Contract
Contratto di rete e codatorialità: il lavoro come fattore di aggregazione e crescita delle medie, piccole e microimprese
Xxxxxx Xxxxxx
Xxxxxxxx Università di Roma
Carlo La Rotonda
RetImpresa
Il saggio è dedicato ad esaminare la diffusione in Italia del fenomeno della aggregazione tra piccole e medie imprese e l’importanza che la condivisione dei lavoratori può avere come fattore di stimolo. Nella prospettiva indicata, nella prima parte vengono discussi i dati relativi all’impiego del contratto di rete. Nella seconda parte vengono approfondite le modalità tecniche con cui è possibile istituire rapporti di codatorialità. Nelle conclusioni viene discussa la funzione che può essere svolta dalla certificazione dei contratti di lavoro.
The essay examines the spread in Italy of the phenomenon of aggregation between small and medium-sized enterprises and the importance that the co-employment relationships can have as a stimulating factor. From the perspective indicated, the data relating to the use of the network contract are discussed in the first part. In the second part, the technical methods with which co-employment relationships can be established are explored. The conclusions discuss the function that can be performed by the certification of employment contracts.
DOI: 10.53223/Sinappsi_2022-03-3
Citazione
Xxxxxx X., La Rotonda C. (2022), Contratto di rete e codatorialità: il lavoro come fattore di aggregazione e crescita delle medie, piccole e microimprese, Sinappsi, XII, n.3, pp.50-65
Parole chiave
Piccole e medie imprese Sviluppo economico Sviluppo sostenibile
Keywords
Small and medium-sized enterprises Economic development Sustainable development
1. Lo scenario economico e l’andamento della collaborazione in rete in Italia
Nell’attuale scenario economico caratterizzato da forti spinte al rinnovamento degli asset tecnolo- gici e organizzativi dei sistemi produttivi, per rispon- dere alle sfide della transizione ecologica e digitale e ai mutamenti nella rete internazionale degli scambi, che stanno determinando una progressiva riconfi- gurazione delle catene globali del valore verso una dimensione selettiva, più corta e regionalizzata, le imprese italiane sono chiamate a ripensare i modelli
organizzativi interni, la logistica e i rapporti di filiera, ossia le modalità con cui gestiscono le relazioni ai diversi livelli e fasi del processo di generazione del valore per il mercato finale.
Ciò è ancor più vero con riferimento al sistema italiano, connotato da un elevato grado di frammen- tazione verticale delle filiere nazionali in una moltitu- dine di imprese, in gran parte di piccola o piccolissima taglia, appartenenti a diversi territori e con differenti livelli di specializzazione, che basano il proprio van- taggio competitivo sulla qualità della manifattura e
Pur essendo il saggio frutto di una riflessione comune dei due Autori, in fase di stesura Xxxxxx Xxxxxx ha redatto i §§ 3, 4 e 5 e Carlo La Rotonda i §§ 1 e 2. Il § Conclusioni è stato condiviso dai due Autori.
delle idee prodotte e sulla capacità di generare rela- zioni e xxxxxxxx di costo e di conoscenza1.
La naturale attitudine delle imprese italiane a interpretare correttamente le nuove tendenze che impattano sulle economie e sulle società globali –
c.d. megatrends – adattandosi ai cambiamenti del contesto di riferimento, sia su spinta endogena che per effetto di shock esogeni (si pensi, in primis, alla carenza e all’aumento dei costi di materie prime ed energia dovuti alla pandemia e alla guerra in Ucraina, oltre che a fenomeni speculativi del mercato), dipende non solo dalle strategie competitive messe in atto individualmente ma anche, e soprattutto, dalla capacità di tutti gli attori della filiera di appartenenza di muoversi in modo sinergico in risposta agli stimoli di mercato e della politica.
In questo senso, il contratto di rete come strumento per agevolare l’aggregazione e, quindi, la creazione di reti di imprese, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano nel 2009 (art. 3, commi da 4 ter a 4 octies, D.L. n. 5/2009, convertito in L. n. 33/2009) anche grazie al sostegno e alla
‘visione’ dei principali organismi di rappresentanza imprenditoriale, rappresenta un unicum della normativa italiana nel panorama internazionale e una buona prassi riconosciuta e apprezzata a livello europeo ed extra UE.
Le reti sono infatti un modello di organizzazione e gestione delle attività economiche in forma congiunta, più leggero e flessibile degli strumenti di collaborazione imprenditoriale tradizionalmente conosciuti e utilizzati (raggruppamenti temporanei di imprese e consorzi, ad esempio), in grado di accelerare l’integrazione e il coordinamento delle filiere manifatturiere e innovative italiane in una prospettiva di sviluppo economico sostenibile in chiave sociale e ambientale.
Attraverso il contratto di rete, gli imprenditori possono condividere progettualità creando network solidi e stabili nel tempo, organizzati attraverso una governance ‘leggera’, costruita su misura, che facili- ta la gestione interna dei processi decisionali e l’in- terlocuzione coordinata con gli stakeholder esterni (pubbliche amministrazioni, grandi committenti, for-
Figura 1. Crescita delle reti per anno, 2010-2021
Nota: * dati riferiti al 3 gennaio 2022.
Fonte: elaborazione InfoCamere su dati Registro Imprese
1 Un’interessante analisi su L’evoluzione delle filiere italiane tra de-globalizzazione e transizioni tecnologiche è contenuta nel Position paper del 5 febbraio 2022, a cura del Centro studi e dell’Area Politiche industriali e per la sostenibilità di Confindustria, realizzato attraverso le evidenze emerse dai focus group con il Gruppo tecnico Filiere e medie imprese di Confindustria.
Figura 2. Trend imprese e contratti di rete, 31 gennaio - 31 agosto 2022
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere, 3 settembre 2022
nitori, investitori), perseguendo obiettivi di crescita competitiva per l’intero network e le singole impre- se, ciascuna nel rispetto della propria autonomia, storia e identità.
L’esperienza ultradecennale permette di tracciare un quadro positivo, nel quale le reti si sono dimostrate utili per mettere a fattor comune beni, servizi e risorse, creare progetti innovativi, programmare investimenti congiunti, promuovere il made in Italy e le eccellenze dei territori nel mondo, favorendo economie di scala e di scopo, efficienza nei processi e nei servizi, accesso a tecnologie, competenze e risorse finanziarie, sviluppo sostenibile delle attività economiche e rafforzamento internazionale delle PMI. Grazie alla duttilità e alla leggerezza regolamentare del contratto di rete, le imprese hanno potuto disporre di un efficace strumento per progettare iniziative congiunte in grado di affrontare la crisi e di accompagnare il cambiamento indotto dalle spinte competitive e dalla necessaria trasformazione delle attività economiche.
