RECENSIONE DE “IL TEM- PO E IL CONTRATTO. ITI- NERARIO STORICO- COMPARATIVO SUI CON- TRATTI DI DURATA” di
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RECENSIONE DE “IL TEM- PO E IL CONTRATTO. ITI- NERARIO STORICO- COMPARATIVO SUI CON- TRATTI DI DURATA” di
Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx
A cura di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
R e c e n s i o n e d e “ I l t e m p o e i l c o n t r a t t o . I t i n e r a r i o s t o r i c o - c o m p a r a t i v o s u i c o n t r a t t i d i d u r a t a ( a c u r a d i F r a n c e s c a L u c c h e s i )
SOMMARIO: 1. Il tema del volume – 2. Cenni storici – 3. Il tempo come elemento di struttura dei contratti di durata – 4. L’analisi economica – 5. Le sopravvenienze – 6. La prospettiva rimediale
1. Il tema del volume
Il volume1 affronta in prospettiva comparatistica “i contratti di durata”, tema attualissimo e di estre- mo interesse per chiunque voglia cementarsi oggi con il diritto dei contratti.
L’espressione individua un tema riconducibile alla più ampia area dei contratti d’impresa ove il tempo costituisce un elemento di struttura e non una mera coordinata, in quanto il bisogno e l’interesse delle parti è soddisfatto attraverso la prosecuzione o la reiterazione della esecuzione del contratto. Gli
esempi spaziano dal contratto di subfornitura, ai contratti di distribuzione e di somministrazione.
L’Autore offre un prezioso quadro ricostruttivo dei diversi profili. Dal tessuto storico in cui per prima è emersa l’esigenza di regolare tali ipotesi contrattuali, alla prospettiva economica dell’integrazione verticale, a quella fenomenologica e patologica, sino ad illustrare il tema in una pro- spettiva più ampia e sistematica. Vediamo come.
Xxxxxx è la premessa metodologica. Il volume si struttura attorno a tre «assunti», i quali vengono in- dividuati come «il minimo comun denominatore del movimento del diritto dei contratti nel presente momento storico».2
1 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto. Itinerario storico – comparativo sui contratti di durata, Milano, 2007.
2 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 20
Il primo concerne il tema dei contratti di durata sotto il profilo economico e nella sua dimensione strutturale.
R e c e n s i o n e d e “ I l t e m p o e i l c o n t r a t t o . I t i n e r a r i o s t o r i c o - c o m p a r a t i v o s u i c o n t r a t t i d i d u r a t a ( a c u r a d i F r a n c e s c a L u c c h e s i )
Il secondo riguarda la tradizionale conformazio- ne del diritto dei contratti, incentrata su un modello
si è segnalato, invece, tra i primi, per essersi inter- rogato sulla peculiarità dei contratti commerciali e sulla idoneità del tipo contrattuale della vendita a disciplinarli idoneamente. I frutti di quella riflessio- ne sono stati considerati come modelli dalla Ger-
sincronico e sulla conseguente anacronistica indiffe- mania che si apprestava ad interrogarsi sulla possi-
renza verso le fattispecie di durata.
Il terzo, infine, valorizza il contratto inteso come fenomeno che si colloca all’interno di un contesto economico che il medesimo contribuisce a creare e che viene ad essere dallo stesso influenzato3.
Tre i livelli di indagine. Quello empirico che im- plica necessariamente un’analisi anche economica del contratto come «strumento di organizzazione e regolazione di un segmento del mercato, secondo le ragioni che spingono alla loro adozione».
Quello giuridico «delle norme formali e opera- zionali».
Quello metagiuridico che «si affranca dal parti- colarismo» per incontrarsi «con altri sistemi di norme e con altre riflessioni rivenienti dalla trasver- salità del tema ad altre scienze sociali»4.
A tutto ciò è utile premettere qualche cenno sto- rico.
