UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M. FANNO”
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, GIURIDICHE E STUDI INTERNAZIONALI
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA
PROVA FINALE
“IL CONTRATTO DI LEASING IMMOBILIARE ABITATIVO”
RELATORE:
XX.XX XXXX. XXXXXXX XXXXXXXX
LAUREANDO: XXXXX XXXXXXXXXX MATRICOLA N. 1115421
ANNO ACCADEMICO 2017 – 2018
1. CAPITOLO PRIMO:INQUADRAMENTO CIVILISTICO DEL LEASING 4
1.1. IL LEASING: ORIGINI E ATIPICITA’ 4
1.2. LE TIPOLOGIE DI LEASING 6
1.2.1. I due problemi giuridici del leasing finanziario e la distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento 6
1.2.2. Leasing finanziario e leasing operativo 7
1.2.4. Il leasing mobiliare e il leasing immobiliare 9
1.2.6. Il leasing internazionale 9
1.2.7. Il leasing al consumo 10
1.3. GLI INTERVENTI LEGISLATIVI 10
1.4. IL LEASING IMMOBILIARE ABITATIVO E LA DISCIPLINA APPLICABILE12 2. CAPITOLO SECONDO: FISIOLOGIA DEL CONTRATTO 14
2.7. DIRITTI E OBBLIGHI DELLE PARTI 19
3. CAPITOLO TERZO: PATOLOGIA DEL CONTRATTO 21
3.1. LA RISOLUZIONE CONSENSUALE 21
3.2. LA RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO 21
3.3. IL RILASCIO DELL’IMMOBILE 24
3.4. IL FALLIMENTO DELLE PARTI 25
4. CAPITOLO QUARTO: ISTITUTI A CONFRONTO 27
4.1. LA VENDITA CON RISERVA DI PROPRIETA’ 27
4.5. LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL LEASING ABITATIVO 30
INTRODUZIONE
Con la legge di Stabilità per il 2016, legge 28.12.2015 n. 208, il legislatore ha ampliato lo spettro degli strumenti finanziari che il cittadino può utilizzare per l’acquisto della propria abitazione, attraverso l’introduzione del leasing abitativo.
La normativa introdotta disciplina il contenuto civilistico del contratto e prevede numerose agevolazioni fiscali.
Il presente lavoro si articola in quattro capitoli, ed è volto a fornire un’analisi di questa tipologia di contratto, potenzialmente già disponibile in virtù dell’autonomia contrattuale ma sconveniente dal punto di vista impositivo, ora tipizzata e resa vantaggiosa fiscalmente in seguito alla disciplina introdotta.
Nel primo capitolo fornirò una breve descrizione storica del contratto di leasing e delle sue varie tipologie, per poi delineare il collocamento della previsione normativa del leasing abitativo lungo il filone legislativo conclusosi con la tipizzazione del contratto di locazione finanziaria contenuta nella legge n. 124 del 2017. Questa prima sezione si concluderà con l’analisi della disciplina applicabile al contratto in oggetto.
Il secondo capitolo esporrà nel dettaglio le caratteristiche fisiologiche del contratto, quali le parti, l’oggetto, la causa, struttura, forma e regime pubblicitario previsto. Sarà inoltre dato spazio ai diritti e obblighi delle parti.
Il terzo capitolo tratterà l’aspetto patologico del contratto, analizzando la risoluzione per inadempimento con particolare riferimento alle cause, gli effetti e la procedura di ricollocazione del bene. A chiusura dell’analisi patologica verrà inoltre analizzato il coordinamento della previsione normativa con la disciplina concorsuale in caso di fallimento delle parti.
Nel quarto e ultimo capitolo andrò a mettere a confronto alcuni contratti alternativi al leasing abitativo che sotto alcuni aspetti possono indurre ad una confusione tra fattispecie contrattuali, quali la vendita con riserva di proprietà, la locazione e il contratto di rent to buy.
Verrà inoltre presentata nel dettaglio una comparazione tra il leasing abitativo, lo strumento innovativo, e il mutuo ipotecario, strumento classico e da sempre il più usato per il finanziamento dell’acquisto degli immobili, sia in ottica civilistica che in quella fiscale, viste le nuove importanti agevolazioni introdotte.
1. CAPITOLO PRIMO:INQUADRAMENTO CIVILISTICO DEL LEASING
1.1. IL LEASING: ORIGINI E ATIPICITA’
Il leasing nacque tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, e si diffuse nella prassi come strumento contrattuale di finanziamento delle imprese che consentiva loro di reperire beni strumentali per l’attività produttiva senza il pieno impiego dei capitali necessari all’immediato acquisto.
L’operazione si strutturava come un contratto nel quale un’impresa finanziatrice acquistava un determinato bene secondo le indicazioni di un secondo soggetto, al quale lo avrebbe poi messo a disposizione1.
La sua ampia diffusione prese avvio inizialmente negli Stati Uniti d’America, dapprima nel settore immobiliare e, successivamente in quello mobiliare dei macchinari industriali, settore nel quale il leasing si affermò anche in Italia dove oggi, ormai largamente diffuso, viene chiamato con il termine “locazione finanziaria”.
Se in passato veniva considerato, secondo il postulato tecnico-aziendale, come “contratto di impresa”2, oggi la prassi ha esteso l’utilizzo del leasing finanziario anche per l’acquisto di beni non strumentali all’esercizio di una attività imprenditoriale o professionale. Ad esempio, con la nuova previsione normativa introdotta dalla legge n. 208/2015 all’art. 1 commi dal 76 al 81, è concesso al cittadino privato l’acquisto della “prima casa” tramite il c.d. leasing immobiliare abitativo.
L’operazione di locazione finanziaria veniva definita in dottrina “nominata”3, per effetto di una norma presente all’interno della legge n. 183 del 2 maggio 1976, oggi tra l’altro interamente abrogata. Alla suddetta legge, se ne sono poi accompagnate altre, che ne disciplinavano singoli aspetti senza però mai raggiungere una regolamentazione compiuta.
L’articolo 17 comma 2 della legge n. 183/1976 scriveva pertanto: “Per operazioni di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà per quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito.”
La struttura dell’operazione che ne derivava era chiara e pacifica quella locatizia. Al contrario, la questione relativa all’inquadramento civilistico del contratto creò non poche discussioni. La dottrina infatti, in seguito alla comparsa del leasing si divise in due posizioni concettuali di partenza: una parte sosteneva che per l’inquadramento del contratto fosse
1 G. F. Campobasso, L’intermediazione finanziaria, in Diritto Commerciale, Vol. 3, UTET, 2012, p. 145.
2 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, p. 20.
3 X. Xxxxxxxx, I contratti per il finanziamento dell’impresa. Mutuo di scopo, leasing, factoring, Giappichelli, Torino, 2002, cit., p. 181.
necessario ricorrere alla categoria del contratto atipico; dall’altra vi era chi riteneva possibile assimilare il rapporto in esame ad un contratto nominato, individuandolo alcuni nella locazione, altri nella vendita con riserva della proprietà, altri ancora nel mutuo, mantenendo sempre ferma la posizione comune nel vedere nello strumento la funzione di finanziamento4. La tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza, era quella che individuava nel contratto di leasing “un contratto avente natura complessa, che, sebbene riunisca in sé elementi di diversi contratti tipici già noti al nostro ordinamento, non può essere inquadrato (almeno direttamente) in nessuno di tali contratti. Trattasi, pertanto, di un contratto atipico, la cui regolamentazione è rimessa alla contrattazione delle parti nonché alle norme generali in materia di contratti”5.
Nel corso degli anni, durante i quali il leasing si è affermato come “contratto socialmente tipico”, è stato permesso di attuare l’operazione nel perseguimento di interessi diversi rispetto a quelli per i quali fu originariamente concepita. In funzione degli interessi perseguiti, dell’oggetto o della struttura dell’operazione sono state create infatti diverse sottotipologie di leasing, che devono essere considerate separatamente al fine di garantire una disciplina coerente con le “finalità reali” dell’operazione6.
Tuttavia, in seguito all’ampio utilizzo dello schema contrattuale, era sempre più necessaria una disciplina specifica dell’operazione che desse certezza giuridica ai rapporti nascenti dal contratto di leasing, visto l’ingente contenzioso derivato.
Questo carattere di atipicità del contratto è durato sino alla recente approvazione della «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» entrata in vigore il 29 agosto 2017 (l. 4 agosto 2017,
n. 124), con il quale il legislatore ha tipizzato il contratto, introducendo finalmente una disciplina propria dell’operazione in riferimento alla sua definizione e ad alcuni suoi aspetti salienti.
Tale definizione però, del quale ne parlerò nel prosieguo del presente capitolo, è necessario specificare, non si applica a tutte le tipologie di leasing esistenti bensì al solo “leasing finanziario”7.
0 X. Xxxxxxxxx, Xx locazione finanziaria, in Tratt. dir. civ. e comm., Xxxxxxx, Milano, 2008, p. 39-40.
5 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, cit. p. 26.
6 X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxxxx, I contratti di finanziamento dell’impresa, CEDAM, Padova, 2009, p. 220.
7 In questo senso, X. Xxxxxxxx, Il leasing è legge, in Riv. dir. banc., 2, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2016, p. 1.
Le diverse tipologie di leasing nascono per mano di dottrina e giurisprudenza, ottemperando alla necessità di assimilare per categorie le varie declinazioni dell’operazione, fornendo a ciascuna una ricostruzione della disciplina applicabile visti i diversi fini perseguiti.