A tredici anni dall’introduzione, il fenomeno economico delle reti ha dato prova di essere al passo con i tempi e in costante crescita, con incrementi annuali a doppia cifra: nel corso del 2021 (figura 1) le Reti sono aumentate del 13,3% (con 885 nuovi contratti di rete per 3.849 nuove imprese aggregate), in linea con i valori del 2020 (+13%).
Anche l’andamento rilevato nei primi otto mesi del 2022 (+7%) conferma la continuità del trend di crescita, avendo fatto registrare +523 nuovi contratti di rete da inizio anno con 1.842 imprese coinvolte nei relativi programmi di aggregazione (figura 2).
Nel complesso, al 3 settembre 20222, in Italia i contratti di rete registrati presso il sistema camera- le hanno superato le 8mila unità, con oltre 44mila imprese di ogni settore, dimensione, forma giuridica (52% società di capitali) e area geografica, impegna- te in progetti imprenditoriali condivisi. Un numero interessante, che attualmente rappresenta però sol- tanto l’1% circa dei quasi 4,4 milioni di imprese dei settori industria e servizi registrate in Italia (fonte: dati Istat 2020)3.
A fronte di questi dati incoraggianti, la propen- sione a collaborare in maniera stabile e formalizzata resta, infatti, una sfida aperta per il sistema impren- ditoriale italiano, presentando ancora enormi poten- zialità e margini di sviluppo, sia sul piano soggettivo, in termini di imprese che possono accedervi, sia con riferimento alle progettualità attivabili, specie per perseguire obiettivi funzionali alla doppia transizio- ne tecnologica e ambientale.
Osservando più in dettaglio le tipologie di reti esistenti (figura 3), il modello preferito dagli im- prenditori resta la rete-contratto (85% dei casi), cioè quella che non determina la creazione di un nuovo soggetto giuridico, terzo e distinto rispetto alle im- prese retiste, dimostrandosi più flessibile e adatta- bile alle loro esigenze e alla gestione congiunta di obiettivi e progetti condivisi.
A livello geografico, i contratti di rete sono uno strumento diffuso in tutte le aree, con percentuali più elevate al Nord (39%), al Centro (35%) e a seguire al Sud e nelle Isole (26%), e con prevalenza di reti a carattere uniregionale (72%) rispetto a quelle che coinvolgono imprese di diverse regioni (figura 4).
2 Data di aggiornamento mensile del Registro dei contratti di rete gestito da InfoCamere, al quale è direttamente collegata la banca dati RED citata come fonte della figura 2.
3 Il numero di imprese attive nel 2020 proviene da fonte Istat, xxxxx://xxx.xx/0xXx0x0.
Figura 3. Numeri dei contratti di rete e delle imprese in rete, suddivise per tipologia di rete
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere, 3 settembre 2022
Figura 4. Distribuzione imprese in rete per macroarea geografica e carattere prevalente
Sud e Isole 26%
Nord 39%
Centro 35%
Multi- regionali 28%
Uni- regionali 72%
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere, 3 settembre 2022
Il Lazio guida la classifica delle regioni (tabella 1) con il maggior numero di imprese in rete, anche per effetto di politiche legislative regionali che negli ultimi anni hanno incentivato la creazione e gestione di at- tività economiche tramite contratti di rete. A seguire nelle prime dieci posizioni, con numeri interessanti e crescenti, Lombardia, Veneto, Campania, Toscana, Xxxxxx-Romagna, Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Pie- monte e Sicilia.
Il fenomeno delle reti non conosce inoltre limi- ti di natura settoriale (figura 5), essendo in grado di coinvolgere imprese delle principali filiere produt- tive nazionali, dall’agroindustria (22%), al turismo (10%), alle costruzioni (13%), alla meccanica (6%),
alla salute (3,5%) e all’ICT (3%), solo per citarne al- cune, secondo un approccio trasversale e inclusivo rispetto alle attività da svolgere, ai contesti produtti- vi (aree industriali, distretti e cluster ecc.) e alle tipo- logie di imprese (grandi, piccole e medie, start-up), e lasciando grande libertà alle aziende di definire for- me e modalità di collaborazione secondo la propria visione del futuro4.
Dall’analisi dei dati emerge, dunque, che le reti hanno natura prevalentemente multisettoriale e perse- guono spesso una pluralità di obiettivi tra loro connes- si: le principali motivazioni che spingono le aziende a collaborare in rete risultano essere il marketing e la co- municazione esterna (44%, pari a oltre 2.600 reti), l’in-
4 Con riferimento all’analisi di alcune rilevanti filiere in rete, come l’agroalimentare e le costruzioni, sia consentito rinviare alle osservazioni contenute in Cabigiosu e Xxxxxxx (2020).
Tabella 1. Prime dieci regioni italiane per numero di imprese in rete
LAZIO | 9.927 |
LOMBARDIA | 4.651 |
CAMPANIA | 3.342 |
VENETO | 3.596 |
TOSCANA | 3.156 |
XXXXXX-ROMAGNA | 2.610 |
PUGLIA | 2.523 |
FRIULI-VENEZIA GIULIA | 2.287 |
PIEMONTE | 2.209 |
SICILIA | 1.555 |
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere, 3 settembre 2022
Figura 5. Distribuzione imprese in rete per macrosettori
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere, 3 settembre 2022
ternazionalizzazione (40%, circa 2.400 reti), la ricerca, sviluppo e innovazione (38%, oltre 2.230 reti) e, infine, l’economia circolare e la sostenibilità ambientale (19%, circa 1.100 reti) (figura 6).
2. Indicazioni di policy a sostegno dell’evoluzione delle reti d’impresa
Le caratteristiche di flessibilità e trasversalità, prin- cipali punti di forza del contratto di rete, consentono agli imprenditori di migliorare le performance delle proprie imprese in termini di fatturati, occupazione ed export e di essere più resilienti in presenza di sce- nari complessi e di crisi, come dimostrato anche dalle indagini condotte dall’Osservatorio nazionale sulle
reti d’impresa, costituito nel 2018 tra InfoCamere, RetImpresa e Università Cà Foscari Venezia - Diparti- mento di Management5.
Alla luce di queste considerazioni e di quanto esposto nel precedente paragrafo, appare sempre più urgente l’invito ai policy maker a definire poli- tiche pubbliche di sviluppo che puntino in maniera convinta sulla diffusione del contratto di rete tra le PMI e sul rafforzamento delle misure – europee, na- zionali e regionali – a sostegno della collaborazione interaziendale, allo scopo di semplificare e accom- pagnare la transizione industriale, specie delle mi- cro e piccole imprese, verso modelli organizzativi più forti, strutturati e sostenibili e, quindi, verso obiettivi
5 Sul punto si vedano le analisi svolte dall’Osservatorio nazionale sulle reti d’Impresa (Cabigiosu e Xxxxxxx 2019; 2020) in merito alle performance ottenute, rispettivamente, dalle reti d’impresa e dalle singole imprese aderenti ai contratti di rete.
