PRIMO RAPPORTO
PRIMO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO
PRIMO RAPPORTO
SULLA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO
Questo Rapporto è frutto della collaborazione tra l’area delle Politiche contrattuali della Cgil nazionale e la Fondazione Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx (Fdv).
Il gruppo di lavoro è stato composto da Xxxxxx Xxxxxxx (Segretario confederale), Xxxxxxx Xxxxxxxxxx (Coordinatore dell’area), Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, e da Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (ricercatrice), per la Cgil nazionale; da Xxxxxx Xxxxxxx (presidente), Xxxxx Xx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx (ricercatori), per la Fdv.
Il coordinamento scientifico dell’indagine si deve principalmente a Beppe De Sario e a Xxxxx Xxxxxxxx.
La ricerca e l’acquisizione degli accordi si deve all’area delle Politiche contrattuali Cgil, e in particolare a Xxxxxx Xxxxxxxxx.
La Fdv ha realizzato e messo a disposizione l’applicativo informatico per l’inserimento e l’archiviazione degli accordi analizzati.
La classificazione degli accordi e l’elaborazione statistica dei dati sono da attribuire a Xxxxxxxxx Xxxxxxxx. La stesura del Rapporto è stata curata da Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx.
Gennaio 2019
Fondazione Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx Xxx X.Xxxxxxxxx, 0/x
00000 Xxxx xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
Indice
Presentazione 4
Introduzione al Rapporto 8
Aspetti Generali 14
Focus Aziende 23
Aree Tematiche 26
1. Aspetti contrattuali generali 29
2. Relazioni e Diritti Sindacali 30
Coinvolgimento e Partecipazione 32
Bilateralità 35
3. Trattamento economico 39
Retribuzione Variabile e Premio di Risultato 41
Focus su Premio di Risultato 44
4. Orario di lavoro 51
5. Organizzazione del lavoro 54
6. Inquadramento e Formazione 57
7. Occupazione e rapporto di lavoro 59
8. Ambiente Salute e Sicurezza 64
9. Welfare integrativo 67
10. Diritti e prestazioni sociali 73
11. Politiche aziendali e crisi industriali 76
Accordi Difensivi 78
Uno sguardo d’insieme: analisi esplorativa e multivariata 81
Allegato 1- Nota Metodologica 85
Allegato 2- Griglia tematica con distribuzioni 90
Presentazione
Xxxxxx Xxxxxxx
(Segretario confederale Cgil nazionale)
Attrezzare la Cgil con uno strumento di lettura ragionata degli accordi di secondo livello è una condizione indispensabile per misurare la capacità della nostra organizzazione di essere conseguente con i propri indirizzi e obiettivi programmatici. Inaugurare questo strumento in occasione del Congresso Nazionale rappresenta, poi, una preziosa opportunità per offrire al dibattito un ancoraggio maggiore alla realtà concreta, tanto più che l'intero percorso congressuale ha ribadito quanto la contrattazione rappresenti il cuore della funzione sindacale nel nostro Paese.
Gli anni che abbiamo alle spalle, soprattutto nell’ultimo mandato congressuale, sono stati caratterizzati da una grande attenzione al tema della contrattazione, entrato con forza anche nel dibattito politico nazionale. Sono stati gli anni del Governo Xxxxx, con il Premier che minacciava un intervento legislativo qualora le parti sociali non fossero stati in grado di “riformare” la contrattazione. Le parti sociali – dal canto loro – si presentavano divise, con differenze marcate, non solo tra i sindacati, ma con le stesse associazioni di rappresentanza datoriale. In quella fase, riformare la contrattazione era inteso, per la maggior parte degli interlocutori, come un depotenziamento del Contratto Collettivo Nazionale, in favore di un maggior peso della contrattazione di prossimità, in particolare, quella aziendale. Difficile nascondere che questa posizione fosse caratterizzata da una significativa componente “ideologica”, oltre all’esplicito obiettivo di indebolire la funzione centrale del sindacato confederale; poiché, alla prova dei fatti, la contrattazione di secondo livello continuava (e continua) a risultare limitata a un quinto della platea complessiva delle imprese di tutti i settori. Ridurre il peso del Ccnl, in tale contesto, avrebbe pertanto significato (e significherebbe), esporre l’80% del mondo del lavoro al rischio di marginalizzazione, in un mercato del lavoro sempre più duale.
Nella sorpresa di tutti, e contrariamente alle previsioni, Cgil-Cisl-Uil definiscono a gennaio 2016 una propria ed autonoma posizione sulla contrattazione, nel quadro di una proposta più generale per un moderno sistema di relazioni industriali. Quella posizione definisce la più giusta interpretazione di un sistema contrattuale, la cui forza e potenzialità sta nella più efficace integrazione tra livello nazionale e secondo livello, smentendo la rappresentazione di un sindacato confederale diviso dalla contrapposizione sul peso da assegnare a ognuno di questi due livelli. Una contrapposizione difficile da essere immaginata da parte di chi, tutti i giorni, diversamente da politici, economisti ed accademici, pratica concretamente l’esercizio della rappresentanza e della tutela del lavoro, in tutte le sue forme, antiche e moderne.
Il secondo livello parla del lavoro nella sua concreta condizione, di come viene organizzato, delle condizioni nelle quali si svolge, di quanto viene valorizzato e remunerato. Il secondo livello è quello nel quale la dignità del lavoro e delle persone assume connotati sempre più soggettivi ed è, dunque, il terreno sul quale il sindacato è chiamato a costruire i nessi di coerenza tra le tutele generali acquisite dalla contrattazione collettiva e la storia quotidiana delle donne e degli uomini
vissuta sul luogo del lavoro. Nessun sindacalista, pienamente consapevole della propria funzione, potrebbe considerare la contrattazione di secondo livello un optional, ma il vero cuore della propria missione.
Proprio in virtù di questa consapevolezza, la Confederazione ha deciso di accendere un riflettore e piazzare una lente di ingrandimento sulla contrattazione di secondo livello in essere, per capirne quantità e qualità. Questo Xxxxx rapporto sulla contrattazione di secondo livello, realizzato, ovviamente, su un campione di accordi, ma sicuramente significativo, intende rispondere a questa esigenza e provare a rendere strutturale una modalità di lavoro all’interno della nostra organizzazione.
Si tratta, innanzitutto, di misurare la distanza tra il dire e il fare. Buona parte delle nostre discussioni, riunioni delle aree di lavoro, degli organismi dirigenti, dei congressi, è dedicata a dire e ripetere quel che dovremmo essere e dovremmo fare, a formulare obiettivi e da un po’ di anni a questa parte, in questa discussione hanno assunto sempre più peso temi quali confederalità, intercategorialità, nella consapevolezza che le profonde trasformazioni che hanno investito il mondo del lavoro e il sistema delle imprese rendono sempre meno possibile esercitare la funzione di tutela e rappresentanza in una mera ottica categorialistica, continuando a vivere tra perimetri e recinti, che offrono la foto ingiallita di un mondo sempre meno coincidente con la realtà. Una realtà nella quale appalti, esternalizzazioni, lavoro autonomo e pseudo-autonomo, telelavoro, fino al più recente “ciclo-lavoro” (riders) e molto altro impongono la capacità di mettere in campo un nuovo progetto di contrattazione, anche al secondo livello, che attraversi la dimensione aziendale, di sito, fino al territorio e, quindi, veda in campo protagonisti diversi (categorie e strutture confederali). Di questo molto si discute, ma molto meno si pratica, anche perché non hanno aiutato gli anni di crisi che abbiamo alle spalle, che come sempre alimentano posizioni difensive, per loro natura molto settoriali e anche perché il cambio di paradigma culturale, imposto dalle nuove sfide, incontra difficoltà diffuse nei gruppi dirigenti a tutti i livelli, una difficoltà a ridefinire una nuova nozione e nuova pratica della confederalità nel terzo millennio.
In questo quadro, appare utile l’intreccio con l’Osservatorio sulla contrattazione sociale, gestito dallo Spi e l’area Politiche sociali della Cgil, che il Rapporto considera parte integrante dell’analisi complessiva e delle riflessioni che conseguentemente il Rapporto può sollecitare.
Ancor di più appare utile scavare nei contenuti e risultati della contrattazione di secondo livello; e in questo quadro gli accordi esaminati costituiscono i tasselli di un puzzle con molte luci e ombre, ma che, nell’insieme, autorizzano a pensare in positivo sui possibili sviluppi del nostro lavoro futuro.
Intanto, vi è un primo dato sul quale riflettere, se assumiamo l’obiettivo di perseguire una maggior diffusione del secondo livello di contrattazione. Il bilancio del decennio della detassazione dei premi di produttività, sulla base di una norma pensata proprio per incentivare questo livello di contrattazione, non ha prodotto modifiche sostanziali, salvo, in parte relativa, per i settori manifatturieri. Dopo dieci anni di detassazione, la contrattazione di secondo livello è rimasta sostanzialmente ferma al palo del 20%. Quale significato può assumere questo dato? Sicuramente, più di uno, ma quello più vicino alla realtà non può che riferirsi al vero motore della contrattazione, che agisce come leva per la redistribuzione della ricchezza prodotta, sia in termini di reddito del lavoro, che delle condizioni del lavoro. Se non c'è produzione di ricchezza, o di nuova ricchezza, se non sono in campo politiche per la crescita economica e produttiva, è chiaro che anche la contrattazione langue e a poco vale il “doping contrattuale”, quale potrebbe essere la misura della detassazione.
Del resto, la riprova sta nel fatto che quella norma avrebbe dovuto avere, anzi, avrebbe in natura un nesso con la produttività, dato che prevede un vantaggio fiscale per i premi di produttività, cioè degli incrementi di produttività. Però, si continua a sostenere l’esistenza di un gap di produttività tra il nostro sistema e quello dei Paesi competitori, il che conferma non solo l’inefficacia della norma per il conseguimento dell’obiettivo, e non era difficile immaginarlo, dato che il deficit di produttività dei nostri sistemi non deriva, in primo luogo, da una bassa produttività del lavoro, ma dalle tante diseconomie esterne e dalla carenza di investimenti per l’innovazione. Ma si conferma anche che la contrattazione di secondo livello non viene ancora concepita come una leva sulla quale agire per produrre le necessarie innovazioni nei processi organizzativi del lavoro e delle imprese, sprecando, quindi, la grande opportunità che essa rappresenta, anche per traguardare nuovi livelli di relazioni, come quelli legati alla partecipazione, che non può essere relegata a semplice formalità comunicativa.
I dati contenuti nel rapporto testimoniano di tentativi importanti di andare oltre la prassi abituale, con esperienze più avanzate. Ma sono altrettanto evidenti alcune difficoltà sulle quali occorre davvero intervenire, per evitare veri e propri rischi di polarizzazione.
Innanzitutto, la dimensione territoriale, con un Sud sempre più a rischio di marginalizzazione. Se la contrattazione di secondo livello perdesse quella sua potenziale funzione di motore per lo sviluppo e si esaurisse nella sola o prevalente funzione di redistribuzione del reddito, attraverso i premi di risultato, è chiaro che il Mezzogiorno verrebbe tagliato fuori o, al massimo, quel rischio polarizzazione si tradurrebbe in un pericoloso dualismo, con il Sud condannato alle deroghe contrattuali e il Nord destinatario della ripartizione delle risorse.
Ma anche il processo redistributivo dovrebbe misurarsi con contraddizioni crescenti, come quella sempre più in uso di usare la detassazione come forma impropria di riduzione del costo del lavoro, in particolare attraverso il ricorso a soluzioni sempre più diffuse di welfare contrattuale. E anche in questo caso, il rischio polarizzazione non sarebbe solo tra Nord e Sud, ma nelle stesse aree forti del lavoro, dove si evince che i maggiori destinatari dei vantaggi fiscali legati al welfare contrattuale sono soprattutto i settori economicamente forti e, al loro interno, le qualifiche più alte.
Non è compito di questa presentazione entrare nel dettaglio del rapporto, il lettore potrà orientarsi nella sua lettura, attraversandone il percorso, sulla base di interessi e curiosità parziali o generali. Ma quello che emerge in tutta evidenza è la necessità che l’intera organizzazione si interroghi sul peso reale che la contrattazione di secondo livello esercita nell’azione sindacale concreta, poiché non vi è dubbio che essa rappresenti il vero terreno sul quale intervenire per migliorare la condizione reale delle persone che lavorano. E si tratta di un investimento politico e sindacale ancora più complesso del passato, perché, se è vero che l’obiettivo, come ieri, è ricostruire la capacità del sindacato di contrattare l’organizzazione del lavoro, farlo oggi significa assumere fino in fondo il cambiamento profondo della natura del lavoro. Basterebbe fare l’esempio dell'orario di lavoro. Oggi, come ieri, si tratta di respingere il tentativo di buona parte delle imprese di determinare un aumento dell’orario di lavoro, quale terreno di incremento della produttività (politica dimostratasi sbagliata e inefficace). Il punto è che oggi il governo degli orari deve incrociare gli effetti derivanti dal progressivo ingresso delle moderne tecnologie, che determineranno una riduzione quantitativa del lavoro disponibile (e la nascita di nuovi lavori, che non sembrano però compensare la diminuzione prodotta). Pertanto, il governo degli orari, oggi, deve affrontare la grande sfida della sua redistribuzione e riduzione, peraltro, a parità di salario. Ma non è solo il tema della sua redistribuzione quantitativa, poiché si pone come sempre più urgente l’obiettivo generalizzato della conciliazione dei tempi, in particolar modo a fronte
della presenza femminile e, in ogni caso, quale condizione per favorire l’occupazione femminile. Il Rapporto, a questo proposito, offre alla riflessione alcune esperienze che se, da un lato, evidenziano i limiti ancora presenti, dall’altro dimostrano che è possibile ottenere risultati significativi.
Ma tutto questo non porta che a confermare la necessità di fare sempre più contrattazione di secondo livello, anche per dare più forza alla contrattazione collettiva, della quale il secondo livello assumerebbe la funzione di prezioso laboratorio.
Il Rapporto sulla contrattazione di secondo livello, alla sua prima edizione, si propone di essere anche un metodo di lavoro, oltre che una fonte di documentazione. Dobbiamo ammettere che non è stato semplice, perché non esiste una prassi consolidata di socializzazione e diffusione degli accordi, atteggiamento che per anni ha reso anche difficile l’attività dell'Osservatorio nazionale della contrattazione. Anche questa resistenza alla socializzazione degli accordi siglati è la dimostrazione di una certa resistenza alla collegialità del lavoro, al suo carattere intercategoriale, come se la contrattazione di secondo livello definisse il perimetro di una sovranità categoriale off limit. Non vogliamo pensare si tratti di una sorta di autocensura, per evitare di esporre al confronto collettivo, risultati contrattuali, spesso frutto di spiccate peculiarità settoriali o aziendali e, pertanto, non sempre immediatamente comprensibili a coloro che sono estranei a quelle specifiche realtà.
Al contrario, la socializzazione delle esperienze e dei risultati acquisiti attraverso questi accordi rappresenta una preziosa condizione per una crescita collettiva dell’intero gruppo dirigente, come sempre è stato. Molti di noi ricordano, come importanti per la loro crescita, gli incontri di fine giornata, presso la lega di zona o la Camera del Lavoro, nei quali venivano scambiate le esperienze svolte durante la giornata, gli incontri con le aziende, le trattative per gli integrativi, le assemblee e tutto questo costituiva un patrimonio collettivo, uno scambio di esperienze e conoscenze, dove non si trattava di distribuire voti, ma cogliere limiti e potenzialità della nostra azione, per determinare una continua crescita della forza e della qualità contrattuale.
Così oggi deve essere, tant’è che il Rapporto va inteso anche come un arricchimento della cassetta degli arnesi e in questo senso proponiamo che costituisca un appuntamento annuale del nostro lavoro, per monitorare l’evoluzione della contrattazione di secondo livello. Dovremo proporci di seguire il percorso negoziale delle imprese che già fanno parte del campione analizzato e, contemporaneamente, recuperare le possibili lacune dello stesso campione, qualora si presentasse necessario, sia sul piano settoriale che territoriale.
Questo Primo rapporto è stato possibile anche per la proficua collaborazione con la Fondazione Xx Xxxxxxxx e l’ottimo lavoro delle compagne e compagni che ne hanno curato la stesura. Sarà necessario non disperdere il valore di questo team, per poter dare continuità a una iniziativa che è parte integrante del lavoro complessivo sulle politiche contrattuali, svolto dalla Segreteria confederale e dall’area Contrattazione in questo mandato congressuale. A tutte le compagne e i compagni che hanno partecipato con passione a questo lavoro va il ringraziamento della Segreteria nazionale della Cgil.
Introduzione al Rapporto
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx
Per quanto il raggio d’azione sindacale possa essersi col tempo dilatato e differenziato sotto il profilo delle sue funzioni e sfere di influenza, la contrattazione collettiva permane quale principale terreno elettivo, e autentico core business, nel quale dispiegare la sua più essenziale ragion d’essere. È infatti nella contrattazione che, in definitiva, finisce col convogliarsi la gran parte degli sforzi rivolti al conseguimento della rappresentanza e dell’organizzazione sindacale del mondo del lavoro. Vale a dire avere voce ed esercitare un controllo sulle condizioni di lavoro, individuali e collettive, al fine di sottrarle al potere altrimenti unilaterale e discrezionale dei datori di lavoro; e di rendere piuttosto tali condizioni il terreno sul quale conseguire forme e assetti più avanzati, sotto il profilo del riconoscimento, dell’inclusione, della libertà e dei diritti nel lavoro, del coinvolgimento partecipativo e della democrazia nel luogo di lavoro, nell’impresa, fino all’economia nel suo complesso.
La contrattazione collettiva, quale processo ed esito del confronto fra la parti sociali, è da sempre il cardine di un maturo sistema di relazioni industriali. A maggior ragione per un modello come quello italiano, peculiarmente contraddistinto da un debole grado di giuridificazione legale, e da un primato quasi esclusivo dell’autonomia collettiva, quanto meno nei settori privati. Un modello articolato su due livelli principali, nel quale il contratto nazionale ha esercitato e continua nel complesso a esercitare una funzione primaria di coordinamento e organizzazione, rispetto a una contrattazione decentrata, aziendale o territoriale, delegata oggi a espandere quantitativamente e qualitativamente le sue prerogative, sia pure nei limiti e sulle materie indicate dal contratto di settore. Ciò è avvenuto anche a dispetto di spinte che pure, in questi anni difficili, hanno postulato e in taluni casi imposto, forme di decentramento disorganizzato. Al preciso scopo di determinarne una sostanziale e definitiva erosione del coordinamento centralizzato verso una aziendalizzazione nella quale i rapporti di lavoro possano oramai rispecchiare esclusivamente le logiche e gli imperativi del mercato. È stato il caso di altri paesi che come e più di noi hanno dovuto fare i conti con una crisi particolarmente acuta e prolungata, e rispetto ai quali, tuttavia, si è qui saputo impedire lo sfondamento, salvaguardando – sia pure emendati – il principio e la prassi dei due livelli, con quello nazionale di settore a esercitare ancora la funzione maggiore, nel coordinamento e nell’indirizzo generale. Il T.U. del 2014 e l’accordo interconfederale del marzo 2018 ne sono un’attestazione. Fra lettere della BCE, art. 8, modello FCA e Jobs Act – fra contrattazione di prossimità in piena deroga ed equivalenza fra i vari livelli contrattuali – non era scontato.
Conoscere, come è noto, è condizione necessaria e indispensabile affinché il sindacato possa meglio disporre e dispiegare il proprio repertorio strategico e tattico, verificarne in concreto l’efficacia e l’effettività. E con esse, la corrispondenza fra gli indirizzi assunti nelle sedi centrali dell’organizzazione e le ricadute reali con cui essi vengono recepiti e posti in essere ai livelli decentrati della struttura. Occorre capire cosa ha funzionato, e cosa meno. E dunque, conseguentemente, sapersi attrezzare a risolvere in un modo o nell’altro l’eventuale divario creatosi, facendo in modo che dal feedback conoscitivo ricevuto possano scaturire indicazioni preziose per le successive tornate in cui redigere nuove agende rivendicative e piattaforme negoziali.
È per queste ragioni che, a un sindacato confederale, non può sfuggire la necessità di disporre di informazioni ricche e circostanziate su quanto accade in quello che abbiamo descritto quale il suo più tradizionale core business: la contrattazione collettiva. Nelle aziende, nei territori. Fino a tempi recenti avremmo potuto dire che lo scenario a livello nazionale di categoria era sostanzialmente sotto controllo, per numero, copertura attori e contenuti. E che era a livello decentrato che si avvertiva l’esigenza di una migliore conoscenza su ciascuno di quei versanti. Oggi, le cose si sono fatte più complicate. Mentre infatti permane la richiesta di una maggiore informazione su quanto accade in aziende e territori, anche a livello nazionale – un tempo ritenuto presidio pressoché esclusivo per le organizzazioni storiche dell’associazionismo sindacale e datoriale – si registra una preoccupante tendenza alla proliferazione di sigle e accordi di sigle e accordi, sulle cui conseguenze al momento limitate occorrerà vigilare ed eventualmente porre delle contromisure.
Ma è della contrattazione decentrata che qui vogliamo parlare. Oltre a ragionarci per le sue implicazioni giuridiche e sindacali, è necessario conoscerne concretamente peso e natura, a partire dal suo grado di copertura, dai suoi contenuti e, possibilmente, mediante metodi qualitativi di indagine, dalle sue dinamiche reali. Fra le conseguenze sia pure secondarie del volontarismo che caratterizza il nostro sistema delle relazioni industriali, vi è tradizionalmente quella di non potere disporre di dati precisi che, in sistemi più legificati del nostro, consentono un’archiviazione e un monitoraggio esaustivo dell’universo negoziale: numero, copertura, materie, presenza o meno di clausole di apertura o in deroga. E prima ancora, degli attori stipulanti, sotto il profilo della loro rappresentatività, in termine di iscritti e di voti, al fine di accreditarne il potere certificato di negoziare accordi vincolanti. Xxxxxxx, le nostre, alle origini di alcune fra le maggiori criticità rilevate in questi ultimi anni, e rispetto alle quali il settore pubblico per legge, e i settori privati mediante accordi interconfederali, hanno mirato a porre rimedio, col diverso grado di efficacia e di esigibilità che si confà ai due diversi sistemi e fonti regolative.
In assenza di norme pubblicistiche che obblighino gli attori negoziali di livello decentrato a depositare i testi degli accordi stipulati, da varie parti è sorta l’esigenza di porvi rimedio, provvedendo autonomamente, tramite le proprie fonti interne o quanto oggi reso disponibile dalla rete, a costruire propri archivi della contrattazione, e in special modo di quella decentrata. Resa più opaca di quella nazionale, per l’ovvia ragione del suo esorbitante numero e l’estrema varietà e complessità di contesti dai quali essa scaturisce. Il CNEL, organo di rilievo costituzionale, ha da tempo perseguito questo obiettivo, provando a farne uno dei maggiori terreni sui quali riqualificare e posizionare il proprio ruolo, anche in virtù di rimandi espliciti che in tal senso provengono dagli importanti accordi interconfederali su rappresentanza e contrattazione stipulati negli ultimi anni. Enti di ricerca pubblici (INAPP e ANPAL) e privati (Adapt) hanno anch’essi avviato una propria attività di monitoraggio, come pure alcuni dipartimenti universitari, nelle facoltà di diritto di Bari o Brescia, per citarne solo alcuni. Anche le parti sociali si sono dotate di propri osservatori e archivi, a livello nazionale confederale, su cui spicca ormai da qualche anno il lavoro svolto per la Cisl dall’Ocsel, giunto alla quarta edizione, e più di recente quello della UIL; regionale, dove sono stati molto attivi gli IRES di Lombardia (in passato), Veneto, Piemonte ed Xxxxxx Xxxxxxx; settoriale, come nel caso della Flai-Cgil.
L’Archivio Cgil della contrattazione decentrata
La Cgil ha anch’essa provveduto a dotarsi di un proprio osservatorio della contrattazione di II livello. Dopo la pubblicazione di un rapporto nel 2008, relativo all’intero decennio precedente, ha di fatto ridotto la sistematicità del suo monitoraggio. Ora, grazie ad una nuova e più intensa sinergia fra il Centro confederale (Area politiche contrattuali) e la Fondazione Xx Xxxxxxxx (Fdv),
si è finalmente riusciti a ripristinare un presidio stabile e significativo su questo tema cruciale, istituendo un proprio osservatorio congiunto in grado di redigere un primo rapporto sulla contrattazione decentrata, di cui qui si presentano i risultati.
La sua elaborazione ha richiesto un anno di impegno, e possiamo ora offrire uno strumento di approfondimento e riflessione che ci auspichiamo possa migliorare la conoscenza dello stato dell’arte, e con essa il lavoro delle parti sociali, dei vari policy makers, degli esperti che studiano queste materie.
L’archivio Fdv-Cgil degli accordi avvia un percorso di raccolta sistematica e analisi della contrattazione decentrata. L’obiettivo è realizzare un sistema informativo con caratteristiche di sistematicità, standardizzazione, integrazione orizzontale e verticale. Le caratteristiche dello strumento sono infatti la dimensione multilivello (vale a dire un impianto che integri l’azione negoziale delle strutture sindacali di diverso livello e delle rappresentanze nei luoghi di lavoro) e il suo basarsi su modalità di raccolta, selezione, archiviazione e analisi da svolgere con cadenza regolare e continuativa, riguardanti informazioni pre-identificate come rilevanti ai fini dell’analisi. Per realizzare lo schema di classificazione alla base del presente Rapporto si è proceduto a un confronto preliminare con gli schemi già adottati o utilizzati da altri enti, soggetti di ricerca od organizzazioni sindacali nello studio della contrattazione. A queste fonti si è affiancata naturalmente la considerazione delle tendenze più recenti della contrattazione stessa, rilevabili direttamente dai protagonisti sindacali, dal dibattito scientifico e dalla pubblicistica. Da qui derivano gli innesti più attualizzanti nello schema di classificazione, ad esempio rispetto al welfare integrativo, a relazioni sindacali partecipative, all’innovazione organizzativa.
Oltre che naturalmente una reportistica periodica – sia di taglio generale sia specifica per singoli temi di approfondimento – l’archivio intende offrire una base di conoscenza strutturata e costantemente interrogabile utile all’attuazione delle scelte sindacali, anche di natura strategica.
Questo Xxxxx rapporto adotta soprattutto un approccio quantitativo “a tappeto”, che a partire dai testi ha esplorato i temi contrattati nel periodo, le caratteristiche delle aziende protagoniste e degli attori sindacali impegnati nella contrattazione. Si tratta di una ricognizione capillare che consentirà con il tempo di affinare il processo e gli strumenti di acquisizione e di analisi dei documenti, in vista della prossima edizione del Rapporto e di approfondimenti e focus qualitativi, anche in relazione alle prassi della contrattazione stessa e ai suoi effetti nel processo lavorativo e in quello produttivo.
Le caratteristiche generali della contrattazione
Gli accordi presi a riferimento nel corso dell’analisi sono complessivamente 1.700, frutto di una selezione ragionata in base a tipo di accordo, anno di stipula, zona geografica e categoria firmataria. È stato così ottenuto un insieme di accordi suddivisi tra aziendali – siglati da imprese singole, gruppi o unità produttive – e territoriali, perlopiù provinciali. L’analisi ha considerato un ciclo temporale di tre anni compreso tra il 2015 e il 2017, sulla base dell’anno di stipula.
Rispetto alla dimensione geografica, le regioni del nord sono le più prolifiche dal punto di vista contrattuale, in particolare spiccano Xxxxxx Xxxxxxx, Lombardia e Piemonte; segue il centro trascinato da Toscana e Lazio e infine il Sud il cui apporto è nel complesso più limitato. Assai consistente la presenza di aziende “multiterritoriali”, ovvero attive in più regioni o sul piano nazionale.
Per quanto riguarda le parti firmatarie la quasi totalità degli accordi considerati porta la firma delle categorie di Cgil, Cisl e Uil, ma sono frequenti anche i documenti siglati da sindacati di base e autonomi di categoria. Le singole federazioni sono state rappresentate in maniera piuttosto equilibrata, con la sola eccezione di Nidil e strutture confederali che presentano quote inferiori di accordi.
