PER UNA (NON ASSOLUTA MA) RAGIONEVOLE COMPATIBILITÀ FRA TUTELA CAUTELARE INNANZI AL GIUDICE ITALIANO
RIVISTA DELL'ARBITRATO
Anno XXVII Fasc. 4 - 2017
ISSN 1122-0147
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
PER UNA (NON ASSOLUTA MA) RAGIONEVOLE COMPATIBILITÀ FRA TUTELA CAUTELARE INNANZI AL GIUDICE ITALIANO
E CONVENZIONE PER ARBITRATO ESTERO
Estratto
Milano • Xxxxxxx Editore
TRIBUNALE DI FROSINONE, ordinanza 19 settembre 2017; XXXXXXXXX X.X. xx Est.; (X c. Y)
Ricorso cautelare innanzi al giudice italiano - Eccezione fondata su convenzione arbitrale per arbitrato estero - Estensione della convenzione arbitrale alla materia cautelare - Difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Nel caso in cui le parti abbiano deferito le controversie contrattuali ad arbitrato estero (nella specie arbitrato ICC con sede in Svizzera) tale deferimento si estende anche alla materia cautelare e pertanto va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione all’istanza ex art. 669 ter c.p.c. intesa all’ottenimento di sequestro giudiziario ed in subordine di provvedimento di urgenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE. — Con ricorso ex artt. 670 e 700 c.p.c. datato 20/07/2017, la X ha adìto l intestato Tribunale, chiedendo: a) autorizzarsi il sequestro giudiziario dell impianto nonché dei suoi componenti, documentazione e know how — di cui al contratto intercorso con la Y s.p.a. fino alla consegna del bene o alla pronuncia di condanna alla consegna del medesimo; b) in subordine, ai sensi dell art. 700 c.p.c., xxxxxxsi (eventualmente con irrogazione di sanzione per ogni singola violazione accertata) alla Y di disporre materialmente o giuridica- mente del suddetto bene e dei suoi accessori sempre fino alla consegna del bene o alla pronuncia di condanna alla consegna del medesimo.
A fondamento delle proprie domande, la società istante ha allegato, in punto di fatto, quanto segue.
La Y è proprietaria di un sito produttivo ubicato in (omissis), il quale è in corso di dismissione.
La X e quest ultima società hanno stipulato, in data 18/09/2016, un contratto con il quale è stato pattuito: a) l acquisto (per il prezzo di Euro 10.000.000,00) dell impianto industriale ubicato presso lo stabilimento di (omissis), unitamente al know how ed ai documenti necessari per il suo funzionamento; b) il trasferimento (per il prezzo di Euro 200.000,00) di detto impianto dall Italia in Sri Lanka, ove la Y sta realizzando, in virtù di accordi con il Governo locale, un sito produttivo; c) l esecuzione, da parte della X, delle operazioni di smantellamento, imballaggio, riassemblaggio ed installazione di tale bene (al prezzo di Euro 1.900.000,00); d) il trasferimento del know how e della documentazione relativa al funzionamento dell impianto presso il sito ubicato in Sri Lanka (al prezzo di Euro 1.900.000,00). Il corrispettivo totale (Euro 14.000.000,00) avrebbe dovuto essere così pa- gato: Euro 4.200.000,00 entro giorni sette dalla stipula del contratto ed il residuo con le modalità indicate in una “lettera di credito” bancaria, il cui contenuto avrebbe dovuto essere concordato fra le parti, da emettersi nel mese di gennaio
dell anno 2017.
In data 21/09/2016, la X ha versato la somma di Euro 4.200.000,00.
Nei mesi seguenti sono proseguite le attività di smantellamento dell impianto ed il Governo dello Sri Lanka ha individuato l area su cui deve sorgere il nuovo stabilimento industriale.
In data 11/01/2017, la Y ha trasmesso alla X il progetto di massima relativo alla spedizione delle componenti dell impianto e quest ultima si è attivata per porre in essere gli adempimenti necessari all esecuzione del contratto.
In data 14/01/2017 e 16/01/2017, la X ha chiesto alla Y di fornire maggiori dettagli rispetto al piano delle spedizioni, atteso che la Banca chiamata ad emettere la “lettera di credito” li riteneva necessari, e la parte venditrice ha fornito dette integrazioni in data 16/01/29017. La X, dal canto suo, si è attivata per ottenere la suddetta “lettera” ed ha continuato le attività preliminari alla realiz- zazione dello stabilimento in Sri Lanka, sostenendo spese per Euro 10.000.000,00 e preventivandone altre per Euro 25.000.000,00.
In data 31/01/2017, la X ha comunicato alla Y che la Banca aveva condizio- nato l emissione della “lettera di credito” alla fornitura di ulteriori dettagli relativi alla spedizione dell impianto e che, in particolare, era necessario completare la fattura pro forma relativa alla spedizione. Detto documento è stato inviato dalla Y. In data 27/02/2017, le parti si sono incontrate a Dubai per definire le successive attività relative al contratto ed in data 29/02/2017 la Y ha confermato il
proprio interesse alla prosecuzione dei rapporti.
Nei mesi di marzo ed aprile dell anno 2017, è stato completato l iter auto- rizzativo in Sri Lanka e nello stesso periodo alcuni componenti del C.d.A. della Y si sono recati sul luogo ove deve essere realizzato il sito produttivo.
In data 09/05/2017, la X ha chiesto alla Y di fornire le coordinate bancarie per addivenire all emissione della “lettera di credito”.
In data 10/05/2017, tuttavia, la resistente ha comunicato la risoluzione del contratto e ciò sul presupposto che la società odierna ricorrente non avrebbe rispettato il termine, ritenuto essenziale, per la finalizzazione della “lettera di credito”.
Successivamente, i rapporti fra le parti sono continuati ed in data 15/06/2017 la BANCA COMMERCIALE Di ABU DHABI ha trasmesso alla X la bozza finale della “lettera di credito”.
A seguito di un incontro con la Y, è emerso che quest ultima avrebbe intenzione di vendere l impianto ad un terzo.
In punto di diritto, invece, la X ha allegato, avuto riguardo al fumus boni iuris, quanto segue.
Le controversie fra le parti sono state devolute ad un collegio arbitrale avente sede a Zurigo ed amministrato secondo il Regolamento Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale (di seguito anche “International Chamber of Com- merce” o “I.C.C.”) e la legge applicabile è, ai sensi del contratto, quella svizzera. L art. 2 del codice civile svizzero statuisce che “Il manifesto abuso del proprio diritto non è protetto dalla legge”, mentre l art. 107 del codice svizzero delle obbligazioni dispone che, qualora sia assegnato al debitore un termine per l adem- pimento e quest ultimo non sia eseguito, il creditore può domandare l adempi- mento medesimo oppure dichiarare espressamente, ma immediatamente, di rinun- ciarvi e, conseguentemente, recedere dal contratto oppure chiedere il risarcimento
del danno.
La Convenzione sui Contratti per la Vendita Internazionale di Beni Mobili (di seguito anche “Convenzione”), agli artt. 25 e 64, statuisce che solo l inadem- pimento essenziale può portare alla risoluzione del Contratto, dovendosi, tuttavia, parametrare l essenzialità alle conseguenze ricadenti sull altra parte del contratto. La medesima Convenzione, poi, statuisce che la risoluzione può essere dichiarata solo qualora alla scadenza del termine pattuito sia fissato un nuovo termine per adempiere.
Nel caso che occupa, la risoluzione comunicata priva di qualsivoglia effetto, atteso che: a) il termine pattuito non è essenziale, come dimostrato pure dal fatto che la Y ha proseguito nelle trattative sino al mese di aprile dell anno 2017; b) la resistente, né ha manifestato immediatamente, ossia alla scadenza del termine, la volontà di risolvere il contratto, né ha assegnato alla X un ulteriore termine per adempiere.
La Y, inoltre, ha agito in mala fede, in quanto ha incassato l acconto e solo dopo diversi mesi dalla scadenza del termine per adempiere, dopo avere intensi- ficato i rapporti con la X, così inducendola a proseguire le attività d estero per la realizzazione del sito industriale, ha improvvisamente manifestato la volontà di recedere dal contratto.
Quanto al periculum, invece, la X ha dedotto che la condotta della Y è lesiva dei suoi interessi, in quanto rende impossibile la realizzazione del sito industriale in Sri Lanka e rende vani i cospicui investimenti effettuati; il bene, inoltre, sta per essere alienato a terzi e non è possibile reperirne altro identico sul mercato in tempi brevi.
Radicatosi il contraddittorio, si è costituita in giudizio la Y, la quale ha in via pregiudiziale eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano, stante la clausola compromissoria inserita nell art. 15, comma 2, del contratto, ai sensi della quale le parti del presente giudizio hanno consensualmente stabilito di sottoporre l intero rapporto contrattuale e le relative vicende esclusivamente alla legge svizzera e di devolvere ogni controversia derivante e/o connessa ad esso ad un arbitrato internazionale con sede in Svizzera, amministrato secondo il Regola- mento Arbitrale della I.C.C. ed interamente governato dalla legge svizzera.
In via preliminare, invece, la Y ha eccepito l inammissibilità del ricorso per non essere stato assolto da parte ricorrente l onere probatorio relativo alla lex contractus (legge svizzera) sotto il profilo della sussistenza dei presupposti della cautela invocata: siccome il Tribunale adito dovrebbe giudicare applicando la legge straniera non solo per delibare in ordine alla sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, ma pure in ordine a tutti gli aspetti processuali dell ini- ziativa giudiziale, la X avrebbe dovuto ben evidenziare — non operando, attesa l eccezionale complessità dell attività di ricerca e di interpretazione della legge straniera, il principio jura novit curia — quali sono i criteri posti dalla legge svizzera per l emissione dei provvedimenti cautelai, ma ciò non ha fatto.
Inammissibile, sarebbe, sempre secondo la Y, il ricorso per sequestro giudi- ziario ex art. 670 c.p.c., e ciò per due motivi: a) perché detto sequestro non può essere concesso laddove il giudizio di merito tenda, come accade nel caso che occupa, ad attribuire la proprietà o il possesso in conseguenza della decisione su azioni contrattuali oppure la restituzione della cosa di cui altri ne abbia la detenzione in virtù della decisione su azioni personali; b) perché, siccome il codice civile svizzero non conosce il principio del trasferimento consensuale del diritto, ma il principio di astrattezza, per effetto del quale un contratto che ha ad oggetto il trasferimento della proprietà non trasferisce quest ultima per mezzo del mero consenso, ma obbliga l alienante a trasferire la proprietà del bene venduto all acquirente, la proprietà dei beni oggetto del contralto non è affatto contro- versa, essendo attualmente in capo alla Y.
Nel merito, invece, la società resistente ha eccepito quanto segue.
Innanzitutto, al contrario di quanto afferma parte ricorrente, non esiste alcuna partnership, fra la X e la resistente, avente ad oggetto la realizzazione del sito produttivo all estero: nel caso che occupa viene in rilievo unicamente un contratto di compravendita, per cui la Y è estranea alle vicende fra la X ed il Governo dello Sri Lanka.
In secondo luogo, nel caso in esame assume rilievo il solo comportamento tenuto dalle parti del contratto e non quello posto in essere da terzi, ossia da società di esse controllanti o da esse controllate, nonché dal Governo dello Sri Lanka.
