Credit default swap tra dinamiche di mercato e disciplina concorsuale
Credit default swap tra dinamiche di mercato e disciplina concorsuale
Xxxxxxxx Xx Xxxxx
SOMMARIO: 1. Breve introduzione. – 2. Inquadramento generale della fattispecie contrattuale. – 3. Natura giu- ridica del credit default swap. – 4. Credit default swap e insolvenza. Possibile allerta sulle insolvenze socie- tarie. – 5. Segue. Effetti del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa sul credit default swap. –
6. (Segue). L’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 76 legge fall. – 7. Il rischio di sostituzione sopporta- to dal protection buyer. – 8. Credit default swap e revocatoria fallimentare. – 9. “Rischio di controparte” e contratti di garanzia finanziaria. – 10. Credit default swap e portata applicativa dell’art. 169-bis legge fall. –
11. Considerazioni conclusive.
1. Breve introduzione. – La recente crisi finanziaria ed i dibattiti che ne sono conseguiti hanno messo in luce la diffusione in larga misura dei credit default swaps: strumenti finanziari sofisticati usati in genere per garantire dal rischio di insolvenza.
La loro struttura negoziale può essere così descritta. Il rapporto si instaura tra un soggetto che vuole essere garantito dall’insolvenza del suo debitore ed un altro soggetto che emette lo strumento finanziario di copertura del rischio di insolvenza 1.
Comunemente il soggetto che acquista protezione viene chiamato protection buyer, mentre il soggetto che copre il rischio con l’emissione del derivato è il protection seller. Infine il debi- tore, dalla cui insolvenza si viene garantiti, è denominato reference entity.
Il protection seller quindi “vende “ la protezione al protection buyer a fronte del pagamento da parte di questi di un premio commisurato al rischio: quanto più alto sarà il rischio tanto più alto sarà il premio 2.
Emerge dunque che il profilo funzionale del credit default swap è quello della gestione del rischio di credito, che rappresenta la maggiore componente di incertezza nei mercati finanzia-
1 Sull’ordinamento del mercato finanziario: X. XXXXXXX-D.U. SANTOSUOSSO, Società di capitali (Torino, 2006), II, 236; per un’ampia elencazione delle diverse tipologie di swap: XXXXXX XXXXXXXX, “La disciplina fallimentare degli swap”, Giur. comm., 2012, I, 431, il quale sottolinea che lo swap appartiene alla famiglia degli strumenti finanziari derivati di cui all’art. 1 del t.u.f.
2 Molto chiara la definizione di XXXXXX XXXXXXXX, I contratti finanziari derivati (Milano, 2007) 398: “Il credit default swap (rectius: credit event dependent swap) può, quindi, essere definito come quel contratto in forza del quale il vendito- re di protezione, verso pagamento di un premio, si obbliga ad eseguire un pagamento determinato o determinabile in fa- vore del compratore di protezione al verificarsi di un evento futuro ed incerto che esprime il deterioramento del profilo creditizio di un ente di riferimento.” Sulla definizione del cds anche: E. BARCELLONA, “Note sui derivati creditizi: Market Failure o Regulation Failure ?”, xxx.xxxxxx.xx, doc. n. 200/2010, 6, il quale osserva che: “Sulla base di una prognosi – e cioè di una valutazione (razionale) del rischio di credito –, il protection seller concorda con il protection buyer lo scambio (swap) fra il pagamento dal secondo la primo di un flusso monetario certo (il prezzo del derivato) contro il pagamento dal primo al secondo di un flusso monetario incerto (l’indennizzo pari al quantum di danno corrispondente al ritardo del pa- gamento del credito ovvero al definitivo mancato pagamento). La forma più nota di derivato creditizio è quella ove il ri- schio di credito oggetto del contratto è, per l’appunto, il rischio “massimo” di fallimento del debitore (c.d. reference enti- ty): da qui il nome (ormai quasi entrato nel gergo quotidiano) di credit default swap o cds”.
ri 3. In ragione di tale funzione e dei benefici che ne possono derivare per il sistema finanziario si è ritenuto che tale fattispecie contrattuale atipica presenti un assetto di interessi meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.
Nella realtà accade però che l’interesse alla garanzia possa di fatto subire una sorta di muta- zione genetica, nel senso che da interesse alla garanzia diviene puro interesse speculativo 4. Ed infatti cosa accade: che il protection buyer può ad esempio acquistare più contratti di credit de- fault swap e quindi assicurarsi secondo un nozionale molto più elevato dell’effettivo rischio. In questo caso appare evidente che l’interesse alla protezione muta in interesse alla locupletazione dell’investimento, che poi si può tradurre di fatto in un interesse all’evento negativo, vale a di- re al default del debitore.
Per comprendere meglio questa dinamica, si può fare l’esempio dell’assicurazione, pur es- sendo presenti importanti differenze tra queste due tipologie negoziali. Nell’assicurazione sulla vita ad esempio, l’assicurato ha un interesse contrario all’evento decesso e per tale rischio vuo- le assicurarsi. E questo anche nell’ipotesi in cui abbia per ipotesi contratto più polizze sulla vita.
Al contrario, nel caso di specie l’interesse ad essere garantito e quindi ad evitare l’evento – il default del debitore – può mutare nell’interesse a che si realizzi l’evento, atteso che da questo evento discenderebbe una copertura di molto maggiore al danno per il quale si era per così dire “assicurato”.
Ed ancora, altra situazione che può venire a configurarsi nella realtà è quella dei c.d. naked credit default swaps vale a dire contratti di copertura che sono del tutto svincolati da un rappor- to sottostante di debito– credito. In altri termini in questo caso il protection buyer non è credi- tore del debitore ed acquista il contratto solo al fine, per così dire, di “scommettere” sul suo fallimento.
È quello che in fondo è accaduto e sta accadendo per i debiti sovrani rispetto ai quali vi so- no investitori istituzionali che hanno stipulato contratti di questo tipo, scommettendo sul de- fault di alcuni Stati debitori. Di guisa che quantomeno la tentazione di “tifare” per il default dei Paesi debitori potrebbe essere forte. Non si tratta quindi semplicemente di un contratto che rea- lizza lo scambio di beni o di valori economici, o tramite il quale si disciplina l’erogazione di un servizio di “copertura del rischio”, ma di uno strumento attraverso il quale si possono realizza- re investimenti speculativi.
3 La funzione positiva dei credit default swaps viene riscontrata su diversi piani. Si riconosce in primo luogo che essi consentono al sistema finanziario di essere liquido e quindi più stabile. Ed infatti attraverso tali strumenti finanziari il ri- schio viene separato dall’attivo sottostante e trattato alla stregua di un bene fungibile sul quale vengono svolte operazioni di trading. Inoltre, il loro utilizzo da parte delle banche consente alle stesse di liberare capitale e quindi di migliorare il pa- trimonio di vigilanza in quanto il rischio di credito viene traslato sul venditore di protezione. Su questo ultimo profilo fun- zionale: SIRONI, “L’utilizzo dei credit derivatives per una gestione più efficiente del portafoglio impieghi”, in SIRONI (a cura di), I derivati per la gestione del rischio di credito (Milano, 1999), 39-79.
4 Questa constatazione porta a ritenere che si potrebbe configurare un cambiamento della categoria concettuale di in- teresse ogni qual volta non si tratta più di beni giuridici ma di valori: nel caso di specie quello sotteso alla speculazione. La dottrina tradizionale infatti ricostruisce il concetto di interesse in termini di tensione soggettiva verso un bene della vita. Nel caso della speculazione il bene così inteso potrebbe sfumare in una mera locupletazione di ricchezza per di più non ancorata al dato reale della produzione o scambio di beni e servizi, ma semplicemente creata per via finanziaria. Si tratta di una evoluzione concettuale che era stata già registrata sul piano delle garanzie rotative e sul rilievo del valore economi- co piuttosto che del bene: XXXXXXXXX, Sulle garanzie rotative (Napoli, 1998), 11: “Una moderna concezione della garanzia reale deve rivolgersi a considerare più il concreto assetto degli interessi che le singole forme scelte per realizzarli, poiché, in ragione della crescente varietà e molteplicità delle situazioni da regolare, esige una maggiore elasticità nella definizione e configurazione della fattispecie.” Su un piano sistematico: X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile (Na- poli, 1957), 53: “L’interesse non è il bene, ma il valore relativo che un determinato bene ha per un certo soggetto, sì che s’intende, fra l’altro, come in ordine allo stesso bene sia possibile una gradazione degli interessi di più soggetti”.
A fronte di questo complesso scenario, il presente lavoro ha un obiettivo molto più circo- scritto che è quello di analizzare questi contratti a fronte delle dinamiche che si innescano in caso di insolvenza di una delle parti del rapporto. Vedremo che in questo caso non viene in ri- lievo solo il fallimento. Laddove ad esempio il protection seller sia una banca o più in generale un intermediario finanziario, nel caso di sua insolvenza, sarà sottoposto ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa; mentre il protection buyer potrebbe essere assoggettato a fallimento o ammesso ad una procedura di concordato preventivo o agli accordi di ristruttura- zione. L’assoggettamento invece del debitore – ente di riferimento – ad una procedura concor- suale potrebbe avere rilevanza soltanto come “trigger event” che innesca l’operatività della ga- ranzia e non si porrebbe quindi un problema di compatibilità di tale contratto con la procedura aperta non essendone il debitore parte.
Prima quindi di affrontare questi temi: il fallimento quale trigger event del credit default swap e l’applicazione della disciplina dei contratti pendenti e degli effetti sugli atti pregiudi- zievoli ai creditori, verranno svolte alcune valutazioni preliminari che riguarderanno più nello specifico la natura di questi contratti e l’evoluzione della relativa disciplina.