Figura 6. I principali obiettivi delle reti di imprese, giugno 2020
Fonte: elaborazione RetImpresa su dati Registro Imprese InfoCamere
di crescita dimensionale, di rafforzamento patrimo- niale, di accesso alle competenze, alle tecnologie e alle risorse finanziarie.
Con particolare riferimento alle misure per gli investimenti in innovazione green e digitale, l’ampio coinvolgimento delle reti d’impresa consentirebbe di intervenire sugli aspetti di maggior debolezza del nostro sistema produttivo: ridotte competenze in ambito 4.0, gap tra imprese innovatrici e imprese a bassa maturità digitale, limiti dimensionali e frammentazione del tessuto produttivo, scarso coordinamento degli investimenti in filiera.
Senza trascurare il contributo che questo stru- mento di coordinamento dell’azione imprenditoriale può offrire, in termini di concretezza e capacità rea- lizzativa, alle attività di progettazione e di execution che impegnano il Paese nell’utilizzare correttamente le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Non a caso, il contratto di rete è considera- to come modello di partenariato utile per accedere ai principali strumenti finanziari e agevolativi a soste- gno della trasformazione industriale e dello sviluppo territoriale, quali i contratti di sviluppo, gli accordi di sviluppo, gli interventi di rilancio delle aree di crisi industriale ex L. n. 181/1989 e le misure agevolative delle Zone economiche speciali (ZES) e delle Zone lo- gistiche semplificate (ZLS). Al pari, le reti potrebbero essere strumento per creare un’offerta di servizi inte- grata, efficiente e di qualità nel mercato dell’energia
sostenibile, in particolare, dell’efficientamento ener- getico di siti industriali, delle comunità energetiche e della mobilità elettrica, coerentemente con le specia- lizzazioni e le competenze del territorio interessato.
Un’attenzione particolare dovrebbe poi essere dedicata a coinvolgere start-up e PMI innovative in meccanismi aggregativi volti a rafforzare sul piano organizzativo e gestionale il capitale di innovazione generato e gli Intellectual Property Rights (IPR), favorendo l’incontro e la collaborazione tra la manifattura e le realtà più innovative che possono agevolare il salto tecnologico e la competitività dei settori produttivi più maturi, anche ai fini di una più ampia e concorrenziale partecipazione al mercato dei contratti e dei finanziamenti pubblici6. In tal senso, procedure di gara più semplici e accessibili e meccanismi premiali per gli operatori economici che si presentano in rete o in forma aggregata alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici darebbero una sicura e positiva spinta alla collaborazione d’impresa in Italia.
Sullo sfondo di queste sintetiche ma essenziali linee di policy, si pone la fondamentale esigenza di supporta- re lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese ita- liane e delle filiere produttive attraverso la valorizzazio- ne del capitale umano e l’acquisizione di competenze professionali e manageriali sempre più qualificate e co- erenti con gli obiettivi strategici da perseguire, specie attraverso una più efficiente organizzazione del lavoro.
6 Per una visione d’insieme sul fenomeno delle startup in rete si rinvia alla lettura del capitolo 8 dell’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa 2021 (Cabigiosu 2021).
3. L’importanza del lavoro come fattore del coordinamento delle attività in rete
L’analisi sin qui condotta ci consente di affermare che, ad oltre tredici anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, il contratto di rete si è rivelato essere uno strumento capace di supportare una specifica esigenza delle micro e piccole imprese italiane.
Tali imprese necessitavano infatti di un ‘veicolo’ che fosse in grado di avviarle sulla strada della colla- borazione, senza rinunciare alla propria autonomia giuridica ed economica e senza richiedere la creazio- ne di soggetti giuridici ulteriori o di strutture stabili. Un’esigenza, questa, che può dirsi figlia, sia del-
la natura principalmente familiare della piccola im- prenditoria italiana, sia della constatazione del fatto che la creazione di rapporti stabili di collaborazione è il punto di arrivo della maturazione di una fiducia reciproca degli imprenditori coinvolti che normal- mente transita attraverso un’esperienza consistente nell’aver già lavorato insieme in precedenti occasioni. Il contratto di rete costituisce una tipologia negoziale che si è rivelata idonea ad essere utilizzata per soddisfare tali esigenze per la struttura flessibile
che lo contraddistingue.
La definizione dettata dall’art. 3, comma 4 ter,
D.L. n. 5/2009 ci dice infatti che tramite il contratto di rete è possibile creare e regolare rapporti che si con- cretizzano in un mero scambio di informazioni, pas- sando per relazioni più strutturate in cui le imprese svolgono insieme una o più attività produttive, fino a giungere a forme di collaborazione che prevedono la creazione di strutture complesse, eventualmente con la creazione di soggetti giuridici nuovi chiamati a governare e coordinare l’attività in comune.
In altri termini, il varo del contratto di rete è stato il tentativo di rispondere alla constatazione che una parte importantissima del tessuto produttivo italiano necessitava di crescere e che tale crescita dovesse necessariamente transitare anche attraverso lo stimolo all’aggregazione. I dati più sopra riportati testimoniano che il contratto di rete si
è rivelato essere uno strumento capace di stimolare l’aggregazione, permettendo alle imprese di avviarsi sulla strada della collaborazione anche in forme blande, per sperimentare la reciproca affidabilità e costruire la fiducia necessaria a muoversi sulla strada di forme di aggregazione più strutturate e stabili.
Tornando a rivolgere lo sguardo alla dimensione del fenomeno collaborativo in Italia, al fine di valutarne l’impatto sulla definizione delle policy (v. supra) e sulle potenzialità applicative degli strumenti di diritto del lavoro disponibili, è interessante rilevare che oltre il 72% delle 44mila imprese attualmente in rete si caratterizza per dimensioni micro e piccole e presenta un volume occupazionale complessivo, al 31 dicembre 2021, di 1.754.787 addetti7 (figura 7).
Nello specifico, analizzando la distribuzione per classe di addetti delle imprese partecipanti ai contrat- ti di rete, il 53% delle stesse si classifica come micro (da 0 a 9), il 19,5% come piccola (da 10 a 49), il 6% come media (da 50 a 249) e l’1,5% come grande (ol- tre 250). Il restante 20% dei dati non è disponibile8 (figura 8).
Da notare che nel periodo dal 2014 al 2021, il nu- mero degli addetti totali delle imprese in rete è qua- si triplicato (+287%), anche per effetto del progressi- vo interesse per lo strumento manifestato da parte delle PMI più strutturate e di alcune grandi imprese9.
