COMMISSIONE DELL’INFORMAZIONE (III)
COMMISSIONE DELL’INFORMAZIONE (III)
Rapporto su
LINEAMENTI DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE NEL PERIODO 1998-2006.
FLESSIBILITÀ RETRIBUTIVA, NUMERICA, FUNZIONALE E INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA
ALCUNI CASE STUDY DI PARTICOLARE INTERESSE
Roma, 30 novembre 2007
Il Rapporto di ricerca è stato elaborato da MONITOR LAVORO - in costante contatto con la Commissione dell’Informazione del CNEL e con il relativo Archivio della contrattazione - con il coordinamento di Xxxxxxxx D’Xxxxx. All’implementazione e all’analisi dell’Archivio della contrattazione decentrata del CNEL hanno inoltre collaborato Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxx e Xxxxxx Xxxxxxxxx.
1 SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI DEL RAPPORTO 5
1.1 La flessione dell’intensità di contrattazione 5
1.2 Flessibilità retributiva, numerica ed organizzativa nelle frequenze di contrattazione 8
1.2.1 La prevalenza della flessibilità retributiva 10
1.2.2 L’analisi dei Premi di Risultato 10
1.2.3 La flessibilità da orario: la seconda voce per importanza 11
1.2.4 Contrattazione a grappolo e contrattazione della flessibilità tradizionale 13
1.3 L’analisi dei testi e dei case study 13
1.3.1 Dopo alcune esperienze innovative alla fine degli anni ’90, negli anni 2000 si ritorna ad una prevalenza della flessibilità numerica 13
2 PREMESSA: PRODUTTIVITÀ, INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA, PARTECIPAZIONE DIRETTA E RELAZIONI INDUSTRIALI 17
2.1 I problemi dell’economia italiana 17
2.1.1 La quota del commercio mondiale 17
2.1.2 La caduta della produttività fino al 2005 18
2.1.3 I fattori della crisi di competitività: il fattore dimensione/settore 20
2.1.4 La dinamicità delle medie imprese rispetto alle grandi 22
2.2 Le new forms of work organization: l’ innovazione a grappolo 23
3 ANDAMENTO E LINEAMENTI DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE NEL PERIODO ’98- 2006 29
3.1 L’AGGIORNAMENTO DEGLI ARCHIVI DEL SETTORE P RIVATO PER IL 2006 30
3.2 L’ INTENSITÀ DI CONTRATTAZIONE NEL PERIODO ’98-2006 32
3.3 Lineamenti generali della contrattazione decentrata aziendale 37
3.3.1 La prevalenza della contrattazione della flessibilità retributiva: i premi legati alle performance 39
3.3.2 Flessibilità numerica/difensiva versus flessibilità funzionale/organizzativa/innovativa 40
3.3.3 Grafici e Tabelle sulle frequenze di contrattazione delle diverse materie 43
3.3.4 Contrattazione a grappolo e contrattazione della flessibilità tradizionale 66
4 L’ANALISI DEI TESTI 67
4.1 Professionalità, formazione, e organizzazione del lavoro 67
4.2 La flessibilità oraria 68
4.3 La flessibilità da co nt ratto 70
4.4 IL Premio di Risultato 70
4.4.1 I premi dopo il 1993 72
4.4.2 Un confronto tra il periodo 1992-1996 e 1996-2006 73
4.4.3 Gli accordi presenti al 2006 74
4.4.4 L’entità dei premi 76
5 L’ANALISI DI 13 CASE STUDIES 78
5.1 Alimentare 79
5.1.1 Barilla 79
5.1.2 Nestlè 84
5.2 Chimica 88
5.2.1 Ragno Ceramiche 88
5.2.2 Glaxo Wellecome Finanziaria Spa 89
5.3 Energia 92
5.3.1 AGIP Petroli 92
5.4 Metalmeccanica 92
5.4.1 Bonfiglioli 92
5.4.2 Aprilia 94
5.4.3 Whirpool Europe s.r.l. 98
5.4.4 Zanussi Elettrolux 103
5.4.5 Lamborghini 107
5.4.6 Pininfarina 110
5.5 Tessile e abbigliamento 111
5.5.1 Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx X.x.X 111
5.5.2 Gucci Italia Spa 111
6 BIBLIOGRAFIA 115
ALLEGATO 1 118
1 Sintesi dei principali risultati del rapporto
Nel presente Rapporto presentiamo i risultati dell’ultimo aggiornamento (par. 3.1, pag. 30) dell’Archivio della contrattazione aziendale del settore privato dell’economia, condotto nel 2006 e l’analisi condotta sulle principali tendenze della contrattazione così come emergono dai dati contenuti nell’Archivio, lungo tutto il periodo ’98-’06.
L’analisi dei dati dell’Archivio, ci ha consentito di esaminare in primo luogo (par. 3.2, pag. 32) l’andamento di quella che abbiamo definito “intensità di contrattazione”; nella seconda parte abbiamo esaminato i lineamenti fondamentali della contrattazione aziendale nel periodo attraverso, da una parte, l’andamento della frequenza di contrattazione delle diverse materie (par. 3.3 pag. 37) e, dall’altra, una analisi dei testi e di 13 case studies di particolare interesse. L’analisi è stata condotta, soprattutto cercando di verificare il peso ed il ruolo delle diverse forme di flessibilità nella contrattazione aziendale: la flessibilità retributiva, quella connessa, cioè, alla contrattazione della parte variabile della retribuzione legata alle performance di impresa; la flessibilità numerica, rappresentata dalla flessibilità da contratto (contratti a termine, atipici, ecc.) e dalla flessibilità da orario; infine, la flessibilità funzionale o organizzativa, quella legata all’introduzione di forme di innovazione organizzativa come quelle suggerite dalle cosiddette new forms of work organization (par. 2.2, pag. 23)
Riassumiamo di seguito i principali risultati del Rapporto1.
1.1 La flessione dell’intensità di contrattazione
L’evidenza di maggior rilievo che emerge dall’analisi effettuata sembra essere la flessione dell’ intensità di contrattazione (che abbiamo definito come la percentuale di aziende di un settore che fa un accordo in ciascun anno sul totale delle imprese del campione per il settore in esame) lungo l’insieme del periodo 1998-2006 (par. 3.2, pag. 32 ).
Come si vede dalle Figura 3 e Figura 4, questa tendenza al declino si manifesta sia per le imprese maggiori (>= 1.000 dip.) che – in modo più evidente - per quelle di minore dimensione (tra 100 e 999 dip.). Per ciascuno dei settori si evidenziano (in particolare per le imprese maggiori) dei massimi di intensità di contrattazione (nel 2000 e nel 2004 per i metalmeccanici, nel ’98 e nel 2002 per gli alimentaristi, nel 2000 e nel 2003 per la chimica) che corrispondono alle stagioni di rinnovo della contrattazione integrativa, ma sempre all’interno di una tendenza alla flessione dell’intensità di contrattazione; tale tendenza è più evidente per le imprese di minore dimensione (per i settori
1 Per fornire un’esposizione abbastanza esaustiva dei principali risultati del rapporto, i potranno registrare delle ripetizioni, in particolare con il Cap. 3, nel quale sono riportati per esteso i risultati del Rapporto.
alimentare e chimico); per le imprese maggiori, il secondo massimo è dello stesso livello del primo e la flessione si manifesta in particolare negli anni successivi. Si tratta di una flessione, già registrata in un precedente rapporto Cnel2.
Figura 3 - Intensità di contrattazione per anno per le imprese maggiori (>= 1.000 dip.)