2. Cenni storici
Negli ultimi anni il «sogno di stabilità» dei codi- ci ottocenteschi5, formati da un sistema chiaro e semplice, è sfumato e con esso è tramontato anche il modello monolitico e universalizzante del contratto che trova le sue radici nel codice napoleonico.
Il diritto dei contratti è mutato per effetto di fat- tori endogeni e circostanze esterne. Al suo interno sono emerse le aree del diritto dei consumatori e dell’impresa.
La tipologia contrattuale dei contratti di durata, il cui termine, precisa l’Autore, evoca un’accezione descrittiva e non una categoria ontologica dai con- torni definiti, è emersa con difficoltà nel mondo del common law , in cui il genere si confronta con quel- lo dei relational contracts. L’ordinamento italiano
3 Sul punto si veda X. XXXXXXX, Anomalie e tutele nei rapporti di distribuzione tra imprese. Diritto dei contratti e re- gole di concorrenza, Milano, 1983, pp. 11-12: «Sovente si ren- de necessaria una visione dell’assetto negoziale non più inteso come singolo contratto isolato, ma come frammento di un’attività dell’impresa la cui valutazione è strettamente con- nessa con il contesto economico e con la struttura del mercato in cui essa insiste; elementi questi, entrambi esterni rispetto al contenuto del contratto, ma che possono incidere, in certi casi, sulla sua validità ed efficacia».
4 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 20.
5 X. XXXXXXX, Le asimmetrie informative fra regole di vali- dità e regole di responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, 2, p. 241.
bilità di ammodernare il BGB in ordine all’adeguamento del contratto a lungo termine.
Soltanto dopo il secondo dopoguerra, quando negli Stati Uniti è fiorito il dibattito della dottrina sui contratti relazionali, quale reazione a quella concezione del diritto contrattuale che gli studiosi di common law definivano classico e neoclassico, an- che nel vecchio continente si è cominciato parlare di contratti relazionali. Sicché «la recente attenzione ai contratti di durata sollecitata dalle teorie relazionali non è altro che una riscoperta dell’antico, propiziata da un fenomeno di importazione problematica, pro- prio sul piano delle implicazioni normative»6.
3. Il tempo come elemento di struttura dei contratti di durata
In quasi tutti i contratti il tempo, così come lo spazio, rappresenta una coordinata delle vicende umane ed un elemento che in tutti i rapporti giuridi- ci si frappone tra la conclusione del contratto e la sua esecuzione. La peculiarità dei contratti di durata è la intensa relazione che si instaura tra il contratto e il tempo, il quale si configura come vero e proprio elemento di struttura. Ne discende che nei contratti di durata ciò che individua la fattispecie contrattuale è «la prosecuzione o la reiterazione della sua esecu- zione in maniera proporzionale e funzionale al fab- bisogno di una delle parti» e non «la distanza del tempo in sè tra conclusione ed esecuzione»7. Si comprende così, come nei contratti di durata il tem- po costituisca un elemento che ne caratterizza la funzione.
L’Autore individua nel contratto di somministra- zione, la cui causa è connotata dal carattere ripetuto delle prestazioni, il paradigma del contratto di dura- ta avente ad oggetto obbligazioni ad esecuzione continuata o periodica.
Il legislatore ha previsto per questo tipo di con- tratto una disciplina dell’inadempimento ecceziona- le rispetto a quella generale della risoluzione per i- nadempimento. Si prevede, infatti, che l’inadempimento della singola prestazione rilevi in quanto sia idoneo a ripercuotersi sul rapporto e dunque ad incidere sulla fiducia nei futuri adempi- menti.
6 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 23.
7 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 32.