Nel contesto sin qui tratteggiato e nell’ottica di ragionare su quali possano essere le strade per sviluppare ulteriormente le potenzialità del contratto di rete, si deve a nostro parere partire da un’altra delle intuizioni che sono state alla base dell’elaborazione iniziale delle regole sul contratto di rete e poi delle modifiche che sono state ad esse successivamente apportate.
L’intuizione cui si fa riferimento è quella per la quale la collaborazione che le imprese decidono di avviare per la realizzazione del programma comune si concretizza (o almeno passa anche) attraverso la collaborazione tra i lavoratori inseriti nelle rispettive strutture.
La ‘mobilità’ del lavoratore tra le organizzazioni fa- centi parte della rete è, infatti, lo strumento principa-
7 I dati sui contratti di rete (8.063) e sulle imprese che vi aderiscono (44.074) provengono dal database InfoCamere su dati del Registro delle Imprese, al 3 settembre 2022. Le informazioni sugli addetti riportate supra e nella figura 8 sono di fonte Inps, aggiornate al 31/12/2021, e sono calcolate su una platea di 34.143 imprese (dato annuale più aggiornato disponibile), che corrisponde all’81% del totale delle imprese aderenti a contratti di rete a quella data (pari a 42.231).
8 Le informazioni sulla distribuzione delle imprese retiste per classe di addetti si riferiscono al dato dichiarato dalle imprese tramite Registro delle Imprese nel periodo di agosto 2022.
9 Per approfondimenti si rimanda a Cabigiosu A. (2021).
Figura 7. Numero di imprese in rete con addetti (valori assoluti), anni 2014-2021
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere
Figura 8. Distribuzione per classe di addetti delle imprese in rete al 3 settembre 2022
5,35%
0 addetti
1 addetto
2-5 addetti
6-9 addetti
10-19 addetti
20-49 addetti
50-99 addetti
100-249 addetti
250-499 addetti più di 500 addetti non disponibile
3,36%
2,33%
0,82%
0,69%
9,
8,50%
10,94%
18,30%
01%
20,33%
20,73%
0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00%
Fonte: RED – Reti e Dati, piattaforma di data analysis di RetImpresa su dati InfoCamere
le per assicurare il coordinamento delle attività delle diverse organizzazioni che mirano alla realizzazione di un obiettivo comune, che le stesse singolarmente non sarebbero in grado di attuare (Xxxxxx 2014). Tale mo- bilità è inoltre il veicolo principale della circolazione delle conoscenze all’interno della rete, che attraverso la circolazione trovano occasione di ulteriore svilup- po. In questo senso, le reti rappresentano ecosistemi conoscitivi dove saperi, know how e competenze si
contaminano e si accrescono a vicenda, grazie anche alle modalità agevolate e innovative di gestione del capitale umano a disposizione dell’aggregazione.
Si è soliti in questi casi richiamare alcuni esempi, non di scuola, ma rispondenti a quella che costituisce un’effettiva prospettiva di impiego e di interesse da parte delle imprese che abbiano già stipulato o che siano interessate alla stipulazione del contratto di rete. Vale la pena di ricordarli.
Il primo esempio cui si fa riferimento è quello del manager di rete: ossia l’impiego di un lavoratore con funzione di coordinamento delle attività delle impre- se facenti parti della rete, allo scopo di una migliore e più efficiente realizzazione del programma comune10. Il manager di rete è, in molti casi, anche il mo- tore principale per la realizzazione del programma, laddove sia in grado di supportare le imprese in rete, prive singolarmente delle professionalità necessa- rie, ad espandersi su mercati nuovi o ad accedere, per esempio, a commesse pubbliche o che richie- dano un’organizzazione articolata e una gestione complessa. In quest’ultimo caso, le singole imprese
– prive della struttura organizzativa e della forza eco- nomica necessarie ad affrontare i costi e le difficoltà di tale espansione – possono ricorrere al contratto di rete quale strumento funzionale a rendere possibile la condivisione dei necessari sforzi, non solo econo- mici, tra i quali vanno annoverati quelli che devono essere sostenuti per dotarsi delle professionalità uti- li alla realizzazione dell’obiettivo comune.
L’interesse alla condivisione e alla mobilità dei la- voratori all’interno dell’organizzazione reticolare può, però, riguardare, passando a un ulteriore esempio tra quelli ai quali sopra si accennava, anche competenze specifiche che per la singola impresa sarebbe troppo costoso acquisire. Si pensi all’esigenza di impiegare un ricercatore per le attività di ricerca e sviluppo di una nuova tecnologia o di nuove tecniche produttive, ov- vero a quella di assumere un lavoratore in possesso di competenze specialistiche per la realizzazione di fasi e processi produttivi di elevata complessità.
O ancora, la rete può essere strumento per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, consentendo alle imprese che si legano in rete di investire nella formazione dei lavoratori.
Xxxxxxxxx, come si evince dalla definizione del contratto di rete dettata dall’art. 3, c. 4 ter, D.L. n. 5/2009, la condivisione dei lavoratori non può mai costituire l’oggetto del programma della rete (e quin-
di non può costituire lo scopo specifico dell’aggrega- zione tramite questo strumento)11, ma può essere lo strumento funzionale a una migliore realizzazione di quest’ultimo.
Sviluppando tale intuizione, il legislatore del 201312 ha attribuito alle imprese stipulanti il contratto di rete la facoltà di avvalersi di due strumenti volti a facilitare la mobilità della rete: il c.d. distacco semplificato e la codatorialità.
È noto come, di tali strumenti, le imprese abbiano fatto un utilizzo assolutamente prevalente del primo, mentre hanno sostanzialmente ignorato il secondo, per una ragione principale, rinvenibile nel fatto che, mentre il distacco costituisce un istituto noto e utilizzato dalle imprese da tempo risalente, la codatorialità non ha precedenti in altre disposizioni del nostro ordinamento e configura un’eccezione allo schema tradizionalmente binario del rapporto di lavoro: un datore di lavoro, un lavoratore (Xxxxxx 2021). Un’eccezione di straordinaria rilevanza che il legislatore si è limitato ad ammettere, senza però supportarla di un adeguato apparato normativo. Il che ha reso di fatto impossibile per le imprese farvi ricorso, in ragione della difficoltà di ricostruire la disciplina applicabile a tali rapporti.
Tuttavia, la codatorialità è strumento dotato di grandi potenzialità, le quali sono facilmente intuibili se si parte dai dati sopra riportati relativamente alla dimensione occupazionale generata dalle collaborazioni reticolari e dal ruolo centrale che il coordinamento dell’attività dei lavoratori è destinato a svolgere in quei contesti.
Queste potenzialità avranno ora auspicabilmente maggiori possibilità di manifestarsi grazie ad alcuni interventi recenti del Ministero del Lavoro e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, i quali hanno fornito alcune regole e interpretazioni utili a definire la disciplina di riferimento.