Mentre la distribuzione degli accordi aziendali rispetto alle categorie segue un andamento abbastanza equilibrato, la maggior parte dei territoriali è stata firmato soprattutto da Flai e Fillea per la specifica natura della contrattazione di secondo livello che coinvolge i settori di riferimento.
A partire dalle categorie sindacali firmatarie e in base al settore Ateco dell’azienda, è stato possibile definire anche il settore di pertinenza dell’accordo, riconducibili a 5 macro settori così ordinati: manifattura, terziario, servizi pubblico e agricoltura. Un’ulteriore informazione ricavata dalle aziende è stata il numero di occupati, a partire dal quale sono state definite le classi di dimensione aziendale; le piccole imprese (fino a 49 addetti) sono le meno ricorrenti mentre le distribuzioni di medio e grandi imprese sono più equilibrate.
I principali temi contrattati
Al di là delle caratteristiche generali degli accordi, ampiamente descritte nella prima parte del Rapporto, il fulcro dell’analisi si concentra sulle 11 aree tematiche principali e sui relativi istituti e norme specifiche. In generale l’area più ricorrente è quella del trattamento economico, con particolare riferimento all’istituto del Premio di risultato (Pdr). La questione specifica che riguarda il tema del premio, e che in parte ne determina anche la notevole ricorrenza, è la possibilità di detassare l’importo erogato grazie alla legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016); di fatto oltre tre quarti degli accordi sul premio analizzati prevede un riferimento alla detassazione. Ciononostante, appaiono evidenti differenze qualitative e quantitative: il Pdr è presente più diffusamente negli accordi delle imprese del Nord, in quelle manifatturiere e in quelle di più grandi dimensioni. L’entità media del premio massimo erogabile – per gli accordi analizzati si attesta intorno ai 1.400 euro – mostra ugualmente differenze territoriali, dimensionali e di settore
– a vantaggio di imprese multi-territoriali, più grandi e del terziario. A questo si intreccia la diversa articolazione dei criteri per la determinazione degli obiettivi da conseguire: di fatto la leva principale sembra essere quella dei parametri improntati a redditività, produttività e presenza, mentre più limitati sono fattori quali la partecipazione dei lavoratori, l’efficienza e l’innovazione. La tendenza alla differenziazione degli approcci si ripropone anche nella possibilità di convertire il premio in welfare, la quale in alcuni casi (specie nelle grandi aziende) si realizza in un’ampia scelta di beni, servizi e prestazioni, ma nella maggioranza dei casi si concentra su “equivalenti” salariali (buoni acquisto, “carrelli della spesa”). Peraltro, nei testi di accordo sono spesso trascurati i contenuti del paniere di welfare – ovvero la qualità sociale dell’offerta – e le modalità di erogazione, le quali di fatto non fanno parte dei temi negoziati e, presumibilmente, rientrano nelle prerogative delle funzioni aziendali di gestione del personale.
Su spinta della nuova normativa fiscale – sia quella riguardante il Pdr sia il Tuir che agli articoli 51 e 100 regola le erogazioni a beneficio dei lavoratori che non costituiscono reddito imponibile
– l’implementazione del Pdr si lega spesso a quella del welfare integrativo. Questo, nell'insieme – ovvero declinato come welfare aziendale e welfare di natura contrattuale – aumenta nel xxxxx xxxxx xxxx xxx 0,0%, fino a coinvolgere oltre un quarto degli accordi nel 2017.
Tuttavia va precisato che anche negli accordi più recenti diverse misure di welfare prescindono da legami con il premio – quindi in alternativa o in concomitanza con la conversione del Pdr –. Nel complesso, il welfare che emerge dalla contrattazione ha un profilo multidimensionale, non scevro da aspetti problematici: associato alle norme sulla detassazione del Pdr, ma anche erogato in continuità con specifiche “tradizioni” aziendali o grazie alle prestazioni offerte dalla bilateralità; diseguale nella sua diffusione (sia in quantità sia in qualità, specie in relazione alla dimensione dell’impresa); differenziato nelle funzioni che assolve (input nel benessere organizzativo e dei lavoratori, o fattore puramente “parasalariale”); associato o meno a un “ambiente contrattuale” coerente con le affermazioni di principio che di solito ne accompagnano l’introduzione, ad esempio legandosi – o meno – a interventi di innovazione organizzativa, a misure di conciliazione vita-lavoro e a norme migliorative della disciplina di permessi, congedi e aspettative. Peraltro, va sottolineato che non risultano esperienze di integrazione con il welfare pubblico, o in generale di orientamento dell’offerta, se non nella possibilità di integrare mediante la dote di welfare i versamenti ai fondi previdenziali contrattuali.
Un altro aspetto assai ricorrente è quello legato a relazioni e diritti sindacali tra cui spicca la questione della partecipazione delle parti. In generale, le voci relative a coinvolgimento e partecipazione ricoprono una incidenza fra le più significative, nell’ambito dei rapporti sindacali negoziati a livello decentrato, aziendale e soprattutto territoriale. Quindi il tema del coinvolgimento e della partecipazione si conferma quale componente fondamentale dei sistemi aziendali e territoriali delle relazioni industriali anche se sarebbe necessario approfondire ulteriormente questo aspetto per potere capire quanto sia effettivo questo coinvolgimento e non una mera concessione formale. Appare del tutto marginale, invece, la ricorrenza di voci relative alla partecipazione diretta, sia economica che organizzativa.
Sempre nell’ambito delle relazioni industriali, anche la questione della bilateralità risulta preminente, rivelandosi un elemento trasversale e articolato in diversi istituti. Nel campione preso a riferimento, trattando di contrattazione decentrata, le ricorrenze relative alla voce bilateralità sono limitate quasi esclusivamente agli accordi territoriali e, di conseguenza, si concentrano nei settori della manifattura e dell’agricoltura.
Non stupisce che la terza area in termini di ricorrenze sia quella relativa all’orario di lavoro, anche se il tema si manifesta per lo più sui temi dell’orario aziendale, della turnistica, dello straordinario, del lavoro domenicale e festivo. Più rara la trattazione di forme e modalità flessibili di orario, peraltro più diffuse – relativamente – nelle aziende più grandi e nel settore manifatturiero.
L’area successiva verte su inquadramento – frequente in particolare tra gli accordi territoriali del settore agricolo – e formazione, molto diffusa anche se nella maggior parte dei casi si tratta di formazione professionale raramente orientata all’innovazione tecnologica od organizzativa.
Piuttosto ricorrente è anche l’area relativa a occupazione e rapporti di lavoro grazie soprattutto ai riferimenti alle diverse forme contrattuali utilizzate in azienda e alla loro regolazione. Ciò spicca sia nel settore agricolo che nel manifatturiero grazie all’apporto di temi come part time, apprendistato e soprattutto contratti a tempo determinato. Gli accordi territoriali del settore manifatturiero, in particolare dell’edilizia, trattano frequentemente anche di appalti. Circa un quarto degli accordi che trattano di forme contrattuali a termine si intrecciano a modalità e procedure per la stabilizzazione di questi contratti. Un’ultima considerazione può essere fatta rispetto agli accordi che trattano il tema del part time, di frequente legato alla possibilità di trasformare l’orario da tempo pieno a tempo parziale, considerata come misura di conciliazione vita-lavoro per le madri lavoratrici.
L’area relativa all’organizzazione del lavoro si declina in due istituti principali: prestazioni di lavoro, che si compone di norme piuttosto eterogenee, e assetto organizzativo le cui voci sono riconducibili perlopiù all’innovazione organizzativa. In linea generale, la trattazione contrattuale di temi relativi all’organizzazione del lavoro appare strettamente legata alle dimensioni aziendali: si ritrova all’incirca nella metà delle aziende con oltre 1.000 addetti, e in un quarto di quelle tra 50 e 249 addetti. Più in dettaglio, il gruppo di temi associabili all’innovazione organizzativa è assai più concentrato negli accordi stipulati da imprese di livello multiterritoriale o di gruppo, e istituti come team-working, smart-working e telelavoro coinvolgono principalmente aziende del settore terziario, seguito dalla manifattura.
Tra le macro aree meno ricorrenti c’è quella relativa a politiche industriali e crisi aziendali, caratterizzata da una certa eterogeneità interna: da una parte, infatti, ci sono i temi relativi ai piani industriali e ai riassetti produttivi, e dall’altra quelli relativi alle crisi aziendali e agli interventi sui lavoratori. I documenti che trattano di crisi aziendali sono i più numerosi dell’area e si tratta perlopiù di accordi difensivi; in particolare, gli interventi sui lavoratori sono molto frequenti nelle aziende che forniscono servizi – caratterizzate anche dai cambi appalti – e in parte nel terziario.
Al penultimo posto si colloca l’area relativa a diritti e prestazioni sociali, in cui spicca una netta differenziazione tra gli accordi territoriali e quelli aziendali; i primi infatti trattano soprattutto di infortuni e malattie, in maniera piuttosto prevedibile visto che sono principalmente accordi integrativi dei settori edile e agricolo. Le questioni relative a molestie e contrasto alle discriminazioni e pari opportunità sono prevalentemente trattate in accordi aziendali e riguardano soprattutto il settore pubblico e le aziende più grandi.
L’area ambiente, salute e sicurezza è quella che presenta il minor numero di ricorrenze, e questo è dovuto in parte alla forte regolazione sovra-aziendale di questa materia e, in secondo luogo, al carattere peculiare di questi temi, non del tutto circoscrivibile ai soli risvolti normativi inerenti la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ma necessariamente trasversale rispetto all’organizzazione del lavoro, ai ritmi, agli orari. Dall’analisi degli accordi emerge che gli aspetti preminenti di quest’area sono sostanzialmente due: la disegnazione e le prerogative dei rappresentanti sindacali, e quello della prevenzione, declinata perlopiù negli intenti di ottimizzazione dei sistemi di sicurezza.
Accanto al lavoro di analisi descrittiva si è cercato di delineare in maniera esplorativa un quadro delle possibili tipologie degli accordi, ovvero gruppi di documenti che si caratterizzano per una serie di caratteristiche e tematiche simili. Nell’ultima parte del Rapporto si approfondiscono quindi gli accordi di tipo prevalentemente economico, quelli orientati ai temi delle relazioni sindacali e industriali e quelli focalizzati su prestazioni lavorative e sociali. Questo è un primo tentativo di trascendere la semplice descrizione tematica e fornire al sindacato un contributo per riflettere e intervenire sulla prassi contrattuale.
Aspetti Generali
Le pagine che seguono affrontano le prime evidenze emerse dall’analisi degli accordi che costituiscono il database dell’Osservatorio Cgil sulla contrattazione di secondo livello. Per la costituzione di questo database sono stati complessivamente analizzati 2.165 testi, siglati in un periodo compreso tra il 2015 e il 2017, di cui ne sono stati inseriti 1.700. Circa il 21% degli accordi (465), quindi, non è stato considerato soprattutto perché si trattava di documenti precedenti al 2015. Va precisato che l’universo di riferimento non costituisce un campione rappresentativo degli accordi siglati nel periodo considerato, ma è frutto di una selezione ragionata in cui sono state considerate e bilanciate diverse caratteristiche (cfr. Nota metodologica).
Attraverso la selezione degli accordi, è stata stilata una lista che comprende tutti i documenti da esaminare, raggruppati per regione (in questo caso è stato considerato il luogo in cui l’accordo è stato siglato) e per federazione di categoria firmataria. Ognuno di questi accordi è stato letto per estrapolarne delle informazioni da inserire in una piattaforma informatica specificatamente progettata. Le informazioni ricavate possono essere così classificate:
- Informazioni di base: titolo, data di firma, tipo di accordo (territoriale, aziendale, altro) e specifica della tipologia a seconda che fosse territoriale (regionale, provinciale, altro) o aziendale (gruppo, azienda, unità produttiva);
- Ambito territoriale, inteso come territorio su cui gli effetti dell’accordo si riflettono;
- Dati su azienda e lavoratori, ricavati in maniera secondaria dalla piattaforma Aida – Bureau van Dijk: denominazione, forma societaria, partita Iva, codice Ateco, numero lavoratori con anno di rilevazione, nazionalità società controllante;
- Tematiche Contrattuali, definite dalle 11 macro-aree e dagli istituti e norme collegate;
- Parti firmatarie: tipologia parti firmatarie e parti sindacali.
Al termine della classificazione e dell’inserimento degli accordi è stato possibile scaricare un file dati utilizzato per elaborare le informazioni che vengono presentate nelle pagine che seguono.
Va precisato che quest’indagine sui temi della contrattazione di secondo livello riprende dopo diversi anni l’esperienza della Cgil in questo ambito di ricerca; l’unico precedente può rintracciarsi in un’indagine del 2008 che tratta di accordi siglati tra il 1996 e il 2006 realizzato dall’Osservatorio per la contrattazione decentrata.
Studi simili, come si diceva poc’anzi, vengono svolti fra gli altri da Ocsel e Adapt, giunti entrambe alla loro quarta edizione. La tabella che segue presenta un confronto sintetico tra alcuni di questi osservatori.
Rapporto | 1° Fdv-Cgil 2018 | 4° Ocsel-Cisl 2018 | 4° Adapt 2018 | Cgil 2008 |
Periodo di riferimento | 2015-17 | 2016-17 | 2017 | 1996-2006 |
Reperimento e Analisi degli accordi | Attraverso i siti delle federazioni e contatti diretti Lettura univoca degli accordi e inserimento dei temi in una piattaforma informatica | Accordi inseriti in una piattaforma informatica a livello decentrato dai sindacalisti territoriali referenti | Accordi reperiti dagli associati dell’organizzazione e tramite corrispondenza diretta con le XX.XX. territoriali. Letti e inseriti in una piattaforma informatica da alcuni ricercatori | Accordi classificati dall’osservatorio sulla contrattazione. Temi rilevati attraverso ricerca tematica degli aspetti considerati |
Caratteristiche del Campione (n. testi, aziende, ambito e addetti) | 1.700 di cui: - 1452 (85,4%) aziendali - 234 (13,8%) territoriali 706 aziende 1.110.000 addetti | 2.196 Solo aziendali 1078 aziende 928.260 addetti | 400 Solo aziendali (esclusi gli accordi gestionali come trasferimenti d’azienda, casse integrazioni, o contratti di solidarietà) | 6.601 di cui: - 6.414 (97%) aziendali o di gruppo - 187 (2,9%) territoriali |
Distribuzione per settore merceologico1 (primi tre, sul totale testi esaminati) | 1) Enti e istituzioni pubbliche 2) Commercio/turismo 3) Metalmeccanici | 1) Commercio 2) Chimici 3) Servizi NB: non include la PA | 1) Metalmeccanici 2) Credito/ Assicurazioni. 3) Terziario NB: non include la PA. Include alcuni focus su casi aziendali interessanti | 1) Metalmeccanici 2) Alimentaristi 3) Tessile |
Temi più trattati come media nel periodo considerato (frequenza % sul totale testi esaminati) | 1) Trattamento economico (63,7%) 2) Relazioni e diritti sindacali (53,4%) 3) Orario 31,2%) … … 9) Welfare integrativo (26%) 11) Crisi e pol. industr. (23%) | 1) Salario (40%) 2) Ristrutturazioni/crisi (39%) 3) Welfare (22%) 4) Diritti sindacali (17%) NB: Dati % medi, fra 2016 e 2017 | 1) Retribuzione (53% PdR) 2) Relazioni industriali (46%) 3) Org. lavoro (45%) 4) Welfare (43%) | 1) Trattamento economico (55%) 2) Rapporti sindacali (45,8%) 3) Orario (29,2%) 4) Org. lavoro (15%) … 12) Crisi aziendali (5,9%) |
1 Per consultare i criteri di costruzione dei settori merceologici e le relative categorie di riferimento degli stessi si rimanda alla Nota metodologica.
Passando ora alla descrizione delle caratteristiche del campione, la figura 1 mostra l’anno di stipula del documento, la cui ripartizione risulta sostanzialmente equilibrata tra il 2016 e 2017, con un numero inferiore di accordi siglati nel corso del 2015.
2017
38,6%
2015
21,5%
2016
39,9%
Figura 1 Anno di stipula del documento
Tutti i documenti sono stati inizialmente filtrati per tipo di accordo (Tab.1), aziendale o territoriale (con una quota residuale di altri tipi di accordi). Gli accordi aziendali sono stati divisi a seconda che si riferissero a gruppi, aziende singole o specifiche unità produttive (Tab.2), mentre quelli territoriali sono articolati in accordi provinciali – la maggior parte – e regionali (Tab.3).
Tabella 1 Tipologia documento
Val. Assoluti Val. %
Accordo/contratto aziendale | 1452 | 85,4% |
Accordi/contratti territoriali Altro (bilateralità, appalti) Totale | 234 | 13,8% |
14 | 0,8% | |
1700 | 100 |
Tabella 2 Tipologia accordo aziendale
Val. Assoluti Val. %
Gruppo | 454 | 31,4 |
Azienda | 887 | 61 |
Unità produttiva | 111 | 7,6 |
Totale | 1452 | 100 |
Tabella 3 Tipologia accordo territoriale
Val. Assoluti Val. %
Regionali | 72 | 31 |
Provinciali | 162 | 69 |
Totale | 234 | 100 |
Un altro aspetto posto in evidenza è la natura dell’accordo; come si può vedere dalla tabella 4, nella quasi totalità di casi sono stati inseriti rinnovi e integrativi di accordi già stipulati precedentemente. Oltre a questi compaiono anche una quota non marginale di documenti
“difensivi”, che saranno analizzati più avanti nell’ambito specifico delle crisi aziendali, e pochi accordi di natura particolare.
Tabella 4 Natura dell'accordo
Val. Assoluti Val. %
Rinnovo integrativo | 1552 | 91,3 |
Difensivi | 129 | 7,6 |
Ultrattività/proroga/accordo ponte | 11 | 0,6 |
Altro | 8 | 0,5 |
Totale | 1700 | 100 |
16,3%
14,1%
9,6%
8,0%
8,1%
6,8%
6,9%
4,3%
2,6%
3,1%
3,2%
2,0% 1,2%
1,6%
3,4%
2,3%
2,6% 2,3%
0,8%
0,8%
È stata rilevata anche la dimensione geografica dell’accordo. In questo caso non ci si riferisce al luogo di firma, quanto piuttosto al territorio su cui gli effetti dell’accordo si riflettono. In questo senso un accordo può essere classificato come Multiterritoriale/Nazionale quando gli istituti che prevede vengono applicati su più aree o a livello nazionale, mentre sarà attribuito a una specifica ripartizione territoriale nel caso in cui gli effetti dell’accordo siano limitati a una precisa zona geografica. Il territorio è stato rilevato fino al livello comunale, ma per esigenze di sinteticità verrà qui specificato a livello regionale (Fig. 2) e di macro-area (Tab.5).
Figura 2 Distribuzione geografica degli accordi al netto dei multiterritoriali-Nazionali (% su totale n.902) Tabella 5 Area geografica di afferenza dei accordi
Val. Assoluti Val. %
Nord 28,2%
Nord-ovest | 222 | 13,1 |
Nord-est | 260 | 15,1 |
Centro | 240 | 14,1 |
Sud e Isole | 180 | 10,6 |
Multiterritoriale/ Nazionale | 798 | 46,9 |
Totale | 1700 | 100 |
In quest’ottica ovviamente gli accordi di tipo territoriale hanno sempre un riferimento geografico e sono prevalentemente riferiti a regioni del Nord, mentre gli aziendali presentano maggiore eterogeneità. In particolare tutti gli accordi di gruppo hanno effetto su una pluralità di territori, viceversa quelli riferiti a specifiche unità produttive hanno un riferimento territoriale specifico.
Gli accordi siglati da singole aziende possono essere circoscritti a determinate aree geografiche, nel caso in cui l’impresa abbia un solo stabilimento, o multi territoriali quando invece ci sono diverse sedi dislocate sul territorio nazionale.
Accordi Territoriali
53,2%
24,3%
22,5%
Accordi Aziendali
Regionali | 58,3% | 29,2% | 12,5% | |||
Provinciali | 56,9% | 18,8% | 24,4% | |||
Gruppo | 100% | |||||
Azienda | 32,5% | 17,9% | 11,8% | 37,8% |
Unità produttiva
Nord Centro Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
Figura 3 Ripartizione geografica e tipo di accordi (% su totale entro ogni categoria)
Tutti gli accordi aziendali sono stati firmati ovviamente dalle aziende, in diversi casi assistite da associazioni datoriali territoriali, con una frequente partecipazione delle rappresentanze sindacali e dalle organizzazioni sindacali. Le delegazioni e i coordinamenti sindacali erano presenti in particolare in occasione di accordi con grandi gruppi e banche. Le istituzioni e le amministrazioni pubbliche, invece hanno partecipato alla contrattazione nei casi di accordi difensivi.
Tabella 6 Tipologia parti firmatarie
Val. Assoluti Val. %
A Rsu | 748 | 44 |
B Rsa C Delegazioni trattanti/coordinamenti D Xx.Xx. Territoriali E Xx.Xx. nazionali F Azienda G Associazione datoriale territoriale H Associazione datoriale nazionale I Istituzioni/amministrazioni pubbliche L Altro | 239 | 14,1 |
161 | 9,5 | |
1156 | 68 | |
660 | 38,8 | |
1452 | 85,4 | |
543 | 31,9 | |
45 | 2,6 | |
67 | 3,9 | |
16 | 0,9 |
Gli accordi siglati solo dalle rappresentanze – Rsu/Rsa, senza la partecipazione delle Xx.Xx. – sono in tutto 48, ovvero il 2,8% del totale e si tratta soprattutto di accordi aziendali riguardanti il Nord Italia.
Tabella 7 Accordi firmati solo dalle rappresentanze sindacali considerati rispetto a tipo di azienda e zona geografica
Val. Assoluto Val.%
Tipo di Accordo Aziendale | Gruppo | 12 | 25 |
Azienda | 33 | 68,8 | |
Unità produttiva | 3 | 6,2 | |
Totale | 48 | 100 | |
Zona Geografica | Nord | 23 | 47,9 |
Centro | 4 | 8,3 | |
Sud e Isole | 1 | 2,1 | |
Nazionale- Multiterritoriale | 20 | 41,7 | |
Totale | 48 | 100 |
Con specifico riferimento alle parti firmatarie sindacali, si può vedere come le tre confederazioni firmino la maggior parte degli accordi; tuttavia una quota consistente viene anche firmata da UGL e sindacati autonomi di categoria come FABI del settore bancario.
Tabella 8 Parti firmatarie sindacali
Val. Assoluti Val. %
Cgil | 1651 | 97 |
Cisl | 1435 | 84,4 |
Uil | 1317 | 77,5 |
UGL | 215 | 12,6 |
Sindacati di base | 53 | 3,1 |
Sindacati autonomi di categoria | 380 | 20,4 |
Cobas | 4 | 0,2 |
Usb | 49 | 2,9 |
Rispetto alle singole federazioni Cgil, la categorie che presentano un maggior numero di accordi sono Filctem, Filcams, Fiom e Flai. Tuttavia, se si escludono gli accordi firmati da Nidil e dal confederale, si può notare una ripartizione piuttosto equilibrata, frutto delle selezione ragionata che ha portato alla definizione del campione (cfr. Nota Metodologica).
Tabella 9 Parti firmatarie sindacali- dettaglio Federazioni Cgil
Val. Assoluti Val. % Val. Assoluti Val. %
Flai | 186 | 11,3 | Fisac | 150 | 9,1 |
Filcams | 222 | 13,4 | Filt | 115 | 7 |
Fp | 122 | 7,4 | Flc | 156 | 9,4 |
Fillea | 127 | 7,7 | Slc | 118 | 7,1 |
Fiom | 195 | 11,8 | Nidil | 24 | 1,5 |
Filctem | 223 | 13,5 | Confederale | 56 | 3,4 |
La figura 4 mostra il dettaglio del tipo di accordo rispetto alla categoria sindacale. Per Flai e Fillea sono stati analizzati un numero consistente di accordi territoriali, in quanto peculiari della contrattazione nel settore edile e in quello agricolo. La caratteristica della contrattazione di secondo livello dell’edilizia garantisce, infatti, a tutti i lavoratori di avere un contratto integrativo a quello nazionale. Rispetto alla contrattazione territoriale sono anche stati analizzati contratti del settore della trasformazione (carni, latticini, vino).
Anche la maggior parte degli accordi firmati dalle strutture confederali è di tipo territoriale, si tratta per lo più di accordi sulla detassazione del premio firmati congiuntamente da associazioni datoriali e organizzazioni sindacali. Tutte le altre categorie, invece, presentano una netta preponderanza di accordi aziendali.
8,9%
4,9%
1%
1,4%
4,3%
2%
2,5%
3 %
6 %
6 %
91% 95%
96,8%
1
93% 98% 97,5% 9 %
6 %
3 %
3 %
Accordo/contratto aziendale
Accordi/contratti territoriali
Altro
4,6
5,7
4,5
4,3
5,8
00%
99%
4,6
2,8
Figura 4 Categoria sindacale considerata per tipo di accordo
13,1%
13,1%
Flai Fai Uila Filcams Fisascat Uiltucs
Fp Fp-Cisl
Uil Fpl e Uilpa
Fillea Filca Feneal Fiom Fim Uilm Filctem
Femca e Flaei
Uiltec Fisac First Uilca Filt Fit
Uiltrasporti
Flc Cisl Università e FIR Uilrua e Scuola
Slc Fistel Uilcom Nidil Felsa Uiltemp
Confederale CGIL Confederale CISL Confederale UIL
Il grafico che segue presenta un confronto tra le singole ricorrenze delle rispettive categorie sindacali di Cgil, Cisl e Uil, con l’avvertenza che i gruppi di federazioni di categoria che ne risultano tengono in considerazione i principali settori di pertinenza di ciascuna federazione, non sempre coincidenti perfettamente per tutte e tre le confederazioni.
10,9%
9,5%
7,9%
11,5%
10,4%
7,2%
4,9%
4,9%
7,5%
6,9%
6,7%
11,5%
9,0%
8,0%
11,3%
9,9%
8,8%
8,1%
7,7%
6,8%
6,9%
7,2%
9,2%
7,1%
5,8%
6,9%
5,6%
5,7%
1,4%
1,3%
1,2%
3,3%
3,2%
3,2%
Figura 5 Confronto tra le categorie sindacali firmatarie degli accordi (% su totale degli accordi)
A partire dalla categoria sindacale, dal settore Ateco delle aziende e confrontandosi con la classificazione CNEL, è stato possibile costruire una nuova variabile che indica il settore
merceologico di riferimento degli accordi2 (cfr. Nota metodologica). In questa prima fase, sono stati predisposti 13 diversi settori distribuiti come riportato nella tabella 10 e nel grafico che segue. Questa ripartizione è stata successivamente aggregata in cinque macro-settori per consentire una lettura più sintetica degli incroci con le altre variabili a disposizione (Tab.11).
Tabella 10 Distribuzione Settore Merceologico
Val. Assoluto Val %
Dei 130 Accordi afferenti a questa categoria, il 63% (n.82) sono propri della categoria Edile
Agricoltura | 72 | 4,3 |
Chimica e Affini Meccanico Tessile Industria Agroalimentare Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi Poligrafici e spettacolo Commercio e Turismo Trasporti Credito e Assicurazioni Aziende di servizi Enti e istituzioni Pubbliche Enti e Istituzioni Private | 170 | 10,3 |
193 | 11,7 | |
18 | 1,1 | |
118 | 7,1 | |
130 | 7,9 | |
38 | 2,3 | |
196 | 11,8 | |
114 | 6,9 | |
156 | 9,4 | |
165 | 10 | |
201 | 12,1 | |
85 | 5,1 |
12,1%
11,8%
11,7%
10,3%
10,0%
9,4%
7,9%
7,1% 6,9%
5,1%
4,3%
2,3%
1,1%
Figura 6 Distribuzione ordinata in maniera decrescente del Settore merceologico (% su totale degli accordi)
La figura 7 riporta il dettaglio della distribuzione geografica rispetto ai vari settori. Come prevedibile i settori del credito-assicurazioni e dei trasporti hanno quasi sempre valore multi- territoriale. Molti dei settori considerati si concentrano perlopiù nelle regioni del Nord e questo vale soprattutto per quelli agricolo e agroalimentare dove influisce in maniera consistente l’apporto dell’Xxxxxx Xxxxxxx e della Lombardia. Inoltre va evidenziata la quota di aziende
2 In fase di ricodifica sono stati esclusi 44 accordi che non potevano essere ricondotti a nessuna delle categorie elencate. Si tratta soprattutto di accordi su bilateralità e detassazione, stipulati perlopiù con Associazioni datoriali.