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Attraverso lo strumento dei contratti di durata i contraenti, i cui rapporti sono legati da vicende eco- nomiche e giuridiche, perseguono l’interesse comu- ne di organizzazione e continuazione dell’impresa. Emerge palesemente una difficoltà da parte del mo-
un processo lato sensu produttivo sono collegati per esigenze di stabilità e coordinamento di una or- ganizzazione». Il contratto di durata consente così di svolgere «una funzione per così dire assicurativa nel senso che l’organizzazione dei rapporti è pensa-
dello che assume come paradigma il contratto con
ta per assorbire l’incertezza e consentire11 la pro-
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cui si realizza uno scambio istantaneo, a regolare un genere di relazioni in cui le parti non si limitano a descrivere lo scambio istantaneo di ricchezza ma pianificano un’operazione di durata per la realizza- zione di un interesse comune. Sul piano rimediale l’alternativa tra risoluzione e inadempimento, pre- sentata dal modello classico, si rivela insufficiente.
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Ciò che consente di superare la visione classica del diritto dei contratti «è l’integrazione della teoria relazionale con alcuni studi economici». Proprio il dibattito che è sorto intorno alla figura dei contratti relazionali nata negli Stati Uniti e sottoposta ad a- spre critiche, ha condotto ad individuare la fattispe- cie dei contratti di durata. Sul punto, però, si precisa che: «il rapporto tra contratti di durata e contratti relazionali non è..di corrispondenza biunivoca. I due sistemi non coincidono: sebbene tutti i contratti di durata presentino una componente relazionale, anche in ragione della esposizione al tempo, non è vero che tutte le fattispecie relazionali siano anche di durata nel senso qui inteso»8.
Da qui muove l’analisi dell’Autore nella pro- spettiva economica, che rivela «l’esistenza di una funzione tipica e discriminante svolta dalla fattispe- cie in esame»9.D’altra parte proprio il fatto che i contratti di durata rappresentino uno degli strumenti per mezzo dei quali si realizza il fenomeno econo- mico dell’integrazione verticale determina la rile- vanza di tali fattispecie per la disciplina economica.
4. L’analisi economica
I contratti di durata presentano caratteristiche re- lazionali in quanto al loro interno si creano «vincoli di reciprocità ed interdipendenza» ed al contempo
«sono incompleti perché così vogliono le parti (per opportunismo o razionalità limitata) e per l’azione incontrastabile del tempo sulla vita del rapporto».
Il persistente interesse di una delle parti e la im- possibilità di una istantanea soddisfazione giustifi- xxxx «la necessaria estensione temporale del rap- porto»10.
Dal punto di vista delle funzioni «si connota come di durata tutto il complesso di fattispecie con- trattuali per mezzo delle quali i diversi momenti di
8 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 60.
9 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 91.
10 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., pp. 145-146.
grammazione»12.
La concezione classica e i tre postulati della per- fetta razionalità dei soggetti, perfetta concorrenziali- tà del mercato, assenza e sostanziale irrilevanza dei costi transattivi, si rivelano irrealistici non essendo configurabile una transazione con costi transattivi nulli.
I contratti di durata che consentono di rinnovare atti o prestazioni e risparmiare attività individuale rispondono proprio alla esigenza di coniugare la flessibilità con l’economia dei costi, i quali in que- sto genere di contratti si collocano soprattutto nella fase di esecuzione. Dal punto di vista economico, infatti, sono gli investimenti idiosincratici a creare quasi rendite delle quali il contraente più forte cerca di appropriarsi. In questo ambito la «teorizzazione dell’opportunismo post-contrattuale rappresenta un contributo decisivo al tema dei contratti di durata da parte dell’analisi economica»13. Esso rappresenta, infatti, «la fonte delle disfunzioni delle relazioni contrattuali durevoli e uno dei più evidenti segnali della dimensione relazionale»14.
Per far fronte alle condotte opportunistiche le parti possono avvalersi di strumenti del diritto con- trattuale, quali la buona fede e gli obblighi di best efforts, che hanno la funzione di garantire flessibili- tà e al contempo di contenere i contegni opportuni- stici che possono verificarsi come conseguenza del- la discrezionalità soprattutto nei rapporti complessi. In questa fase si innesta la riflessione sul problema delle sopravvenienze.