1.2.1. I due problemi giuridici del leasing finanziario e la distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento
I problemi giuridici di maggiore rilevanza legati all’operazione erano sostanzialmente due, il primo riguardava la natura giuridica del contratto, necessaria all’individuazione della normativa positiva applicabile; il secondo invece riguardava come definire il rapporto tra fornitore del prodotto e utilizzatore, al fine di regolare l’eventuale legittimazione ad agire direttamente nei confronti del primo.
La giurisprudenza determinò la vera «svolta»8 affrontando questi problemi con approccio diverso rispetto al passato.
In ordine al primo problema, la Suprema Corte, con lo storico «sestetto binario» del 1989, e successivamente ponendo il sigillo con l’intervento a Sezioni Unite del 7 gennaio 1993, n. 65, andò a teorizzare la dicotomia tra leasing di godimento e leasing traslativo, la quale basa i propri criteri distintivi sulla natura del bene oggetto del contratto e sulla funzione dei canoni corrisposti dall’utilizzatore, prevedendo inoltre due diverse conseguenze in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore.
Il leasing di godimento si configura in relazione a quelle operazioni pattuite «con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi».
Il leasing traslativo invece, in quell’operazione che ha per oggetto «beni atti conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto».
In questa seconda tipologia, l’utilizzatore, alla scadenza del contratto, avrà la possibilità di acquistare il bene ad un prezzo di opzione notevolmente inferiore rispetto al valore residuo, rendendo dunque quest’eventualità più che probabile, e non come nel leasing tradizionale “un’eventualità del tutto marginale ed accessoria”9, rientrando essa stessa “nella funzione assegnata dalle parti al contratto”10.
0 X. Xxxxxxxxx, Xx locazione finanziaria, in Tratt. dir. civ. e xxxx., Xxxxxxx, Milano, 2008, p. 16.
9 X. Xxxxxxxxx, op. cit., cit. p. 17.
00 X. Xxxxxxxxx, op. cit. cit. p. 17.
Sulla base di queste considerazioni, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile in ipotesi di inadempimento dell’utilizzatore nel caso di leasing di godimento, essendo un contratto ad esecuzione periodica o continuata, l’art. 1458 c.c., perciò il concedente poteva oltre che trattenere i canoni già riscossi, chiedere i canoni rimanenti e il prezzo di opzione prestabiliti nel contratto a titolo di risarcimento del danno, mentre invece, nel caso di leasing traslativo, poteva applicarsi in via analogica l’art. 1526 c.c. per la vendita con riserva di proprietà, comportando per il concedente l’obbligo di restituzione dei canoni percepiti, al netto di un ammontare ridotto a titolo di equo compenso per l’utilizzo del bene da parte dell’utilizzatore e di eventuale risarcimento del danno.
Tuttavia, con l’introduzione della nuova legge n. 124 del 2017 questa storica distinzione sembra essere superata alla luce della normativa introdotta ai commi dal 136 al 140 dell’art. 1. In ordine al secondo problema, circa il rapporto diretto tra fornitore del prodotto e utilizzatore dello stesso, la soluzione è bene espressa in una sentenza della Cassazione, la cui massima è la seguente: “il leasing finanziario realizza non già un rapporto trilaterale o plurilaterale, bensì un collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura del bene, in quanto l’acquisto compiuto dalla società di leasing è vòlto allo scopo di soddisfare l’interesse del futuro utilizzatore ad acquistare la disponibilità della cosa, interesse che costituisce la causa concreta dell’intera operazione negoziale. Ne consegue che, come nel mandato senza rappresentanza, deve riconoscersi la legittimazione dell’utilizzatore a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura o al risarcimento del danno conseguente all’inadempimento; così la questione relativa alla possibilità per l’utilizzatore di chiedere la risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing, cui esso è estraneo, va risolta caso per caso in ragione della sussistenza o meno del contratto di leasing di una specifica previsione con la quale le parti trasferiscano all’utilizzatore la posizione sostanziale originariamente propria della società di leasing acquirente”11. L’operazione viene dunque definita dalla giurisprudenza come un collegamento negoziale tra contratti, evidenziando una sottostante operazione economica trilaterale.
1.2.2. Leasing finanziario e leasing operativo
Sia in chiave economica che in quella giuridica, l’operazione di leasing assolve alla funzione di finanziamento dell’utilizzatore. Nel dettaglio “appare più rispondente alla realtà dell’operazione usare la parola «utilizzatore» e non parlare di strumento di finanziamento delle imprese, perché in tal modo si ricomprende nella individuazione di una delle parti del contratto anche il leasing dei beni di consumo, esercitato […] da un’impresa diversa da quella che produce tali beni […]. In altri termini, […] non si può più parlare oggi del leasing […]
11 Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2006, n. 17145, in Obbligazioni e contratti, 2006, 773, con nota di Xxxxxx.
come di un nuovo strumento di finanziamento delle imprese, nel senso che, pur non essendo scomparsa tale funzione, con essa concorre quella del finanziamento dei consumatori, alla quale, peraltro è pur sempre plausibile assegnare una funzione indiretta di finanziamento delle attività produttive”12. In particolare quindi, viene alla luce che il fornitore potrebbe attuare operazioni di leasing per collocare una maggiore quantità dei propri prodotti sul mercato.
Sulla base di queste considerazioni è semplice capire la distinzione creata tra leasing operativo e leasing finanziario, in quanto il leasing operativo è riconducibile alla locazione sia dal punto di vista sostanziale che da quello formale, configurandosi quando il produttore del bene concede il bene stesso, solitamente standard, in godimento, includendo anche servizi collaterali, per un periodo inferiore alla vita utile del bene. Per l’attività di leasing operativo oggi, tra l’altro, non è previsto nessun requisito soggettivo, a differenza di quello finanziario, per il quale è necessaria l’iscrizione in appositi albi.
Un criterio distintivo delle due tipologie che palesemente si nota è l’identificazione del concedente e del fornitore nello stesso soggetto, riducendo quindi a due le parti che entrano nel rapporto, a differenza del leasing finanziario dove prendono parte tre soggetti, tanto da ispirare parte della dottrina e giurisprudenza a sostenere la tesi del rapporto trilaterale.
Tale criterio è da ritenere valido nonostante la prevalente posizione del collegamento negoziale tra contratti disconoscente la trilateralità del rapporto.
Ulteriore differenza tra leasing operativo e finanziario è la mancanza dell’opzione di acquisto nel leasing operativo, la quale rappresenta un requisito fondamentale.
In conclusione, la vera differenza tra le due tipologie di leasing sta nella diversa funzione che i contratti assolvono, e nella rilevanza della figura del fornitore: il leasing finanziario è “uno strumento di finanziamento delle attività imprenditoriali, nel quale la persona del fornitore non si identifica con quella del concedente”13, il leasing operativo ha invece la funzione di godimento del bene, concessogli da parte del fornitore stesso.
1.2.3. Il subleasing
Il subleasing può definirsi, in base alla definizione generale di subcontratto, come "il contratto in base al quale l’utilizzatore concede il bene concessogli in godimento a sua volta in locazione finanziaria ad altro soggetto”14. La dottrina, nonostante l’iniziale posizione a favore, considera il subleasing come una ordinaria locazione, vista l’assenza degli elementi caratterizzanti il leasing finanziario sul piano sia oggettivo che soggettivo. In ogni caso, nei contratti di leasing è di norma contenuto il divieto espresso di sublocare il bene oggetto del
12 X. Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, in Tratt. dir. civ. e comm., Xxxxxxx, Milano, 2008, cit. p. 28.
00 X. Xxxxxxxxx, op. cit., cit. p. 32.
00 X. Xxxxxxxxx, op. cit., p. 32.
contratto, ma non è escluso che lo schema negoziale predisposto dalle parti possa ammettere tale possibilità.
1.2.4. Il leasing mobiliare e il leasing immobiliare
Con riferimento al bene oggetto del contratto, è possibile operare una ulteriore distinzione: il leasing mobiliare, quando l’oggetto è un bene mobile o mobile registrato, e il leasing immobiliare, quando l’oggetto è un bene immobile, per il quale sarà previsto un ulteriore diverso trattamento nel caso tale bene immobile sia già costruito oppure se sia da costruire.
1.2.5. Il lease back
Una particolare operazione, che per completezza se ne deve rendere conto, è il sale and lease back, che nella prassi italiana viene anche denominato leasing di ritorno, la cui fattispecie è totalmente differente da quella del leasing finanziario. In virtù di tale operazione un soggetto vende un bene di sua proprietà ad un’impresa di leasing, e contestualmente stipula con questa un contratto di leasing finanziario per la concessione in godimento del bene stesso con facoltà di riacquisto a scadenza. Essendo il bene oggetto del contratto quasi sempre un bene immobile, l’operazione è sostanzialmente uno smobilizzo del proprio patrimonio immobiliare al fine di ottenere liquidità. Suddetta operazione creò in dottrina e in giurisprudenza un dibattito circa la propria compatibilità con il divieto del patto commissorio all’art. 2744 c.c.15, il quale ha il compito di prevenire eventuali abusi da parte dei creditori nei confronti dei debitori, inducendo l’utilizzo di sole garanzie legali. La giurisprudenza oggi riconosce la validità dell’operazione nella sua astrattezza, ma non esclude la sua illegittima attuazione per scopi fraudolenti, necessitando però, per il riconoscimento dei quali, la ricorrenza di determinati indicatori ravvisabili caso per caso16.