Frequenze di contrattazione - Aziende > 1000
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
ALIMENTARE
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA
MAT. PER COSTRUZIONI E MOBILI
METALMECCA NICA
SISTEMA MODA
TERZIARIO
2 Cnel, Notiziario sulla contrattazione, 2/6/2005
Figura 4 - Intensità di contrattazione per anno per le imprese tra 100 e 1.000 dip.
Frequenze di contrattazione - Aziende < 999
70%
ALIMENTAR E
60%
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA
50%
40%
MAT. PER COSTRUZIO NI E MOBILI
30%
METALMEC CANICA
20%
SISTEMA MODA
10%
TERZIARIO
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Abbiamo riportato in questa parte del Rapporto le Figura 3 e Figura 4 di pag. 36 e 37, in quanto illustrano bene la tendenza al declino dell’”intensità di contrattazione” che stiamo esaminando.
Nel suo Bollettino di novembre 2006, la Banca d’Italia stima3 che nel 2006 l’erogazione di quote retributive aziendali integrative rispetto a quelle nazionali avrebbe riguardato, (nelle imprese oggetto dell’indagine annuale - 3261 imprese dell’industria in senso stretto e 1191 dei servizi, tutte con almeno 20 addetti), il 45 per cento degli occupati nell’industria e il 40 di quelli del terziario; in realtà questo dato è relativo alla diffusione di erogazioni aggiuntive rispetto al contratto nazionale a prescindere se si tratti di premi contrattati o di erogazioni unilaterali delle imprese.
In alcune rilevazioni precedenti i dati della banca d’Italia non si discostavano troppo da questi ultimi dati. Secondo queste stime, nella seconda metà degli anni ’90, la Banca d’Italia aveva stimato che i lavoratori per i quali si registrava la presenza di un accordo aziendale a prescindere dal fatto che fosse stato rinnovato nell’anno in esame (quindi lo stock degli accordi aziendali, non il flusso di quelli rinnovati ogni anno) risultava addirittura del 90% nelle imprese manifatturiere al di sopra di
50 dipendenti. Considerando, invece, quelle che, lo avevano rinnovato nel ’96 i lavoratori interessati risultava no il 40% (sempre per le imprese con oltre 50 dipendenti). L’indagine dell’Istat
3 Bollettino Economico, n. 47, novembre 2006
sulla flessibilità4 nel ’95-’96 aveva fatto registrare una copertura del 38,5% per le imprese industriali con oltre 10 dipendenti e di quasi il 60% per quelle oltre i 50 dipendenti. Il dato relativo al 2006, dunque non si scosta in modo rilevante dai dati del ’96, anche se il fatto che comprenda anche le erogazioni non contrattate può indicare una qualche diminuzione del ruolo della contrattazione.
La flessione dell’intensità di contrattazione registrata dal nostro Archivio può essere messa in relazione sia alla flessione e alla caduta della produttività nel periodo 2000-2005 (par. 2.1, pag. 17) e, quindi, ad una attenuazione della ability to pay delle imprese (con la conseguenza di un mancato rinnovo dei contratti integrativi o comunque di una mancata erogazione di quote di retribuzione aggiuntiva), ma anche alle difficoltà delle relazioni industriali segnalate anche dal forte ritardo dei rinnovi contrattuali in importanti settori e dalle difficoltà delle trattative nello stesso periodo. Sia le difficoltà della situazione economica che quelle delle relazioni industriali hanno spesso finito per imporre un vero e proprio slittamento delle stagioni di contrattazione integrativa e per spostare l’attenzione delle parti sociali piuttosto sulla gestione di complessi processi di ristrutturazione aziendale, con i connessi problemi di outsorcing e di dislocazione all’estero di fasi importanti dei cicli produttivi.
La flessione registrata fa diminuire sensibilmente una intensità di contrattazione, che i dati presenti nell’Archivio indicano già di per sé non particolarmente elevata, se si tiene conto, che quello che stiamo esaminando è un campione di imprese che contrattano (non un campione di imprese tout-court – vedi par. 3.1, pag. 30 e nota 52). Come abbiamo visto (par. 3.2, pag. 32, Figura 3 e Figura 4, pag. 36), anche i picchi massimi di intensità di contrattazione, che corrispondono alle stagioni di rinnovi dei contratti integrativi, raggiungono all’incirca la metà delle imprese del campione per metalmeccanici e alimentaristi, ma restano su livelli sensibilmente inferiori per le altre categorie, per scendere a livelli del 10% nei periodi di minima. Anche questo ci pare un segnale ormai di debolezza della contrattazione decentrata a livello aziendale, proprio nelle categorie dove è tradizionalmente maggiormente diffusa, che ci pare meriti di essere segnalata.
1.2 Flessibilità retributiva, numerica ed organizzativa nelle frequenze di contrattazione
Come già rilevato, l’obiettivo che ci siamo dati con questo Rapporto è quello di una verifica della presenza, nella contrattazione di secondo livello, delle diverse forme di flessibilizzazione della prestazione lavorativa: la flessibilità retributiva, numerica o organizzativa.
4 ISTAT, La flessibilitá del mercato del lavoro nel periodo 1995-96, ISTAT, 2000
La premessa di questa verifica è la constatazione (par. 2.2, pag. 23) che esiste ormai una larga convergenza della letteratura teorica ed empirica, ma anche degli orientamenti della stessa Comunità Europea, a partire dalla Conferenza di Lisbona, che ritiene che la strada per l’innovazione del sistema delle imprese europee, per l’aumento della sua competitività sia quella di affiancare all’ innovazione tecnologica, l’innovazione organizzativa, che, anzi, la prima senza la seconda non solo non da risultati di miglioramento delle performance, ma rischia addirittura di peggiorarle. Secondo i risultati di un ampio numero di ricerche empiriche su questo terreno, le imprese che coniugano le due forme di innovazione sono quelle che realizzano i migliori risultati di performance; anzi solo quelle che adottano le nuove pratiche di lavoro (le new forms of work organization o high performance work organization) a grappolo, tutte insieme, sono quelle che realizzano le performance migliori. Le nuove pratiche di lavoro sono quelle che si basano su un ampio coinvolgimento dei lavoratori, la partecipazione diretta (dalle sue forme più tradizionali dell’arricchimento e allargamento delle mansioni, a quelle più innovative, della rotazione delle mansioni, della polifunzionalità e del multitasking, fino ai working team, il lavoro di gruppo, che nelle sue forme più avanzate – quello del modello scandinavo - prevede la nomina da parte del team del proprio leader5), sui principi della produzione snella, sulla riduzione dei livelli gerarchici, sul decentramento del potere decisionale, sul coinvolgimento dei lavoratori nel decision making e nel problem solving. Quella che la Conferenza di Lisbona, aveva definito la via alta alla competitività, basata sulla qualità del lavoro, sul life long learning, sull’economia della conoscenza, piuttosto che sulla competizione da costo, come la strada per superare i gap di produttività e competitività registrati dalle imprese europee (par. 2.1, pag. 17): una via che le ricerche empiriche citate hanno dimostrato saper coniugare il miglioramento delle performance delle imprese con il miglioramento delle condizioni di lavoro, della motivazione dei lavoratori e della propria realizzazione nel lavoro.
Come abbiamo visto (par. 2.2, pag. 23) le ricerche condotte nel nostro paese, hanno dimostrato l’esistenza di una qualche diffusione delle esperienze di innovazione organizzativa, quasi sempre coniugata – come avviene, peraltro anche nel resto delle esperienze europee- con l’esistenza di buone relazioni industriali (partecipazione indiretta): Nello stesso tempo, però, la ricerca di maggiore respiro condotta a livello nazionale, quella dell’ISFOL6, indica che solo il 3% dei lavoratori è stato coinvolto in almeno cinque pratiche innovative (l’innovazione a grappolo) contro quasi un terzo del Regno Unito.