Nord Centro Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
pubbliche al Sud che, insieme agli edili e all’agricoltura, conferiscono a questo insieme di accordi un carattere peculiare.
Enti e Istituzioni Private | 44,7% | 20,0% | 8,2% | 27,1% | ||
Enti e istituzioni Pubbliche | 25,4% | 14,4% | 26,9% | 33,3% | ||
Aziende di servizi | 1 | 3,9% 26,1% | 7,9% 52,1% | |||
Credito e Assicurazioni | 94,2% | |||||
Trasporti | 9,6 | % 10,5% 3,5% | 76,3% | |||
Commercio e Turismo | 20,4% 18,4% | 3,6% 57,7% | ||||
Poligrafici e spettacolo | 26,3% 13,2% | 7,9% 52,6% | ||||
Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi | 35,4% | 20,0% 30,0% | 14,6% | |||
Industria Agroalimentare | 51,7% | 8,5% 16,9% | 22,9% | |||
Tessile | 44,4% | 33,3% | 22,2% | |||
Meccanico | 41,5% | 8,8% 3,6% 46,1% | ||||
Chimica e Affini | 24,1% 5,3% 3,5% | 67,1% | ||||
Agricoltura | 51,4% | 26,4% | 22,2% |
Figura 7 Distribuzione dei settori rispetto a zona geografica (% su totale entro ogni settore) Tabella 11 Distribuzione dei macro- settori merceologici
Val. Assoluti Val. %
Settore Pubblico | 201 | 12,1 |
Terziario | 475 | 28,7 |
Servizi | 279 | 16,8 |
Manifattura | 629 | 38 |
Agricoltura | 72 | 4,3 |
Totale | 1656 | 100 |
Focus Aziende
Per ogni accordo aziendale inserito è stato possibile specificare una serie di dati riferiti all’azienda firmataria ricavati dalla piattaforma Aida – Bureau van Dijk. In particolare, oltre al nome dell’impresa, è stato rilevato: il codice Ateco, la forma societaria, il numero di addetti e l’anno in cui questo dato è stato registrato, la nazionalità dell’azienda controllante. In molti casi, le aziende, soprattutto le più grandi, risultavano firmatarie di diversi accordi, per questo le imprese registrate sono meno numerose rispetto agli accordi aziendali. In particolare le aziende registrate sono 706, tra imprese proprie e istituzioni/enti pubblici.
SPA SRL Cooperative Altro3 | 368 | 52,2 |
177 | 25,1 | |
50 | 7,1 | |
110 | 15,6 | |
Italiana Estera | 536 | 76,2 |
167 | 23,8 |
Servizi; 16,0%
Terziario; 33,3%
Manifattura; 50,6%
Tabella 12 Distribuzione delle aziende per tipo di società e nazionalità Val. Assoluti Val. %
Per avere un’idea più precisa delle caratteristiche aziendali si è deciso di utilizzare una matrice ricostruita in cui i casi utilizzati come base di analisi sono le aziende e non gli accordi (cfr. Nota metodologica). Inoltre sono state considerate solo le aziende proprie, ovvero sono state espunte dall’analisi tutte le istituzioni pubbliche e le partecipate (la quasi totalità delle aziende classificate come Altro più alcune partecipate di altre forme societarie, perché prive di informazioni sulle caratteristiche aziendali). È stata così ottenuta una matrice di 587 aziende private, ognuna con almeno un accordo, fino a un massimo di 18 documenti per una singola impresa. In questo modo le informazioni ricavate da questi dati non risultano alterate dal numero di accordi, che ovviamente è maggiore per le aziende più grandi. Sulla base di questa nuova base dati, di seguito verrà proposta una serie di analisi sulle aziende firmatarie di accordi; inoltre, vi si farà ricorso ogniqualvolta si presenteranno incroci tra le varie aree tematiche e informazioni sulle imprese, in particolare la dimensione aziendale.
Un aspetto interessante da indagare a proposito delle aziende è il numero di lavoratori interessati dagli effetti degli accordi analizzati. Questi sono circa 1.100.000; occorre tuttavia precisare che questa cifra è sottodimensionata, poiché ottenuta dalla somma del numero di addetti delle aziende di cui è stato possibili ricavare questa informazione dalla piattaforma Aida – Bureau van Dijk4 ovvero le 587 aziende private precedentemente selezionate (si tratta quindi di soli accordi aziendali, dei territoriali non è facilmente ricavabile il numero di lavoratori interessati). La tabella 13 – che riporta il numero di lavoratori ripartito rispetto alla zona geografica – mostra un’interessante anomalia, al netto dei multi territoriali – che ovviamente interessano la stragrande maggioranza dei lavoratori – e a prescindere dal fatto che i contratti che riguardano il Nord Italia sono più del doppio rispetto a quelli del Centro (cfr. Tab.5), il maggior numero di lavoratori interessati dagli effetti della contrattazione si trovano nelle regioni centrali. Questo
3 Nella modalità “Altro” sono compresi soprattutto Enti e istituzioni pubbliche che, pur non essendo delle imprese dal punto di vista economico, vengono qui considerati come controparte firmataria di tipo aziendale.
4 I dati sul numero di addetti sono aggiornati tutti tra il 2014 e il 2017. Nello specifico, nel 5,5% dei casi il numero dei lavoratori è stato rilevato tra il 2014 e il 2015, il 79,8% nel 2016 e il 20,2% nel 2017.
può essere spiegato dal fatto che oltre il 20% delle aziende del Centro hanno oltre 1.000 addetti (cfr. fig.8) e questo fa aumentare sensibilmente il numero medio di addetti per azienda.
Tabella 13 Numero e Media di lavoratori per zona geografica
Numero Di Lavoratori
Media N° Addetti
N°
Aziende
Nord | 105.007 | 512 | 203 |
Centro | 108.291 | 1.230 | 86 |
Sud e Isole | 29.378 | 576 | 50 |
Nazionale- | 867.655 | 3.470 | 248 |
Multiterritoriale | |||
Totale | 1.110.331 | 1.869 | 587 |
Il numero di addetti è stato anche ripartito in quattro classi che, con la sola eccezione delle piccole imprese, risultano piuttosto omogenee (vd. Tab.14).
Tabella 14 Ripartizione in classi del numero di addetti (Dimensione aziendale)
Val. Assoluti Val. %
Piccole Imprese (fino a 49 addetti) | 84 | 14,3 |
Medie Imprese (50-249 addetti) | 159 | 27,1 |
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 162 | 27,6 |
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 182 | 31 |
Totale | 587 | 100 |
42,9%
22,6%
17,2%
37,4%
11,0%
8,6%
46,3%
20,1%
11,0%
48,3%
20,7%
13,8%
Nord Centro Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
Piccole Imprese
Medie Imprese
Medio-Grandi Imprese
Grandi Imprese
3,9%
Le figure 8 e 9 riportano la ripartizione della dimensione aziendale rispetto a zona geografica e macro settore. Come si può osservare, quasi la metà delle piccole e medie imprese si trovano al Nord, a conferma di quanto anticipato a proposito della distribuzione del numero di lavoratori. Tuttavia, a questo proposito, va precisato che tale risultato poterebbe essere spiegato dal fatto che molte delle grandi aziende con sede legale nel Nord Italia hanno stabilimenti anche altrove e quindi sono state classificate come multi territoriali. Per quanto riguarda il settore, invece, come prevedibile oltre la metà delle piccole e medie imprese attengono al manifatturiero, mentre molte delle grandi aziende si occupano di terziario e servizi.
10,6%
14,5%
70,9%
Figura 8 Dimensione aziendale per ripartizione geografica (% su totale entro ogni categoria sul totale aziende n.587)
34,1%
63,1%
12,5%
23,8%
49,7%
21,1%
28%
40,8%
23,5%
35,8%
14,1%
51,8%
Terziario Servizi Manifattura
Piccole Imprese
Medie Imprese
Medio-Grandi Imprese
Grandi Imprese
Figura 9 Dimensione aziendale per macro settore (% su totale entro ogni categoria sul totale aziende n.587)
Aree Tematiche
La griglia utilizzata per la classificazione delle materie trattate nei documenti si compone di 11 aree tematiche (primo livello), ognuna composta a sua volta da diversi istituti contrattuali (secondo livello) e norme specifiche o voci tematiche/temi (terzo livello). In calce viene riportato in forma tabellare il dettaglio di tutte le aree tematiche e le relative distribuzioni sia in forma percentuale che in valore assoluto. Di seguito, invece, verrà riportata un’analisi più dettagliata delle aree – considerate rispetto al tipo di documento, alla categoria sindacale e all’area geografica laddove significativa – con dei focus particolari dedicati ad alcuni temi di rilievo.
2.Relazioni e Diritti Sindacali
4.Orario di Lavoro 1.Aspetti contrattuali generali 6.Inquadramento e Formazione 7.Occupazione e Rappporti di lavoro
9.Welfare integrativo 5.Organizzazione del Lavoro 11.Politiche industriali e crisi aziendali 10.Diritti e Prestazioni Sociali
8.Ambiente, Salute e Sicurezza
63,7%
3.Trattamento economico
Gli istogrammi che seguono presentano in maniera sintetica e decrescente le aree, considerate prima singolarmente e poi rispetto all’anno. Come si può vedere il tema del trattamento economico è il più ricorrente, grazie soprattutto ai molti accordi sulla retribuzione variabile in generale e sul premio di risultato in particolare. I temi relativi a ambiente, salute e sicurezza, invece, sono quelli che ricorrono meno frequentemente.
53,4%
35,5%
31,2%
29,9%
27,5%
26,0%
25,4%
23,3%
16,2%
15,4%
Figura 10 Distribuzioni relative alle 11 Macro-aree Tematiche (% su totale degli accordi)
Per quanto riguarda le differenze rispetto all’anno di firma (Fig.11), non emergono particolari diversità; tuttavia, alcuni aspetti, come quello relativo alla detassazione saranno trattati anche con un’ottica diacronica.
51,4 54,0%
%
33,1%
35,4%35,1%
30,9% 31,6%
20,6%
27,1% 26,6%
23,1%
29,0%
23,7%
27,2%
22,8%
29,9%
22,3%
18,8%
15,7%14,9% 14,3%
2015 2016 2017
63,2%64,1%
Figura 11 Distribuzioni relative alle 11 Macro-aree Tematiche rispetto all'anno di firma (% su totale entro ogni anno)
Un aspetto interessante che può essere analizzato rispetto agli accordi è la ricchezza tematica che li caratterizza, ovvero quante sono le norme specifiche trattate in ogni documento5. La distribuzione dell’indice di ricchezza tematica varia da un minimo di 1 a un massimo di 75 temi per accordo, con una media pari 7,6 su un totale di 12.952 che però cambia sensibilmente in base a diversi fattori. Il primo aspetto che emerge riguarda il tipo di documento; gli accordi territoriali
– e in particolare quelli provinciali – presentano una maggiore variabilità di temi rispetto agli aziendali. La figura 13, invece, rappresenta la “ricchezza” tematica degli accordi considerati rispetto alle varie aree; come si può vedere dove si tratta di politiche industriali e crisi aziendali, i documenti sono meno estesi dal punto di vista tematico, probabilmente perché nella maggior parte dei casi si tratta di accordi difesivi che si concentrano su temi specifici. Dall’altro canto, i temi che di solito presentano percentuali di ricorrenze più basse sono discussi generalmente in accordi più ampi, ovvero Diritti e prestazioni sociali, Ambiente Salute e sicurezza e Welfare integrativo. Questo a riprova del fatto che queste aree effettivamente di rado ricoprono un ruolo preminente in accordi su temi specifici, ma sono trattate solo in integrativi estesi che vertono su molteplici argomenti.
5 Per questo è stato costruito un indice di conteggio che somma per ognuno degli accordi il numero di temi affrontati. A partire da questo primo indice numerico è stato creato un secondo che prevede 4 modalità, frutto di una ricodifica della distribuzione precedente.
Accordo aziendali
Accordi territoriali
Totale
1-3 temi 4-7 temi 8-15 temi 16 e oltre
19,2%
35,3%
33,1%
34,5%
21,1%
15,5%
16,7%
37,5%
36,0%
12,4%
28,9%
9,8%
Relazioni e Diritti Sindacali Trattamento economico
Orario di lavoro Organizzazione del lavoro Inquadramento e Formazione
Occupazione e Rapporti di lavoro
16,1%
35,0%
26,8%
22,1%
25,3%
30,2%
25,3%
19,3%
7,0%
25,2%
34,4%
33,4%
12,5%
29,2%
26,9%
31,3%
7,5%
25,0%
32,1%
35,4%
10,1%
24,6%
30,2%
35,1%
Ambiente, salute e sicurezza 3,4% 14,6% 31,4% 50,6%
Welfare integrativo 8,2%
Diritti e Prestazioni sociali 4,0% 10,2%
16,6%
38,3%
37,0%
31,6%
54,2%
Politiche industriali e crisi aziendali
Totale
30,3%
40,4%
16,4%
12,9%
33,1%
35,3%
19,2%
12,4%
1-3 temi 4-7 temi 8-15 temi 16 e oltre
Media pari a 12,5-
Provinciali 14,3
Media pari a 6,8
Media pari a 7,6
Figura 12 Ricchezza tematica per tipo di documento (% su totale degli accordi)
Figura 13 Ricchezza tematica per macro area (% su totale entro ogni area tematica)
1. Aspetti contrattuali generali
Questa macro area (presente nel 31,2% degli accordi) è articolata in tre voci di cui solo due presentano delle ricorrenze. La maggior parte dei casi si riferisce al primo tema Riferimenti a normativa6, mentre i casi di deroghe sono un numero marginale e si riferiscono a clausole che derogano soprattutto a contratti di livello superiore. Infine il tema Modalità di ratifica da parte dei lavoratori non presenta alcuna ricorrenza, sostanzialmente perché ricondotta in fase di analisi al tema Assemblee e referendum compresa in Relazioni e Diritti Sindacali.
Tabella 15 Distribuzione Area Aspetti Contrattuali generali
Val. Assoluti Val. %
1.Aspetti contrattuali generali | 1.1 Riferimenti a normativa | 511 | 30,1 |
1.2 Deroghe Ccnl / Legge | 21 | 1,2 | |
N.530; | |||
1.3 Modalità di ratifica da parte dei lavoratori | - | - | |
31,2% |
Considerazioni sul tema delle deroghe
Si conferma come del tutto residuale il ricorso alle deroghe ex art. 8, l. 148/2011, su percentuali qui ancora più esigue di quelle già riscontrate nelle altre indagini empiriche condotte su questo particolare aspetto. L’argomento è fra quelli che più hanno interrogato gli esperti e le organizzazioni sindacali, abbastanza concordi – e noi con loro – nel valutare il fenomeno circoscritto a talune situazioni eccezionali (flessibilità in entrata e in uscita, orari, contratti atipici e a termine, stabilizzazioni di associati in partecipazione o di collaboratori a progetto, video- sorveglianza, “accordi di migrazione” da un CCNL a un altro, riduzione della retribuzione per scongiurare tagli e chiusure).
Ciò nondimeno, non si può escludere (e gli studiosi infatti non lo hanno escluso) il rischio di una qualche sotto-rappresentazione statistica, in questo genere di osservatori e archivi; e ciò in ragione di almeno quattro fattori: a) la natura a volte dissimulata delle suddette deroghe, in assenza di rimandi espliciti all’art. 8; b) la riluttanza dei negoziatori periferici di parte sindacale a darvi notorietà per non incorrere nella disapprovazione dei propri apparati associativi; c) la ineludibile parzialità con cui avviene la raccolta e la selezione dei testi contrattuali. In questo caso, ad esempio, non può essere trascurata l’incidenza indotta dalla particolare composizione degli accordi, per il 97% siglati dalla Cgil, fermamente contraria all’impiego di tali clausole; d) infine, l'ipotesi di intese che, a livello di piccole aziende o unità produttive, possono ricalcare l’esperienza dei c.d. accordi pirata di livello nazionale, fuori dalla cornice dell'art. 8 (negoziatori rappresentativi e maggioritari), ma con effetti ugualmente o ancor più erosivi. Un ulteriore dumping contrattuale, del tutto scoperto dai radar oggi esistenti per l'archiviazione e il monitoraggio della contrattazione decentrata.
6 Questo tema verrà analizzato in concomitanza con la questione della retribuzione variabile.
2. Relazioni e Diritti Sindacali
L’area di relazioni e diritti sindacali (53,4%) si articola in sei istituti contrattuali che complessivamente compaiono in 1.423 accordi, ovvero circa 84% del totale. Tuttavia è bene sottolineare il fatto che questa area tematica contiene la voce Valutazione e obbiettivi di premessa che da sola compare in circa il 70% degli accordi totali (1.185) per il carattere generale che la contraddistingue. Di fatto si tratta di una voce molto ampia, che include introduzioni generiche e formali poste in avvio dei testi di accordo, affermazioni di principio sulla natura delle relazioni sindacali, fino a preamboli economico-finanziari sullo stato dell’azienda e sul contesto di mercato (soprattutto nei difensivi).
Per evitare, quindi, di distorcere eccessivamente i dati e avere una prospettiva più attendibile dell’intera area tematica, è opportuno scorporare questo singolo tema dall’area di competenza generale7. L’area Relazioni e Diritti Sindacali al netto della voce Valutazione e obbiettivi di premessa ricorre pertanto in 906 accordi, il 53,3% del totale.
Rappresentanze Sindacali 12,6%
Rsu /Rsa/delegato di sito o bacino
Coordinamenti Permessi sindacali
2,6%
6,3%
5,2%
Contributi sindacali Locali sindacali e affissione
3,2%
4,8%
Diritti Sindacali individuali 6,4%
Assemblee e referendum Monte ore sindacale
1,4%
5,5%
Relazioni Sindacali 16,5%
Sciopero /clausole di raffreddamento Osservatori/Commissioni paritetiche
3,1%
13,7%
Coinvolgimento e Partecipazione 43%
Diritti di informazione Diritti di consultazione
Responsabilità sociale d’impresa 3,6%
Diritti di codeterminazione/esame… Obbligo di riservatezza
Codici di condotta/ etico Relazioni con enti locali
0,5%
3,2%
3,2%
12,7%
13,0%
25,9%
Bilateralità 12%
Adesione a Ente/Fondo bilaterale/Cassa…
Salute e sicurezza
Formazione Sostegno al reddito
2,0%
4,9%
4,6%
9,5%
Welfare integrativo
2,5%
Figura 14 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Relazioni e diritti sindacali (% su totale degli accordi)
I sei istituti contrattuali sono specificati secondo il tipo di accordo e il settore nelle figure 15 e
16. Come si può vedere emergono marcate differenze tra gli accordi territoriali e quelli aziendali,
7 Il tema Relazioni e Diritti Sindacali viene sempre presentato, nel xxxxx xxx xxxxxx, xx xxxxx xxxxx xxxx Valutazioni e obiettivi di premessa, anche nelle figure 10 e 11, riportate precedentemente.
dove i primi si caratterizzano soprattutto per i temi connessi alla bilateralità (specie nel settore manifatturiero) e le relazioni sindacali. Tra gli aziendali spicca la quota di accordi che tratta di coinvolgimento e partecipazione, aspetto che sarà approfondito in seguito.
Rappresentanze sindacali
11,6%
17,7%
Diritti sindacali individuali
6,7%
4,
7%
Relazioni sindacali
12,1%
43,5%
Coinvolgimento e partecipazione
53,9%
Responsabilità sociale d’impresa
3,1%
6,9%
Bilateralità
3,3%
65,9%
accordo/contratto aziendale
accordi/contratti territoriali
41,6%
Figura 15 Distribuzione degli Istituti Contrattuali rispetto al tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
Proprio a fronte delle rispettive specificità degli accordi territoriali e aziendali, la ripartizione dei vari istituti contrattuali va considerata per settore entro il tipo di documento.
Territoriali
88%
74,1%
68,5%
51,1%
53,3%
40,6%
44,4%
34,8%
34,5%
17,8% 25,9%
19,3%
16,8%
7%
8,5% 9,4%
22,2%
19,6%
5,4% 5,2% 10,5%
13,7% 13,5%
8,6%
1,9%
3,0%
4,7%
2,8%
5,4%
Settore Pubblico Terziario
Servizi
Manifattura
Manifattura
Agricoltura
Rappresentanze sindacali
Diritti sindacali individuali
Coinvolgimento e partecipazione Responsabilità sociale d’impresa
Relazioni sindacali
Bilateralità
Aziendali
Figura 16 Distribuzioni degli Istituti Contrattuali rispetto al settore considerati per tipo di documento (% su totale entro ogni settore)
La figura 17 riporta la distribuzione dell’intera area rispetto alla dimensione aziendale (in questo caso calcolata sul totale aziende e non sul totale accordi). Come si può vedere la ricorrenza dei temi connessi alla relazioni sindacali è direttamente proporzionale alle dimensioni aziendali: maggiori sono le dimensioni delle imprese, più è probabile che si tratti su questi argomenti.
Piccole Imprese (meno di 49 addetti)
46,4%
Medie Imprese (50-249 addetti)
57,9%
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti)
62,3%
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti)
78%
Totale
63,7%
Figura 17 Relazioni e Diritti sindacali considerati rispetto alla dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
Coinvolgimento e Partecipazione
Nella griglia tematica di riferimento l’istituto contrattuale Coinvolgimento e partecipazione si compone di quattro norme specifiche: i diritti di informazione, consultazione, codeterminazione/esame congiunto e l’obbligo di riservatezza. È stato ritenuto utile considerare all’interno di questo gruppo anche il tema Osservatori e commissioni paritetiche che, come evidenziato in tabella 17 ha in generale una stretta connessione con esame congiunto, considerazione che vale soprattutto per i territoriali, per cui questa relazione sussiste nell’80% dei casi. Per dar conto in maniera esaustiva della questione partecipativa vengono qui presentate anche le voci Partecipazione agli utili (Area Trattamento economico) e Partecipazione diretta (Area Organizzazione del lavoro), anche se si tratta di due voci numericamente poco consistenti. La partecipazione agli utili è trattata in solo due accordi aziendali del settore credito/assicurazioni. La partecipazione diretta è quasi sempre aziendale e legata per lo più al settore terziario (1,3%) e manifatturiero (1,1%).
Tabella 16 Distribuzione dei temi relativi a "Coinvolgimento e Partecipazione"
Val. Ass. Val.%
Diritti di informazione | 216 | 12,7 |
Diritti di consultazione Diritti di codeterminazione/esame congiunto Osservatori/Commissioni paritetiche Partecipazione agli utili Partecipazione diretta | 221 | 13 |
440 | 25,9 | |
233 | 13,7 | |
2 | 0,1 | |
18 | 1,1 |
Tabella 17 Incrocio tra Diritti di codeterminazione e Osservatori/ Commissioni Paritetiche
Aziendali 27%
Territoriali 80%
Osservatori/Commissioni paritetiche
No | Sì | Totale | |
Diritti di codeterminazione/esame congiunto | 61,1% | 38,9% | 100% (440) |
Totale | 86,3% | 13,7% | 100% (1700) |
La figura 18 presenta le differenze tra accordi aziendali e territoriali rispetto a ognuna delle voci considerate di partecipazione. Tra i territoriali emerge ancora la relazione tra esame congiunto e commissioni paritetiche.
Diritti di informazione
12,8%
12,5%
Diritti di consultazione
13,2%
12,9%
Diritti di codeterminazione/ esame congiunto
23,2%
43,1%
Osservatori/Commissioni paritetiche
9,0%
43,5%
Accordo/contratto aziendale
Accordi/contratti territoriali
Figura 18 Distribuzione dei temi relativi a Coinvolgimento e Partecipazione rispetto al tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
La figura 19 mostra invece la ripartizione dell’area per settore, considerando separatamente accordi territoriali e aziendali.
53,3%
50,0%
50,0%
43,1%
25,6%
24,7%
16,8%
3,2%
10,2%
25,8%
18,0%
17,1%
22,8%
20,7%
11,2%
8,7% 8,7%
12,8%
7,5% 7,5%
5,6%
1,5%
3,4%
1,7
%
Settore Pubblico Terziario
Servizi
Manifattura
Manifattura Agricoltura
Diritti di informazione
Diritti di codeterminazione/esame congiunto
Diritti di consultazione
Osservatori/Commissioni paritetiche
1
Territoriali
Aziendali
Figura 19 Distribuzione dei temi relativi a Coinvolgimento e Partecipazione rispetto al settore divisi in base al tipo di documento (% su totale entro ogni settore)
Da ultimo viene considerato l’incrocio tra Assetto organizzativo e Coinvolgimento e partecipazione, che sono strettamente legati tra loro. Come si può vedere, infatti, oltre il 57% degli accordi che trattano di aspetti legati all’organizzazione aziendale, richiamano anche modalità e ambiti di partecipazione delle organizzazioni sindacali.
Tabella 18 Incrocio tra Assetto Organizzativo e Coinvolgimento e Partecipazione
Coinvolgimento e partecipazione
Assetto organizzativo Totale | No Sì Totale |
42,8% 57,2% 100% (208) 55,9% 44,1% 100% (1700) |
Considerazioni su Coinvolgimento e Partecipazione
Il tema del coinvolgimento e della partecipazione si conferma quale componente fondamentale dei sistemi aziendali e territoriali delle relazioni industriali, concorrendo a qualificarne - sotto il profilo procedurale e dei modelli condivisi - i tratti che maggiormente predispongono all’innovazione organizzativa e alla coesione interna. Un terreno sul quale le esigenze datoriali in termini di produttività e miglioramento continuo, sia di processo che di prodotto, si intersecano con quelle dei lavoratori e delle loro rappresentanze organizzate, verso un maggiore riconoscimento del valore del proprio apporto nell’anticipazione e nella gestione di un cambiamento socio-tecnico, divenuto oggi sempre più incalzante. Un nesso potenzialmente foriero di nuove e più intense forme di democrazia industriale ed economica, per un modello come quello italiano, ritenuto comunemente debole, per il basso grado di istituzionalizzazione con cui riconosce e disciplina la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Una normativa quadro di derivazione comunitaria, in materia di diritti di informazione e consultazione, ma solo per le imprese con oltre 50 addetti, e nessuna rappresentanza di tipo sindacale in seno agli organi che presiedono alla corporate governance delle aziende. La contrattazione collettiva, settoriale e decentrata, permane dunque quale fonte e fulcro, pressoché in esclusiva, di ciò che caratterizza gli elementi - sia di forza e di debolezza
- della “via italiana alla partecipazione”.
Da questo punto di vista, i dati che emergono dall’indagine di questo Osservatorio, ci paiono attestare una sostanziale continuità col passato. Alla stregua di analoghe e recenti indagini (Ocsel, Adapt), coinvolgimento e partecipazione ricoprono una incidenza fra le più significative, nell’ambito dei rapporti sindacali negoziati a livello decentrato, aziendale e soprattutto – come si vede bene dai dati – territoriale. Poco meno di un accordo su due (43%), fra quelli esaminati, contiene un riferimento a istituti partecipativi. Considerate le singole voci, tuttavia, il risultato ci appare meno esaltante, per ragioni che sono al contempo quantitative e qualitative. Nel primo caso, rileviamo come il coinvolgimento tramite i diritti di informazione e consultazione riguardi mediamente il 13% dei testi – presumibilmente correlati alla costituzione di apposite commissioni paritetiche, di identica frequenza percentuale – laddove una quota doppia assume la più incisiva forma della “codeterminazione” (26%), principalmente declinata nella prassi dell’esame congiunto. Una modalità che si riallaccia ai requisiti richiesti per accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge in rapporto ai premi di risultato. Una previsione, questa, nella quale occorrerebbe scavare ulteriormente, per potere rilevare il grado di autenticità, sotto il profilo dell’effettivo coinvolgimento sindacale alla programmazione dei piani aziendali, e non piuttosto di una mera concessione formale, al solo e preciso scopo di fruire dei benefici previsti dalla normativa.
