapporto di produzione capi- talistico, nel quale la produzione, avviene mediante un «libero scam- bio» fra l'operaio ed il capitalista, detentore dei mezzi di produzione, che offre la retribuzione in cambio della forza lavoro.
La libertà del lavoratore è solo formale: egli non è legato al padrone o
alla terra da catene o da privilegi feudali, ma i suoi bisogni di vita, il modo di produzione e la struttura sociale lo costringono ad accettare uno scambio.
Tale scambio, nel momento in cui i lavoratori hanno conquistato la possibilità di stabilire norme, ha dato luogo ad un contratto tra chi offre un lavoro e chi se ne appropria retribuendolo.
Il contratto di lavoro è dunque lo strumento giuridico che consente al- l'imprenditore l'utilizzazione della forza lavoro dietro pagamento di una retribuzione pattuita.
La contrattazione del prezzo della forza lavoro è una delle motiva- zioni fondamentali per cui la classe lavoratrice ha sviluppato pro- prie organizzazioni.
La causa del contratto di lavoro, pur consistendo sempre nello scambio formalmente libero tra retribuzione e forza lavoro, ha subito però muta- mento dei rapporti di forza fra classe operaia e classe imprenditoriale.
Nel vecchio Codice Civile italiano del 1865, il contratto di lavoro era considerato un tipo particolare di contratto di locazione: l'imprendi- tore prendeva in affitto la forza lavoro dell'operaio come avrebbe po- tuto prendere in affitto una casa o una macchina.
La causa del contratto, cioè la funzione economico sociale che l'ordi- namento gli attribuiva, era esclusivamente quella di consentire lo sfrut- tamento illimitato della forza lavoro.
Nel Codice Civile del 1942, la causa del contratto di lavoro viene di- stinta e separata nettamente da quella del contratto di locazione; il contratto di lavoro ha, secondo il nuovo Codice, la funzione speci- fica economico sociale di inserire il prestatore di lavoro nell'orga- nizzazione aziendale e di costituire un rapporto gerarchico fra imprenditore e lavoratore: «è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la di- rezione dell' imprenditore».
La Costituzione Repubblicana (art. 35-38), pur senza riformare radi- calmente l'organizzazione gerarchica dell'azienda e il sistema di pro- duzione capitalistico, ha notevolmente arricchito di contenuto la causa del contratto di lavoro, attribuendogli la funzione preminente di libe-
rare il lavoratore dal bisogno e di assicurargli tranquillità economica e dignità sociale.Questa duplice funzione della retribuzione spiega perché essa sia dovuta non soltanto per i periodi di lavoro effettivo ma anche per i periodi di sospensione del lavoro (malattia, xxxxx, assembIee, ecc.).
Nel contratto di lavoro si scontrano l'interesse dell'imprenditore ad uti- lizzare la forza lavoro secondo le esigenze dell' impresa, estraendone profitto, e l'interesse dei lavoratori alla sicurezza economica, al mi- glioramento professionale e ad una esistenza in cui possa esprimere se stesso e soddisfare i propri bisogni.
A partire dalla metà del 19° secolo, i lavoratori organizzati nei sinda- cati, impongono agli imprenditori, per mezzo dello sciopero, la con- trattazione collettiva dei salario.
I Contratti Xxxxxxxxxx non determinano la retribuzione di ogni la- voratore, ma stabiliscono il livello al di sotto dei quale la retribu- zione non può scendere.
Incomincia così ad affermarsi il futuro principio della "giusta retri- buzione", contenuto nell'art. 36 della Costituzione, dove si afferma il diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione "sufficiente ad assi- curare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa". Ma non esiste una «giusta retribuzione»: esiste soltanto il livello gene- rale di tenore di vita raggiunto in un determinato tempo ed in un deter- minato luogo dalla classe dei lavoratori salariati.
Il lavoratore può vantare altri diritti previsti dalla legge; alcuni di que- sti, in particolare quelli sindacali, sono stati conquistati gradualmente nel corso del tempo.
I diritti sindacali. I lavoratori difendono i propri interessi anche in maniera diretta, provvedendo a unirsi in organizzazioni, i sinda- cati. La Costituzione riconosce ai lavoratori la possibilità di auto tutelare i propri interessi nei confronti dei datori di lavoro. Due sono gli strumenti previsti per l’esercizio delle rivendicazioni col- lettive dei lavoratori.
Il diritto di sciopero. Per sostenere le loro rivendicazioni i lavoratori dispongono di un importante strumento di autotutela: lo sciopero. Lo sciopero è l’astensione totale e/o parziale dal lavoro di gruppi di lavo- ratori per la tutela dei loro interessi collettivi. I lavoratori sospendono la loro attività lavorativa, provocando l’interruzione della produzione con conseguenze economiche per i datori di lavoro.
Questo strumento della lotta sindacale è utilizzato sia come mezzo di protesta sia per costringere la controparte ad accogliere le rivendica- zioni. L’articolo 40 della Costituzione riconosce, infine, in modo espresso lo sciopero, qualificandolo come vero e proprio diritto. In
quanto diritto costituzionale, lo sciopero non può essere in nessun modo soppresso o limitato dalle leggi dello Stato: inoltre, esso non co- stituisce un inadempimento del contratto di lavoro, visto che il suo esercizio va a determinare solamente una semplice sospensione del rapporto e degli obblighi che gravano per le parti, ma non giustifica la risoluzione del contratto stesso.
La libertà di associazione sindacale. E’ prevista dall’articolo 39 della Costituzione, il quale stabilisce che l’organizzazione sindacale è libera. Per dare attuazione ai principi costituzionali in materia sindacale è stata inoltre emanata la legge 300 del 1970, meglio nota come “Statuto dei lavoratori”, il quale rappresenta il primo vero intervento statale a sostegno e tutela dell’attività sindacale dei lavoratori.
La legge si propone due obiettivi principali:
a) tutelare la libertà e la dignità del lavoratore (libera manifestazione di pensiero, divieto di utilizzo per i datori di lavoro di guardie o impianti per la vigilanza dell’attività dei dipendenti, divieto di indagine sulle opi- nioni politiche, religiose e sindacali ai fini dell’assunzione);
b) assicurare la libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro (diritto di costituire i sindacati, divieto di atti discriminatori di tipo retributivo e non, reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato).
LA SALUTE NEL POSTO DI LAVORO: UN DIRITTO DA TUTELARE
Il lavoro sottopone ogni lavoratore al rischio di infortuni e malattie professionali.
Come difendersi? La salute è un diritto indisponibile e quindi va difesa sia individualmente che collettivamente, attraverso la forza che viene dalla lotta sindacale.
La salute, tuttavia, non è solamente un bene personale: è un bene che riguarda tutta la società, e viene tutelata dalla società con ap- posite leggi.
Di conseguenza accanto al diritto all’iniziativa sindacale, in tema di salute e sicurezza ogni lavoratore ha il diritto di far applicare le leggi vigenti.
Per il nostro Paese, quali sono le leggi più importanti?
Bisogna anzitutto partire dalla Costituzione (art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”) e dal Codice Civile (art. 2087: “L’imprenditore è te- nuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
L’attuazione di questi principi è stata realizzata attraverso una serie di leggi degli anni ’50 e lo Statuto dei Lavoratori del 1970 (art. 9).
Infine, le normative di ispirazione europea accolte nella Legge 626 sono ora coordinate con le leggi precedenti nel nuovo Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (Decreto Legislativo n° 81 del 2008), modificato dal D.Lgs. 106 del 2009.
A Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, 00 ( 02 70634875) è operativo lo sportello per assistenza e consulenza su Salute ed Ambiente il mercoledì dalle 15 alle 18.
COOPERATIVE E SOCI LAVORATORI
Il socio lavoratore di cooperative instaura due rapporti, uno associa- tivo ed uno di lavoro pertanto occorre tener conto di quanto stabilito dallo statuto e dal regolamento oltre che delle norme contrattuali. E’ importante che, al momento dell’adesione alla cooperativa, si faccia consegnare lo statuto e il regolamento in quanto essi determinano aspetti importanti del rapporto con la cooperativa.
Il regolamento non può contenere deroghe peggiorative rispetto al trattamento economico minimo del contratto. Al socio lavoratore deve essere garantita una retribuzione non inferiore ai minimi con- trattuali per quanto riguarda la retribuzione di livello (tabellare o di qualifica, contingenza, EDR), le norme del contratto che preve- dano voci retributive fisse, quali numero delle mensilità e gli scatti di an- zianità, a fronte delle prestazioni orarie previste dagli stessi contratti di lavoro (orario contrattuale). Sussiste il diritto agli istituti normativi pre- visti per la generalità dei lavoratori (TFR, ferie, etc..).
Il rapporto di lavoro è susseguente a quello associativo e pertanto ".. si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie ed in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile".
Pertanto il licenziamento va contrastato in via preliminare con ricorso contro il provvedimento di esclusione dalla cooperativa entro 60gg al tribunale di competenza
Legge Fornero - Tipi di contratto legge 92/2012
CONTRATTI A TERMINE (C.T.) legge 92/2012 (commi 9/15)
Prima della riforma il comma 01 art. 1 D.lgs 4 368/2001 prevedeva: “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo in- determinato”.
Poi su tale presupposto si è sostenuto che se il giudice rilevava che altre forme di lavoro autonomo o a progetto dovevano intendersi di la- voro subordinato, applicavano “la regola” e trasformavano quel rap- porto come rapporto a tempo indeterminato.
Ora non è più la regola: il nuovo articolo 1 comma 01 infatti dispone: “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la
forma comune di rapporto di lavoro” per cui se non è più una regola resta una prospettazione politica!
Ed ecco il 1° ritocco sostanziale: il D.lgs 368/2001 prevedeva, per i
C.T. non solo l'esistenza di una ragione temporanea che giustificasse la precarietà del rapporto, ma anche la sua formale e specifica espli- citazione nella lettera di assunzione così da consentire un preventivo controllo del lavoratore e quello successivo del giudice.
Ora viene aggiunto il comma 1 bis: per C.T. di 12 mesi non è più ne- cessario che ci sia una sottostante ragione temporanea e più nulla deve essere esplicitato nel contratto.
Gli unici limiti sono i seguenti:
1) il contratto a termine non può superare i 12 mesi deve avere la forma scritta e può essere utilizzato solo una volta col medesimo la- voratore indipendentemente dal cambio di mansione, deve, quindi, es- sere il primo contratto a termine con quel lavoratore;
2) il lavoratore non deve neppure essere stato impiegato presso quel- l'azienda come lavoratore somministrato;
3) il contratto non può essere prorogato nemmeno una volta, potrà, però, essere seguito da un nuovo C.T., dopo l'intervallo di cui si dirà fra poco, se il nuovo C.T. risponderà, questa volta, alle regole ordina- rie (esistenza di ragioni temporanee organizzative, produttive o sosti- tutive e loro formale specificazione nella lettera di assunzione. Il controllo del giudice potrà, per questo primo contratto, che si può de- finire “acausale”, operare solo in relazione al rispetto dei 3 limiti so- praindicati, ma non potrà più spingersi neppure a verificare se le ragioni per cui è stato apposto il termine siano effettivamente di ca- rattere temporaneo o no!
E’ vero che per questo tipo di contratto, come per tutti i contratti a ter-
mine, la nuova legge prevede l'applicazione di una maggiorazione contributiva dell'1,4% (salvo eccezioni per C.T. attuati per sostituzioni, per lavori stagionali e con apprendisti) che potrà, nel limite delle ul- time sei mensilità, essere recuperata in caso di stabilizzazione del rap- porto e che questo vorrebbe essere un incentivo per la stabilizzazione del rapporto, ma qui alcune considerazioni si impongono.