5 Coriat B., Employee partecipation ad organisational change in European firms - Evidence from a Comparative overview of ten EU countries, University Xxxxx, 0000;
6 Organizzazione, Apprendimento e Competenze, Indagine sulle competenze nelle imprese industriali e dei servizi in Italia, Tomassini M. (a cura di), ISFOL, 2006.
Alla luce di queste considerazioni, abbiamo voluto esaminare i contenuti della contrattazione aziendale soprattutto per verificare il rapporto, nella contrattazione, tra le diverse forme di flessibilità: retributiva, numerica e organizzativa.
Abbiamo condotto questa verifica, prima attraverso una analisi delle frequenze di contrattazione (par. 3.3) delle diverse materie nei cinque settori considerati (praticamente l’industria manifatturiera più commercio, turismo e servizi), successivamente attraverso un aggiornamento di una analisi dei testi già effettuata in precedenti ricerche 7 e una analisi di 13 case study tra quelli emersi dall’analisi dei testi come di particolare interesse.
1.2.1 La prevalenza della flessibilità retributiva
Dall’analisi delle frequenze di contrattazione emerge con nettezza come la contrattazione aziendale sia rimasta caratterizzata dal ruolo preminente della contrattazione salariale (con la sola eccezione del commercio e turismo, dove la contrattazione dell’orario raggiunge livelli analoghi) e, dunque, della flessibilità retributiva, attraverso la contrattazione dei Premi di risultato. Questo risultato era, ovviamente, abbastanza prevedibile, tenuto conto che una parte maggioritaria degli accordi presenti nell’Archivio del Cnel, sono accordi integrativi. Tuttavia, è abbastanza rilevante che le frequenze di contrattazione del salario (vedi par 3.3, pag. 37) seguano in modo quasi identico gli andamenti dell’intensità di contrattazione: questo significa che, a prescindere dai periodi, se c’è contrattazione, comunque, si fa anche contrattazione retributiva e che la contrattazione salariale risulta maggiore nei massimi dell’intensità di contrattazione. Questo avviene in misura minore per le altre materie, che in corrispondenza dei massimi dell’intensità di contrattazione, registrano una crescita della frequenza di contrattazione delle rispettive materie meno che proporzionale.
E’ interessante notare che esaminando i dati della frequenza di contrattazione assoluta (per la sua definizione, vedi par. 3.3, pag. 37) del salario si stimano dei valori non lontani da quelli stimati dalla Banca d’Italia, esaminati precedentemente (par. 1.1, pag. 5).
1.2.2 L’analisi dei Premi di Risultato
Per quanto concerne le caratteristiche dei Premi di risultato, dall’analisi dei testi (par. 4.4, pag. 70) emergono alcuni elementi essenziali di particolare interesse: appare con evidenza come la contrattazione dei premi di risultato previsti dal protocollo di luglio ’93 abbia avuta la sua prima effettiva applicazione (in generale e in ciascuna delle categorie considerate) nella prima stagione di contrattazione integrativa successiva a quel Protocollo: quella della stagione 1996-1998 (Tabella 36,
7 CNEL, La contrattazione aziendale nel settore privato dell’economia, CNEL, Documenti n. 12, 2002 D’Xxxxx, G., La contrattazione decentrata negli anni ’90, in Birindelli L., D’Xxxxx G., Megale A., La politica dei redditi negli anni ’90, ediesse, 2003.
pag. 74). La contrattazione dei premi variabili passa da una incidenza media inferiore al 30% degli accordi nel periodo 1992-1996 ad una del 60% nel periodo 1996-1998. In particolare la percentuale di accordi con premio è più che raddoppiata per l’industria tessile e per quella alimentare e più che triplicata per l’industria chimica e metalmeccanica.
Se si passa all’anali degli accordi presenti ad oggi nell’ Archivio del CNEL (Tabella 37, pag. 74), in primo luogo si vede che la percentuale di accordi che contengono un premio di risultato cresce ulteriormente fino a quote che raggiungono e superano l’80%; in secondo luogo l’analisi delle caratteristiche dei premi (Tabella 38, pag. 76) mostra una larga diffusione di accordi nei quali sono presenti più indicatori di performance (in particolare nei settori alimentare, metalmeccanico e comunicazioni, seguiti da vicino dal chimico e credito; nel tessile e abbigliamento e nel settore delle costruzioni il grado di sovrapposizione dei diversi indicatori si riduce e negli altri settori risulta meno significativo). Il collegamento con la presenza, gioca un ruolo maggiore nel tessile e abbigliamento (35% degli accordi con premio) e in parte in quello metalmeccanico (14%), per scendere sotto il 10% negli altri settori. Per quanto concerne gli altri parametri (produttività, redditività e qualità) ci sono settori nei quali essi hanno un peso all’incirca equivalente (il metalmeccanico ed il tessile), mentre in altri, uno dei parametri assume un ruolo prevalente: la produttività, nella chimica, costruzioni, comunicazioni e trasporti; produttività e redditività per alimentare e terziario; e redditività in assoluto per credito e assicurazioni. Nel confronto tra settori il collegamento dei premi con la qualità risulta maggiore nei settori metalmeccanico (50%), alimentare (45%) e comunicazioni (55%).
Infine la stima dell’entità dei premi (basata essenzialmente sul range di variazione tra valori minimi e massimi, su un campione di 126 casi aziendali, nei quali è stato possibile reperire informazioni più dettagliate), conduce alla constatazione di premi con una sensibile variazione settoriale, e che comunque le imprese che superano i mille euro l’anno, (tra le 126 esaminate) risultano la metà nel settore alimentare, circa il 40% in quello chimico , tra il 30 ed il 35% nelle costruzioni e in metalmeccanica, il 10% in quelle tessili e del commercio e turismo.
1.2.3 La flessibilità da orario: la seconda voce per importanza
La flessibilità da orario rappresenta la seconda voce per frequenza di contrattazione in tutti i settori (par. 3.3.2, pag. 40 e da Figura 5 a Figura 17, pag. 43- 55), con uno scarto abbastanza sensibile rispetto alle frequenze registrate dalle materie relative alla flessibilità organizzativa (organizzazione del lavoro, inquadramento, formazione): le prime si collocano in generale in una fascia alta delle frequenze relative (Figura 5 a Figura 17, pag. 43- 55), spesso superiore al 70%; le seconde in una fascia in ge nerale intorno al 50%.
Abbiamo dunque una conferma di una prevalenza della flessibilità retributiva e numerica rispetto a quella organizzativa. A questo proposito non si può non considerare che la contrattazione degli orari, pur rientrando nella concezione della flessibilità numerica, almeno dal punto di vista del sindacato, è normalmente preferita alla contrattazione della flessibilità da contratto in quanto consente, comunque una contrattazione all’interno della stabilità dell’impiego. Non è un caso, che una delle soluzioni più diffuse per la trasformazione del lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, è la trasformazione del lavoro stagionale in part-time ciclico ma a tempo indeterminato.
Una considerazione richiede la frequenza della contrattazione della flessibilità da contratto - i contratti atipici – che si colloca in generale nella fascia medio bassa (vedi la serie delle frequenze relative - anche in questo caso per la definizione ed il dettaglio dei dati si rinvia ai par. 3.3 e 3.3.3, rispettivamente a pag. 37 e 43)8,. Se si tiene conto del fatto che, in particolare negli ultimi anni, le nuove assunzioni sono avvenute nella grande maggioranza attraverso forme di contratto a tempo determinato, la relativamente bassa frequenza di contrattazione di questa materia sembra indicare che si tratta di una materia che in una certa misura sfugge alla contrattazione stessa.