L’altro elemento che ci pare di poter sottolineare criticamente è la sostanziale assenza di istituti e percorsi che pure – alla luce delle analisi e dei discorsi che accompagnano il mutamento di paradigma socio-produttivo di questi anni – sarebbe stato lecito attendersi. Delle tre forme canoniche con le quali la letteratura qualifica e cataloga i diversi tipi di partecipazione – organizzativa, economica e strategica –espressamente invocati nel protocollo siglato da Cgil, Cisl e Uil nel gennaio 2016, e in parte recepiti nel “Patto della fabbrica” del marzo 2019, nessuna è apparsa finora conoscere sviluppi significativi. Tutt’altro. I dati a riguardo, in questo come in altri analoghi monitoraggi (Ocsel, Adapt), convergono largamente. La partecipazione diretta nell’organizzazione del lavoro – sarà pure perché introdotta e diffusa attraverso schemi
informali e non formalizzati negozialmente – ricorre in appena l’1% dei testi, con una incidenza ancora più irrisoria, se possibile, della sperimentazione del lavoro in team o in gruppi di progetto, pur tanto celebrati dalla letteratura sulle più moderne tecniche di HRM- Human Resource Management. Telelavoro e Smart working assumono una frequenza significative solo in settori come quello bancario e assicurativo, laddove per il resto – compresi servizi e terziario
– non si va molto oltre una media del 3%. Non pervenuta la partecipazione agli utili (0,1%), e nemmeno quella strategica nella corporate governance, riconducibile a una presenza – seppur su basi volontarie – negli organi societari. Tutti elementi che, in definitiva, dovrebbero indurci a riflettere sull’efficacia di una via esclusivamente negoziale alla codeterminazione, come è finora avvenuto nella nostra ultra-decennale esperienza dei diritti contrattuali di informazione e consultazione. Guardando alle esperienze europee più avanzate, e attuando – come invocato dai tre sindacati confederali nel protocollo del 2016 – le norme del nostro dettato costituzionale, per la parte inerente a un intervento legislativo che sancisca il diritto dei lavoratori a collaborare nell’impresa (art. 46).
Bilateralità
Il tema della bilateralità si articola in una voce principale – Istituzione/adesione a Ente/Fondo Bilaterale – e quattro voci specifiche che specificano il tipo di prestazioni bilaterali da erogare.
Tabella 19 Distribuzione dei temi relativi a Bilateralità rispetto al tipo di accordo (% di Sì)
Val. Assoluti Val %
Istituzione/adesione a Ente/Fondo Bilaterale Salute e sicurezza Formazione Sostegno al reddito Welfare integrativo | 162 | 9,5 |
83 | 4,9 | |
78 | 4,6 | |
34 | 2 | |
43 | 2,5 |
Ovviamente il tema della bilateralità attiene quasi esclusivamente gli accordi territoriali; gli aziendali che trattano questo tema sono solo 48, ovvero il 23% del totale di documenti sulla bilateralità (n.206). Come si può vedere dalla figura che segue gli aziendali si concentrano soprattutto sui temi della formazione, e in particolare nel settore terziario e manifatturiero8, probabilmente per i riferimenti a fondi interprofessionali.
8 Dei 48 accordi aziendali sulla bilateralità, 24 sono del settore terziario, 15 della manifattura e 9 dei servizi.
territoriali 74% (n.153) | Salute e sicurezza | 77 | 33,2 |
Formazione | 46 | 19,8 | |
Sostegno al reddito | 33 | 14,2 | |
Welfare integrativo | 41 | 17,7 |
Altro 3%
Val.
Ass. Val. %
Accordi aziendali 23% (n.48)
Salute e sicurezza 6
0,4
Formazione
Val. Ass.
143
Val. %
Accordi
Istituzione/adesione a Ente/Fondo bilaterale/Cassa edile
61,6
28 1,9
17 1,2
Istituzione/adesione a Ente/Fondo bilaterale/Cassa edile
Figura 20 Distribuzione di Bilateralità rispetto tipo di accordo (% su totale entro area)
La figura 21 riporta il dettaglio di ognuna delle voci tematiche entro i settori per gli accordi territoriali. I soli settori considerati, perché i più rilevanti tra i territoriali, sono quelli manifatturiero e dell’agricoltura. Nel primo caso si possono notare percentuali marcate per ognuna delle aree, in particolare quella della formazione. Va precisato che il settore manifatturiero tra i territoriali è quasi interamente rappresentato dall’edilizia9. Nel settore dell’agricoltura è molto ricorrente la voce del sostegno al reddito.
Welfare integrativo
31,2%
68,8%
Sostegno al reddito
52,0%
48,0%
Formazione
17,9%
79,5%
Salute e sicurezza
30,0%
67,1%
Istituzione/adesione a Ente/Fondo bilaterale/Cassa edile
32,3%
62,1%
Agricoltura Manifattura
Figura 21 Distribuzione dei temi relativi a Bilateralità rispetto al settore per i soli accordi territoriali (% su totale entro ogni categoria)
Il tema della bilateralità sembra avere anche una forte connotazione territoriale (figura 22), infatti, oltre la metà degli accordi stipulati al Nord tratta di quest’area, contro circa un quarto di Sud e Isole e solo il 17,6% del centro.
9 Del totale di accordi territoriali per il settore manifatturiero (n.82), oltre l’89% (n.82) sono propri del settore edile.
54,9%
27,5%
17,6%
Nord
Centro
Sud e Isole
Abruzzo | 3,9% | |
Basilicata | 5,2% | |
Calabria | 2,6% | |
Campania | 3,3% | |
Xxxxxx-Romagna | 11,8% | |
2,6% | ||
Lazio | 5,2% | |
Liguria | 2,0% | |
Lombardia | 19,0% | |
Marche | 3,3% | |
Molise | 0,0% | |
Piemonte | 5,9% | |
Puglia | 5,2% | |
Sardegna | 2,6% | |
Sicilia | 4,6% | |
Toscana | 6,5% | |
Trentino-Alto Adige | 1,3% | |
Umbria | 2,6% | |
Valle d'Aosta | 0,7% | |
Veneto | 11,8% | |
Totale | 100% (153) |
Figura 22 Distribuzione dei temi relativi a Bilateralità rispetto alla zona Geografica per i soli accordi territoriali (% su totale entro ogni categoria)
Questo tema ricorre frequentemente insieme a quello del welfare contrattuale, infatti oltre il 30% degli accordi sulla bilateralità fa riferimento anche all’istituto del welfare contrattuale (per ulteriore approfondimento vedi par.9).
Bilateralità Totale | No | Sì | Totale |
66,7% | 33,3% | 100% (153) | |
72,8% | 27,2% | 100% (232) |
Tabella 20 Percentuale di accordi sul welfare contrattuale che trattano anche di Bilateralità, per i soli accordi territoriali Welfare Contrattuale
Considerazioni su Bilateralità
L'argomento bilateralità per sua natura risulta un elemento assolutamente trasversale andando oltre un campo specifico definibile, articolandosi in più istituti ed in continuo sviluppo. Nella nostra organizzazione l'argomento ha visto un avvio compiuto di discussione in questi ultimi anni sebbene il fenomeno rappresenti in molte categorie un elemento strutturato da tempo. L'esperienza della bilateralità è diffusa pressoché in tutti i settori merceologici normati dai contratti, tanto più se ci si riferisce ad una definizione ampia che comprende la dimensione del welfare contrattuale e vede nella sanità e nella previdenza complementare due driver principali. La nascita per via contrattuale di decine di fondi ed enti, oltre a rappresentare un sistema molto articolato, ha posto il problema di andare a definire un nostro progetto autonomo dove andare a svolgere, come sindacato, un ruolo proattivo. In questi ultimi anni la bilateralità ha trovato nuova centralità nel dibattito sui temi del lavoro e della contrattazione. La bilateralità è ormai un elemento strutturale del sistema italiano di relazioni industriali e può essere uno strumento politico di sviluppo che svolge una funzione sociale attraverso la contrattazione, ciò ha portato allo sviluppo di modelli contrattuali definiti successivamente.
Modelli finalizzati anche a sviluppare, se si pensa a tutta la partita legata al welfare contrattuale, una contrattazione capace di indirizzare la bilateralità verso funzioni il più possibile "proprie". In questo senso si è ottenuto un riconoscimento della funzione della bilateralità ai diversi livelli e con le specificità dei vari segmenti regolati operando una connessione con quella che è la nostra visione generale e solidale della società che è in continua evoluzione in considerazione del cambiamento in atto nel mondo del lavoro e ciò che gli gravita attorno. Con l'accordo unitario del 2016 sul modello di relazioni industriali che metteva al centro una lettura diversa della realtà che stava mutando, la bilateralità acquista una propria dimensione, si riconosce il fenomeno come modello originale di partecipazione ed anche come strumento per estendere le tutele. Gli accordi che ne sono seguiti hanno confermato questa visione individuandone ambiti specifici a partire da: welfare, formazione, salute e sicurezza e sanità complementare. Sebbene il quadro sia mutato, rimangono complessi problemi di riassetto del sistema che si sta evolvendo. La legislazione ha contribuito a rendere la bilateralità un contenitore molto ampio facendole assumere un ruolo di riferimento su molti piani a partire dallo sviluppo del fenomeno welfare nelle sue varie accezioni, ma ciò pone alcuni interrogativi. Può questo strumento costituire veramente una risposta alle nuove domande di protezione sociale in termini collettivi? O invece può diventare uno strumento destinato a penalizzare ulteriormente i lavoratori ed il loro potere di acquisto aumentando di fatto le diseguaglianze non solo tra territori diversi, ma all'interno delle stesse realtà lavorative che lo adottano? Il pericolo di smontare culture e pratiche sindacali è una questione reale, come pure fenomeni di individualismo in un quadro in cui la contrattazione di secondo livello non si è comunque sviluppata a seguito di misure di alleggerimento fiscale. Se benefit di qualunque tipo non risolvono il miglioramento delle condizioni di vita del lavoratore, questo impone da parte sindacale, un governo del fenomeno sia al centro ma in particolare in periferia attraverso la contrattazione che individui misure di welfare collegandole al territorio facendo con esso sinergia e ricercando una maggiore complementarietà anche con lo stesso attore pubblico.
Lo stesso proliferare di fondi sanitari di origine contrattuale mette a dura prova l'attuale sistema pubblico sanitario diventando sempre più sostitutivi e non complementari generando, in questo modo, fenomeni distorsivi che necessiterebbero di essere reindirizzati verso servizi effettivamente non coperti dalla sanità pubblica. Questo significa individuare spazi di intervento mutualistici veramente integrativi a partire dalla non autosufficienza, ma anche realizzare convenzioni da parte dei fondi con strutture pubbliche andando a rimodulare gli stessi nomenclatori.
La ricerca nel riportare l'analisi dei dati riferiti alla bilateralità relativamente agli accordi analizzati, si incrocia con quanto rilevato in tema di welfare nelle sue varie accezioni. Consigliamo in questo senso una lettura integrata che meglio possa definire il fenomeno che certamente è di rilievo e fornisce in questo modo una visione completa sia dei settori analizzati, che delle specifiche materie. Il campione preso a riferimento, trattando di contrattazione decentrata, concentra le ricorrenze relative alla voce bilateralità quasi esclusivamente tra gli accordi territoriali e, di conseguenza, limitato ai settori della manifattura e dell’agricoltura, per questo una visione integrata con l’area tematica del welfare- e i relativi istituti contrattuali definiti in ambito bilaterale- aiuterebbe ad ampliare il quadro interpretativo.
Va evidenziata anche la dimensione geografica della bilateralità che risulta particolarmente sviluppata in Veneto, Xxxxxx Xxxxxxx e Lombardia, probabilmente anche per la diffusione dell'artigianato in queste regioni che rimane un settore di riferimento sistemico su questo tema.
3. Trattamento economico
L’area relativa al trattamento economico risulta la più consistente dal punto di vista numerico, ricorrendo in circa il 64% dei documenti; in particolare il tema specifico che si presenta più frequentemente è quello relativo alla retribuzione variabile, che quindi si presta a un approfondimento proprio.
Va evidenziato il fatto che nel campione selezionato si sono presentati solo due casi di partecipazione economica dei lavoratori, intesa come partecipazione agli utili d’impresa. Piuttosto consistente, invece, è il numero degli accordi che tratta il tema degli elementi fissi – ovvero super minimi, quattordicesima, gratifiche una tantum – e quelle delle indennità e maggiorazioni.
18,7%
11,4%
11,6%
0,8%
4,1%
4,2%
3,3%
7,5%
8,9%
19,9%
Premi e elementi fissi
Retribuzione variabile 51%
Premio di risultato Convertibilità Pdr in welfare Altra retribuzione variabile
Equità
Indennità e maggiorazioni 26,6%
Domenica e/o festivo Lavoro notturno
Turni Trasferta/Viaggi
Specifiche mansioni / lavorazioni
Altre indennità
40,4%
Figura 23 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Trattamento economico (% su totale degli accordi)
Riguardo la distribuzione di quest’area rispetto alla dimensione aziendale non si notano particolari differenze, in generale si tratta di temi molto dibattuti entro tutti i tipi di azienda, soprattutto piccole e medie.
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 77,4% | |||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 82,4% | |||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 72,8% | |||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 74,2% | |||
Totale | 76,5% |
Figura 24 Distribuzione Trattamento economico rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
Per quanto riguarda gli elementi fissi della retribuzione, va evidenziata una marcata ricorrenza nei territoriali per il fatto che spesso in questo tipo di accordi viene introdotto l’elemento
territoriale della retribuzione. Un discorso parzialmente analogo si può fare rispetto al settore, infatti in più di un quarto degli accordi del settore pubblico compare questo tema, inteso nella maggior parte dei casi come erogazione una tantum derivante dalla ripartizione dei fondi accessori.
41,8%
27,4%
15%
17,5%
12%
11,5%
Accordi Accordi aziendali territoriali
Settore Pubblico
Terziario
Servizi Manifattura
Figura 25 Accordi su Premi e elementi fissi per tipo di accordo e settore (% su totale degli accordi)
La parte relativa a indennità e maggiorazioni si articola in cinque norme specifiche e una voce residuale Altre indennità piuttosto consistente dal punto di vista numerico (n.339, 20%); quest’ultima si compone di vari tipi di indennizzi, come quelli legati a reperibilità, straordinari, mensa o trasporti. I primi tre tipi di indennità/maggiorazioni – domenica e festivi, lavoro notturno e turni – complessivamente ricorrono nell’8% (n.138) dei casi. Nell’ambito degli istituti dell’orario di lavoro, circa il 47% degli accordi che regolano turni/cicli e domeniche/festivi/notturni introducono anche i temi delle relative indennità.
Le indennità sono un tema ricorrente tra i territoriali, ma questo non stupisce se si considerano quelle legate a specifiche mansioni, piuttosto frequenti nei contratti provinciali dell’edilizia.
50,4%
37,8%
30,4%
22,8%
23,2%
11,8%
Accordi Accordi aziendali territoriali
Settore Pubblico
Terziario
Servizi Manifattura
Figura 26 Accordi su Indennità per tipo di accordi e settore (% su totale degli accordi)
Ciò spiega anche il 30,4% degli accordi afferenti al settore manifatturiero. Anche in questo caso il settore pubblico presenta un numero di accordi piuttosto consistente dovuta alla forte incidenza delle indennità previste per le prestazioni straordinarie. D’altro canto il settore dei servizi presenta una percentuale di accordi sulle indennità piuttosto limitata.
Retribuzione Variabile e Premio di Risultato
Come si è visto la voce relativa alla retribuzione variabile è la più ricorrente tra tutte quelle previste nell’Area; tuttavia è bene precisare che questo istituto contrattuale si articola a sua volta in tre norme specifiche che vanno analizzate singolarmente.
Tabella 21 Distribuzioni delle norme specifiche relative alla retribuzione variabile
Va. Assoluti Val %
Retribuzione variabile | Premio di risultato (Pdr) | 684 | 40,4 |
n. 869 51,1% | Convertibilità Pdr in welfare aziendale | 193 | 11,4 |
Altro (cottimo, fondo accessorio) | 197 | 11,6 |
L’area residuale, Altra retribuzione variabile, si compone quasi interamente dei compensi di natura accessoria e variabile previste in particolare dalle pubbliche amministrazioni. Questo emerge in maniera piuttosto chiara anche osservando la figura 27: il 68% degli accordi su altra retribuzione variabile, infatti, è afferente al settore pubblico. La ripartizione di fondi accessori interessa anche il terziario (in particolare per tutti gli enti partecipati e le università private) e, in maniera marginale, i servizi. Il 21% del settore manifatturiero, invece, si riferisce soprattutto agli accordi che trattano le retribuzioni dei lavoratori a cottimo.
Servizi 4%
Manifattura 7%
Terziario 21%
Settore Pubblico 68%
Figura 27 Accordi su Altra retribuzione variabile divisi per settore (% su totale degli accordi che trattano di retribuzione variabile)
Al netto delle altre voci tematiche, la questione del Premio rimane comunque la più rilevante dal punto di vista numerico e presenta alcune specificità. Il PdR ricorre maggiormente negli accordi territoriali – perché in molti casi affrontano la questione della detassazione – e al Nord, meno frequentemente tra gli accordi multi territoriali. Per quanto riguarda il settore il manifatturiero, questo tema viene trattato in oltre il 54% dei casi, mentre tra i servizi la questione è molto meno ricorrente.
Una considerazione a parte va fatta per il tema dell’Equità, questione che rientra nell’area del trattamento economico e strettamente connessa ai premi, ma che presenta un numero marginale di ricorrenze (n.13; 0,8%). Per Equità si intendono quelle clausole migliorative che determinavano il calcolo del premio, tuttavia questo tema è limitato a una manciata di documenti che sono perlopiù rinnovi di accordi di grandi aziende, in particolare riguardanti il calcolo pro quota del premio in caso di congedo di maternità.
54,3%
55%
43,3%
38,4%
39,4%
30,8%
Accordi aziendali
Accordi territoriali
Nord
Centro
Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
Manifattura
Servizi
Terziario
63,6%
Figura 28 Premio di risultato considerato rispetto a tipo di documento e zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
33,3%
24,7%
Figura 29 Premio di risultato considerato rispetto a settore (% su totale entro ogni categoria)
La questione specifica che riguarda il tema del premio, e che in parte ne determina anche la notevole ricorrenza, è la possibilità di poter detassare l’importo erogato grazie alla legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) aspetto rilevato attraverso la voce Riferimento a normativa. Di fatto oltre il 75% (n.520) degli accordi sul premio prevede un riferimento alla detassazione, quota che supera l’84% considerando i soli accordi degli anni 2016/2017.
Tabella 22 Percentuale di Premi di Risultato in cui compare anche il Riferimento a normativa
Riferimenti A Normativa
No | Sì | Totale | |
Premio Di Risultato | 24,8% | 75,2% | 100% (684) |
Totale | 69,9% | 30,1% | 100% (1700) |
Strettamente connesso alla detassazione c’è la possibilità di convertire il premio in welfare, anche questo aspetto introdotto dalla legge di bilancio 2016. In tal senso, parlando di percentuali è più logico riferirsi al totale degli accordi sul Premio, piuttosto che al campione complessivo, tenendo presente che tutti gli accordi sulla convertibilità fanno rifermento ovviamente alla norma di detassazione.
Totale Accordi sul Premio di risultato 684 - 100%
520 fannno riferiemnto alla Normativa sulla detassazione - 75%
193 prevedono la possibilità di convertire il Premio in Welfare - 36%
52,7%
Previdenza integrativa Sanità integrativa
Istruzione e servizi educativi Prestazioni sociali e assistenziali
Cultura e ricreazione Carte acquisto e buoni pasto Trasporti collettivi e individuali Credito/prestiti/anticipo Tfr
Conto/Portafoglio welfare
Tra i 193 accordi che prevedono la possibilità di convertire il premio, 112 (il 58%) presentano anche specifiche prestazioni di welfare integrativo10, come riportato in figura 23.
34,8%
42,9%
22,3%
22,3%
38,4%
8,9%
18,8%
16,1%
Figura 30 Prestazioni previste dalla convertibilità del Pdr in Welfare
Un aspetto interessante emerso dalla lettura degli accordi è il fatto che talvolta la determinazione e l’erogazione del premio viene accompagnata da una fase di consultazione e monitoraggio congiunto, implicando un ruolo attivo delle parti. In questo senso è indicativo il fatto che la metà degli accordi sul PdR preveda anche norme relative a coinvolgimento e partecipazione.
Tabella 23 Incrocio tra Accordi su PdR e Coinvolgimento e Partecipazione
Coinvolgimento e Partecipazione
Premio di risultato Totale | No | Sì | Totale |
50% | 50% | 100% (684) | |
56,9% | 43,1% | 100% (1700) |
La figura che segue riporta l’andamento sui tre anni dei diversi elementi afferenti al tema del trattamento economico. Come si può vedere la ricorrenza del tema PdR risulta praticamente invariata sui tre anni, e anche Altra retribuzione variabile presenta un andamento piuttosto stabile. La convertibilità, invece, con l’introduzione della normativa sulla detassazionesi attesta da subito al 12,5% degli accordi per poi crescere ancora nel corso del 2017, lasciando intravedere un margine di ulteriore miglioramento. Anche il tema della retribuzione fissa subisce un aumento progressivo nel corso dei tre anni.
10 Si potrebbe trattare anche di istituti non necessariamente connessi al dispositivo del Premio, e quindi alla sua convertibilità, ma citati in diversi paragrafi degli accordi.
40,4% 40,1%
40,6%
15,9%
18,1%
20,8%
10,2%
12,5%
14,1%
10,5%
0,0%
2015
2016
2017
Premio di risultato
Altra retribuzione variabile
Convertibilità Pdr in welfare
Elementi fissi
Figura 31 Andamento annuo dei temi riferiti all’area del Trattamento economico (% su totale entro ogni anno)
Focus su Premio di Risultato
Proprio a fronte dell’importanza rivestita dal tema del premio di risultato, si è deciso di procedere a una rilettura dei documenti che lo trattano rilevando l’importo del premio e gli indicatori utilizzati per determinarlo. Le distribuzioni che seguono si riferiscono esclusivamente al totale di accordi sul premio (n.684), si tratta perlopiù di accordi aziendali, e in maggioranza del settore manifatturiero. Gli accordi sul premio del settore pubblico (ovvero le forme di premialità previste dalla normativa e dai contratti) non sono molti e presentano della particolarità, non solo perché è più complesso definire i criteri di misurazione della performance aziendale, ma soprattutto perché le risorse destinate spesso sono indicate in modo collettivo negli accordi e sono citate solo come dotazioni complessive.
18,7%
81,3%
Accordi Territoriali
Terziario Agricoltura Manifattura | 10,8% |
22,5% | |
65,8% |
Accordo aziendale Accordi territoriali
Accordi Aziendali
Settore Pubblico Terziario Servizi Manifattura | 1,4% |
26,3% | |
12,2% | |
58,6% |
Figura 32 Distribuzioni del tipo di documento e settore entro il totale di accordi che trattano di PdR (n.684)
Va precisato che gli accordi territoriali (n.128) non sempre entrano nel merito della determinazione del premio11; nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di accordi territoriali che consentono alle imprese prive di rappresentanze sindacali di accedere allo schema della detassazione. Per tale motivo si tratteranno solo gli aziendali (n.556).
11 In oltre l’85% degli accordi territoriali sul premio, infatti, non vengono specificati né l’importo né i parametri, almeno all’interno del testo di accordo e magari rimandando a commissioni tecniche. L’importo del premio è specificato solo in 40 dei territoriali che trattano questo tema, e il valore medio (considerando sia gli importi massimi che i valori unici) si attesta sui 615 euro.
Innovazione
Efficienza
Qualità
Produttività
Redditività
49,6%
52,2%
Gli indicatori (o parametri) considerati per la determinazione del premio sono cinque: Produttività – che è anche il più ricorrente anche perché comprende al suo interno gli indicatori riferiti all’assenteismo che sono piuttosto frequenti –, Redditività – in particolare in riferimento a MOL e EBIDTA –, Qualità, Efficienza e Innovazione – quest’ultima in un numero marginale di accordi –.
35,1%
26,3%
2,3%
Figura 33 Percentuale di ricorrenza degli indicatori entro gli accordi aziendali su PdR (n.556)
Va precisato che circa il 30% (n.175) di questi accordi non presenta alcun rifermento al tipo di parametri utilizzati per il calcolo dell’importo da erogare. Si tratta per lo più di documenti che si riferiscono al premio solo in maniera generale, perché trattano dell’adesione alla normativa sulla detassazione o della possibilità di convertire lo stesso in welfare aziendale, e quindi non entrano nel dettaglio di come è stato/sarà determinato il premio. Inoltre va considerato il fatto che spesso, soprattutto negli accordi di gruppo, non ci sono indicazioni salariali o sui parametri perché sono temi rimessi alla contrattazione dei singoli stabilimenti. In diversi accordi, infine, la questione del premio viene solo posta come intenzione e successivamente trattata in specifici tavoli negoziali e/o tecnici. Nella maggior parte dei casi gli indicatori introdotti sono almeno due (1-2 indicatori: 37,9%), il 16,8% degli accordi utilizza 3 indicatori, e il 12,5% 4 indicatori.
La tabella che segue mostra le associazioni tipiche dei parametri utilizzati nella determinazione del premio, ne emerge un quadro in cui il binomio Redditività-Produttività è preponderante, talvolta integrato a indicatori di Qualità ed Efficienza.
Tabella 24 Distribuzione di frequenza delle associazioni degli indicatori negli accordi aziendale sul PdR
Val.%
Redd. Prod. Qual. Eff. Redd. Prod. Redd. Prod. Qual. Redditività Produttività Prod. Qual. Redd. Prod. Eff. Prod. Qual. Eff. Redd. Qual. Redd. Prod. Qual. Eff. Inn. | 17,7 |
16,6 | |
12,9 | |
12,4 | |
9,2 | |
6,1 | |
4,2 | |
4,2 | |
2,6 | |
1,8 |
La figura che segue mostra la differente ricorrenza dei vari parametri rispetto all’anno di stipula dell’accordo, in cui si può notare come il 2015 si caratterizzi soprattutto per utilizzo di Redditività e Produttività, mentre nel 2017 comincia a diffondersi l’uso di indicatori legati all’Innovazione.
58,5%
56,2%
46,9%
47,2%
49,5%
30%
27,5%
23,9%
51,0%
48,1%
35,7%
26,6%
1,5%
5,3%
2015
2016
2017
Redditività Produttività Qualità Efficienza Innovazione
Figura 34 Ricorrenza dei diversi tipi di indicatori entro gli anni di firma (% su totale entro ogni categoria)
Redditività Produttività Qualità Efficienza Innovazione
Manifattura
Servizi
Terziario
Un’ulteriore considerazione può essere fatta rispetto al settore e l’utilizzo dei vari tipi di indicatori. Come si può vedere dalla figura che segue, tra gli accordi dei servizi, il parametro più utilizzato è la Redditività, viceversa l’Efficienza viene considerata in un numero marginale di casi. Nel settore manifatturiero spiccano le percentuali degli indicatori di Qualità ed Efficienza, sensibilmente più alte rispetto ai valori medi (cfr. fig.33) e più in generale valori più alti per ciascun gruppo di indicatori, segno di schemi più articolati per la determinazione del premio stesso.
60,1%
56,4%
50,0%
39,7%
34,9%
42,6%
42,0%
33,5%
25,5%
19,9%
23,5%
10,3%
1,4%
1,5%
3,1%
Figura 35 Ricorrenza dei diversi tipi di indicatori entro i settori merceologici (% su totale entro ogni categoria)
Da ultimo è possibile analizzare le ricorrenze dei vari indicatori rispetto alla dimensione aziendale. In questo caso, per avere un’idea più precisa della distribuzione si è fatto riferimento alla matrice aziendale (n.398 aziende che presentano accordi su PdR). Come si può vedere la questione Produttività risulta dirimente soprattutto per le medie e piccole imprese, a fronte di valori più contenuti dei parametri di Redditività. Gli indicatori legati all’Innovazione, per quanto contenuti, attengono per lo più alle grandi aziende.