Quanto al fumus boni iuris, la resistente ha dedotto quanto segue: a) la Y ha tempestivamente adempiuto a tutte le proprie obbligazioni ed ha messo la X in condizione di adempiere tempestivamente alle proprie; la mancata esecuzione del contratto, pertanto, è imputabile unicamente a quest ultima società, la quale non è stata in grado di ottenere, alla scadenza pattuita, la “lettera di credito” promessa e, di conseguentemente, è inadempiente; b) nel caso di specie, al contrario di quanto afferma la X, non era necessario concedere alcun termine per l adempi- mento e quello pattuito in contratto era senza dubbio essenziale: il codice svizzero delle obbligazioni, infatti, statuisce, dell art. 108, che la fissazione di un termine per l adempimento tardivo del contratto non è necessaria, tra l altro, quando dal contegno del debitore risulti che essa sarebbe inutile e quando dal contratto risulti l intenzione dei contraenti che l obbligazione debba adempirsi esattamente ad un tempo determinato oppure entro un dato termine; c) anche il dettato letterale dell art. 25 della Convenzione è inequivocabile in tal senso: detto articolo, infatti, statuisce che “Una violazione del contratto commessa da una delle parti è essenziale se causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di quello che questa parte era in diritto d’attendersi dal contratto, a meno che la parte inadem- piente non potesse prevedere siffatto risultato e che una persona ragionevole della stessa qualità, posta nella stessa situazione, pure non l’avrebbe previsto” e per consolidata giurisprudenza internazionale la mancanza di una ‘‘lettera di credito” secondo le condizioni pattuite fra le parti è chiaramente riconducibile alla nozione di violazione essenziale del contratto; d) sempre la Convenzione, all art. 54, stabilisce che “L’obbligo del compratore di pagare il prezzo comprende quello di prendere le misure e di compiere le formalità destinate a permettere il pagamento del prezzo che sono previste dal contratto o dalle leggi e dai regolamenti”, dal che consegue che la Y non può invocare come causa esimente il comportamento tenuto dalla Banca e dal Governo dello Sri Lanka; e) non sono vere la circostanze relative all incontro fra le parti del contratto a Dubai ed alla presenza del management della Y in Sri Lanka, per cui non può sostenersi che la resistente avrebbe tollerato l inadempimento ed indotto la X a confidare nel trasferimento della proprietà del bene oggetto dell accordo contrattuale.
Quanto al periculum in mora, invece, la Y ha eccepito, per un verso, che non
vi è prova alcuna degli investimenti effettuati dalla X in Sri Lanka e, per altro verso, che non è affatto vero che l impianto oggetto del contratto sta per essere venduto a terzi e che comunque di detto fatto non vi è prova alcuna, neanche indiziaria.
All udienza del 04/08/2017, il G.D., uditi i procuratori delle parti, si è riservato la decisione, concedendo termine per il deposito di note e di repliche.
1. Arbitrato straniero e rinvio generico alla legge svizzera: conseguenze
La prima questione da esaminare è quella relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice adito e ciò per due motivi.
Il primo si sostanzia nel fatto che le parti del contratto hanno pattuito che tutte le controversie relative all accordo contrattuale sono rimesse ad un collegio arbitrale con sede in Svizzera e che l arbitrato è amministrato secondo il Regola- mento Arbitrale della I.C.C.
Il secondo motivo, invece, si sostanzia nel fatto che la normativa applicabile è, per espressa pattuizione contrattuale, solo e soltanto quella svizzera, con esclusione unicamente delle previsioni relative alla scelta delle disposizioni di legge o delle norme di conflitto vigenti nel diritto internazionale svizzero, ossia della normativa di diritto internazionale privato elvetica (art. 15 del contratto). È stato, dunque, operato un rinvio c.d. “fisso” al diritto elvetico ed alle convenzioni internazionali da esso recepite.
La prima questione che si pone, allora, è quella di stabilire se al collegio arbitrale vada devoluta anche la presente controversia: più in particolare, atteso il generico riferimento alla sola sede del suddetto collegio ed il del pari generico rinvio alla legge svizzera, occorre stabilire in primo luogo se gli arbitri debbano operare applicando anche la legge processuale svizzera e, successivamente, qua- lora al quesito si dia risposta positiva, stabilire se, ai sensi di detta normativa, gli arbitri possano emettere provvedimenti cautelari.
Qualora ai suddetti quesiti si dia risposta positiva, infatti, o le domande avanzate sarebbero in questa sede improponibili (non venendo in rilievo una questione di giurisdizione, come si evince da Xxxx. Civ., SS.UU., n. 6349/03, in motivazione, secondo cui “il principio dell’inammissibilità del regolamento preven- tivo di giurisdizione rivolto a far valere la carenza di giurisdizione del giudice adito, così come di ogni altro giudice della Repubblica italiana, a fronte della presenza di un compromesso, o di una clausola compromissoria, che prevedano il ricorso ad un arbitrato estero — e ciò sul rilievo dell’insorgenza, in tal caso, di una questione, non già di giurisdizione, ma di merito — opera anche nel sistema risultante dalla Convenzione per ii riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 e ratificata con la legge 19 gennaio 1968, n.
62 ..., l’aver compromesso le controversie in arbitrato estero non integra un problema di giurisdizione, ma di improponibilità della domanda davanti al giudice ordinario.”), oppure andrebbe dichiarato, anche d ufficio, il difetto di giurisdi- zione, come affermato, più di recente, da Xxxx. Civ., SS.UU., n. 16469/17 — sul presupposto della natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all arbitrato, in conseguenza della disciplina complessiva- mente ricavabile dalla legge n. 5/94 e dal D.Lgs. n. 40/06 — che si condivide (nello stesso senso, Xxxx. Civ., SS.UU., n. 9380/92 e Cass. Civ., SS.UU., n. 1664/86 in tema di accertamento tecnico preventivo).
2. Valità della clausola compromissoria.
Il che pone, innanzitutto, il problema di stabilire se la clausola di cui all art. 15 del contratto intercorso fra le parti sia valida: è noto, infatti, che il giudice italiano adìto ha “... il potere-dovere di verificare, preliminarmente, la validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria per arbitrato estero, in via di delibazione sommaria, e, all’esito favorevole di tale verifica, di rimettere le parti dinanzi agli arbitri. Solo in caso di verifica negativa, il giudice si pronunzierà sulla giurisdizione propria o di altro giudice. La delibazione sommaria effettuata dal giudice adito sulla validità, operatività ed applicabilità della clausola compromis- xxxxx, non essendo idonea a formare il giudicato, non vincolerà né il collegio
arbitrale né il giudice straniero, di cui sia stata ritenuta la giurisdizione” (Cass. Civ., SS.UU., n. 5601/95, in motivazione). Ad avviso del Tribunale, la clausola in questione è senza dubbio valida, in quanto risulta stipulata in Italia, è contenuta in atto scritto ed attiene a diritti disponibili (si vedano Cass. Civ., SS.UU., n. 5601/95, cit., secondo cui “Il requisito della forma scritta, con riguardo a clausola compro- missoria per arbitrato estero, nella disciplina della convenzione di New York del 10 giugno 1958 (resa esecutiva con legge 19 gennaio 1968 n. 62), è soddisfatto dall’inserirnento della clausola medesima in accordo sottoscritto dalle parti, senza che si renda necessaria la specifica approvazione di cui all’art. 1341 cod. civ., ancorché il contratto sia stato concluso in Italia” e Cass. Civ., SS.UU., n. 3989/77, in tema di brevetti per marchi d impresa, secondo cui nulla osta “... alla validità ed operatività di una clausola compromissoria, che devolva alla cognizione di arbitri stranieri le controversie su diritti disponibili derivanti da un contratto...”).
3. Applicabilità della legge processuale svizzera.
La seconda questione che si pone è quella relativa alla legge applicabile, nel senso che occorre stabilire se il rinvio operato dalle parti attenga anche alla legge processuale svizzera.
Al quesito va data risposta senza dubbio positiva per un duplice ordine di motivi: per un verso, la genericità del rinvio alla legge straniera ed il riferimento alla devoluzione di eventuali controversie in arbitri con sede in Svizzera induce a ritenere che il collegio arbitrale dovrà giudicare secondo la legge non solo sostanziale ma pure processuale svizzera; per altro verso, non avrebbe alcun senso prevedere un collegio arbitrale avente sede a Zurigo ed il rinvio alla legge svizzera solo sostanziale, atteso che — alternativamente — o non si saprebbe quali norme procedurali disciplinano l attività degli arbitri, oppure si perverrebbe d assurdo di dover applicare per la soluzione della medesima controversia due normative diverse (quella sostanziale e quella processuale).
Insomma, il rinvio “fisso” e generico è senza dubbio alcuno da intendersi riferito alle legge svizzera nel suo complesso, ossia sia alle norme sostanziali che a quelle processuali.
4. Deroga alla giurisdizione
La terza questione che si pone attiene alla sussistenza di una deroga pattizia da giurisdizione del giudice italiano.
Anche a detto quesito va data risposta positiva.
4.1. Individuazione della fattispecie
Innanzitutto, occorre evidenziare che, nel caso in esame, non si tratta di giudizio rimesso ad un collegio arbitrale avente sede all estero ma chiamato a giudicare secondo la legge italiana, ipotesi in cui pacificamente, sussistendo il divieto di cui all art. 818 c.p.c., i provvedimenti cautelari possono essere chiesti solo d Autorità Giudiziaria italiana e si discute soltanto in ordine alla competenza per territorio e, in specifici casi, per materia (si vedano Trib. Venezia 06/07/1998; Trib. Palmi 09/07/1998).
Nella fattispecie posta d esame del Tribunale, per contro, gli arbitri non solo hanno sede all estero, ma le parti hanno pure rinviato alla legge svizzera, dal che consegue l inapplicabilità del citato art. 818 C.P.C.
4.2. Rinuncia alla giurisdizione
La premessa da cui partire, allora, è proprio la deroga alla giurisdizione italiana, che all evidenza sussiste: per Xxxx. Civ., SS.UU., 22236/09 (che richiama
Xxxx. Xxx., XX.XX., x. 00/00; Cass. Civ., SS.UU., n. 1735/05; Cass. Civ., SS.UU., n.
6349/03; Cass. Civ., n. 10723/02), infatti, sebbene la questione relativa all indivi- duazione del giudice competente (privato o pubblico) non attenga alla giurisdi- zione, ma al merito, comunque la clausola compromissoria, contenuta nel con- tratto intervenuto tra le parti “... comporta la rinuncia ad ogni tipo di giurìsdizione, sia essa italiana o straniera...”.
Sussiste, dunque, una deroga sia alla giurisdizione di merito che a quella cautelare.