Il settore nel quale (pur disponendo di una serie di dati limitati), questi rapporti sembrano invertirsi è quello del credito e assicurazioni: qui le materie della flessibilità organizzativa registrano le frequenze maggiori (anche superiori in alcuni anni al trattamento economico, la flessibilità retributiva), mentre quelle della flessibilità numerica sembrano registrare delle frequenze relativamente basse, sia per quanto concerne la flessibilità da orario che da contratto.
Da questo punto di vista il settore del commercio e del turismo (Figura 16, e Tabella 22, pag. 54) risulta quello nel quale si registra una prevalenza costante della contrattazione degli orari e dei contratti atipici, una prevalenza però collegata al tipo di processo lavorativo tipico di questo settore, dove il valore aggiunto è nettamente più basso che negli altri settori e dove l’orario di lavoro in particolare ha rappresentato sempre la materia cruciale della stessa organizzazione del lavoro.
La contrattazione dei modelli di relazioni industriali e, quindi, dei modelli di partecipazione mantiene in tutto il periodo e per molti settori un ruolo confrontabile alla contrattazione degli orari di lavoro, e, quindi, sensibilmente elevato a conferma dell’importanza che le parti sociali continuano ad attribuire a questo tema e del ruolo che continua a svolgere nella regolazione dei rapporti tra le parti.
8 Fanno eccezione le imprese maggiori del settore commercio, turismo e servizi, dove la flessibilità da contratto si colloca nella fascia alta delle frequenze(Figura 17, pag. 55)
Colpisce, in generale, che nel periodo considerato, solo raramente si registra, una modifica sostanziale dell’importanza relativa di una materia rispetto alle altre. Una tendenza in questo senso si esprime nella crescita relativa del peso della contrattazione dei contratti atipici nel settore metalmeccanico dal 1999 al 2003 e in quella dell’orario nel settore tessile dal 2000 al 2003; mentre sempre nel settore tessile si manifesta una diminuzione della contrattazione del lavoro atipico.
In tutti i settori, infine, una delle voci che registra la frequenza minore di contrattazione è quella relativa al lavoro femminile: tema che pure è uno di quelli centrali per l’affermazione effettiva dell’eguaglianza di opportunità nei luoghi di lavoro e che fatica nel nostro paese ad essere posto al centro del confronto tra le parti sociali.
1.2.4 Contrattazione a grappolo e contrattazione della flessibilità tradizionale
Abbiamo anche provato a verificare la quota delle aziende nelle quali, si effettua – analogamente all’ innovazione a grappolo(vedi par. 2.2) – quella che abbiamo definito una contrattazione a grappolo, nella quale, cioè, si contrattano insieme flessibilità numerica (contratti atipici e orario), flessibilità retributiva (trattamento economico) e, flessibilità funzionale o organizzativa (formazione professionale, organizzazione del lavoro, qualifiche e professionalità). Abbiamo confrontato questo dato con le imprese che si limitano ad adottare le pratiche tradizionali della flessibilità numerica e retributiva.
Come si vede dalla Tabella 34 e Tabella 35, la quota delle imprese che svolgono una contrattazione a grappolo è molto limitata (tra il 3 ed il 7%, con addirittura il solo 1% nel Sistema Moda) in tutte le categorie considerate e comunque sensibilmente inferiore a quelle che si limitano alla contrattazione della flessibilità numerica e retributiva. E’ interessante notare che in entrambi i casi le percentuali di imprese che cumulano più materie nella contrattazione risulta superiore nel settore alimentare e terziario rispetto alle altre categorie.
1.3 L’analisi dei testi e dei case study
1.3.1 Dopo alcune esperienze innovative alla fine degli anni ’90, negli anni 2000 si ritorna ad una prevalenza della flessibilità numerica
Abbiamo visto nel paragrafo precedente, la prevalenza della flessibilità retributiva e da orario su quella organizzativa, anche se le materie ad essa connessa registrano un diffusione non insignificante in quasi tutte le categorie esaminate e spesso con una frequenza di contrattazione anche superiore alla flessibilità da contratto (contratti atipici).
Dall’analisi dei testi e dei case study esaminati il quadro che emerge è però diverso. In generale, le parti degli accordi relativi alle materie della flessibilità organizzativa si limitano a enunciazioni
generali, di principio e programmatiche che sottolineano la centralità strategica delle risorse umane e, quindi, della formazione per rinviare poi a successivi momenti di incontro con le RSU e o all’esame congiunto tra le parti di queste problematiche, mentre gli accordi sulla flessibilità da orario e da contratto hanno una ben maggiore concretezza e cogenza.
Ciononostante, in tutti i settori, nella seconda metà degli anni ‘90, si registrano alcune (anche se minoritarie) esperienze di particolare interesse nelle quali, la coscienza dell’importanza strategica di tali processi dà vita a dei progetti sistemici che integrano formazione, programmi di aggiornamento, sviluppo delle professionalità, nuovi modelli organizzativi: è proprio su queste esperienze che abbiamo sviluppato l’analisi di 13 case study, (anche in altri casi abbiamo trovato interessanti riferimenti a queste tematiche; quelli individuati ci sono apparsi i più interessanti ed organici) nei quali abbiamo seguito l’evoluzione della contrattazione lungo tutto il periodo di vigenza dell’Archivio del Cnel, dal ’96 al 2006 (Cap. 5, pag. 78).
Gli elementi fondamentali di questi accordi nella seconda metà degli anni ‘90 richiamavano i lineamenti fondamentali delle new forms of work organization::
• l’organizzazione del lavoro come elemento fondamentale del modello partecipativo;
• lo snellimento organizzativo e la riduzione dei livelli gerarchici;
• l’arricchimento, la polivalenza, la polifunzionalitá, la capacità di problem solving, la responsabilizzazione ed autonomia operativa, il lavoro integrato e i team work, il miglioramento continuo, come fondamenti della crescita professionale;
• modelli di formazione basati sulla formazione continua, l'autoformazione, l'apprendimento globale e l’addestramento sul lavoro;
• il riconoscimento economico di tali processi di arricchimento e crescita professionale.
I processi di crescita professionale sono spesso finalizzati alla creazione delle condizioni per l’acquisizione della certificazione di qualità ISO. Quasi sempre la gestione di queste problematiche dà vita a Commissioni bilaterali, che hanno il compito di monitorare ed implementare i programmi concordati. Un limite evidente , anche delle esperienze più avanzate, riguarda il fatto che esse sono costrette nell’ambito dei limiti previsti dai CCNL: ambiti che certamente non consentono un adeguato riconoscimento dei percorsi di crescita professionali prospettati dagli accordi. In alcuni accordi si precisano i valori di tali riconoscimenti professionali con valori che vanno dalle 50 alle 140 mila lire mensili (differenziate, ovviamente, per livello).
Dall’esame della contrattazione successiva a questa stagione emerge, però, un sostanziale abbandono (almeno a quanto si può dedurre dalla lettura degli accordi) di queste pratiche innovative
(con la sola eccezione di due o tre delle imprese esaminate), e una forte accentuazione della centralità della flessibilità da orario e da contratto e di quella retributiva. Un percorso, insomma, molto lontano da quello ipotizzato nell’approccio delle new forms of work organization.
L’immagine complessiva che emerge, insomma, è che nonostante l’enfasi spesa in molti accordi sul carattere strategico delle risorse umane, della centralità della formazione e della crescita professionale, già alla fine degli anni ’90 le esperienze di contrattazione ispirate all’approccio delle new forms of work organization avessero un carattere del tutto minoritario ma, ciononostante, fossero presenti in alcune importanti imprese italiane. Negli anni 2000, invece che assistere ad una diffusione ed un approfondimento di queste esperienze – come forse ci si poteva attendere ed augurarsi – sembra di assistere ad un loro sostanziale abbandono e ad una affermazione della ricerca della flessibilità soprattutto attraverso la flessibilità da orario e da contratto. Uno scenario, insomma, che sembra confermare, il carattere nettamente minoritario delle esperienze di innovazione organizzativa rilevata dalla ricerca dell’ISFOL9.