58,3%
61,0%
56,8
%
59,6%
55,0%
55,0% 54,1%
44,1%
44,0%
40,0%
30,5%
31,4%
30,6%
35,1%
29,7%
21,7%
1,7%
2,5%
2,8%
4,5%
Piccole Imprese (meno di 49 addetti)
Medie Imprese (50-249 addetti)
Medio-Grandi Imprese (250- Grandi Imprese (Oltre 1000
999 addetti)
addetti)
Redditività Produttività Qualità Efficienza Innovazione
Figura 36 Ricorrenza dei diversi tipi di indicatori entro i settori merceologici (% entro ogni categoria su totale aziende)
Un’ulteriore informazione ricavata dalla rilettura di questi accordi riguarda l’importo del premio, rilevato come valore massimo o importo unico. Anche in questo caso sono stati considerati i soli accordi aziendali, inoltre va precisato che circa il 30% degli accordi non ha indicato l’importo, per gli stessi motivi di cui si è detto a proposito degli indicatori. Di fatto, quindi, ci si riferirà complessivamente a 389 accordi aziendali, il cui importo medio complessivo è pari a 1.409 euro, ma che presenta una notevole variabilità nella distribuzione. Va ribadito che nel calcolo dell’importo medio del premio sono stati presi in considerazione solo i valori massimi o gli importi unici, mentre si è deciso di non considerare i valori minimi e/o l’articolazione dell’entità del premio per le differenti qualifiche. Va considerato infatti che di frequente gli importi dei PdR variano anche in base al livello di inquadramento e quindi la determinazione dei loro valori risulta ancora più complessa. Ciò premesso, il valore medio che emerge è piuttosto alto anche perché si riferisce agli importi massimi raggiungibili in situazioni ottimali (100% degli obiettivi raggiunti), soprattutto se considerati per i livelli professionali più avanzati. In ogni caso si tratta dei valori concordati in ambito negoziale, i quali andrebbero confrontati con quelli determinati a consuntivo in base al raggiungimento o meno degli obiettivi.
Fino a 500
Euro; 16,2%
Oltre 2000 Euro;
19%
Oltre 1500 fino Oltre 500 fino a
a 2000 Euro; 1000 Euro; 22,4%
19%
Oltre 1000 fino a 1500 Euro; 23,4%
Figura 37 Distribuzione in Classi dimensionali dell'importo del PdR
Le distribuzioni presentate nella tabella che segue mostrano medie più elevate e simili per gli importi determinati negli anni 2015 e 2017, a fronte di una netta differenza degli importi stabiliti per il 2016. Questo risultato poterebbe in parte essere spiegato dal fatto che il 2016 è l’anno di re-introduzione della detassazione, la normativa prevedeva una somma massima detassabile per lavoratore pari 2.000 Euro (elevabile a 2.500 euro per partecipazione diretta del lavoratore),
2015
2016
2017
Fino a 500 Euro
Oltre 500 fino a 1000 Euro
Oltre 1000 fino a 1500 Euro
Oltre 1500 fino a 2000 Euro Oltre 2000 Euro
21,9%
27,7%
18,2%
13,1%
18,3%
18,3%
25,5%
22,2%
16,2%
25,3%
23,2%
11,1%
19,0%
15,7%
24,2%
Media 1.523
Media 1.266
quindi è probabile che la maggior parte delle aziende si sia attestata sotto quella soglia. Nel 2017, invece, il valore detassabile è stato innalzato a 3.000 euro (elevabile a 4.000 Euro) e questo potrebbe aver determinato l’aumento dell’importo medio dei premi previsti negli accordi. Il 2015 si caratterizza, invece, come anno di transizione; anche se per quell’anno la norma precedente sulla detassazione dei Pdr non era stata confermata, è verosimile che gli accordi siglati fino alla mancata proroga (giugno 2015) abbiano considerato il tetto massimo detassabile determinato dalla legge 228/2012, ovvero 3.000 Euro, determinando in tal modo importi simili a quelli 2017.
Media 1.485
Figura 38 Classi dimensionali dell'importo del PdR considerate per anno di firma del documento (% su totale entro ogni categoria)
Manifattura
Servizi
Terziario
Fino a 500 Euro
Oltre 1000 fino a 1500 Euro
Oltre 2000 Euro
Oltre 500 fino a 1000 Euro
Oltre 1500 fino a 2000 Euro
17,3%
20,0%
25,3%
21,3%
23,8%
38,1%
19,0%
9,5%
18,6%
22,0%
22,3%
15,5%
16,0%
9,5%
21,6%
Media 1.334
Media 1.339
Considerando le classi dimensionali del premio entro i diversi settori, si può vedere come sia il terziario a vantare mediamente importi più consistenti, nonostante sia anche il gruppo con un maggior numero di accordi al di sotto dei 500 Euro. Questo è plausibile se si considera l’eterogeneità interna che caratterizza questo settore e gli importi medi piuttosto elevati dei bancari. Il maggior numero di accordi sopra i 1.500 euro appartiene al settore manifatturiero, grazie soprattutto a chimici e meccanici, mentre i servizi si caratterizzano per la forte incidenza di premi di importo medio (tra 1.000 e 1.500 Euro).
Media 1.443
Figura 39 Classi dimensionali dell'importo del PdR considerate per settore (% su totale entro ogni categoria)
Da ultimo l’importo del premio può essere considerato rispetto alla dimensione aziendale, come prevedibile le grandi imprese sono quelle che presentano valori maggiori.
Media 1.287
17,0%
17,0%
29,8%
21,3%
14,9%
Media 1.264
16,7%
20,8%
31,2%
17,7%
13,5%
17,6%
Media 1.343
16,5%
27,1%
20,0%
18,8%
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) Medie Imprese (50-249 addetti)
22,4%
Media 1.548
21,1%
25,0%
18,4%
13,2%
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti)
Fino a 500 Euro Oltre 500 fino a 1000 Euro Oltre 1000 fino a 1500 Euro
Oltre 1500 fino a 2000 Euro Oltre 2000 Euro
Figura 40 Classi dimensionali dell'importo del PdR considerate per dimensione aziendale (% entro ogni categoria su totale aziende)
Considerazioni generali sul Premio di Risultato
A partire dalla evidenze emerse nel corso del focus sul premio di risultato, è possibile avanzare una serie di considerazioni a proposito. È chiaro che si tratta di un istituto piuttosto diffuso nella contrattazione di secondo livello e questo soprattutto in ragione delle norme di defiscalizzazione che ne agevolano l’erogazione e garantiscono importi tendenzialmente più elevati. In generale, lo schema contrattuale, i criteri e i meccanismi di calcolo sono abbastanza omogenei questo ne rivela anche uno dei principali limiti, ovvero l’utilizzo di indicatori più “tradizionali” (redditività, produttività, presenza) rispetto a quelli più innovativi in cui viene valorizzata la partecipazione diretta dei lavoratori. In particolare il parametro legato alla presenza condiziona molto la fruizione del premio perché nella maggioranza dei casi, una volta definito nel suo valore-obbiettivo, il premio viene differenziato o sulla base di un tasso medio di assenteismo o, più frequentemente, proprio sulla base delle assenze individuali (il parametro presenza è di solito corretto escludendo infortuni, maternità, Legge 104, permessi e in alcuni casi anche malattie con ricovero e lunghe). Più raramente fra i criteri di calcolo viene inserita la qualità del prodotto (1° o 2° scelta), il risparmio energetico e la sicurezza, che però non sempre viene considerata in accezione positiva (quanti e quali infortuni). L’elemento che prevale su tutti è quello della dinamica del costo del lavoro mentre trovano meno spazio aspetti come: il management, il processo pubblicità-promozione-distribuzione, questioni riguardanti l’impiantistica e i brevetti, il ruolo partecipativo/propositivo dei lavoratori, etc. D’altronde diversi accordi, soprattutto di grandi gruppi e di più vecchia tradizione contrattuale, introducono parametri molto dettagliati che evidenziano un legame con il tipo di produzione e con l’organizzazione del lavoro specifici per quella particolare impresa.
Anche per quanto riguarda i “pacchetti welfare” si nota una certa omogeneità e standardizzazione nell’erogazione delle prestazioni. In questa prospettiva sarebbe auspicabile un peso maggiore del processo contrattuale per evitare il solo affidamento all'offerta di benefit e servizi definiti dall'azienda o dal mercato, e garantire un sistema più efficacie, inclusivo e innovativo, progettato a partire dai bisogni individuali e di intreccio con il territorio.
Gli accordi sul premio nei servizi (in particolare i bancari) e nel settore pubblico (enti non commerciali) si caratterizzano per diverse particolarità rispetto agli altri settori, e spesso è più complesso definire i criteri di misurazione della performance aziendale. In generale in questi settori vi è un rapporto diverso e diretto con la clientela da parte dei lavoratori, inoltre le risorse sono destinate in modo collettivo e spesso negli accordi sono citate solo come dotazioni complessive di comparto.
In generale, gli accordi oltre a parlare di Premio di risultato e di welfare (non sempre scelto volontariamente) affrontano anche altri istituti economici, che possono essere indennità legate all’organizzazione del lavoro, agli orari, alla disponibilità individuale o altri tipi di indennità.
Infine va precisato che la lettura degli accordi territoriali del settore edile non è di facile interpretazione senza considerare come si compongono gli elementi presi a riferimento, che sono quelli dettati dal CCNL, infatti per determinare gli importi è necessario considerare gli accordi di verifica dell’EVR per individuare se e quanto salario a livello locale è stato corrisposto.
4. Orario di lavoro
L’area relativa all’orario di lavoro, terza in termini di ricorrenze (35,5%), si articola in tre istituti contrattuali e diverse norme specifiche. In generale, il tema dell’orario aziendale è il più ricorrente, insieme agli istituti contrattuali tipici che vi si legano, come ferie, straordinario e riposi/permessi. Dall’altro canto, le norme che regolano le forme flessibili dell’orario lavorativo sono oggetto di contrattazione più raramente.
8,4%
13,1%
0,6%
12,2%
6,2%
15,6%
1,5%
3,5%
2,6%
5,8%
4,4%
Struttura dell’orario 23,1%
Orario aziendale Turni / cicli
Istituti contrattuali 27%
Xxxxx Xxxxx (per lavoratori stranieri) Supplementare / straordinario Domenica e/o festivo/ notturno Riposi / Rol / Permessi
Forme e modalità flessibili di orario 13,8%
Clausole elastiche/flessibili part-time
Reperibilità Multiperiodale / stagionalità
Banca ore Flessibilità entrata e uscita
20,8%
Figura 41 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Orario di Lavoro (% su totale degli accordi)
Considerando il tipo di accordo spicca il fatto che l’area dell’orario sia particolarmente diffusa tra i territoriali, probabilmente per il fatto che questo tipo di accordi essendo più ricchi tematicamente, trattano maggiormente questo tema. In effetti analizzando la media del numero di temi negli accordi che trattano l’orario di lavoro, emerge un valore piuttosto alto (13,6), a indicare il fatto che di solito si parla di questo tema in integrativi estesi e più raramente in accordi monotematici (cfr. Fig.13).
38,8%
33,6%
25,2%
21,4%
22%
12,4%
Struttura dell'orario
Istituti Contrattuali
Forme e modalità flessibili di orario
Accordi aziendali Accordi territoriali
Figura 42 Distribuzione Orario di Lavoro rispetto al tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
Gli accordi sull’orario sembrano avere una caratterizzazione geografica. Quasi la metà degli accordi del Sud infatti trattano i temi di Struttura dell’orario e Istituti Contrattuali, contro
percentuali nettamente inferiori delle altre zone geografiche. Poco diffusi sono invece tra gli accordi multi-territoriali, probabilmente perché questo tipo di tematiche sono più spesso demandate a livello di impianto o unità produttiva.
45,6%
48,3%
33,2%
27,4%
30%
25%
14,9%
17,5%
17,8% 15,8% 18,9%
9,6%
Struttura dell'orario
Istituti Contrattuali
Forme e modalità flessibili di orario
Nord Centro Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
Figura 43 Distribuzione Orario di Lavoro rispetto alla zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Settore Pubblico Terziario Servizi Manifattura
Forme e modalità flessibili di orario
Istituti Contrattuali
Struttura dell'orario
36,8%
Riguardo ai settori si può notare che circa il 37% degli accordi del settore pubblico fa riferimento a istituti contrattuali dell’orario, e in particolare si tratta del tema degli straordinari che ricorre piuttosto frequentemente nel settore. La prevalenza del manifatturiero nella struttura orario è sostanzialmente da attribuire alla definizione dei turni, particolarmente ricorrente in questo tipo di accordi. Vanno evidenziati anche i valori relativamente elevati del settore manifatturiero per le forme di flessibilità oraria che spesso è riferita alle norme sulla Multiperiodalità /Stagionalità, mentre questo tipo di argomenti è di rado dibattuto tra gli accordi del terziario e dei servizi.
27,5%
24,9%
26,1%
26,1%
17,1%
16,8%
15,8%
16,4%
15,7%
12,0%
7,5%
Figura 44 Distribuzione Orario di Lavoro rispetto a settore (% su totale entro ogni categoria)
Infine va sottolineato come la dimensione di impresa sia rilevante per la contrattazione dell’orario: di rado quest’area viene trattata negli accordi delle imprese più piccole, mentre lo si fa in oltre la metà delle aziende oltre i 1.000 addetti (vd. Fig.45).
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 27,4% | ||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 47,8% | ||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 48,8% | ||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 52,7% | ||
Totale | 46,7% |
Figura 45 Distribuzione Orario di lavoro rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
5. Organizzazione del lavoro
Il tema relativo all’organizzazione del lavoro (25,4%) si declina in due istituti principali: Prestazioni di lavoro – che si compone di norme piuttosto eterogenee –, e Assetto Organizzativo, le cui voci sono riconducibili perlopiù all’innovazione organizzativa.
La voce relativa alle missioni e i distacchi è piuttosto consistente ed è interessante notare come sia legata molto spesso agli indennizzi relativi al tema (72%). Anche la questione dei controlli è piuttosto dibattuta, soprattutto quelli a distanza specie per gli accordi sulla videosorveglianza che sono piuttosto frequenti tra gli aziendali.
0,5%
5,1%
3,5%
0,1%
1,7%
3,5%
1,2%
5,7%
1,1%
0,3%
3,1%
1,8%
1,1%
0,9%
Prestazione di lavoro 16,3%
Carichi di lavoro Ritmi / pause Polifunzionalità e polivalenza
Riconoscimento invenzioni lavoratori Missioni / trasferte / distacchi
Controlli diretti Controlli a distanza e gestione dei dati
Introduzione nuove tecnologie Cambiamento organizzativo
Assetto Organizzativo 12,2%
Sistemi di qualità Teamworking Smartworking Telelavoro / a distanza Partecipazione diretta
Rapporti con utenze/clienti
6,6%
Figura 46 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Organizzazione del lavoro (% su totale degli accordi)
Tra gli accordi territoriali, si nota una netta differenza tra i due Istituti, con le prestazioni di lavoro che registrano circa il triplo di ricorrenze rispetto all’assetto organizzativo. Questo dipende dalla composizione dei due istituti, per cui di rado nei territoriali si fa riferimento a aspetti innovativi dell’organizzazione del lavoro, mentre è più probabile che si parli di temi quali ritmi e pause, trasferte e polifunzionalità. Gli accordi aziendali, invece, risultano più in linea con i valori complessivi dei due istituti (cfr. Fig.31).
6,5%
Accordi territoriali
19,0%
13,2%
Accordi aziendali
15,8%
Assetto organizzativo
Prestazione di lavoro
Figura 47 Accordi su Assetto organizzativo e Prestazione di lavoro per tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
Rispetto alla ripartizione geografica si può notare una netta preponderanza dei temi relativi alle prestazioni di lavoro al Sud, mentre i temi legati all’assetto organizzativo riguardano soprattutto gli accordi multi territoriali, probabilmente per il fatto che i gruppi e le grandi aziende sono quelle che più frequentemente implementano innovazioni dal punto di vista organizzativo. A riprova di ciò, quasi la metà degli accordi di grandi imprese trattano di quest’area (cfr. fig.48). Va evidenziato anche il fatto che questo tipo di istituti contrattuali, in generale, riguarda soprattutto le medio grandi aziende a partire dai 250 addetti, in particolare quelle molto grandi sopra i 1.000 addetti (nel 49% dei casi).
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 19,0% | |||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 24,5% | |||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 35,2% | |||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 48,9% | |||
Totale | 34,2% |
Assetto organizzativo
Prestazione di lavoro
Nazionale- Multiterritoriale
Sud e Isole
Centro
Nord
27,2%
Figura 48 Distribuzione Organizzazione del lavoro rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
15,4%
15,0%
16,4%
14,8%
9,5%
9,2%
5,0%
Figura 49 Accordi su Assetto organizzativo e Prestazione di lavoro per zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Come si può vedere dalla tabella che segue le Prestazioni di lavoro sono piuttosto ricorrenti tra gli accordi del settore pubblico e della manifattura, nel primo caso incide l’apporto della voce specifica Polivalenza e Polifunzionalità che in questo tipo di documenti viene considerata spesso in relazione alla ripartizione dei fondi accessori; nel secondo invece incidono molto i temi relativi a Missioni, trasferte e distacchi e Ritmi/pause. Va evidenziato anche il fatto che il tema relativo ai Sistemi di qualità, seppur residuale rispetto al totale degli accordi (1,1% n.19), ricorra quasi esclusivamente nel settore manifatturiero (n.16). Il valore relativo alla Prestazioni di lavoro nel terziario, invece, sono da imputarsi soprattutto ai Controlli a distanza che in questo settore ricorrono nel 6,5% degli accordi.
20,9%
17,8%
16,0% 14,9%
11,8% 12,9%
12,7%
6,0%
Settore Pubblico
Terziario
Servizi
Manifattura
Prestazione di lavoro
Assetto organizzativo
Figura 50 Accordi su Assetto organizzativo e Prestazione di lavoro per settore (% su totale entro ogni categoria)
Settore Pubblico 7%
Per avere un maggiore dettaglio di analisi sui temi che predispongono effettivamente l’innovazione organizzativa, sono state aggregate le voci relative a Teamworking, Smartworking e Telelavoro che complessivamente ricorrono nel 5,2% (n.75) del totale degli accordi aziendali (n.1.451). Considerando la distribuzione di questo tema aggregato rispetto al settore, si può vedere come questi accordi riguardino soprattutto il terziario, in cui incide particolarmente il settore relativo a Credito e assicurazioni che da solo raccoglie circa il 27% del totale, seguito da Commercio e turismo (9%). Tra questi accordi spicca anche il settore manifatturiero, spinto in particolare dai meccanici (15%) e dai chimici (12%).
Manifattura 35%
Terziario 41%
Servizi 17%
Figura 51 Distribuzione della voce aggregata Teamworking, Smartworking e Telelavoro rispetto al settore (% su totale entro voce tematica)
6. Inquadramento e Formazione
La sesta macro area (30%) si compone di 3 istituti, in cui i primi due sono riferiti a inquadramento e mansioni, mentre il terzo riguarda più specificatamente la questione della formazione professionale, in cui il tema specifico risulta prevalente.
1%
4,9%
10,5%
6,2%
0,2%
4,9%
2,2%
1,5%
1,7%
Inquadramento 12,4%
Quadri Qualifiche
Classificazione profili professionali
Mansioni 10,6%
Definizione mansioni Deroghe/demansionamento Valorizzazione professionale
Formazione 19,9%
Diritto allo studio | 3,1% |
Formazione linguistica stranieri | 0,4% |
Formazione professionale / continua Formazione all’innovazione Certificazione/libretto formativo Alternanza scuola-lavoro
17,6%
Figura 52 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Inquadramento e Formazione (% su totale degli accordi)
Considerando questi aspetti in rapporto al tipo di accordo, emerge come siano molto frequenti tra i territoriali gli istituti relativi a inquadramento e mansioni in cui incidono in larga parte gli accordi dell’agricoltura che di solito elencano e definiscono le mansioni previste dai contratti (cfr. Fig.39). Tra gli aziendali, invece, le voci relative alla formazione sono più frequenti, anche se nella maggior parte dei casi riguardano la semplice formazione professionale, non orientata all’innovazione. È interessante sottolineare anche che oltre un quarto della formazione professionale (25,5%12) contrattata nei territoriali è legata all’intervento degli Enti bilaterali.
31,1%
29,3%
30,6%
25,4%
26,1%
22,0%
18,8%
17,9%
15,5%
12,9%
15,8%
11,9%
Accordi aziendali
Accordi territoriali
Nord
Centro
Sud e Isole Nazionale-
Multiterritoriale
Inquadramento e Mansioni Formazione
Figura 53 Inquadramento e Mansioni e Formazione per tipo di accordo e Zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
12 Questa percentuale è ricavata dall’incrocio tra la voce tematica Formazione professionale e Formazione (in 2.6
Bilateralità), considerate entro il totale di accordi territoriali.
La figura che segue riporta il dettaglio degli istituti considerati per settore e divisi in base al tipo di accordo. Come si accennava in precedenza, i territoriali si caratterizzano per la forte presenza di formazione- soprattutto di tipo bilaterale – nel settore edile e molti accordi sulla classificazione dei profili professionale e definizione delle mansioni tra gli agricoli –. Tra gli accordi aziendali, invece, va evidenziato il numero consistente, ma prevedibile, di accordi del manifatturiero che trattano di formazione e il 42% di accordi del settore pubblico che riguardano temi relativi all’inquadramento professionale.
Accordi Aziendali
Accordi Territoriali
67,2%
63,5%
43,6%
32,4%
26,7%
23,6%
29,3%
20,9%
7,2%
19,2%
12,9%
10,3%
13,5%
7,5%
Settore Pubblico
Terziario
Servizi Manifattura
Terziario Manifattura Agricoltura
Inquadramento e mansioni
Formazione
1
Figura 54 Inquadramento e Mansioni e Formazione per settore e tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
Per quanto riguarda l’analisi dell’area rispetto alla dimensione aziendale, emerge una netta differenza tra le ricorrenze delle piccole imprese e quelle delle più grandi, dove le prime presentano pochi accordi che trattano di inquadramento e formazione, mentre le seconde lo fanno in quasi la metà dei casi.
Piccole Imprese (meno di 49 addetti)
16,7%
Medie Imprese (50-249 addetti)
34,0%
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti)
39,5%
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti)
45,1%
Totale
36,5%
Figura 55 Inquadramento e formazione rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
7. Occupazione e rapporto di lavoro
L’area relativa a occupazione e rapporti di lavoro (27,5%) si sviluppa a partire da quattro istituti principali legati all’utilizzo delle forme contrattuali, all’assunzione dei lavoratori, agli appalti e ai licenziamenti. Come si può vedere, l’istituto contrattuale relativo agli appalti compare in circa l’11% degli accordi (cfr. Fig.56) e ha una connotazione fortemente territoriale (cfr. Fig.57). Complessivamente, le varie forme contrattuali ricorrono in circa il 17% dei casi, ma si distinguono molto al loro interno, per questo saranno analizzate in maniera più dettagliata. I temi che ricorrono più spesso sono quelli che riguardano le modalità di assunzione, che insieme ai criteri di selezione raggiungono circa l’8% del totale. Stabilizzazione e trasformazioni, invece, sono più direttamente connesse a specifiche forme contrattuali. Gli accordi che invece trattano di licenziamenti e sanzioni disciplinari sono pochi, questo perché i licenziamenti collettivi ricadono perlopiù nell’ambito degli interventi sui lavoratori a fronte di crisi aziendali trattati nell’Area 11, mentre in questo caso si tratta perlopiù di procedimenti individuali.
2,6%
5,7%
8,7%
2,6%
1,0%
3,4%
0,8%
5,7%
0,9%
3,1%
6,5%
1,2%
1,8%
1,7%
2,1%
Utilizzo forme contrattuali 16,8%
Tempo indeterminato Tempo determinato
Part-time Somministrazione Collaborazioni/Accessorio/Intermittente Apprendistato/ Stage e tirocini
Altro (autonomi)
Assunzioni 11,9%
Modalità e tipologia assunzioni
Turn-over Criteri di selezione personale Stabilizzazioni e trasformazioni
Periodo di prova
Appalti/rapporti con fornitori/clausole sociali
Licenziamenti e norme disciplinari 3,8%
Risoluzione contratti / dimissioni
Licenziamenti Sanzioni e Procedimenti disciplinari
11,2%
Figura 56 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Occupazione e Rapporti di lavoro (% su totale degli accordi)
32,8%
29,7%
14,7%
15,9%
11,2%
10,8%
7,6%
2,7%
Utilizzo Forme Contrattuali
Assunzioni
Appalti/ Clausole Licenziamenti e norme sociali disciplinari
Accordi aziendali Accordi territoriali
Assunzioni
Licenziamenti e norme disciplinari
Utilizzo Forme Contrattuali
Appalti/ Clausole sociali
Nazionale- Multiterritoriale
Sud e Isole
Centro
22,1%
Nord
Figura 57 Istituti Contrattuali Occupazione e rapporti di lavoro per tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
20,5%
13,5%
17,8%
5,8%
12,9%
13,3%
3,8%
18,3%
12,2%
16,7%
3,9%
12,7%
10,5%
2,6%
5,3%
Figura 58 Istituti Contrattuali Occupazione e rapporti di lavoro per zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Anche in questo caso, sulla base delle differenze emerse dalla figura 57, si è preferito dividere l’analisi in base ai settori rispetto al tipo di documento, in modo da poter delineare un quadro più preciso. Come si può vedere, in effetti emergono marcate differenze: gli accordi territoriali del settore manifatturiero, in particolare edilizia, trattano in più della metà dei casi di appalti, e molto spesso anche di questioni legate agli aspetti contrattuali. Questo tipo di istituto spicca anche nel settore agricolo, in cui compare in almeno la metà dei casi, grazie all’apporto di temi come: part time, apprendistato e soprattutto contratti a tempo determinato. Quest’ultimo tema è molto utilizzato a causa della stagionalità di queste attività, ma va precisato che in molti casi vengono tematizzati meccanismi di stabilizzazione, motivo per cui in questo settore anche la voce assunzioni è piuttosto alta. Per quanto riguarda gli aziendali, si può notare come quest’area sia in generale poco diffusa nel settore pubblico, ma questo è abbastanza prevedibile in considerazione dei temi trattati nell’area e a partire dal fatto che i lavoratori di questo settore destinatari della contrattazione sono perlopiù dipendenti assunti a tempo indeterminato. Gli altri tre settori presentano invece distribuzioni abbastanza simili, con l’eccezione degli appalti, che ricorrono meno frequentemente nel terziario.
Anche in questo caso questi temi sono più frequentemente affrontati tra gli accordi delle grandi aziende (cfr. fig.60).
52,2%
50,0%
37,9%
34,5%
7,6
23,9%
17,5%
15,8%
12,8%
11,8%
4,9%
2,0%1,5%
Settore Pubblico
12,7%
10,1%
7,5%
3,0%
11,5%
6,6% 6,6%
2,6%
,3%
2,9%
1,1%
Terziario
Servizi
Manifattura
Manifattura
Agricoltura
Utilizzo Forme Contrattuali Assunzioni
Appalti/ Clausole sociali Licenziamenti e norme disciplinari
4
%
2
Figura 59 Istituti Contrattuali Occupazione e rapporti di lavoro per settore e tipo di documento
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 32,1% | |||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 32,7% | |||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 40,7% | |||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 48,4% | |||
Totale | 39,7% |
Figura 60 Occupazione e rapporti di lavoro rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
Per approfondire la questione relativa ai contratti a termine sono state aggregate le diverse fattispecie di queste forme contrattuali. Coerentemente con quanto emerso in precedenza, questi temi riguardano oltre il 20% dei territoriali e il 7,5% degli aziendali. Rispetto al settore merceologico la distribuzione è quella presentata nella tabella che segue, la quota del settore agricolo è sicuramente riconducibile a quanto detto sui territoriali (cfr. Fig.43), mentre è interessante notare come quasi il 24% degli accordi relativi al settore poligrafici e spettacolo faccia riferimento a questo tipo di forme contrattuali, in relazione alla specificità delle occupazioni che rientrano in questo settore. A seguire c’è un blocco abbastanza omogeneo nelle distribuzioni, per concludere con i settori meno interessati come credito e assicurazioni.
29,2%
23,7%
15,3% 13,8% 12,9%
11,1% 10,8% 10,3%
6,2%
4,4% 4,1% 4,0%
1,3%
Figura 61 Contratti a termine per settore (% su totale entro ogni categoria)
Un aspetto interessante che può essere evidenziato è il fatto che più di un quarto degli accordi che trattano temi relativi a forme contrattuali a termine, includono anche la possibilità di stabilizzare questi contratti (tabella 25).