1.2.6. Il leasing internazionale
Il leasing internazionale è l’operazione di leasing finanziario posta in essere fra soggetti appartenenti ad ordinamenti diversi. L’istituto è presente nel nostro ordinamento in virtù della
l. 14 luglio 1993 n. 259 con cui è stata ratificata la Convenzione UNIDROIT di Ottawa del 28 maggio 1988 avente ad oggetto il “leasing finanziario internazionale”. Tale Convenzione tuttavia non definisce il leasing, ma descrive l’operazione, la quale può essere tranquillamente considerata come un’operazione triangolare, deducendone l’inapplicabilità della Convenzione al leasing del produttore. All’art. 1 paragrafo 3 della Convenzione è inoltre chiara l’esclusione dell’opzione di acquisto come elemento caratterizzante l’operazione, concedendo l’applicazione della Convenzione anche al leasing operativo.
15 Art. 2744 c.c.: È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto e' nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno.
16 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, pag. 82.
1.2.7. Il leasing al consumo
Una ulteriore distinzione possibile nasce dall’osservazione della natura qualitativa dell’utilizzatore, ed è quella tra leasing finanziario e leasing al consumo. Quando nel contratto l’utilizzatore prende parte in qualità di imprenditore per l’acquisto di beni strumentali all’esercizio dell’attività di impresa, ricorrerà il leasing finanziario, mentre quando prende parte nella veste di consumatore, ai sensi dell’art. 121 TUB, il quale indica «una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta», ricorrerà il leasing al consumo.
Pertanto, al fine di individuare la corretta disciplina applicabile, sia in campo civilistico che fiscale, occorre verificare se il bene sia o meno funzionale all’esercizio di un’attività imprenditoriale o professionale. È bene precisare inoltre che il c.d. leasing al consumo non può essere sovrapposto al credito al consumo definito all’art. 121 e ss. del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come “il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria”.
1.3. GLI INTERVENTI LEGISLATIVI
Il legislatore, verso la regolamentazione del leasing, non si è mosso subito, cioè fin dall’approdo in Italia di questa tecnica contrattuale, bensì in un secondo momento. Il suo primo intervento rinvenibile a riguardo è quello contenuto nella legge 2 maggio 1976, n. 183, recante la «Disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976- 80».
Tale legge, contenente una prima definizione di locazione finanziaria, già citata in precedenza, aveva indotto inizialmente la dottrina a ritenere una «raggiunta tipicità»17. Tuttavia, visto lo specifico contesto normativo in cui era stata inserita (poiché la legge era stata introdotta al fine di consentire la costituzione di una spa per l’esercizio dell’attività di locazione finanziaria di impianti industriali), e vista la mancanza di una disciplina completa, si ritornò a sostenere l’atipicità del contratto.
Nonostante questo, la definizione della l. 183/1976 venne usata nel corso degli anni come modello di riferimento per gli interpreti.
Un secondo intervento del legislatore in materia di leasing è individuabile all’interno del d.lgs. n. 385/1993 (TUB) all’art. 1, nella parte in cui fa riferimento all’elenco delle operazioni consentite a determinate categorie di operatori economici, quali intermediari finanziari iscritti
17 X. Xxxxxxxx, Manuale di diritto privato italiano, Jovene, Napoli, 1995, cit. p. 805
in appositi albi, in virtù degli obblighi di trasparenza e della soggezione ai restrittivi controlli di carattere pubblicistico.
Sempre seguendo la condotta di introdurre segmenti legislativi con riferimento solo a determinate fattispecie, ma senza raggiungere una disciplina esaustiva, il legislatore è intervenuto con l’art. 72-quater L.F., introdotto dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, poi modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, tramite il quale ha coordinato la disciplina concorsuale della Legge Fallimentare con l’operazione di locazione finanziaria.
Successivamente, con l’art. 1 commi da 76 a 81, L. 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. Legge di stabilità 2016), ha introdotto norme in materia di “contratto di locazione finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale”, norme di carattere speciale, le quali hanno rappresentato “un punto di riferimento nella predisposizione della generale disciplina del leasing”18 introdotta poi con la legge n. 124/2017, la quale riprende la definizione dettata all’art. 1, comma 76, l. 208/2015, con l’unica differenza data dall’oggetto del contratto, visto che nel leasing abitativo può essere solo un immobile.
A conclusione del filone legislativo, il legislatore, dal comma 136 al comma 140 dell’art. 1 l. 124/2017, è intervenuto nuovamente in materia di leasing, questa volta però non limitandosi come in passato alla sola definizione, ma prevedendo una disciplina generale relativa agli effetti della risoluzione anticipata per inadempimento, la quale ha comportato una rivisitazione del quadro generale creato dalla giurisprudenza fino a quel momento.
La predetta legge all’art. 1 comma 136 dispone che “Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l'intermediario finanziario iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell'utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l'obbligo di restituirlo.”.
Riguardo gli elementi costitutivi della fattispecie contrattuale, sulla base della definizione introdotta, il leasing finanziario richiede la presenza elementi specifici, sia sul piano soggettivo, in quanto il concedente deve essere una banca o un intermediario finanziario iscritto all’albo ex art. 106 TUB, che sul piano oggettivo, vista la traslazione totale dei rischi in capo all’utilizzatore e la previsione dell’opzione di acquisto del bene a scadenza per l’utilizzatore.
18 X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Il leasing dopo la l. 124/2017, cit. p. 15, disponibile su xxx.xxxxxxxx-xxxxx.xx
Dal punto di vista strutturale, la definizione dettata dell’operazione potrebbe sostenere la tesi del contratto unitario trilaterale dal momento che descrive la fattispecie come un unicum. Tuttavia, ricordando che alla tesi del collegamento negoziale si pervenne in un periodo storico in cui era in vigore la definizione contenuta art. 17 l. 183/1976, la quale la descriveva all’incirca allo stesso modo, la trilateralità del contratto si conferma da escludere.
In dottrina, è stato inoltre affermato che sembra doversi ritenere irrilevante la nota distinzione giurisprudenziale tra leasing traslativo e leasing di godimento19, alla luce della disciplina introdotta ai commi da 137 a 139 in riferimento alle ipotesi di risoluzione anticipata del contratto, che hanno fatto venir meno le ragioni poste a fondamento della distinzione tra le due tipologie di leasing finanziario, presumendo la volontà del legislatore di ritornare alla concezione unitaria del leasing finanziario20.
Infine, con il comma 140 della legge 124/2017 il legislatore ha voluto salvaguardare oltre la disciplina prevista dall’art. 72-quater della Legge Fallimentare, anche la disciplina di carattere settoriale, dettata in materia di leasing immobiliare abitativo prevista dalla Legge di Stabilità 2016, art. 1, commi da 76 a 81, confermando la natura speciale della disciplina.
L’operazione di leasing immobiliare abitativo, cioè finalizzato all’acquisto di abitazioni, era già possibile in virtù dell’autonomia negoziale dei soggetti ma, in assenza di una disciplina fiscale che rendesse questa operazione più conveniente rispetto agli altri metodi classici, quali ad esempio il mutuo ipotecario, questo particolare prodotto non veniva offerto ai privati dagli istituti di credito.
Il legislatore, con la legge di stabilità 2016, legge n. 208 del 2015, in un contesto di non ottima salute del mercato immobiliare e di difficoltà da parte delle giovani coppie nell’acquisto della propria abitazione, introduce una disciplina fiscale agevolativa rivolta principalmente a quei soggetti, facendo luce sulla possibilità di stipulare un contratto di leasing al di fuori dell’ambito imprenditoriale.
In concomitanza con gli sgravi fiscali concessi, tuttavia limitati temporalmente alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2020, la legge fornisce anche un frammento di disciplina
19 X. Xxxxxxxx, Il leasing è legge, in Riv. dir. banc., 22, 2017, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 2.
20 X. Xxxxxxx, Il nuovo contratto di leasing cosa cambia dopo la legge n. 124/2017, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2018, p. 41.
civilistica dell’operazione, la quale dovrà poi essere necessariamente integrata a livello contrattuale dalla prassi sviluppata in materia di leasing immobiliare.
Il comma 76 dell’art. 1 della legge n. 208/2015 definisce:
“Con il contratto di locazione finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale, la banca o l'intermediario finanziario iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire l'immobile su scelta e secondo le indicazioni dell'utilizzatore, che se ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo mette a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tenga conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l'utilizzatore ha la facoltà di acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito.”
Cosi definito, considerando la non esaustività della disciplina introdotta, e che l’utilizzatore deve essere necessariamente un consumatore, al contratto di leasing abitativo sarà applicabile:
- La disciplina “speciale” introdotta dalla legge di stabilità 2016;
- La disciplina contrattualmente inserita dalle parti ad integrazione di quella legale, verosimilmente attinta dalla prassi;
- Le norme dettate dal d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo)21.
21 G. O. Xxxxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo per l’acquisto della prima casa: guida pratica, in Il Quotidiano Giuridico, WKI, 11 novembre 2016.
2. CAPITOLO SECONDO: FISIOLOGIA DEL CONTRATTO
Definito dal comma 76 dell’art. 1 l. 208/2015, il contratto di leasing abitativo assume un carattere di specialità rispetto il generale leasing finanziario, in quanto presenta elementi specifici, quali l’oggetto, che può essere solo un immobile da destinare ad abitazione principale, e la natura dell’utilizzatore, il quale non può che essere un consumatore.
Una prima questione da affrontare, alla luce della legge introdotta, è se la regola contenuta nel comma 76 art. 1 l. 208/2015 costituisca o meno una nuova tipologia di leasing, in riferimento alla distinzione giurisprudenziale tra leasing traslativo e di godimento.