Tutto questo non significa che la contrattazione della flessibilità numerica sia stata priva di significato e di valore.
Quello cui sembra di assistere è ad un confronto a livello aziendale nel quale le imprese, da una parte, cercano di immettere quote crescenti di flessibilità per rispondere alla necessità di adattamento alla domanda di un mercato sempre più variabile e competitivo, ed il sindacato che cerca di ricondurre la contrattazione di queste tendenze negli ambiti della difesa e della garanzia dell’occupazione e della sua stabilità, di coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese con quelle dei lavoratori, con le loro esigenze di programmazione dei propri tempi di lavoro e di vita.
Non è un caso che le esperienze più significative vadano nella direzione, appunto, della trasformazione del lavoro a tempo determinato – soprattutto dove abbia un carattere ciclico e ripetitivo – in contratti a tempo parziale ciclico, verticale o orizzontale, ma comunque a tempo indeterminato; della garanzia della precedenza nelle future assunzioni a tempo indeterminato, di lavoratori già assunti con contratti a termine; gli accordi sul tempo parziale, per altro verso, assumono, il carattere della risposta alla richiesta dei lavoratori di trasformare il lavoro a tempo pieno, in lavoro a tempo parziale, per rispondere all’esigenza di dedicare maggiore tempo alle proprie esigenze di vita e di famiglia (soprattutto per le donne); le diffuse esperienze di aumento dell’utilizzo degli impianti (attraverso l’introduzione di turni notturni, di turni nel fine settimana) sono coniugati spesso con la creazione di nuove turnazioni che danno vita anche a significative
9 Isfol, op. cit.
riduzioni d’orario. Le categorie nelle quali si registra la maggiore diffusione di esperienze a livello aziendale di riduzioni d’orario, in particolare con gli accordi nei quali si realizza un aumento (oltre che una flessibilizzazione) dell’utilizzo degli impianti con l’introduzione o – più spesso – l’estensione del lavoro a turni, sono i metalmeccanici e i tessili: si registrano alcuni casi nei quali abbiamo l’introduzione del 6x6 su tre o quattro turni giornalieri per 36 ore, ma anche alcune esperienze nelle quali si scende ad orari anche inferiori10.
Tutto ciò non toglie che la forte pressione sulla contrattazione delle esigenze delle imprese di aumentare la propria flessibilità – l’alternativa è spesso la delocalizzazione presso altre imprese o all’estero di quote importanti di produzione - abbia dato vita a volte a soluzioni contrattuali che allargano, oltre quelli previsti dai contratti nazionali, i limiti e i vincoli da questi fissati per il ricorso alle diverse forme di flessibilità da orario e da contratto.
D’altra parte, come abbiamo visto, anche la stessa azione del governo ha scelto come propria priorità proprio quella di costruire una rete di protezione intorno alla flessibilità: un’azione che, con le circolari ministeriali sul lavoro parasubordinato nei call center e la successiva serie di accordi, ha consentito una stabilizzazione per migliaia di lavoratori; e che – con la scelta di procedere all’assunzione dei precari della pubblica amministrazione, con le annunciate proposte che puntano a reintrodurre delle limitazioni nel ricorso ai contratti a termine – si propone, appunto , di limitare il ricorso ai contratti atipici11. Una linea confermata anche dall’accordo del 23 luglio scorso.
Le ricerche riportate nella premessa (par. 2.1.3 e 2.1.4) sembrano indicare con chiarezza, che proprio le imprese e i territori che hanno saputo maggiormente innovare, sono i protagonisti della ripresa di questa fase dell’economia italiana. Anche per quanto concerne l’area delle piccole imprese, i segnali di ripresa che si avvertono in alcuni importanti distretti industriali e/o sistemi di sviluppo locale - spesso intorno al ruolo trainante di centri di eccellenza di innovazione tecnologica ed organizzativa ed attraverso la definizione di un nuovo rapporto tra sistemi locali di produzione e la presenza delle imprese (come soggetti e come sistema) sui mercati internazionali - sembrano dimostrare che è proprio l’innovazione la chiave di volta dell’attuale ripresa e delle prospettive del sistema delle imprese italiane. Quella che forse si delinea è l’avvio di un passaggio da un sistema di imprese e , quindi, di forza lavoro a basso contenuto di conoscenza, verso sistemi a più alto livello di innovazione, di ITC, di ricerca: l’economia della conoscenza, auspicata dalla Conferenza di Lisbona. Da questo punto di vista, ci pare, che la contrattazione aziendale qui esaminata – ma molto probabilmente anche quella territoriale – incontra con difficoltà questi processi di innovazione.
10 Vedi anche D’Xxxxx G. op. cit.
11 Cnel, Rapporto sul mercato del lavoro, 2005, Xxxx, 0000
Probabilmente sarebbe opportuno che le relazioni industriali, a livello aziendale o a livello territoriale (per la gestione nelle piccole imprese delle politiche di innovazione tecnologica e organizzativa, dei processi formativi e di riqualificazione del lavoro verso le nuove esigenze professionali) investissero maggiormente nel sostegno di queste politiche di innovazione, che rappresentano una condizione per incentivare anche la ricerca di nuovi modelli di organizzazione del lavoro. Le ricerche condotte sia in Italia che in altri paesi industrializzati suggeriscono che buone relazioni industriali sono una risorsa positiva da questo punto di vista: arricchirle con la ricerca di nuovi modelli organizzativi, che hanno dimostrato di saper rispondere sia all’esigenza di miglioramento delle performance aziendali che delle condizioni e della qualità del lavoro, potrebbe essere una frontiera da esplorare, tanto più che alcune esperienze di successo avevano già trovato spazio nella contrattazione aziendale alla fine degli anni ’90.
2 Premessa: produttività, innovazione organizzativa, partecipazione diretta e relazioni industriali
2.1 I problemi dell’economia italiana
Nonostante la ripresa dell’economia italiana nella seconda parte del 2006 e nel 2007, che ha confermato la vitalità dell’economia italiana, in particolare di alcuni suoi settori (vedi par. 2.1.4), il minore tasso di crescita registrato dal nostro paese rispetto, ad esempio, a Germania e Francia dimostra che quello della produttività resta uno dei nodi centrali dell’economia italiana. Una questione non solo italiana, ma europea, ma che, negli anni 2000- 2005 in particolare, si è manifestata nel nostro paese con particolare acutezza.
Gli indicatori di difficoltà e/o di declino dell’economia italiana sono numerosi e abbastanza inequivoci.
2.1.1 La quota del commercio mondiale
Tra il ’95 (anno della seconda svalutazione della lira, che registrò dunque un picco della capacità competitiva delle nostre merci) ed il 2005 la quota del commercio mondiale dell’Italia, valutata (in base ai dati di commercio estero) a prezzi costanti, è diminuita di due punti percentuali circa. L’obiezione secondo cui non poteva essere diversamente di fronte all’entrata in scena di competitori internazionali delle dimensioni della Cina e dell’India, è, almeno in parte, smentita dalla ben diversa performance dell’economia tedesca che nello stesso periodo ha ampliato la propria quota del commercio mondiale di 1,5 punti percentuali. Nello stesso periodo la quota delle esportazioni sul
PIL, sempre a prezzi correnti, è cresciuta in Germania dal 24 al 40 per cento, a fronte di una sostanziale stazionarietà intorno al 25 per cento in Italia12.