Tabella 25 Accordi su contratti a termine considerati per Stabilizzazioni e trasformazioni Stabilizzazioni e trasformazioni
Contratti a termine Totale | No | Sì | Totale |
74,5% | 25,5% | 161 | |
93,5% | 6,5% | 1700 |
Settore Pubblico
11,2%
Manifattura
Servizi Terziario
Un’ultima considerazione può essere fatta rispetto agli accordi che trattano il tema del part time. Come si può vedere questa forma contrattuale ricorre nel 8,7% rispetto al totale degli accordi, mentre riguarda in maniera marginale gli accordi relativi ai settori pubblico e dei servizi. In generale questo tema all’interno degli accordi si lega di frequente alla possibilità di trasformare l’orario da tempo pieno a tempo parziale e, in effetti, se si osserva la tabella 26 questa relazione emerge piuttosto chiaramente. In molti casi questa possibilità è considerata una misura di conciliazione data alle madri lavoratrici con figli minori le quali hanno la possibilità di fruire dell’orario ridotto per un dato periodo di tempo.
8,7%
4,3%
3,5%
Figura 62 Accordi sul Part time considerato per settore (% su totale entro ogni categoria) Tabella 26 Accordi su contratti Part time considerati per Stabilizzazioni e trasformazioni
Stabilizzazioni e trasformazioni
Part-time Totale | No Si Totale |
59,5% 40,5% 148 93,5% 6,5% 1700 |
Considerazioni su Contratti di deroga al Jobs Act
Nell’ambito di questo rapporto sulla contrattazione di secondo livello è utile richiamare un lavoro di monitoraggio fatto nel 2015 su un campione di circa 100 accordi di contrasto al Provvedimento del Governo noto sotto il nome di Jobs Act, il quale ha cancellato l’art. 18 della legge n. 300, nel suo principio fondamentale, cioè la reintegra nel posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi. Un provvedimento contestato dalla Cgil, che dopo la sua approvazione, ha promosso un’azione contrattuale nei posti di lavoro tesa a sottoscrivere accordi in deroga a questo provvedimento legislativo, che ripristinassero, almeno in parte l’efficacia dell’art. 18. Gli accordi esaminati, sono stati firmati nei mesi successivi all’entrata in vigore del Jobs Act, ma nella realtà questa pratica contrattuale è continuata fino ad oggi, ricordiamo l’accordo sull’Ilva di qualche mese fa, dove è contenuta una clausola di ripristino dell’articolo 18, fino alla recente sentenza della Corte Costituzionale che sancisce la incostituzionalità del Jobs Act. Gli accordi analizzati intervengono, come richiesto dal centro confederale alle strutture territoriali e di categoria, a valle del dlgs 23/ 15 relativo alle cd assunzioni a tempo indeterminato con tutele crescenti. Le tre principali fattispecie raccolte sono costituite: dalle garanzie occupazionali per cambi di appalto, dalle procedure art.47 legge 428/90 cessioni/affitto rami d'azienda, dalle stabilizzazioni di contratti a termine o nuove assunzioni.
In un contesto molto complicato di crisi, con una forte spinta ad una contrattazione difensiva- ed addirittura in deroga a ribasso rispetto a norme e diritti previsti nei CCNL- e con un atteggiamento ostile della Confindustria, determinata difendere le norme restrittive introdotte dal Jobs Act, questi accordi assumono un notevole significato e testimoniano vitalità contrattuale e autonomia della contrattazione da forzature, strumentalizzazioni e semplificazioni propagandistiche della politica.
Del resto anche il principio giuridico del contratto a tutele crescenti, nello spirito e nella lettera del legislatore, prevede che scatti per tutti quei lavoratori che oggi sono in condizioni di lavoro precario o a tempo determinato e che attraverso il passaggio a questo nuovo contratto (a tutele crescenti appunto) possano transitare in una condizione più garantita e stabile. Se si sfrutta la fase del cambio appalto o cessione di ramo d'impresa per licenziare lavoratori e lavoratrici stabili ed a tempo indeterminato per riassumerli con il nuovo contratto a "tutele crescenti", è evidente che in questo caso si produce un declassamento che è assolutamente fuori dalla legge e quindi inaccettabile. Quindi in questi casi gli accordi sottoscritti servono a tutelare un principio giuridico che vorrebbe essere disconosciuto dalle imprese. Ciò dimostra che lo strumento della contrattazione è senz'altro, in questa fase, quello più utile ed efficace a riprendere il controllo della situazione e consentire che le nuove norme del Jobs act non vengano assimilate con rassegnazione ed acquisite come modello stabile e duraturo. E' bene quindi che questi accordi vengano generalizzati, anche nell'ottica di una battaglia per la riconquista di tutele universali sui licenziamenti illegittimi e quindi di un nuovo Statuto dei lavoratori che, evidentemente attiene ad un altro terreno di battaglia sindacale generale, erga omnes, che va oltre la contrattazione aziendale.
8. Ambiente Salute e Sicurezza
Come si è visto l’area Ambiente Salute e Sicurezza è quella che presenta un minor numero di ricorrenze, il 15,4% del totale (n.261), e questo può essere sostanzialmente spiegato da tre fattori. Il primo riguarda la forte regolazione sovra-aziendale di questa materia, poiché la legislazione su questi temi è disciplinata a livello nazionale (in particolare dal D.Lgs. 81/08) e, in secondo luogo, dai CCNL a cui la legge rimanda per la definizione e l’implementazione di diversi aspetti. Il secondo fattore riguarda il carattere non facilmente circoscrivibile delle questioni inerenti la tutela della salute e sicurezza, poiché le condizioni di lavoro sono determinate da numerosi aspetti contrattuali e, dunque, alcuni temi inerenti la tutela della salute e sicurezza sono contenuti in altre aree degli accordi, come ad esempio le rappresentanze sindacali (considerando ad esempio che i RLS sono eletti o nominati prioritariamente nell’ambito delle RSA/RSU e che le rappresentanze di sito sono disciplinate dall’art. 49 del D.Lgs. 81/08), gli orari di lavoro (considerando ad esempio le pause e i riposi), l’organizzazione del lavoro (considerando ad esempio la rilevanza della gestione dei ritmi, delle trasferte, dei cambiamenti organizzativi e tecnologici), la bilateralità (in particolare per gli accordi territoriali). L’ultimo fattore riguarda i criteri di progettazione della griglia tematica di quest’area. A differenza delle altre aree, infatti, in questo caso vengono rilevate aspetti che si collocano al di fuori delle norme che le regolano e quindi assumono un carattere residuale e meno ricorrente.
1,8%
1,1%
2,6%
4,2%
1,4%
0,7%
3,2%
2,1%
1%
Rappresentanti sicurezza 8,5%
Prerogative e designazione Rappresentanti sicurezza
Prestazioni per rappresentanti della sicurezza
Formazione per rappresentanti della sicurezza Formazione aggiuntiva per i lavoratori Informazione e consultazione sui temi della Ssl
Prevenzione 5,8%
Sorveglianza sanitaria Dispositivi di protezione individuale aggiuntivi
Obiettivi di miglioramento Ssl Interventi su: impianti, processi, prodotti,
materiali e ambiente esterno
Sgssl
7,6%
Figura 63 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Ambiente, Salute e Sicurezza (% su totale degli accordi)
Dall’analisi degli accordi emerge che gli avanzamenti rispetto alle leggi e alla contrattazione nazionale contenuti nell’Area Salute e Sicurezza riguardano soprattutto due aspetti, quello delle rappresentanze sindacali specifiche (RLS) e quello della prevenzione. Per quanto riguarda i RLS, gli accordi tendono a regolamentare le modalità di designazione e le prerogative di queste figure, le prestazioni e la formazione aggiuntiva (anche per i lavoratori) e i diritti di informazione e consultazione sui temi della SSL. Per quanto riguarda la parte sulla prevenzione, il tema più ricorrente è legato agli Obiettivi di miglioramento del Ssl che raccoglie tutte le intenzioni, più o meno generiche, di ottimizzazione dei sistemi di sicurezza; è un tema che viene trattato solo negli accordi aziendali e soprattutto del settore manifatturiero. I vari tipi di interventi per la prevenzione raccolgono solo il 2% e marginale è anche la quota di accordi che tratta di sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro (Sgssl), in entrambi i casi riguardano quasi esclusivamente le medio- grandi e grandi imprese del settore manifatturiero.
Dunque, i contenuti di quest’area tendono a focalizzarsi per lo più sul sistema di prevenzione nella sua complessità, mentre altri aspetti specifici sono contenuti nelle diverse aree degli accordi in relazione alla natura multifattoriale propria della tutela delle condizioni di lavoro.
Ambiente, Salute e Sicurezza
12,9%
31,5%
Rappresentante per la sicurezza
5,9%
25%
Formazione aggiuntiva per i lavoratori
Modalità migliorative di informazione e consultazione
Prevenzione
2,1%
6%
5,1%
3,4%
5,5%
7,8%
Sgssl
1,2%
Accordi aziendali Accordi territoriali
In termini percentuali gli accordi territoriali che trattano di ambiente salute e sicurezza sono più del 30% e questo dato dipende soprattutto dai temi relativi ai rappresentanti per la sicurezza. Va anche precisato che oltre la metà dei territoriali che trattano di ambiente salute e sicurezza (56%), lo fanno nell’ambito degli enti bilaterali (cfr. tab.22). Per quanto riguarda gli aziendali si può notare come le distribuzioni siano più simili ai totali di riferimento, tuttavia presentano delle specificità legate soprattutto al settore.
Figura 64 Accordi su Ambiente, salute e sicurezza considerato per tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria) Tabella 22 Incrocio tra Accordi su Ambiente, salute e sicurezza e Bilateralità- Salute e sicurezza per i soli accordi territoriali
Sud e Isole Nazionale- Multiterritoriale
Centro
Nord
Bilateralità- Salute e sicurezza
Ambiente, Salute e Sicurezza Totale | No | Si | Totale |
43,8% | 56,2% | 100% (73) | |
66,8% | 33,2% | 100% (232) |
22,8%
18,3%
19,2%
10,8%
Figura 65 Accordi su Ambiente, salute e sicurezza considerato per zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Come si può vedere la distribuzione si differenzia molto rispetto al tipo di accordo, tra i territoriali, infatti, i temi relativi a Ambiente, salute e sicurezza si distribuiscono solo tra il settore agricolo e quello manifatturiero, che in questo caso è definito quasi esclusivamente dall’edilizia. Anche tra gli aziendali il manifatturiero è quello che più frequentemente tratta su questi temi, ma in questo caso i settori più incisivi sono l’industria agroalimentare- che in particolar modo tratta di prevenzione e informazione e consultazione sui temi della Ssl - il meccanico e il chimico13. Tra i
13 Rispettivamente l’industria agroalimentare rappresenta il 22%, il meccanico il 14,4% e il chimico l’11% del totale degli accordi su Ambiente, salute e sicurezza per i soli accordi aziendali (n.188).
contratti del terziario, invece, incidono molto i settori di commercio e turismo e credito e assicurazioni14 e si tratta soprattutto di relazioni sindacali.
57,6%
25,3% 25,9%
25,9%
19,9%
9,0% 9,9% 8,6% 10,5%
4,3% 4,5%
Totale
Accordi aziendali
Accordi territoriali
Settore Pubblico Terziario Servizi Manifattura Agricoltura
Rappresentante per la sicurezza Formazione aggiuntiva per i lavoratori
Modalità migliorative di informazione e consultazione Prevenzione
Manifattura
Servizi
Terziario
Settore Pubblico
10,3%
9,6%
Figura 66 Distribuzione Ambiente, Salute e Sicurezza rispetto settore (% su totale entro ogni categoria)
7,5%
6,1%
5,8%
3,6%
2,0% 2,5%
3,1%
3,0%
2,0%
2,2%
1,0%
1,6%
1,5%
0,4%
Figura 67 Distribuzione istituti contrattuali rispetto settore per i soli accordi aziendali (% su totale entro ogni categoria)
14 Rispettivamente il settore del commercio e turismo rappresenta il 13% e quello di credito e assicurazioni il 9,6% del totale degli accordi su Ambiente, salute e sicurezza per i soli accordi aziendali (n.188).
9. Welfare integrativo
L’area del welfare integrativo (26%) si articola in due parti: il welfare contrattuale, che è principalmente costituito da previdenza e sanità integrativa, e il welfare aziendale che a sua volta si divide in una serie di prestazioni tra cui le più consistenti dal punto di vista numerico sono le Carte acquisto e buoni pasto, Mensa e Istruzione e servizi educativi.
Welfare contrattuale 12,5%
Previdenza integrativa Sanità integrativa
Altre prestazioni e servizi
1,1%
8,1%
7,9%
Istruzione e servizi educativi Prestazioni sociali e assistenziali
Welfare aziendale 21,9%
Cultura e ricreazione Servizi di supporto Altre forme assicurative
Carte acquisto, buoni pasto Trasporti collettivi e individuali
Mensa Credito, prestiti e anticipo TFR Accordi di conciliazione Verifica e monitoraggio bisogni
0,3%
1,5%
1,5%
1,4%
2,5%
3,3%
3,4%
5,4%
5,1%
7,8%
7,5%
Conto/Portafoglio welfare
1,8%
Figura 68 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Welfare integrativo (% su totale degli accordi)
2015
Welfare integrativo
2016
Welfare Contrattuale
2017
Welfare Aziendale
Come si può vedere dalla figura che segue le distribuzioni dell’area welfare seguono un andamento crescente nel corso dei tre anni considerati, sia complessivamente che considerando i singoli istituti contrattuali. In particolare, si può notare un incremento abbastanza consistente tra il 2015 e il 2016, probabilmente dovuto almeno in parte alla normativa sulla detassazione del premio di risultato (e alle modifiche introdotte al Tuir, artt. 51 e 100), che appunto ha introdotto la possibilità di convertire l’importo del premio in prestazioni di welfare.
26,4% 27,2% |
22,8% 22,3% 23,0% |
19,0% |
12,8% 13,5% |
10,2% |
Figura 69 Distribuzione dell'area e degli istituti contrattuali rispetto all'anno (% su totale entro ogni anno)
Anche in questo caso emergono differenze piuttosto marcate tra i territoriali e gli aziendali; per questo, i due gruppi di accordi verranno trattati distintamente. Tra i territoriali, oltre la metà dei documenti tratta almeno un tema relativo al welfare integrativo e in particolare aziendale. Va precisato che la voce Altre prestazioni e servizi di livello contrattuale/bilaterale ricade sempre tra i territoriali, proprio perché legata alla questione della bilateralità. Il welfare aziendale, che ricorre
in oltre il 40% dei territoriali, è quasi interamente riconducibile alle voci Trasporti (24%) e Mensa (26%), e in minor misura a Servizi di supporto (5,2%). Va precisato però che in questo caso non si tratta in senso stretto di welfare definito al livello aziendale, ma di materie di pertinenza bilaterale (es. Cassa Edile).
50,9%
40,5%
27,2%
22,1%
19,0%
10,3%
Welfare integrativo Welfare Contrattuale Welfare Aziendale
Accordi aziendali Accordi territoriali
Figura 70 Tipo di accordo per Welfare contrattuale e aziendale (% su totale entro le categorie)
Welfare Aziendale Welfare Contrattuale
Terziario
76,1%
Manifattura
Agricoltura
Osservando la distribuzione dei territoriali per settore emerge una netta preponderanza dei temi di welfare aziendale nel manifatturiero, ovviamente caratterizzato in particolare nel settore edile. Va evidenziata anche la quota consistente di accordi dell’agricoltura su welfare contrattuale, in particolare su sanità integrativa.
32,8%
29,3%
38%
14,8%
11,1%
Figura 71 Settore per Welfare contrattuale e aziendale per i soli accordi territoriali (% su totale entro le categorie)
In generale, tra gli accordi territoriali, la sanità integrativa è più ricorrente rispetto alla previdenza; inoltre va precisato che le varie voci del welfare contrattuale ricorrono quasi sempre in corrispondenza della Bilateralità.
Tabella 28 Incrocio tra norme di Welfare Contrattuale e Bilateralità
Va. Assoluto Val. % % di Accordi
entro Bilateralità
Previdenza integrativa Sanità integrativa Altre prestazioni e servizi | 27 | 11,6% | 70,4% |
39 | 16,8% | 82,1% | |
18 | 7,8% | 100% |
Rispetto gli accordi aziendali, invece, emerge come sia il settore della manifattura a predisporre più frequentemente prestazioni di welfare, in particolare aziendale. Guardando allo specifico delle singole voci tematiche, quelle più ricorrenti entro il settore manifatturiero sono: Carte acquisto, buoni pasto (10,3%), Istruzione e servizi educativi (7,9%) e Credito, prestiti e anticipo TFR (4,3%). Tra il terziario incidono molto le voci Carte acquisto, buoni pasto (9,2%) e Istruzione e servizi educativi (6,3%). Va evidenziata anche la scarsa ricorrenza del welfare contrattuale nell’ambito del settore pubblico, e poco consistente è anche quello aziendale, in cui spiccano solo le voci relative a Cultura e ricreazione (4,1%) e Trasporti (3,6%).
Manifattura
26,1%
13,2%
Servizi
11,2%
7,5%
Terziario
18,8%
11,9%
Settore Pubblico
9,1%
2,5%
Welfare Aziendale Welfare Contrattuale
Figura 72 Settore per Welfare contrattuale e aziendale per i soli accordi aziendali (% su totale entro le categorie)
Come si è visto in precedenza (cfr. par.3) l’erogazione di determinate prestazioni può essere legata alla possibilità di convertire l’importo del premio di risultato in welfare grazie alla normativa sulla detassazione introdotta dalla Legge di stabilità del 2016, e questo legame sembra essere confermato dai valori riportati nella figura che segue. Tra gli accordi che trattano di welfare, infatti, oltre la metà fa riferimento anche alla normativa, e più di un terzo dispone anche la possibilità di conversione del premio.
Welfare contrattuale 100%
n.150
Riferimento a normativa
55% n.82
Convertibilità PdR in Welfare
78% rispetto a Riferimento a normativa
43% rispetto al totale n.64
Welfare Aziendale 100%
n.276
Riferimento a normativa
53% n.147
Convertibilità PdR in Welfare
63% rispetto a Riferimento a normativa
33% rispetto al totale n.92
Nella fig.73, invece, si possono osservare le percentuali di ricorrenza di ognuna delle voci tematiche entro il tema della convertibilità in welfare. Questo può fornire un’approssimazione più vicina al profilo e al tipo di prestazioni previste negli accordi che prevedono un welfare integrativo legato all’erogazione del Premio di risultato. Dal grafico emerge come siano Previdenza integrativa, Istruzione e servizi educativi e Carte acquisto e buoni pasto i temi che più di frequente si collegano alla possibilità di convertire il premio in welfare.
Previdenza integrativa
Sanità integrativa
31,0%
21,3%
Istruzione e servizi educativi Prestazioni sociali e assistenziali
Cultura e ricreazione Carte acquisto, buoni pasto
Mensa
Credito, prestiti e anticipo TFR Conto/Portafoglio welfare
27,0%
13,8%
13,2%
24,7%
12,1%
11,5%
10,3%
Figura 73 Percentuale di ricorrenza delle voci tematiche entro il totale di convertibilità in welfare (% su totale entro le categorie)
La Figura 74 riporta la distribuzione dei due istituti contrattuali per zona geografica e mostra una quota consistente di accordi del Nord che trattano di welfare aziendale, di contro al Sud e Isole si affrontano meno frequentemente questi temi, in particolare quelli legati al welfare contrattuale.
22,2%
18,8%
18,6%
13,1%
9,2%
10,8%
11,5%
5,4%
Nord
Centro
Sud e Isole
Nazionale- Multiterritoriale
Welfare Contrattuale Welfare Aziendale
Figura 74Distribuzione di accordi su Welfare per zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Anche in questo caso il numero di accordi che trattano di quest’area crescono al crescere della dimensione aziendale.
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 28,6% | |||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 33,3% | |||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 40,7% | |||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 47,8% | |||
Totale | 39,2% |
Figura 75 Welfare integrativo rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
È interessante, infine, soffermarsi sulle correlazioni tra gli interventi di welfare integrativo e altre aree di tematiche contrattuali. La tabella che segue presenta la relazione tra l’area welfare e i primi due istituti contrattuali dell’area relativa a Diritti e Prestazioni sociali. Poco meno di un
quarto degli accordi che trattano di welfare integrativo introducono anche il tema della Tutela maternità e paternità e circa il 16% quello relativo a Tutela categorie specifiche.
Welfare Contrattuale Totale | No | Sì | No | Sì | |
77,6% | 22,4% | 84% | 16% | 100% (150) | |
93,7% | 6,3% | 95% | 5% | 100% (1452) |
Tabella 29 Incrocio tra Welfare Integrativo e Tutela maternità e paternità Tutela categorie specifiche Tutela maternità e paternità Tutela categorie specifiche Totale
Considerazioni su Welfare Integrativo
Il dibattito sindacale e scientifico sulla diffusione del welfare aziendale nelle imprese italiane è stato ampio e sfaccettato, specie negli anni più recenti. La letteratura si è soffermata su aspetti diversi del welfare, e ne ha fornito diverse letture: come strumento di miglioramento del “benessere organizzativo”, come sostegno del potere d’acquisto dei lavoratori, come incentivo per incrementare la produttività del lavoro.
Il welfare aziendale, intenso in termini funzionali, mostra profili diversi oltre a caratteristiche variegate, già evidenziate dai dati del Rapporto. Da questi ultimi, il welfare aziendale appare anzitutto più diffuso nelle grandi aziende e in quelle appartenenti a gruppi nazionali/multiterritoriali. Esso è peraltro associato in maniera significativa all’erogazione del Premio di risultato.
Quello del Premio, però, non è affatto il solo canale che ne ha accompagnato l’affermazione; difatti, una quota non marginale di aziende eroga servizi e prestazioni di welfare aziendale anche in assenza del meccanismo del Premio di risultato; oppure stabilendo con esso un legame di complementarietà: contributo fisso in welfare aziendale + Premio di risultato variabile (in salario, o eventualmente convertibile in welfare).
Va segnalata inoltre la presenza di prestazioni e servizi che pur essendo erogati a livello aziendale, e i cui contenuti sono analoghi alle “classiche” prestazioni di welfare aziendale – come il sostegno all’infanzia e i servizi scolastici ed educativi – risultano di pertinenza bilaterale (specie per i settori dell’agricoltura ed edilizia).
Se è vero che la convertibilità del Premio di risultato in welfare aziendale ha sostenuto la diffusione di quest’ultimo, le opportunità di adottare il welfare non sono distribuite equamente tra imprese e lavoratori: ad esempio, a causa dei limiti organizzativi di quelle imprese che adottano accordi territoriali per aderire alla detassazione del Premio, e più in generale tra le piccole imprese. All’altro estremo della struttura d’impresa, restano al di fuori della lente degli accordi le aziende di medie e grandi dimensioni che non ne fanno un tema negoziale e preferiscono mantenere il welfare aziendale tra gli strumenti propri della gestione del personale (flexible benefits, mediante incentivi selettivi e unilaterali specie a favore dei livelli di inquadramento e di responsabilità più elevati).
La funzione svolta dal welfare nella cornice degli istituti contrattuali è variegata, di caso in caso, e su questo incidono ancora le dimensioni aziendali, la struttura organizzativa, l’iniziativa delle rappresentanze sindacali. In sostanza, per comprendere di cosa si sta parlando, quando ci si riferisce al welfare aziendale, va considerata la diversa funzione che esso assume nei vari contesti aziendali: welfare di natura sociale, considerata la qualità dei beni e dei servizi offerti; promozionale (rispetto al benessere individuale e collettivo prodotto, come incentivo diretto alla produttività, etc.); o puramente parasalariale.
Se ci si concentra sulle singole misure adottate, il carattere “sociale” del welfare aziendale, così come si desume dalla normativa sulle prestazioni ed erogazioni sociali a favore dei dipendenti (vd. artt. 51 e 100 del Tuir), è di per sé eterogeneo. La maggiore varietà è associata alle prestazioni e ai benefit offerti dalle grandi aziende, mentre quelle di dimensioni inferiori risultano più concentrate su un set limitato di interventi (carte acquisti e buoni spesa, sostegno all’infanzia e spese scolastiche, spese ricreative e culturali). Le imprese più piccole sono anche quelle per le quali è assai raro il ricorso a provider esterni, i quali offrono piattaforme per l’accesso a un paniere più diversificato di welfare, sebbene solitamente deciso dalla direzione aziendale e non condiviso con le rappresentanze sindacali, né frutto di un’analisi dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici.
La presenza più ampia di iniziative di welfare aziendale tra le grandi aziende ricorda che la persistenza di schemi di questo genere ha una sua “tradizione”, alla quale si sono sommati gli effetti della normativa sulla detassazione del Premio di risultato. Tale “tradizione” è talvolta associata a un ambiente contrattuale favorevole. Ciò si traduce nel fatto che, ad esempio, misure e istituti volti alla tutela di maternità, paternità e categorie specifiche (disabili, malattie croniche, infanzia) attraverso strumenti quali permessi retribuiti e non, congedi e aspettative, siano maggiormente presenti negli accordi che prevedono anche welfare (nel 16-22,4% degli accordi che includono misure di welfare integrativo, contro il 5-6,3% degli accordi che non ne prevedono).
Nel complesso, il welfare aziendale che emerge dalla contrattazione ha senz’altro un profilo multidimensionale: associato di recente alle norme sulla detassazione del Pdr, ma anche più tradizionale (in grandi aziende, nella bilateralità); diseguale nella sua diffusione (sia in quantità sia in qualità, specie in relazione alla dimensione aziendale); differenziato nelle funzioni che assolve (input nel benessere organizzativo e dei lavoratori, o fattore puramente “parasalariale”); associato o meno a un ambiente contrattuale coerente con le affermazioni di principio che di solito ne accompagnano l’introduzione.
10. Diritti e prestazioni sociali
L’area relativa a Diritti e prestazioni sociali (16,2%) è piuttosto ampia ed eterogenea; si compone di cinque diversi istituti contrattuali dei quali i primi due riconducibili in senso lato a garanzie sociali, gli altri a specifici diritti e tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, e l’ultimo – che è il più ricorrente – a malattie e infortuni.
Tutela maternità e paternità 6,9%
Congedo parentale Congedo maternità Congedo paternità Permessi per figli minori
Rientro e formazione postmaternità
1,2%
0,8%
1,8%
3,3%
3,3%
Altri congedi famigliari e aspettative
Lavoratori portatori di handicap Lavoratori con patologie gravi /…
Tutela categorie specifiche 5,5%
Cura familiari disabili / patologie gravi Unioni civili/convivenze di fatto
Lavoratori stranieri Lavoratori-studenti
Ferie solidali/scambio permessi Altro (altri permessi, congedi, etc.)
Molestie e contrasto alle discriminazioni 1,3%
Molestie/mobbing Azioni di contrasto delle… Formazione del personale
1,5%
1,1%
0,8%
1,3%
0,5%
1,3%
0,4%
1,7%
1,2%
1,1%
0,6%
0,1%
Pari opportunità 3,4%
Parità salariale/gap retributivo
Azioni positive Commissioni pari…
0,2%
1,4%
2,4%
Malattie e infortuni 9,9%
Carenza malattia Assenza per malattie/infortuni Permessi visite mediche e diagnostiche Malattie/infortuni sul lavoro
1,9%
2,6%
3,5%
5,5%
Figura 76 Istituti contrattuali e norme specifiche su Diritti e Prestazioni Sociali (% su totale degli accordi)
Ricorre anche per quest’area una netta differenziazione tra gli accordi territoriali e quelli aziendali; i primi infatti mostrano una percentuale piuttosto alta di accordi che trattano tali tematiche, ma sono documenti che vertono principalmente sulle questioni relative a Infortuni e Malattie, il che è abbastanza prevedibile se si considera il fatto che gli accordi sono rappresentati principalmente da integrativi dei settori edili e agricoli. Le questioni relative a Molestie e contrasto alle discriminazioni e Pari Opportunità- seppur in maniera limitata- sono prevalentemente trattate in accordi aziendali, anche se alcuni territoriali hanno previsto l’istituzione di Commissioni di pari opportunità nell’abito di Enti bilaterali.