A fronte dell’operazione così definita, il leasing abitativo si potrebbe sostenere che costituisca “una fattispecie negoziale più vicina al leasing traslativo, tenuto conto della facoltà di riscatto futuro del bene, della natura tendenzialmente durevole dei beni, del loro considerevole valore economico residuo, della commisurazione del canone al prezzo di acquisto o di costruzione, nonché della durata del contratto”22.
In senso contrario a tale ricostruzione, così come oggi avviene per il leasing finanziario generale dopo la legge n. 124/2017, al leasing abitativo non è applicabile la disciplina di cui all’art. 1526 c.c., xxxxxx xx x. 000/0000 xx xx espressamente derogato, così come anche la successiva l. 124/2017, prevedendo al comma 78 art. 1 una disciplina ad hoc per l’ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore.
In conclusione, l’operazione di leasing abitativo riscontra affinità con la categoria del leasing traslativo, ma, alla luce anche della legge n. 124/2017, ci si orienta verso l’idea che tale necessità di inquadramento non sussista, noto l’orientamento diretto al superamento della consolidata dicotomia.
Osservando la fattispecie del leasing, per la realizzazione dell’operazione sono necessari tre soggetti, i quali prendono parte su più piani, in forza di due contratti collegati da un nesso di dipendenza23. In coerenza di questo, nel leasing abitativo i soggetti dell’operazione sono:
- Il concedente: mero intermediario, che è parte sia del contratto di leasing che del contratto di fornitura, la cui norma in commento fa riferimento oltre che alle banche, anche agli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del TUB.
- L’utilizzatore finale: unico fruitore del bene, il quale è parte del solo contratto di leasing, ed essendo l’immobile da acquistare o da costruire destinato ad assolvere una
22 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 6.
23 X. Xx Xxxxx, Manuale della locazione finanziaria, Xxxxxxx, Milano, 2002, p. 130.
funzione abitativa, pare evidente che possa trattarsi solo di una persona fisica, “dovendosi, pertanto, escludere che l’utilizzatore possa essere una società, una persona giuridica, un ente o comunque un soggetto rispetto al quale non possa instaurarsi un rapporto di «abitazione» rispetto all’immobile”24. Inoltre, trattandosi di un soggetto che agisce per scopi estranei alla attività d’impresa, troverà campo di applicazione il Codice del Consumo.
- Il fornitore: la controparte del contratto di fornitura, il quale può essere chiunque, tanto una persona fisica quanto una persona giuridica di qualsiasi natura.
Il contratto di leasing abitativo, sulla base della normativa introdotta, ha ad oggetto un
«immobile da adibire ad abitazione principale».
Per “immobile” ci si può riferire ad un fabbricato ad uso abitativo già esistente, da realizzare ex novo o da ultimare.
Riguardo l’espressione «da adibire ad abitazione principale» si aderisce alla ricostruzione secondo la quale “si ritiene si debba fare riferimento alla medesima nozione utilizzata nell’ambito del testo unico delle imposte sui redditi, […] risultante dall’art. 10, comma 3-bis,
D.P.R. n. 917/1986; pertanto «per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente». Ai fini di questa nozione di abitazione non rilevano specifici requisiti costruttivi o le risultanze catastali”25. In conclusione, “l’utilizzo effettivo dell’immobile a dimora abituale da parte dell’utilizzatore o dei suoi familiari” costituisce l’elemento caratterizzante26.
Come già anticipato, è ammessa anche la possibilità di stipulare il contratto di leasing per un immobile da costruire ex novo secondo le indicazioni dell’utilizzatore, configurando l’operazione nota come leasing in costruendo. In tale fattispecie, il contratto di fornitura, collegato a quello di locazione finanziaria, viene sostituito da un contratto di appalto, nel quale le parti, facendo richiamo alla prassi in uso nell’area del leasing immobiliare, potrebbero “fare entrare l’utilizzatore direttamente nella gestione del rapporto di appalto,
24 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare abitativo, 19 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, cit.
25 X. Xxxxxxxx, Novità nella legge di stabilità 2016 per la tassazione del leasing finanziario abitativo, Studio tributario n.4-2016/T, approvato dall’Area Scientifica – Studi Tributari il 29 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 5
26 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C, approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 7.
attraverso il conferimento da parte del concedente di un mandato senza rappresentanza riguardo all’esecuzione della costruzione desiderata”27.
La disciplina, in tale fattispecie, viene integrata dalle disposizioni per la tutela degli acquisti di immobili da costruire di cui al d.lgs. 20 giugno 2006, n. 122, le quali prevedono tra le altre, a mero titolo di esempio, l’obbligo per il costruttore di procurare e consegnare all’acquirente di un immobile da costruire una fideiussione di importo pari alle somme od al valore di ogni altro corrispettivo che il costruttore ha riscosso o che deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà28.
Al contratto di locazione finanziaria la giurisprudenza ha individuato, indipendentemente dal carattere traslativo o di godimento, una base comune rappresentata da “un’operazione di finanziamento, tendente a consentire al c.d. utilizzatore il godimento di un bene (transitorio o finalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito (il c.d. concedente) il quale, con la propria risorsa finanziaria, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesse che, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità o l’utilità di realizzare, attraverso il pagamento di un canone che si compone in parte del costo del bene ed in parte degli interessi dovuti al finanziatore per l’anticipazione del capitale”29.
In conformità alla causa del generale contratto di locazione finanziaria, il leasing abitativo evidenzia anch’esso la causa di finanziamento, in quanto il concedente assume l’obbligazione di sostenere, in luogo dell’utilizzatore privato, i costi per il godimento da parte del privato di un immobile abitativo che inizialmente è di proprietà di un terzo, è individuato «su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore» e vede come soggetto concedente “soltanto un intermediario finanziario, come tale estraneo al mondo dell’imprenditoria industriale
«produttiva»”30.
27 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C, approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 12
28 X.Xxxxxxxx, La nuova tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire: Il decreto
legislativo n. 122 del 2005 che ha attuato la legge delega n. 210 del 2004, 23 marzo 2006, in xxxxxxx.xx
29 Cass. civ., Sez. Un., 5 ottobre 2015, n. 19785, in De Jure – Aggiornamento giuridico quotidiano.
30 X. Xxxxxxxx, Dal leasing abitativo giovanile la riforma della disciplina della locazione finanziaria, in Riv. dir. banc., 2, 2016, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, cit. p. 3.
L’operazione di leasing abitativo si struttura come “una fattispecie negoziale complessa”31, composta da due segmenti negoziali collegati a cui se ne aggiunge un terzo eventuale.
Il primo segmento è costituito dal contratto di leasing, stipulato tra il soggetto privato e l’intermediario finanziario, attraverso il quale viene concesso in godimento l’immobile scelto, che sia esso già esistente o meno, verso un corrispettivo, per un dato periodo di tempo e con possibilità di acquisto a scadenza.
Il secondo segmento negoziale è il contratto di compravendita dell’immobile da concedere in leasing, chiamato anche contratto di fornitura, stipulato fra l’intermediario finanziario, concedente del successivo leasing, il quale prenderà parte in questo contratto come acquirente, e un soggetto terzo venditore. Alla stipula del contratto, è diffuso nella prassi far partecipare anche il soggetto utilizzatore in forza della soggezione dell’acquirente alle sue indicazioni per la scelta dell’immobile. Nel caso in cui l’oggetto sia un fabbricato da costruire, come già accennato, tale contratto sarà sostituito da un contratto di appalto.
Il terzo segmento negoziale è costituito dall’atto di compravendita dell’immobile da parte dell’utilizzatore, il quale avviene a scadenza del contratto di leasing e ad un prezzo prestabilito, nell’eventualità in cui il soggetto decida di esercitare la propria facoltà di riscatto, rilevando così la piena proprietà del bene. Anche se eventuale, questo evento è di per sé molto probabile.
Nel fornire una completa analisi è inoltre necessario distinguere gli scenari rinvenibili nell’esecuzione dell’operazione a seconda del soggetto inizialmente proprietario dell’immobile.
Innanzitutto, se il bene appartiene ad un terzo, non vi è sono dubbi circa l’applicazione della normativa; se però il bene immobile è di proprietà dell’utilizzatore stesso l’operazione sarà riconducibile all’operazione di sale and lease back abitativo, alla quale non sarà applicabile la disciplina qui esposta, ma rimarrà ugualmente possibile e valida, salvo violazione del divieto del patto commissorio.
Se il bene è di proprietà dello stesso concedente, sorgono dubbi circa la possibilità di far rientrare o meno la fattispecie nel campo applicativo della norma in esame, vista la tutela rafforzata del concedente al successivo comma 78. Tuttavia, l’operazione sembra non presupponga l’inderogabile partecipazione di tre diversi soggetti32.
31 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C, approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 9.
32 In questo senso, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, op. cit., p. 12.
In generale, per il contratto di leasing non sarebbe previsto alcun vincolo di forma, se non per il leasing finanziario, per il quale l’art. 117 TUB prevede la forma scritta ad substantiam. Inoltre, in caso di leasing immobiliare la forma scritta è necessaria ai sensi dell’art. 1350 c.c.. In riferimento al leasing abitativo la prassi si orienta verso la scelta della redazione dei contratti menzionati per atto pubblico, in quanto questa forma garantisce maggiori garanzie, in primo luogo circa il contenuto, frutto del controllo notarile, in secondo luogo permette, al concedente di disporre di un titolo esecutivo idoneo ad avviare la procedura di rilascio del bene, e all’utilizzatore di avere un titolo idoneo per procedere alla trascrizione del leasing se di durata superiore ai nove anni.