2. Inquadramento generale della fattispecie contrattuale. – Dalle considerazioni introdut- tive emerge che elemento di caratterizzazione del contratto è il rischio, o meglio la gestione del rischio di credito 5. Questo dato assume un significativo e rilevante ruolo nella fattispecie con- trattuale andando a riflettersi sui soggetti e sul tempo di durata del contratto.
In relazione ai soggetti, il contratto si configura come contratto a prestazioni corrispettive in cui appunto l’una prestazione è condizionata dall’altra: tra le prestazioni sussiste dunque un vincolo di interdipendenza funzionale tale per cui si può ritenere applicabile a questo contratto la relativa disciplina codicistica in relazione alla clausola risolutiva espressa, all’exceptio ina- dimpleti contractus, alla possibilità di sospendere la prestazione in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali della controparte, all’operatività della clausola solve et repete e della estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta.
In relazione al tempo, va detto che il contratto di credit default swap è un contratto di durata o ad esecuzione periodica. Gli impegni contrattuali si svolgono dunque nel tempo, e nel corso del tempo il rischio di credito può variare in ragione del variare delle condizioni patrimoniali delle parti o del terzo debitore la cui insolvenza rappresenta il rischio da cui proteggersi.
L’inquadramento del cds come contratto di durata avrà quindi conseguenze dirette in ordine all’applicazione delle relative norme codicistiche sulla irretroattività della risoluzione o del re- cesso unilaterale.
Sotto il profilo più direttamente funzionale, va detto che l’imponente diffusione dei derivati di credito è in gran parte dipesa dalla loro attitudine ad isolare il rischio di credito rispetto all’attività sottostante e di trattarlo sostanzialmente come un valore a sua volta suscettibile di trading. In effetti la funzione di questi contratti è stata molto apprezzata soprattutto dalle ban-
5 Per meglio illustrare tale profilo si richiama quanto afferma XXXXXX XXXXXXXX (supra, n. 2), 404: “(…) occorre eviden- ziare adeguatamente la diversa funzione economico-sociale assolta dalle due fattispecie contrattuali poste a confronto, poiché, mentre la causa dell’assicurazione contro i danni risiede nel ‘trasferimento del rischio’ dietro corrispettivo di un premio, la causa del credit default swap risiede nell’‘assunzione del rischio’ di deterioramento del profilo creditizio di un Ente di Riferimento verso corrispettivo di un premio”. Il concetto di gestione del rischio va quindi declinato in termini di assunzione del rischio di deterioramento proprio perché questo potrebbe anche non sussistere in capo al compratore di protezione laddove non abbia alcun rapporto di credito con il debitore di riferimento.
che che hanno avuto modo – con tali strumenti – di gestire meglio il loro capitale di vigilanza e di poter quindi meglio erogare credito.
Questo spiega in larga misura la diffusione dei derivati di credito, rispetto ai quali tuttavia l’ingresso dell’intento speculativo – molto spesso esasperato – può avere determinato gravi di- storsioni nel loro uso soprattutto in una eccessiva amplificazione del loro effetto c.d. leva: ov- vero l’amplificazione delle perdite o dei guadagni derivanti dal trading sui derivati.
Inoltre, come abbiamo rilevato in premessa, può non esserci alcun rapporto creditizio con il
c.d. ente di riferimento.
Il credit event infatti non si identifica necessariamente con l’insolvenza dell’ente di riferi- mento nei confronti del protection buyer, potendo essere agganciato alla variazione del prezzo di una obbligazione di riferimento cui le parti rinviano.
Questo ulteriore aspetto di caratterizzazione del cds è di rilievo in quanto legato alla neces- sità che sia apprezzabile in modo sicuro l’integrazione di quell’evento futuro ed incerto da cui dipende la prestazione da parte del protection seller. Al fine dunque di evitare difficoltà su questo punto, le parti in genere richiamano la variazione del prezzo di una obbligazione di rife- rimento – dovuta dall’ente di riferimento – quale dato oggettivo cui agganciare la prestazione. Può dunque accadere che in fondo il cds possa divenire una vera e propria scommessa sul valo- re di determinate obbligazioni di riferimento la cui variazione, sotto una determinata soglia, de- termina l’obbligo della prestazione da parte del protection seller.
3. Natura giuridica del credit default swap. – Si è molto dibattuto sulla natura del credit default swap. Tra le varie opinioni che si sono confrontate è possibile citare quelle che hanno ricondotto tale contratto alla fideiussione o all’assicurazione. In fondo si è messo in luce quella che sarebbe la funzione economico-sociale di questo contratto ovvero tenere indenne un sog- getto da un certo rischio identificato con l’insolvenza del suo debitore.
Si è però potuto constatare che sussistono importanti profili di differenza rispetto alla fi- deiussione ed all’assicurazione che hanno orientato la maggior parte degli studiosi ad optare per un diversa qualificazione degli stessi in termini di contratto atipico o innominato ai sensi dell’art. 1322 c.c.
In effetti, si è avuto modo di evidenziare che rispetto alla fideiussione mancherebbe il tratto caratteristico dell’accessorietà della garanzia personale al rapporto obbligatorio principale. Come rilevato nelle considerazioni precedenti, i cds possono prescindere da un rapporto obbli- gatorio principale tra il compratore di protezione e l’ente di riferimento tutte le volte in cui l’e- vento dedotto in condizione, cui è subordinata la prestazione del protection seller, non si iden- tifica con l’inadempimento di una obbligazione nei confronti del compratore di protezione, quanto piuttosto nel deterioramento del profilo di rischio dell’ente di riferimento.
La mancanza dunque del vincolo dell’accessorietà fa venir meno uno dei tratti più pregnanti della fattispecie fideiussoria rendendo quindi non pertinente un’opzione qualificatoria dei cds in questo senso.
Ma un ulteriore profilo di differenza può essere colto anche sul piano del contenuto delle due fattispecie contrattuali. Ed infatti, mentre il contratto di fideiussione non può avere condi- zioni più onerose rispetto a quelle del credito garantito (art. 1941 c.c.), al contrario nei cds ge- neralmente il protection seller assume rischi più onerosi rispetto a quelli relativi all’obbli- gazione dell’ente di riferimento.
Ed ancora va sottolineato che un derivato può essere venduto più volte anche a fronte di una medesima obbligazione di riferimento; mentre nel caso della fideiussione è possibile la confi- gurazione di più fideiussori solidali ma sempre per una stessa somma, tal che il creditore non
potrà chiedere un multiplo della stessa 6. In definitiva, le differenze tra fideiussione e cds sono tali, sia sul piano del vincolo di accessorietà che su quello dei rispettivi contenuti obbligatori, da escludere che possa esserci un’assimilazione delle due fattispecie.
Un secondo parametro di confronto e/o di assimilazione è stato elaborato in relazione al contratto di assicurazione: ma anche in questo caso le differenze sono apparse prevalenti sotto il profilo causale.
In effetti l’espressione “assicurarsi contro il rischio di insolvenza” non può essere assunta di per sé in una accezione tecnica, proprio in ragione del fatto che non è indispensabile ai fini della configurazione dei cds che il compratore di protezione sia creditore dell’ente di riferi- mento.
Il compratore di protezione in questi casi non si protegge dal rischio di insolvenza dell’ente di riferimento rispetto ad una obbligazione in essere, potendo piuttosto perseguire una finalità di speculazione. Il profilo causale dell’assicurazione quindi evapora completamente lasciando in questo caso il posto a quello della speculazione 7.
La necessità del rischio quale elemento che integra il profilo causale del contratto di assicu- razione è testimoniato da diverse norme del codice civile: l’art. 1895 che prevede la nullità del contratto se al momento della sua conclusione non vi era alcun rischio da trasferire in capo al- l’assicuratore; l’art. 1904 il quale prevede pure la nullità del contratto se nel momento in cui l’assicurazione deve avere inizio non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno 8. L’elemento del rischio dunque integra in modo così pregnante il contratto di assicura- zione da determinare una distinzione netta ed evidente con i cds rispetto ai quali, come visto, può del tutto mancare il rischio di insolvenza in capo al protection buyer il quale può persegui- re solo intenti speculativi non essendo titolare di un rapporto obbligatorio sottostante con l’ente di riferimento.
La sussistenza del rischio di deterioramento dell’ente di riferimento, che viene assunto dal protection buyer, consente di sottolineare per altri versi la differenza dei cds rispetto alla scommessa. In effetti in questa tipologia di contratto il rischio è artificiale ed il suo esito di- pende esclusivamente dalla sorte. Nella scommessa non vi sono interessi economici sottostanti, se non quelli attinenti all’esecuzione della prestazione nel caso in cui si verifichi o meno un certo evento. Questo dato giustifica dunque la mancanza di tutela giudiziale in via di azione se- condo quanto disposto dall’art. 1933 c.c. venendosi a configurare una tipica obbligazione natu- rale 9.
6 È interessante sottolineare quello che evidenzia E. BARCELLONA (supra, n. 2), 9: “la garanzia concessa dal protection seller è suscettibile di essere incorporata – anche se non necessariamente deve esserlo – in un titolo di credito (security) o, comunque, in un contratto che può circolare esattamente come l’azione di società, secondo le regole proprie non della cessione dei contratti, bensì in quelle proprie della cessione di beni mobili”.
7 Mette in risalto questa finalità di speculazione presente nei c.d. naked cds, richiamando la necessità di una stretta re- golamentazione: SOROS, One way to stop bear raids, in xxxxxx.xxx.xxx/xxxxxxx/XX000000000000000000.xxxx, secondo il quale “In all the uproar over AIG, the most important lesson has been ignored. AIG failed because it sold large amounts of credit default swap (CDS) without properly offsetting or covering their positions. What we must take away from this is that CDS are toxic instruments whose use ought to be strictly regulated: only those who own the underlying bonds ought to be allowed to buy them. (…) CDS came into existense as a way of providing insurance on bonds against default. Since they are tradable instruments, they became bear-market warrants for speculating on deteriorating conditions in a company or country. What makes them toxic is that such speculation can be self-validating”.