5. Potere in capo agli arbitri di emettere provvedimenti cautelari
5.1. Art. 4 della legge n. 218/95
Ora, siccome la scelta in favore dell arbitrato è un atto di autonomia privata (Cass. Civ., SS.UU., n. 22236/09, citata; Xxxxx Xxxx. x. 000/00, secondo cui “... il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti: perché solo la scelta dei soggetti (intesa come una dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’art. 24, primo comma, della Costituzione) può derogare al precetto contenuto nell’art. 10, primo comma, della Costituzione ... omissis ... Sicché lo « fonte » dell’arbitrato non può ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, più generalmente, in una volontà autoritativa: ed il principio fissato dall’art. 806 del codice di procedura civile, primo comma, prima parte (« Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte... »), assume il carattere di principio generale, costituzionalmente garantito, dell’intero ordina- mento...”), possono, seppure — si badi bene — solo a determinate condizioni, operare i principi di cui alla legge n. 218/95, il cui art. 4, in tema di accettazione e deroga della giurisdizione italiana, statuisce a chiare lettere non solo che “... la giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di giudice straniero o di un arbitrato estero. ”, ma pure che, anche quando vi sia tale deroga
(alla giurisdizione italiana), “... essa nondimeno sussiste se il convenuto compaia
nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo”.
Irrilevante, per contro, è (C.G.C.E., Sent. 27/04/1999, C.-99/96, Xxxxx) la mera comparizione in giudizio del convenuto — cui va equiparata la contumacia, in quanto comportamento “neutro” — e ciò in quanto “. il fatto che il convenuto
compaia dinanzi al giudice del procedimento sommario nell’ambito di una proce- dura rapida, volta alla concessione di provvedimenti provvisori o cautelari in via di urgenza, e che non pregiudicano la cognizione della causa nel merito, non è in sé elemento sufficiente a far ritenere un’accettazione tacita della giurisdizione. ”.
Ebbene, nel caso che occupa la Y si è costituita in giudizio puntualmente eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
5.2. Art.10 della legge n. 218/95 ed art. 669, ter, comma 3, c.p.c.
Il che porta alla questione relativa all applicabilità dell art. 10 della legge n. 218/95 (tesi sostenuta dalla X), secondo cui “sussiste la giurisdizione dei giudice italiano quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione sul merito” e dell art. 669 ter, comma 0, x.x.x. (xxx xxxx richiamato dalla ricorrente).
Ad avviso del Tribunale, tanto l art. 10 che l art. 669 ter, comma 3, citati non possono operare allorché le parti abbiano scelto di devolvere ogni controversia scaturente da un determinato rapporto alla cognizione di un arbitro estero, così rinunciando “a monte” e totalmente alla giurisdizione del giudice italiano: tali norme, infatti, operano solo qualora manchi ex lege la giurisdizione sul merito e
non quando detta completa rinuncia vi sia stata e ciò in quanto, come si è più volte detto, la giurisprudenza pacifica nel ritenere che la rinuncia alla giurisdizione importa anche la rinuncia alla giurisdizione cautelare (Cass. Civ., SS.UU., 22236/ 09, cit.; Xxxx. Xxx., XX.XX., x. 00/00, cit.; Xxxx. Civ., SS.UU., n. 1735105, cit.; Cass.
Civ., SS.UU., n. 6349/03, cit.; Xxxx. Civ., n. 10723/02, cit.; Cass. Civ., SS.UU., n. 9380/92, cit.; Cass. Civ., SS.UU., n. 5049/85).
Insomma, bisogna distinguere fra arbitrati esteri che derogano in toto alla giurisdizione italiana ed arbitrati esteri che tale deroga totale non prevedono perché hanno ad oggetto controversie comunque non appartenenti al giudice italiano e solo per queste ultime si deve ritenere che sussista la giurisdizione cautelare del giudice italiano; diversamente opinando, infatti, si finirebbe per attribuire all art. 10 citato la qualifica di norma autoritativa di ordine pubblico che le è pacificamente estranea.
Inoltre, il criterio c.d. “esecutivo” posto dall art. 10 (sussiste la giurisdizione cautelare del giudice italiano quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o sussiste la giurisdizione italiana sul merito) all evidenza non è invocabile nell ipotesi in cui, in aperto contrasto con la volontà delle parti, il medesimo possa tradursi in una definitiva sostituzione del giudice del giudizio di merito straniero con quello italiano. Ebbene ciò accade, come correttamente osserva la Y, avuto riguardo ai provvedimenti di urgenza di cui all art. 700 c.p.c. (la cui adozione è pure chiesta dalla X): difatti, siccome le attività previste dall art. 669 octies, comma 5, c.p.c. (secondo cui nel caso di controversia devoluta in arbitrato, la parte, nel termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se ante- riore, del provvedimento cautelare, deve notificare all altra parte un atto con il quale dichiara di voler iniziare il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede alla nomina degli arbitri), sono condizione imprescindibile per il perdu- rare dell efficacia del provvedimento cautelare, ma il successivo comma sei del- l art. 669 octies c.p.c. precisa pure che la tempestiva introduzione del giudizio di merito non è necessaria (tra l altro) per i provvedimenti emessi ai sensi dell art. 700 c.p.c., potrebbe prodursi, qualora il giudizio di merito non sia introdotto, l effetto della definitiva sottrazione del giudizio principale alla giurisdizione del giudice straniero o dell‘arbitro estero. Inoltre, la parte vittoriosa in sede cautelare costringerebbe quella soccombente, al fine di non assistere al definitivo esautora- mento della potestas iudicandi del giudice straniero o dell arbitro estero, ad incardinare essa stessa il giudizio di merito dinanzi al giudice straniero o all arbitro estero, così vedendo invertito in proprio danno l onere di provare gli elementi costitutivi della pretesa avanzata.
In contrario non giova richiamare, come fatto dalla X, Trib. Roma, 28/08/1999
e Trib. Roma, 12/07/1999 perché attengono entrambe ad ipotesi in cui le parti si erano espressamente riservate la possibilità di adire l autorità giudiziaria per ottenere provvedimenti cautelari ed urgenti.
5.3. Diritto privato internazionale svizzero e diritto processuaie svizzero Xxxxxxx coglie nel segno la X allorché afferma che la giurisdizione caute-
lare del giudice italiano sussisterebbe perché: a) nell ordinamento giuridico sviz- zero, la competenza cautelare degli arbitri è concorrente con quella dell Autorità Giudiziaria Statale (art. 183, comma 1, della legge federale sul diritto internazio- nale privato ed art. 374, comma 1, del codice di procedura civile; b) il giudice statale competente andrebbe individuato, ai sensi dell art. 10 della legge svizzera
sul diritto internazionale privato, nel giudice del luogo ove deve essere eseguito il provvedimento cautelare; c) siccome la misura cautelare non può, nel caso che occupa, essere eseguita in Svizzera, sarebbe competente il giudice italiano.
Detta tesi, infatti, oltre a sovvertire i termini della questione, atteso che la questione sulla giurisdizione dovrebbe essere, in quest ottica, posta al giudice svizzero preventivamente adìto, cozza apertamente con l art. 15 del contratto concluso fra le parti, il quale esclude l applicabilità della legge di diritto interna- zionale privato svizzera (“... senza tenere conto delle nome in materia di scelta di legge o di conflitto di legge.. .” si legge all art. 15).
5.4. Norme procedurali di cui al Regolamento Arbitrale della I.C.C.
Lo stesso è a dirsi per la tesi, sempre sostenuta dalla X, secondo cui la giurisdizione del giudice italiano sussisterebbe anche in relazione alle norme procedurali svizzere che disciplinano il procedimento arbitrale (art. 15 del Rego- lamento Arbitrale della I.C.C., a dire della società ricorrente).
Al riguardo si osserva, in primis, che la norma richiamata (l art. 15) è del tutto inconferente; è l art. 28, comma 2, infatti, quella cui la società ricorrente intende in concreto fare riferimento.
In secondo luogo, se è vero che detta disposizione consente alle parti di adire in via cautelare i giudizi nazionali prima dell instaurazione del procedimento arbitrale, è del pari vero che la medesima va applicata tenendo conto del conte- nuto della clausola arbitrale, nel senso che essa non vieta affatto al giudice interno di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in virtù del contenuto della suddetta clausola, atteso che la norma — e non a caso — “... non pregiudica i poteri del tribunale... .
5.5. Sussistenza in astratto in capo agli arbitri del potere di emettere provve- dimenti cautelari
In ragione di tutto quanto sino ad ora detto, questo Tribunale, almeno in astratto, non può esaminare le domande cautelari avanzate dalla X e deve rimettere le parti innanzi agli arbitri.
Questa tesi trova conferma nella — invero, come si è visto, non sempre coerente in ordine alla sussistenza del difetto di giurisdizione — giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La Corte, infatti, ha innanzitutto affermato, proprio in relazione alla richiesta di provvedimento cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c., che, ai sensi dell art. 4 della legge n. 218/95, la mancata proposizione, da parte del convenuto costituito, dell eccezione di carenza di giurisdizione nella fase del procedimento cautelare ante causam, da cui è conseguita l adozione di detto provvedimento da parte del giudice italiano, non comporta affatto l accettazione della giurisdizione del giudice italiano quanto al diverso ed autonomo giudizio di merito che segua quello cautelare, e non preclude, pertanto, al medesimo convenuto di eccepire, in esso, nel primo atto difensivo, il difetto di giurisdizione del giudice adito. (Cass. civ., SS.UU., n. 24-48/06). Ragionando a contrario, dunque, si deve ritenere che, qualora tale eccezione sia formulata, il giudice italiano deve astenersi dal provve- dere sulla domanda cautelare, fermo restando che nulla osta alla proposizione della domanda di merito innanzi a detto giudice, il quale, in assenza di eccezioni del convenuto costituito, dovrà provvedere.
In secondo luogo, le Sezioni Unite hanno statuito che “Il compromesso per arbitrato estero, che valga a sottrarre al giudice italiano una determinata controver-
sia, implica, in mancanza di una diversa norma di legge o convenzione internazio- nale, il difetto di giurisdizione di detto giudice anche sul ricorso per accertamento tecnico preventivo inerente alla controversia medesima, atteso che tale ricorso introduce un procedimento, di natura giurisdizionale, strettamente connesso con il successivo giudizio di merito ed esaurentesi in una anticipata istruttoria, destinata ad essere inserita ex post nel giudizio stesso” (Xxxx. Civ., SS.UU., n. 9380/92; Cass. Civ., SS.UU., n. 1664/86, entrambe citate).
In conclusione, nel caso in esame gli arbitri sono chiamati anche ad emettere provvedimenti cautelai, attesa la deroga alla giurisdizione italiana conseguente all opzione per un collegio arbitrale estero e l applicabilità generale della legge svizzera.
In contrario non giova evidenziare che, opinando in tal senso, potrebbero sorgere problemi in sede di attuazione del futuro provvedimento cautelare (pe- raltro superabili ove si consideri che trattasi di un provvedimento non già cautelare di diritto interno, ma di un provvedimento emesso da arbitro estero che va solo reso esecutivo in Italia): come correttamente osservato in dottrina, infatti, qualora le parti abbiano consapevolmente scelto di derogare interamente alla giurisdizione italiana, sibi imputent il fatto di essersi private della giurisdizione medesima.