Nota la complessità dell’operazione, l’argomento della trascrizione va affrontato esaminando singolarmente i contratti che la compongono.
In via preliminare, come rilevato da un importante autore, “è bene sgombrare subito il campo da una questione a soluzione pacifica: non v’è dubbio alcuno, infatti, che (…) sono soggetti a trascrizione sia i contratti con i quali la società di leasing acquista il bene da concedere in locazione, sia i contratti con i quali l’impresa di leasing trasferisce il bene all’utilizzatore, ove questo eserciti l’opzione di acquisto”33.
Il problema circa la trascrivibilità o meno del contratto sorge quindi, a differenza del leasing mobiliare, con il contratto di leasing che ha ad oggetto beni immobili.
Nello specifico, ci si interroga sulla possibilità o meno di trascrivere il contratto di leasing ultranovennale e la cessione del contratto di leasing abitativo.
L’istituto è regolato dall’art. 2643 del Codice, il quale contiene un elenco tassativo degli atti soggetti a trascrizione, dove non è contemplato il contratto di locazione finanziaria, ammettendo però, ex art. 2645 c.c., la trascrizione degli atti non espressamente menzionati dalla legge a condizione che producano in relazione a beni immobili gli stessi effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643.
Il problema quindi, in riferimento al contratto di leasing, divide la dottrina tra una prima tesi secondo la quale il contratto non è trascrivibile non potendo essere applicato in via xxxxxxxxx xx x. 0 xxxl’art. 2643 c.c. stante la tassatività dell’elenco, né l’art. 2645 in quanto il contratto ha causa di finanziamento e non di godimento34, e una tesi contraria, a cui tra l’altro si aderisce, sostenente invece la trascrivibilità del contratto ex art. 2645 c.c in quanto produce, se di
33 X. Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, in Tratt. di dir. civ. e comm., Xxxxxxx, Milano, 2008, cit. p. 268.
34 In questo senso, X. Xx Xxxxx, Manuale della locazione finanziaria, Xxxxxxx, Milano, 2002, p. 482.
durata ultranovennale, in relazione a beni immobili, taluno degli effetti dei contratti menzionati dal 2643 quale la locazione. In altre parole, la trascrizione “dipende direttamente dalla natura immobiliare del bene e non, ovviamente, dalla causa di finanziamento che caratterizza l’operazione”35.
Infine, riguardo la cessione del contratto di leasing abitativo, pacifica la sua ammissibilità laddove ricorra il consenso del contraente, sorgono dubbi circa la trascrivibilità di tale atto. Il quesito viene risolto ammettendo la trascrizione dell’atto di cessione considerandolo al pari di una cessione di contratto di locazione, condividendo quindi la posizione di quella dottrina secondo la quale la cessione della locazione “va indubbiamente trascritta per poter essere opposta al terzo acquirente”36.
2.7. DIRITTI E OBBLIGHI DELLE PARTI
In generale, nella locazione finanziaria la presenza dell’opzione di acquisto a scadenza ad un prezzo prestabilito ne costituisce elemento essenziale, utile, come già accennato in precedenza, ai fini del riconoscimento della fattispecie dal leasing operativo37. Questa facoltà, fisiologicamente necessaria, può essere regolata liberamente dalle parti, nei limiti però che essa rimanga tale, in quanto la previsione di questa come un obbligo configurerebbe un contratto di compravendita, mentre l’esclusione porrebbe in essere un contratto di locazione. Inoltre, il comma 76 della legge in commento, così come il comma 136 dell’art. 1 l. n. 124/2017, ha regolato la gestione dei rischi iniziali e sopravvenuti dell’operazione, imputandoli interamente all’utilizzatore, ivi compreso quello relativo al perimento del bene. Tale previsione si giustifica nella prospettiva di equilibrare i rischi gravanti sull’operazione suddividendoli per natura, e nello specifico assegnando il rischio finanziario alla società di leasing, mentre all’utilizzatore il rischio derivante dall’utilizzo, visto il rapporto diretto dello stesso con il fornitore38.
Nello specifico, caratteristica peculiare del leasing immobiliare abitativo, rispetto alla fattispecie generale, è inoltre l’attribuzione all’utilizzatore per mano del legislatore del diritto di ottenere una “moratoria” del pagamento dei canoni di leasing.
Il comma 79 dell’art. 1 legge n. 208/2015 così afferma:
“Per il contratto di cui al comma 76 l'utilizzatore può chiedere, previa presentazione di apposita richiesta al concedente, la sospensione del pagamento dei corrispettivi periodici per non più di una volta e per un periodo massimo complessivo non superiore a dodici mesi nel
35 X. Xxxxxxxx, I contratti nuovi, in Tratt. dir. priv., Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1999, 210.
36 X. Xxxxxx, Della tutela dei diritti (trascrizione - prove), UTET, Torino, 1971, p. 50.
37 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, p. 37-38.
38 In questo senso, X. Xxxxxxxx, La locazione finanziaria di un immobile da costruire, in Riv. it. leasing, 1986, cit. p. 226.
corso dell'esecuzione del contratto medesimo. In tal caso, la durata del contratto e' prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. L'ammissione al beneficio della sospensione e' subordinata esclusivamente all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di cui al comma 76:
a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di eta' con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa.”
Al termine della sospensione, ai sensi del comma 80 della suddetta legge, ove le parti non abbiano pattuito “la rinegoziazione delle condizioni del contratto”, il pagamento dei canoni riprende secondo l’originario ammortamento, senza che sia applicabile alcuna commissione o spesa di istruttoria, e senza che sia consentita la richiesta di garanzie aggiuntive. In caso di mancata ripresa della corresponsione dei canoni di leasing dopo la scadenza del periodo di sospensione rimane applicabile la disciplina speciale della risoluzione del contratto dettata dal comma 7839.
Il contratto in questione, così come quello del generale leasing finanziario, prevede a carico dell’utilizzatore una serie di obblighi, tra cui, in primo luogo, il pagamento dei canoni periodici in favore del concedente nella misura e nelle modalità prestabilite contrattualmente. Inoltre, senza pretesa di esaustività, l’utilizzatore durante l’esecuzione del contratto è obbligato a:
- ricevere il bene concesso in godimento;
- custodire il bene e provvedere alla sua manutenzione sia ordinaria che straordinaria;
- utilizzare il bene secondo la sua destinazione d’uso;
Alla scadenza del contratto invece, l’utilizzatore qualora decidesse di non riscattare l’immobile sarà tenuto alla restituzione dello stesso. Nell’ipotesi in cui le parti decidessero di prorogare il contratto per un ulteriore periodo, l’obbligo di restituzione in caso di mancata opzione è rinviato alla successiva scadenza.
A carico del concedente è invece prevista l’obbligazione di fare ottenere in godimento all’utilizzatore il bene richiesto secondo le indicazioni pattuite in sede contrattuale40.
39 X. Xxxxxxxx, Dal leasing abitativo giovanile la riforma della disciplina della locazione finanziaria, in Riv. dir. banc., 2, 2016, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 6.
40 X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, p. 38-39.
3. CAPITOLO TERZO: PATOLOGIA DEL CONTRATTO
In astratto, riguardo le questioni patologiche, secondo una visione più generica del contratto, riferendosi al più ampio spettro di leasing dato da quello immobiliare, ai sensi della generale disciplina dei contratti contenuta nel Codice agli art. 1453 e seguenti, la risoluzione del contratto può avvenire oltre che per mutuo consenso (c.d. risoluzione consensuale), per inadempimento di uno dei contraenti alle proprie obbligazioni, nonché per impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta o per eccessiva onerosità di questa.
In concreto, quest’ultima risoluzione richiesta per eccessiva onerosità, ammessa ai sensi dell’art. 1467 c.c. in conseguenza del verificarsi di “avvenimenti straordinari e imprevedibili”, risulta molto rara41.
3.1. LA RISOLUZIONE CONSENSUALE
La risoluzione consensuale, pattuita con apposita clausola all’interno del contratto di leasing, è certamente ammessa e, in conseguenza al verificarsi del fatto, salvo diversamente previsto dalle parti, l’utilizzatore non sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti del concedente, mentre i canoni relativi al periodo anteriore alla risoluzione saranno dovuti per le sole prestazioni già godute, in quanto “il negozio risolutorio ha, per sua natura, efficacia ex nunc”42.
3.2. LA RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO
In linea teorica, ai fini della risoluzione per inadempimento è richiesta la mancata o l’inesatta esecuzione del contratto da parte di una delle parti. Nella pratica tuttavia, queste fattispecie sono poco frequentemente poste in essere da parte del concedente, verificandosi per la maggior parte delle volte l’inadempimento dell’utilizzatore.
Ecco quindi che si giustifica la scelta del legislatore di intervenire per regolare conseguenze dell’inadempimento da parte dell’utilizzatore.
Il comma 78 dell’art. 1 della legge n. 208/2015 afferma che:
“In caso di risoluzione del contratto di locazione finanziaria per inadempimento dell'utilizzatore, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed e' tenuto a corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene avvenute a valori di mercato, dedotta la somma dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere attualizzati e del prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto. L'eventuale differenza negativa è corrisposta dall'utilizzatore
41 In questo senso, X. Xxxxx, Il leasing immobiliare, IPSOA, Milano, 2012, p. 49.
42 X. Xxxxx, op. cit., cit. p. 50.
al concedente. Nelle attività di vendita e ricollocazione del bene, di cui al periodo precedente, la banca o l'intermediario finanziario deve attenersi a criteri di trasparenza e pubblicità nei confronti dell'utilizzatore.”