La prima riguarda il fatto che una così semplice e sicura (per l'assenza di rischi di non voluta stabilizzazione del rapporto per intervento giu- diziale) modalità di assunzione di lavoro precario diventerà, con ogni probabilità, la forma più comune di assunzione: si offre al datore di la- voro di avere in prova un dipendente per ben 12 mesi con un prezzo addirittura inferiore a quello di un lavoratore somministrato e con la possibilità di recuperare buon parte della maggior spesa rispetto ad una assunzione tempo indeterminato qualora ritenga suo interesse stabilizzare il rapporto.
La seconda, e conseguente, è che una simile forma di accesso al la- voro penalizzerà inevitabilmente i soggetti più deboli o più scomodi che ovviamente al termine di questo contratto non saranno “confer- mati”. Saranno così sempre più emarginati e precarizzati i lavoratori
con un tasso di assenze per malattia superiori alla norma, i genitori con problemi di gestione dei figli costretti a chiedere permessi, i lavo- ratori dotati diminori capacità produttive, i lavoratori che partecipano agli scioperi o si manifestano sensibili alle tematiche sindacali, etc). Ecco che il contratto a tempo indeterminato non è più la regola e nel contempo il sistema ha rafforzato enormemente quel potere di sele- zione del personale che già, negli anni passati, eliminando il colloca- mento obbligatorio, aveva riconosciuto al datore di lavoro, potere cui farà da contraltare, come visto, un semprepiù netta demarcazione tra inclusi ed esclusi dal sistema produttivo.
C'è ovviamente da chiedersi se una simile disciplina aggira la direttiva europea diretta a prevenire gli abusi del C.T. Un C.T., generalizzato e che si sottrae all'esistenza di ragioni obiettive pare, infatti, un po' troppo rispetto alla disciplina comunitaria la quale, con la direttiva 97/67, prevede, al considerando n° 7, che “una utilizzazione di con- tratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive, è un modo di prevenirne gli abusi.”
Si sostiene di no, perché la norma riguarderebbe solo il primo con- tratto e non la successione di contratti a termine mentre solo le mo- dalità di questa successione sarebbero oggetto della norma comunitaria, ma è facile vedere come questa interpretazione sia vera ipocrisia se si considerano:
- la possibilità di coprire lo stesso posto ogni 12 mesi con un diverso lavoratore;
- l'assenza di un qualsiasi limite percentuale come previsto, invece, per altre ipotesi (nel settore delle imprese aeroportuali e delle poste) in cui peraltro risultano introdotte anche altre limitazioni temporali nel- l'arco dell'anno.
Il discorso non è finito qui perché la norma affida ai CCNL - e persino alla contrattazione decentrata, in via delegata - la possibilità di stipu- lare contratti senza causale “al posto” (e quindi non in aggiunta) di quelli ora esaminati, nel caso di specifici processi organizzativi1anche se pone, in questo caso, il limite del 6% rispetto la totale dei lavoratori occupati.
Queste regole valgono anche per i C.T. in regime di somministrazione anche se qui la legge dimentica di modificare nello stesso senso il contratto commerciale da cui trae origine il singolo contratto di lavoro.
C.T. “NORMALI”
La legge ha introdotto per i C.T. altre modifiche:
a) possono durare oltre la scadenza in termini diversi da prima
• sotto i 6 mesi la tolleranza passa da 20 a 30 gg
• sopra i 6 mesi la tolleranza passa da 30 a 50 gg
ma il datore deve fare preventiva comunicazione di questo prolunga- mento del rapporto al centro per l'impiego (ove ciò non avvenga dovrà ritenersi che il contratto si illegittimamente protratto oltre il termine con diritto alla sua trasformazione in contratto a tempo indeterminato).
b) devono avere un diverso intervallo uno dall'altro
• sotto i 6 mesi, prima erano previsti 10 gg, ora 60
• sopra i 6 mesi, prima erano previsti 20 gg, ora 90
• ai CCNL viene data la facoltà di modificare questi intervalli fino a 20 e 30 gg.
c) in considerazione di questo più lungo intervallo, opportunamente, la legge ha previsto che il termine per l'impugnazione del termine debba passare da 60 a 120 gg. con onere di iniziare il giudizio entro i suc- cessivi 180. d) unica modifica positiva: nel calcolo dei 36 mesi, consi- derati come limite temporale del C.T. (salvo estensioni da parte dei CCNL) pena la loro trasformazione, si deve ora tener conto anche dei periodi di missione (lavoro somministrato) aventi ad oggetto mansioni equivalenti.
e) infine viene data una interpretazione restrittiva all'art. 32 L. 183/2010, che già avevaposto il limite massimo di 12 mesi di retribu- zione al risarcimento che il lavoratore poteva ottenere per i danni de- rivatigli dalla disoccupazione dopo la scadenza del termine illegittimo indipendentemente dal fatto che lo stato di disoccupazione fosse o meno durato di più.
Con questa nuova disposizione l'indennità prevista in questi casi viene definita “onnicomprensiva” chiudendo definitivamente lo spazio alle interpretazioni più favorevoli al lavoratore che la giurisprudenza in qualche caso aveva prospettato per evitare che anche le lungaggini della giustizia finissero col penalizzare il dipendente e avvantaggiare il datore di lavoro.
APPRENDISTATO legge 92/2012 (commi 16/19)
Da 15 anni vorrebbe essere la forma privilegiata di accesso al lavoro per i giovani con una forma mista “lavoro + insegnamento” che giusti- ficherebbe la minor retribuzione e quindi la maggior appetibilità per i datori di lavoro.
Tre le forme di apprendistato possibili:
- per la qualifica e per il diploma professionale
- apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
- apprendistato di alta formazione e ricerca La legge ha introdotto quattro modifiche:
- disciplina delle assunzioni
- termine minino di durata (nel 2005 era di 2 anni poi nel 2008 tolto ogni limite)
- disciplina del recesso
- estensione dell'ASPI
- il T.U. dell'apprendistato D.lgs 167/2011 viene modificato con la pre- visione che il CCNL deve prevedere una durata minima non inferiore a 6 mesi, salvo che nei lavori stagionali
- vengono introdotti diversi limiti percentuali secondo la dimensione dell'impresa (diverso per aziende artigiane) a partire dal 1.1.2013: esclusi i lavoratori a progetto o in somministrazione:
- se l'azienda ha meno di 10 dipendenti il rapporto non può superare
1 apprendista per lavoratore specializzato o qualificato (come prima);
- se ha più di 10 dipendenti il rapporto è, invece, di 3 apprendisti (com- presi i somministrati) ogni 2 lavoratori specializzati e/o qualificati. (in questo caso aumentano);
- Se non ci sono lavoratori specialisti e/o qualificati il limite massimo è di 3 apprendisti.
La legge poi stabilisce che non possano essere utilizzati apprendisti in somministrazione con contratto solo a termine.
Per incentivare la stabilizzazione la legge prevede che l'assunzione di nuovi apprendisti, per le aziende con più di 10 dipendenti, sia subor- dinata al fatto che nei precedenti 36 mesi sia stato confermato il 50% dei lavoratori apprendisti al termine del loro contratto (per i primi 3 anni, quindi fino al 18.7.2015, questo limite è abbassato al 36%). In caso di mancato rispetto di queste percentuali è consentita l'assun- zione di un solo ulteriore apprendista.
Se si superano queste percentuali ne conseguirà la trasformazione degli “esuberi” in ordinari rapporti subordinati tempo indeterminato (sempre solo per aziende con più di 10 dipendenti). Il datore e il lavo- ratore non possono recedere dal contratto prima della scadenza se non per giusta causa e giustificato motivo. (questo significa che il la- voratore che desse le dimissioni prima della scadenza del contratto, senza giustificato motivo rischia una richiesta di risarcimento da parte del datore di lavoro per i danni relativi al costo di una formazione non potuta utilizzare).
Se il datore non vuole proseguire il rapporto al termine del periodo di
apprendistato deve dare il preavviso e se non lo fa il contratto prose- gue con la normalizzazione del rapporto.
Una novità positiva: a questi lavoratori viene esteso il nuovo meccan- sismo previsto a tutela dello stato di disoccupazione (ASPI).
PART-TIME legge 92/2012 (comma 20)
Viene reintrodotto un minimo di limite circa le clausole flessibili ed ela- stiche oggi regolate dal CCNL nei seguenti termini:
1) affidando al contratto collettivo condizioni e modalità che consen- tono al lavoratore di richiedere l'eliminazione o la modifica di queste clausole;
2) prevedendo la possibilità di revoca per gli studenti e per gli affetti da patologie oncologiche, o con coniuge, genitori o figli affetti da tali pa- tologie, i lavoratori conviventi con familiari portatori di handicap.
Il punto è che una volta firmato il patto il lavoratore, salvo questi casi, non può più revocare il suo consenso!
LAVORO INTERMITTENTE legge 92/2012 (commi 21 e 22)
Abrogato nel 2007 e resuscitato nel 2008 (non c'è stata la volontà di eliminarlo, solo di limitarlo:
– previsto per ora dai CCNL solo per alcune figure: custodi – guar-
diani camerieri – fattorini) ne viene limitata la portata riservandolo ai lavoratori:
- con più di 55 anni (prima 45)
- con meno di 24 - prestazioni rese entro il 25° (prima meno di 25)
- se la prestazione o il ciclo della prestazioni durano meno di 30 gg il datore deve darne comunicazione alla DTL con sms, fax o posta elet- tronica - è poi abrogato l'art. 37 del D.lgs 276/03 che prevedeva il la- voro a chiamata con disponibilità permanente del lavoratore, ma con diritto alla retribuzione solo in caso di effettiva chiamata!
CONTRATTO A PROGETTO legge 92/2012 (commi 23/25)
E' l'istituto forse maggiormente rivisto in senso limitativo a favore del lavoratore, ma su cui si accaniscono con maggior vigore le iniziative volte alla sua modifica.
- Innanzitutto la legge limita questa figura contrattuale alla collabora- zione continua iva finalizzata ad un progetto e non più anche ad un “programma o fase di lavoro”.
Il progetto poi deve essere ben specificato, non con il solo richiamo al- l'oggetto sociale, e deve essere accompagnato da un risultato finale indicato anch'esso nel contratto.
Se il progetto non viene indicato in modo specifico con individuazione del suo contenuto caratterizzante il rapporto si converte nella comune forma del lavoro subordinato.
Ma il contratto a progetto non può neppure essere stipulato per lo svol- gimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi che possono essere individuati dai contratti collettivi.
Tolta quindi la possibilità di contratti a progetto per semplici fasi di la- voro e ridotta quella per lavori ripetitivi-esecutivi dovrebbe diventar dif- ficile regolare con questa forma contrattuale il lavoro dei call-center, e altre forme di lavori esecutivi.
La legge stabilisce la garanzia di un minimo retributivo con riferimento a CCNL specifici o, in assenza di questa con riferimento ai CCNL dei lavoratori subordinati.
Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa e altrimenti:
- il lavoratore, con preavviso, ma solo se è previsto nel suo contratto (il che sarà davvero improbabile data la totale assenza di un suo po- tere contrattuale!!)
- il datore se può dimostrare che sono emersi oggettivi profili di ini- doneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto (non si parla in questo caso neppure di preavviso).
La legge, inoltre, prevede una sorte di presunzione: i rapporti si con- siderano di natura subordinata, salvo prova contraria, nel caso in cui l'attività del collaboratore sia svolta con modalità analoga a quella dei dipendenti del committente.
Queste disposizioni si applicano solo ai contratti stipulati dopo il
18/7/2012 Va ancora aggiunto che la nuova disciplina prevede ora anche l'accesso ad un minimo di tutela previdenziale per disoccupa- zione: fino al 2015 e con almeno tre mesi lavorati nell'anno precedente l'indennità sarà di circa €.1045 moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l'anno precedente e quelle non coperte da con- tribuzione, dopo il 2015, la legge già prevede un peggioramento di questo trattamento.