6. Sussistenza in concreto in capo agli arbitri individuati dalle parti del potere di emettere provvedimenti cautelari
L unico problema che si pone, allora, è quello di stabilire se la legge svizzera consenta agli arbitri di adottare provvedimenti cautelari: solo qualora ciò non sia possibile, infatti, si potrebbe porre il problema della nullità (totale o parziale) della clausola compromissoria per contrasto con l art. 24 Cost., in quanto impeditiva della tutela cautelare, che nel nostro ordinamento assume pacificamente rilievo costituzionale (si vedano Xxxxx Xxxx., x. 000/00; Corte Cost., n. 321198; Xxxxx Xxxx., x. 000/00, secondo cui il principio relativo alla garanzia della tutela giuri- sdizionale posto dall art. 24, primo comma, Cost., che comprende anche la fase dell esecuzione forzata, deve essere attuato in almeno due modi diversi: da un lato, gli strumenti di tutela più rapidi possono essere chiamati a realizzare la funzione di anticipazione satisfattiva della pretesa del soggetto istante attraverso la antici- pata formazione di titoli esecutivi (anche) provvisori, che consentano di accedere immediatamente ai processi di esecuzione forzata e, quindi, di realizzare quanto disposto dal titolo anche contro la volontà del soggetto obbligato; dall altro, l effettività può essere chiamata ad evitare che il risultato della tutela finale di merito possa essere vanificato in conseguenza di pericula che solo l intervento del giudice della cautela può neutralizzare attraverso misure di cautela tipica, atipica ed “extravagante”, idonee a salvaguardare il diritto leso o sottoposto a pericolo di lesione). Il che porrebbe, di conseguenza, il duplice problema di individuare, da un lato, la legge applicabile e, dall altro lato, il giudice competente a provvedere (quello svizzero o quello italiano).
Al quesito va data risposta positiva.
La legge processuale elvetica (codice di diritto processuale - c.p.c.) disciplina, nella parte terza, il procedimento arbitrale.
Detto codice (art. 353) fa riferimento al “Tribunale Arbitrale” e ne individua tre: due Cantonali ed uno equiparato al giudice di merito.
Purtuttavia, è evidente che le norme ivi contenute si applicano (anche) ai Collegi Arbitrali, del pari definiti “Tribunali Arbitrali”, atteso che: a) l art. 356
stabilisce che il Cantone deve provvedere alla nomina di un “Tribunale Superiore”, competente unicamente per statuire sui reclami e sulle domande di revisione, nonché a ricevere in deposito il lodo ed attestarne l esecutività, e di un secondo Tribunale (o di un Tribunale composto in altro modo), il quale è competente, in istanza unica, solo e soltanto per la nomina, ricusazione, la revoca e la sostituzione degli arbitri, nonché per la proroga del mandato del “Tribunale Arbitrale” e per prestare ‘‘concorso” a detto Tribunale per procedere ad atti procedurali; b) il “Tribunale Arbitrale” chiamato a decidere la controversia è composto, in virtù della pattuizione di arbitrato, dagli arbitri nominati dalle parti o dal Tribunale (artt. 360 e 361). Il “Tribunale Arbitrale” che decide la controversia, dunque, è il Collegio Arbitrale di diritto italiano, mentre i Tribunali Arbitrali Cantonali sono chiamati a coadiuvare il Collegio Arbitrale, a risolvere controversie ed a ricevere il lodo per attestarne l esecutività.
Ciò detto, si osserva che, secondo la legge svizzera, il collegio arbitrale (recte: il “Tribunale Arbitrale” composto dagli arbitri di cui al patto di arbitrato), al pari del “Tribunale Statale”, può, salvo diversa pattuizione delle parti, ordinare, ad istanza di queste ultime, provvedimenti cautelari, “nessuno escluso compresi quelli per assicurare i mezzi di prova” (art. 374) e, quindi, d evidenza anche quelli ante causam.
Ancora, sia l art. 183 della legge di diritto internazionale privato svizzera, quanto il vigente Regolamento della I.C.C. (artt. 28 e 29) riconoscono in capo agli arbitri il potere di emettere misure cautelari.
7. Conclusione e spese
Ne consegue che, non emergendo profili di nullità della clausola arbitrale, le domande cautelari vanno, nel caso che occupa, rivolte al collegio arbitrale di cui all art. 15 del contratto, non rinvenendosi alcuna pattuizione derogativa alla norma generale svizzera. Pertanto, il Tribunale adito deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione.
Le spese del presente giudizio, attesa la assoluta peculiarità della controver- sia, vanno interamente compensate fra tutte le parti in causa.
(Omissis).
Per una (non assoluta ma) ragionevole compatibilità fra tutela cautelare innanzi al giudice italiano e convenzione per arbitrato estero.
1. Richiesto di un sequestro giudiziario ante causam pacificamente da eseguirsi in Italia (l oggetto del sequestro è uno stabilimento indu- striale del Frusinate), il Tribunale di Frosinone si trova di fronte — per essergli questo eccepito dal resistente in termini di carenza della potestas iudicandi anche cautelare del giudice italiano — ad un accordo compro- missorio per arbitrato ICC con sede in Svizzera (Zurigo), accedente a contratto nel quale le parti hanno altresì previsto l applicazione della legge sostanziale svizzera ad esclusione delle regole svizzere di d.i.p. e perciò senza alcuna possibilità di rinvio ad altra legge.
Il Tribunale perviene alla conclusione del proprio difetto di giurisdi- zione cautelare (non invece improponibilità della domanda cautelare, perché il Tribunale aderisce giustamente alla concezione più moderna che la Cassazione ha ormai avallato quanto alle conseguenze della scelta compromissoria per arbitrato estero in ordine ai poteri del giudice dello Stato).
La conclusione è, nel caso concreto, di ben dubbia approvabilità, anche se taluni passaggi della impegnata e quasi appassionata motivazione sono condivisibili e tutta tale motivazione è l occasione per una ulteriore riflessione su tema assai sfuggente e che, tutto sommato, la nostra giuri- sprudenza non ha avuto ancora l opportunità (anzi le opportunità visto il “caso per caso” come vedremo essenziale in ordine alla interpretazione della volontà compromissoria in relazione alle circostanze oggettive date) di approfondire compiutamente.
2. Condivisibile è anzitutto — e dico anzitutto sul mio personale piano espositivo senza seguire ora e di qui in poi l ordine logico della motivazione — che l art. 10 della nostra legge sul d.i.p. n. 218/1995 (1) non sia di per sé tranchante nel senso di attribuire sempre e comunque, in presenza di convenzione arbitrale per arbitrato estero, la potestas iudi- candi al giudice italiano in ordine a provvedimenti cautelari che debbano essere eseguiti in Italia; detto in altri termini: l art. 10 non è certo di ostacolo alla esclusione compromissoria della giurisdizione cautelare ita- liana e prima ancora non è di ostacolo alla rinuncia alla giurisdizione cautelare italiana. Ci mancherebbe davvero che le parti potessero esclu- dere compromissoriamente o rinunciare la giurisdizione italiana di merito e non quella cautelare.
Perfino sul nostro versante puramente interno, ove la vigenza — un tempo monolitica, oggi solo lievemente scalfita dal d.lgs. n. 5/2003 sull ar- bitrato societario — dell art. 818 c.p.c. comporta la impossibilità di riferire alla volontà compromissoria in quanto tale l attribuzione del potere cautelare agli arbitri e perciò la sottrazione del potere cautelare al giudice dello Stato, non si può eliminare dalla scena l ipotesi teorica che almeno quest ultima sia appositamente pattuita se del caso come “rafforzamento”
(1) Quello secondo cui “In materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione di merito”.
Si rammenti che il titolo di giurisdizione cautelare italiano connesso alla esecuzione della misura in Italia è tra quelli (diversi dalla sussistenza della giurisdizione per il merito ed eventualmente “esorbitanti”) che la permissiva disposizione dell art. 31 del Regolamento CE n. 44/2001 (“Bruxelles I”), come già l art. 24 Conv. Bruxelles del 1968, autorizza mediante sostanziale rinvio alle regole di d.i.p. degli Stati membri (“i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno stato membro possono essere richiesti al giudice di detto stato anche se in forza del presente regolamento la competenza a conoscere dal merito è riconosciuta al giudice di un altro stato membro”).
indiretto della scelta compromissoria (vogliamo gli arbitri, in luogo del giudice, per la soluzione della nostra controversia di merito, e del secondo non vogliamo neppure “intromissioni cautelari” prima o in corso del giudizio di merito arbitrale).
A fortiori: allorché la convenzione preveda una scelta arbitrale non italiana, non essendo ovviamente esportabile il pesante divieto sancito dal nostro art. 818 c.p.c., non può certo escludersi in astratto che quella convenzione a) intenda conferire agli arbitri (che possano esercitarlo secondo l ordinamento dell arbitrato) anche il potere cautelare, b) né che essa intenda sottrarre quel potere ad ogni giudice statuale e compreso quello italiano (2) nonostante il lien de rattachement del luogo di esecu- zione della cautela, attraverso cui l art. 10 l. n. 218/1995 consente ma non certo impone ad ogni costo la potestas cautelare del giudice italiano che pure sia privo o sia stato privato della giurisdizione di merito ed in particolare ne sia stato privato della volontà compromissoria.
Il problema è però appunto quello di appurare — in termini di ricostruzione della volontà compromissoria — quando a) o b) si verifi- chino in concreto e di tener presente, senza superficialità, che a) non comporta necessariamente b), e che cioè il conferimento compromissorio implicito o perfino esplicito dei poteri cautelari agli arbitri non comporta necessariamente l esclusione del potere cautelare del giudice dello Stato.
3. Ma andiamo con ordine seguendo la logica e commentando secondo logica altri assunti della motivazione del Tribunale di Frosinone.
Uno fra essi va subito seccamente smentito in senso speculare a quanto fin qui rilevato.
Se non è affatto vero che l art. 10 l. n. 218/1995 postula sempre ed indistintamente la potestas cautelare del giudice statuale italiano sol perché giudice del luogo di esecuzione del provvedimento senza possibi- lità di deroga compromissoria o comunque pattizia, neppure è vero che al contrario qualsiasi convenzione arbitrale comporti sempre ed invariabil- mente sia deroga alla giurisdizione di merito che a quella cautelare (v. invece il punto 4.2 della motivazione, il quale sebbene laconico è il vero cuore ed in definitiva, e salvo poco altro, la autentica e sola quanto apodittica ratio decidendi della declinatoria di giurisdizione del Tribunale di Frosinone).
Ciò non può dirsi vero sol perché la Cassazione (3) ha a suo tempo affermato che la scelta compromissoria per arbitrato estero “comporta la rinuncia ad ogni tipo di giurisdizione sia essa italiana o straniera”, frase
(2) V. già esattamente TOMMASEO, Xxx fori e tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale, in questa Rivista, 1999, 23.
(3) Cass. Sez. Un. n. 22236/2009 e le altre richiamate al paragrafo 4.2 della ordinanza.
questa — oltre che pressoché insensata (4) e comunque ormai démodée rispetto all alternativa pur sempre in rito fra improponibilità assoluta della domanda al giudice italiano (cui quella frase appunto intendeva xxxxxx xxxx) e difetto di giurisdizione del giudice italiano (secondo l attuale ed ormai consolidato avviso reinaugurato dalle notissime Sez. Unite 25 ottobre 2013, n. 24153 (5)) — è del tutto anodina riguardo al tema della rinuncia o meno alla giurisdizione cautelare italiana, perché concepita e utilizzata sempre, dalla sorpassata giurisprudenza, con riguardo a do- mande e relativa potestas iudicandi “di merito”.