Diritti e Prestazioni Sociali
12,9%
36,2%
Tutela maternità e paternità
6,3%
9,5%
Tutela categorie specifiche
Molestie e contrasto alle discriminazioni
4,9%
9,5%
1,3%
Pari opportunità
3,4%
3,4%
Malattie e infortuni
6,6%
30,6%
Accordi aziendali Accordi territoriali
Figura 77 Istituti contrattuali Diritti e prestazioni sociali per tipo di accordo (% su totale entro le categorie)
Emerge anche una connotazione territoriale dei vari temi; per cui al Sud sono ricorrenti i temi relativi a Infortuni e Malattie, ma anche Tutela di categorie specifiche si colloca al di sopra dei valori totali di riferimento. I temi relativi a Molestie e contrasto alle discriminazioni vengono trattati quasi esclusivamente al nord e negli accordi multi-territoriali, mentre le questioni relative alle Pari Opportunità si distribuiscono in maniera più eterogenea. Inoltre i temi relativi a quest’area di rado sono trattati tra le piccole e medie imprese, a differenza di quelle più grandi in cui si affrontano in circa un terzo dei casi.
17,8%
13,3%
9,6%
10,8%
9,4%
6,8%
4,6%
1,5%2,3%
6,5%
4,6%
5,0%
5,0%
5,4%
4,5%
5,8%
1,8%
0,4%0,4%
Nord
Centro
Sud e Isole
Nazionale- Multiterritoriale
Tutela maternità e paternità
Molestie e contrasto alle discriminazioni Malattie e infortuni
Tutela categorie specifiche
Pari opportunità
Figura 78 Istituti contrattuali Diritti e prestazioni sociali per zona geografica (% su totale entro le categorie)
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 10,7% | |||||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 18,9% | |||||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 24,1% | |||||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 31,3% | |||||
Totale | 23% |
Figura 80 Diritti e prestazioni sociali rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
Come anticipato, sulle differenze tra gli accordi territoriali e aziendali incide la presenza di Infortuni e Malattie che compare in quasi la metà degli accordi territoriali; va sottolineata anche la consistenza tra gli agricoli di Tutela maternità e Paternità e nella manifattura Tutela categorie specifiche. Gli aziendali presentano distribuzioni più simili all’andamento generale, ma va sottolineata anche la scarsa consistenza di Tutela maternità e Paternità nel settore pubblico e in quello dei servizi; mentre nel terziario e nella manifattura vengono avanzate prestazioni aggiuntive, in particolare permessi per figli minori. Un discorso analogo può essere fatto per Infortuni e Xxxxxxxx. Gli accordi aziendali che trattano di Molestie e contrasto alle discriminazioni e Pari Opportunità sono pochi e si tratta perlopiù di medio grandi e grandi aziende multi territoriali o del nord Italia.
Territoriali
Aziendali
51%
52%
45%
45%
24%
15%
8% 3%
4%
1%
3%
7% 8%
7%
2%3%
8% 3%
3%
15%
8%
4%
15%
8%
12%
3% 4%
8%
5%
1%
1%
Settore Pubblico Terziario
Servizi
Manifattura
Manifattura Agricoltura
Diritti e Prestazioni Sociali
Tutela maternità e paternità
Tutela categorie specifiche
Molestie e contrasto alle discriminazioni Pari opportunità
Malattie e infortuni
Figura 81 Istituti contrattuali Diritti e prestazioni sociali per settore e tipo di accordo (% su totale entro le categorie)
11. Politiche aziendali e crisi industriali
L’ultima area (23,3%) è piuttosto articolata e tratta sostanzialmente di due aspetti abbastanza diversi tra loro: da una parte, infatti, ci sono i temi relativi ai piani industriali e riassetti produttivi, e dall’altra quelli relativi alle crisi aziendali e agli interventi sui lavoratori. Come si può vedere gli accordi che trattano di crisi aziendali sono i più numerosi dell’area, e come si vedrà sono perlopiù legati ad accordi di tipo difensivo, con la sola eccezione della voce Nuove assunzioni/assorbimento del personale. Va precisato anche che la voce residuale Altro si riferisce quasi esclusivamente agli incentivi all’esodo.
Piani industriali 6,4%
Investimenti privati Contributi/agevolazioni Nuove acquisizioni/fusioni
Riassetti produttivi 5,1%
Sostenibilità e/o risparmio energetico Cambiamento reparti / settori/…
Crisi aziendali 6,2%
Cessazione Ristrutturazione
Cessione ramo d’azienda (art. 47)
Cambio appalti
0,2%
0,6%
0,4%
1,5%
2,9%
2,6%
2,2%
2,4%
4,4%
Nuove assunzioni/assorbimento… Licenziamenti collettivi Contratti di solidarietà
Interventi sui lavoratori 16,8%
Mobilità Cig /Cigs / Cig in deroga Sostegno al reddito
Piani sociali, outplacement e formazione Distacco internazionale/transnazionale
Pensionamenti anticipati Altro (es. ulteriori tutele, incentivi…
0,5%
2,0%
3,1%
3,1%
3,1%
2,9%
3,4%
3,2%
4,1%
4,2%
Figura 79 Distribuzione Istituti contrattuali e norme specifiche Politiche industriali e Crisi aziendali (% su totale degli accordi)
Per la specificità dei temi trattati, gli accordi territoriali che presentano voci relative a quest’area sono molto pochi (n.32), tutti riferiti a Interventi sui lavoratori per i settori manifatturiero e agricolo e – in minor misura – a Crisi aziendali per il settore dei servizi. Per questo le successive elaborazioni riguarderanno solo gli accordi aziendali che trattano temi relativi a quest’area (n.362).
17,8%
10,8%
7,2%
Servizi
5,9%
6,9%
2,6%
Manifattura 14%
Agricoltura 12%
Accordi aziendali
Accordi territoriali
Piani Industriali Riassetti Produttivi Crisi aziendale Interventi sui lavoratori
Figura 80 Istituti contrattuali per tipo di accordo (% su totale entro ogni categoria)
Piani Industriali Riassetti Produttivi Crisi aziendale Interventi sui lavoratori
Manifattura
Servizi
Terziario
30,7%
Come si può vedere dalla figura che segue gli interventi sui lavoratori sono molto frequenti nelle aziende che forniscono servizi e in parte nel terziario. Questi temi sono del tutto assenti, invece, dal settore pubblico. Per quanto riguarda i piani industriali va sottolineato che nella manifattura, in particolar modo per il settore meccanico (9,5%) e l’industria agroalimentare (7,5%), sono abbastanza frequenti gli investimenti privati; le acquisizioni e le fusioni, invece, interessano soprattutto il credito/assicurazioni e le aziende di servizi. Tra gli assetti produttivi spicca la voce relativa a Cambio reparti/settori e trasferimenti, piuttosto frequente nel settore dei servizi (7,5%) e in quello del credito e assicurazioni.
19,3%
16,4%
12,7%
7,8% 6,7% 7,4%
10,1%
7,9%
8,1%
6,2% 6,0%
Figura 81 Istituti contrattuali per settore per i soli accori aziendali (% su totale entro ogni categoria)
Facendo specifico riferimento alle singole voci tematiche degli istituti contrattuali Crisi aziendale e Interventi sui lavoratori, emergono interessanti peculiarità. La questione dei cambi d’appalti riguarda soprattutto il settore dei servizi- in cui incidono molto sia i trasporti (6%) che le aziende di servizio (9%), ma anche il terziario in cui questo tema è trattato soprattutto dal settore dei poligrafici (5%). Tra le voci relative agli interventi sui lavoratori, il settore dei servizi è quello che presenta il maggior numero di ricorrenze rispetto a quasi tutte le voci considerate. Ad un livello più analitico, va sottolineato che per la voce licenziamenti i settori che ne fanno più frequentemente uso sono quello dei trasporti (10,4%), commercio e turismo (9,7%) e meccanico (8,4%); i contratti di solidarietà sono invece più diffuse tra le aziende di servizi (8%). La voce sostegno al reddito – in particolare le integrazioni salariali in situazioni di crisi – ricorre molto nel settore del credito e assicurazioni (13,5%), mentre i piani di outplacement sono più frequenti tra i poligrafici (10,5%). Per quanto riguarda il settore manifatturiero, il tema più ricorrente è quello degli incentivi all’esodo, utilizzati soprattutto dai chimici (7%).
Terziario Servizi Manifattura
4,1%
5,2%
3,7%
Altro (incentivi all'esodo)
3,4%
1,9%2,5%
Pensionamenti anticipati
6,0%
3,4%
4,7%
Piani sociali, outplacement e formazione
2,2%
1,1%
6,5%
Sostegno al reddito
4,5%
3,6%
1,6%
Cig /Cigs / Cig in deroga
4,9%
4,5%
2,9%
Mobilità
7,9%
2,4%
7,1%
4,3%
3,8%
Contratti di solidarietà
6,3%
Licenziamenti collettivi
1,1%
7,5%
2,2%
Cambio appalti
3,2%
%
2,6 2,9%
Cessione ramo d’azienda (art. 47)
Figura 82 Accordi su Norme specifiche Crisi industriali e interventi sui lavoratori per settore per i soli accori aziendali (% su totale entro ogni categoria)
Un discorso a parte va fatto per la voce Nuove assunzioni/ assorbimento personale che pur rientrando tra gli interventi sui lavoratori, si caratterizza per una stretta connessione con le crisi aziendali. In effetti in quasi il 50% degli accordi in cui si prevede un cambio appalto o una cessione di ramo d’azienda ricorre anche questo tema. Questo vuol dire che circa la metà degli accordi che prevedono questi interventi, presuppongono anche che i lavoratori interessati vengano assunti nel nuovo assetto aziendale. Anche in questo caso le aziende maggiormente interessate sono quelle di servizi (9,3%) e di trasporti (11,3%).
Tabella 30 Incrocio tra voci tematiche Cessazione ramo d’azienda/Cambio appalto e nuove assunzioni
Nuove assunzioni/ assorbimento personale
Totale
Cessazione ramo d’azienda Cambio appalto Totale | No | Si | |
50,7% | 49,3% | 100% (73) | |
95,3% | 4,7% | 100% (1452) |
Accordi Difensivi
Come si accennava in precedenza, i temi di quest’area sono strettamente connessi agli accordi difensivi, che pure essendo un gruppo ristretto del campione (n.126) presentano alcune specificità. Quasi il 94% - oltre il 98% se si considera l’intera area – degli accordi difesivi presenta temi relativi a interventi sui lavoratori, in particolare su licenziamenti collettivi e mobilità, e oltre un quarto su crisi aziendale. Guardando al settore, emerge come quelli più interessati da accordi difensivi siano i meccanici e il commercio turismo. Ma come si è visto in precedenza
Interventi sui lavoratori
93,7%
anche il settore dei servizi (aziende di servizi e trasporti) da solo raccoglie un terzo degli accordi difensivi.
Crisi aziendale | 27% | |
Riassetti Produttivi | 12,7% | |
Piani Industriali | 14,3% |
Figura 83 Distribuzione degli istituti contrattuali entro i soli accordi difensivi
Val. %
Nuove assunzioni/ Assorbimento personale Licenziamenti collettivi Contratti di solidarietà Mobilità Cig /Cigs / Cig in deroga Sostegno al reddito Piani sociali, outplacement Pensionamenti anticipati Altro (incentivi all'esodo) | 10,3 |
38,9 | |
25,4 | |
26,2 | |
21,4 | |
11,1 | |
22,2 | |
13,5 | |
30,2 |
Val. % | |
Ristrutturazione | 11,1 |
Cessione ramo d’azienda | 11,1 |
Cambio appalti | 5,6 |
Aziende di Chimica e servizi Affini
15% 10%
Trasporti 15%
Meccanico 25%
Commercio e Turismo
24%
Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi 6%
Poligrafici e spettacolo 5%
Figura 84 Distribuzione dei settori entro i soli accordi difensivi
Con riferimento ai soli interventi sui lavoratori emerge come gli accordi che trattano questa voce abbiano soprattutto carattere nazionale- multi territoriale e quindi interessano maggiormente grandi imprese sopra i 1.000 addetti. Tuttavia va sottolineato che una quota consistente di lavoratori interessati da queste misure si trova in centro Italia e questo può essere spiegato in
parte dal fatto che molti di loro rientrano in aziende di servizi e che operano soprattutto intorno alla capitale.
22,6%
16,7%
13,8%
8,9%
Nord
Centro
Sud e Isole
Nazionale- Multiterritoriale
Figura 85 Distribuzione di accordi su Interventi sui lavoratori per zona geografica (% su totale entro ogni categoria)
Per quanto riguarda la dimensione aziendale, la figura che segue mostra come oltre la metà degli accordi che riguardano le grandi imprese affronti questioni legati a politiche industriali o crisi aziendali.
Piccole Imprese (meno di 49 addetti) | 17,9% | |||
Medie Imprese (50-249 addetti) | 18,9% | |||
Medio-Grandi Imprese (250-999 addetti) | 32,7% | |||
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti) | 53,8% | |||
Totale | 33,4% |
Figura 86 Politiche industriali e crisi aziendali rispetto a dimensione aziendale (% entro ogni categoria sul totale aziende)
Un ultimo aspetto che può essere sottolineato è l’andamento temporale di quest’area. In effetti, in particolare gli accordi che prevedono interventi sui lavoratori presentano un andamento fortemente decrescente tra il 2015 e il 2016, mantenendosi invece costante nel corso degli ultimi due anni di riferimento.
5%
%
2015
Piani Industriali
Crisi aziendale
2016
Riassetti Produttivi
Interventi sui lavoratori
2017
5,6
4,9%
7,3%
6,
6,0%
7,9%
10,9%
17,4%
15,5%
22,4%
Figura 87 Distribuzione degli istituti contrattuali rispetto all'anno (% su totale entro ogni anno)
Uno sguardo d’insieme: analisi esplorativa e multivariata
Per fornire una panoramica riassuntiva e conclusiva del rapporto è stata operata una riduzione delle dimensioni tematiche- attraverso analisi fattoriale- e una classificazione degli accordi in gruppi- con il metodo Kmean (per procedure tecniche cfr. Nota Metodologica). Per ottenere questa ripartizione si è deciso di riferirsi solo gli accordi integrativi aziendali15 che sono stati aggregati, sulla base dei temi trattati, in tre gruppi principali, ognuno con specifiche caratteristiche che verranno illustrate singolarmente.
Per operare la classificazione, sono state utilizzate le intere aree tematiche, con la sola eccezione dell’area 1 – per cui è stata considerata la sola voce Riferimento a normativa – e l’area 3- in cui i tre istituti relativi a: retribuzione fissa, variabile e indennità sono stati considerati singolarmente. Attraverso l’analisi fattoriale sono stati estratti 3 fattori che insieme spiegano circa il 65% della varianza totale. Sulla base dei punteggi ottenuti rispetto ai tre fattori, ogni caso (accordo) è stato assegnato ad uno dei seguenti gruppi:
1. Il primo gruppo attiene gli accordi che vertono su temi prevalentemente economici (n.421);
2. Il secondo gruppo di accordi verte soprattutto su temi di relazioni sindacali e politiche industriali (n.388);
3. Il terzo gruppo raccoglie in prevalenza gli accordi relativi a prestazioni lavorative e sociali (n.501).
È bene precisare che i risultati di seguito presentati e le considerazioni che ne conseguono sono frutto di un’analisi di tipo esplorativo, che non esplicita una vera e propria tipologia, quanto piuttosto delle tendenze ricorrente di associazioni di temi.
Accordi prevalentemente economici
Si tratti di un gruppo di accordi che vertono principalmente su temi relativi all’area del trattamento economico, in particolare alla voce Premio di risultato associata ai riferimenti alla normativa. Come si può vedere dalla tabella che segue, questo gruppo mostra valori elevati anche per la voce Coinvolgimento e partecipazione, coerentemente con quanto esposto nel paragrafo sulla retribuzione variabile. Risulta rilevante tra questi accordi anche la percentuale di ricorrenza del welfare integrativo legata alla possibilità di convertirvi il premio.
Tabella 31 Distribuzione delle aree tematiche rispetto al primo gruppo
3.2.1 Premio di risultato | 97,1% |
3.2.2 Convertibilità Pdr in welfare aziendale | 37,3% |
Accordi Prevalentemente Economici
1.1 Riferimenti a normativa | 95,7% | 2.4 Coinvolgimento e Partecipazione | 51% | |
2.Relazioni e Diritti Sindacali | 55,8% | |||
3.Trattamento economico | 98,8% | |||
9.Welfare integrativo | 38,5% |
Si tratta in generale di accordi che contano poche voci tematiche, circa il 62% di questi accordi, infatti, ha meno di 7 voci selezionate. Per quanto riguarda la caratterizzazione interna, si può
15 Dai 1700 accordi iniziali sono stati esclusi i territoriali e gli “altri” in base al tipo di documento; i difensivi, ultrattività/proroga e altro in base alla natura dell’accordo (cfr. tab.1 e tab.4).
vedere come questi riguardino soprattutto il settore manifatturiero e quello dei servizi, raramente quello pubblico, come d’altronde era prevedibile (cfr. Par.3). Quasi la metà di questi accordi riguardano il territorio nazionale, e circa un terzo il nord Italia.
58,8%
45,6%
33,0%
26,6%
15,0%
13,2%
6,4%
1,4%
Figura 88 Caratterizzazione del primo gruppo rispetto a Zona geografica e settore
Rispetto alla dimensione aziendale, si può vedere come questo gruppo si caratterizzi per una distribuzione tutto sommato omogenea tra i vari tipi di azienda: è vero che le piccole imprese presentano percentuali inferiori rispetto alle grandi, ma in questo caso bisogna considerare anche il fatto che in numeri assoluti questa classe è la meno consistente.
Piccole Imprese (meno di 49
addetti); 12,9%
Grandi Imprese (Oltre 1000
addetti); 36,1%
Medie Imprese (50-
249 addetti);
25,6%
Medio-Grandi Imprese (250-999
addetti); 25,4%
Figura 89 Caratterizzazione del primo gruppo rispetto a Zona geografica e settore
Accordi su temi di relazioni sindacali e politiche industriali
Il secondo gruppo è meno omogeneo del primo, ma si caratterizza soprattutto per i valori consistenti relativi all’area Relazioni e Diritti Sindacali – in particolare Coinvolgimento e Partecipazione - e per Politiche industriali e Crisi aziendali. Rispetto all’area 11, spicca l’istituto Interventi su lavoratori, che in particolare si riferisce alla voce Nuove Assunzioni (11,3%), coerentemente al 13% presentato da questo gruppo per l’area 7.2 Assunzioni.
Tabella 32 Distribuzione delle aree tematiche rispetto al secondo gruppo
2.4 Coinvolgimento e Partecipazione | 58% |
11.1 Piani Industriali | 11,6% |
11.3 Crisi aziendale | 14% |
11.4 Interventi sui lavoratori | 24,7% |
Accordi su temi prevalentemente Sindacali e Industriali
2.Relazioni e Diritti Sindacali 11.Politiche industriali e crisi aziendali | 71,6% |
36,1% |
Anche in questo caso si tratta di accordi non molto ampi, l’89,4% di questi accordi, infatti, ha meno di 7 temi. Sono perlopiù accordi multiterritoriali e principalmente del settore terziario, trainati da Credito e Assicurazioni (18%) e Commercio e Turismo (13%).
69,1%
39,3%
27,6%
26,6%
15,7%
9,5%
5,7%
6,5%
Figura 90 Caratterizzazione del secondo gruppo rispetto a Zona geografica e settore
Medio-Grandi Imprese (250-999
addetti); 20,2%
Grandi Imprese (Oltre 1000
addetti); 63,3%
Piccole Imprese (meno di 49
addetti); 7,2%
Medie Imprese (50-
249 addetti); 9,2%
Per quanto riguarda la dimensione aziendale, si può vedere come questo tipo di accordi sono soprattutto di pertinenza delle grandi aziende, oltre l’83% di questi riguarda imprese con più di 250 lavoratori e il 63,3% imprese con oltre 1.000 lavoratori.
Figura 91 Caratterizzazione del secondo gruppo rispetto a Dimensione aziendale
Accordi relativi a prestazioni lavorative e sociali
L’ultimo dei gruppi considerati, il più consistente dal punto di vista numerico, raccoglie tutti gli accordi che trattano i diversi campi della prestazione lavorativa, come orario, organizzazione del lavoro, inquadramento e formazione. Una ampia di questo gruppo tratta di trattamento economico ma qui, a differenza del primo gruppo, ci si riferisce anche a indennità e
a elementi fissi. In sostanza questo gruppo raccoglie gli accordi più ampi (circa il 41% ha più di 7 temi) che trattano diversi aspetti, i più tipici, del processo contrattuale.
3.1 Premi e elementi fissi | 27,5% |
3.2 Retribuzione Variabile | 57,3% |
3.5 Indennità e Maggiorazioni | 43,7% |
Accordi su prestazioni lavorative e sociali
3.Trattamento economico 4.Orario di Lavoro 5.Organizzazione del Lavoro 6.Inquadramento e Formazione | 83,6% |
60,5% | |
34,3% | |
41,7% |
Al netto della prevalenza degli accordi nazionali/multiterritoriali, che sono sempre la maggior parte in valore assoluto, questo gruppo ha oltre un quarto degli accordi che riguardano le regioni del nord. Tra questi documenti spicca il settore pubblico e, in minor misura, quello terziario e manifatturiero.
44,5%
33%
26,9%
28,6%
26%
15,4%
13,2%
12,4%
Figura 92 Caratterizzazione del terzo gruppo rispetto a Zona geografica e settore
Per quanto riguarda la dimensione aziendale, questi accordi riguardano perlopiù medie e grandi imprese.
Piccole Imprese (meno di 49
addetti); 9,4%
Grandi Imprese (Oltre 1000 addetti);
44,3%
Medie Imprese (50-249 addetti);
21,3%
Medio-Grandi Imprese (250-999
addetti); 25,1%
Figura 93 Caratterizzazione del terzo gruppo rispetto a Dimensione aziendale
Allegato 1- Nota Metodologica
Reperimento e Selezione degli accordi
Come si è detto in precedenza per la costituzione di questo database, sono stati complessivamente analizzati 2.165 documenti, siglati in un periodo compreso tra il 2015 e il 2017 e selezionati da una lista creata sulla base di specifici criteri, anche se occorre ribadire che non si tratta di un campione probabilistico ma esiste una componente di autoselezione.
Gli accordi sono stati raccolti e archiviati a partire da luglio 2017, con diverse modalità.
Il più ricorrente dei metodi è stato quello di scaricare i documenti dai siti delle singole categorie, laddove fossero disponibili come nei casi di:
- FILCAMS, in cui sono stati estrapolati soprattutto accordi che riguardano i gruppi seguiti dalla struttura nazionale;
- FLC, dove a partire da alcuni accordi che erano presenti sul sito è stato possibile estendere la ricerca direttamente ai siti delle Università Italiane;
- FILCTEM, anche in questo caso si tratta di principalmente di accordi riferiti ai grandi gruppi dove c’è il coinvolgimento della struttura nazionale;
- FILLEA, dove sono stati reperiti principalmente gli accordi riferiti alla contrattazione edile;
- FISAC, sul cui sito erano presenti gli accordi dei principali gruppi bancari e assicurativi. Oltre a questi, alcuni accordi, in particolare quelli degli enti non commerciali, sono stati scaricati dal sito ARAN (Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni) collegato al CNEL.
Per tutte le altre categorie meno sistematiche nella archiviazione si è comunque cercato nei loro siti. XXXXX ha inviato un numero di documenti per questo risulta la categoria meno rappresentata del campione (n.24, 1,5% del totale).
Con FLAI c’è stata una relazione diretta con la segreteria che ha dato disposizioni affinché tutti gli accordi presenti nel loro archivio fossero messi a disposizione. Inoltre, tali sollecitazioni hanno dato luogo ad un’archiviazione più sistematica degli accordi Flai, che ha coinvolto anche il livello territoriale. A partire dall’autunno del 2017 si è istaurata una rete di relazioni anche con le strutture regionali della Confederazione che ha prodotto l’acquisizione di parte degli accordi soprattutto da parte di: Xxxxxx Xxxxxxx, Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio, Puglia, Marche, Sicilia e Toscana. Tale raccolta sta continuando a tutt’oggi in maniera sistematica, con la prospettiva di proseguire questo lavoro di monitoraggio degli accordi, con Cgil Xxxxxx Xxxxxxx, Marche e Piemonte. Per le altre regioni è stato necessario sollecitare l’invio di accordi.
In generale, gli accordi confederali, e quindi non riferibili a categorie specifiche, sono poco rappresentati nell’archivio (risultano inseriti 56 accordi, il 3,4% del totale) e sono stati reperiti soprattutto in rete. Ciò naturalmente si lega alla natura dell’archivio stesso, che include gli accordi della contrattazione decentrata.
Un ulteriore metodo di raccolta degli accordi è stato quello di seguire sui social, sui giornali, sulle riviste specializzate online le fasi di trattativa e quindi la sottoscrizione di un accordo, per reperirne successivamente il testo.
Questo modo articolato ed eterogeneo di procedere ha consentito, nell’arco del 2017, di raccogliere un considerevole numero di accordi, anche se la proliferazione delle fonti ha determinato il fatto che alcuni accordi siano stati archiviati due volte, e questo ha reso necessaria
una pulizia a posteriori dell’archivio. L’insieme degli accordi raccolti è stato inserito in un cloud
in cui sono stati classificati per categoria di afferenza.
A partire dall’archivio è stata stilata la lista dei 2.165 documenti, da cui poi sono derivati i 1700 accordi analizzati, tutti siglati nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017. Nell’elencare i documenti si è cercato di bilanciare il campione tra le diverse federazioni- a parte Nidil e Confederale, le altre categorie si attestano tutte tra il 7% e il 13%- e rispetto all’area geografica, anche se in questo caso è stato considerato il luogo di firma e non quello su cui ha avuto effetto la contrattazione, come invece si è fatto nel corso dell’analisi.
Come si è visto dalla lettura degli accordi sono state estrapolate una serie di informazioni che sono state inserire in una piattaforma informatica specificatamente progettata. Le informazioni ricavate possono essere così classificate:
- Informazioni di base: Titolo, data di firma, tipo di accordo (territoriale, aziendale, altro) e specifica della tipologia a seconda che fosse territoriale (regionale, provinciale, altro) o aziendale (gruppo, azienda, unità produttiva);
- Ambito territoriale, inteso come territorio su cui gli effetti dell’accordo si riflettono;
- Dati su azienda e lavoratori, ricavati in maniera secondaria dalla piattaforma Aida – Bureau van Dijk: denominazione, forma societaria, partita iva, codice Ateco, numero lavoratori con anno rilevazione, nazionalità società controllante;
- Tematiche Contrattuali, definite dalle 11 macro-aree e dagli istituti e norme collegate;
- Parti firmatarie: tipologia parti firmatarie e parti sindacali.
Al termine dell’inserimento della lettura e classificazione degli accordi è stato possibile scaricare un file dati in formato .xls poi importato in Spss, programma utilizzato per le analisi presentate nel corso del report.
Costruzione griglia tematica
La griglia tematica – o schema di classificazione delle tematiche contrattuali – rappresenta lo strumento centrale per l’analisi della contrattazione decentrata. Essa si struttura su tre livelli a partire da 11 aree tematiche principali, per poi articolarsi nei livelli successivi a istituti e norme/voci specifiche.
Per realizzare lo schema alla base del presente Rapporto si è proceduto a un confronto preliminare con gli schemi già adottati o utilizzati nello studio della contrattazione. In particolare, si è realizzato un confronto tra lo schema seguito dall’Osservatorio Cgil sulla contrattazione di secondo livello, quello adottato dall’Ocsel della Cisl, da Adapt, confrontandosi inoltre con la nomenclatura delle voci e dei livelli utilizzata dal Cnel sia per la contrattazione decentrata sia per quella nazionale.
Ciascuno degli schemi citati ha rappresentato una risorsa utile e stimolante. A queste fonti si è affiancato naturalmente il confronto con le tendenze più recenti della contrattazione, rilevabili direttamente dai protagonisti sindacali, dal dibattito scientifico e dalla pubblicistica. Da qui derivano gli innesti più attualizzanti nello schema di classificazione, ad esempio rispetto al welfare integrativo, a relazioni sindacali partecipative, all’innovazione organizzativa.