PARTITE IVA legge 92/2012 (commi 26/27)
Anche questa figura viene limitata con l'istituzione di presunzioni a fa- vore del lavoro a progetto che invertono l'onere della prova ponendo a carico del datore di lavoro l'obbligo di dimostrare la natura effettiva- mente autonoma del rapporto.
Ciò accade se ricorrono anche 2 sole di queste 3 condizioni:
- che la collaborazione per lo stesso committente duri “complessiva- mente” più di 8 mesi nell'arco dell'anno solare (quindi calcolando a ri- troso gli ultimi 12 mesi),
- che oltre l'80% del fatturato nell'anno solare derivi dallo stesso com- mittente (intendendosi per tale tutte le imprese del medesimo gruppo considerate come centro di imputazione del medesimo interesse)
- che il collaboratore abbia la disponibilità di una postazione fissa presso il committente (restano dubbi su che voglia dire esattamente questa locuzione, non pare però che possa pretendere una posta- zione esclusivamente riservata a lui).
Se sussistono anche 2 soli di questi requisiti il contratto si ritiene – salvo prova contraria – a progetto, ma se il contratto originale non ha i requisiti formali di questo tipo di contratto (forma scritta, indicazione del progetto e della sua finalità) inevitabilmente si trasformerà in ordi- nario rapporto di lavoro subordinato.
Queste presunzioni però non si applicano in questi casi:
1) quando la prestazione sia connotata da competenze tecniche di grado elevato – o capacità tecnico-pratiche acquisite tramite rilevanti esperienze di esercizio concreto e la persona sia titolare di un reddito non inferiore ai 14.930 euro annui (minimo imponibile per artigiani e commercianti)
2) quando la prestazione sia resa nell'esercizio di attività professio- nale per la quale è prevista l'iscrizione ad un ordine professionale. Per le partite IVA in corso, la legge entra in vigore il 18.7.2013.
nel caso in cui le prestazioni risultino rese come collaborazione con- tinuativa i contributi andranno così ripartiti: 2/3 a carico del commit- tente, 1/3 a carico del lavoratore.
L'ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE legge 92/2012 (c.mi 29/30)
All'art. 2549 c.c. viene aggiunto un comma che limita a 3 il numero- massimo degli associati che possono essere impegnati nella mede- sima attività apportando all'associazione “anche” la loro prestazione di lavoro, dal conteggio però restano esclusi i lavoratori che hanno le-
gami di parentela entro il 3° grado e di affinità entro il 2° grado (suo- cero genero nuora) In caso di violazione di questo limite gli associati devono considerarsi subordinati. I contratti già in essere possono “sal- varsi” fino alla loro cessazione solo se erano stati certificati, nella loro genuinità, dalle apposite commissioni.
Il comma 30 introduce nuovamente delle presunzioni (salvo prova contraria) a favore del lavoratore per cui il rapporto si presume come subordinato:
- quando non vi sia stata effettiva partecipazione agli utili
- quando non sia stato consegnato il rendiconto
- quando l'attività sia poco qualificata (previsione simile a quella esa- minata per il lavoro autonomo).
LAVORO ACCESSORIO legge 92/2012 (commi 32 e 33)
E' previsto per le prestazioni occasionali che non danno luogo a com- pensi superiori ai 5.000 euro nel xxxxx xxxx'xxxx xxxxxx, xxx xxxxxx, xxxx, xx 0.000 euro per singolo committente.
- norme più restrittive nel settore agricolo solo per lavoratori sotto i 25 anni
- la norma nuova, al fine di contrastare possibili abusi e di masche- rare con questa forma dilavoro occasionale un rapporto continuativo in “nero”, prevede che i buoni siano orari, e numerati progressiva- mente e datati.
- oggi il valore di un buono è di €. 10,00 (7,5 x lav. - 2,5 x gli istituti as- sicurativi) ma la legge si riserva di modificare questo rapporto e si può fondatamente temere che lo sposti in danno del lavoratore!
- Viene sancito che un buono vale 1 ora (ciò perché fino ad ieri i da- tori con un buono pretendevano di poter pagare anche più di una ora)
- la nuova norma estende questa tipologia a tutti i settori
- la nuova norma prevede che anche questi importi siano computati al fine del calcolo del reddito necessario per il rilascio del permesso di soggiorno.
TIROCINIO FORMATIVO legge 92/2012 (comma 34/35)
La legge affida a governo e regioni di raggiungere un accordo che:
- riveda la disciplina dei rapporti formativi (comunemente chiamati Stage)
- preveda azioni volte a prevenire abusi
- individui gli elementi qualificanti il tirocinio
- riconosca una “congrua indennità”, anche in forma forfettaria, in re- lazione alla prestazione svolta con sanzione a carico del trasgressore. La norma, quindi, dispone che venga garantita anche una sorta di re- tribuzione minima per lo stagista.
DIFENDERSI NEI RAPPORTI DI LAVORO IN NERO
Il lavoro in nero è un rapporto di lavoro irregolare; normalmente imposto dall’azienda è soggetto a sanzioni a carico dell’imprendi- tore che lo xxxxxxxx.Xx lavoratore ha diritto di rivendicare la regola-
rizzazione del rapporto di lavoro recuperando le eventuali differenze retributive e il mancato versamento dei contributi previdenziali.
Per fare ciò è necessario dimostrare il numero di giorni e ore lavorate, quanto perce- pito per il lavoro svolto e disporre di testimonianze sulla prestazione lavorativa effet- tuata. Essere in grado cioè di dimostrare il più precisamente possibile di svolgere o aver svolto un lavoro irregolare.
La Cub consiglia, per non esporsi a rischi, di richiedere la regolarizzazione una volta finito il rapporto di lavoro; non è prevista prescrizione.
IL DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI
Il diritto al lavoro dei disabili è regolato dalla legge 68/1999 recante norme per il di- ritto al lavoro dei disabili.
Beneficiari e accertamento della disabilità
Beneficiari | Requisiti | Accertamento |
disabili fisici, psichici, sensoriali, intellettivi Non vedenti, sordomuti | invalidità superiore al 45% | commissioni mediche integrate ex art. 4 della legge 104/92 |
invalidi del lavoro | invalidità superiore al 33% | INAIL |
invalidi di guerra, civili di guerra e per servizio | minorazioni dalla 1^ all'8^ categoria | minorazioni dalla 1^ all'8^ categoria ai sensi del d.p.r. 915/78 |
Quote di riserva; sono tenuti all'assunzione obbligatoria tutti i datori di lavoro pubblici e privati :
Occupati computabili | Numero assunzioni | Tipologia di Chiamata |
da 15 a 35 dipendenti | 1 disabile | nominativa |
da 36 a 50 dipendenti | 2 disabili | 1 nominativa, 1 numerica |
oltre 50 dipendenti | 7% dei lavoratori occupati | 60% nominativa, 40% numerica |
Limitazioni dell'obbligo
Datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti | solo in caso di nuova assunzione |
Partiti Politici, organizzazioni sinda- cali, organizzazioni no-profit. | Solo in caso di nuova assunzione e la quota è compu- tata esclusivamente in riferimento al personale tec- nico-esecutivo svolgente funzioni amministrative |
Sospensioni dall'obbligo:
1. per intervento di cassa integrazione
2. all'applicazione di contratti di solidarietà difensiva
3. per procedure di mobilità
Le imprese sospendono l’obbligo di
assumere in questi casi:
Sanzioni per le aziende che evadono: Le imprese private e gli enti pubblici economici che non assumono o ritardano ad inviare alla direzione provinciale del lavoro il prospetto che illustra i dati sui dipendenti assunti, devono pagare una multa di euro 516 per ritardato invio del prospetto maggiorata di euro 25 per ogni giorno di ulteriore ritardo.
SANZIONI DISCIPLINARI
L’azienda deve rendere pubblico quanto previsto in materia dal contratto e dalle leggi riguardante i comportamenti sanzionabili, le sanzioni previste, le procedure di contestazione in materia discipli- nare. Di norma le sanzioni previste dal contratto sono: rimprovero verbale o scritto; multa (mai superiore a 4 ore); sospensione dal la- voro; licenziamento.
La sanzione disciplinare non può essere applicata senza che l’azienda abbia comunicato in forma scritta al lavoratore le contestazioni e senza aver sentito (entro 5 giorni) a sua difesa il lavoratore che può avvalersi del sindacato al quale aderisce o conferisce mandato.
In caso di contestazioni di carattere disciplinare da parte dell’azienda rivolgersi immediatamente alle sedi Cub.
LICENZIAMENTI INDIVIDUALI
La procedura amministrativa per i licenziamenti motivati sul pre- supposto di un giustificato motivo oggettivo (g.m.o.) Aziende con più di 15 dipendenti nell'ambito dello stesso comune o più di 60 nel territorio nazionale.
Viene introdotta, per questo tipo di licenziamenti una preventiva procedura:
il datore deve mandare una comunicazione alla DTL e al lavoratore ove
- dichiara l'intenzione di licenziare
- indica i motivi del licenziamento e le eventuali isure di assistenza alla ricollocazione.
La DTL entro 7 gg. (termine perentorio) deve trasmettere la convoca- zione avanti a sé.
Le parti possono essere assistite dalle OS o da un avvocato o consu- lente del lavoro.
In questa fase si devono esaminare anche soluzioni alternative al re- cesso.
Essa deve concludersi entro 20 gg. dalla data in cui la DTL ha tra- smesso la convocazione per l'incontro. In caso di documentata im- possibilità del lavoratore è previsto un differimento non superiore ai 15 gg.
N.B: anche in caso di risoluzione consensuale, raggiunta in tale fase, il lavoratore avrà diritto all'ASPI (Assicueazione ociazione Sociale per l'Impiego). Questa fase amministrativa è delicata anche perché dal
comportamento tenuto dalle parti avanti alla DTL e dal rifiuto di ac- cettare proposte conciliative il giudice della futura eventuale causa dovrà trarre elementi per la determinazione della indennità dell'art. 18 St. lav. e per la liquidazione delle spese del giudizio.
Per questo, meglio sia attivata, già in questa fase, l'assistenza di un avvocato.
In ogni caso: visto la brevità dei tempi, brevità che difficilmente con- sentirà un esame approfondito della complessiva posizione lavora- tiva nell'arco del rapporto di lavoro, bisognerebbe evitare rinunce tombali se solo vipossono essere diritti, specie alla salute o alla qua- lifica superiore, che richiedono un esame approfondito. In questi casi, ove il datore insistesse, bisognerà mettere a verbale che l'ac- cordo non si raggiunge per la pretesa aziendale di volere una con- ciliazione, non sul recesso, ma su tutti i diritti del lavoratore. In tal modo la mancata conciliazione non potrà essere valutata dal giudice a sfavore del lavoratore.
Retroattività del licenziamento.
Se fallisce il tentativo di conciliazione o se nei 7 gg. non c'è la convo- cazione della DTL, il datore può licenziare e il licenziamento retroagi- sce alla data di inizio della procedura mentre i giorni lavorati nel frattempo valgono come preavviso.
Lo stesso vale ora per i licenziamenti disciplinari per la procedura pre- vista dall'art. 7 St. lav. così che, ove questa procedura, iniziata con la prevista lettera di contestazione, termini con un licenziamento, l'effetto di quest'ultimo risulterà anticipato al giorno in cui il lavoratore ha rice- vuto gli addebiti.
In entrambi i casi questo meccanismo è stato studiato non tanto per far guadagnare un po' di preavviso al datore di lavoro, ma per impe- dire l'effetto sospensivo della malattia sull'efficacia di un eventuale li- cenziamento. La logica di questa disposizione è ben chiara ma è comunque intrinsecamente incoerente nel risultato:
l'effetto sospensivo sul rapporto di lavoro con le previdenze previste dalla legge e dal ccnl di una malattia del lavoratore che dovesse in- sorgere nel periodo successivo all'inizio di queste due procedure (in cui, si badi bene, il rapporto è ancora formalmente in vita e il dipen- dente è ancora sottoposto gerarchicamente e funzionalmente al suo datore di lavoro) si realizzerà se il licenziamento in quelle procedure sarà evitato, mentre non si realizzerà, e con effetto retroattivo, se quel licenziamento non sarà evitato. (Norme particolari regolano questa materia nei casi di maternità e infortunio).