E neppure rileva, onde asseverare in termini generali la predetta affermazione del Tribunale di Frosinone, l attuale approdo giurispruden- ziale (richiamato al paragrafo 5.5 dell ordinanza in esame) tendenzial- mente negazionista riguardo alla possibilità che il giudice italiano emani nostri provvedimenti di istruzione preventiva in caso di convenzione per arbitrato estero (6): si tratta di approdo che prima o poi meriterà di essere ridimensionato e che è comunque e dichiaratamente troppo connesso con le peculiarità lato sensu cautelari della istruzione preventiva (intrinseca- mente funzionale al processo ed al giudizio sul merito in quanto tali piuttosto che alla tutela interinale della situazione sostanziale) per poter essere generalizzato.
Ed ovviamente nemmeno depone minimante nel senso voluto della motivazione annotata (v. sempre il par. 5.5) Cass. Sez. Unite n. 2448/06, ove semplicemente e giustamente si dice che la mancata contestazione ad opera del resistente costituito in ordine alla giurisdizione (cautelare) in sede di procedimento ex art. 700 ante causam non comporta affatto l accettazione della giurisdizione (di merito) del giudice italiano in rela- zione al futuro e successivo giudizio ordinario, nel quale quel resistente, da convenuto nuovamente costituito, potrà ovviamente eccepire il difetto di giurisdizione e dovrà farlo se a quella giurisdizione di merito intende sottrarsi.
(4) Per le ragioni che avevo cercato di spiegare (in senso complessivamente critico rispetto alla pregressa giurisprudenza) in XXXXXXXXX, Le Sezioni Unite e l’eccezione fondata su accordo compromissorio per arbitrato estero, in questa Rivista, 2004, 39 ss.; ragioni poi piena- mente condivise anche sul punto specifico dalle Sezioni Unite n. 24153/2013.
(5) Vedila fra l altro in questa Rivista, 2015, 307 ss. con nota della BERGAMINI, ove è anche la condivisione ed il pieno sviluppo della idea (da me già esposta nello scritto ricordato nella nota precedente) secondo cui la qualificazione della eccezione fondata sull accordo compro- missorio per arbitrato estero come eccezione di rito e non di merito, ed in particolare come eccezione di difetto di giurisdizione, è imposta dal buon senso e dalla logica interna al nostro sistema, non certo e di per sé dall art. II della Convenzione di New York (come invece le Sezioni Unite del 2013 mostrano di ritenere).
(6) Per altro con riferimento tout court al caso di convenzione arbitrale, anche per arbitrato italiano: x. Xxxx. n. 5049/1985, Cass. n. 9380/1992, Cass. n. 22236/2009, in questa Rivista, con nota di XXXXXXXXXX. Quest ultima, tuttavia, in termini di generale incompatibilità ma a contrario: la proposizione di istanza di istruzione preventiva comporta rinuncia alla convenzione per arbitrato estero. Ma vedi invece Corte Cost. n. 26/2010.
Arguire da ciò a contrario che, qualora “tale eccezione” (di difetto di giurisdizione cautelare) sia formulata in sede cautelare, il giudice italiano deve sempre “astenersi dal provvedere sulla domanda cautelare” rappre- senta un salto logico madornale e non vi sarebbe davvero bisogno di spiegare il perché. A contrario da quella (giusta) affermazione delle Sezioni Unite non si evince un bel nulla e tanto meno ciò che vuole la motivazione in esame. Se l eccezione è proposta in sede cautelare il giudice della cautela pronuncerà su di essa e l accoglierà (astenendosi dal pronunciarsi sulla domanda cautelare) quando dovrà accoglierla in base ad ogni altro elemento che si va qui esaminando ed in particolare, e se vi sia di mezzo un accordo compromissorio per arbitrato estero, in base alla ricostruzione della portata del medesimo.
O meglio: da quella affermazione delle Sezioni Unite si evince, e non a contrario bensì in via pianamente logico-sistematica, che tra regime della eccezione e della pronuncia sulla giurisdizione in fase cautelare ante causam ed in fase di successivo giudizio di merito non vi è alcuna osmosi (ed è ovvio perché si tratta di giudizi diversi), e dunque se l eccezione di difetto di giurisdizione è proposta in fase cautelare ciò non vuol dire affatto che il convenuto costituitosi nel successivo giudizio di merito possa esimersi dal riproporla: quel che la motivazione del Tribunale annotata non manca di rilevare, ma che nulla c entra con il tema che la occupava e che ora ci occupa.
4. Viceversa la prova decisiva che, in primo luogo dal punto di vista del nostro ordinamento positivo, l esercizio della potestas iudicandi cau- telare del giudice statuale italiano non è affatto radicalmente e sempre incompatibile con una convenzione per arbitrato estero è data proprio dagli artt. 669 bis ss. c.p.c. e cioè dalla disciplina del processo cautelare uniforme, la quale — riferendosi in più di una occasione e sotto più di un profilo, — esplicitamente (art. 669 novies, c. 4°) ed anche implicitamente (artt. 669 ter, c. 3° e 669 quinquies (7)) ma senza tema di smentita visto quell altro riferimento esplicito, alle ipotesi in cui la potestas iudicandi per il merito non spetta al giudice italiano perché affidata convenzionalmente ad arbitri esteri — attesta (8) quella possibile compatibilità (9).
All art. 669 ter, c. 3° fa cenno anche la motivazione in commento per dire che esso, quale disposto sulla competenza territoriale cautelare ante
(7) Non distinguendo il primo tra il caso in cui la giurisdizione di merito italiana sia esclusa da quella statuale straniera e quello in cui sia esclusa dal deferimento della lite di merito ad arbitri esteri, il secondo tra il caso di accordo compromissorio per arbitrato interno ed il caso di accordo compromissorio per arbitrato estero.
(8) In proposito rinvio a XXXXXXXXX, Potestas iudicandi in materia cautelare ed arbitrato estero, in questa Rivista, 2010, 17 ss. spec. 22 ss.
(9) Per la generale affermazione di tale compatibilità v. già Xxxx. Sez. Un. 2 novembre 1987, n. 8050 e Pret. Verona, 22 aprile 1985, in Foro it., 1986, I, 824 ss. con nota di XXXXXXX.
causam, al pari dell art. 10 l. n. 218/1997 quale disposto sulla giurisdizione cautelare italiana disgiunta da quella di merito, non potrà mai operare allorché le parti abbiano “a monte e totalmente” rinunciato alla giurisdi- zione del giudice italiano, potestas iudicandi cautelare compresa. Ma, nel dirlo, dice troppo perché ribatte il ritornello secondo cui ciò accadrebbe sempre e tutte le volte che vi sia una convenzione per arbitrato estero, mentre il punto è proprio quello di capire se questo è vero. Ed il sistema italiano (artt. 669 bis ss.) depone chiaramente nel senso che questo sia tutt altro che sempre vero, dato che disciplina espressamente (artt. 669 novies, c. 4°) quel che accade riguardo alla efficacia del provvedimento cautelare del giudice italiano (legittimamente emanato quanto a compe- tenza giurisdizionale dunque) allorché gli arbitri esteri si siano pronunciati (altrettanto legittimamente vista la convenzione arbitrale) nel merito o non siano stati tempestivamente investiti del giudizio di merito, e perciò correlativamente ed implicitamente comporta che regole sulla compe- tenza territoriale del giudice cautelare italiano, ante causam ed in presenza di accordo compromissorio ovvero anche in pendenza di arbitrato (art. 669 ter, c. 3° e quinquies), possano applicarsi pur quando vi sia di mezzo l arbitrato estero.
5. Nello stesso paragrafo della motivazione annotata (5.2) ci si rende forse conto di questa incongruenza e si apre (un tantino contraddittoria- mente) uno spazio possibile alla applicazione dell art. 10 di l. n. 218/1995 e degli artt. 000 xxx xx. x.x.x. xxx xx presenza di convenzione per arbitrato estero.
Ma è spazio effimero perché senza alcun fondamento logico.
Si dice che dovrebbe distinguersi “fra arbitrati esteri che derogano in toto alla giurisdizione italiana ed arbitrati esteri che tale deroga totale non prevedono perché hanno ad oggetto controversie comunque non apparte- nenti al giudice italiano, e solo per queste ultime si deve ritenere che sussista la giurisdizione cautelare del giudice italiano; diversamente opinando, infatti, si finirebbe per attribuire all’art. 10 citato la qualifica di norma autoritativa di ordine pubblico che le è pacificamente estranea”.
Altrove (10) mi sono permesso di definire alquanto balzana questa distinzione, avverso la quale aveva a suo tempo reagito efficacemente Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (11).
Già sul piano estrinseco è piuttosto singolare postulare che la potestas cautelare del giudice italiano quale giudice del luogo di esecuzione della misura sia incrementata e favorita proprio quando quel giudice non avrebbe comunque giurisdizione sul merito anche in astratto ed a prescin- dere dall accordo compromissorio.
(10) XXXXXXXXX, Potestas iudicandi in materia cautelare, cit., 27, nota 16.
(11) Lex fori e tutela cautelare, cit., 20-21.
Il vero è però, o a me è sempre sembrato, che proprio perché l art. 10
l. n. 218/1995 non è “norma autoritativa di ordine pubblico” (corretto infatti il corrispondente assunto del Tribunale di Frosinone che si è preso in considerazione per primo sub 2) esso può operare — quale criterio alternativo di attribuzione della giurisdizione cautelare sulla base del luogo di esecuzione del provvedimento — del tutto indifferentemente dal fatto che l altro e principale criterio e cioè il c.d. criterio “strumentale”, quello della sussistenza della giurisdizione di merito, sia escluso in con- creto da una clausola di foro giudiziale convenzionale o compromissoria, ovvero e già in astratto dalle regole di d.i.p. applicabili. E che, per contro, se quel criterio alternativo ed anzi l art. 10 tout court non opera, ciò accade (e può ben accadere proprio perché non si tratta di “norma autoritativa di ordine pubblico) solo allorché la volontà pattizia delle parti abbia deter- minatamente escluso l esercizio della giurisdizione cautelare italiana. Il che può verificarsi indifferentemente sia quando la giurisdizione italiana di merito, pur astrattamente sussistente, sia stata a sua volta esclusa dalla medesima volontà pattizia, sia quando essa risulti del tutto esclusa anche in astratto e dalla legge. E che così sia o non sia dipende dalla interpre- tazione concreta dell accordo compromissorio (o di altro patto di deroga in favore non degli arbitri ma di altra giurisdizione statuale (12)) in relazione alle circostanze date, fra le quali non vi è certo — non se ne vede davvero la ragione — l essere la giurisdizione di merito italiana in astratto ed ex lege sussistente o meno.
Insomma non vi è alcun motivo plausibile per affermare che un accordo compromissorio che affidi ad arbitri esteri la giurisdizione di merito vada sempre interpretato — qualora la giurisdizione di merito non apparterrebbe comunque al giudice italiano anche in assenza di quell ac- cordo — nel senso limitativo e cioè nel senso che esso non possa mai intendersi come escludente la giurisdizione cautelare italiana: potrebbe invece ben ricostruirsi, in ipotesi, una volontà compromissoria contraria.
(12) Anche il patto di deroga in favore di giurisdizione statuale non italiana (art. 4, c. 2°
l. n. 218/1995 ove esso è significativamente appaiato alla deroga in favore degli arbitri esteri) è suscettibile di ricostruzione interpretativa caso per caso, e non può essere certo inteso di per sé come sempre escludente anche la giurisdizione cautelare del giudice italiano (fondabile sulla base del criterio sussidiario del luogo di esercizio del provvedimento ex art. 10 l. n. 218/1995), ed è anzi inteso di regola, e nel silenzio di ogni altro dato o elemento, come avente ad oggetto la sola (deroga a) la giurisdizione di merito.
