Contract
Intimazione di convalida di sfratto per i soli oneri accessori relativi a contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo
Il Tribunale di Roma rafforza l’orientamento che impone la pronuncia dell’inammissibilità di tale azione senza procedere
al mutamento del rito
Xxxxxxx Xxxxxx
I
Avvocato del Foro di Roma
l Tribunale Ordinario di Roma, con ordinanza defi- nitoria, ha pronunciato, senza disporre il mutamen- to del rito, l’inammissibilità dell’intimazione di
sfratto per morosità proposto per i soli oneri accessori in relazione ad un contratto di locazione di immobile urbano ad uso commerciale ai sensi dell’art. 27 n. 1 legge n. 392/78.
Il fatto
Nel caso di specie era stata notificata, nei confronti della società conduttrice dell’immobile, un’intimazione di sfratto e contestuale citazione per la convalida con rife- rimento al mancato pagamento dei soli oneri accessori. La parte intimata aveva preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’intimazione di sfratto ex art. 658 c.p.c., deducendo che l’intimante avrebbe semmai dovuto proporre l’azione ordinaria di risoluzione del contratto di locazione.
Tale eccezione si fondava principalmente sul fatto che è solo l’art. 5 della legge n. 392/78, regolante le loca- zioni di immobili ad uso abitativo, che faceva riferi- mento all’art. 55 della legge n. 392/78 che attribuisce al conduttore la facoltà di ottenere il cosiddetto “termine di grazia” per poter sanare la morosità non solo dei canoni, ma anche degli oneri accessori. La legge, infat- ti, non assicura tale facoltà di sanare la morosità nel- l’ambito delle locazioni non abitative.
L’eccezione, inoltre, l’art. 658 c.p.c., rafforzando tale impostazione, parla chiaramente solo di canoni e non di oneri accessori.
La decisione
Il Giudice Unico investito della causa ha tout court
dichiarato inammissibile l’intimazione di sfratto per
morosità, senza procedere al mutamento del rito, rego- lamentando anche le spese del giudizio.
Il percorso logico giuridico dell’ordinanza prende le mosse dalla presa d’atto del contrasto giurisprudenziale tra ammissibilità e inammissibilità dell’azione in parola (su tale contrasto cita le sentenze della Corte di Cassazione numero 7745/86, 1066/87, 6535/87, 377/88, 12769/98), concludendo per la soluzione dell’inammissi- bilità e citando una precedente decisione del Tribunale di Monza dell’11.2.2003 che lo stesso ritiene condivisibile. L’ordinanza in esame afferma, infatti, che:
1) nel contratto gli oneri accessori, a differenza del canone, sono indeterminati e sono comunque liqui- di ed esigibili dal locatore solo in relazione a parti- colari condizioni, la cui verifica è incompatibile con la sommarietà del processo per intimazione;
2) la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2087/2000 “lo speciale istituto della sanatoria della morosità del conduttore, previsto e disciplinato dal- l’art. 55, L. 27 luglio 1978, n. 392, per le locazioni aventi ad oggetto immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, trova applicazione sia nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all’art. 658 c.p.c., sia allorché la domanda per conseguire la restituzione dell’immobile sia stata introdotta dal locatore con un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento”, ha ritenuto, inno- vando così il precedente orientamento, che il termi- ne di grazia è richiedibile non solo nell’ambito del procedimento sommario ma anche nel processo ordinario di cognizione di risoluzione per inadempi- mento. Ciò comporta la perdita di collegamento processuale intimazione/termine prima ritenuto necessario. Pertanto il procedimento ex art. 658 e ss.
c.p.c. ha carattere eccezionale e, come tale, non con- sente interpretazioni analogiche;
3) nel caso di specie esistono altri specifici punti di cri- ticità giuridica dati dal fatto che si verte in tema di locazione ad uso commerciale (dove pertanto il ter- mine di grazia non è ammesso in radice) e non già abitativa, nonché dal fatto che l’ammontare com- plessivo degli oneri accessori richiesti concerne vari anni ed il canone di locazione è previsto in modo scalare al rialzo nel corso del rapporto locatizio, sic- ché sussiste ampia incertezza circa il raggiungimento della soglia delle due mensilità di canone utili, in ipo- tesi, a parificare la gravità dell’inadempimento legit- timante l’intimazione di sfratto all’ammontare di un canone mensile di locazione;
4) l’errato utilizzo dello strumento processuale del pro- cedimento di convalida di sfratto, di natura latamen- te cautelare, ha determinato dunque la dichiarazione di inammissibilità e non, invece, il mutamento del rito previsto dall’art. 667 c.p.c. in relazione all’art. 426 c.p.c..