Sulla base di queste premesse, anche sulla scorta delle indicazioni fornite dalle istituzioni appena
10 La rilevanza di tale figura nel concreto è comprovata dall’espresso riconoscimento che ad essa è stato dato all’interno dell’art. 30 del CCNL per i dirigenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi.
11 Il fatto che il contratto di rete non possa essere sottoscritto con lo scopo esclusivo di condividere lavoratori è dimostrato anche dallo strumento del c.d. contratto di rete di solidarietà (previsto dal comma 4 sexies dell’art. 3 del D.L. n. 5/2009), attraverso il quale, per un periodo di tempo limitato (la norma ha consentito l’impiego di tale tipologia contrattuale per gli anni 2020 e 2021), si è consentito alle imprese in difficoltà economica di utilizzare il contratto di rete come strumento di salvaguardia dell’occupazione. Tramite il contratto di rete le imprese potevano infatti distaccare o porre in codatorialità lavoratori, con l’esclusivo obiettivo di evitare di doverli licenziare, condividendone i costi con altre imprese con le quali non necessariamente era stato individuato un programma imprenditoriale comune.
12 Il riferimento è alla modifica agli artt. 30 e 31 D.Lgs. n. 276/2003, operata dal D.L. n. 76/2013, convertito in L. n. 99/2013.
richiamate, si cercherà nel prosieguo di ricostruire la fattispecie della codatorialità e la relativa disciplina.
4. La codatorialità: definizione e struttura del rapporto di lavoro
Come già accennato, l’ordinamento non detta una definizione di codatorialità, ma si limita ad ammettere la facoltà delle imprese di farvi ricorso13. L’assenza di una definizione espressa ha fatto sì che ne nascesse, com’era inevitabile, un dibattito dottrinale sulla ricostruzione della relativa fattispecie e della sua disciplina (per un riepilogo di tali opinioni
vedi Greco 2017 e Mocella 2018).
Un dibattito accresciuto dall’infelice scelta del legislatore di utilizzare, in un’altra disposizione dedicata a consentire la condivisione dei lavoratori nel contesto della collaborazione tra imprese agricole, un’espressione diversa da codatorialità: ‘assunzione congiunta’14.
L’impiego della differente terminologia appena richiamata ha quindi inevitabilmente generato il dubbio che assunzione congiunta e codatorialità fos- sero cose diverse e, in particolare, che quest’ultima fosse qualcosa di diverso da un rapporto di lavoro nel quale il ruolo di datore di lavoro fosse conte- stualmente rivestito da due o più imprese.
Detto con altri termini e con maggiore chiarezza, il dubbio che ne è stato generato è che la codato- rialità non realizzasse un’ipotesi di assunzione con- giunta (in cui il lavoratore diveniva contestualmente dipendente di più datori di lavoro), quanto piuttosto un’evoluzione del distacco in una forma che ammet- te più distaccatari.
In realtà, il dubbio appena riferito è frutto di un abbaglio generato da un’infelice scelta del legislato- re. Xxxxxx che nasceva dalla necessità di tenere con- to dei differenti contesti cui le norme erano dedica- te. Una differenziazione terminologica che però non esclude che le due fattispecie possano coincidere.
E invero, l’impiego dell’espressione assunzione congiunta si giustifica nello specifico contesto dell’imprenditoria agricola e in relazione al fatto che la disposizione richiamata mira a consentire la
condivisione dei lavoratori, anche laddove non vi sia un programma imprenditoriale comune.
Obiettivo dell’ordinamento giuridico è eviden- temente quello di offrire alle imprese agricole stru- menti per la condivisione del costo del lavoro, anche allo scopo di contrastare fenomeni di sfruttamento molto diffusi in quel settore.
Il meccanismo dell’assunzione congiunta si giu- stifica quindi a partire da esigenze e per perseguire obiettivi diversi da quelli che invece si pongono negli altri settori produttivi.
La condivisione del lavoro è infatti consentita dall’ordinamento solo agli imprenditori che abbiano stipulato un contratto di rete e che, quindi, abbiano un progetto imprenditoriale comune alla cui realizzazione può contribuire la condivisione di competenze tecniche e manageriali possedute dai lavoratori posti in codatorialità.
Sulla base di quanto sin qui osservato, si può dunque concludere che il rapporto di lavoro in codatorialità va considerato come un rapporto di lavoro nel quale il datore di lavoro assume la veste di una parte complessa. Per effetto della creazione del vincolo di codatorialità, il lavoratore diviene contestualmente dipendente di tutte le imprese con le quali viene stipulato l’accordo e viene contestualmente inserito in tutte le rispettive organizzazioni.
Questa soluzione appare quella più coerente, da un lato, con l’espressione codatorialità e, dall’altro, con gli obiettivi per i quali tale istituto è stato introdotto dal legislatore. Con riferimento al primo profilo, il termine codatorialità richiama letteralmente la scelta di conferire contestualmente la veste di datore di lavoro a tutte le imprese interessate. Con riferimento al secondo aspetto, la codatorialità è chiaramente stata introdotta con lo scopo di consentire il contestuale impiego del lavoratore presso tutte le imprese interessate alla realizzazione del programma di rete.
La ricostruzione appena argomentata ha trovato un avallo nella giurisprudenza della Suprema Corte, sia pure in obiter dictum, laddove la stessa ha osser-
13 L’art. 30, comma 4 ter, ultimo periodo, D.Lgs. n. 276/2003 prevede che per le imprese che hanno stipulato il contratto di rete “è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”.
14 L’art. 31, comma 3 bis, D.Lgs. n. 276/2003 prevede che “le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo di cui al comma 1, ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende”.
vato che la codatorialità costituisce un’ipotesi di “as- sunzione congiunta di un medesimo dipendente”15. Questa impostazione trova peraltro una conferma indiretta anche all’interno della giurisprudenza di legittimità in materia di gruppi di società, laddove la fattispecie della codatorialità – intesa anche in quei casi come ipotesi di contestuale inserimento del me- desimo lavoratore nelle organizzazioni facenti parte del gruppo – è utilizzata come rimedio per evitare che lo schermo del gruppo possa impedire l’applica- zione delle tutele lavoristiche laddove lo stesso celi un’organizzazione sostanzialmente unitaria16.
L’impostazione appena illustrata è stata da ulti- mo condivisa dal Ministero del Lavoro e dall’Ispet- torato nazionale del lavoro, i quali, all’interno di provvedimenti recenti cui si farà riferimento nel pro- sieguo, hanno dettato regole ed espresso interpreta- zioni coerenti con la ricostruzione della codatorialità come strumento volto a realizzare un’ipotesi di as- sunzione congiunta del lavoratore da parte di due o più codatori.