Del resto, se il punto di partenza logico di tutto il discorso fosse davvero quel che invece
devesi dimostrare caso per caso — che cioè la deroga pattizia alla giurisdizione italiana va intesa sempre come deroga anche alla giurisdizione cautelare — tale deroga varrebbe sempre e comunque (a differenza di quanto l ordinanza in commento sembra ritenere) ed eliderebbe sempre e comunque la portata applicativa dell art. 10 l. n. 218/1995 con riguardo alla compe- tenza giurisdizionale del giudice italiano del luogo di esecuzione del provvedimento, perché dovrebbe sempre e comunque ricondursi alla ammissibile volontà pattizia (ciò che appunto è tutto da dimostrare e manifestamente eccessivo) la intenzione di derogare anche al criterio attributivo residuale previsto da quel disposto.
Né v è alcuna ragione plausibile per affermare che nel caso inverso, di giurisdizione di merito sussistente ex lege e derogata da accordo compro- missorio per arbitrato estero, quest ultimo vada sempre inteso ed inter- pretato in senso ampliativo, nel senso cioè di derogare ed escludere anche la giurisdizione cautelare italiana.
6. Anche sul piano della intersezione fra d.i.p. interno e d.i.p. di provenienza europea si ha conferma indiretta del discorso fin qui seguito. E si ha non solo e non tanto, in termini per così dire generali e prodromici, dalla affermazione della scindibilità fra potestas iudicandi di merito e postestas iudicandi cautelare nell art. 31 del Regolamento CE n. 44/2001 (13), quanto da uno dei (non molti) profili di chiarezza riconduci- bili alla sentenza Van Uden del 27 novembre 1998, c. 591/95 (14). In essa la Corte di Giustizia — rispondendo ad apposito quesito ed accogliendo le argomentazioni della Commissione e della parte istante nel giudizio principale — precisa che la esclusione dell arbitrato della materia regolata dalla Convenzione di Bruxelles (ed oggi dal Regolamento “Bruxelles I”) non impedisce che, in caso di devoluzione ad arbitri di una controversia rientrante invece in materia civile e commerciale inclusa, la giurisdizione cautelare vera e propria, e cioè relativa ai provvedimenti funzionali alla controversia di merito affidata agli arbitri ed alla tutela interinale delle corrispondenti posizioni sostanziali (non invece quanto a provvedimenti di ausilio funzionali solo all arbitrato), debba essere stabilita sulla base di ciò
che è previsto dalla Convenzione (ed oggi dal Regolamento).
E siccome la Convenzione (art. 24) ed oggi il Regolamento (art. 31) si occupa ovviamente della giurisdizione dei giudici statuali europei, è evidente come anche la Corte di Giustizia dia per scontata la compatibi- lità, in relazione alla stessa controversia, fra giurisdizione cautelare statuale e giurisdizione di merito degli arbitri.
Vi è da aggiungere che nella Van Uden la Corte di giustizia chiarisce anche (risposta alla prima ed alla seconda questione pregiudiziale) che la sottrazione mediante accordo compromissorio della potestas iudicandi nel merito, che al giudice statuale sarebbe altrimenti attribuita dal sistema di “Bruxelles” (nella specie ed allora ex art. 5, comma 1 Conv. Bruxelles), impedisce che la competenza cautelare possa esser riconosciuta a quel giudice direttamente in base al criterio “strumentale” proprio di quella disciplina e cioè in forza dell apposito rinvio (art. 24 Conv. Bruxelles ed oggi art. 31 Reg. “Bruxelles I”) ai casi in cui il giudice adito con l istanza cautelare è già giurisdizionalmente competente per il merito in forza della
(13) Vedi sopra nota 1.
(14) Su di essa e sui suoi aspetti più problematici che non riguardano se non marginal- mente l argomento che ora ci occupa, v. il saggio della MERLIN, Le misure provvisorie e cautelari nello spazio giudiziario europeo, in Riv. Dir. Proc., 2002, 759 ss.
medesima disciplina europea. Ma la Corte — ulteriormente confermando la predetta potenziale compatibilità fra convenzione arbitrale e giurisdi- zione cautelare statuale — non nega, ed anzi convalida (risposta alla settima questione), l assunto secondo cui l art. 24 Conv. Bruxelles (ed oggi l art. 31 del Reg. “Bruxelles I”) rinvia altresì, quanto alla competenza giurisdizionale cautelare, ai casi in cui tale competenza, pur non essendo direttamente ancorata a quella di merito prevista dal sistema di Bruxelles, è comunque attribuita dall ordinamento interno al di fuori del criterio “strumentale” e perfino quando tale attribuzione è veicolata da criteri da considerarsi esorbitanti a termini dell art. 3, comma 2 della Conv. di Bruxelles, a fortiori dunque quando si tratta di criterio tutt altro che esorbitante quale quello del luogo di esecuzione della misura cautelare previsto dal nostro art. 10 l. n. 218/1995 (15).
7. Questa possibile compatibilità fra esercizio della giurisdizione cautelare italiana ed arbitrato estero, segnalata in modo diverso e conver- gente dalle nostre norme interne e dal d.i.p. dell Unione, sarebbe vanifi- cabile in termini generali solo se l art. II della Convenzione di New York, cui il giudice italiano è tenuto comunque a prestare ossequio, dovesse leggersi nel senso che il riconoscimento dell accordo compromissorio per arbitrato estero ivi previsto comporta sempre e comunque la deroga anche alla (ad ogni) giurisdizione cautelare statuale.
Se così fosse gli artt. 10 l. n. 218/1995 e 669 bis ss. c.p.c. non troverebbero, nell amplissimo ambito coperto dalla Conv. di New York, per definizione concreto spazio applicativo; e parimenti, dal punto di vista del d.i.p., europeo, riassumerebbe decisivo rilievo l esser l arbitrato “ma- teria esclusa” da “Bruxelles I”, e non vi sarebbe dunque neppure da interrogarsi su di un possibile conflitto fra quest ultima disciplina e quella della Convenzione di New York, bastando rilevare che anche le regole europee sulla giurisdizione statuale cautelare — dettate ovviamente in una logica puramente ripartitoria fra le giurisdizioni degli Stati membri e non con funzione assoluta e fondante — non trovano utile spazio applicativo in presenza di accordo compromissorio per arbitrato estero perché questo,
(15) Sulla possibilità di affermare, perfino, che in caso di deferimento della lite di merito ad arbitri esteri la giurisdizione cautelare del giudice statuale italiano possa radicarsi, non solo in base al criterio del luogo di esecuzione della misura, ma anche in base al criterio “strumen- tale” (non già direttamente in base all art. 31 di “Bruxelles I”, perché ciò è appunto escluso dalla Van Uden bensì) per come previsto dal d.i.p. interno e cioè dall art. 10 l. n. 218/1995 al quale l art. 31 “Bruxelles I” rinvia integralmente, e perciò di ritenere che se la convenzione per arbitrato estero non esclude in concreto la giurisdizione cautelare statuale questa possa essere affermata anche in capo al giudice italiano sol che questi sarebbe astrattamente competente per il merito se la convenzione di arbitrato non ci fosse ed anche ove la misura cautelare non sia da eseguirsi in Italia (ad esempio un ordine inibitorio che se emanato da giudice statuale potrebbe avere all estero un apprezzabile margine di esecuzione spontanea) x. XXXXXXXXX, Potestas iudicandi in materia cautelare, cit., 32 ss.
in forza dell art. II Conv. New York, preclude in ogni caso anche l eser- cizio della giurisdizione statuale cautelare.
Così però non è affatto perché l art. II della Convezione New York appare sul punto totalmente neutro, tutto rinviando alla concreta inter- pretazione del singolo accordo compromissorio onde stabilire ciò che è oggettivamente dentro e ciò che è oggettivamente fuori da quello, e reciprocamente ciò che è escluso ovvero ed ancora ricompreso nelle attribuzioni del giudice statuale. La dimostrazione di questo assunto assolutamente pacifico (16) non richiede altro se non la constatazione del carattere complessivamente relativo dell art. II (“tous le différendes ou certains des différendes”, “au sujet d’un rapport de droit determiné”, “... inopérante ou non susceptible d’être appliquée”), il quale impone al giudice statuale la ritrazione solo una volta verificato in concreto e sotto ogni profilo quale sia l ambito oggettivo ed operativo del singolo accordo compromissorio.
8. Occorre dunque interpretare in concreto e caso per caso la volontà compromissoria; la quale difficilmente è e sarà letteralmente esplicita e puntuale a riguardo.
Ove ciò invece fosse — “resta salva la possibilità di richiedere misure cautelari ai giudizi statuali” o simili espressioni, ovvero ed al contrario “resta pertanto esclusa la possibilità di richiedere misure cautelare ai giudici statuali” o simili espressioni — davvero nulla quaestio (17).
Altrimenti possono a mio avviso valere le seguenti questioni e relative soluzioni di massima, in primo luogo dal punto di vista del giudice italiano (18).
a) In dubio pro ?
Direi senz altro: in dubio pro limitazione al “merito” della deroga alla giurisdizione statuale implicata dalla convenzione per arbitrato estero, e perciò potestas cautelare preservata al giudice statuale (che ne abbia titolo in base alle sue regole di d.i.p.), se del caso concorrente con quella degli
(16) V. se vuoi per riferimenti XXXXXXXXX, L’arbitrato estero, Il sistema delle Convenzioni Internazionali, Padova, 1999, 143 ss.
(17) Un esplicito riferimento alla facoltà delle parti di escludere la competenza cautelare dei giudici in una con l attribuzione di quella di merito agli arbitri è notoriamente nell art. 44.1 dell Arbitration Act inglese (v. in proposito il caso Q’s Estate in International Arbitration Law Review, 2000, 85 ss.). Per un caso di simile esclusione attraverso relatio a regolamento arbitrale inteso come attributivo di potestà cautelare esclusiva agli arbitri v. la Cassazione francese del 18.11.1986, in Journal du Droit International, 1983, 122 ss.
(18) Che il quadro possa mutare dal punto di vista di un giudice non italiano o degli arbitri, e/o con la possibile complicazione della incidenza della legge (anche diversa da quella del foro) che regola l accordo compromissorio, rientra nella fisiologia delle cose, sebbene le considerazioni che seguono nel testo mi sembrano dettate dal senso comune e non certo ancorate solo al nostro ordinamento.
arbitri ove l ordinamento in cui l arbitrato si radica consenta loro di emanare misure cautelari.