Il Giudice, infine, ha parzialmente compensato le spese del giudizio sulla base, afferma nell’ordinanza, di un certo grado di novità della decisione.
Considerazioni
L’ordinanza in esame fornisce spunti molto interessan- ti che convergono per la soluzione dell’inammissibilità dell’intimazione di sfratto per morosità relativa a immobili ad uso non abitativo e fondata sul mancato pagamento dei soli oneri accessori.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 247/2000, citata nella stessa ordinanza, è stata da più parti indica- ta come una svolta giurisprudenziale a favore della soluzione dell’esperibilità del procedimento di sfratto per morosità anche per gli oneri accessori.
Tuttavia, tale decisione riguarda una fattispecie di loca- zione abitativa e non commerciale e, in ogni caso, non si esprime affatto sul tema di cui si discute, avendo dichia- rato il secondo motivo di ricorso assorbito nel primo.
Non a caso, la stessa ordinanza in esame afferma che detta decisione, in quanto non motivata sul punto, è del tutto ininfluente rispetto alla tematica oggetto del giudizio.
Chi scrive ritiene in ogni caso di poter affermare, alla luce di una visione organica della disciplina delle locazioni (sia sostanziale che processuale), ed in accordo con l’ordinanza stessa, che l’accertamento della gravità dell’inadempimento relativo al paga- mento degli oneri accessori non può prescindere dal- l’espletamento di un giudizio a cognizione piena, essendo gli oneri accessori somme non predetermina- te nel contratto.
È solo per il canone di locazione, dunque (il cui ammontare, a differenza degli oneri accessori, è prede- terminato nel contratto), che nel procedimento di inti- mazione di sfratto è consentito l’accertamento somma- rio del mancato pagamento quale presupposto suffi- ciente e necessario per la convalida dello sfratto. Provvedimento, questo, che determina, in un giudizio di natura squisitamente cautelare e sommario, la grave conseguenza della risoluzione del contratto e della pro- nuncia dell’obbligo al rilascio dell’immobile.
Del resto, da un punto di vista processuale e sistemico, la tutela cautelare anticipata di cui all’art. 658 e ss.
c.p.c. è offerta solo per casi tassativi ed esplicitamente enunciati che impediscono la sua applicazione, in via analogica, a fattispecie tutelate tramite azione ordinaria a cognizione piena.
Da qui, infatti, la decisione del Tribunale di dichiarare, con ordinanza a contenuto decisorio e definitivo, l’inammissibilità dello sfratto per morosità senza pro- cedere al mutamento del rito. Se così non fosse stato, vi sarebbe stata l’aperta violazione dei presupposti di legge che limitano l’accesso a tale rito.
Ciò appare oltretutto conforme alla tendenza, sia legi- slativa che giurisprudenziale, ad impedire, in generale, che il ricorso allo strumento cautelare possa fungere da escamotage atto ad aggirare le formalità e, soprattutto, i tempi necessari per l’espletamento del giudizio ordi- nario a cognizione piena.
LA SENTENZA
Tribunale di Roma Sezione 6^ Civile
Il Giudice [omissis] nel procedimento
R.G. n. [omissis] promosso dalla s.r.l. [omissis] nei confronti della s.r.l. [omissis] sciogliendo la riserva assunta all’udienza 19.1.2015. Rileva che non sissistono i presuppo- sti per valutare nel merito l’emissione o meno dell’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. e di conseguenza per mutare il rito in vista del giudizio di merito e dell’invio in mediazione obbligatoria.
1.1. Parte intimante ha chiesto lo sfratto per morosità deducendo il mancato pagamento solo di oneri accessori condominiali, l’intimante non ha allegato l’esistenza di morosi- tà in punto di canoni locatizi. Ha alle- gato l’esistenza di altri inadempimen- ti contrattuali significativi secondo la sua prospettazione in punto di decla- ratoria di risoluzione del contratto all’esito del giudizio di merito.
Parte intimata ha contestato l’esperi- bilità del procedimento sommario di intimazione in quanto: a) nella specie trattasi di locazione commerciale e non abitativa sicché è ultroneo il rife- rimento agli artt. 5 e 55 legge n. 392/78; b) perché l’art. 658 c.p.c. parla solo di mancato pagamento del canone. Ha poi svolto allegazioni ed argomentazioni gradate successive su altri punti.
Ad avviso di questo Giudice va dichiarata la inammissibilità del pro- cedimento instaurato.