In questo modo è stata sottratta tale fattispecie dall’applicazione dell’art. 1526 c.c., derogando alla disciplina della vendita con riserva della proprietà che la giurisprudenza applicava al leasing immobiliare di tipo traslativo, mettendo in discussione quanto ricostruito dai giudici, tant’è che un rilevante autore ha indicato che tale regolamentazione “costituisce un altro messaggio alla Cassazione per ritenere ormai indifendibile sul piano giuridico la dicotomia leasing traslativo/leasing di godimento”43.
Si è così recepita la prassi dell’utilizzo di clausole “denominate in gergo «scaduto + scadere – bene», prevedenti, in caso di risoluzione, il pagamento di tutti i canoni maturati nonché di quelli maturandi sino al naturale termine del rapporto, riscatto compreso, ma anche il diritto dell’utilizzatore inadempiente a ottenere quanto la concedente percepirà dalla rivendita o reimpiego in leasing del bene”44.
Pertanto, attraverso questa introduzione, in caso di inadempimento dell’utilizzatore si evita alla concedente di conseguire un vantaggio rispetto a quanto avrebbe avuto diritto di ottenere in caso di sviluppo fisiologico del contratto, in coerenza con l’art. 13 della Convenzione Unidroit di Ottawa del 1988, il quale prevede che il risarcimento del danno sia tale da rendere equivalente la situazione del concedente nel caso l’utilizzatore adempi esattamente o meno al contratto di leasing.
Dalla norma si evince inoltre, che in caso di “differenza negativa”, ovvero l’eventuale eccedenza tra quanto ricavato dalla vendita del bene e quanto di spettanza al concedente, questa verrà corrisposta all’utilizzatore, mentre laddove il bene non riesca ad essere ricollocato sul mercato, nel silenzio della normativa, si ritiene che nulla sarebbe dovuto45.
Il comma 78 inoltre si conclude con delle indicazioni in merito alle procedure di vendita del bene. La norma affida la ricostruzione della disciplina alla clausola generale della “trasparenza” e al canone della “pubblicità”, al fine di “assicurare il realizzo del prezzo più alto possibile”46.
Tale scelta di fissare solo questi due criteri, senza prevedere iter specifici o tassativi, è orientata al non voler irrigidire le procedure di ricollocazione da parte dei concedenti. In ogni caso, “il suggerimento non può essere che quello di disciplinare contrattualmente le modalità
43 X. Xxxxxxxx, I nuovi contratti immobiliari: rent to buy e leasing abitativo, CEDAM, Padova, 2017, cit. p. 87.
44 X. Xxxxxxxxxx, La clausola risolutiva espressa nei contratti di leasing: necessaria una revisione critica dell’orientamento giurisprudenziale tradizionale?, 12 novembre 2014, in xxx.xxxxxxxxxxx.xxx, cit. p. 2.
45 In questo senso, X. Xxxxxxxx, Leasing di immobili abitativi, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, nt. 44.
46 X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, cit. p. 19.
cui dovrà attenersi il concedente per la vendita o ricollocazione” 47, ad esempio inserendo una tempistica certa entro cui procedere alla rivendita o prevedere un criterio oggettivo quale la perizia per la determinazione del valore dell’immobile.
Al fine di evitare svendite dell’immobile, si ritengono validi strumenti le aste telematiche notarili, in quanto capaci di assicurare una ricollocazione certa, efficace e trasparente, nel rispetto della tutela dell’utilizzatore.
Il comma 78 tuttavia, non prevede un’entità minima di inadempimento tale da legittimare la risoluzione del contratto. Ecco quindi che, nell’interesse del concedente, la prassi in ambito commerciale prevedeva l’inserimento di una clausola risolutiva espressa operante in caso di mancato pagamento anche di uno solo dei canoni. La volontà di attingere dalla prassi d’impresa questa tipologia di clausola, ritenuta comunque ammissibile dalla dottrina e giurisprudenza in quanto manifestazione dell’autonomia privata, anche se il diniego sarebbe stato più coerente con il principio della Convenzione di Ottawa collegante la risoluzione alla sostanziale inadempienza dell’utilizzatore, contrasta con l’art. 33 comma 1 del Codice del Consumo se inserita nella fattispecie abitativa, configurando un eccessivo squilibrio ai danni dell’utilizzatore/consumatore e concludendo quindi per la sua inapplicabilità48.
Successivamente però, con l’introduzione della legge n. 124/2017, il legislatore, tra le altre, ha inserito all’art. 1 comma 137, delle previsioni qualificanti l’inadempimento “finanziario” del contratto di leasing finanziario.
Nel concreto ha previsto che “Costituisce grave inadempimento dell’utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari, ovvero di quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria”, la quale in dottrina è stata considerata non una clausola risolutiva espressa, ma “una condizione per l’esercizio dell’azione di risoluzione (tale per cui, ove non risultino raggiunti, la risoluzione non possa essere dichiarata mai)”49. Secondo un altro autore, con questa previsione “il legislatore ha sottratto ogni valutazione sulla gravità dell’inadempimento sia al giudice che all’autonomia negoziale privata”50.
In seguito all’introduzione della novella legislativa, sono tuttavia sorti dubbi circa la sua applicabilità al contratto di leasing immobiliare abitativo.
47G. X. Xxxxxxxx, Il leasing per l’acquisto dell’abitazione principale: la disciplina dall’1/1/2016, in Il Quotidiano Giuridico, WKI, 12 gennaio 2016, cit.
48 In questo senso, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, op. cit., p. 18.
49 X. Xxxxxxxx, Il leasing è legge, in Riv. dir. banc., 22, 2017, xxxxxxxxxxxxxxx.xx, cit. p. 6.
50 X. Xxxxxxx, Il nuovo contratto di leasing, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2018, cit. p. 81.
Noto che nel leasing abitativo l’utilizzatore è qualificabile come consumatore, risulterà applicabile la disciplina del credito immobiliare ai consumatori di cui al Titolo VI, Capo I-bis del TUB, nel quale al comma 4 dell’art. 120-quinquiesdecies prevede che “costituisce inadempimento il mancato pagamento di un ammontare equivalente a diciotto rate mensili”. Davanti a tale bivio “diversi indici depongono a favore dell’applicabilità (esclusiva) della regola di cui all’art. 1, comma 137, della legge 4 agosto 2017, n. 124”51, tra cui la circostanza che il legislatore con la predetta recente legge, ha previsto una disciplina rivolta nello specifico ai contratti di leasing che regola le vicende patologiche del contratto con contenuti molto diversi dall’art. 120-quinquiesdecies del TUB.
In conclusione, “ove la volontà del legislatore fosse stata quella di estendere ai contratti di leasing immobiliare la previsione di cui all’art. art. 120-quinquiesdecies del TUB sarebbe stato quantomeno opportuno un richiamo di tale norma nell’art. 1, commi 140, della legge 4 agosto 2017, n. 124. Non è un caso, né tantomeno ascrivibile ad una mera “dimenticanza” che il richiamato comma 140 dell’art. 1 della legge 4 agosto 2017, n. 124, pur richiamando la legge 28 dicembre 2015, n. 208, non ha richiamato l’art. 120-quinquiesdecies del TUB”52.
Per completezza viene inoltre ricordato che in ipotesi di inadempimento del fornitore (venditore o costruttore dell’immobile) nel contratto di fornitura con l’intermediario finanziario, l’utilizzatore può ex art. 125-quinquies, procedendo inizialmente con la costituzione in mora del fornitore, chiedere la risoluzione della vendita stipulata con il fornitore. Quest’ultima determinerà la risoluzione di diritto senza penalità e oneri del contratto di leasing. Il concedente avrà poi il diritto di ripetere quanto versato per l’acquisto dal fornitore stesso.
3.3. IL RILASCIO DELL’IMMOBILE
Al comma 81 della l. n. 208/2015 il legislatore prevede che: “Per il rilascio dell'immobile il concedente può agire con il procedimento per convalida di sfratto di cui al libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura civile”, procedimento riservato ai contratti di locazione per immobili adibiti ad abitazione.
Con il comma 81 dunque, è consentita l’applicazione di tale procedimento speciale al leasing abitativo, in passato considerato dalla giurisprudenza come inammissibile al contratto di leasing immobiliare essendo un rapporto contrattuale diverso dalla locazione53. Inoltre, il legislatore ha rimesso all’interprete la valutazione di compatibilità relativa ai presupposti
51 X. Xxxxxx, Leasing finanziario: risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore e procedure di vendita del bene, novembre 2017, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, cit. p. 6.
52 X. Xxxxxx, op. cit., cit. p. 6.
53 F. Xxxxxxx, Il procedimento di convalida di sfratto, CEDAM, Padova, 2011, p. 32.
applicativi del procedimento54, noto che questo non sarebbe utilizzabile al di fuori delle ipotesi previste negli artt. 657, 658, 659 c.p.c. di intimazione di licenza per finita locazione, sfratto per finita locazione, sfratto per morosità, cessazione del rapporto di locazione d’opera. Autorevole dottrina, tuttavia non prevalente, sostiene che tale previsione “è sintomatica della preferenza legislativa per una qualificazione della causa del leasing abitativo più in termini locativi che non finanziari”55, giustificando il carattere di specialità di tale disciplina rispetto all’ordinaria locazione finanziaria, in quanto “la causa del contratto di leasing abitativo è quella di concedere il godimento dell’immobile a chi ha esigenze abitative e non tanto di finanziarne l’acquisto”56.