La forma del licenziamento
Il licenziamento deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta e la lettera di licenziamento deve contenere la specificazione dei mo- tivi che l'hanno determinato (di conseguenza non vi è più l'onere del lavoratore di chiedere la specificazione dei motivi entro i 15 giorni suc- cessivi alla sua comunicazione).Il licenziamento, come prima, deve
essere impugnato entro 60 gg; sono però abbreviati i termini per pro- porre il giudizio che passano da 270 gg.a 180.
LE SANZIONI
Oggi le possibili sanzioni rispetto ai vizi del licenziamento intimato in aziende con più di 15 dipendenti nell'ambito dello stesso comune o con più di 60 in ambito nazionale, sono passate da una a quattro.
La legge infatti prevede:
1) Una tutela reintegratoria piena. è la vecchia tutela reintegrazione più risarcimento del danno, quantificabile dal giudice con una somma compresa tra un minimo di 5 mensilità di retribuzione e l'ammontare di tutte le retribuzioni perdute dalla data del licenziamento a quella delle reintegrazione dedotto solo l'aliunde (ovvero le retribuzioni per- cepite per altri lavori) effettivamente percepito, con diritto del lavora- tore a chiedere, in aggiunta, altre 15 mensilità quando, preferendo lasciare il posto di lavoro, rinunci alla reintegra.
Questa sanzione è ora prevista solo per i licenziamenti discriminatori, quelli maturati in concomitanza col matrimonio o in violazione del de- creto di licenziamento per maternità ovvero perché la legge ne pre- vede la nullità o perché determinato da motivo illecito determinante (come è il licenziamento ritorsivo o di rappresaglia). La norma vale pure per i dirigenti e si applica anche ai licenziamenti orali.
2) La tutela reintegratoria debole o attenuata. E' prevista la reinte- grazione, ma la misura del risarcimento non ha più un limite minimo, ha invece il limite massimo di 12 mesi e l'aliunde perceptum deve tener conto anche di quel che il lavoratore “avrebbe potuto” percepire dedicandosi alla ricerca di altra occupazione (sarà quindi necessario provvedere in modo da poter documentare come il lavoratore si sia adoperato per cercare un nuovo lavoro).
C'è copertura contributiva delle differenze e diritto anche in questo caso ad optare per le 15 mensilità.
Questa sanzione è prevista:
a) nei licenziamenti disciplinari, ma solo quando il giudice accerta l'in- sussistenza del fatto contestato ovvero che il fatto rientra fra le con- dotte punibili con una sanzione conservatrice secondo il CCNL (e se è solo sproporzionato senza riferimenti al CCNL?)
b) ai licenziamenti intimati per inidoneità sopravvenuta alla man- sione o per superamento del periodo di comporto (quantificato come motivo oggettivo e quindi necessitante della preventiva procedura amministrativa?)
c) ai licenziamenti per giustificato motivo quando il giudice accerti “la manifesta insussistenza del fatto posto a base del recesso”.
Che cosa significhi insussistenza ”manifesta” la legge non lo speci- fica. Un fatto puòessere esistente o insussistente, e se è insussistente
la sua insussistenza necessariamente si manifesta!. In questo caso, poi, il giudice PUO' soltanto (quindi ha un potere totalmente discrezionale, perché se può, non vuol dire che deve) disporre la reintegrazione.
Ancora una volta la legge evita di individuare un criterio oggettivo; im- possibile, quindi, sapere in base a che il giudice, di fronte ad un licen- ziamento con questi vizi, si determinerà a ordinare la reintegrazione o a riconoscere solo il risarcimento economico: effettivamente su questo terreno i problemi di costituzionalità della norma sono rilevanti.
Ovvio che se l'inesistenza dei motivi nasconde motivi discriminatori si potrà chiedere, anche in questi casi, la tutela piena.
3) La tutela obbligatoria (solo risarcimento)“ordinaria”.E' prevista solo una indennità da 12 a 24 mensilità in relazione all'anzianità del la- voratore, il numero dei dipendenti, le dimensioni dell'impresa, il com- portamento delle parti e le loro condizioni.
Esso si applica:
a) al licenziamento per g.m.o quando il fatto invocato sia infondato (ma non manifestamente?)
Anche in questo caso nella determinazione del danno si tiene conto anche delle iniziative assunte dal lavoratore per cercare nuova occu- pazione (sarà quindi anche qui necessario provvedere in modo da poter documentare queste iniziative)
b) nel licenziamento disciplinare quando il fatto risulti esistente, ma inidoneo a giustificare il recesso (sproporzione? Ma in questo caso dovrebbe essere prevista una sanzione conservativa con diritto alla tutela reintegratoria debole, e allora che altro? Difficile capirlo!)
4) Tutela obbligatoria ridotta: solo un risarcimento tra le 6 e le 12 mensilità graduate dal giudice a seconda della gravità della violazione procedurale e si applica ai licenziamenti inefficaci per
- violazione dell'obbligo di motivazione
- della procedura amministrativa prevista per il licenziamento per g.m.o
- della procedura disciplinare ex art. 7 St. Lav.
Ovvio che se oltre a queste violazioni si aggiunge la insussistenza dei fatti o la discriminazione si applicheranno anche in questo caso le re- lative tutele.
I LICENZIAMENTI COLLETTIVI (commi 44/46)
per le aziende che hanno più di 15 dipendenti e che intendono licen- ziare 5 o più dipendenti.
Qui la legge è intervenuta con la precisa volontà di modificare due punti della disciplina prevista dalla l. 223/91 in base ai quali diverse volte i lavoratori avevano potuto fare annullare i loro licenziamenti; - in- nanzitutto la comunicazione finale dei licenziamenti e delle loro moti- vazioni alle OOSS e alla DPL non deve più essere contestuale ai licenziamenti ma può essere inviata entro i 7 giorni successivi dalla
loro comunicazione al lavoratore: viene quindi ridotto il rischio del da- tore di lavoro di incorrere in una violazione formale della procedura solo apparentemente perché riguarda la possibilità di una tempestiva verifica da parte degli organi istituzionali preposti, e di riflesso dei la- voratori, delle modalità dettagliate in cui sono stati utilizzati i criteri di selezione per individuare i licenziati;
- in secondo luogo la norma prevede che eventuali vizi contenuti nelle comunicazioni he il datore deve indirizzare alle XX.XX. per l'apertura della procedura di mobilità possano essere sanati nell'ambito di un ac- cordo sindacale concluso nel corso della procedura. Nulla la norma dice sul grado di rappresentanza che l'OS firmataria dell'accordo deve avere. Soprattutto essa non tiene conto del fatto che la comunicazione è diretta a soddisfare anche un interesse del singolo lavoratore e che era almeno necessario fare una distinzione fra omissioni di diverso grado: se una O.S. non riceve la comunicazione possibile che un ac- cordo stipulato con altre possa sanare questa omissione?).
Xxxxxxxx, poi, anche in questo caso le sanzioni di fronte ai licenzia- menti illegittimi con la previsione di tre casi:
- quando il licenziamento collettivo sia intimato senza la forma scritta (francamente questo pare una ipotesi fantasmagorica in caso di li- cenziamento collettivo) si ha la tutela reintegratoria “piena”;
- in caso di violazione della prevista procedura ( evidentemente non sa- nata da eventuali accordi sindacali si applica solo la sanzione più grave di tipo economico (tutela obbligatoria ordinaria da 12 a 24 mensilità); La gravità di questa previsione emerge nella sua chiarezza se si tiene conto che la procedura sindacale è la contropartita al fatto che al giu- dice è sottratto per questo tipo di licenziamenti il potere di esaminare la fondatezza della loro ragione dovendo limitare il suo giudizio al solo rispetto formale della procedura.
Questo perché si ritiene sufficiente, in caso dilicenziamenti collettivi, affidare il controllo del provvedimento datoriale al confronto sindacale, confronto, però, che, per essere serio ed effettivo, necessita di uno flusso di informazioni precise (e ben indicate dalla legge 223/1991) che devono ovviamente precedere il momento dedicato al confronto e alla ricerca di un accordo.
Questo è ciò che prevede la procedura, ma se poi il datore non si com- porta correttamente, non fornisce tempestivamente queste informazioni e le fornisce in modo incompleto o fuorviante con chiara mortificazione del controllo sindacale sulla gestione degli esuberi, ecco che la viola- zione di questa procedura, oggi, in forza di questa nuova legge non potrà più essere sanzionata con la reintegrazione dei dipendenti: an- cora una volta emerge come essa abbia solo voluto facilitare licenzia- menti ingiusti esponendo il datore al mero rischio economico.
In questo caso ovvio che, per una maggior tutela dei lavoratori si do- vrebbe (si usa il condizionale perché ancora non si sa come evolverà la giurisprudenza sul punto) agire tute le volte che risulterà possibile con un azione ex art. 28 St.lav. sostenendo che i licenziamenti devono
essere revocati perché conseguenza diretta di un comportamento antisindacale.
- in caso di violazione dei criteri di scelta si rimanda al 4 comma del nuovo art. 18 (tutela reintegratoria debole) con diritto alla reintegra e al risarcimento fino a 12 mensilità (anche in questo caso però andrà accertato se la violazione dei criteri non nasconda una discrimina- zione, nel qual caso dovrà essere riconosciuta la tutela reintegratoria piena).
In questo caso è prevista la reintegrazione anche perché la legge già stabiliva che il datore, senza rinnovare la procedura, ha la possibilità di licenziare subito il diverso dipendente individuabile con la corretta applicazione del criterio di scelta.
PRESCRIZIONE DEI CREDITI DA LAVORO DIPENDENTE.
I crediti del lavoratore per eventuali differenze sugli istituti contrattuali e di legge, debbono essere rivendicati entro cinque anni dalla matu- razione del diritto.
Nelle aziende con meno di 15 dipendenti, è possibile rivendicare even- tuali differenze sugli istituti contrattuali e di legge cumulate durante tutto il periodo di lavoro, entro cinque anni dalla cessazione del rap- porto di lavoro;
Le differenze nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), vanno rivendicate entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
CONTRASTO AL MOBBING
I comportamenti violenti sul posto di lavoro attraverso atti, parole, gesti, scritti vessatori, persecutori lesivi dei valori di dignità, che arre- xxxx offesa alla dignità e integrità psico-fisica di una persona fino a mettere in pericolo l’impiego, o di degradare il clima azienda si confi- gurano a tutti gli effetti come mobbing.
Per la giurisprudenza prevalente gli elementi essenziali del Mobbing sono:
1) l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico;
2) la sua frequenza, sistematicità e durata nel tempo;
3) il suo andamento progressivo;
4) le conseguenze patologiche gravi che ne derivano per il lavoratore. Questi comportamenti vessatori vanno contrastati con decisione. Dal punto di vista penale manca il reato di mobbing e c’è una certa difficoltà nel perseguirla. Tale difficoltà non esiste nel campo della giustizia civile dove le cause di risarcimento del mobbing trovano una solida base giu- ridica nella giurisprudenza della Cassazione e dei tribunali civili.
Il lavoratore, per ottenere il risarcimento da mobbing, è bene che si faccia assistere dalla Cub; deve dimostrare il collegamento della ma- lattia con una pluralità di comportamenti persecutori posti in essere
dal datore di lavoro al fine di isolarlo psicologicamente e fisicamente (danno da mobbing).
Il datore di lavoro risponde del danno da mobbing (vale a dire l'ag- gressione alla sfera psichica del lavoratore) ex art. 2087 c.c., anche se materialmente poste in essere da colleghi pari grado della vittima.