È noto ai giuristi che la questione è controversa in dottrina ed in giuri-
sprudenza da tanti anni. In dottrina sembra essere maggioritaria la tesi della inammissibilità. La giurispru- denza di legittimità è divisa: basta citare Cass. n. 7745/86, Cass. n. 1066/87, Cass. n. 6535/87, Corte cost. n. 377/88, Cass. n. 12769/98 optanti per l’una o l’altra soluzione. Quanto alla sentenza Xxxx. n. 247/00 va rilevato che l’affermazione ivi espressa di “pacificità” della azio- nabilità del procedimento sommario in casi siffatti è priva di qualsivoglia motivazione e pertanto va presa come tale. Si riporta la parte della motivazione per quel che qui interes- sa: “...1.1. La censura è infondata. Del tutto correttamente il tribunale ha ritenuto che l’ordinanza di convalida non avesse natura di sentenza, e che non fosse dunque impugnabile, in quanto non emessa al di fuori dello schema tipico del procedimento som- xxxxx disciplinato dall’art. 663 c.p.c. il quale è rispettato tutte le volte che l’ordinanza sia stata emessa ritual- mente, in presenza dei presupposti formali previsti per la sua adozione. Fra questi si annovera, nel caso di sfratto intimato per mancato paga- mento del canone (ovvero degli oneri accessori, com’è assolutamente pacifico), “l’attestazione del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste” (art. 663, terzo comma, c.p.c.), e non già la verità della dichiarazione stessa, che attiene all’effettiva sussistenza della morosi- tà e concerne dunque un aspetto sostanziale…”.
Anche la giurisprudenza di merito è divisa: Trib. Roma n. 2684/09 citata in vari libri editi sull’argomento è di segno favorevole; Trib. Monza n.
11.2.2003 è di segno contrario.
Ciò posto, questo Giudica condivide la tesi negativa bene illustrata nella sentenza Trib. Monza cit. (testo repe- rito su libri in argomento) dove si sostiene che:
- la parificazione tra canoni ed oneri operata dall’art. 5 legge n. 392/78 attinge certamente sul piano della valutazione della gravità dell’inadem- pimento ma nulla dice sulle modalità processuali attivabili, ovverosia ordi- nario processo di cognizione di riso- luzione per inadempimento oppure procedimento sommario di sfratto per morosità;
- gli oneri accessori in genere sono indeterminati nel contratto (ndr e si discute in dottrina anche dei limiti di validità di una clausola contrattuale che preveda la c.d. forfettizzazione di detti oneri) e sono comunque liquidi ed esigibili da parte del locatore solo in relazione a particolari condizioni la cui verifica è incompatibile con la sommarietà del processo per intima- zione;
- con sentenza n. 2087/00 la Cassazione ha ritenuto, così inno- vando il precedente orientamento, che il termine di grazia è richiedibile non solo nell’ambito del procedimen- to sommario ma anche nel processo ordinario di cognizione di risoluzione per inadempimento, così perdendosi il collegamento processuale intima- zione/termine prima ritenuto neces- sario;
- il procedimento ex art. 658 e ss. ha carattere eccezionale e pertanto non sono consentite applicazioni analo- giche.
Le parti non hanno allegato l’esisten- za di altre e diverse pronunce giuri-
sprudenziali ovvero di altre e nuove interpretazioni dottrinali.
Dunque, il procedimento per intima- zione va dichiarato inammissibile con chiusura definitiva di esso, senza che possa farsi luogo né a convalida (per l’ipotesi di mancata comparsa od opposizione da parte dell’intimato) né ad ordinanza provvisoria di rilascio. Sul punto si ritornerà tra breve.
1.2. Va evidenziato che nel caso di specie, anche a voler ritenere ammissibile il procedimento somma- rio così proposto, sussistono altri specifici punti di criticità giuridica dati dal fatto che qui si verte in tema di locazione ad uso commerciale e non già abitativa (dove pertanto il termine di grazia non è ammissibile in radice) nonché dal fatto che l’ammontare complessivo degli oneri accessori richiesti concerne vari anni ed il canone di locazione è stato previsto in modo scalare al rialzo nel corso del rapporto locatizio, sicché sussiste ampia incertezza circa il raggiungi- mento della soglia delle due mensili- tà di canone utili, in ipotesi, a parifica- re la gravità dell’inadempimento legit- timante l’intimazione di sfratto all’am- montare di un canone mensile di locazione; di ciò parte intimante mostra rendersi conto laddove dedu- ce che occorrerebbe farsi “la media” dei vari canoni dovuti per contratto nel corso dei vari anni.