8 Sottolinea la differenza tra contratto di assicurazione e cds: XXXXXX XXXXXXXX (supra, n. 2), 404.
9 Non è mancato in giurisprudenza chi ha assimilato il contratto di swap alla scommessa. In questo senso: Trib. Saler- no, 2 maggio 2013, xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxx, secondo il quale: “Il contratto di swap assimilabile alla scommessa, ti- pico contratto aleatorio, dovrebbe presentare una componente di fortuna divisa in parti uguali tra i contraenti. Ove una
La difficoltà dunque di inquadrare i cds in una fattispecie contrattuale tipica, ha portato di per sé a ritenere che si tratti di contratti innominati rispetto ai quali diventa dunque inevitabile il vaglio di meritevolezza o meno dell’assetto di interessi perseguito dalle parti, ai sensi dell’art. 1322 c.c.
Sul piano quindi della meritevolezza degli interessi del contratto di cds sembra avere avuto influenza in primo luogo la considerazione dell’evoluzione del sistema di valutazione del ri- schio di credito. Sotto questo profilo è stato messo in evidenza 10 il passaggio decisivo ed epo- cale tra la valutazione del rischio di credito affidata alla figura professionale del banchiere, a quella invece affidata ai capital markets con emersione di una nuova figura: quella del “ban- chiere sistemico”. In altri termini i cds consentono di dare un prezzo, un valore al rischio di credito in termini asseritamente più efficienti di quello che può essere dato dalla tradizionale figura bancaria 11. Così come l’azione è storicamente nata per dare un prezzo al rischio di im- presa, consentendo la sua circolazione incorporandola in un titolo; così pure i cds consentono di attribuire un prezzo al rischio di credito ed a renderlo circolabile – commercializzabile, an- che attraverso l’emissione di titoli scambiati sul mercato dei capitali.
Alla luce di queste considerazioni si comprende quindi la ragione per la quale ai sensi del- l’art. 1, 2° comma del t.u.f., i cds sono considerati strumenti finanziari ovvero mezzi di inve- stimento di natura finanziaria. Non si tratta quindi semplicemente di un contratto che realizza lo scambio di beni o di valori economici, ma di uno strumento attraverso il quale si realizzano investimenti.
Al riguardo nella realtà economico-finanziaria è possibile percepire un salto. Ossia mentre nell’economia moderna l’investimento è stato orientato alla produzione industriale, nell’eco- nomia post moderna l’investimento è invece orientato alla speculazione secondo un progressi-
suddivisione dell’alea non sia riscontrabile (c.d. contratto aleatorio unilaterale) deve escludersi che siffatti contratti possano meritare la tutela del nostro ordinamento, in quanto troppo sbilanciati a favore del singolo contraente banca, il quale si presenta al tavolo di gioco con molte più possibilità di successo rispetto all’altro giocatore per avere esso stesso dettato le regole del gioco”.
10 Su questo punto ancora: E. BARCELLONA (supra, n. 2), 13: “I derivati creditizi costituiscono quindi – almeno così ci viene detto – un istituto giuridico che segna un passaggio in atto, e di enorme portata, da una tecnica di valutazione del rischio di credito legata ancora alla relazione personale debitore/creditore ad una tecnica del tutto nuova legata invece alla efficienza sistemica (o alla presunzione di efficienza sistemica …) dei mercati e, in particolare, dei mercati di capitali.” L’autore quindi coglie nel passaggio da un sistema di valutazione del rischio di credito bank-oriented ad un sistema mar- ket-orientend il tratto di caratterizzazione della evoluzione in atto con i cds, reso possibile attraverso la scissione tra rischio e titolarità del credito che avviene proprio attraverso l’uso dei cds. Questa dissociazione può essere intesa in termini sia soggettivi che oggettivi: in termini soggettivi quando appunto il rischio viene “coperto “dal protection seller, mentre il cre- dito rimane in capo al protection buyer; in termini oggettivi quando invece il protection buyer è coperto dal protection seller pur non essendo titolare di alcun credito nei confronti dell’ente di riferimento. Possiamo ritenere che le complesse problematiche generate dai cds sollecitano un’attenta riflessione sul rischio e sulla sua gestione. Questo perché in tanto si può creare ricchezza in quanto vi sia la propensione ad assumere un rischio, un rischio finanziario di impresa. Sul punto: DEL POZZO, Indebitamento e rischio finanziario (Roma, 2005), 14, secondo il quale si tratta “(….) di comprendere fino a quando l’assunzione di rischi può consentire, mantenendo gli equilibri aziendali, di generare valore per l’impresa e per i suoi azionisti”.
11 Un esempio significativo del ruolo dei cds nella misurazione del rischio default di un debitore si ha a livello interna- zionale con i debiti sovrani: quanto più aumenta la quotazione di un cds collegato ad un debito sovrano tanto più alto è il segnale di rischio insolvenza per quello Stato. Questo determina un peggioramento del rating e quindi un aumento dei tassi di interesse per finanziare il debito pubblico. Si veda ad es.: LOPS, “Argentina, torna l’incubo default. Le polizze sul debito volano da 1.000 a 4.200. Guerra con gli USA dopo downgrade di Fitch”, xxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/xxxxxxx-x- mercati/2012-11-28, il quale evidenziava che “Secondo gli analisti Ig la sensazione è che in Argentina la situazione stia precipitando. A confermare i timori degli investitori vi è il forte aumento delle quotazioni dei Cds a 5 anni sul debito so- vrano del Paese sudamericano saliti a 4.200 punti base mentre solamente a fine ottobre venivano scambiati a 1.000 punti base.” L’aumento del prezzo dei cds sul debito sovrano argentino è dunque assunto quale sintomo abbastanza attendibile dell’aumento del pericolo default per quello Stato.
vo e sempre più accentuato fenomeno di finanziarizzazione dell’economia 12.
Di questa tendenza i credit default swaps sono un’impressionante manifestazione.
Xxxxxx, i superiori cenni consentono di riconoscere che i cds costituiscono fattispecie con- trattuali innominate che presentano interessi meritevoli di tutela, essendo innegabile che la ri- cerca di protezione dal rischio di credito, la sua valutazione affidata al mercato piuttosto che a singoli operatori bancari, la possibilità di migliorare l’adeguatezza patrimoniale delle banche 13
– le quali in tal modo possono erogare più credito – rappresentano interessi che l’ordinamento riconosce come rilevanti redendoli quindi azionabili in via giudiziaria.
In effetti, i tratti di caratterizzazione dei cds, ed in particolare quello che attiene alla valuta- zione del rischio che ne costituisce specifico oggetto, dovrebbero basarsi su una forma di spe- culazione razionale. Più precisamente, la speculazione che si realizza nello scambio tra il flus- so finanziario certo (pagamento del premio dal protection buyer al protection seller) ed il flus- so finanziario incerto (quello possibile ed eventuale tra protection seller e protection buyer, ove si realizzi il credit event) dovrebbe basarsi sulla valutazione delle informazioni in possesso dei due soggetti, e quindi su criteri e parametri che danno la possibilità di misurare la percen- tuale di realizzazione del credit event e la sua incidenza sulla determinazione del prezzo del cds.
Se dunque il profilo della meritevolezza risulta soddisfatto a tal punto da potersi assumere che i cds non sono in alcun modo ragguagliabili alla scommessa – la cui sottostante spinta spe- culativa è invece tendenzialmente irrazionale ed aleatoria, tant’è che l’ordinamento non la tute- la a livello giudiziale– rimane ancora senza spiegazione il cono d’ombra che in questi tempi si è proiettato sui cds ed i sospetti che intorno a questi strumenti finanziari si sono andati adden- sando proprio alla luce della crisi finanziaria in atto.
La ragione di tutto ciò probabilmente non sta tanto nello strumento negoziale in sé – mo- ralmente e giuridicamente neutrale – ma nell’uso che ne è stato fatto o meglio nell’uso che si è consentito si facesse di tale strumento 14.
12 X. XXXXX, “Supercapitalismo” (Roma, 2008), 82: “Anche la deregulation finanziaria ebbe un enorme impatto sul ca- pitalismo democratico. (…) Nel 1983 il consulente bancario Xxxxxx X. Xxxxxx predisse che il paese (gli Stati Uniti, ndr), era sull’orlo di una rivoluzione finanziaria. La deregulation aveva cambiato la psicologia della gente, in particolare dei gio- vani trasformandoli da semplici risparmiatori in investitori. Assisteremo ad una feroce concorrenza per i fondi degli investi- tori. Nel corso degli anni settanta i risparmiatori si trasformarono in investitori e gli investitori si fecero più aggressivi”. Ed ancora a p. 85 lo stesso Autore più icasticamente: “Fino al 0000 Xxxx Xxxxxx era stata al servizio dell’industria aiutando i grandi oligopoli a trovare capitale quando ne avevano bisogno. Dal 1980 in poi l’industria è passata al servizio di Wall Street”. Sui tratti della commercializzazione e della speculazione nell’economia capitalistica, v. anche: XXXXX, Storia eco- nomica – Linee di una storia universale dell’economia e della società (Roma, 2003), 244: “(…) in quanto la commercializ- zazione si aggiunge alle altre caratteristiche del capitalismo, viene accresciuta l’importanza di un ulteriore elemento …: la speculazione. Essa può acquisire tuttavia quest’importanza solo a partire dall’istante in cui un patrimonio assume la forma di titolo negoziabile”.
13 Sulla contabilizzazione dei cds nei bilanci delle banche al fair value: XXXXXXXX-XXXXXXXXX, Bilancio delle banche e principi IAS/IFRS. Riflessioni e prospettive (Torino, 2008), 25; PUCCI, “L’iscrizione nel bilancio di esercizio delle società quo- tate delle operazioni di copertura del rischio finanziario” (Torino, 2008).