Costruzione della Variabile Settore Merceologico
La Variabile Settore Merceologico non era presente in origine nella matrice dei dati, ma è stata ricostruita tenendo conto di due diverse informazioni: la categoria sindacale firmataria dell’accordo e il codice Ateco associato all’azienda. Inoltre, nel caso in cui queste informazioni fossero mancanti o ambigue, è stato considerato anche il contratto nazionale applicato. La
seguente classificazione riprende quella elaborata dal CNEL che elenca 13 diversi settori, di cui però sono state modificate due classi: la categoria “Altri Vari” è stata tolta, mentre è stata aggiunto il settore “Enti e istituzioni Pubbliche”.
Settore | Descrizione Settore | Principale categoria Firmataria |
1. Agricoltura | Attività agricoltura | FLAI |
2. Chimica e Affini | Chimica, farmaceutica, industria conciaria, piastrelle e refrattari, vetro, energia e petrolio, attività minerarie, gomma e plastica | FILCTEM |
3. Meccanico | Meccanici, metalmeccanici e istallazione impianti, orafo, argentiero, gioielleria | FIOM |
4. Tessile | Tessile, abbigliamento, moda, pelletteria, occhiali, giocattoli | FILCTEM |
5. Industria Agroalimentare | Alimentaristi, industria agroindustriale, tabacchi, pesca | FLAI |
6. Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi | Edilizia, Legno, Mobile e Arredamento, Aziende edili, produzione laterizi, cemento, calce e gesso, escavazione e lavorazione Lapidei, | FILLEA |
7. Poligrafici e Spettacolo | Industria carta, aziende editoriali, comunicazione, informatica, giornalista, radio, televisione, cinema, artisti, ippica | SLC |
8. Commercio e Turismo | Commercio, terziario, turismo | FILCAMS |
9. Trasporti | Logistica, trasporto merci e spedizione, ferrovie, trasporto marittimo, trasporto aereo, autoservizi e radiotaxi | FILT |
10. Credito e Assicurazioni | Banche, assicurazioni, Banche d’Italia, Concessionari riscossione tributi | FISAC |
11. Aziende di Servizi | Aziende elettriche, gas e acqua, telecomunicazioni, pulizia, facility management, servizi integrati | SLC, FILCAMS, FP, NIDIL |
12. Enti o Istituzioni Pubbliche | Università, conservatori, accademie, consorzi pubblici, istituzioni statali, regionali, provinciali e territoriali, enti di ricerca, agenzie statali | FLC, FP |
13. Enti o Istituzioni Private | Sanità privata, Servizi assistenziali, RSA, scuole e università non statali, poste italiane, enti previdenziali privatizzati, ACI, Anas, Cooperative, fondazioni, partecipate | FP, FLC, SLC |
Questa ripartizione è stata aggregata e ricondotta a 5 macro-settori per consentire una lettura più sintetica degli incroci con le altre variabili a disposizione. In questa seconda classificazione i 72 accordi afferenti al settore agricolo, che sono rimasti disaggregati perché non riconducibile a nessuno dei macro-settori, vengono considerati solo tra territoriali, perché non si ci sono casi tra gli aziendali. Stesso discorso, a parti inverse, vale per il settore pubblico.
Macro Settore | Settori che lo compongono |
1. Settore Pubblico | 12. Enti o Istituzioni Pubbliche |
2. Terziario | 7. Poligrafici e Spettacolo; 8. Commercio e Turismo; 10. Credito e Assicurazioni; 13. Enti o Istituzioni Private |
3. Servizi | 9. Trasporti; 11. Aziende di Servizi |
4. Manifattura | 2. Chimica e Affini; 3. Meccanico; 4. Tessile; 5. Industria Agroalimentare 6. Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi |
5. Agricoltura | 1.Agricoltura |
Trasposizione della matrice
Come si è visto i casi della matrice sono rappresentati dai singoli accordi, per questo per poter analizzare le caratteristiche delle aziende è stato necessario ricostruire una matrice in cui i casi utilizzati come base di analisi sono le imprese e non gli accordi. Il problema era rappresentato
dal fatto che alcune aziende, soprattutto quelle più grandi, avevano diversi accordi e questo inficiava le distribuzioni nella matrice accordi (in sostanza il numero di accordi attribuibili a grande imprese risultava “gonfiato” dal fatto che le stesse avevano un numero di accordi maggiore). Per questo, attraverso la funzione Ristruttura di Spss (Dati- Ristruttura-Ristruttura casi in variabili) è stato possibile ottenere una matrice ricostruita in cui la base dati fosse costituita dalle aziende e non dagli accordi. Da questa seconda matrice sono state tolte tutte le pubbliche e le partecipate in modo che comprendesse solo le 587 aziende propriamente private. Per ogni aziende, le variabili erano le stesse ma si ripetevano fino a 18, perché questo è il massimo di documenti classificati per una singola impresa. In questo modo le informazioni ricavate da questi dati non risultano alterati dal numero di accordi, e su questa nuova base dati si fatto ricorso ogniqualvolta si sono presentati incroci tra le varie aree tematiche e informazioni sulle imprese, in particolare la dimensione aziendale.
Focus Premio di Risultato
Il focus sul premio di risultato ha rappresentato un specificità di questo lavoro, si tratta infatti di una approfondimento qualitativo di un tema che, come si è visto, risulta di particolare rilevanza. Di fatto sono stati filtrati dalla matrice originaria i 684 accordi che trattavano di Pdr e si è proceduto ad una rilettura degli stessi per poter rilevare alcune informazioni aggiuntive. In particolare sono stati rilevati gli importi del premio (come importi Min-Max o come importi unici) e gli indicatori utilizzati per determinarlo, riconducibili a cinque diverse tipologie: redditività, produttività, qualità, efficienza e innovazione. Queste informazioni sono state rilevate attraverso una scheda Excel appositamente predisposta in cui erano inseriti: codice (si tratta di un codice univoco associato ad ogni accordo in maniera automatica e progressiva dalla piattaforma informatica), titolo e data di stipula dell’accordo e le corrispondenti celle con i nuovi dati da inserire. Terminata la rilettura è stato possibile associare le nuove informazioni ai singoli casi della matrice attraverso il codice aziendale. In questo modo, ovviamente, per gli accordi che non trattano di premio di risultato questi valori saranno trattati come non dovuti, mentre per gli accordi sul premio che, per vari motivi, non presentavano queste informazioni sono stati trattati come mancanti.
Analisi Multivariata
Per fornire una panoramica riassuntiva dei risultati è stata operata un’analisi multivariata dei dati di tipo esplorativo attraverso una riduzione delle dimensioni tematiche e una classificazione degli accordi in gruppi. In questa fase sono stati considerati i soli accordi integrativi aziendali16. Il primo di questi due step è stato realizzato attraverso un’analisi fattoriale in componenti principali (ACP) delle 11 macro aree; si tratta di una tecnica che permette di evidenziare l'esistenza di una struttura di fattori o dimensioni latenti, tra loro indipendenti e non misurabili direttamente, all'interno di un insieme di variabili direttamente osservabili. L’analisi fattoriale esamina la varianza complessiva che le variabili hanno in comune partendo dallo studio della correlazione tra queste. L’ipotesi di base è che la correlazione tra le variabili sia determinata da dimensioni non osservabili (fattori) che in qualche modo sono causa o determinano i valori presentati dalle variabili osservate. Al loro interno le dimensioni sono caratterizzate da una propria coerenza teorica, ossia i fattori non si limitano a rappresentare l'esistenza di un'associazione statistica tra variabili ma devono anche essere interpretabili dal punto di vista tematico. Nel caso specifico sono state utilizzate le intere aree tematiche, con la sola eccezione
16 Nell’illustrazione di queste tecniche di analisi si è fatto riferimento a:
Xx Xxxxxx, G., 1997, Xxxxxxxx e modelli di analisi multivariata dei dati. Roma, Edizioni Seam.
dell’area 1- per cui è stata considerata la sola voce Riferimento a Normativa- e l’area 3- in cui i tre istituti relativi a: retribuzione fissa, variabile e indennità sono stati considerati singolarmente. Attraverso l’analisi fattoriale si è deciso di estrarre i primi 3 fattori che insieme spiegano oltre il 65% della varianza totale.
% Di Varianza spiegata | % Cumulata | |
1° Fattore | 47,844 | 47,844 |
2° Fattore | 10,981 | 58,825 |
3° Fattore | 6,59 | 65,414 |
Attraverso la rotazione degli assi (Varimax) è stato possibile ottenere dei fattori più facilmente interpretabili, dove:
- il primo dei fattori colloca sul semiasse positivo tutti gli aspetti legati alle prestazioni lavorative come orario, organizzazione, occupazione e rapporti di lavoro, diritti e prestazioni;
- il secondo fattore presenta valori molto alti sul semiasse positivo per i temi dell’area 3, in particolare PdR, e riferimento a normativa;
- il terzo e ultimo fattore è legato prevalentemente agli aspetti di relazioni sindacali dell’area 2.
Sulla base dei punteggi ottenuti da ciascun caso sui tre fattori è stata operata una cluster analysis, ovvero una tecnica di analisi multivariata attraverso la quale è stato possibile raggruppare le unità statistiche in modo da massimizzare l’omogeneità intra gruppo e l’eterogeneità fra gruppi. Per ottenere questo risultato si è fatto ricorso al metodo del K-mean, ovvero una tecnica di analisi aggregativa non gerarchica. In pratica si stabilisce a priori un numero di gruppi da definire e la funzione del programma cerca di ottimizzare la soluzione con procedimenti iterativi. Dopo diverse prove ripetute si è stabilito che il numero ottimale di gruppi da definire in base ai fattori estratti fossero 3. L’interpretazione dei 3 gruppi è avvenuta considerando i punteggi di ognuno sulla base dei fattori e in base alle tavole di contingenza che incrociavano i gruppi con le varie aree tematiche.
Cluster 1 Cluster 2 Cluster 3
REGR factor score REGR factor score REGR factor score | 1 for analysis 4 2 for analysis 4 3 for analysis 4 | -0,26207 | -0,52896 | 0,72046 |
1,12949 | -1,05962 | 0,02006 | ||
0,2934 | 0,56232 | -0,75829 |
Sulla base di questo, i tre gruppi sono delineati come segue:
- Il primo gruppo attiene gli accordi che vertono su temi prevalentemente economici (n.421);
- Il secondo gruppo di accordi verte soprattutto su temi sindacali e industriali (n.388);
- Il terzo gruppo raccoglie gli accordi relativi a prestazioni lavorative e sociali (n.501).
Allegato 2- Griglia tematica con distribuzioni
MACRO- AREA TEMATICA | ISTITUTI CONTRATTUALI | NORME SPECIFICHE | Val. Assoluto | Val. % |
1. Aspetti contrattuali generali n. 530 31,2% | 1.1 Riferimenti a normativa (detassazione PdR) | 520 | 30,6 | |
1.2 Deroghe Ccnl / Xxxxx (ex art. 8 L. 148/2011) | 21 | 1,2 | ||
1.3. Modalità di ratifica da parte dei lavoratori (referendum) | 0 | - | ||
2. Relazioni e diritti sindacali n. 906 53,3% (Al netto delle valutazioni di premessa) | 2.1 Rappresentanze sindacali n. 214 12,6% | 2.1.1 Rsu /Rsa/delegato di sito o bacino | 107 | 6,3 |
2.1.2 Coordinamenti | 44 | 2,6 | ||
2.1.3 Permessi sindacali | 88 | 5,2 | ||
2.1.4 Contributi sindacali (quota contratto, trattenute, etc.) | 55 | 3,2 | ||
2.1.5 Locali sindacali e affissione | 82 | 4,8 | ||
2.2 Diritti sindacali individuali n. 109 6,4% | 2.2.1 Assemblee e referendum | 94 | 5,5 | |
2.2.2 Monte ore sindacale | 23 | 1,4 | ||
2.2.3 Altro (es. servizi patronato/Caf) | 1 | 0,1 | ||
2.3 Relazioni sindacali n. 280 16,5% | 2.3.1 Valutazioni e obiettivi di premessa | 1185 | 69,7 | |
2.3.2 Sciopero /clausole di raffreddamento/composizione | 52 | 3,1 | ||
2.3.3 Osservatori/Commissioni paritetiche | 233 | 13,7 | ||
2.4 Coinvolgimento e partecipazione n. 733 43% | 2.4.1 Diritti di informazione (materie, modalità) | 216 | 12,7 | |
2.4.2 Diritti di consultazione (materie, modalità) | 221 | 13 | ||
2.4.3 Diritti di codeterminazione/esame congiunto | 440 | 25,9 | ||
2.4.4 Obbligo di riservatezza (anche per lavoratori) | 55 | 3,2 | ||
2.5 Responsabilità sociale d’impresa | 2.5.1 Bilancio sociale | 2 | 0,1 | |
n.62 3,6% | 2.5.2 Codici di condotta/ etico | 55 | 3,2 | |
2.5.3 Relazioni con enti locali/Regione/Istituzioni | 9 | 0,5 | ||
2.6 Bilateralità n. 206 12% | 2.6.1 Adesione a Ente/Fondo bilaterale/Cassa edile | 162 | 9,5 | |
2.6.2 Salute e sicurezza | 83 | 4,9 | ||
2.6.3 Formazione | 78 | 4,6 | ||
2.6.4 Sostegno al reddito | 34 | 2 | ||
2.6.5 Welfare integrativo | 43 | 2,5 |
3. Trattamento economico n.1081 63,6% | 3.1 Premi ed elementi fissi n. 320 18,8% | 3.1.1 Superminimi, 14a, gratifiche una tantum (altro) | 318 | 18,7 |
3.2 Retribuzione variabile n. 869 51,1% | 3.2.1 Premio di risultato (Pdr) (es. premio di partecipazione, premio di produttività) | 684 | 40,4 | |
3.2.2 Convertibilità Pdr in welfare aziendale | 193 | 11,4 | ||
3.2.3 Altro (cottimo, fondo accessorio) | 197 | 11,6 | ||
3.3 Equità (es. se un accordo prevede clausole migliorative o peggiorative per il calcolo della quota dei premi, ad esempio in base all'inclusione/esclusione del periodo di maternità, malattia o altri eventi) | 13 | 0,8 | ||
3.4 Partecipazione economica/finanziaria n.2 0,1% | 3.4.1 Partecipazione agli utili | 2 | 0,1 | |
3.4.2 Azionariato ai dipendenti | 0 | - | ||
3.5 Indennità e maggiorazioni n. 453 26,6% | 3.5.1 Domenica e/o festivo | 69 | 4,1 | |
3.5.2 Lavoro notturno | 70 | 4,2 | ||
3.5.3 Turni | 56 | 3,3 | ||
3.5.4 Trasferta/Viaggi | 128 | 7,5 | ||
3.5.5 Specifiche mansioni / lavorazioni | 151 | 8,9 | ||
3.5.6 Altre indennità (es. trasporti, mense, reperibilità, alloggi, quadri, straordinari) | 339 | 19,9 | ||
4. Orario di lavoro n. 602 35,4% | 4.1 Struttura dell’orario n. 393 23% | 4.1.1 Orario aziendale | 353 | 20,8 |
4.1.2 Turni / cicli | 142 | 8,4 | ||
4.2 Istituti contrattuali n. 459 27% | 4.2.1 Ferie | 223 | 13,1 | |
4.2.2 Ferie (trattamento specifico per lavoratori stranieri) | 11 | 0,6 | ||
4.2.3 Supplementare / straordinario | 208 | 12,2 | ||
4.2.4 Xxxxxxxx e/o festivo/ notturno | 106 | 6,2 | ||
4.2.5 Riposi / Rol / Permessi retribuiti e non (anche di soggiorno) | 265 | 15,6 | ||
4.3 Forme e modalità flessibili di orario n. 235 13,8% | 4.3.1 Clausole elastiche/flessibili part-time | 26 | 1,5 | |
4.3.2 Reperibilità | 59 | 3,5 | ||
4.3.3 Multiperiodale / stagionalità | 44 | 2,6 | ||
4.3.4 Banca ore | 98 | 5,8 | ||
4.3.5 Flessibilità entrata e uscita | 74 | 4,4 | ||
4.3.6 Altro | 5 | 0,3 |
5. Organizzazione del lavoro n. 431 25,% | 5.1 Prestazione di lavoro n.277 16,3% | 5.1.1 Carichi di lavoro | 9 | 0,5 |
5.1.2 Ritmi / pause | 86 | 5,1 | ||
5.1.3 Polifunzionalità e polivalenza | 60 | 3,5 | ||
5.1.4 Riconoscimento invenzioni lavoratori | 1 | 0,1 | ||
5.1.5 Missioni / trasferte / distacchi | 113 | 6,6 | ||
5.1.6 Controlli diretti | 29 | 1,7 | ||
5.1.7 Controlli a distanza e gestione dei dati (codice privacy, videosorverglianza, controlli informatici da remoto) | 60 | 3,5 | ||
5.2 Assetto organizzativo n. 208 12,2% | 5.2.1 Introduzione nuove tecnologie | 21 | 1,2 | |
5.2.2 Cambiamento organizzativo | 97 | 5,7 | ||
5.2.3 Sistemi di qualità (Total Quality Management, World Class Manifacturing, etc.) | 19 | 1,1 | ||
5.2.4 Teamworking (lavoro in gruppo) | 5 | 0,3 | ||
5.2.5 Smartworking (es. "lavoro agile", coworking) | 52 | 3,1 | ||
5.2.6 Telelavoro / a distanza | 30 | 1,8 | ||
5.2.7 Partecipazione diretta (suggerimenti, social media, briefing, riunioni periodiche) | 18 | 1,1 | ||
5.2.8 Rapporti con utenze/clienti | 15 | 0,9 | ||
6. Inquadramento e formazione n. 508 30% | 6.1 Inquadramento n.210 12,4 | 6.1.1 Classificazione profili professionali (es. quadri, introduzione livelli intermedi) | 178 | 10.5 |
6.1.2 Quadri | 17 | 1 | ||
6.1.3 Qualifiche | 84 | 4,9 | ||
6.2 Mansioni n.181 10,6 | 6.2.1 Definizione mansioni | 106 | 6,2 | |
6.2.2 Deroghe/demansionamento | 3 | 0,2 | ||
6.2.3 Valorizzazione professionale (riconoscimento, mobilità interna, bilancio competenze) | 83 | 4,9 | ||
6.3 Formazione n.338 19,9% | 6.3.1 Formazione professionale / continua (corsi interni/ esterni, mentoring, tutoring) | 300 | 17,6 | |
6.3.2 Formazione all’innovazione organizzativa / produttiva / tecnologica | 38 | 2,2 | ||
6.3.3 Certificazione/libretto formativo | 25 | 1,5 | ||
6.3.4 Alternanza scuola-lavoro | 29 | 1,7 | ||
6.3.5 Diritto allo studio | 52 | 3,1 | ||
6.3.6 Formazione linguistica stranieri | 6 | 0,4 |
7. Occupazione e rapporto di lavoro n.467 27,5% | 7.1 Utilizzo forme contrattuali n.286 16,8% | 7.1.1 Tempo indeterminato a tutele crescenti | 44 | 2,6 |
7.1.2 Tempo determinato | 97 | 5,7 | ||
7.1.3 Part-time | 148 | 8,7 | ||
7.1.4 Somministrazione | 45 | 2,6 | ||
7.1.5 Intermittente | 6 | 0,4 | ||
7.1.6 Accessorio | 1 | 0,1 | ||
7.1.7 Collaborazioni (a progetto, coordinate e continuative, occasionali) | 8 | 0,5 | ||
7.1.8 Apprendistato | 48 | 2,8 | ||
7.1.9 Stage/tirocinio | 11 | 0,6 | ||
7.1.10 Altro (autonomi) | 13 | 0,8 | ||
7.2 Assunzioni n.202 11,9% | 7.2.1 Modalità e tipologia assunzioni | 97 | 5,7 | |
7.2.2 Turn-over | 16 | 0,9 | ||
7.2.3 Criteri di selezione personale | 52 | 3,1 | ||
7.2.4 Stabilizzazioni e trasformazioni | 110 | 6,5 | ||
7.2.5 Periodo di prova | 20 | 1,2 | ||
7.3 Appalti/rapporti con fornitori/clausole sociali | 190 | 11,2 | ||
7.4 Licenziamenti e norme disciplinari n. 65 3,8% | 7.4.1 Risoluzione contratti / dimissioni | 30 | 1,8 | |
7.4.2 Licenziamenti collettivi | 6 | 0,4 | ||
7.4.3 Licenziamenti individuali | 22 | 1,3 | ||
7.4.4 Sanzioni e procedimento disciplinare | 35 | 2,1 | ||
8. Ambiente, salute e sicurezza n. 261 15,4 | 8.1 Rappresentanti della sicurezza n. 144 8,5% | 8.1.1 Prerogative, designazione e numero di Rls, Rlssa, Rls di sito, Rlst | 130 | 7,6 |
8.1.2 Prestazioni aggiuntive per rappresentanti della sicurezza | 31 | 1,8 | ||
8.1.3 Formazione aggiuntiva per rappresentanti della sicurezza | 19 | 1,1 | ||
8.2 Formazione aggiuntiva per i lavoratori | 45 | 2,6 | ||
8.3 Modalità migliorative di informazione e consultazione sui temi della Ssl | 82 | 4,8 | ||
8.4 Premialità e sanzioni (es. incentivi Inail) | 0 | - | ||
8.5 Prevenzione n. 98 5,8% | 8.5.1 Sorveglianza sanitaria (medico competente, libretto san.) | 24 | 1,4 | |
8.5.2 Dispositivi di protezione individuale aggiuntivi | 12 | 0,7 | ||
8.5.3 Reinserimento al lavoro | 0 | - | ||
8.5.4 Obiettivi di miglioramento Ssl | 55 | 3,2 | ||
8.5.5 Interventi sugli impianti e ambienti | 24 | 1,4 | ||
8.5.6 Interventi sui processi, prodotti e materiali | 8 | 0,5 | ||
8.5.7 Interventi sull’ambiente esterno | 4 | 0,2 | ||
8.6 Sgssl (Sistema di gestione salute e sicurezza sul lavoro, es. OHSAS 18001) | 17 | 1 |
9. Welfare integrativo n.441 26% | 9.1 Welfare contrattuale n. 213 12,5% | 9.1.1 Previdenza integrativa | 137 | 8,1 |
9.1.2 Sanità integrativa | 135 | 7,9 | ||
9.1.3 Altre prestazioni e servizi di livello contrattuale/bilaterale | 19 | 1,1 | ||
9.2 Welfare aziendale n.372 21,9 | 9.2.1 Istruzione e servizi educativi (asili nido e servizi per l'infanzia, libri di testo, borse di studio, etc.) | 91 | 5,4 | |
9.2.2 Prestazioni sociali e assistenziali (assistenza disabili, handicap, cura della persona) | 42 | 2,5 | ||
9.2.3 Cultura e ricreazione (sport per tutti, turismo sociale, attività varie e culturali, tempo libero) | 56 | 3,3 | ||
9.2.4 Servizi di supporto ("maggiordomo aziendale", lavanderia, servizi salvatempo, alloggi) | 25 | 1,5 | ||
9.2.5 Altre forme assicurative (polizze vita, infortuni, etc.) | 26 | 1,5 | ||
9.2.6 Xxxxx acquisto, buoni pasto, carrello spesa | 133 | 7,8 | ||
9.2.7 Trasporti collettivi e individuali | 86 | 5,1 | ||
9.2.8 Mensa (es. anche particolari esigenze) | 128 | 7,5 | ||
9.2.9 Credito, prestiti e anticipo TFR | 58 | 3,4 | ||
9.2.10 Accordi di conciliazione (ex attuazione della misura sperimentale, prevista dal decreto legislativo n. 80/2015) | 24 | 1,4 | ||
9.2.11 Verifica e monitoraggio bisogni | 5 | 0,3 | ||
9.2.12 "Conto"/"Portafoglio" welfare | 31 | 1,8 | ||
10. Diritti e prestazioni sociali n. 275 16,2% | 10.1 Tutela maternità e paternità (ex Dlgs 80/2015 e/o migliorativi Ccnl) n.117 6,9% | 10.1.1 Congedo parentale | 56 | 3,3 |
10.1.2 Congedo maternità (accordo frazionamento) | 30 | 1,8 | ||
10.1.3 Congedo paternità | 20 | 1,2 | ||
10.1.4 Permessi per figli minori | 56 | 3,3 | ||
10.1.5 Rientro e formazione postmaternità | 13 | 0,8 | ||
10.1.6 Altri congedi famigliari e aspettative | 26 | 1,5 | ||
10.2 Tutela categorie specifiche n. 93 5,5% | 10.2.1 Lavoratori portatori di handicap | 18 | 1,1 | |
10.2.2 Lavoratori con patologie gravi / croniche | 14 | 0,8 | ||
10.2.3 Cura familiari disabili / patologie gravi | 22 | 1,3 | ||
10.2.4 Unioni civili/convivenze di fatto | 8 | 0,5 | ||
10.2.5 Lavoratori stranieri (es. culto/religiose) | 22 | 1,3 | ||
10.2.6 Lavoratori-studenti | 7 | 0,4 | ||
10.2.7 Servizio civile, volontariato | 0 | - | ||
10.2.8 Ferie solidali/scambio permessi | 29 | 1,7 | ||
10.2.9 Altro (altri permessi, congedi, etc.) | 20 | 1,2 |
10.3 Molestie e contrasto delle discriminazioni n.22 1,3% | 10.3.1 Molestie/mobbing | 18 | 1,1 | |
10.3.2 Azioni di contrasto delle discriminazioni (genere, di razza, sessuali, sindacali, politiche, religiose e culturali) | 11 | 0,6 | ||
10.3.3 Formazione del personale | 1 | 0,1 | ||
10.3.4 Sanzioni | 0 | - | ||
10.4 Pari opportunità n.57 3,4% | 10.4.1 Parità salariale/gap retributivo | 3 | 0,2 | |
10.4.2 Azioni positive (mansioni, inquadramento, progressione carriere) | 40 | 2,4 | ||
1.4.3 Commissioni pari opportunità/osservatori | 23 | 1,4 | ||
10.5 Malattia e infortuni n.168 9,9% | 10.5.1 Carenza malattia | 32 | 1,9 | |
10.5.2 Assenza per malattie/infortuni (esterno al luogo di lavoro) | 94 | 5,5 | ||
10.5.3 Permessi visite mediche e diagnostiche | 60 | 3,5 | ||
10.5.4 Malattie/infortuni sul lavoro | 44 | 2,6 | ||
11. Politiche industriali e crisi aziendali n. 396 23,3% | 11.1 Piani industriali n.108 6,4% | 11.1.1 Investimenti privati | 50 | 2,9 |
11.1.2 Contributi/agevolazioni | 4 | 0,2 | ||
11.1.3 Nuove acquisizioni/fusioni | 44 | 2,6 | ||
11.2 Riassetti produttivi n.86 5,1% | 11.2.1 Sostenibilità e/o risparmio energetico | 11 | 0,6 | |
11.2.2 Cambiamento reparti / settori/ trasferimenti | 75 | 4,4 | ||
11.3 Crisi aziendale n.106 6,2% | 11.3.1 Cessazione | 7 | 0,4 | |
11.3.2 Ristrutturazione | 25 | 1,5 | ||
11.3.3 Cessione ramo d’azienda (art. 47) | 38 | 2,2 | ||
11.3.4 Cambio appalti | 41 | 2,4 | ||
11.4 Interventi sui lavoratori n.285 16,8% | 11.4.1 Nuove assunzioni/assorbimento personale | 69 | 4,1 | |
11.4.2 Licenziamenti collettivi | 71 | 4,2 | ||
11.4.3 Contratti di solidarietà | 52 | 3,1 | ||
11.4.4 Mobilità | 52 | 3,1 | ||
11.4.5 Cig /Cigs / Cig in deroga | 53 | 3,1 | ||
11.4.6 Sostegno al reddito | 49 | 2,9 | ||
11.4.7 Assegno di ricollocazione | 0 | - | ||
11.4.8 Piani sociali, outplacement e formazione per ricollocazione | 58 | 3,4 | ||
11.4.9 Distacco internazionale/transnazionale | 9 | 0,5 | ||
11.4.10 Pensionamenti anticipati | 34 | 2 | ||
11.4.11 Xxxxx (es. ulteriori tutele, incentivi all'esodo) | 55 | 3,2 |