Il datore di lavoro è obbligato a risarcire al dipendente il danno biolo- gico conseguente a una pratica di mobbing posta in essere dai colle- ghi di lavoro, ove venga accertato che il superiore gerarchico, pur essendo a conoscenza dei comportamenti scorretti posti in essere da questi ultimi, non si sia attivato per farli cessare.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Tutele in costanza del rapporto di lavoro.
La cassa integrazione guadagni. La riduzione parziale o to- tale dell’orario di lavoro decisa dall’azienda dà luogo, a seguito di una apposita procedura, all’intervento della cassa integrazione guadagni. L’integrazione salariale non può avere una durata superiore a 36 mesi di un quinquennio.
Dopo la legge Fornero, restano attive la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria per crisi e ristrutturazione e i contratti di solidarietà. E’ abolita la cassa straordinaria per cessazione di attività e/o connessa a procedure fallimentari e, dal 2017, la cassa in deroga, con finan- ziamenti dalla fiscalità generale.
L’abolizione della Cigs per cessazione di attività riduce i tempi delle tu- tele per i lavoratori dai precedenti 12 o 24 mesi, ai 12 mesi di Aspi ele- vabili a 18 in caso siano ultra 55enni.
L’ “ampliamento” della platea dei beneficiari la cassa integrazione è li- mitato ad una serie di settori (attività commerciali e turistiche con più di 50 dipendenti, imprese di vigilanza con più di 15, trasporto aereo e sistema aeroportuale) per i quali ogni anno veniva finanziata la deroga. Per i settori non coperti dalla cigs e solo per aziende con più di 15 di- pendenti, la cassa integrazione in deroga sarà sostituita da fondi di solidarietà bilaterali costituiti presso l’Inps. Detti fondi obbligatori, (isti- tuiti entro il 2013 con accordi tra sindacati e imprese, o in assenza di accordo, dallo stato in forma residuale) daranno tutele diverse a se- condo dei settori e della contrattazione; lavoratrici e lavoratori di im- prese con meno di 15 addetti che finora hanno utilizzato la cassa in deroga restano con la sola protezione dell’Aspi.
Finora la cassa in deroga era finanziata dalla fiscalità generale per il 60% e con fondi europei da parte delle Regioni per il restante 40%.
I fondi, ampliano il modello della bilateralità con l’obiettivo di trasferire parti crescenti del welfare dalla garanzia e gestione pubblica a quella bilaterale di imprese e sindacati, privatizzando il welfare e mutando anche per questa via il ruolo delle organizzazioni sindacali. L’aboli- zione della cassa in deroga non diventa quindi occasione per istituire strumenti generali a carico della fiscalità generale ma serve a cancel-
lare il contributo pubblico al sostegno al reddito ed affermare il mec- canismo assicurativo.
Se si ripete l’esperienza dei Fondi interprofessionali per la formazione continua, della previdenza complementare e dei Fondi sanitari inte- grativi avremo un ricco proliferare di istituzioni come esaltazione mas- sima del “fai da te” corporativo e l’archiviazione di ogni tendenza alle soluzioni generali e solidaristiche.
CIG ordinaria. Corrisposta ad operai, impiegati e quadri sospesi o a orario ridotto per eventi transitori non imputabili all’azienda oppure per situazioni di crisi temporanee di mercato.
Durata: 13 settimane continuative; eccezionalmente può essere pro- rogata di tre mesi in tre mesi fino ad un massimo di 52 settimane nel biennio.
Dalla cassa integrazione ordinaria sono esclusi gli apprendisti, gli au- tisti dipendenti, i lavoratori a domicilio, i dirigenti.
Imprese ammesse: imprese del settore industriale, cooperative che eser- citano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici
CIG straordinaria. Corrisposta a operai, impiegati e quadri com- presi i lavoratori con contratto a tempo determinato o part-time con anzianità aziendale di almeno 90 giorni per:
1. ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale, con du- rata massima di 2 anni più 2 eventuali proroghe di 12 mesi ciascuna
2. crisi aziendale, per un massimo di 1 anno salvo proroga di sei mesi
Imprese ammesse: Imprese industriali, edili ed affini, cooperative agricole, imprese appaltatrici di servizi mensa e ristorazione, imprese appaltatrici di servizi di pulizia, imprese dei settori ausiliari del servi- zio ferroviario, imprese artigiane dell'indotto comprese edili ed affini, che occupano più di 15 dipendenti. Imprese commerciali con più di 50 dipendenti.
L'integrazione salariale dovrebbe essere dell'80% della retribuzione globale (comprensiva delle mensilità aggiuntive). Nei fatti è molto in- feriore poiché l’importo massimo della integrazione salariale viene fis- sato annualmente dal governo.
Cig in deroga. La cassa integrazione guadagni in deroga è un so- stegno per operai, impiegati e quadri sospesi dal lavoro che non hanno accesso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, compresi apprendisti, somministrati/interinali e lavoratori a domi- cilio o che hanno esaurito quella ordinaria e/o straordinaria. La durata della Cig in deroga può essere al massimo di 12 mesi (prima richiesta massimo 6 mesi). L’indennità, pari all’80% della re- tribuzione (fino al raggiungimento dei massimali INPS), sarà erogata dall’Inps. Sarà soppressa dal 2016 e sostituita da fondi bilaterali.
Le modalità di sospensione saranno di due tipologie: a zero ore la-
vorative settimanali o a riduzione parziale dell’orario di lavoro. Per be- neficiarne si deve aver lavorato almeno 90 giorni anche non conse- cutivi presso l’azienda che richiede la CIG; per i lavoratori somministrati il limite minimo è di 40 giornate anche non consecutive.
Valore indennità di Cig
’importo massimo 2013 legge n° 427/80, erogato per 12 mesi, : Retribuzioni riferimento Importo lordo Importo netto* Per retribuzioni fino a € 2.075,21 959,22 € 903,20€ Per retribuzioni oltre € 2.075,21 1.152,90 € 1.085,57 €
*Sull'integrazione salariale viene effettuato un prelievo del 5,84% quale all’aliquota contributiva ridotta.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
quando cessa il rapporto di lavoro.
Mobilita’. Tutele in caso di cessazione del rapporto di lavoro. E’ abolita l’indennità di mobilità e le diverse forme di indennità di disoc- cupazione (ordinaria non agricola, a requisiti ridotti, speciale edile) che confluiranno nell’ASPI e nella mini Aspi.
L’eliminazione della mobilità comporta una riduzione pesante della du- rata del sostegno al reddito. Fino ad oggi le lavoratrici e i lavoratori che usufruivano della mobilità erano coperti per un periodo di 12 mesi, elevato a 24 per i lavoratori da 40 a 50 anni, e a 36 per gli ultracin- quantenni, nel centro nord. Per i lavoratori delle aziende ubicate a sud le coperture, sempre in relazione all’età dei lavoratori, andavano in- vece da 24 a 36 a 48 mesi.
La diminuzione dei tempi diventa è Centro- Nord ancora più pesante se la mobilità avesse fatto seguito alla cigs. Fino a 4 anni in meno, che diventano 5 in una regione del Sud come la Campania.
Dunque in una regione del centro nord con l’abolizione della cigs per cessazione di attività e/o per procedure fallimentari e con l’abolizione della mobilità il periodo di tutela si riduce da 24/60 mesi ai 12 mesi dell’Aspi elevabili a 18 per gli ultracinquantacinquenni.
L'indennità di mobilità spetta ai lavoratori licenziati per riduzione di personale, trasformazione o cessazione di attività ammesse alla CIGS o con più di 15 dipendenti che non rientrano nell'ambito di ap- plicazione della CIGS, per le imprese commerciali il limite occupa- zionale è di 50 dipendenti. Il suo valore, uguale all’indennità di cigs per il primo anno e si riduce del 20% dal secondo anno e viene cor- risposto per 12 mensilità all’anno.
Il lavoratore deve avere un'anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui 6 di lavoro effettivamente prestato. I periodi di mobilità sono utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e ai fini della determi- nazione della misura della pensione stessa.
Durata. Il periodo di erogazione dell'indennità di mobilità varia in re- lazione all'età del lavoratore, all'ubicazione dell'unità produttiva inte- ressata dai licenziamenti e all'anzianità aziendale. A partire dal 2014
inizia la fase transitoria che porterà alla cancellazione dell’istituto ed all’applicazione dell’ASPI.
Centro-Nord Età e numero di mesi di copertura
2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | |
Fino a 39 | 12 | 12 | 12 | 12 | 12 |
Da 40 a 49 | 24 | 24 | 18 | 12 | 12 |
Da 50 a 54 | 36 | 36 | 24 | 18 | 12 |
55 ed oltre | 36 | 30 | 24 | 18 | 18 |
Sud e isole Età e numero di mesi di copertura
2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | |
fino a 39 | 24 | 18 | 12 | 12 | 12 |
40 - 49 | 36 | 30 | 24 | 18 | 12 |
50 - 54 | 36 | 42 | 36 | 24 | 12 |
55 e oltre | 48 | 42 | 36 | 24 | 18 |
Il periodo di erogazione dell'indennità di mobilità non può superare l'anzianità aziendale, maturata dal lavoratore presso l'azienda.
In presenza di particolari requisiti di età e di contribuzione, l’indennità di mobilita viene prolungata fino al conseguimento della pensione ("mobilità lunga").
L'indennità viene sospesa quando il lavoratore viene assunto a tempo determinato o a tempo parziale e decade in caso di assunzione a tempo indeterminato o al diritto alla pensione.
Ricevuta la comunicazione di licenziamento il lavoratore deve pre- sentare domanda all' INPS, entro 68 giorni.
Erogazione. L'indennità viene pagata ogni mese direttamente dal- l’INPS.
Può essere corrisposta in un unica soluzione se il lavoratore ne faccia richiesta per intraprende un'attività autonoma o si associa in cooperativa.
IL CONTRATTO DI SOLIDARIETÀ.
Il Cds è finalizzato al mantenimento della occupazione mediante la ri- duzione dell’orario “al fine di evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza di personale”
L’integrazione salariale prevista per contratti di Solidarietà:
- L’ 80% per gli anni 2009-2010 della retribuzione persa a seguito della riduzione di orario
- Non è soggetta all’applicazione dei massimali previsti dalle inte- grazioni salariali
- Non comprende gli aumenti da accordi aziendali nei 6 mesi antece-
denti il c.d.s.; comprende invece gli eventuali aumenti aziendali suc- cessivi alla stipulazione del cds.
Come agisce sugli istituti:
- TFR: la quota relativa alle ore non lavorate è interamente a carico dell’INPS.
- Malattia: la malattia verrà pagata al 80% per le ore perse.
- Malattia, ferie e permessi spettano per intero, la retribuzione per le ore non lavorate è l’80% della retribuzione normale. Inoltre: I contributi a carico del lavoratore sono pari al 5,84% quindi in realtà l’integra- zione è superiore al 80%)
Pagamento diretto: Il trattamento è, generalmente, anticipato dal- l’azienda. E’ previsto a richiesta il pagamento diretto analogamente a quanto previsto dalla c.i.g.s.
ASPI (Disoccupazione ordinaria)
Requisiti di accesso: anzianità assicurativa di almeno 2 anni e 52 settimane di contribuzione nell'ultimo biennio.
Durata: 12 mesi per lavoratori con età fino a 54 anni e di 18 mesi da 55 anni in poi.
Importo: 75% fino alla retribuzione di 1.150 euro (rivalutati annual- mente sulla base dell’indice dei prezzi FOI), 25% per la parte di retri- buzione superiore a 1.150 € e fino al massimale di 1.119,32 euro; Abbattimenti: 15% dell’indennità in meno dopo i primi 6 mesi e un ulteriore 15% in meno dopo altri 6 mesi
Retribuzione di riferimento: legata all’intero periodo biennale di con- tribuzione.
L’Aspi si applica alla stessa platea cui si applicava la disoccupazione, le sole tipologie a cui viene estesa rispetto alla vecchia indennità di di- soccupazione, sono gli apprendisti e gli artisti.