Hanno sicuramente inciso in queste cattive performance alcuni fattori decisivi: il processo di rivalutazione del tasso di cambio della lira dal livello del ’95 a quello che fu definito al momento della fissazione del suo valore nei confronti dell’euro; l’impossibilità, con l’ingresso nell’area dell’euro, di aggiustare le ragioni di cambio con le svalutazioni competitive – uno strumento tradizionale dell’economia italiana, fatto salvo il periodo della fine degli anni ’80, che non a caso si concluse con il trauma della svalutazione del ’92 – e la conseguente necessità di avviare un processo di ristrutturazione che mettesse le imprese nelle condizioni di competere nel nuovo scenario; l’ingresso sul mercato mondiale di competitori come Cina e India, così come l’ingresso nell’UE dei paesi dell’Europa centro orientale, insieme ad eventi come la fine, dal primo gennaio del 2005, dell’ATC (il sistema di quote previste per le importazioni dall’Accordo sul Tessile e Abbigliamento) che hanno avuto un impatto particolarmente profondo sui settori tradizionali del modello di specializzazione del nostro paese. Dei cambiamenti così radicali e profondi che richiedevano indubbiamente del tempo per poter essere affrontati.
Ma non si è trattato solo di questo. Le ragioni del declino non dipendono solo dalle accresciute difficoltà del contesto competitivo internazionale. Derivano in larga misura anche da dinamiche interne.
2.1.2 La caduta della produttività fino al 2005
Dal 2000 al 2005, la produttività nell’industria in senso stretto è diminuita nel nostro paese del 4% a fronte di un aumento in Germania e Francia, rispettivamente del 24% e del 22%. Questa ha determinato un divario drammatico nella crescita del clup che in Italia è aumentato nello stesso periodo del 23%, mentre in Francia e Germania è diminuito rispettivamente di circa il 5 ed il 10%13.
Tabella 1 -Valore aggiunto per unità di lavoro, 1981-2005 - Variazioni % medie annue
1981-90 | 1991-95 | 1996-2000 | 2001-2005 | |
Totale Economia | 1.8 | 2.2 | 0.8 | 0.0 |
Industria in senso stretto | 3.3 | 3.7 | 0.8 | - 0.4 |
Fonte: Dati Istat, citati in Xxxxx X., presentazione Seminario Università Statale, Milano 27/02/07
La Tabella 1 mostra la drammatica caduta del tasso di crescita della produttività tra gli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90, da una parte, e la seconda metà degli anni ’90 e la prima metà degli anni 2000, dall’altra. Nel periodo ’96-2000, il tasso di crescita scende allo 0,8% medio annuo, quasi
12 Banca d'Italia, Bollettino economico, n. 47, novembre 2006
13 Banca d’Italia, idem.
tre punti sotto la media della prima metà del decennio; non bisogna dimenticare, però, che la prima parte del decennio è stata caratterizzata dalle svalutazioni del ’92, ’93 e ’95, che diedero una forte spinta alle esportazioni e quindi alla crescita del Pil (dopo la grande recessione del periodo ’91-’93, che fu però accompagnato da una corrispondente caduta dell’occupazione che non fece crollare il tasso di produttività) mentre la seconda parte fu caratterizzata dal processo di apprezzamento del tasso di cambio della lira e successivamente della stabilità del cambio, che determinarono una decelerazione del tasso di crescita dell’economia, mentre l’occupazione cresceva più degli altri paesi, per effetto sia della moderazione salariale, che delle misure di flessibilizzazione del mercato del lavoro introdotte dal “pacchetto Treu”.
Tabella 2 – Produttività e Produttività Totale dei Fattori (Total Factor Productivity – TFP)
Italia | Xxxxxxxx | Xxxxxxx | ||||
1996- 2000 | 2001- 2004 | 1996-2000 | 2001-2004 | 1996-2000 | 2001-2004 | |
Produttività media del lavoro | 1,4 | 0,0 | 1,4 | 1,1 | 1,5 | 1,0 |
Produttività Totale dei Fattori | 0,4 | -0,8* | 1,3 | 0,7* | 1,4 | 0,8* |
* I dati sono riferiti al periodo 2001-2003
Fonte: Istat (per l’Italia), Eurostat (per Francia e Germania), Gronigen Growth & Development Centre (per i dati sulla Produttività dei fattori dell’intera economia), citati in Leoni R., presentazione Seminario Università Statale, Milano 27/02/07
La Tabella 2 mostra che non è la produttività del lavoro in sé, all’origine della flessione della produttività del nostro paese, ma quella della TFP (Total Factor Productivity - Produttività Totale dei Fattori), che approssima la dinamica della produttività che deriva dai processi di investimento, di innovazione tecnologica ed organizzativa.
Questo significa che le differenze nelle dinamiche della produttività hanno annullato i vantaggi derivanti dalla moderazione salariale garantita dall’accordo del luglio ’93 nel corso di quasi un quindicennio. Per stare al periodo della fissazione della parità lira-euro e poi, successivamente, della sua entrata in vigore, - dal 1998 al 2005 - le retribuzioni di fatto nominali nell’industria manifatturiera14 sono cresciute del 21%, più o meno allo stesso tasso della media dell’area dell’euro, meno del 25% della Francia e del 30% del Regno Unito, più del 14% della Germania (che negli anni duemila ha registrato un vero e proprio congelamento salariale)15. Se consideriamo le retribuzioni di fatto reali, cioè al netto dell’inflazione, (sempre nell’industria manifatturiera) vediamo che in Italia nel periodo hanno registrato una crescita di circa il 2%, a fronte del 5%
14 Consideriamo l’industria manifatturiera, in quanto contiene i settori maggiormente esposti alla concorrenza internazionale.
00 XXXX, Xxxx Economic Indicators, citate in D’Xxxxx X. Xxxxxxxxx industriali, contrattazione, retribuzioni e
produttività in Europa, 2005-2006, in Birindelli L. D’Xxxxx G., Megale A., Xxxxxx e contratti in Italia e in Europa 2004- 2006. Ediesse 2007.
dell’area euro e della Germania (nonostante la bassa crescita delle nominali), di circa il15% di Francia e Xxxxx Xxxxx00. L’andamento divergente tra retribuzioni nominali e reali nel confronto tra i diversi paesi è determinato dal maggior peso avuto dall’inflazione nel nostro paese nell’erosione delle retribuzioni reali. La crescita delle retribuzioni contrattuali e di fatto dal 2004 al 2006, è stata dovuta prevalentemente17 al recupero del potere d’acquisto perduto negli anni precedenti, come previsto dall’accordo del luglio ’93.
D’altra parte la retribuzione media in Italia (sia lorda che netta) si collocava nel 2005 (con i suoi circa 22.800 euro annui, per un lavoratore singolo e senza figli) intorno al 20° posto tra i primi 30 paesi dell’Ocse18, risultando circa la metà dei livelli più alti (Norvegia, Svizzera, Danimarca), l’80% in meno di quella della Germania e così via 19. Nonostante che il cuneo fiscale risultasse il settimo tra i più alti tra i 30 paesi considerati, anche il costo del lavoro risultava nelle posizioni medio basse della graduatoria (il 17°): dopo il taglio del cuneo fiscale realizzato dal governo il suo posto è sicuramente ulteriormente sceso nella graduatoria. Gli ultimi dati elaborati dall’Eurispes, confermano, anzi accentuano, queste tendenze 20.
2.1.3 I fattori della crisi di competitività: il fattore dimensione/settore
Tutto questo mostra con grande evidenza che i fattori di crisi della competitività delle imprese italiane non stanno nel costo del lavoro né nella dinamica delle retribuzioni, ma negli altri fattori di competitività delle imprese.