3.4. IL FALLIMENTO DELLE PARTI
L’art. 1, comma 77, della legge n. 208/2015 afferma che “all’acquisto dell’immobile oggetto del contratto di locazione finanziaria si applica l’art. 00, xxxxx xxxxx, xxxxxxx x) xxx xxxxx xxxxxxx 16 marzo 1942, n. 267”.
La previsione crea alcuni dubbi in quanto si apre parlando di “acquisto”, per poi richiamare una norma la quale prescrive una “esenzione” dalla revocatoria per “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso”, senza rinviare, come ci si attendeva alla lettera c) della medesima norma, la quale prevede l’esenzione per “le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado”.
Gli atti “esentati” dall’azione revocatoria sarebbero quindi in via ipotetica, nel caso del leasing immobiliare abitativo, il pagamento del prezzo da parte dell’istituto concedente in favore del venditore dell’immobile; e il pagamento dei canoni di leasing da parte dell’utilizzatore al concedente, nonché l’eventuale riscatto finale.
Così facendo però, non è chiara la ratio delle disposizioni agevolative, per cui sarà necessario distinguere a seconda del soggetto che viene dichiarato fallito la norma applicabile.
In caso di fallimento dell'utilizzatore, si potrà applicare, nell’interesse del concedente, l’art. 67, c. 3, a) L.F., ovvero la regola per cui i pagamenti dei canoni fatti alla società di leasing prima della dichiarazione di fallimento saranno esenti dall’azione revocatoria da parte del
54 In questo senso, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 38-2016/C approvato il 22 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx, p. 21. 55 X. Xxxxxxxx, I nuovi contratti immobiliari: rent to buy e leasing abitativo, CEDAM, Padova, 2017, cit. p. 89. 56 X. Xxxxxxxx, op. cit., cit. p. 93.
curatore dell’utilizzatore fallito, in quanto pagamenti effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso.
In caso di fallimento del fornitore-venditore “emerge l'incongruenza”57 del richiamo alla lettera a) del terzo comma dell'art. 67 Legge Fallimentare, essendo stato più appropriato il richiamo alla lettera c) della detta norma. Nonostante questa non univocità del tenore letterale, ci si orienta verso l’applicazione della lettera c), dal momento che la legge sembra sia stata scritta “al fine di proteggere proprio l'utilizzatore dell'immobile dal rischio di perdere, a seguito del fallimento del fornitore-venditore, la possibilità di acquistare l’immobile al termine del contratto di leasing, nonché al fine di non penalizzare colui che scelga il leasing, in luogo del tradizionale strumento del mutuo ipotecario, quale modalità per finanziare l'acquisto della casa di abitazione”58, poiché per il consumatore mutuatario è prevista l’applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. c) della Legge Fallimentare.
Altro autore invece, interpretando la disciplina nella stessa direzione, si è espresso individuando come ratio della legge la tutela dell’intermediario finanziario dal rischio revocatorio, in seguito alla compravendita di un’immobile al solo fine di porre in essere un contratto di locazione finanziaria, e in virtù di questo motivo, acquistato (o costruito) “su scelta” dell’utilizzatore e non propria, senza escludere che in base alla legge “tutti i rischi” collegati all’immobile sono attribuiti all’utilizzatore59.
Infine, in caso di fallimento della società di leasing concedente, può applicarsi estensivamente il quinto comma dell'art. 72-quater Legge Fallimentare, ai sensi del quale «in caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l'utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito».
57 G. O. Xxxxxxxx, Guida al leasing abitativo: cosa succede in caso d'inadempimento o fallimento?, in Il quotidiano giuridico, WKI, 30 novembre 2016, cit.
58 G. O. Xxxxxxxx, Guida al leasing abitativo: cosa succede in caso d'inadempimento o fallimento?, in Il quotidiano giuridico, WKI, 30 novembre 2016, cit.
59 In questo senso, X. Xxxxxxxx, Dal leasing abitativo giovanile la riforma della disciplina della locazione finanziaria, in Riv. dir. banc., 2, 2016, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 4.
4. CAPITOLO QUARTO: ISTITUTI A CONFRONTO
Il leasing abitativo, presentando la funzione economica di finanziamento dell’utilizzatore al fine consentirgli il godimento di una abitazione, potrebbe essere confuso con altri istituti presenti nel nostro ordinamento con analoga funzione.
4.1. LA VENDITA CON RISERVA DI PROPRIETA’
Disciplinata all’art. 1523 c.c., la vendita con riserva di proprietà è quel contratto di vendita nel quale “il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo”.
La differenza principale con il leasing è data dal fisiologico trasferimento automatico della proprietà del bene al pagamento dell’ultima rata, subordinando quindi il trasferimento al pagamento del prezzo per intero, secondo un piano di pagamento dilazionato prestabilito dalle parti. Nel leasing finanziario invece, il trasferimento della proprietà è eventuale, ed avviene nell’ipotesi in cui l’utilizzatore decida di esercitare la sua facoltà di riscatto del bene al prezzo prestabilito nel contratto, per il quale sarà necessaria la stipula di un atto di compravendita.
Tra gli istituti sono ravvisabili anche elementi in comune, quali l’assoggettamento di tutti i rischi del bene in capo all’utilizzatore “dal momento della consegna della cosa”, e il far permanere la proprietà, in capo al concedente nel leasing, in capo al venditore nella vendita con riserva di proprietà, durante il periodo di ammortamento.
La locazione ai sensi dell’art. 1571 c.c. è “il contratto con cui una parte si obbliga a fare godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.
Gli elementi del leasing discriminanti dalla locazione sono: i requisiti soggettivi del concedente, il quale nel leasing deve essere necessariamente un intermediario finanziario iscritto ex art. 106 TUB, diversamente dalla locazione dove può essere chiunque; il bene, che nel leasing normalmente viene acquistato dal concedente su indicazione dell’utilizzatore; la presenza dell’opzione finale di riscatto, sempre assente nella locazione in quanto il locatore non intende privarsene; la previsione dell’obbligo di manutenzione ordinaria e straordinaria in capo all’utilizzatore nel leasing, a differenza della locazione dove è obbligato solo a quella ordinaria; e infine la traslazione di tutti i rischi in capo all’utilizzatore, caratterizzante il leasing abitativo ai sensi della legge.
Il rent to buy, introdotto nel nostro ordinamento con il d.l. 133/2014 convertito in legge n. 164/2014, secondo la definizione data dal Notariato, è il contratto con il quale “il proprietario/concedente consegna fin da subito l’immobile al conduttore/futuro acquirente, il quale paga il canone; dopo un periodo di tempo fissato nello stesso contratto il conduttore può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni già pagati” 60.
Come il leasing abitativo, anche questo contratto è caratterizzato dalla ripartizione in due fasi temporali. La prima, fase rent, consistente nella concessione in godimento del bene, la seconda, fase buy, nella quale il concedente potrà eventualmente decidere di acquistare o meno la proprietà del bene.
In prima lettura, tale contratto risulta molto simile alla locazione finanziaria, in realtà però i due contratti sono diversi in più elementi.
Innanzitutto, la prima differenza da evidenziare è l’oggetto dei due contratti, infatti, mentre nel leasing abitativo l’oggetto deve essere necessariamente un fabbricato ad uso abitativo, anche da costruire, da destinare ad abitazione principale, nel rent to buy il bene oggetto del contratto può essere un qualsiasi bene immobile, salvo il divieto ex art. 8 d.lgs. 122/2005 in caso sia un immobile abitativo su cui grava già un’ipoteca.
Sempre sul piano oggettivo viene alla luce la diversa causa dei contratti. Nel leasing abitativo è quella di finanziamento, in relazione alla quale si nota coerenza tra questa e il requisito soggettivo di iscrizione all’albo di cui all’art. 106 TUB per l’assunzione delle vesti di concedente, nel rent to buy invece la causa è la concessione in godimento del bene da parte del proprietario in funzione della sua successiva alienazione. A sostegno della differente causa si nota inoltre, osservando i contratti sul piano soggettivo, che il rent to buy essendo un contratto bilaterale senza requisiti soggettivi, può essere concluso, a differenza del leasing, sia da persone fisiche che da persone giuridiche, escludendo la possibilità di coinvolgimento di terzi finanziatori.
Ulteriore differenza tra i due contratti risiede nella possibilità di trascrivere nei Registri Immobiliari il contratto di rent to buy di qualsiasi durata essendo assimilabile al contratto preliminare, mentre per il leasing abitativo è possibile farlo solo se questo è di durata superiore ai nove anni.
In via conclusiva infine, i canoni da pagare nei due contratti saranno diversi sul piano della funzione a cui assolveranno. Nel rent to buy infatti, questi dovranno necessariamente specificare quanta parte di essi fungerà da corrispettivo d’affitto e quanta parte costituisca acconto del futuro eventuale prezzo di vendita, in quanto in caso di mancato acquisto a
60 Il rent to buy, xxx.xxxxxxxxx.xx
termine il concedente dovrà restituire la parte imputata a corrispettivo. Nel leasing abitativo invece quest’obbligo di ripartizione non vi è, come è assente qualsiasi diritto di rimborso per l’utilizzatore per i canoni già pagati.
Il mutuo, disciplinato all’art. 1813 c.c., è “il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.
Considerato da sempre lo strumento tradizionale a disposizione di un soggetto per l’acquisto di un bene quando non dispone nell’immediato delle risorse necessarie, non vi sono dubbi circa le sue differenze dal leasing, essendo due contratti completamente diversi, avendo in comune tra loro la sola causa di finanziamento.