14 Al riguardo occorre riflettere sul fatto che l’indebitamento è una scelta strategica per un’impresa. Da un punto di vi- sta finanziario questa può essere infatti intesa come un continuo flusso di investimenti realizzati in condizioni di rischio. L’indebitamento dell’impresa non è quindi di per sé un fatto negativo, rispondendo piuttosto ad una scelta strategica del management. Sul punto: DEL POZZO (supra, n. 10), 23: “La scelta di indebitarsi costituisce una decisione nevralgica nella vita di ciascuna impresa. Con l’aumento dell’indebitamento crescono le possibilità di investimento e, se la redditività degli impieghi è superiore al costo delle fonti di finanziamento, aumenta la redditività del capitale proprio. È semplice ed intui- tivo dunque sostenere che le imprese tendono a contrare debito, soprattutto quelle che non hanno accesso ai mercati di borsa”. L’indebitamento quindi finalizzato a creare valore assume connotazioni funzionali positive a differenza di quello contratto soltanto per il mero incremento dei consumi.
In altri termini, la mancanza: – di una disciplina attenta e prudenziale sui soggetti emittenti i cds; – di una riserva di attività nell’emissione degli stessi – di guisa che qualunque società fi- nanziaria ha potuto e può emettere cds –; – dell’attenzione alla stabilità patrimoniale dell’emit- tente; – della regolamentazione dei criteri di contabilizzazione nei bilanci dell’emittente dei cds; – di rimedi volti a superare le asimmetrie informative tra emittente e prenditore di cds, (la mancanza di tutto ciò) ha di fatto provocato il consolidarsi di una tendenza fortemente negativa nell’emissione di questi strumenti finanziari basata molto spesso su una falsata determinazione del loro prezzo. Da qui dunque gli effetti distorti e le alterazioni del mercato dei capitali cui abbiamo assistito 15.
4. Credit default swap ed insolvenza. Possibile allerta sulle insolvenze societarie. – Le valutazioni svolte, in merito all’inquadramento dei cds, nonché alle problematiche da esse su- scitate, anche sotto il profilo del controllo sugli intermediari e sulla formazione dei prezzi, nel cogliere il dato peculiare del rischio finanziario e della sua copertura, possono in primo luogo indurre a vedere in questi contratti una sorta di strumento capace di dare l’allerta sulle situa- zioni di default.
Si è molto discusso, con riguardo al nostro sistema concorsuale, sulla opportunità o meno di prevedere – sulla scorta del sistema francese – meccanismi di allerta che potessero far emerge- re in tempo utile situazioni di insolvenza o di crisi finanziaria 16. In effetti, guardando alla fun- zione dei cds è emerso che il loro prezzo può essere indice rivelatore del più o meno accentua- to rischio di insolvenza del debitore di riferimento. Infatti, quanto più aumenta il prezzo dei cds, ovvero il premio che occorre pagare per ottenere copertura, tanto più è elevata la probabi- lità di default del debitore. L’andamento del valore dei cds, in relazione ad un determinato ri- schio, può dunque essere colto quale allerta di mercato sull’insolvenza del debitore. Questo pe- rò presuppone che la formazione dei prezzi sia corretta e che il mercato sia adeguatamente re- golamentato, e ciò al fine di evitare che il relativo andamento sia in realtà espressione di mere spinte speculative piuttosto che la rilevazione di un dato oggettivo di aumento del rischio di in- solvenza.
Sotto questo profilo, ed a queste condizioni, si può ritenere che il mercato dei capitali possa esprimere una valutazione del rischio di insolvenza più efficiente del semplice inter- mediario bancario e quindi la sua corretta regolamentazione possa migliorare nel complesso
15 Sono molto sagge le riflessioni di X. XXXXXXXXXX (supra, n. 2), 17, secondo il quale: “È vero infatti che la ‘speculazio- ne’ del mercato dei capitali è una speculazione, di per sé, potenzialmente ‘sana’ in quanto razionale (fondata su una valu- tazione razionale delle informazioni relative all’emittente); ma è anche vero che tale ‘speculazione razionale’ non può certo essere compiuta dal quisque de populo e cioè da quel risparmiatore anonimo che costituisce il protagonista ultimo del mercato dei capitali. (…) Quale che sia lo strumento finanziario – la security – immessa nel mercato dei capitali, il qui- sque de populo (il risparmiatore) si trova sempre, strutturalmente, in una condizione di inferiorità. Xx è per questo che la relazione emittente/risparmiatore è una relazione che, se lasciata a sé stessa, innalza talmente il rischio di frode (…) da esporre continuamente il mercato ad uno strutturale ‘rischio sistemico’ (…). Il rimedio normativo tradizionale a questa im- passe del mercato dei capitali è – in via di estrema sintesi – quella di istituire un complesso apparato di norme che, attra- verso l’imposizione di obblighi di informazione (mandatory disclosure), immette nel sistema un complesso reticolo di re- sponsabilità in capo a: intermediari collocatori, banche sponsor, revisori dei conti, autorità di vigilanza, società di gestione dei mercati regolamentati – dai quali dipende in ultima istanza l’affidabilità (almeno tendenziale) del meccanismo di for- mazione dei prezzi”.
16 In riferimento a tale aspetto: XXXXX, “Introduzione”, Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Xxxxx e coordinato da Xxxxxxx (Bologna, 2006), 11; sul sistema francese: XXXXXX-XXXXXX, “France. Overview of recent restructuring and insolvency activity”, The Restructuring Review (London, 2010), 127.
la capacità del sistema economico di dare l’allerta sull’insolvenza dei debitori di riferimento. Ma nel richiamare l’insolvenza dobbiamo precisare che le nostre riflessioni riguarderanno so-
lo i cds “over the counter”, ovvero non negoziati in mercati regolamentati 17. Resteranno invece al di fuori del perimetro di analisi i derivati c.d. “uniformi” ovvero scambiati in mercati regola- mentati, in quanto per questa categoria di derivati vi è una specifica disciplina di cui all’art. 72 del t.u.f. che prevede l’istituto dell’insolvenza di mercato. Tale insolvenza può identificarsi con una situazione oggettiva diversa da quella di cui all’art. 5 legge fall. e quindi attestarsi in una fase di molto anticipata rispetto alla manifestazione dell’irreversibile incapacità di adempimento 18.
Ciò detto, nelle riflessioni successive focalizzeremo l’attenzione sugli effetti del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa sui cds “over the counter”.
5. (Segue). Effetti del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa sul credit de- fault swap. – Si può in primo luogo evidenziare che di per sé il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa del debitore di riferimento rappresentano il trigger event cui è collegata l’operatività della copertura. Xxxx, dalle riflessioni svolte, si è visto che la copertura general- mente scatta anche molto prima, perché legata ad esempio all’andamento di determinati titoli o alla riduzione del loro valore sotto una determina soglia al fine di rendere quanto più oggettivo possibile il parametro operativo della copertura fornita dal protection seller. Il versante sul quale invece il fallimento o la liquidazione coatta possono suscitare più delicate questioni ri- guardano la loro applicazione al protection buyer o al protection seller.
Prima dell’entrata in vigore del t.u.f., era abbastanza diffusa l’opinione che ai cds potesse essere applicato o l’art. 72 legge fall., quale espressione di un principio di carattere generale di disciplina dei contratti pendenti alla data del fallimento, invocabile anche per i contratti inno- minati; o l’art. 76 legge fall., in via di applicazione analogica, relativo come noto alla discipli- na del contratto di borsa a termine.
Le conseguenze dell’applicazione dell’una o dell’altra norma erano differenti.
Nel primo caso, infatti, a fronte della sospensione del contratto a seguito del fallimento o della liquidazione coatta, spettava al curatore o al commissario liquidatore di valutare se suben- trare o sciogliersi dal contratto a seconda della convenienza o meno per la massa dei creditori.
Nel secondo caso invece l’operatività dell’art. 76 legge fall. avrebbe determinato in via im- mediata lo scioglimento del contratto in virtù di una valutazione svolta a priori dal legislatore circa l’incompatibilità del contratto con l’impresa fallita o in liquidazione coatta. Il dato comu- ne che consentiva l’applicazione analogica era infatti rappresentato dal termine e dall’incertez-
17 Sul punto: E. BARCELLONA (supra, n. 2), 9, il quale in nota 16 puntualizza che “I derivati creditizi sono generalmente trattati over the counter e cioè al di fuori di mercati regolamentati e su base di trattativa individuale. Essi sono quindi per lo più ‘contratti’ e non invece ‘strumenti finanziari negoziabili’. Tuttavia, a dispetto della loro non quotazione in pubblico mercato, una parte assai consistente dei cds, vuoi per via del consenso alla cessione del contratto pattuita in sede di nego- ziazione privata, vuoi per via di una prassi comunque sviluppatasi de facto, è oggetto di negoziazione (ancorché ovvia- mente su basi non regolamentate”.
18 L’art. 72 del t.u.f. prevede che la dichiarazione di insolvenza di mercato da parte della Consob determina l’im- mediata liquidazione dei contratti dell’insolvente. Il Regolamento 22 febbraio 2008, adottato congiuntamente da Banca d’Italia e Consob prevede poi all’art. 80 che l’insolvenza di mercato è determinata da gravi inadempimenti o altri fatti esteriori i quali dimostrino l’incapacità di far fronte alle obbligazioni di mercato da parte del negoziatore, del liquidatore e del partecipante ai sistemi di garanzia a controparte centrale. È prevista poi una presunzione iuris et de jure di insolvenza nel caso di mancato versamento dei margini di garanzia e nel caso di mancato regolamento finale per differenziale delle posizioni contrattuali su strumenti finanziari derivati. Su tali problematiche: CASCIARRI, “Gli strumenti derivati nelle proce- dure concorsuali”, Atti del Convegno di Treviso, 17 giugno 2011.
za che in entrambe le tipologie contrattuali la sua pendenza andava a determinare.