Infine, l’interpretazione proposta ha ricevuto il definitivo avallo da parte del legislatore nell’ambito del c.d. Decreto Trasparenza (D.Lgs. n. 104/2022), il quale, nel riscrivere l’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997, ha espressamente qualificato i codatori come “par- ti” del rapporto di lavoro, confermando che attraver- so il vincolo di codatorialità tutti gli imprenditori sti- pulanti assumono contestualmente la veste di datori di lavoro del lavoratore.
5. L’accordo di codatorialità e la disciplina del rapporto di lavoro pluridatoriale
Ricostruito nei termini che precedono il significato normativo del termine ‘codatorialità’, non v’è dubbio che uno dei maggiori ostacoli all’impiego del contrat- to di lavoro subordinato con pluralità di datori di la- voro può essere costituito dalla difficoltà di definire quale sia la disciplina da applicare a tale rapporto.
Lo sforzo che è necessario compiere è, infatti, quello di capire in che modo le regole del rapporto di lavoro subordinato debbano essere adeguate all’e- ventualità in cui il creditore della prestazione lavora- tiva non sia un unico soggetto, ma siano due o più.
Problema che riguarda non solo l’esercizio dei poteri datoriali e la speculare delimitazione del
contenuto delle obbligazioni gravanti sul lavoratore, ma anche i diritti del lavoratore e la ripartizione delle responsabilità datoriali fra i soggetti codatori.
Prima di addentrarci brevemente nell’analisi di tali regole, appare necessario chiedersi se il rapporto di lavoro codatoriale possa essere costituito solo con un lavoratore specificamente assunto dopo la stipulazione del contratto di rete, o se possa essere impiegato in regime di codatorialità un lavoratore già dipendente di una delle imprese della rete.
Xxxxxxx si opti per questa seconda soluzione ci si dovrà poi chiedere se sia necessario acquisire il consenso del lavoratore, sicuramente necessario nel caso in cui il lavoratore sia assunto proprio ai fini della realizzazione del programma di rete.
La norma non fornisce indicazioni chiare per risolvere tale quesito, ma può essere di aiuto la scelta di impiegare il verbo ‘ingaggiare’, a prima vista improprio. Si può infatti ritenere che la scelta del verbo ingaggiare non sia casuale o frutto di una scarsa perizia tecnica del legislatore, ma piuttosto sia stata motivata proprio dalla volontà di ammettere che l’impiego in regime di codatorialità possa riguardare un lavoratore che sia già dipendente da una delle imprese della rete. In questa prospettiva, il corollario necessario è però che tale ‘ingaggio’ possa verificarsi solo acquisendo il consenso del lavoratore in considerazione del fatto che in virtù di tale mutamento viene modificata la posizione di debito del lavoratore, in capo al quale sorge l’obbligazione di adempiere la prestazione lavorativa anche nei confronti di uno o più soggetti diversi dal datore di lavoro con il quale il contratto era stato inizialmente stipulato. In questa ipotesi, per concludere, l’accordo di codatorialità configura un accordo che modifica il contratto di lavoro istituendo, eventualmente anche solo in via temporanea, la relazione di codatorialità.
Venendo all’esame delle regole del rapporto di lavoro, deve essere subito osservato che le norme dedicate alla codatorialità e all’assunzione congiunta fra le imprese stipulanti il contratto di rete contengono previsioni scarne e non uniformi.
In particolare, l’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 rinvia, per la definizione delle regole del rapporto di lavoro codatoriale, alle previsioni contenute nel contratto di rete.
15 Così Cass. 21 aprile 2016, n. 8068. Nello stesso senso: Cass. 22 gennaio 2015, n. 1168.
16 Cfr., tra le tante: Xxxx. 26 maggio 2022, n. 17176; Cass. 24 gennaio 2022, n. 2014; Cass. 11 febbraio 2019, n. 3899; Cass.
9 gennaio 2019, n. 267.
Una regola diversa è invece dettata dall’art.
31 del medesimo decreto che, si ricorda, trova applicazione all’assunzione congiunta del lavoratore da parte di imprese legate da un contratto di rete, i cui partecipanti siano per almeno il 40% imprese agricole. La disposizione citata, diversamente da quanto stabilito dall’art. 30, non opera alcun rinvio al contratto di rete, ma sancisce esplicitamente la responsabilità solidale dei datori di lavoro per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e legali connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa (cfr. comma 3 quinquies).
Dal confronto delle due norme, sembra potersi desumere che la solidarietà costituisce un effetto inevitabile dell’assunzione congiunta operata ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. n. 276/2003, mentre può essere esclusa nell’ipotesi in cui la condivisione del lavoratore avvenga in forza dell’art. 30 del D.Lgs.
n. 276/2003, laddove il contratto di rete in questa seconda ipotesi disciplini in maniera diversa e peculiare la ripartizione degli obblighi in capo ai datori di lavoro (questa interpretazione, inizialmente sposata dal Ministero del Lavoro con la Circolare n. 35/2013, è stata corretta con la Circolare n. 7/2018, nella quale la responsabilità solidale è ritenuta essere un effetto inevitabile della codatorialità).
Le norme che hanno istituito la fattispecie del rapporto di lavoro codatoriale non forniscono dun- que indicazioni chiare sulla disciplina del rapporto di lavoro, che deve essere desunta ragionando innanzi- tutto sui principi generali.
Per avviare tale riflessione si deve partire dalla constatazione che la nuova disposizione sembra conferire alla funzione organizzativa propria del contratto di lavoro un significato specifico, derivante dal fatto che l’organizzazione nella quale la prestazione lavorativa viene inserita non è quella riferibile ad uno specifico imprenditore, trattandosi piuttosto di una struttura che deriva dal coordinamento dell’attività di organizzazioni distinte e reciprocamente autonome ed è costituita per la realizzazione di un obiettivo specifico individuato all’interno del programma di rete.
Tale constatazione deve indurre innanzitutto a riflettere se il collegamento che si instaura al momento dell’assunzione fra contratto di lavoro e programma di rete comporti una funzionalizzazione del primo alla realizzazione degli obiettivi produttivi indicati dal secondo.
La soluzione di questo primo quesito appare necessaria per capire, ad esempio, se il lavoratore assunto congiuntamente possa essere impiegato solo in attività funzionali alla realizzazione del programma di rete, ovvero per definire in che modo le obbligazioni tipiche del rapporto di lavoro reagiscano al fatto che il lavoratore si impegna con la stipulazione del contratto a rendere la propria prestazione alle dipendenze di più datori di lavoro.
Ebbene, non sembra possibile configurare una funzionalizzazione del rapporto di lavoro, e dunque dei diritti e degli obblighi assunti dalle parti con la sua costituzione, al perseguimento degli obiettivi individuati dal programma di rete. Questa possibilità appare preclusa dal fatto che il nostro ordinamento non consente di funzionalizzare l’assunzione a tempo indeterminato alla realizzazione di uno specifico obiettivo produttivo.