Depongono in tal senso, oltre alla “compatibilità” di base già esami- nata ai paragrafi precedenti dal punto di vista del d.i.p. italiano ed europeo:
(i) una communis opinio largamente diffusa, specialmente nell am- bito dell arbitrato internazionale, secondo cui la convenzione arbitrale per così dire standard (“tutte le controversie derivanti dalla interpretazione ed esecuzione del presente contratto saranno deferite ad un collegio arbitrale ecc.” e modelli consimili) va di regola intesa come riferita alla soluzione nel merito della lite e cioè a quella sostitutiva (con tendenziale e genera- lizzata equivalenza di effetti) del giudicato statuale, e non alla possibile congerie di misure cautelari (19);
(ii) l art. VI, c. 4° della Convenzione di Ginevra del 1961 (Con- venzione il cui spazio operativo è ab origine destinato ad esser modesto, ma dalla portata cultural-giuridica notevole e orientativa), secondo cui “une demande de mesures provisoires ou conservatoires adressée à une autorité judiciaire ne doit pas être considérée comme incompatible avec la convention d’arbitrage, ni comme une soumission de l’affaire quant au fond au tribunal judiciaire”; sebbene costruita in senso prudenzialmente pro- tettivo dalla perdurante efficacia della convenzione arbitrale, questa di- sposizione implica a contrario che in linea tendenziale (e cioè se l accordo compromissorio non lo esclude determinatamente) “une demande de mesures provisoires ou conservatoires” è ben indirizzabile al giudice sta- tuale nonostante la “convention d’arbitrage”; e così oggi ed ancora più esplicitamente la Legge Modello Uncitral dotata di ancor maggiore va- lenza culturale ed orientativa: “A Court shall have the same power in relation to arbitration proceedings [...] as it has in relation to proceedings in courts (art. 17);
(iii) una generale istanza di effettività della tutela (forum conve- niens se non qualche volta necessitatis), almeno nel senso che quella cautelare è di regola ben più effettiva se impartita dal giudice statuale del
(19) Cfr. già XXX XXX XXXX, The New York Arbitration Convention of 1958, Deventer, 1981, 139 ss., XXXXXXXX-XXXXXXXX-XXXXXXX, Traité de l’arbitrage commercial, Xxxxx, 0000, 745 ss. Utile anche la consultazione degli atti del Congresso I.C.C. Les mesures conservatoires et provisoires en matière d’arbitrage international, Xxxxx, 0000. Più ampi riferimenti in CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale, Padova, 2006, passim, e più di recente sempre CARLEVARIS, in BENEDETTELLI-CONSOLO-RADICATI DI BROZOLO (a cura di), Com- mentario breve al Diritto dell’Arbitrato, Padova, 2017, 1025 ss., con accurata analisi di varie culture giuridiche nazionali, e compiuti richiami anche a quella statunitense ove invece mag- giori, ma sempre ondivaghe, sono state le perplessità circa la compatibilità fra potestà cautelare del giudice statuale e arbitrato, nonché agli ordinamenti ove per legge (art. 44.2 dell Arbitration Act inglese) o per giurisprudenza (quella francese in ordine all istruzione preventiva ed al référé provision) la funzione cautelare del giudice statuale in presenza di convenzione di arbitrato è stata, rispettivamente, esclusa per certi tipi di provvedimenti (security for costs) o sottoposta a condizioni (mancata costituzione del tribunale arbitrale e particolare urgenza).
territorio di esecuzione piuttosto che da arbitri internazionali (20); sebbene ad un livello generale questa istanza contribuisca a risolvere l “in dubio pro...?”, può anche accadere che in casi particolari e considerando in concreto e nelle circostanze date il grado intrinseco di effettività della misura cautelare — da quelle per così dire autoesecutive (ad esempio perché puramente autorizzative) a quelle che più necessitano di materiale attuazione collegata ad un territorio — la medesima istanza si presti ad essere declinata ed utilizzata non come chiave residuale bensì e già come elemento orientativo per escludere a priori il dubbio interpretativo con- cernente la convenzione arbitrale e perciò come elemento da prendere in esame fra quelli menzionati qui appresso sub b); se il singolo provvedi- mento cautelare risulterebbe totalmente vacuo e spuntato se impartito da arbitri, la convenzione di arbitrato (ove non letteralmente esplicita in senso contrario) va intesa come non escludente la giurisdizione cautelare del giudice statuale richiesto al fine di evitare un sostanziale déni de justice che di regola le parti non possono aver voluto (21).
b) Quali dati esterni o interni alla singola convenzione arbitrale possono rilevare per uscire dal dubbio in senso affermativo circa l eserci- zio della giurisdizione cautelare statuale?
A parte quanto si è appena rilevato sub a)-iii) in fine, vi è da dire che di fronte ad una convenzione arbitrale silente circa il radicamento nazio- nale dell arbitrato e al contempo priva di espressioni esplicite che neghino potestà cautelare a qualsiasi giudice statuale, sarà ben difficile immaginare che le parti abbiano volontariamente accettato il rischio di una totale rinuncia alla cautela, rischio che si concretizzerebbe ove mai, per succes- siva scelta di xxxxx (arbitri o camera arbitrale) prescindente dalla concorde volontà dei compromittenti, l arbitrato fosse radicato in ordinamento che impedisca tout court (o fortemente limiti) agli arbitri l adozione di misure cautelari. Dovrà dunque presumersi che con quella convenzione le parti abbiano inteso confinare alla decisione del merito la deroga ad ogni giurisdizione statuale consentendone invece l intervento cautelare. Alla stessa conclusione, per via di ricostruzione della volontà compromissoria implicita, dovrà di regola giungersi allorché la convenzione arbitrale
(20) È altrettanto da considerare in proposito la rarità, nella scena internazionale, che le misure cautelari arbitrali siano emanate nella forma del lodo parziale e perciò idoneo a circolazione ed attuazione privilegiata in forza della Convenzione di New York (cfr. BROGGINI, I provvedimenti cautelari nell’arbitrato internazionale, in questa Rivista, 1991, 487 ss. XXXXXXXXX, Das Recht der internationalen privaten Schiedsgerichtsbarkeit, Tübingen, 1989, 305 ss., CARLE- VARIS, Xxxxxx cautelare pre-arbitrale: natura del procedimento e della decisione, in questa Rivista, 2003, 259 ss.
(21) Una importante apertura (in altro contesto) della nostra Suprema Corte al criterio
del forum necessitatis (già familiare, in ambienti di civil law, alla Cassazione francese) si ritrova in Cass. Sez. Un. 17 luglio 2008, n. 19595, con riferimento normativo fondato sull art. 6 della CEDU.
radichi ab origine l arbitrato in ordinamento che impedisca (o fortemente limiti) agli arbitri la funzione cautelare o che consenta il concorrente esercizio di tale funzione ad opera degli arbitri e del giudice statuale.
c) Quali dati esterni o interni alla singola convenzione arbitrale possono rilevare per uscire dal dubbio nell opposto senso preclusivo dell esercizio della giurisdizione cautelare statuale?
Si può, in concreto, uscire dal dubbio in base ad elementi della convenzione che implicitamente attestino la volontà delle parti in senso escludente la giurisdizione cautelare statuale. Si pensi ad esempio ad una convenzione che “raddoppi” con espressione apposita e pur generica l effetto derogatorio già insito nel deferimento (del merito) agli arbitri: “... resta pertanto esclusa la competenza di qualunque giurisdizione statuale” (o similia); per dare un senso a questa espressione, altrimenti inutile, potrebbe presumersi che essa si riferisca alla deroga anche alla giurisdi- zione cautelare statuale.
Inoltre — e quanto ai dati extra testuali — una convenzione per arbitrato estero con radicamento originario e voluto dalle parti (non invece con radicamento determinatosi ex post per scelta della sede ad opera degli arbitri o di camera arbitrale) in un ordinamento che riserva ai soli arbitri la potestas cautelare, con esclusione della concorrente potestas cautelare in capo al giudice dello Stato del foro, potrebbe dirsi indice di esclusione della potestas cautelare di ogni altro giudice statuale. Perché se le parti hanno voluto un arbitrato escludente il potere cautelare del giudice per il quale quell arbitrato è interno, accontentandosi della pote- stas cautelare esclusiva degli arbitri, ha ben poco senso (nonostante la varietà e peculiarità delle misure astrattamente ottenibili all estero) che esse abbiano accettato l idea di un potere cautelare esercitabile dal giudice statuale per cui quell arbitrato è straniero. Vi sarà ben inteso da verificare se l ordinamento dell arbitrato escluda tout court il potere cautelare del giudice statuale del foro, o lo escluda solo una volta avviato il giudizio arbitrale di merito. Ed in questa seconda ipotesi non potrà evidentemente presumersi la implicita volontà compromissoria in senso escludente la potestas cautelare ante causam di un giudice statuale straniero rispetto all arbitrato, a fronte di una esigenza cautelare soprattutto se con forte ancoraggio territoriale presso quel giudice.
Gli elementi e i dati di cui sub b) e c), ed ogni altro possibile, sono naturalmente combinabili e giustapponibili, caso per caso, al fine di uscire o non uscire dal dubbio interpretativo-ricostruttivo della volontà compro- missoria pur implicita, restando ove il dubbio permanga valido il criterio residuale indicato sub a).
9. Nel caso deciso dal Tribunale di Frosinone — convenzione per arbitrato svizzero, arbitrato radicato ab origine dalle parti in ordinamento
che prevede la potestà cautelare concorrente l arbitro e giudice dello Stato, tenore della convenzione in quanto tale assolutamente standard e per nulla esplicito sulla inclusione o esclusione delle misure cautelari tra quelle riservate agli arbitri, l applicazione dei criteri retro cennati sub a),
b) e c) avrebbe senz altro condotto a risultato esattamente opposto a quello attinto dal Tribunale.
Nel caso di specie vi era poi e soprattutto un elemento decisivo per l affermazione della giurisdizione cautelare del giudice italiano in ordine alla richiesta di sequestro giudiziario ante causam, elemento sul quale mi pare sommessamente evidente il misunderstanding della motivazione an- notata (par. 5.4).
La clausola compromissoria conteneva inequivoca relatio al Regola- mento ICC e perciò anche al suo art. 28.2, nel quale (conformemente alla versione immediatamente precedente ove la previsione era contenuta all art. 23.2) non solo si ripete nella sostanza la formulazione ellittica eppur pregnante dell art. VI Conv. Ginevra nel senso che il ricorso cautelare al giudice dello Stato non comporta violazione dell accordo compromissorio o sua rinuncia, ma si afferma espressamente ed anzi in apertura che “Before the file is transmitted to the arbitral tribunal, and in appropriate circumstances even thereafter, the parties may apply to any competent judicial authority for interim or conservatory measures”.
Ora in un caso del genere il Regolamento ICC diviene notoriamente, attraverso la esplicita relatio, parte integrante della volizione compromis- xxxxx. Ed era dunque la volontà compromissoria che in caso di esigenza cautelare prima dell inizio del giudizio arbitrale — come accadeva nella specie — faceva espressamente salva e senza limiti la possibilità per la parte di richiedere la cautela ad ogni “competent judicial authority” e perciò anche alla autorità giudiziaria italiana che competente era senz al- tro in astratto ex art. 10 l. n. 218/1995 (mentre ad arbitrato in corso tale possibilità restava aperta — sempre in base alla disposizione regolamen- tare e dunque della volontà compromissoria che la richiamava e perciò in base al complessivo ambito oggettivo della compromissione in arbitri rispetto alla potestas cautelare — solo in presenza di “circostanze appro- priate”).
A fronte di ciò, dire — come dice la motivazione in esame — che la disposizione regolamentare va applicata tenendo conto del contenuto della clausola arbitrale, nel senso che la prima (e cioè la disposizione regolamentare) non vieta affatto al giudice interno di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione “in virtù del contenuto della suddetta clausola”, è un non senso.