La minore produttività del lavoro nel nostro paese (37 mila euro per addetto, appena superiore a quella della Spagna, ma nettamente inferiore a quella di Francia e Germania di circa 50 mila euro in media 21) sembra largamente da attribuire alla struttura dimensionale delle imprese manifatturiere italiane: esse registrano “un differenziale di produttività negativo e molto pronunciato nelle classi estreme (da 1 a 9 addetti e con 250 addetti e oltre), e un leggero vantaggio nella fascia di medie dimensioni (tra 50 e 249 addetti). [...] L’aspetto dimensionale da solo spiega circa la metà del differenziale”. Quasi il 30 per cento deriva dall’interazione tra composizione settoriale e per classi
16 Ibidem
17 Oltrechè alla scelta di numerosi contratti di adottare come riferimento non più l’inflazione programmata ma quella effettivamente prevedibile.
18 Ocse, Taxing Wages 2004-2005, citato in D’Xxxxx G., op. cit.
19 I confronti tra retribuzioni nette a parità di potere d’acquisto ridimensionano queste differenze, ma la posizione del nostro paese nella graduatoria scende addirittura al 23° posto: in questo caso la Norvegia e la Danimarca che risultavano nelle posizioni più elevate nel confronto precedente perdono numerose posizioni, rispetto invece al Regno Unito che sale al secondo posto con una retribuzione netta di circa il 70% superiore a quella italiana; in Norvegia la differenza è di +40%; in Germania di +30%; in Danimarca si ridimensiona ad un +15%.
20 Eurispes, “Povero lavoratore: l’inflazione ha prosciugato i salari- I salari italiani fra i più bassi d’Europa sui salari in Europa ”, 30/03/07
21 Istat, Rapporto Annuale 2005, Capitolo 2. Evoluzione del sistema delle imprese e produttività.
d’addetti, il che mette in luce “l’effetto congiunto di una specializzazione in settori caratterizzati da bassa produttività e da dimensioni prevalenti d’impresa ridotte”22. Il Rapporto Istat 2005, tuttavia sottolinea che il minor valore aggiunto per addetto è compensato dal minore costo del lavoro.
Questi dati medi sono il risultato di diverse dinamiche settoriali: alcuni settori (quello alberghiero, delle costruzioni e dei comparti della manifattura a offerta specializzata) registrano – tra il 1999 ed il 2003 - una diminuzione rilevante dell’output per addetto (intorno al 10%) mentre, all’altro estremo, si registrano dei sensibili aumenti nelle TLC e nel commercio (circa +5%) che rappresenta uno dei settori più importanti in termini di fatturato. Queste diverse dinamiche settoriali, sembrano indicare che i recuperi di produttività realizzati nel periodo sono più l’effetto di un cambiamento della composizione settoriale e degli effetti di sostituzione delle imprese (effetto between) che di recuperi di produttività interni alle imprese stesse(effetto within). Quindi, piuttosto per l’azione selettiva del mercato che non per la dinamica delle produttività delle singole imprese per le qua li si registra, invece, “un declino dell’output unitario imputabile alle dinamiche individuali delle imprese attive”.
A delle conclusioni in parte diverse giunge il Rapporto23 presentato il 22 marzo al Convegno su “I vantaggi dell’Italia” della Fondazione Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx. Il rapporto giunge alla conclusione che la ripresa della crescita delle esportazioni Italiane dalla seconda metà del 2006, sia da attribuire piuttosto agli effetti dei processi di ristrutturazione e di riorganizzazione di alcune imprese più dinamiche (quindi, ad un effetto within) che ad una modifica della specializzazione settoriale. Anche questo rapporto vede all’opera una selezione del mercato ed una distruzione creatrice che porta a selezionare le imprese più efficienti. Il Rapporto sottolinea che già dal 2003, alcuni settori “siano riusciti ad aumentare le proprie quote nel mercato mondiale e che tra questi vi siano sia attività del made in Italy che attività avanzate, come le macchine per la produzione di energia o i componenti di autoveicoli”24 e ritiene, quindi, che né la perdita di quote di mercato fino al 2005 né la ripresa delle esportazioni dal 2006 possano essere ricondotte al modello di specializzazione settoriale del paese, ma piuttosto ai processi evolutivi delle imprese e all’emergere di imprese (in tutti i settori) che sono state capaci di adottare strategie di internazionalizzazione più efficaci: alla crescita delle esportazioni avrebbero contribuito “soprattutto i grandi esportatori, le aziende più efficienti, dotate di un livello elevato di capitale umano e di tecnologie avanzate”, capaci di
22 Ibidem, pag. 65-66
23 Xxxxx Xxxxxxxxx X. (Università di Milano e Centro Studi Luca d’Agliano) ed altri, Le imprese e la specializzazione produttiva dell’Italia. Dal macrodeclino alla microcrescita ? , Fondazione Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx.
24 Barba Navaretti G., op. cit., Sintesi
“acquisire capitale umano, investire in innovazione, e nuove tecnologie, modificare la [propria] struttura organizzativa, utilizzare strumenti finanziari articolati”.
2.1.4 La dinamicità delle medie imprese rispetto alle grandi
Dall’analisi dello studio di Mediobanca e Unioncamere presentato a dicembre dello scorso anno risulta un ruolo particolarmente dinamico delle medie imprese. Nel 1996-2003 (Tabella 3), il fatturato e le esportazioni delle medie imprese sono aumentate più di quelle grandi: il fatturato del 42,8% per le medie imprese (a fronte di un + 26,4% per le grandi); le esportazioni del 51,7%; rispetto ad un + 31,2% delle grandi. Il Valore aggiunto è aumentato per le medie imprese di un terzo, contro solo il 12% delle grandi; il numero dei dipendenti delle medie è aumentato di quasi il 20%
Tabella 3 – Indici di sviluppo: variazioni % 1996-2003
Totale | Italia | Export | Valore Aggiunto | Dipendent i | Mon | Risultato corrente | |
Medie imprese | +42,8 | +38,6 | +51,7 | +33,3 | +18,0 | -1,7 | +9,4 |
Grandi Imprese | +26,4 | +23,6 | +31,2 | +11,9 | -10,2 | -6,8 | +1,4 |
Fonte: Le medie imprese industriali italiane 1996-2003, Mediobanca – Unioncamere, 2006
Il MON sul fatturato resta nel periodo sensibilmente più elevato (Figura 1) nelle medie imprese, rispetto a quello delle grandi italiane del settore manifatturiero (nel 2005 il 5% circa rispetto al 3,5%).
Figura 1 – Mon su fatturato
Fonte: Le medie imprese industriali italiane 1996-2003, Mediobanca – Unioncamere, 2006
La redditività, il tasso di profitto (Roi e Roe25) è maggiore per le imprese medie in quanto è minore il capitale investito; le imprese maggiori recuperano (per quanto concerne il Roi) con i maggiori introiti finanziari. I tassi di profitto più elevati si hanno nel 1999 (Roi=11,1%; Roe=9,4%). Secondo lo studio Mediobanca - Unioncamere, il costo medio unitario del lavoro è nel 2003 del 21% inferiore a quello delle grandi imprese (43.600 euro) e del 28% a quello delle multinazionali europee (48.000). L’indagine non mette in luce delle differenze sostanziali tra medie imprese collocate all’interno dei distretti industriali o degli SPL (Sistemi Produttivi Locali), e quelle collocate all’esterno, anche se il 90% delle medie imprese è collocato nel Nord Ovest o nel Nord Est e nelle regioni centrali che sono quelle tipicamente di insediamento distrettuale e degli SPL, così come il made in Italy rappresenta i tre quinti del valore aggiunto delle medie imprese: tutto ciò farebbe supporre che per le medie imprese è sufficiente la prossimità alle aree distrettuali, per potere fruire dei vantaggi dell’agglomerazione territoriale. Le medie imprese dei distretti manifestano una maggiore propensione alle esportazioni (42% del fatturato) rispetto a quelle esterne (28%), il che potrebbe rappresentare un indicatore di maggiore competitività; ma nello stesso tempo registrano una redditività più bassa.