5. Le sopravvenienze
La natura del contratto di durata palesa l’esigenza di circoscrivere i limiti dell’utilizzo del potere contrattuale.
Proprio dal punto di vista della funzione gli o- biettivi delle parti consistono nel «fare in modo che la relazione si adatti continuamente al mutare delle variabili interne..ed esterne..al contratto, attraverso il ricorso a particolari clausole di prezzo o di deter- minazione di aspetti ulteriori»15. In tale contesto si
11 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 147. 12 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 197. 13 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 153.
14 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 156.
15Le parti avranno altresì interesse a «limitare al massimo gli incentivi all’inadempimento sul presupposto che la negozia-
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rende necessario «gestire al meglio il rischio di op- portunismo contrattuale» e «congegnare meccani- smi di gestione di eventi straordinari e imprevedibili che possono compromettere l’equilibrio complessi- vo dell’affare»16. Il tema si lega al problema
la posizione di quella dottrina che mette in guardia contro il pericolo di sovversione del principio dell’autonomia privata che deriverebbe dal conce- dere al giudice il potere di riscrivere il contratto e la voce di chi precisa non esser più accettabile un a-
dell’hold up, cui si è soliti ricondurre «la fattispecie stensionismo totale del giudice dal contratto.
di approfittamento del vantaggio relativo (non ne- goziato) di una parte sull’altra»17.
Ne discende che in questo genere di contratti è
«immanente un principio di conservazione» e la buona fede, che garantisce le parti contro i compor- tamenti opportunistici o ricattatori, si profila come
«custode della rinegoziazione»18.
I rimedi che le parti hanno a disposizione per ge- stire le sopravvenienze attraverso l’adeguamento del contratto sono affidati all’autonomia privata, in quanto la individuazione della soluzione è rimessa se e al momento in cui dovesse sorgere una circo- stanza tale da rendere improseguibile il rapporto.
Vi sono poi le fonti eteronome, che concernono eventi capaci di rendere impossibile o impraticabile la prestazione. Si annovera in tale ambito l’art. 1467
c.c. in tema di eccessiva onerosità.
Nei contratti di durata il tema delle sopravve- nienze si pone quando il rapporto è ancora in corso. Sorge allora l’esigenza di tutelare quegli investi- menti specifici che espongono una parte al potere dell’altra. Con riguardo ai rimedi alternativi all’art. 1467 c.c., al fine di ricercare una soluzione concor- data della crisi, si dà atto del dibattito sorto attorno alla possibilità di configurare un obbligo di rinego- ziazione di cui sarebbero onerate entrambe le par- ti19. Non solo. Il tema delle sopravvenienze impone di affrontare anche un’altra questione oggetto dell’attuale dibattito della dottrina, relativa alla pos- sibilità di configurare, al di fuori delle norme sulla sopravvenienza, un obbligo di riequilibrio e di in- tervento del giudice sganciato dalla proposta delle parti. Si segnalano le aperture dei giudici sul punto,
zione è molto costosa (ed i rimedi, in ipotesi di risoluzione, so- no comunque imperfetti) e la ricerca di un altro contraente, in mercati non perfettamente concorrenziali, è difficilmente e al- trettanto dispendiosa».
16 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., pp. 233-234.
17 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 257. La dot- trina neoistituzionalista ha posto l’hold – up in relazione all’operare dei costi transattivi sul mercato e alla dimensione degli investimenti specifici che effettuano le parti in vista dell’adempimento (X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 259). Da ciò si trae che vi è una intima connessione tra contratti di durata e la fattispecie che pone il divieto di abuso di dipen- denza economica disciplinata dall’art. 9 della L. 192/1998, pre- visione non limitata al solo rapporto di subfornitura, ma avente portata tendenzialmente estesa a tutti i rapporti tra imprese.
18 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 261.
19Sul punto si veda la lucida analisi svolta da X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti di impresa, Milano, 1996.