La disposizione regolamentare non è estranea alla clausola compro- missoria, ma è intrinseca ad essa. Certamente le parti sono libere di richiamare il Regolamento ICC e poi escludere espressamente nella loro stessa originaria convenzione di arbitrato la giurisdizione cautelare sta-
tuale di ogni giudice ovvero di questo o di quel giudice, ma in assenza di tale espressa esclusione — allora sì prevalente sull art. 28.2 del Regola- mento — l unica pattuizione riconducibile con sicurezza in argomento alla volontà compromissoria era proprio quella, di segno esattamente opposto di cui alla disposizione regolamentare.
Ed è appena il caso di osservare come sia un fuor d opera anche constatare che quest ultima, per sua espressa determinazione, “non pre- giudica i poteri del Tribunale [arbitrale”].
In realtà quella espressione — “shall not affect the relevant powers reserved to the Arbitral Tribunal” — è riferita palesemente, nel contesto dell art. 28.2, alla semplice circostanza che il ricorso cautelare al giudice ordinario, non comportando né violazione né rinuncia rispetto alla vo- lontà compromissoria, non pregiudica i poteri degli arbitri quali giudici del merito o se del caso, ed ove possibile secondo l ordinamento dell arbitrato e/o lo stesso Regolamento ICC, quali giudici della cautela in corso di arbitrato.
10. Vi è però una osservazione, nella più che volenterosa ed impe- gnata ordinanza in commento, che, se anche non decisiva (né a ben vedere vuol esserlo) nel caso concreto in esame, induce ad una riflessione che meriterà forse successivo approfondimento.
Si legge al paragrafo 5.2 della motivazione del timore che l esercizio di potestas cautelere da parte del giudice italiano quale giudice del luogo di esecuzione della misura possa tradursi “in aperto contrasto con la volontà delle parti” “in una definitiva sostituzione del giudice [o dell arbi- tro] del giudizio di merito straniero con quello italiano”.
Ciò accadrebbe proprio in caso di provvedimento anticipatorio ex art. 700 c.p.c. in ragione della ormai raggiunta strumentalità attenuata dal provvedimento cautelare e dall interrotto condizionamento della sua per- durante efficacia alla necessaria instaurazione del giudizio di merito, e pertanto e correlativamente al fatto che “la parte vittoriosa in sede caute- lare costringerebbe quella soccombente, al fine di non assistere al definitivo esautoramento della potestas iudicandi del giudice straniero o dell’arbitro estero, ad incardinare essa stessa il giudizio di merito dinanzi al giudice straniero o all’arbitrato estero, così vedendo invertito in proprio danno l’onere di provare gli elementi costitutivi della pretesa avanzata”.
Orbene questi rilievi non mi pare alterino la direzione del discorso fin qui seguito quanto alla soluzione del caso concreto, che avrebbe dovuto essere affermativa e non declinatoria della giurisdizione cautelare del Tribunale.
E ciò perché il ricorso ante causam (e cioè ad arbitrato non ancora in corso) ex art. 700 innanzi al giudice statuale italiano era tra i rimedi cautelari giudiziali genericamente ma espressamente consentiti dalla pre-
visione del Regolamento ICC richiamata per relationem dalla volontà compromissoria, e da due parti contrattuali che oltretutto avrebbero ben potuto immaginare che quell assenso generico era riferibile anche a tutela cautelare giudiziale incidente sull impianto industriale localizzato in Italia (sequestro giudiziario o, appunto, provvedimento d urgenza richiesto in linea subordinata con la stessa finalità pratica e lo stesso oggetto del sequestro).
I medesimi rilievi sopra trascritti non spostano neppure i termini generali del discorso:
— perché per quanto incisiva ed anticipatoria sia, anche sul piano “attuativo”, la tutela cautelare ex art. 700 essa non comporta affatto, vista la fondamentale diversità di effetto e la sua reversibilità, sostituzione esautorante rispetto alla giurisdizione di merito arbitrale o giudiziale non italiana scelta pattizialmente dalle parti o imposta dalle regole di d.i.p.; e siamo dunque sempre alle solite: se la giurisdizione di merito non italiana è imposta dalle regole di d.i.p., l esercizio di parallela o anticipata giuri- sdizione solo cautelare ad opera del giudice italiano quale giudice del luogo di esecuzione risulta — poco importa se la cautela sia così incisiva ed effettivamente anticipatoria come può essere (non sempre) quella ex art. 700 o puramente conservativa — perfettamente razionale, autorizzata indifferentemente dall art. 10 della nostra legge n. 218/1995 e dall art. 31 di “Bruxelles I”, nonché in linea con soluzioni analoghe di altri sistemi di d.i.p.; e se la giurisdizione di merito non italiana (arbitrale o giudiziale) è scelta pattiziamente dalla parte delle due l una: o si riesca a dimostrare, in punto di interpretazione della volontà negoziale, che a questa scelta si aggiunge esplicitamente o implicitamente la esclusione del ricorso caute- lare innanzi ad altri giudici statuali (o in ipotesi perfino la esclusione di questo o quel ricorso cautelare innanzi a questo o quel giudice statuale), oppure i provvedimenti cautelari ed interinali senza distinzione fra loro — e cioè tutto ciò che non è decisione potenzialmente definitiva sul merito della lite o provvedimento (istruttorio ecc...) a questa direttamente fun- zionale — stanno fuori da quella scelta e restano affidati, quanto alla individuazione della competenza giurisdizionale, alle regole di d.i.p.;
— perché quanto appena sopra è, a meno di petizioni di principio, il prius logico, ed il posterius è invece che chi sceglie in relazione ad un contratto il giudice straniero o l arbitro estero per il merito, senza esclu- dere la potestas cautelare di altri giudici statuali, deve mettere in conto la possibilità, collegata pur sempre e per lo meno ad un elemento oggettivo di localizzazione della misura interinale, che un rimedio come il nostro 700 lo “costringa” de facto, da potenziale convenuto in una certa lite di merito, a farsi attore innanzi al giudice o arbitro prescelto per il merito, in modo da non subire gli effetti perduranti pur se non irreversibili di quella misura; “costrizione”, del resto, tutto sommato più che tollerabile (l inver- sione paventata dell onere della prova è più apparente che reale), tutt al-
tro che esautorante la potestas iudicandi del giudice o dell arbitro pre- scelto, e derivante da una iniziativa processuale della controparte (quella di rivolgersi ad un diverso giudice per la cautela), la quale controparte da un lato ed a propria volta avrà ritenuto di reagire (in via cautelare) a condotta o omissione altrui, d altro lato ben potrebbe “costringere” comunque l avversario, in altre situazioni relative al medesimo rapporto, a farsi attore semplicemente agendo o omettendo di agire sul piano sostanziale (insomma: con il gioco di chi ha cominciato prima tutto ed il contrario di tutto è possibile dimostrare).
Detto ciò, ammetto tuttavia che in un contesto peculiare, e cioè in quello di un ricorso ex art. 700 al giudice italiano in pendenza di un arbitrato estero governato dal Regolamento ICC richiamato dalle parti nell accordo compromissorio, le cose possono farsi più complesse.
L art. 28 Reg. ICC, come si è già ricordato, prevede che le parti, ad arbitrato in corso, possano rivolgersi al giudice statuale della cautela solo in “appropriate circumstances”.
Sebbene evidentemente più ampio del limite delle “circostanze ecce- zionali” previste dall art. 8.5 di una ormai remota e previgente versione del Regolamento, anche il limite delle “circostanze appropriate” non è trascurabile. Ed il relativo controllo è esercitabile in primo luogo ed in modo decisivo — non già dagli arbitri o dal Segretariato ICC, ai quali pure la notizia della “application” cautelare innanzi al giudice statuale deve essere trasmessa ai sensi del medesimo art. 28, ma che di certo non potrebbero influire sulla potestas iudicandi di quel giudice — bensì proprio da quest ultimo.
Il giudice statuale adito in via cautelare nella situazione in discorso dovrà, in relazione alle evenienze concrete, interpretare ed applicare la volontà compromissoria espressa mediante relatio a quel disposto regola- mentare e verificare se la iniziativa cautelare extra-arbitrato appaia giu- stificata da appropriate circostanze, in termini fra loro contemperati di esigenza di tutela efficace (rispetto a quella ottenibile dagli arbitri), effettiva connessione della tutela con la collocazione territoriale del giudice statuale, ragionevole e non esorbitante o strumentale intromis- sione nel giudizio di merito affidato agli arbitri.
In questo scenario una richiesta ex art. 700 c.p.c. potrà destare qualche problema, come mutatis mutandis problematico è risultato l uso del référé giudiziale francese che in realtà di cautelare aveva ben poco (22). Il problema non sorgerà sempre ed in ogni caso in virtù del carattere formalmente o sostanzialmente anticipatorio del provvedimento d ur- genza (nessun problema dunque — del tutto a prescindere dal nostro tema
(22) Cfr. per riferimenti XXXXXXX - XXXXXXXX, A Guide to the New York ICC Rules of Arbitration, The Hague, 1998, 278-279, nonché e più in generale già XXXXXXXX - XXXXXXXX - XXXXXXX, Traité de l’arbitrage commercial, cit., 745 ss., e v. anche sopra la nota 19.
puramente interno della applicabilità o meno dell art. 669 octies, c. VI
c.p.c. — quando la richiesta ex art. 700 sia nella sostanza o dichiaratamente un surrogato in via subordinata, come nel caso all attenzione del Tribu- nale di Frosinone, o perfino in via principale di misura conservativa tipica), bensì in relazione agli elementi concreti della vicenda contenziosa. Si faccia l esempio di un arbitrato ICC già pendente (ed ovviamente radicato in ordinamento che consente le misure cautelari arbitrali) ed avente ad oggetto fra l altro l esistenza o meno del diritto contrattuale della parte A a commercializzare in Italia, fra vari prodotti della parte B, anche il prodotto X. La parte A, allegando in punto di periculum i seri rischi, altrimenti, per la propria immagine commerciale e perfino per la permanenza sul mercato della rete di esercizi commerciali già approntata, chiede ex art. 700 al giudice italiano di autorizzare interinalmente la commercializzazione del prodotto X e di ordinare correlativamente alla parte B la fornitura immediata a tutta la rete di esercizi commerciali del
prodotto medesimo.
Il giudice italiano potrebbe seriamente porsi un pregiudiziale pro- blema di giurisdizione cautelare, in relazione alla particolare volontà compromissoria escludente attraverso il richiamo al Reg. ICC un ricorso di quel genere in “circostanze inappropriate”, e considerare ad esempio ove consentito dallo stato di fatto: che una misura autorizzativo-ordina- toria in quel senso ben potrebbe essere resa dagli arbitri con efficacia concreta non significativamente lontana rispetto a quella impartita dal giudice; che in proposito il radicamento “territoriale” del giudizio caute- lare italiano non si pone come assolutamente essenziale o decisivo ai fini della effettività della misura (23); che pertanto la interferenza del giudice statuale nella missione riservata agli arbitri quali giudici del merito (non già e solo attraverso la valutazione del fumus in quanto tale, bensì attraverso un anticipazione rilevante anche se provvisoria della futura decisione di merito) non trova adeguata giustificazione.
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
(23) Perché, sia quanto alla autorizzazione alla parte A sedente in Italia, sia quanto all ordine impartito alla parte B sedente all estero, l “esecuzione in Italia” è solo parziale e/o prevalentemente virtuale piuttosto che materiale.