Con la stipulazione del contratto di lavoro, il la- voratore assume, invero, l’obbligo di porre la propria prestazione a disposizione del datore di lavoro, il quale la dirigerà conformemente alle proprie esi- genze organizzative e produttive, che però non pos- sono assumere alcuna rilevanza nella definizione dei contenuti della posizione obbligatoria del lavorato- re, il quale non diviene in alcun modo responsabile della effettiva realizzazione di quegli obiettivi.
Non può dunque assumere rilievo nella disciplina del rapporto la finalità produttiva per la quale quella prestazione verrà impiegata. Il contesto produttivo nel quale la prestazione è inserita assume infatti una rilevanza giuridica esterna alla prestazione lavorativa, condizionando l’esercizio dei poteri datoriali in funzione della protezione di beni fondamentali della persona del lavoratore come la tutela dell’occupazione, della dignità o della professionalità del lavoratore. Essa, però, non consente di collegare la sussistenza del rapporto e i contenuti dello stesso agli obiettivi produttivi perseguiti dall’imprenditore.
Il corollario di tali ragionamenti è che, nelle ipotesi in cui è consentita l’assunzione congiunta, il lavoratore sarà inserito nelle rispettive organizzazioni delle imprese della rete, cosicché la risoluzione del rapporto di lavoro potrà avvenire solo a seguito di un licenziamento congiunto, o di separati provvedimenti di licenziamento, che, nel caso in cui siano fondati su di una motivazione oggettiva, dovranno dar conto della non impiegabilità del
lavoratore in mansioni equivalenti o inferiori presso le organizzazioni di ciascuno dei datori di lavoro.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore sia stato assunto dall’organo comune della rete (o da una delle sue imprese), sarà quest’ultimo a dover licenziare il lavo- ratore, mentre qualche perplessità desta la delimita- zione dell’ambito entro il quale deve essere valutata la possibilità di collocare il lavoratore in mansioni equivalenti o, in mancanza, inferiori. Nell’assenza di una espressa previsione normativa, la soluzione da preferire appare quella di operare il ‘ripescaggio’ su tutte le imprese della rete, atteso il vantaggio, alme- no indiretto, che le stesse traggono dalla destinazio- ne della prestazione lavorativa alla realizzazione del programma di rete al quale sono tutte interessate.
La seconda questione che deve essere affrontata riguarda il contenuto dell’obbligo di obbedienza del la- voratore nel caso in cui sia destinatario di direttive tra di loro contrastanti provenienti dai diversi datori di lavoro. La disciplina non offre strumenti per rispondere a tale quesito. Poiché il lavoratore non assume la responsabi- lità della realizzazione del risultato produttivo dell’orga- nizzazione nella quale è inserito, si può affermare che, essendo obbligato esclusivamente ad adempiere dili- gentemente e correttamente alla propria prestazione, questi sarà adempiente agli obblighi contrattuali laddo- ve abbia eseguito una delle direttive impartite da uno dei suoi datori di lavoro, anche se in tale ipotesi abbia in concreto disatteso il contrastante comando provenien- te da uno degli altri.
La natura inderogabile delle disposizioni dettate dal nostro ordinamento a tutela del lavoratore subordinato non consente in conclusione di ammettere che il contratto di lavoro possa essere funzionalizzato alla realizzazione degli obiettivi produttivi della rete e, conseguentemente, limita molto gli ambiti entro i quali il contratto di rete, nell’ipotesi del rapporto di lavoro codatoriale, ha la possibilità di dettare regole relative alla disciplina del rapporto di lavoro. Questa, con i dovuti temperamenti resi necessari dal fatto che il datore
di lavoro non è unico, rimarrà la disciplina generale propria dei rapporti di lavoro subordinato, attesa la natura inderogabile della stessa.
Tra le aree di intervento sembrerebbe esservi il regime delle responsabilità dei codatori nei confronti del lavoratore condiviso. Il confronto sopra svolto fra le previsioni contenute negli artt. 30 e 31 del D.Lgs. n. 276/2003 sembrerebbe infatti indicare che le imprese coinvolte in un rapporto codatoriale possano escludere la loro responsabilità solidale per i crediti del lavoratore, mentre ciò non sarebbe consentito nell’ipotesi dell’assunzione congiunta17.
Anche tale conclusione non sembra però condivisibile laddove si consideri l’eventualità, verosimile, che non sia possibile valutare caso per caso quale tra le imprese della rete sia quella che si avvantaggia direttamente della prestazione resa dal lavoratore. Piuttosto, in ogni caso in cui la prestazione resa sia funzionale alla attuazione del programma di rete non potrà che concludersi che essa risponda all’interesse organizzativo per cui il contratto di lavoro è stato stipulato, fondando così una responsabilità diretta di ciascuna delle imprese della rete nei confronti del lavoratore che le stesse hanno scelto di condividere e della cui prestazione in ultima analisi si avvantaggiano.
Il rinvio al contratto di rete per la definizione della disciplina del rapporto di lavoro appare allora una previsione dai limitati effetti pratici, che al più potrà risultare utile per definire alcuni problemi gestionali complicati proprio dall’esistenza di una pluralità di datori di lavoro, come ad esempio quello della identificazione del contratto collettivo di categoria applicabile al rapporto di lavoro nel caso in cui le imprese retiste applichino contratti diversi.
Di recente, dando attuazione alla previsione dell’art. 3, co. 4 septies, D.L. n. 5/2009 (convertito in L. n. 33/2009), il Ministero del Lavoro, con D.M.
n. 205 del 29 ottobre 2021, ha finalmente definito le modalità operative per la comunicazione dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità, fornendo altresì
17 Tale soluzione appare compatibile con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017, con quale la Consulta ha esteso, tramite il criterio analogico, l’ambito di applicazione della responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 alla subfornitura, sulla base del presupposto che la mancanza di una norma che preveda l’applicazione del medesimo regime alla subfornitura creerebbe una disparità di trattamento per situazioni assimilabili in quanto caratterizzate da una utilizzazione indiretta del lavoro. Nel caso del contratto di rete, il principio espresso dalla Corte Costituzionale non dovrebbe trovare applicazione in considerazione dell’esistenza di una regola espressa, che esclude la possibilità di ricorrere al criterio interpretativo dell’analogia che presuppone invece un vuoto normativo. Sull’ambito di applicazione della responsabilità solidale di cui all’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 si veda, da ultimo, Villa (2017).
importanti indicazioni riguardanti il CCNL applicabile e l’inquadramento previdenziale e assicurativo dei lavoratori in codatorialità (Pagano 2022).
In particolare, il D.M. ha introdotto uno specifico modello c.d. ‘Unirete’ destinato alle comunicazioni di inizio, trasformazione, proroga e cessazione dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità, nonché alle comunicazioni riguardanti il distacco dei lavoratori all’interno della rete.