Da qui muove la riflessione dell’Autore sulla ri- levanza nella fase attuale della «dimensione diacro- nica che rappresenta la vita della relazione» da cui si trae che le sopravvenienze atipiche costituiscono il segno della insufficienza di una concezione del diritto dei contratti che considera gli eventi straor- dinari come i soli capaci di rendere la relazione im- proseguibile. Ed allora «se il diritto si muove ogni riflessione non può che essere interlocutoria. L’indissolubilità del vincolo contrattuale per vicen- de successive alla sua instaurazione sembrava un dogma e non lo è più»20. Da qui la conclusione che
«rinegoziare un contratto o riformarlo intanto hanno un senso, in quanto permanga un interesse alla pro- secuzione del rapporto, manifestata dalla scelta di una fattispecie contrattuale che si riporti ai tipi di durata. Ed è soltanto con riferimento ai contratti di durata che ha senso ipotizzare una lettura unificante delle patologie, come manifestazione di contrarietà al principio di massimizzazione delle utilità con- giunte, di compromissione degli investimenti fatti in vista dell’esecuzione, di aspettativa al mantenimen- to di un rapporto contrattuale che potrebbe essere difficile da rimpiazzare»21.
6. La prospettiva rimediale
Di sicuro rilievo sono le riflessioni contenute nell’ultimo capitolo relative alla prospettiva rime- diale, che rimane il punto più delicato del fenomeno trattato, tutto da ricostruire.
Il diritto non prevede per i contratti di durata un sistema rimediale diverso. Si rende pertanto oppor- tuno «teorizzare e organizzare procedure alternative per la soluzione delle relative controversie, più ri- spettose della dinamica relazionale»22. La relaziona- lità esige di ricorrere ad un «rimedio che sia..rispettoso del ruolo comunque centrale che la volontà delle parti ha nella dinamica negoziale, ma che allo stesso tempo prevenga o curi le forme di opportunismo che rappresentano la negazione della direttiva di comportamento ispirata alla massimiz- zazione dell’utilità congiunta delle stesse». In tale ottica si rivela insufficiente sia un approccio di tipo esclusivamente ex ante, che legittima un limitato
20 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 338.
21 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 340.
22 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 417.
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intervento del giudice sul contratto, sia ipotizzare che il giudice sia sempre limitato ad un intervento ex post di tipo modificativo. La mera adesione all’una o all’altra opzione è insoddisfacente. Si trat- ta piuttosto di valutare all’interno di un procedimen-
Innanzitutto occorre fare chiarezza sul ruolo del- la buona fede e dell’equità.
La buona fede, espressione di un «ordine rime- diale che si sovrappone al programma contrattua- le»27, concerne la «costruzione della norma contrat-
to giudiziale, se le parti hanno rispettato il dovere di
tuale»28. È una regola che «valuta contegni, reprime
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buona fede durante la negoziazione; la presenza di cause che impediscono l’adeguamento del rapporto nonostante la volontà di proseguire la relazione; il tentativo di rimuovere le cause che ostano all’accordo. Occorre altresì sanzionare la parte che pone in essere comportamenti opportunistici e «at- tendere l’aggiustamento spontaneo»23.
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In questa visione si ritiene che la sanzione del giudice sia «un indispensabile passaggio nella vi- cenda complessa che porta alla soluzione delle con- troversie relative ai contratti di lunga durata». La prospettiva di un intervento dall’esterno rende, in- fatti, più concreta la possibilità che le parti cooperi- no cercando di comporre amichevolmente la con- troversia. D’altra parte il timore che il giudice ri- scriva il contratto è «fondata, soltanto fino a che ciò avviene, per così dire, a mano libera; non quando norme e principi accuratamente studiati dettano pre- supposti, modalità e tempi di un intervento». Ed al- lora se le parti non saranno in grado di risolvere la controversia, sarà il giudice ad imporre una soluzio- ne. Il fondamento di tale intervento potrà essere in- dividuato, secondo l’Autore, non sempre nella buo- na fede, ma anche nella «natura equitativa dei pro- cedimenti in alcune controversie»24. La buona fede, in ogni caso pone in capo alle parti un dovere di co- operare per consentire alla relazione di adeguarsi. Sicchè la regola diviene il criterio che ispira
«l’esecuzione del contratto prima, la sua integrazio- ne progressiva ad opera delle parti ed il supporto giudiziario, successivamente. In ciascuno dei tre momenti essa conserva il significato a suo tempo derivato dalla ricostruzione dei contratti di durata nella prospettiva dell’integrazione verticale»25. Si ritiene che anche gli investimenti effettuati in vista dell’adempimento possano imporre un’esigenza di aggiustamento e di prosecuzione del rapporto, cir- costanze e soluzioni alternative che dovranno essere valutate dal giudice. E se la strada dei risarcimenti e degli indennizzi non può essere percorsa
«l’intervento in aggiustamento è pressocchè indi- spensabile»26.