Dicevamo che questo era il quadro prima del t.u.f. Ed infatti a seguito di tale importante fonte di disciplina finanziaria, si è assistito non solo alla qualificazione dei contratti derivati in termini di strumenti finanziari, ex art. 1 del t.u.f.; ma anche alla previsione, di cui all’art. 203 del t.u.f., in forza della quale ora espressamente si applica l’art. 76 legge fall. ai contratti deri- vati in caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa.
Ne consegue quindi che, nel caso in cui il protection buyer o il protection seller siano sotto- posti a fallimento o liquidazione coatta amministrativa, il cds si scioglie in automatico ritenen- dosi che tale fattispecie contrattuale sia di per sé incompatibile con gli effetti di tali procedure.
Una valutazione specifica merita poi il 2° comma dell’art. 203 t.u.f. nella parte in cui preve- de che «Per l’applicazione dell’art. 76 della legge fallimentare agli strumenti finanziari e alle operazioni indicate nel comma 1, può farsi riferimento anche al costo di sostituzione dei mede- simi, calcolato secondo i valori di mercato alla data di dichiarazione di fallimento o di efficacia del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa».
Tale previsione va coordinata con quanto prevede proprio l’art. 76 legge fall. secondo il quale «Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento, si scioglie alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale ed il valore delle cose o dei titoli alla data della dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario».
L’art. 76 legge fall. regolamenta dunque i valori sottostanti il contratto laddove questo, pen- dente alla data di fallimento, si scioglie in conseguenza di tale procedura. A quella data infatti può verificarsi una differenza tra il valore dei titoli ed il prezzo contrattuale tale per cui possa configurarsi un debito o un credito a seconda dei casi.
Orbene, nel caso dei cds questa differenza di valore può essere anche non facilmente o im- mediatamente calcolabile, potendosi verificare situazioni di incertezza ad esempio sul valore del titolo di riferimento cui era agganciata l’erogazione del prezzo. Per tale ragione, l’art. 203 del t.u.f. recepisce la prassi contrattuale di prevedere in caso di scioglimento del contratto un parametro economico più certo e sicuro dato appunto dal costo di sostituzione del contratto, che rappresenta il costo che la controparte in bonis deve sopportare per sostituire quel contratto che si è sciolto per il fallimento o la messa in liquidazione coatta della controparte.
Laddove quindi in forza dell’applicazione del costo di sostituzione sarà configurabile un credito della parte in bonis questo dovrà essere verificato in sede concorsuale; nel caso contra- rio sarà la parte in bonis a pagare il proprio debito alla procedura.
6. (Segue). L’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 76 legge fall. – Il richiamo del- l’art. 76 legge fall. contenuto nell’art. 203 del t.u.f. rende certamente applicabile tale norma nel caso in cui almeno una delle parti del cds sia un intermediario finanziario.
Si è posto il problema se lo scioglimento automatico del cds si abbia anche nel caso in cui questo contratto sia stato stipulato tra parti private. La risposta a tale interrogativo passa dal- l’esegesi dell’art. 203 t.u.f. e del suo valore precettivo.
In particolare occorre capire se l’articolo in parola abbia un perimetro operativo definito se- condo un criterio soggettivo ovvero oggettivo. In altri termini, occorre capire se ai fini dello scioglimento vale la qualità soggettiva delle parti, oppure la natura di strumento finanziario del contratto concluso.
Xxxxxx, soffermandoci a considerare sia la genesi dell’art. 203 t.u.f. 19 che la sua portata let- terale non c’è dubbio che la norma abbia un’impostazione oggettiva nel senso che essa si ap- plica ogni qualvolta è configurabile uno strumento finanziario derivato.
In relazione alla portata letterale dell’art. 203 t.u.f. rileva la considerazione di altre norme di riferimento. Innanzitutto l’art. 1 del t.u.f., così come modificato dal d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164 nella lett. j) del 2° comma menzionando nell’elenco «altri contratti derivati connessi a be- ni, diritti, obblighi, indici e misure diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le ca- ratteristiche di altri strumenti finanziari derivati». E poi il Decreto del Ministero dell’Economia del 2 marzo 2007, n. 44 che all’art. 1 ha qualificato come derivati anche “i contratti e gli stru- menti finanziari derivati per il trasferimento del rischio di credito”.
Ne consegue dunque che laddove l’art. 203 t.u.f. parla di strumenti finanziari derivati in essi è da intendersi ricompresa anche la categoria dei cds, il cui scioglimento si realizza a prescin- dere dalla presenza, in una delle due parti, della qualifica di intermediario finanziario 20.
Peraltro alla stessa conclusione si può giungere anche per altra via. Ed infatti il richiamo, da parte dell’art. 203 t.u.f., dell’art. 76 legge fall. consente di ritenere applicabile in via analogica tale ultima norma anche ai contratti conclusi fuori borsa. In altri termini il richiamo della nor- ma fallimentare nel t.u.f. consente di riconoscere a tale norma una portata applicativa più am- pia di quella delimitata dai contratti di borsa a termine.
A ciò si aggiunga inoltre che l’opzione del legislatore per lo scioglimento degli strumenti finanziari derivati trova la sua ratio di fondo nell’incompatibilità di tali fattispecie contrattuali con gli effetti propri del fallimento e della liquidazione coatta in relazione alla cristallizzazione del patrimonio e della tutela della par condicio creditorum. Per altro verso, non c’è dubbio che la natura aleatoria del cds e la rilevanza dell’intuitus personae in tale contratto mal si concilie- rebbe con le suddette procedure.
Per tali ragioni dunque è da ritenersi che lo scioglimento automatico si ha a prescindere dalla natura soggettiva delle parti essendo piuttosto da ricondurre alle caratteristiche proprie del cds.
7. Il rischio di sostituzione sopportato dal protection buyer. – Guardando alla posizione del protection buyer emerge che un rischio rilevante, che ricade su questa parte, è quello di do- ver sostituire il protection seller nel caso in cui questi sia sottoposto ad una procedura concor-
19 La genesi dell’art. 203 t.u.f. è alquanto articolata. Si riteneva che fosse applicabile l’art. 72 legge fall. o l’art. 76 legge fall. a seconda che il termine del contratto fosse o meno scaduto alla data del fallimento. In dottrina si mosse un’ar- gomentata critica all’applicazione dell’art. 72 legge fall. atteso che questo determinava il c.d. cherry picking ovvero la scel- ta del curatore di sciogliersi o meno dal contratto a seconda della presenza o meno di un vantaggio per la massa, aumen- tando così l’alea della parte in bonis. Si sosteneva dunque che l’applicazione dell’art. 76 legge fall. in via analogica fosse più conforme, da un lato, alla natura del cds e, dall’altro, consentisse comunque un’adeguata tutela delle parti. Su tale dibattito: CAIAZZO, “Gli swap nella disciplina fallimentare”, in RIOLO (a cura di), I derivati finanziari (Milano, 1993), 108; TREMANTE, “La compensazione nelle operazioni internazionali di swap”, in RIOLO (a cura di), I derivati finanziari (Milano, 1993), 114; XXXXXXX, “Gli accordi di close-out netting”, Banca, borsa, tit. cred., 1998, 67; XXXXXX XXXXXXXX (supra, n. 2), 439; DE XXXXX, “Un nuovo master agreement per strumenti finanziari sofisticati”, Banca, borsa, tit. cred., 2001, 64.
20 Nel panorama della dottrina c’è chi ha criticato la qualificazione dei cds quali strumenti finanziari derivati. In questo senso: GIRINO, “Il credit default swap su debiti sovrani nella nuova disciplina comunitaria: realtà ed apparenze”, Amm. e fin., 2012, 57 ss. In particolare tale critica ha messo in evidenza alcuni pericoli insiti in tale equiparazione. In primo luogo, si è detto che mentre il derivato finanziario (su tassi o su valute) si caratterizza per la presenza di una grandezza economi- ca soggetta a fluttuazione e non dipendente dal controllo delle parti, al contrario nei cds il credit event può non avere gli stessi margini e contorni di certezza. Inoltre, l’equiparazione al derivato finanziario conduce a legittimare un uso esclusi- vamente speculativo dei cds, nonché la stipulazione dei c.d. cds multipli per uno stesso rischio di credito, o dei cds naked ovvero del tutto sganciati da un rapporto obbligatorio sottostante.
sale di fallimento o liquidazione coatta amministrativa. Abbiamo visto che lo stesso art. 203
t.u.f. prevede che la posizione residua, a seguito dello scioglimento del contratto ai sensi del- l’art. 76 legge fall., venga regolata con l’applicazione del costo di sostituzione che è appunto il costo che il protection buyer deve sopportare per avere un’analoga copertura dal rischio default del debitore di riferimento.
La questione problematica che si pone al riguardo è quella del calcolo del costo di sostitu- zione 21.
Sul punto va detto che il costo di un cds dipende anche dal rating del protection seller: quanto più è elevato tale rating, tanto maggiore è il costo di sostituzione. Il protection buyer quindi tenderà a pretendere un’ammissione al passivo del proprio credito da costo di sostitu- zione tendenzialmente elevato in quanto parametrato ad un protection seller con elevato rating. Il default del protection seller pone dunque delicate questioni che ruotano intorno alla ne- cessità di contemperare diversi interessi in gioco: da un lato, l’interesse del protection buyer a poter usufruire di protezione in termini analoghi a quelli dell’originario derivato ormai sciolto; dall’altro, l’interesse della massa dei creditori del protection seller a contenere l’ammontare del credito residuo – da costo di sostituzione – da parte del protection buyer. Per tale ragione non è detto che il criterio di determinazione del costo di sostituzione, parametrato ad una posi- zione analoga a quella dell’originario protection seller ad elevato rating sia del tutto soddisfa- cente. Non solo, ma in questo contesto può assumere rilevanza anche la c.d. default correla- tion, ovvero la correlazione tra il rischio di default del protection seller ed il rischio di default
del debitore di riferimento.