Il D.M. ha altresì previsto che le comunicazioni debbano essere eseguite da un soggetto individua- to “nell’ambito del contratto di rete” (c.d. impresa referente).
Con riferimento al CCNL da applicare al rapporto di lavoro, il D.M. ha distinto a seconda che il lavora- tore che viene posto in codatorialità sia o meno già dipendente da una delle imprese della rete.
Nel primo caso (lavoratore dipendente di una delle imprese, collocato in codatorialità dopo la sti- pulazione del contratto di rete), il D.M. prevede che al rapporto di lavoro continui a trovare applicazione il CCNL già applicato al rapporto, così come si conti- nuerà a fare riferimento all’impresa originaria datri- ce di lavoro anche ai fini dell’inquadramento previ- denziale e assicurativo.
Nel secondo caso (lavoratore assunto in codatorialità dalle imprese della rete), il D.M. demanda alle parti del contratto di rete la designazione del datore di lavoro referente, anche ai fini della individuazione del CCNL da applicare e dell’inquadramento previdenziale e assicurativo.
Con riferimento ad entrambe le ipotesi, il D.M. prevede però anche che, ai fini della determinazione della retribuzione imponibile, si faccia riferimento al CCNL applicato dall’impresa “presso la quale il lavoratore ha svolto nel mese prevalentemente la propria attività”.
Attraverso le indicazioni appena riportate, il D.M. ha così sciolto i complessi dubbi che inevitabilmente sarebbero altrimenti destinati a sorgere nel caso in cui le imprese codatori applichino contratti collettivi diversi, svolgano attività produttive riferibili a settori produttivi diversi, possano vantare una “storia infor- tunistica diversa”18.
Questi importanti interventi, pur non sciogliendo tutti i dubbi che potranno porsi nella gestione
concreta di un rapporto in codatorialità, forniscono però un quadro di regole di base che rende finalmente possibile l’impiego di questo istituto.
Conclusioni
In conclusione, le novità normative e le indicazioni interpretative e applicative emerse attraverso gli interventi del Ministero del Lavoro, dell’Ispettorato nazionale del lavoro e dell’Inail forniscono ad oggi un quadro di regole chiare per applicare correttamente la codatorialità, evidenziando da un lato le opportunità che derivano dalle innovative e semplificate modalità di gestione del capitale umano a disposizione dell’aggregazione, cui spetta ampia autonomia nella regolamentazione dei profili della codatorialità, e, dall’altro, le necessarie garanzie del lavoro e cautele che il ricorso all’istituto comporta.
Alla flessibilità in campo lavoristico ‘dedicata’ alle reti orientata a raggiungere obiettivi di maggiore competitività ed efficienza nella gestione del network, fanno da contraltare precise responsabilità in capo a tutti i codatori di lavoro.
In altri termini, non si può fare rete tra imprenditori al solo fine di gestire o condividere risorse umane, ma si possono gestire o condividere risorse umane in rete per consentire una migliore attuazione del progetto imprenditoriale comune. Interpretare bene questo paradigma è fondamentale per garantire un utilizzo corretto degli strumenti lavoristici a disposizione delle imprese aggregate in rete e, al contempo, per assicurare la tutela dei diversi interessi coinvolti nelle dinamiche del contratto.
Proprio in quest’ottica può assumere un ruolo fondamentale lo strumento della certificazione dei contratti di rete e degli accordi di distacco e di codatorialità ai sensi della disciplina di cui agli articoli 75 e ss. del D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, al fine di dare stabilità e certezza a tali strumenti e agli operatori che li utilizzano, riducendo al contempo il contenzioso in materia di qualificazione contrattuale. Ciò è ancor più vero se la codatorialità verrà correttamente utilizzata da più imprenditori per condividere competenze tecniche e manageriali di cui tutti hanno necessità e altrimenti non facilmente reperibili sul mercato, in primis per ragioni di costi (es. il manager per il trasferimento tecnologico,
18 Al D.M. hanno fatto seguito due note dell’Ispettorato nazionale del lavoro (la Nota n. 135 del 22 febbraio 2022 e la n. 1229 del 16 giugno 2022) e una circolare dell’Inail (n. 31 del 3 agosto 2022), che hanno fornito ulteriori chiarimenti sulle regole da rispettare per l’attivazione di un rapporto in regime di codatorialità.
il coordinamento gare, il piano marketing e di internazionalizzazione, l’efficienza energetica di un business comune, ovvero un team di giovani qualificati ricercatori, ingegneri ecc.).
Questo concetto è ancor più contingente nella attuale fase storica, nella quale la più grande sfida per il sistema Paese è – come sopra accennato – ge- stire correttamente le risorse del PNRR: in tal senso, la codatorialità potrebbe consentire alle imprese in rete di affidare alle competenze di un manager il co- ordinamento delle attività di progettazione e di exe- cution di specifici interventi finanziati da tale Piano. La creazione di network di reti stabili e organizzate
può inoltre consolidare un ecosistema o ‘piattaforme’ di specializzazioni non limitate a un’impresa, ma a un’intera filiera o territorio (come nel caso delle reti all’interno di cluster e distretti, nelle aree di rilancio industriale o nelle Zone economiche speciali), anche per finalità di reskilling e upskilling del capitale umano funzionali a processi di riorganizzazione aziendale, favorendo le politiche attive del lavoro, il passaggio generazionale e l’accesso al mercato del lavoro di giovani in formazione o in ricerca, anche mediante il rilancio di strumenti ad oggi poco utilizzati come il contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca.
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Ilario Alvino
Professore ordinario di Diritto del lavoro e presidente del corso di LM in Risorse umane, scienze del lavoro e innovazione della Sapienza Università di Roma. È condirettore del Focus Lavoro Persona Tecnologia della rivista Xxxxxxxxxxx.xx ed è componente della Commissione di certificazione dell’Università Roma Tre. È autore di oltre cento pubblicazioni in materia di diritto del lavoro e di diritto sindacale. Fra le pubblicazioni recenti si segnala: Integrazione produttiva, rivoluzione digitale e diritto del lavoro, Xxxxxxxxxxx.xx, 2022.
Carlo La Rotonda
Direttore di RetImpresa, l’Agenzia di Confindustria per le aggregazioni e le reti di imprese e Amministratore unico di RetImpresa Servizi, società specializzata nel fornire servizi di consulenza e alta formazione in tema di collaborazioni tra imprese. È autore di pubblicazioni in materia di reti di imprese, diritto industriale, diritto delle imprese e diritto penale dell’economia. Dal 2018 collabora con l’Osservatorio nazionale sulle Reti d’impresa. Fra le pubblicazioni recenti si segnalano: Il contratto di rete nel settore delle costruzioni, Edizioni Ca’ Foscari, 2020; Startup in rete, Edizioni Ca’ Foscari, 2021.