1.3. Tornando alla questione della
inammissibilità del procedimento intrapreso va argomentato ulterior- mente in diritto; all’uopo soccorre quanto questo Xxxxxxx ha motivato in casi in cui si verteva in tema di “loca- zioni verbali abitative post legge n. 431/98”. “Ne consegue che nel caso
di specie il procedimento di intimazio- ne di sfratto per convalida/rilascio è stato attivato fin dall’inizio esorbitan- dosi dallo schema legale tipico previ- sto dalla legge. È noto che il procedi- mento sommario per intimazione di sfratto viene comunemente descritto per essere la soglia avanzata di tute- la del locatore verso il conduttore moroso allo scopo di ottenere il pron- to rilascio dell’immobile prima del tempo necessario per la pronuncia della sentenza di merito di risoluzio- ne per inadempimento. Si percepisce una funzione latamente cautelare del procedimento in questione stante la rottura del sinallagma contrattuale nella sua essenza economico-socia- le: godimento del bene/corrispettivo e stante l’evidente grave danno che detta situazione ingenera non essen- do verosimilmente non altrimenti risarcibile. È però, in casi come quel- lo in esame, non può non rilevarsi che detta funzione di tutela avanzata ed anticipatoria giammai può realiz- zarsi per la semplice ragione che nel merito giammai potrà giungersi ad una pronuncia di risoluzione per ina- dempimento perché è noto che “non può risolversi ciò che è nullo”. In un caso del genere non v’è neppure in astratto materia del contendere circa l’esistenza o meno di un contratto locatizio; non vi è alcuna res litigiosa, non vi sono opposte allegazioni e prospettazioni da valutare e che pos- sano portare, optando per l’una o per l’altra, al riconoscimento dell’esisten- za di un rapporto locativo tutelabile come tale. La interpretazione qui sostenuta vede alcuni precedenti giu- risprudenziali e talune tesi dottrinarie. È da ritenere che una simile questio-
ne sia rimasta nell’ombra in quanto fino alla legge del 1998 per le loca- zioni abitative non era richiesta la forma scritta se non nel caso delle locazioni ultranovennali. Ma oggi è di palmare evidenza il paradosso pro- cessuale a cui si va incontro seguen- do l’opposta tesi. Ed invero questo giudice da un lato non può che dene- gare il rilascio sulla base della nullità del contratto di locazione ma dall’al- tro dovrebbe pur sempre attivare il giudizio di merito, giudizio di merito che non può che condurre ad una sentenza di rigetto della domanda. E dovrebbe procedere al mutamento del rito attivando il c.d. rito locatizio ex art. 447 bis c.p.c. pur sapendo – avendolo esplicitato nel proprio prov- vedimento negativo inerente la fase sommaria di rilascio/convalida – che si sta discutendo di un rapporto giuri- dico che potrà sussumersi in qualun- que altra fattispecie giuridica ma giammai in quello dato dallo schema legale tipico della locazione; molto spesso il giudizio di merito concerne- rà l’esistenza di una occupazione senza titolo che come tale esula dai rapporti soggetti al rito locatizio e che dovrà essere trattato con il rito ordi- nario.
Le parti stesse concordano sul fatto
della inesistenza di un contatto scrit- to. E le parti stesse ammettono con- cordemente che è stato pagato un prezzo per il godimento della stanza sicché certamente non può discuter- si, in radice, di un rapporto di como- dato (anch’esso soggetto al rito loca- xxxxx).
Quanto all’argomento tratto dall’art. 667 c.p.c. che sembrerebbe impor- re che al termine della fase somma-
xxx con opposizione del conduttore
– concessi o denegati i provvedimen- ti di cui agli artt. 665 e 666 c.p.c. – faccia sempre seguito l’inizio del giu- dizio di merito si osserva che detto argomento vede progressivamente erodere la sua apparente graniticità atteso che è noto che negli ultimi anni, con il progressivo affinamento dottrinario e giurisprudenziale in materia anche da parte della Corte di Cassazione, emergono sempre più casi in cui il procedimento sommario per convalida si esaurisce definitiva- mente in tale fase sicché eventuali doglianze verso un siffatto provve- dimento vanno fatte valere con il rimedio dell’appello; si tratta dei casi in cui vi sia pronuncia sulla giurisdi- zione oppure sulla competenza terri- toriale funzionale locatizia, oppure ancora sulla capacità e legittima- zione delle parti, sull’interesse ad agire, sull’esistenza di un ritardo nel pagamento dei canoni locatizi inferio- re ai venti giorni ex art. 5 legge L. n. 392/78, sull’esistenza di debiti da parte del conduttore non rientranti però nella morosità rilevante ai fini del procedimento di convalida, ed altri casi via via emergenti dalla casi- stica giurisprudenziale. In argomento
v. per tutte Cass. n. 12979/010 e n.