Laddove si dà rilievo a tale correlazione, emerge un’ulteriore variabile di calcolo che si basa su un rapporto inversamente proporzionale tra default correlation e valore di sostituzione, atte- so che quanto più è maggiore la prima, tanto più basso sarà il secondo.
Il rischio di sostituzione quindi rappresenta una componente del rapporto derivante dal cds connotata da un certo livello di aleatorietà o quantomeno di soggettività laddove la determina- zione del costo di sostituzione sia demandata ad un terzo con le conseguenti problematiche suesposte 22.
8. Credit default swap e revocatoria fallimentare. – Fino ad ora abbiamo considerato il cds come contratto pendente ed abbiamo osservato gli effetti che si producono su di esso nel caso in cui per una delle parti si apra una procedura di fallimento o di liquidazione coatta am- ministrativa. A questo punto possiamo orientare la nostra analisi a considerare l’esperibilità della revocatoria fallimentare laddove siano state eseguite le prestazioni previste nel cds nel periodo sospetto antecedente una di queste due procedure.
Prima di affrontare nel dettaglio tale problematica, occorre svolgere alcune considerazioni preliminari.
21 V., sul punto, XXXXX, “Gli strumenti di copertura del rischio di credito: economia, tecnica, e profili di regolamenta- zione prudenziale”, Banca, impresa, società, 2002, 81; XXXXXX XXXXXXXX-XXXXXX, Trattato sui contratti derivati di credito: aspetti finanziari, logiche di applicazione, profili giuridici e regolamentari (Milano, 2001), 529 e 530; XXXXX, “Default corre- lation and credit analysis”, The Journal of Fixes Income, marzo 1995, 76.
22 Va detto che in relazione al costo di sostituzione ed alla sua determinazione il curatore o anche il commissario xx- quidatore potranno contestare la nullità della clausola contrattuale che rinvia in modo generico alla determinazione di un terzo senza alcun parametro oggettivo ex art. 1346 c.c. V., in generale Xxxx., 29 febbraio 2008, n. 5513, Obbl. e contr., 2009, 153.
In primo luogo, è da ritenere che non si possa aggredire il cds invocando l’art. 67, 1° com- ma, lett. a), legge. fall. appena si osservi che il carattere aleatorio di questo contratto giustifica un eventuale rapporto sproporzionato, in una misura superiore al quarto, tra ciò che è stato dato o promesso dalla parte fallita o in liquidazione coatta a favore della parte in bonis.
Si è visto infatti che l’aleatorietà del cds è insita, oltre che nel rapporto tra flusso monetario certo (ovvero il costo che il protection buyer sopporta per la copertura da parte del protection seller) e flusso monetario incerto (ovvero la prestazione che il protection seller deve eseguire a favore del protection buyer in caso di default del debitore di riferimento), anche nella eventua- lità del default del debitore di riferimento e quindi nella portata condizionante che questo even- to ha sull’intera fattispecie negoziale 23. Questi tratti di caratterizzazione peculiare del cds orientano dunque nel senso della non applicabilità della norma citata.
Inoltre, ai fini della revocatoria fallimentare occorre che il cds sia “over the counter” e non “uniforme”. Infatti laddove il cds sia “uniforme”, ovvero negoziato in mercati regolamentati, può venire in rilievo quanto previsto dall’art. 2 del d.lgs. 12 aprile 2001, n. 210 sulla definitivi- tà degli ordini immessi in un sistema di pagamento o di regolamento titoli. Tale norma esclude che ogni tipo di azione, neppure di nullità, possa essere esperita nei confronti delle operazioni concluse all’interno di sistemi di pagamento o di regolamento titoli proprio al fine di preser- varne la definitività e la certezza 24.
Infine, nel caso in cui una delle parti sia un intermediario finanziario assoggettato a liquida- zione coatta amministrativa, l’azione revocatoria fallimentare sarà esperibile solo laddove ven- ga dichiarato lo stato di insolvenza dello stesso intermediario ai sensi dell’art. 57 del t.u.f. che a sua volta richiama l’art. 82 del t.u.b. In caso contrario, trova applicazione l’art. 83 del t.u.b. che non richiama la normativa sulla revocatoria fallimentare laddove non sia dichiarato lo stato di insolvenza dell’intermediario.
Fatte queste precisazioni, non c’è dubbio che il curatore o il commissario liquidatore possa- no invocare l’applicazione dell’art. 67, 2° comma, legge fall. al fine di aggredire quelle presta- zioni onerose eseguite nei sei mesi anteriori alla sentenza di fallimento o al decreto di apertura della liquidazione coatta. In questo caso dunque sarà possibile neutralizzare l’impatto patrimo- niale dell’atto dispositivo di carattere oneroso puntando ad una pronuncia costitutiva che renda inefficace rispetto alla massa dei creditori l’atto impugnato.
9. “Rischio di controparte” e contratti di garanzia finanziaria. – Nelle considerazioni sino ad ora svolte è emerso che i cds espongono in termini molto pronunciati al c.d. “rischio di con- troparte”, ovvero alle conseguenze negative derivanti dall’inadempimento della controparte. Questo rischio è molto più evidente nei cds “over the counter”, ovvero – come detto – negozia-
23 Qualifica come aleatori i cds: XXXXXX XXXXXXXX, “La disciplina fallimentare degli swap”, Giur. comm., 2012, 431: “Il terzo prototipo è quello del contratto in forza del quale una parte, verso pagamento di un premio, si obbliga a pagare all’altra una somma di denaro entro i limiti convenuti al verificarsi di certe variazioni di un parametro di riferimento. Si tratta di un contratto atipico ed aleatorio. Sono riconducibili a questo prototipo i contratti di opzione sui tassi di interesse, i commodity call, put e collar tra i contratti derivati su merci (…) i credit default swap tra i contratti derivati di credito (…)”.
24 X. XXXXXXXXX-GIUDICI, “Le garanzie su strumenti finanziari nel diritto comunitario: orientamenti e prospettive”, Falli- mento, 2002, 999; BONFATTI, “Definitività delle operazioni compiute nell’ambito dei sistemi di pagamento e procedure concorsuali”, Fallimento, 2001, 857; PERASSI, “L’attuazione della direttiva 98/26/CE sulla definitività degli ordini immessi in un sistema di pagamento e regolamento titoli, Banca, borsa, tit. cred., 2001, I, 816. Sulla revocatoria e per un’analisi at- tenta delle esenzioni: TERRANOVA, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari (Padova, 2006), 18.
ti al di fuori di mercati regolamentati. In questi infatti il rischio di controparte è neutralizzato dalla presenza della “clearing house”, ovvero dalla “camera di compensazione” che rappresen- ta la controparte unica in tutte le transazioni garantendone il buon esito.
Ma guardando invece ai cds “over the counter” va detto che il rischio di controparte viene gestito attraverso forme sofisticate di garanzia finanziaria la cui disciplina è oggi contenuta nel d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 emanato in attuazione della Direttiva 2002/47/ CE in materia di garanzia finanziaria. Si tratta appunto dei c.d. contratti di “collateralizzazione”.
Va detto che l’esigenza di collateralizzare il rischio di default nei cds “over the counter” non ha una rilevanza solo sul piano individuale, nel senso che mira solo a garantire la posizio- ne del venditore o del compratore di protezione, ma assume piuttosto un valore sistemico in quanto in grado di attenuare le ripercussioni negative nel mercato non regolamentato dei cds rendendolo tendenzialmente più liquido e sicuro 25.
Più in particolare, si può rilevare che il d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 citato, in attuazione della Direttiva 2002/47/ CE, persegua tre fondamentali finalità che è opportuno evidenziare nel quadro del generale ammodernamento del nostro sistema di disciplina delle garanzie finanzia- rie e precisamente quella di:
– semplificare le formalità richieste per la costituzione della garanzia finanziaria;
– assicurare l’opponibilità della garanzia a terzi ed alle procedure concorsuali;
– consentire una pronta escussione della garanzia e la legittimità della clausola “close-out netting”.
Il decreto inoltre definisce l’ambito oggettivo e soggettivo della sua applicazione indivi- duando in primo luogo le forme di garanzia finanziaria a cui esso si applica.
Sul punto, l’art. 1, lett. d), prevede che per contratto di garanzia finanziaria si intende «il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di at- tività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garanti- re l’adempimento di obbligazioni finanziarie (…)».
L’impostazione ampia del perimetro oggettivo della disciplina dei collaterals è in grado di rendere il nostro sistema capace di adattarsi all’evoluzione della prassi contrattuale in questa materia essendo ricompresa nella definizione contrattuale «qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie». Non solo, ma assistiamo in questa materia al supe- ramento del divieto del patto commissorio laddove la norma citata ricomprende i contratti che implicano il trasferimento della proprietà di attività finanziarie in funzione di garanzia 26.
25 X. XXXXX, “I contratti derivati nel fallimento”, in Studi in ricordo di Xxxx Xxxxxx Xxxxxx (Milano, 2011), 953, che evi- denzia proprio i rischi sistemici dei cds OTC a causa del fatto che possono essere conclusi anche da imprese diverse dagli intermediari finanziari autorizzati ed in modo non standardizzato. Sui rischi sistemici anche TAROLLI, “Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives”, Giur. comm., 2008, 1175; XXXXXXX, “Gli accordi di clo- se-out netting”, Banca, borsa, tit. cred., 1998, 51. Si veda anche: XXXXXX, I contratti di garanzia finanziaria nel diritto civile (Torino, 2009), 46; XXXXXXXX, “Garanzie reali II) Diritto internazionale privato e processuale”, in Enc. giur. Treccani (Roma, 1989), XV, 1; PORTALE, “Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo”, Riv. soc., 2008, 1 ss.