Sulla correzione del regolamento da parte del giudice occorre soffermarsi, precisando una diversi- tà di piani.
23 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., pp. 421-423.
24 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 425. 25 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 426. 26 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, cit., p. 427.
abusi, è fonte di diritti e doveri (mentre l’equità cor- regge modifica, integra il regolamento)»29.
La buona fede restringe «la libertà di scelta ai fi- ni dell’azione e della qualità del comportamento in- cidendo direttamente sul contenuto dell’atto», sic- chè si pone come «una limitazione in senso tecnico dell’autonomia privata, quale è comunemente inte- sa, e più precisamente di una indicazione che incide sui poteri attribuiti ai privati dal primo comma dell’art. 1322 c.c.»30.
L’equità, invece, non è fonte di diritti e di obbli- ghi per le parti, ma «un criterio di giudizio che non può essere adoperato in relazione a qualsiasi profilo del contratto, ma unicamente per far assumere rile- vanza regolamentare a talune circostanze di esso». L’equità non pone un problema di concorrenza tra fonti, ma si concretizza «in un ampliamento dei po- xxxx del giudice in ordine all’apprezzamento di cir- costanze altrimenti irrilevanti»31.
L’intervento correttivo del giudice con lo stru- mento dell’equità è ammissibile solo nei casi previ- sti dalla legge, estensibili con l’analogia legis e iu- ris.
Altro è verificare se nel nostro ordinamento pos- sa dirsi vigente un obbligo di rinegoziazione.
L’obbligo di rinegoziazione è disciplinato nei Principi di diritto europeo dei contratti32 e nei prin- cipi Unidroit33. Con la riforma si è inserito nel BGB il § 313, il quale prevede che le parti possano ade- xxxxx il contratto qualora le circostanze poste a fon-
27 A. DI MAJO, Il linguaggio dei rimedi, in Europa e dir. priv.,
2005, p. 354.
28 X. XXXXXX, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, p. 246.
29 X. XXXXXXX, Commento sub art. 39, in Codice del consumo, Commentario a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 2007, p. 416.
30 X. XXXXXX, Le fonti di integrazione del contratto, cit., pp. 177-178.
31 X. XXXXXX, Le fonti di integrazione del contratto, cit., p. 176.
32 L’art. 4:119 dei Principi di diritto europeo dei contratti pre- vede che il giudice può “modificare il contratto in modo da metterlo in armonia con quanto avrebbe potuto essere convenu- to nel rispetto della buona fede e della correttezza. Se la buona fede integra le stesse norme di validità non è affatto azzardato affermare che il giudice possa, in alternativa o in conseguenza dell’annullamento di parte del contenuto, operare quelle modi- fiche conformi alla intrinseca razionalità dell’operazione voluta dalle parti e rese obbligatorie dalla necessità di un agire corretto in quel determinato contesto
33 Si tratta dei Principles of International Commercial Con- tracts pubblicati dall’Unidroit nel 1994 e successivamente ag- giornati nel 2004, consultabili sul sito internet xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
damento del medesimo si siano gravemente modifi- cate successivamente alla sua conclusione tanto che le parti non avrebbero concluso il contratto o lo a- vrebbero fatto a condizioni diverse se le avessero conosciute. L’adeguamento è possibile se, tenuto conto delle circostanze del caso concreto e della ri- partizione contrattuale o legale dei rischi, si verifica un mutamento tale per cui non sarebbe ragionevole
«imporre ad una parte il mantenimento del contratto invariato»34.