Viene pagata mensilmente dall'Inps con un assegno.
Come cambia lla durata dell’assegno dal 2013 al 2016, termine della transizione:
2013 | 2014 | 2015 | 2016 | |
fino a 50 anni | 8 mesi | 8 mesi | 10 mesi | 12 mesi |
50 - 54 anni | 12 mesi | 12 mesi | 12 mesi | 12 mesi |
55 e oltre | 12 mesi | 14 mesi | 16 mesi | 18 mesi |
Resta fuori tutto il falso lavoro autonomo, i para-subordinati, e gran parte del lavoro dipendente a tempo determinato. L’Aspi è esclusa per le partite IVA, l’associazione in partecipazione, il lavoro a progetto, i voucher, il lavoro a chiamata. Per I lavoratori a tempo determinato e per il lavoro precario, il doppio requisito dei due anni di iscrizione al- l’Inps e delle 52 settimane di contributi versati nel biennio, restano in larga parte soglie irraggiungibili. Per questi ci sarà la mini Aspi.
Per i collaboratori a progetto viene resa strutturale l’una-tantum già prevista, una sorta di “mancia” con requisiti di accesso iper-selettivi.
MINI ASPI (Disoccupazione con requisiti ridotti)
Dal 1° gennaio 2013 è’ riconosciuta ai lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti ed i soci di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato, con almeno 13 settimane di contribuzione versata negli ultimi 12 mesi. La mini- ASpI (di importo uguale all’ASpI,) è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribu- zione dell’ultimo anno, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel periodo. In caso di rioccupazione con lavoro subordinato la mini ASpI è sospesa d’ufficio al massimo per 5 giorni e l’indennità ri- prende al termine della sospensione.
L’ASSEGNO PER IL NUCLEO FAMILIARE
È una prestazione a sostegno delle famiglie con redditi inferiori a de- terminati limiti, stabiliti ogni anno dalla legge. Spetta a tutti i lavora- tori dipendenti, ai disoccupati che percepiscono l’indennità di disoccupazione, ai lavoratori in mobilità, ai cassintegrati, ai soci di cooperative, ai pensionati.
Dal 1° gennaio 1998 spetta anche ai lavoratori parasubordinati, a co- loro cioè che sono iscritti alla gestione separata (legge 335/1995).
Sono esclusi i lavoratori autonomi dell’agricoltura e i pensionati ex la- voratori autonomi, ai quali invece spetta il vecchio “assegno familiare. Spetta al nucleo familiare composto da:
- il richiedente dell'assegno
- il coniuge non legalmente separato
- i figli (legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente rico- nosciuti o giudizialmente dichiarati, nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge, affidati a norma di legge)
- i figli maggiorenni inabili che si trovano, per difetto fisico o mentale, nella assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un lavoro
- i nipoti, di età inferiore ai 18 anni, a carico di un ascendente diretto (nonno o nonna) che siano in stato di bisogno e siano mantenuti da uno dei nonni.
Possono far parte del nucleo familiare anche i fratelli, le sorelle ed i ni- poti collaterali del richiedente (figli di fratelli e sorelle, minori di età o maggiorenni inabili, a condizione che non abbiano diritto alla pensione ai superstiti e che siano orfani di entrambi i genitori).
Per il diritto all’assegno il nucleo familiare deve avere un reddito com- posto per almeno il 70%, da lavoro dipendente o da prestazione deri- vante da lavoro dipendente (pensione, indennità di disoccupazione, indennità di maternità, indennità di malattia ecc).
La domanda di assegno per il nucleo familiare deve essere presentata:
- all’azienda dalla generalità dei lavoratori dipendenti
- direttamente alla sede Inps da pensionati, lavoratori dipendenti in distacco sindacale o di aziende fallite o cessate; dai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari; dai lavoratori agricoli dipendenti; dai la- voratori parasubordinati.
La domanda può anche essere presentate tramite i Patronati che, per legge, offrono assistenza gratuita, oppure inviata per posta.
Alla domanda deve essere allegata autocertificazione in sostitu- zione dello stato di famiglia.
Il diritto agli arretrati si prescrive trascorsi 5 anni dalla maturazione del diritto stesso.
LAVORATORI IMMIGRATI - DETRAZIONI PER CARICHI FAMILIARI
I lavoratori immigrati, per fruire delle riduzioni delle tasse per i fami- liari non residenti in Italia, devono presentare all’azienda la documen- tazione anagrafica validamente emessa nel Paese di origine, tradotta in italiano e vidimata dal Consolato italiano nel Paese di origine.
Per i familiari residenti in Italia, deve essere consegnata all’Azienda la certificazione dello stato di famiglia rilasciato dagli uffici comunali.
MATERNITÀ
In caso di maternità, la lavoratrice ha diritto all’astensione obbligato- ria per 2 mesi precedenti la data presunta del parto e a 3 mesi dopo il parto. Il diritto all’astensione obbligatoria spetta anche alle lavoratrici a domicilio e alle colf.
Ferma restando la durata dell’astensione obbligatoria di 5 mesi, è possi- bile utilizzare il periodo in modo flessibile ( esempio: un solo mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto).
Qualora il parto avvenga in anticipo rispetto alla data presunta, si pos- sano aggiungere ai 3 mesi post-partum i giorni di astensione obbliga- toria non goduti prima del parto, nel limite massimo di 5 mesi.
Trattamento economico.Le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione media globale percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile precedente a quello in cui ha avuto inizio l’astensione obbligatoria, comprensiva di tredice- sima, premi ecc.
Alcuni contratti prevedono l’integrazione a carico dell’azienda fino al 100% del salario.
Il periodo di astensione obbligatoria è considerato utile sia per il diritto che per la misura di tutti i trattamenti pensionistici.
Adempimenti della lavoratrice. Prima dell’inizio dell’astensione ob- bligatoria, la lavoratrice deve presentare all’azienda e all’INPS (o al- l’Ente presso cui è assicurata) il certificato medico di gravidanza indicante, il mese di gestazione (alla data della visita) e la data pre- sunta del parto.
Astensione obbligatoria anticipata. La lavoratrice può chiedere alla Direzione provinciale del lavoro, l’astensione anticipata dal lavoro fin
dall’inizio della gravidanza nei seguenti casi: gravi complicazioni della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possono aggravarsi con lo stato di gravidanza;
- se le condizioni di lavoro o ambientali siano da ritenersi pregiudizie- voli alla salute della donna e del bambino;
- quando la lavoratrice non può essere spostata a mansioni meno di- sagevoli.
Riposi giornalieri. Alle lavoratrici madri, durante il 1° anno del bam- bino spettano 2 permessi retribuiti di riposo di 1 ora, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è di un’ora se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore.
Astensione facoltativa. L’astensione facoltativa spetta ad entrambi i genitori, fino al compimento degli 8 anni del bambino, per un periodo complessivo di 10 mesi, continuativi o frazionati; ogni genitore non potrà superare i 6 mesi di fruizione (ad es. se la madre fruisce di 6 mesi, il padre ne potrà fruire di 4).
Il padre ha diritto all’astensione facoltativa anche se la madre non ne ha diritto (perché è disoccupata, colf, lavoratrice a domicilio), e se il padre fruisce di tale diritto per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi, il suo limite di 6 mesi diventa di 7 mesi e il limite massimo complessivo di fruizione tra i due genitori diventa di 11 mesi (7 mesi x il padre, e 4 mesi x la madre).
Adempimenti della lavoratrice o del lavoratore. Il lavoratore o la lavoratrice devono preavvisare per iscritto il proprio datore di lavoro 15 giorni prima dell’inizio dell’astensione. Termini diversi possono essere previsti dai CCNL.
Misura dell’indennità. L’indennità per astensione facoltativa compete per un periodo complessivo di 6 mesi, nella misura del 30% della re- tribuzione (media globale giornaliera del mese precedente l’asten- sione obbligatoria, esclusi i ratei delle mensilità aggiuntive e degli eventuali premi) fino al compimento del 3° anno.
Per i periodi di fruizione oltre ai 6 mesi e per quelli successivi al compimento del 3° anno del bambino fino al compimento dell’8°anno di età, la suddetta indennità compete soltanto se il red- dito personale del richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione.
Il periodo di astensione facoltativa di sei mesi retribuito al 30%, utilizzato entro il 3° anno del bambino è coperto da contribuzione figurativa valida per le prestazioni pensionistiche.
Permessi per malattia del bambino. Durante le malattie del bam- bino entrambi i genitori fino al compimento dell’8° anno di età possono assentarsi alternativamente dal lavoro senza retribuzione.
Fino al compimento del 3° anno di età del bambino non si prevedono li- miti temporali di fruizione, dai 3 anni agli 8 è previsto il limite di 5 giorni al- l’anno per ciascun genitore.
La malattia del figlio deve essere certificata da un medico specialista del SSN o convenzionato.
Fino al compimento del 3° anno di età del bambino i periodi di asten-
xxxxx dal lavoro per malattia del figlio sono coperti da contribuzione fi- gurativa. Il ricovero ospedaliero del figlio interrompe il decorso delle ferie del genitore.
Figli in adozione o affidamento. I lavoratori che adottano bambini fino a 6 anni per adozioni nazionali e superiori a 6 anni per quelle internazionali, possono fruire dell’astensione obbligatoria e dell’in- dennità conseguente nei 3 mesi successivi all’ingresso del bambino in famiglia.
Per quanto attiene alle norme sull’astensione facoltativa, i genitori possono astenersi dal lavoro qualora all’atto dell’adozione o del- l’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra 6 e 12 anni, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore stesso nel nucleo familiare.
PERMESSI PER PORTATORI DI HANDICAP E PER CHI LI ASSISTE
Genitore con figlio gravemente disabile o che assiste un familiare o af- fine (entro il 3° grado) gravemente disabile, o il lavoratore o la lavora- trice con grave disabilità, hanno diritto a non essere trasferiti ad altra sede lavorativa senza il loro consenso e/o a scegliere la sede di lavoro più vicina al luogo di residenza della persona a cui si presta assistenza. Permessi fino al 3° anno di vita del bambino disabile. Genitori con figlio, anche adottivo, con handicap, hanno diritto al prolungamento del congedo parentale fino a tre anni di età del bambino o, in alterna- tiva, ad un permesso giornaliero retribuito di due ore.
Permessi dopo il 3° e fino al 18° anno di vita del disabile. I geni-
xxxx, in alternativa tra di loro, hanno diritto a tre giorni di permesso men- sile retribuito e accreditato figurativamente, frazionabili in ore.
Permessi dopo il 18° anno di vita del disabile. I genitori di figli di- sabili maggiorenni hanno diritto alternativamente a tre giorni di permesso retribuito, anche continuativi nel mese.
Nel caso in cui il figlio disabile convive con i genitori, il diritto ai tre giorni di permesso per il genitore lavoratore richiedente prescinde dalla condizione che la madre sia lavoratrice o che non vi sia altra per- sona in grado di prestare assistenza.
Permessi per assistere un familiare o affine entro il 3° grado. Il lavoratore o la lavoratrice che assistono un familiare o affine entro il 3° (ivi compreso il coniuge) hanno diritto ad un permesso di 3 giorni al mese. Il permesso è retribuito ed utile per il trattamento pensionistico. Può essere frazionato in permessi orari. Non è richiesta la convivenza con il familiare disabile ma l’assistenza per essere continua deve avere il carattere della sistematicità e dell’adeguatezza.
Permessi per il lavoratore disabile. Il lavoratore affetto da grave di- sabilità ha diritto: a tre giorni di permesso mensile retribuito o a due ore di permesso giornaliero (con orario di lavoro superiore alle 6 ore quotidiane) o a un'ora di permesso giornaliero (orario di lavoro è pari o inferiore alle 6 ore)
Trattamento di fine rapporto ( tfr )
Il lavoratore ha diritto, per ciascun anno di servizio ad un accantona- mento pari alla retribuzione annua lorda diviso 13,5. Il tfr spetta per ogni frazione di mese compreso il periodo di prova. Il TFR deve essere corrisposto alla cessazione del rapporto di lavoro.