26 Questa previsione si spiega con ogni probabilità per il fatto che lo schema negoziale del collateral secondo la versio- ne inglese prevede proprio il trasferimento della proprietà del collateral al creditore, il quale a sua volta si impegna a resti- tuire il c.d. “equivalent collateral”. Questa forma di collateral si distingue da quella statunitense proprio sotto questo profi- lo, in quanto in quella statunitense non vi è il passaggio di proprietà del collateral. La garanzia viene infatti costituita con deposito su un conto vincolato, per cui la fattispecie assume più una connotazione obbligatoria che reale. Su queste due tipologie di collateral: ROZZI-BRUNO, “La collateralizzazione degli strumenti finanziari derivati OTC alla luce del d.lgs. n. 170/2004: cenni storici e problemi irrisolti”, www. xxxxxx.xx, sez. II, doc. n. 108/2008. Si vedano anche le riflessioni di MU- RINO, L’autotutela nell’escussione della garanzia finanziaria pignoratizia (Milano, 2010), 60: “È proprio la pagina bettiana
Dal punto di vista soggettivo, l’impianto di disciplina in parola prevede sempre all’art. 1, lett. d), che il contratto di garanzia finanziaria debba intercorrere tra le seguenti parti: 1. autori- tà pubbliche; 2. banche centrali; 3. enti finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale; 4. contro- parti centrali, agenti di regolamento o stanze di compensazione; 5. persone diverse da quelle fisiche, incluse imprese e associazioni prive di personalità giuridica, purché la controparte sia un ente finanziario.
Il contratto di garanzia finanziaria può dunque essere stipulato anche da soggetti, non persone fisiche, ancorché non operanti nel settore finanziario, purché la controparte sia finanziaria.
Ciò detto, veniamo a considerare gli effetti di una procedura liquidatoria (fallimento o li- quidazione coatta amministrativa) sui collaterals.
La norma che al riguardo rileva è l’art. 9 del d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 a tenore della quale la garanzia prestata ed il relativo contratto non perdono efficacia nei confronti dei credi- tori per il solo fatto che la garanzia sia stata concessa o l’obbligazione finanziaria sia sorta lo stesso giorno di apertura della procedura liquidatoria e prima di questo momento. Sotto questo profilo la norma costituisce un’importante deroga alla portata applicativa dell’art. 42 legge fall. ed al suo effetto di neutralizzazione degli atti dispositivi posti in essere dal debitore lo stesso giorno della dichiarazione di fallimento. Assistiamo quindi ad una vistosa limitazione della c.d. “zero hour rule” che appunto fa decorrere gli effetti del fallimento dal momento immediata- mente successivo all’ora zero del giorno in cui esso è dichiarato 27.
In tal modo quindi si realizza una protezione molto forte del collateral che colloca il credi- tore che ne è beneficiario in una netta posizione di preferenza rispetto agli altri.
Non solo, ma lo stesso art. 9 prevede che non possa essere dichiarata l’inefficacia della ga- ranzia finanziaria e del relativo contratto qualora questa sia stata concessa o l’obbligazione fi- nanziaria sia sorta lo stesso giorno dell’apertura della procedura liquidatoria e dopo tale mo- mento.
Sotto questo profilo assistiamo dunque ad una ulteriore deroga all’art. 44 legge fall. a tenore del quale, come noto, sono inefficaci rispetto ai creditori gli atti compiuti dal fallito dopo la re- lativa sentenza, rilevandosi in ogni caso che la medesima portata derogatoria sussiste anche in relazione alla liquidazione coatta amministrativa in virtù del richiamo di tali norme da parte dell’art. 200 legge fall.
Al riguardo però l’art. 9, 1° comma, lett. b), prescrive un indefettibile requisito soggettivo che deve essere integrato ai fini della stabilizzazione della garanzia finanziaria, ovvero che il beneficiario della garanzia possa dimostrare di non essere stato, né di aver potuto essere, a co- noscenza dell’apertura della procedura. Si tratta di una prova difficile da integrare appena si osservi che la sentenza di fallimento o il provvedimento di apertura della liquidazione coatta amministrativa sono trasmessi per l’annotazione nel Registro delle imprese, entro il giorno successivo.
Ora sul punto si configura un complesso intreccio di norme, appena si ponga mente a quan- to prescrivono gli artt. 16, ult. comma, legge fall. e l’art. 2193 c.c., di cui il primo costituisce
sull’autotutela che il Decreto impone di riscrivere. Infatti, dal divieto del patto commissorio e dal suo fondamento indivi- duato nell’inderogabilità delle procedure giudiziali esecutive veniva fatto scaturire “un orientamento ostile all’assogget- tamento del debitore a poteri di autotutela statisfattoria: ciò che si vuole evitare non è tanto la possibilità di un arricchi- mento ingiusto che risulterebbe dal patto nella eventuale sproporzione fra garanzia e credito (…) quanto piuttosto la stessa possibilità di un autosoddisfacimento da parte del creditore.”.
27 ANNUNZIATA, “Verso una disciplina comune delle garanzie finanziarie. Dalla Convenzione dell’Aja alla Collateral Di- rective (Direttiva 2004/47 CE)”, Banca, borsa, tit. cred., 2003, 219. Sulla c.d. “tenuta fallimentare” del collateral, GIRINO (supra, n. 18), 623.
concreto corollario in sede fallimentare, che a loro volta hanno rilevanza ai fini del raggio ap- plicativo degli artt. 44 e 45 legge fall. Ed infatti, l’art. 16, ult. comma, legge fall. dispone che la sentenza di fallimento produce i suoi effetti nei confronti dei terzi dal momento dell’iscrizione della sentenza nel Registro delle imprese. A sua volta l’art. 2193, 2° comma, c.c. dispone che l’ignoranza dei fatti di cui la legge prescrive l’iscrizione non può essere opposta dai terzi nel momento in cui l’iscrizione è avvenuta.
Ne consegue dunque che alla luce di tale impianto normativo diviene impossibile per il ter- zo allegare di non avere potuto avere conoscenza della procedura una volta iscritto il provve- dimento 28 nel Registro delle imprese. Non escludendosi peraltro che ci possano essere altre forma di conoscenza legale della sentenza, integrate magari prima della stessa iscrizione, quale ad esempio la notifica della stessa da parte del curatore al fine di impedire al terzo di invocare il citato articolo 9 sulla “tenuta fallimentare” di una garanzia finanziaria.
10. Credit default swap e portata applicativa dell’art. 169-bis legge fall. – Un’ultima con- siderazione va riservata all’operatività dell’art. 169-bis legge fall. in relazione al credit default swap. Questa norma consente al debitore, previa autorizzazione del Tribunale o del Giudice delegato – a seconda che questa sia chiesta al momento della presentazione del ricorso per il concordato oppure nel corso della procedura – di sciogliersi dai contratti in corso di esecuzio- ne. Un’opzione alternativa prevista dalla norma è che si chieda la sospensione dei contratti per non più di sessanta giorni prorogabili una sola volta.
Si tratta di una norma che conferisce al debitore una facoltà particolarmente dirompente ed inserisce nell’economia funzionale del concordato un’opzione gestionale il cui esercizio incide non solo genericamente sulla ristrutturazione dell’attività di impresa, quanto su specifici con- tratti 29.
Se è vero che l’art. 169-bis, 2° comma, legge fall. prevede che in questo caso il contraente, diciamo non inadempiente, ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno contrattuale, è altrettanto vero però che tale credito non è trattato come credito prededucibile – ovvero da pagare per intero e prima degli altri al di fuori del riparto – ma come credito anterio- re al concordato e quindi assoggettato alla relativa falcidia concordataria, ex art. 184 legge fall. secondo il quale il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pub- blicazione del ricorso nel Registro delle imprese.
L’unica remora che potrebbe avere l’imprenditore a chiedere una tale autorizzazione po- trebbe essere quella che il relativo credito da indennizzo, derivante dallo scioglimento o dalla sospensione, possa incidere sugli equilibri di voto del concordato e quindi indurre per tale ra- gione l’imprenditore a non perseguire l’opzione di scioglimento o sospensione. Così come, d’altro canto, è da ritenere che il Tribunale o il Giudice delegato non possano semplicemente
28 Al riguardo: DE XXXXXX, “Articolo 16, Sentenza dichiarativa di fallimento”, in Il nuovo diritto fallimentare, Commenta- rio diretto da Xxxxx e coordinato da Xxxxxxx (Bologna, 2006), I, 341, il quale osserva che “È mia opinione che, se l’i- scrizione della sentenza nel Registro delle imprese sia il momento oltre il quale nessun terzo può dichiararsi ignaro del fal- limento, ciò non inibisca gli effetti derivanti da altre forme di legale conoscenza, se precedenti all’iscrizione.”.
29 Sulla disciplina dei contratti pendenti le approfondite riflessioni di D.U. XXXXXXXXXXX, “Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti: vecchi e nuovi principi di diritto concorsuale”, in SARCINA-XXXXXX CRUCES (a cura di), Il tratta- mento giuridico della crisi di impresa – Profili di diritto concorsuale italiano e spagnolo a confronto (Bari, 2008), 93, il quale osserva: “La nuova disciplina dei rapporti pendenti (e degli effetti dell’apertura del fallimento) del riformato diritto concor- suale italiano appare un significativo punto di emersione dell’intreccio di nuovi e vecchi principi (…). La tutela viene ac- cordata ora ad interessi legati maggiormente all’autonomia negoziale ora ad interessi generali legati al mercato (…)”.
assecondare la richiesta del debitore, dovendo piuttosto verificare che questa abbia una sua giustificazione nell’ambito del piano di concordato secondo criteri opzionali di proporzionalità e ragionevolezza 30.
Non può sfuggire infatti la portata dirompente della norma in esame capace appunto di ren- dere incerti i rapporti contrattuali pendenti. La certezza dei rapporti giuridici è un valore che il legislatore ha tenuto molto presente, ad esempio, quando ha proceduto nel 2005 alla novella- zione dell’art. 67 legge fall. di disciplina della revocatoria fallimentare. All’epoca si era soste- nuto che la revocatoria fallimentare, così come prevista dal legislatore del 1942, era troppo sbi- lanciata verso la tutela della par condicio creditorum a discapito della certezza dei rapporti giu- ridici di impresa che necessitavano, soprattutto al fine di garantire i finanziamenti stranieri, di stabilità 31.