15353/06.
Ma la questione presenta risvolti ancor più paradossali nella contem- poraneità giuridica in quanto ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010 sulla mediazio- ne obbligatoria come modificato dal- l’art. 84 del D.L n. 69/2013 convertito con modificazioni in legge n. 98/2913 in vigore dal 21 settembre 2013 (dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale) sussiste l’obbligo da
parte del giudice dell’invio delle parti in mediazione quando il rapporto è di locazione. Orbene, in casi come quello in esame il giudice dopo aver dato ingresso al giudizio di merito motivandolo con il fatto che in ogni caso “si verte in materia locatizia” non potrebbe far altro che inviare le parti in mediazione in quanto la legge la prevede a pena di improcedibilità della domanda, il paradosso sta in ciò: il giudice denega l’ordinanza di rilascio oppure non convalida la inti- mazione di sfratto pur in assenza del- l’intimato stante la questione di nullità del contratto locatizio rilevabile dalla stessa prospettazione della parte inti- mante che allega l’esistenza di un contratto verbale ma, poiché muta il rito in quello “locatizio”, non può non trarne la dovuta conseguenza circa l’obbligo di invio in mediazione; quan- do la causa dovesse tornare davanti a sé il giudice statuirà in sentenza che il rapporto non è locativo e per- tanto non potrà che rigettare ogni domanda introdotta nel presupposto dell’esistenza di un valido rapporto locatizio.
Un tale iter processuale appare fran-
camente illogico ed astruso, destina- to a procedere “a vuoto”, senza nes- suna seria prospettiva, neppure in astratto, di condurre ad una decisio- ne definitiva sul rapporto sostanziale intercorrente tra le parti; procedimen- to che in quanto tale necessità di una lettura costituzionalmente orientata che eviti, tra l’altro, il mutarsi di una durata irragionevole del processo (art. 111 Cost.) sia con riferimento allo specifico procedimento sia con riferimento sulla incidenza negativa sul ruolo istruttorio del giudice che
viene gravato della trattazione di un procedimento inutile e vano sin dal suo inizio.
Da ultimo, non può non rilevarsi che l’istaurazione del processo di merito manifesta ancor più tutta la sua inuti- lità funzionale sotto un altro profilo: è noto che costituisce opinio-ne ampia- mente diffusa in dottrina ed in giuri- sprudenza (condivisa da que-sto giu- dice) quella secondo cui sono inam- missibili nel giudizio di merito post procedimento sommario di inti- mazione di sfratto le domande nuo- ve, tra cui rientra quella relativa alla occupazione senza titolo. Dunque, anche dando avvio al giudizio di merito, ne consegue che lo “pseudo locatore” non potrebbe introdurre una siffatta nuova domanda.
Il dogma secondo cui il procedimen-
to sommario non può avere termine senza dare inizio ad un giudizio di merito vede altra incrinatura sia pur sotto autonomo profilo a cui qui si accenna per completezza di indagi- ne. Nel novembre 2013 l’Osserva- torio sulla giustizia civile di Bologna) un Protocollo di intesa tra giudici ed avvocati avente valore di c.d. “buone prassi”, gestionali condivise del processo civile in base al quale per quel che qui interessa, il proce- di-mento per convalida di sfratto ter- mina definitivamente nelle ipotesi in cui la notifica all’intimato sia avve- nuta ex art. 143 c.p.c.; presso tale Tribunale pertanto il locatore dovrà dare inizio ad un autonomo giudizio di merito.
In definitiva, nel caso in esame si è
verificato un uso distorto di un proce- dimento sommario/speciale che deve essere come tale processualmente
tombato.
Alla luce di tutto quanto sopra espo- sto deve pronunciarsi la inammissibi- lità del procedimento di intimazione di sfratto con definitiva chiusura del procedimento.
2. Trattandosi di provvedimento che definisce il procedimento va disposto sulle spese di lite; esse vanno com- pensate per la metà stanti le diverse
pronunce giurisprudenziali in argo- mento e dunque l’esistenza di un certo grado di novità della presente decisione.
P.Q.M.
- dichiara inammissibile l’intimazione di sfratto per morosità proposta dalla
s.r.l. nei confronti della s.r.l. in relazio- ne all’immobile sito in Roma dichiara definito. Il presente procedimento e
condanna parte intimante al paga- mento della metà delle spese di lite che si liquidano in euro 450,00 per compenso professionale oltre rimbor- so forfetario 15% per spese generali, Iva e Cpa nella misura di legge. Dichiara compensata l’altra metà delle spese;
- la Cancelleria comunichi alle parti il presente provvedimento.