Dall’importo del tfr viene detratto lo 0,5% calcolato sulla retribu- zione imponibile lorda per finanziare il fondo istituito presso l’inps per la garanzia del tfr in caso di fallimento dell’azienda.
A fine di ogni anno l’azienda rivaluta gli accantonamenti degli anni pre- cedenti con una percentuale fissa dell’1,5% più il 75% dell’inflazione rilevata dall’Istat.
Il lavoratore ha diritto di chiedere un'anticipazione non superiore al 70% del TFR maturato a condizione che: abbia un'anzianità di servi- zio di almeno 8 anni; le richieste rientrino entro i limiti annui del 10% degli aventi diritto e comunque del 4% del numero totale dei dipen- denti; sia giustificata dalla necessità di onerose spese sanitarie o per l'acquisto della prima casa di abitazione; l'anticipazione può essere chie- sta soltanto una volta sola nel corso dello stesso rapporto di lavoro.
A partire dal 2004 governo, cgil, cisl e uil, dopo avere tagliato le pen- sioni, hanno deciso di scippare il tfr ai lavoratori con il silenzio assenso per dar vita alla previdenza complementare. Le ragioni della previ- denza complementare vanno ricercate in interessi politici ed economici del mondo finanziario banche, assicurazioni, gestori, cgil,cisl,uil che hanno puntato ad appropriarsi del TFR dei lavoratori.
Contro lo scippo del tfr la Cub ha sviluppato una intensa e articolata campagna; con il tfr ai fondi pensione i lavoratori rinunciano ad un ren- dimento sicuro per uno a rischio e non prevedibile.
La Cub propone ai lavoratori di non regalare il Tfr ai fondi, alla borsa, alla speculazione ed agli affaristi ma di rivendicare il rilancio della pre- videnza pubblica.
Anche in virtù di questa battaglia lo spostamento del tfr alla previdenza integrativa è sostanzialmente fallito; la Cub continua la battaglia per impedire lo scippo del tfr ai nuovi assunti e per consentire a chi ha aderito ai fondi di poterne uscire riportando il tfr in azienda.
LA CERTIFICAZIONE ANNUALE DELLA RETRIBUZIONE (CUD)
L’azienda certifica annualmente al lavoratore attraverso il modello Cud che viene consegnato entro marzo:
- La retribuzione ai fini fiscali e le tasse (Irpef) trattenute.
- La retribuzione lorda ed i contributi previdenziali trattenuti, le setti- mane coperte da contributi, le settimane coperte da contributi figura- tivi (malattia, cig, infortuni ecc)
- L’ammontare del tfr accantonato
Il modello Cud è un documento essenziale, da conservare, in quanto certifica il pagamento delle tasse ed è indispensabile per compilare il 730 o unico se necessario.
LA RETRIBUZIONE DI RIFERIMENTO PER IL CALCOLO DELLE TRATTENUTE PREVIDENZIALI ED ASSISTENZIALI.
Costituiscono reddito da lavoro dipendente, e vanno assoggettate a contribuzione, tutte le somme ed i valori, a qualunque titolo percepiti anche sotto forma di erogazioni liberali, per il rapporto di lavoro.
Sono escluse dalla base imponibile ai fini contributivi: tfr, incentivi al- l’esodo, malattia, infortunio maternità, cigs e salario derivante da ac- cordi aziendali soggetto a decontribuzione e i ticket.
Il salario aziendale legato alla produttività, qualità, andamento econo- mico dell'impresa non é soggetto a trattenute previdenziali per il lavo- ratore e è assoggettato ad un contributo ridotto al 25% a carico dell’azienda con un importo non superiore al 3% della retribuzione annua
CONTRIBUTI PER LE PRESTAZIONI PREVIDENZIALI ED ASSI- STENZIALI A CARICO DELL’AZIENDA E DEL LAVORATORE.
La busta paga riporta i contributi a carico del lavoratore trattenuti e successivamente versati dall’azienda agli istituti previdenziali per pen- sione, malattia, maternità, assegni familiari, cassa integrazione, mo- bilità e disoccupazione. L'entità di queste trattenute è definita per legge.
Aliquote contributive in vigore dal 1° gennaio 2013.
Industria in genere con oltre 50 dipendenti.
Operai Impiegati
% %
A carico del lavoratore totale 9,49 9,49 Cosi ripartite:
Fondo pensioni | 9,19 | 9,19 |
Cassa integrazione guadagni s.ria(cigs) | 0,30 | 0,30 |
A carico dell’azienda totale 31,38 29,16 Cosi ripartite:
fondo pensioni 23,31 23,31
disoccupazione 1,61 1,61
contributo assegno nucleo familiare 0,68 0,68
cassa integrazione guadagni ordinaria 2,20 2,20
cassa integrazione guadagni straordinaria 0,60 0,60
contributo mobilità 0,30 0,30
Contributo indennità malattia 2,22
Contributo indennità maternità 0,46 0,46
LE TRATTENUTE FISCALI
Oltre alle trattenute previdenziali ed assistenziali, sulla retribuzione del lavoratore dipendente l’azienda provvede a calcolare, trattenere e versare allo stato, le tasse per conto del proprio dipendente.
Le tasse vengono calcolate sulla cosiddetta "retribuzione imponibile" che è quella al netto delle trattenute previdenziali ed assistenziali.
Il salario derivante da accordi finalizzati all’aumento della produttività, entro un massimo di 6.000€ , e per quanti hanno un reddito massimo di 35.000 €, è tassato al 10%.
Se possiede anche altri redditi o può far valere spese deducibili ( mutuo, spese mediche, scolastiche ecc.), dovrà provvedere alla di- chiarazione dei redditi con modello 730 o Unico.
La detassazione di straordinari e premi. Per il 2013 agli ac- cordi aventi come obiettivo maggior produttività, si applica la tassa- zione al 10% (a fronte delle aliquote ordinarie previste che vanno dal 23% al 43%) per tutto l’anno.
Per accede all’agevolazione di reddito di lavoro dipendente utilenon deve superare 40.000 euro del 2012 e l’importo detassato inferiore a 2.500€ annui.
CHE COSA È LA BUSTA PAGA
Il diritto alla retribuzione e alla busta paga decorre dall’assunzione. L’azienda deve comunicare per iscritto al lavoratore, tutte le condizioni stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato (luogo di lavoro, inizio rapporto di lavoro, periodo di prova, durata del rapporto, inquadramento, livello, qualifica, retribuzione, orario di lavoro, ferie ecc) entro 30 giorni dall’assunzione.
Questo documento deve essere sempre conservato dal lavoratore. La busta paga è il prospetto che indica, nel dettaglio, la somma che il lavoratore percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro.
L'azienda ha l'obbligo (previsto dalla legge 5 gennaio 1953, n° 4) di consegnare, assieme alla retribuzione, un prospetto paga in cui deve chiaramente indicare tutti gli elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e la paga netta.
La busta paga esprime l'insieme dei rapporti tra lavoratore e:
1) Azienda (la paga vera e propria)
2) Enti previdenziali (esempio: ritenute inps per il fondo pensioni).
3) Stato (le imposte)
La busta paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di la- voro o di chi ne fa le veci. Al ricevimento della busta paga, occorre ve- rificare che l’importo corrisposto, sia uguale alla retribuzione riportata sulla busta paga stessa.
La busta paga va controllata in tutte le sue voci e costituisce la base per poter rivendicare differenze sull’applicazione del contratto o degli accordi aziendali e/o individuali, per intraprendere azioni legali, poter richiedere un mutuo bancario e per l’accredito dei contributi pensioni- stici Inps. Pertanto la busta paga va conservata.
COME È COMPOSTA LA BUSTA PAGA
Oltre ai dati anagrafici, all'inquadramento professionale e al periodo di tempo a cui si riferisce la retribuzione, la busta paga contiene:
• Gli elementi della retribuzione;
• Le trattenute previdenziali
• Le trattenute fiscali
• L'assegno per il nucleo familiare
La retribuzione si compone di tre parti:
1. diretta, relativa al lavoro prestato dal lavoratore;
2. indiretta, dovuta a specifici istituti contrattuali (ferie, festività, 13°,altre mensilità, maternità, malattia, infortuni, cassa integrazione ecc.)
3. differita, quella parte di retribuzione che l’azienda accantona e che verrà consegnata al lavoratore al termine del rapporto di lavoro sotto il nome di Tfr o liquidazione.
GLI ELEMENTI DELLA RETRIBUZIONE
Paga base o minimo contrattuale. E' la retribuzione mi- nima prevista dai contratti collettivi nazionali di categoria per le diverse qualifiche.
Per conoscere quale è la propria paga base il lavoratore può fare ri- ferimento al contratto nazionale di lavoro e alla categoria attribuitagli al momento dell'assunzione dall'azienda (o quella acquisita successi- vamente) o a quella spettante per le mansioni effettivamente svolte.
Scatti di anzianità. Rappresentano quella parte della retribu- zione legata alla permanenza del lavoratore nella stessa azienda e nella stessa categoria professionale. Essi si calcolano in cifra fissa o in per- centuale sulla paga base più la contingenza (ma in alcuni casi solo sulla paga base) e sono regolamentati dai contratti di categoria.
Cottimo. Il cottimo o indennità di mancato cottimo è' l'istituto che lega parte della retribuzione al rendimento del singolo lavoratore o di un gruppo di lavoratori.
Compenso per lavoro straordinario, festivo, not- turno e a turni. Il prolungamento dell'orario di lavoro oltre il li- mite (giornaliero o settimanale) previsto dal contratto o il lavoro su
turni, festivo o notturno vengono retribuiti con la maggiorazione della retribuzione prevista dai contratti nazionali.
Salario aziendale. E' la parte di salario contrattato in azienda, varia da azienda ad azienda. Può essere:
- collettivo: (es. premio di produzione, 3°elemento, premio feriale ecc.)
- legato alla presenza;
- variabile o su obiettivi concordati a livello di contrattazione aziendale.
- superminimo individuale; molto spesso assorbibile in caso di pas- saggio di categoria
Indennità Mensa ed indennità mensa. Si è consolidato negli anni del dopoguerra il diritto dei lavoratori alla mensa con costo a carico dell’azienda. La mensa è gestita direttamente dall’azienda o affidata a terzi.
Negli ultimi anni dove non esiste il servizio mensa viene corrisposto un ticket.
Laddove esiste il servizio mensa, in caso di mancato utilizzo per fe- stività, malattia, infortuni, ferie ecc, al lavoratore spetta l’indennità mancata mensa con un valore definito a livello provinciale.
Secondo la legge n. 359 del 1992 l'importo della mancata mensa, non fa parte della retribuzione e non incide su nessun istituto.
Il valore convenzionale della mensa è utile ai fini del calcolo dei con- tributi di previdenza e di assistenza.
Altre indennità. I contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono indennità: per disagiata sede, di alta montagna o sottosuolo, di cassa, ecc.
Indennità di contingenza. Con l'accordo del 31 luglio 1992 tra Governo, Confindustria e cgil-cisl-uil, è stato abolito il sistema di indi- cizzazione dei salari (la contingenza) all’aumento dei prezzi.
Infatti non si è dato luogo ad alcun incremento di contingenza dal mese di maggio 1992. Il valore in atto è quello vigente al momento dell’accordo e in alcuni contratti è stato conglobato nella paga base. Edr ( elemento distinto della retribuzione).L’accordo che abolisce la scala mobile prevede l’erogazione di una somma forfettaria di 10,33
€ mensili per 13 mensilità a copertura dell’intero periodo 1992/93. In alcuni contratti è conglobato in paga base.