Oggi, mutatis mutandis, la stessa problematica si ripropone sotto l’applicazione dell’art. 169 bis ma in termini invertiti, in quanto il legislatore sembra ritenere il valore della stabilità dei rapporti pendenti tendenzialmente recessivo rispetto a quello della continuità aziendale e del soddisfacimento del ceto creditorio. Occorre dunque equilibrio nell’applicazione della norma che, per le implicazioni da essa derivanti, deve essere invocata all’interno di una coerente pia- nificazione concordataria 32 .
Xxxxxx, laddove l’imprenditore abbia stipulato un cds particolarmente oneroso e decida di accedere al concordato preventivo potrà chiedere al Tribunale di essere autorizzato a sciogliersi dal vincolo contrattuale, con il corollario che il credito di controparte – il protection seller – pari all’indennizzo equivalente al risarcimento del danno, venga trattato come debito concorda- tario ex art. 184 legge fall. La questione che però si pone in termini più delicati è se la norma in parola sia applicabile anche ai contratti di garanzia finanziaria.
Abbiamo rilevato infatti che i cds possono accompagnarsi alla stipula di un collateral, ov- vero di una garanzia finanziaria volta a coprire ad esempio la posizione del protection seller, ovvero dell’intermediario che, a fronte del suo impegno ad assumere su di sé il rischio default del debitore di riferimento, acquisisce una garanzia finanziaria sui flussi di denaro rivenienti dal pagamento del premio da parte del protection buyer.
Dalle considerazioni che abbiamo svolto sul d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 – in precedenza esaminato – è emerso che esso ha recepito nel nostro sistema giuridico una disciplina delle ga- ranzie finanziarie che si ispira al principio fondamentale della loro stabilità in caso di fallimen- to o liquidazione coatta amministrativa. A ciò si aggiunge la dimensione della autotutela esecu- tiva del collateral taker, ovvero della facoltà negoziale che gli viene riconosciuta di potersi au- tosoddisfare sulla stessa garanzia 33.
30 Sul rapporto di funzionalità tra richiesta di scioglimento del contratto pendente e piano concordatario: Trib. Pistoia, 9 luglio 2013. Sull’applicazione di tale norma in rapporto al concordato con riserva: App. Brescia, 19 giugno 2013. En- trambe in xxx.xxxxxx.xx.
31 Sul punto: XXXXXXXXX (xxxxx, x. 00), 00: “Infine, ma non certo per ultimo in ordine di importanza, si deve avere la consapevolezza che le esenzioni dalla revocatoria, introdotte dalla riforma, esistono – sia pure con caratteristiche tecniche e tipologie parzialmente diverse – in tutti i sistemi concorsuali avanzati. Il legislatore quindi non ha inventato nulla di nuo- vo, ma s’è messo nel solco di una tradizione già sperimentata a livello comparatistico, che non poteva più essere ignorata, senza arrecare un grave pregiudizio alla nostra economia.”.
32 Sulla portata dell’art. 169-bis legge fall.: XXXXX, “Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecu- zione e scioglimento”, Fallimento, 2013, 261; LO XXXXXX, “Percorsi virtuosi ed abusi nel concordato preventivo”, Fallimen- to, 2012, 891; FABIANI, “La programmazione della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natu- ra delle vendite concordatarie”, Fallimento, 2012, 906.
33 Sul punto: MURINO (supra, n. 24), 4, il quale osserva che “La chiave di lettura unitaria dell’intera disciplina dei con-
Intorno all’operatività delle garanzie finanziarie si sviluppa un reticolo complesso di que- stioni giuridiche che scaturiscono proprio dai meccanismi di autotutela. Sotto questo profilo si percepisce infatti la delicata posizione del collateral taker il quale, nel soddisfare le proprie pretese sulla garanzia finanziaria, dovrà attenersi ai criteri della ragionevolezza commerciale e della proporzionalità che definiscono in particolare l’ambito operativo dell’art. 8 del citato de- creto legislativo.
Detto questo, la questione che intendiamo affrontare è se possa ritenersi applicabile alle ga- ranzie finanziarie l’art. 169-bis legge fall. e quindi se il collateral provider che intende chiede- re l’ammissione ad una procedura di concordato preventivo possa farsi autorizzare dal Tribuna- le a sciogliersi dalla stessa garanzia una volta che sia stato autorizzato a sciogliersi anche dal cds sottoscritto.
La soluzione che potrebbe essere prospettata passa necessariamente dall’analisi del combi- nato disposto di cui agli artt. 169-bis legge fall., nella parte in cui attribuisce al debitore la pos- sibilità di chiedere al Tribunale di essere autorizzato a sciogliersi da un contratto pendente al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, e 4 del d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170.
Orbene, analizzando in primo luogo quest’ultima norma emerge che il creditore garantito può procedere all’escussione della garanzia “anche in caso di apertura di una procedura di ri- sanamento” il che implica evidentemente che in tale momento il contratto di garanzia non è più pendente in quanto appunto escusso dal creditore.
Se così è, ne consegue che l’art. 169-bis non sarebbe applicabile proprio in ragione del fatto che la norma non troverebbe più la sua condizione sostanziale di operatività legata appunto alla pendenza del contratto. Potrebbe quindi accadere che il protection buyer, che accede ad una procedura di concordato preventivo, possa essere autorizzato a sciogliersi dal cds, ma non an- che dal collateral laddove il creditore garantito attivi l’escussione della garanzia ai sensi del- l’art. 4 del d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 in presenza della procedura di risanamento 34.
11. Considerazioni conclusive. – La dimensione, ormai transnazionale, dei mercati finan- ziari e l’esteso sviluppo dei cds rappresentano dei fattori di forte sollecitazione sulla disciplina della crisi di impresa. Questa può rimettere in gioco i rapporti contrattuali dell’imprenditore
tratti di garanzia finanziaria può allora essere individuata, sia per le alienazioni con funzione di garanzia (presenti nei ma- ster agreement dei contratti di repurchase, securities lending e derivati) che per la costituzione di garanzie reali (caratteriz- zanti i contratti di prime brokerage stipulati dagli hedge funds) nell’autotutela non solo consensuale che risulta potenziata attraverso l’ampliamento dei poteri di autonomia privata (appropriazione e close-out netting) ma anche unilaterale (utiliz- zo, vendita e autoattribuzione del collateral alienato in funzione di garanzia)”. Per considerazioni di ordine sistematico: XXXXXXX, “Modificazione del patrimonio del debitore, poteri di controllo del creditore e autotutela”, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx (Milano, 2006), IV, 204; XXXXXXXXX, voce “Contratti di garanzia finanziaria”, in Dig. disc. priv., sez. civ. (Torino, 2007), Agg. III, I, 306. Sulla nozione di collateral provider e collateral taker: XXXXXXXX, I contratti di garanzia finanziaria (Milano, 2008), 74.
34 Riteniamo che l’art. 4 del d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 nel richiamare la procedura di risanamento non esclude l’operatività della norma nel caso in cui il concordato abbia una funzione liquidatoria. Questo perché sta sempre più emergendo un concetto di risanamento che non si identifica necessariamente con il mantenimento in capo al debitore dell’azienda, ampliandosi verso orizzonti più vasti che ricomprendono tutte quelle opzioni che, anche attraverso la liqui- dazione, consentono la circolazione di ricchezza. Al riguardo: XXXXXXX, Corporate Rescue (London, 1997), 12: “(…) if res- cue is defined simply as the avoidance of distress and failure, all management activity can be thought as constant and re- peated rescue attempts (…)”; sulla stessa questione: XXXX, “Reimagining rescue: whither insolvency law?”, Eurofenix, The journal of Insol Europe, 2013, 38 secondo il quale “(…) rescue can now take very different meanings and has even crossed the traditional divide between so-called rescue and liquidation (…)”.
creando instabilità sui mercati. Le tensioni che si creano sul punto riguardano proprio due con- trapposte esigenze: da un lato, quella della migliore tutela possibile del patrimonio aziendale e della massa dei creditori concorsuali; dall’altro, quella di assicurare stabilità alle garanzie che accedono a sofisticati strumenti finanziari quali i cds.
È in questo contesto dunque che si coglie la complessità delle questioni trattate, potendosi osservare, in un certo qual modo, la fissazione di un limite al diritto concorsuale oltre il quale esso rischia di assumere una valenza destabilizzante del mercato, piuttosto che esserne invece genuina espressione.
Questo spiega in larga misura le limitazioni che abbiamo esaminato in punto di stabilità del- le garanzie finanziarie, quale valore funzionale alla dinamica ed alla liquidità del mercato fi- nanziario; e, ad un tempo, ad evitare i c.d. agency costs del debito. La costituzione delle garan- zie finanziarie consente infatti di eliminare i costi derivanti dal controllo sul debitore e quindi tende ad abbassare il costo delle operazioni di finanziamento.
Se quindi per le garanzie finanziarie si è visto sussistere il prevalente interesse alla loro sta- bilità; al contrario, il carattere tipicamente aleatorio dei cds si è dimostrato essere l’elemento di incompatibilità con la cristallizzazione del patrimonio dell’imprenditore conseguente ad una procedura di fallimento o liquidazione coatta amministrativa, tale appunto da giustificarne lo scioglimento con gli effetti esaminati.
Rimane tuttavia aperto lo spazio ancora inesplorato delle diverse declinazioni operative del concordato preventivo ed in particolare della portata applicativa dell’art. 169-bis legge fall.
Occorrerà infatti del tempo per verificare se tale norma costituirà una remora per gli inter- mediari alla emissione dei cds oppure se essa sarà comunque superabile laddove si dovesse ri- tenere la stessa non operante in relazione ai collaterals.