La principale differenza, mettendo a confronto il finanziamento dell’acquisto di un’abitazione attraverso il mutuo e attraverso il leasing abitativo è il momento del trasferimento della proprietà del bene finanziato, in quanto con il mutuo essa viene trasferita al momento della stipula del contratto di compravendita dell’immobile, per il quale è stato richiesto preventivamente o contestualmente il mutuo, mentre con il leasing il trasferimento di tale diritto avviene solo in caso di opzione a scadenza dell’utilizzatore.
Rispetto alle garanzie da fornire al finanziatore, il mutuo, il quale non permette di finanziare l’intero valore dell’immobile, viene garantito mediante ipoteca da iscrivere sull’immobile acquistato, a differenza del leasing, in grado di finanziare l’intero importo, per il quale non è richiesta nessuna ipoteca, ma è piuttosto diffusa nella prassi una polizza assicurativa sul bene ed eventualmente una fideiussione.
Normalmente il mutuo viene concesso con una durata più ampia rispetto al leasing, da cui ne discendono, a parità del valore finanziato, una rata periodica più bassa rispetto ai canoni di leasing e un tasso di interesse applicato minore. Al mutuatario inoltre è assegnato ex art. 40 TUB “facoltà di estinguere anticipatamente, in tutto o in parte, il proprio debito, corrispondendo alla banca esclusivamente un compenso onnicomprensivo per l'estinzione contrattualmente stabilito”, alla quale la banca non può opporsi, diversamente dal leasing che per l’eventuale riscatto anticipato è richiesto il consenso della stessa.
Tuttavia, tale facoltà potrebbe essere esercitata anche attraverso l’utilizzo di fondi reperiti attraverso la stipula di un nuovo contratto di mutuo presso un’altra banca, nel quale si qualifica espressamente quello nuovo come finalizzato a procurare la provvista per estinguere quello vecchio, configurando l’operazione di surrogazione (c.d. portabilità del mutuo
introdotta dal d.l. 7/2007, conv. l. 40/2007), posta in essere al fine di sostituire il debito esistente con uno meno oneroso.
In riferimento all’aspetto patologico, il secondo comma dell’art. 40 TUB prevede che “la banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata”, configurando una oggettiva entità di inadempimento del mutuatario.
Riguardo la fase della soddisfazione del credito si evidenzia una maggiore tutela al creditore apprestata dalla locazione finanziaria, in virtù dell’applicabilità del procedimento di convalida di sfratto ex artt. 657 c.p.c. e ss., e dalla garanzia della permanenza del diritto di proprietà in capo al concedente, rispetto al mutuo fondiario che obbliga a seguire una più complessa e lunga procedura espropriativa.
4.5. LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL LEASING ABITATIVO
La legge di stabilità 2016, ai commi 82-83, introduce una disciplina fiscale “incentivante” per gli acquisti dell’abitazione principale dell’utilizzatore effettuati mediante lo strumento della locazione finanziaria. L’intervento verte nella direzione della precedente riforma della tassazione del leasing ai fini delle imposte indirette, avvenuta attraverso la legge di stabilità 2011, “diretta a garantire una sostanziale equivalenza tributaria tra l’acquisto diretto di un immobile e quello realizzato tramite la conclusione di un leasing finanziario”61.
Si precisa però che il legislatore ha inserito le novità fiscali ponendo fin da subito un limite temporale espresso per la loro applicazione che va dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2020, limitazione da intendersi riferita ai contratti stipulati entro tale data.
Una prima agevolazione riconosciuta all’utilizzatore è una detrazione dall’imposta lorda sui redditi IRPEF di un importo pari al 19% dei canoni e relativi oneri accessori e del costo di acquisto a fronte dell’esercizio dell’opzione finale, in caso di locazione finanziaria avente oggetto immobili anche da costruire da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla consegna.
L’importo massimo su cui calcolare la detrazione del 19% è di 8.000 euro per i canoni annui e di 20.000 euro per il costo di acquisto in caso di opzione a scadenza a condizione che il soggetto: abbia meno di 35 anni all’atto della stipula del contratto di locazione finanziaria, abbia un reddito complessivo inferiore a 55.000 euro e non sia titolare di diritti di proprietà su
61 X. Xxxxxxxx, Novità nella legge di stabilità 2016 per la tassazione del leasing finanziario abitativo, Studio tributario n.4-2016/T, approvato dall’Area Scientifica – Studi Tributari il 29 gennaio 2016, in xxx.xxxxxxxxx.xx,
p. 2.
immobili a destinazione abitativa. In caso di soggetti di età superiore, i limiti di spese detraibili sono rispettivamente di 4.000 e 10.000 euro.
Ai fini di tale detrazione, non risultano specifici requisiti costruttivi o risultanze catastali, il che comporta la possibilità di usufruire della detrazione anche se l’immobile è accatastato nelle categorie A1, A8 e A9.
Una seconda agevolazione introdotta è la riduzione dell’imposta di registro dovuta nella misura proporzionale del 1,5% per il trasferimento effettuato nei confronti delle banche e intermediari finanziari autorizzati all’esercizio dell’attività di leasing finanziario, e che ha per oggetto case di abitazione, di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9, acquisite in locazione finanziaria da utilizzatori per i quali ricorrono i requisiti di “prima” casa. Lo scopo della previsione è di consentire al contribuente di usufruire delle stesse agevolazioni ai fini dell’imposta di registro che avrebbe diritto in caso di acquisto diretto della stessa.
La terza e ultima agevolazione riguarda l’imposta di registro dovuta in ipotesi di cessione del contratto di leasing di immobili abitativi. Nello specifico, è stata prevista la soggezione a imposta di registro in misura proporzionale ad aliquota del 1,5%, ove il contratto ceduto dall’utilizzatore abbia ad oggetto un immobile abitativo di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9, a favore dei soggetti in possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni “prima casa”; in misura del 9% ove il contratto ceduto dall’utilizzatore non soddisfi le condizioni richieste per l’applicazione dell’aliquota dell’1,5% di cui sopra.
Riguardo la fiscalità dei mutui, per voler mantenere un confronto, è prevista la detraibilità degli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione ISTAT per i mutui ipotecari contratti per l’acquisto della “prima casa” nella misura del 19% su un importo massimo di
4.000 euro.
CONCLUSIONI
In conclusione alla trattazione, sento di potermi schierare dalla parte della dottrina che propende per la raggiunta tipicità del contratto di leasing finanziario, abbandonando così anche la tesi del contratto trilaterale, in seguito al doppio intervento del legislatore prima con la l. n. 208/2015 e successivamente con la l. n. 124/2017.
Attraverso tali interventi, la storica dicotomia, distintiva della fattispecie nelle due categorie di leasing finanziario traslativo e di godimento, pare aver perso le sue radici, in quanto creata dalla giurisprudenza al fine di evitare un ingiustificato arricchimento del concedente, risultando ormai inutile al seguito della concreta disciplina introdotta per l’ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore.
Tuttavia, tali interventi sembrano non avere una sedes materiae adeguata, poiché, visto il diffuso utilizzo dell’operazione soprattutto in ambito commerciale, meriterebbero il collocamento nel codice civile o nelle norme bancarie al fine di avere più visibilità.
Riguardo all’operazione di leasing immobiliare abitativo, è certo il carattere di specialità rispetto la generale fattispecie di leasing finanziario, e la conseguente maggior tutela dell’utilizzatore dovuta all’applicazione del Codice del Consumo, che tuttavia contrasta con la totale traslazione dei rischi del bene sull’utilizzatore prevista dalla legge stessa. Nel risolvere tale questione si ritiene prevedibile la gradazione dei rischi attraverso la contrattazione tra le parti o la stipula un’assicurazione che ne offra la copertura.
Riguardo il confronto leasing abitativo – mutuo, sono evidenti le differenze sul piano civilistico, in merito alle quali si nota che il leasing offre una garanzia maggiore al soggetto concedente derivante dal mantenimento del diritto di proprietà dell’immobile fino a scadenza, e dall’applicabilità della procedura speciale di rilascio dell’immobile. In favore dell’utilizzatore invece, il leasing presenta il vantaggio di poter coprire l’intero valore dell’abitazione e la possibilità di modulare liberamente l’importo della rata della locazione finanziaria e del riscatto finale, oltre che alla possibilità della sospensione dei canoni da parte dell’utilizzatore in caso di licenziamento economico, la quale sembra assumere un carattere assistenzialistico.
Sul piano fiscale non vi sono dubbi sulla maggiore convenienza dell’operazione di leasing, in particolare per i soggetti di età inferiori a 35 anni, essendo concessa la detrazione, oltre ai canoni pagati annui, di una parte del prezzo di opzione finale, diversamente dal mutuo che ammette la detrazione per la sola quota interessi, la quale, ipotizzando un piano di ammortamento alla francese, comporterebbe una detrazione annua decrescente.
In via definitiva, la scelta di questo strumento contrattuale per acquistare casa è quindi preferibile per i soggetti giovani, i quali, nell’ipotesi di avere un’attendibile aspettativa di un reddito crescente, possono ottenere fin da subito il godimento di un’abitazione, per il quale configurerà una situazione paragonabile al comune ”affitto” o al mutuo riguardo al periodico canone mensile da pagare, ma avendo il vantaggio di non impegnarsi, rispetto all’acquisto diretto attraverso la richiesta di un mutuo, nell’assunzione di un importante debito.
Il vantaggio risiede dunque, oltre che negli sgravi fiscali, nel poter rinviare la scelta dell’acquisto della piena proprietà dell’abitazione in futuro, mettendola in relazione al verificarsi o meno delle aspettative di crescita reddituale che si erano prospettate.
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