Malattia. In caso di malattia il lavoratore deve:
- recarsi dal medico di base per il certificato medico; il medico invia il certificato all’Inps e gli rilascia n° protocollo.
- L'invio online effettuato all'INPS solleva il lavoratore dall'obbligo di
inviare l'attestazione di malattia all’azienda. Resta l'obbligo di informare l’azienda dell'assenza e dell'indirizzo presso il quale sarà reperibile per gli eventuali controlli medico-fiscali.
Durante la malattia il lavoratore deve essere reperibile presso il suo domicilio tutti i giorni della settimana dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00.
Il lavoratore in malattia deve comunicare all’azienda l’eventuale cam- bio del domicilio abituale (ossia il luogo dove si trova mentre è in malattia).
Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per un periodo de- terminato dalla legge, dai contratti collettivi, la cui durata dipende dal- l’anzianità o qualifica.
Decorso tale termine, in caso di gravi malattie, il lavoratore può ri- chiedere una aspettativa non retribuita; negli altri casi l’azienda può decidere il licenziamento con preavviso retribuito.
Il periodo di conservazione del posto va inteso in modo continua- tivo in caso di una unica malattia; in caso di più malattie il periodo va inteso come la somma delle singole assenze per malattia su un arco di tempo fissato dal contratto nazionale di lavoro (30/36mesi) Per l’assenza dal lavoro per malattia il lavoratore (operaio, sala- riato ed impiegato del terziario) ha diritto ad un'indennità giorna- liera a carico dell' INPS corrisposta dall’azienda.
Ad essa si aggiunge una integrazione economica a carico dell'azienda regolamentata dal contratto nazionale di lavoro
L'indennità economica a carico dell’Inps è prevista nelle seguenti misure della retribuzione media globale giornaliera:
primi tre giorni nessuna indennità; dal 4° al 20° giorno, 50%; dal 21°
al 180° giorno, 66,66%.
L’indennità economica agli impiegati dell’industria è corrisposta diret- tamente dall’azienda in base a quanto stabilito dal contratto nazionale. Le malattie insorte prima dell’inizio delle ferie non danno luogo al de- corso delle ferie ma al pagamento dell’indennità di malattia.
La malattia insorta durante le ferie ne sospende il decorso e la durata del periodo di prova e del preavviso.
Gli apprendisti sono esclusi dal trattamento economico dell’Inps e per- cepiscono le integrazioni previste dal contratto collettivo nazionale.
Infortunio. Tutti i lavoratori dipendenti sono obbligatoriamente assi- curati dall’azienda presso l’Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malat- tie professionali.
L'assicurazione ha lo scopo di garantire ai lavoratori dipendenti la ne- cessaria tutela fisica, sanitaria ed economica, in caso di infortunio sul la- voro e di malattia professionale.
Il lavoratore deve dare immediata notizia di qualsiasi infortunio che gli accada, anche se di lieve entità, all’azienda (dirigente o preposto).
L’azienda deve accompagnare l’infortunato presso l’ambulatorio Inail o un posto di pronto soccorso e registrare l’infortunio sul libro infortuni.
L’azienda è tenuta per legge a corrispondere al lavoratore assente per infortunio una integrazione all’indennità Inail fino a raggiungere il 100% della retribuzione netta che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato.
Durante l’infortunio non c'è l'obbligo di reperibilità al domicilio.
Orario di lavoro e riduzione dell’orario di lavoro.
L'orario normale di lavoro e' fissato in 40 ore settimanali.
L’azione rivendicativa sviluppata nella contrattazione nazionale e azien- dale ha conquistato riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario.
La riduzione dell’orario di lavoro può avvenire: a livello collettivo me- diante riduzione dell'orario giornaliero o settimanale, con chiusure col- lettive in occasione di ponti, con permessi individuali.
I contratti collettivi nazionali di lavoro stabiliscono l’entità delle riduzioni dell’orario di lavoro, la durata massima settimanale dell'orario di lavoro. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica.
Ex festività. La legge 5 marzo 1977, n°54 ha abolito 4 festività e disposto lo spostamento delle festività del 2 giugno e 4 novembre nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. In se- guito al ripristino della festività del 2 giugno resta spostata alla dome- nica solo il 4 novembre.
In sostituzione delle quattro festività abolite i lavoratori fruiscono di 4 gruppi di 8 ore di permessi collettivi individuali retribuiti, alla ex festività del 4 Novembre si applica il trattamento previsto per le festività cadenti in domenica.
Ferie. Il decreto legislativo n.° 66 del 2003 dispone che il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane ed introduce per la prima volta in Italia, in modo espresso, il divieto di monetizzare il periodo di ferie, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno.
Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, di durata inferiore all'anno, è sempre ammissibile la monetizzazione delle ferie.
Se non diversamente disposto dal contratto di categoria, si possono distinguere modalità di utilizzo delle ferie:
- almeno due settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione, su richiesta del lavoratore. Allo scadere dell’anno se il lavoratore non ha goduto del periodo feriale di due settimane continuative, l’azienda sarà passibile di sanzione.
- Le restanti settimane di ferie vanno utilizzate anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine della maturazione, salvi i periodi diversi stabiliti dalla contrattazione collettiva.
- Chi ha diritto a più di 4 settimane di ferie, potrà usufruirle anche in modo frazionato, ma entro il termine stabilito dai contratti.
Ogni mese di lavoro dà diritto ad un dodicesimo del totale delle ferie spettanti in un anno. Le ferie sono retribuite con la paga globale di fatto.
Tredicesima o gratifica natalizia. Viene erogata normal- mente nel mese di dicembre ed è ragguagliata ad una mensilità op- pure a 173 ore. La retribuzione utile per il pagamento della tredicesima è stabilita dai contratti collettivi.
Quattordicesima mensilità o premio feriale. Prevista da alcuni contratti collettivi (es. commercio) o dalla contrattazione aziendale.
Indennità vacanza contrattuale. In caso di mancato rin- novo del contratto nazionale, dopo 3 mesi dalla data di scadenza, ai la- voratori verrà corrisposto un aumento retributivo pari al 30% del tasso di inflazione programmato.
L’importo dopo 6 mesi di vacanza contrattuale passa al 50% del tasso di inflazione programmata. Comunque l'indennità di vacanza cessa di essere erogata dalla decorrenza dell'accordo di rinnovo del contratto.
Importantissimo
Una efficace tutela e miglioramenti della condizione lavorativa passano attraverso la presenza in ogni azienda di un gruppo di lavoratori orga- nizzati con la Cub.
Ogni lavoratore deve verificare la corretta applicazione da parte del- l’azienda del contratto nazionale di lavoro visionando il testo affisso in azienda o recandosi presso le sedi Cub.
Altre importanti informazioni si trovano nelle schede per argomento di- sponibili presso le sedi Cub e sul sito xxx.xxx.xx
COSA È LA CUB
La CUB nasce nella primavera dei '92 per iniziativa di numerosi lavo- ratori fortemente critici nei confronti di cgil-cisl-uil. Come lavoratori ci siamo resi conto da tempo di non avere più un sindacato, cioè un’or- ganizzazione che difenda i nostri interessi.
Viviamo in un paese in cui i sindacati sono cinghia di trasmissione dei partiti, dei governi. Eppure c'è un bisogno enorme di sindacato, di tu- tela dei nostri diritti, d'informazione.
Per questo motivo abbiamo costituito la Confederazione Unitaria di Base (CUB). La Confederazione Unitaria di Base (CUB) è il più im-
portante sindacato di base operante nel nostro paese è presente nel CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) i cui compo- nenti sono designati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri pren- dendo a base la rappresentatività.
La CUB organizza lavoratori dell’industria, dei servizi, del pubblico im- piego, inquilini e pensionati, ed è composta dai seguenti sindacati di base:
FLMUniti (metalmeccanici, telefonici, energia); FLAICA (commercio, industria alimentare, igiene urbana, pulizie, servizi), CUB-Sanità (Pub-
blica e Privata), ALLCA (chimici, farmaceutici, plastica, gomma), CUB- Scuola CUB P.I (Pubblico Impiego), CUB-Informazione, Cub Immigrazione, CUB-Pensionati, Fenalca, CUB-Tessili, CUB-Edili, CUB Trasporti, Cobas PT; SALLCA CUB-(Credito e Assicurazioni), Unione Inquilini.
La CUB vive esclusivamente del contributo versato dai lavoratori con I’iscrizione e dalle sottoscrizioni effettuate dai lavoratori in occasione d'iniziative o di utilizzo dei servizi.
Pratica la più completa autonomia dal padronato, dai governi e dai par- titi e caratterizza la sua iniziativa con una forte carica democratica af- finché siano sempre i lavoratori a decidere sulle questioni che li riguardano direttamente.
Assieme possiamo fare molto Se sei interessato alle nostre proposte, se condividi l’esigenza di costruire un forte sindacato di base, demo- cratico, che risponde solo ai lavoratori, non metterti tra i rassegnati, assieme possiamo fare molto
DOVE TROVI LA CUB:
• Sede nazionale: Xxxxxx X.xx Xxxxxxxxx 00 tel. 0000000000 e mail: xxx.xxxxxxxxx@xxxxxxx.xx xxx.xxx.xx xxx.xxxxxxxx.xx
• Nelle numerose sedi su tutto il territorio nazionale
I principali obiettivi rivendicativi della CUB:
• occupazione stabile e tutelata per tutti/e, contro il lavoro precario, la riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore a parità di salario e la creazione di lavori socialmente necessari
• integrazione al reddito per precari, lavoratori in cassa integrazione, di- soccupati e pensionati
• aumento del reddito a favore di lavoratori e pensionati attraverso un forte aumento del salario,adeguamento automatico di salari e pensioni all’aumento del costo della vita, contro lo scippo del Tfr
• la difesa e lo sviluppo del sistema previdenziale pubblico, della scuola, della sanità, dei servizi sociali, del territorio e dell'ambiente,
•il diritto dei lavoratori alla salute e alla sicurezza rispetto alla cen- tralità del profitto.
•il diritto alla casa, ad un affitto equo, la detrazione fiscale dagli affitti,
l'utilizzo dei fondi Gescal per il rilancio dell'edilizia pubblica e il recu- pero del degrado abitativo,
• il diritto dei lavoratori a decidere sugli accordi, la delegazione alle trattative, l'elezione democratica dei rappresentanti sindacali e la di- fesa del diritto di sciopero.
•tassazione dei grandi patrimoni, lotta all’evasione fiscale, taglio dra- stico delle spese militari.
INOLTRE LA CUB È:
•controllo busta paga, malattia/ infortunio, assistenza legale, recupero crediti da lavoro
•CAF di BASE( assistenza fiscale),
•assistenza previdenziale (Patronato)
•sportello salute, ambiente, sicurezza, infortuni, malattie professionali, ecc.,
•assistenza alla persone handicappate con La Lega per l’emancipa- zione degli handicappati
•sportello per i lavoratori immigrati,
•tutela ai consumatori con ACU (Associazione Consumatori Utenti)
•consulenza e assistenza legale su tutti i problemi della casa (affitti, sfratti ecc.)
Assieme possiamo fare molto. L'esigenza di bloccare il continuo peg- gioramento delle condizioni dei lavoratori, dei pensionati, delle pro- spettive per le nuove generazioni e la costruzione di una nuova stagione di miglioramenti richiederanno anni di lavoro e la disponibi- lità di molti a impegnarsi.
C'è bisogno del sostegno e dell'impegno diretto di tutti noi, da ritagliare nella giornata durante e fuori l’orario di lavoro: ogni giorno bastano 10 minuti di pensiero e pochi euro perché non aderire? Ciascuno può im- pegnarsi secondo le proprie disponibilità e capacità.
L’unità dei lavoratori e delle lavoratrici nella Cub è indispensabile per difendere diritti e dignità.
Milano 03-2013
Elaborato a cura dell’ufficio studi e dell’ufficio vertenze Cub