Aperture verso la rinegoziazione delle condizio- ni di contratto sono emerse sia nella dottrina che nella giurisprudenza francese35. Autorevole dottri- na36 ritiene che la fonte dell’obbligo di rinegozia- zione debba essere rintracciata nella clausola gene- rale di buona fede. L’intervento del giudice è in queste ipotesi mediato dalla violazione di una rego- la, il dovere di buona fede, che in ogni caso richiede la verifica di alcuni presupposti quali l’esistenza di un contratto a lungo termine, l’inadempimento dell’obbligo di rinegoziare conseguente alla viola- zione dell’obbligo di correttezza.
Si prospetta anche una soluzione più «audace»37, ma al contempo rigorosa e coerente con i principi del nostro ordinamento, che ammette possibilità per la parte che non abbia adempiuto all’obbligo di ri- negoziazione avente fonte in una clausola espres- samente prevista nel contratto, o nella clausola ge- nerale di buona fede, di agire per ottenere l’adempimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., chiedendo al giudice che costituisca con sentenza il contratto non concluso38.
Dalle riflessioni svolte si possono trarre alcune considerazioni. Da un’analisi che contempera nor- me e principi39, e che non trascura la prospettiva eu-
xxxxx e comparatistica, emerge chiaramente che «la sopravvenienza tipica non deve essere lasciata priva di un rimedio»40, e che al contempo il sistema deli- neato dal codice civile offre all’interprete una plura- lità di strade da percorrere.
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34 Sul punto cfr.: P. G. XXXXXXX, La rinegoziazione e l’intervento del giudice, in Contr. e impr., 2005, 2, p. 544 ss.
35 X. XXXXXXX, Sopravvenienze e gestione del rischio nell’esecuzione del terzo contratto, in Il terzo contratto, Bolo- gna, 2008, pp. 179 ss. L’art. 6.2.1. prevede che “in caso di har- dship la parte svantaggiata ha diritto richiedere la rinegoziazio- ne del contratto”.
36 X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Xxxxx e Iudica, Milano, 2001, p. 1047.
37 X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, cit., p. 1047.
38 X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, cit., p. 1047. L’A. precisa che in questo modo si ottiene un risultato non così eversivo: «equivale a dare alla parte gravata dalla so- pravvenienza quello stesso potere d’invocare la riduzione a e- quità del contratto squilibrato che già spetta in relazione ai con- tratti gratuiti, e che nei contratti onerosi spetta a controparte (sicchè, più che un rimedio nuovo, si configurerebbe un sem- plice allargamento della legittimazione a un rimedio già previ- sto)».
39 Per la necessità di contemperare principi, diritti e regole si v.
X. XXXXXXX, Commento sub art. 1, in Codice del consumo, Commentario a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 2007, pp. 20 ss.; ID., Diritto privato e ordinamento comunitario, Milano, 2009.
R e c e n s i o n e d e “ I l t e m p o e i l c o n t r a t t o . I t i n e r a r i o s t o r i c o - c o m p a r a t i v o s u i c o n t r a t t i d i d u r a t a ( a c u r a d i F r a n c e s c a L u c c h e s i )
40 X. XXXXX – X. XX XXXX, Il Contratto, in Trattato di diritto civile, tomo II, Torino, 2004, p. 722. L’autorevole dottrina ri- tiene che «L’equità esige che nei contratti a durata particolar- mente lunga..si sottintenda una clausola di rinegoziazione, in virtù della quale il dato obsoleto o non più funzionale possa essere sostituito dal dato aggiornato e opportuno».