Il già citato Rapporto della Fondazione Debenedetti, mentre conferma l’influenza negativa della bassa dimensione media d’impresa del nostro paese, non ritiene di trovare confermato un ruolo maggiore nella crescita della produttività e competitività delle medie imprese rispetto alle grandi.
La ripresa economica di questi mesi, anche se consente di guardare con maggiore ottimismo alle prospettive del paese, non sembra aver risolto i problemi accumulatisi nel corso dell’ultimo decennio.
2.2 Le new forms of work organization: l’ innovazione a grappolo
In questo scenario, esiste ormai a livello internazionale (ma anche in parte Italiano) un ampio spettro di analisi e ricerche empiriche e teoriche 26 che ha coinvolto anche ricerche e documenti
25 Il Roi (Return on investment) è il rendimento del capitale investito ed è calcolato come rapporto tra Mon (Margine operativo netto) e capitale investito (quest'ultimo uguale alla somma tra patrimonio netto e debiti finanziari). Il numeratore, per omogeneità è costituito non solo dal Mon ma anche dai proventi finanziari. Il Roe (Return on equity), è il rendimento dei soli mezzi propri, calcolato come rapporto tra risultato d'esercizio e patrimonio netto, escluso lo stesso esercizio.
26 Tra fli altri si possono citare, Innovazioni Organizzative, risorse umane e relazioni industriali, Pini P., a cura di, Xxxxxx Xxxxxx, 2002; The gains from investing in workplace organisation Cristini A, Gaj A., Xxxxx X, First draft: November 2002; Revision (very preliminary): April 2003; Flat Hierarchical Structure, Bundles of New Work Practices and Firm Performance Cristini A., Xxx A., Labory S., Xxxxx X., March 2003, Revised version: June 2003; New Enterprise Work Practices and Their Labour Market Implications, OECD Employment Outlook. 1999; Contrattazione a livello di impresa: partecipazione allo sviluppo delle competenze versus partecipazione ai risultati finanziari, Xxxxx X., Valietti G., Tiraboschi, Lavoro e Relazioni Industriali, n.2 1999; Organizzazione, Apprendimento e Competenze, Indagine sulle competenze nelle imprese industriali e dei servizi in Italia, Xxxxxxxxx X. (a cura di), ISFOL, 2006; Employee partecipation ad organisational change in European firms - Evidence from a Comparative overview of ten
promossi dalla stessa Comunità Europea27, che mette in luce che solo le imprese che associano all’innovazione tecnologica una corrispondente innovazione organizzativa realizzano delle performance significative in termini di aumento della propria produttività e competitività. Si tratta delle cosiddette new forms of work organization (NFWO) o high performance work organization (HPWO), nella ricerca di più elevati livelli di produttività, lungo la via alta alla competitività (basata, appunto, sull’innovazione tecnologica ed organizzativa, la qualità del lavoro, la formazione permanente, ecc.) in contrapposizione alla via bassa, basata sulla competizione da costi, e su una flessibilizzazione non sostenibile del lavoro. La stessa Commissione Europea ha individuato nella tematica dell’innovazione organizzativa uno dei pillars della stessa strategia di Lisbona. Secondo un recente studio di Xxxxx e Xxxxx (Economic Journal, 2004) la crescita della Total Factor Productivity negli Usa è riconducibile – per l’89% - ai processi di reingegnerizzazione dei luoghi di lavoro28.
Questa letteratura sottolinea, quindi, come la flessibilità vada realizzata piuttosto attraverso misure di flessibilità funzionale o organizzativa o innovativa che riguardano la modifica dell’organizzazione del lavoro, i modelli di professionalità, che non attraverso il ricorso a sole misure di flessibilità numerica o difensiva, come la flessibilità degli orari di lavoro o il ricorso alle diverse forme di lavoro atipico, temporaneo o precario: che anzi la flessibilità numerica o difensiva rappresenta un ostacolo a mettersi sulla strada della flessibilità organizzativa.
In larga misure questi modelli di flessibilità organizzativa, hanno come punto centrale di riferimento, processi di coinvolgimento dei dipendenti e, quindi, forme di partecipazione diretta dei lavoratori.
Le ricerche empiriche - condotte anche su vasta scala – che hanno confermato questi risultati sono state numerose.
EU countries, Xxxxxx X., Xxxxxxxxxx Xxxxx, 0000; Organisational Innovation in European firms: a critical Reviw of the Survey Evidence, Coriat B. in Archibugi D e Lundval B (esds) 2001; Flexible Workplace Practice and labor productivity, Xxxxx T. K. IZA, Institut for the study of labor, 2003; How to compete: the impactof workplace practices and information technology on productivity, Xxxxx Xxxxxx X. and Xxxxx Xxxx X. The review of Economics and Statistics, 200;
27 New Forms of Work Organisation. Report from the EU Presidency Conference, 12 - 13 November 2002 in Roskilde, EU Commis sion Presidency, Copenhagen, March 2003; New Forms of Work Organisation: The Obstacles to Wider Diffusion - FINAL REPORT, European Commission DG Employment and Social Affairs; New forms of work organisation: Case studies, Final report, European Commission, Directorate General for Employment, Industrial Relations and Social Affairs,
28 Xxxxx X., presentazione al Seminario del 27/02/06, presso l’Università Statale di Milano.
Secondo la presentazione di Xxxxx Xxxxxxxxxx, (The Work Institute, The Nottingham Trent University) alla Conferenza di Roskilde del 12 - 13 November 200229, i numerosi case studies esaminati – all’interno di una ricerca su 800 imprese in dieci paesi Europei in preparazione del rapporto presentato dalla Presidenza della Commissione Europea - avevano dimostrato che l’adozione delle nuove forme di organizzazione del lavoro erano in grado di fornire dei vantaggi competitivi di lungo termine, di migliorare le conoscenze ed il potenziale creativo dei dipendenti, di migliorare la capacità di risposta alla domanda del mercato, di promuovere un miglioramento continuo e l’innovazione, di aumentare la produttività, di realizzare una maggiore fiducia ed affidabilità verso i consumatori, di ridurre i costi, migliorare le relazioni industriali e le condizioni di lavoro.
Nel Regno Unito, per esempio, dove viene condotta ogni cinque anni una ricerca su 30.000 dipendenti in 3.000 luoghi di lavoro, nel rapporto del 1998 si sottolineava l’elevata qualità ed il buon clima delle relazioni tra management e dipendenti, in un’ampia quota delle imprese indagate. Nello stesso tempo risultava, però, che solo il 14% delle imprese implementava oltre la metà di un set di pratiche innovative di gestione del personale, mentre il 30% ne implementava solo un quinto o meno.
In uno studio su 1.300 imprese di beni d’investimento in Germania, “The Benefits of a “System””30, si metteva in luce che le imprese che implementavano un gruppo - un grappolo – di nuove pratiche di lavoro complementari tra loro, generavano i più elevati miglioramenti della produttività del lavoro derivante dal cambiamento organizzativo. Dei risultati analoghi sono riportati dal rapporto della Commissione UE da parte di analisi in organizzazioni del lavoro innovative in 90 stabilimenti automobilistici di assemblaggio nel mondo e in uno studio in 35 imprese siderurgiche negli Usa.
Analogamente, i risultati di Xxxxxxxxxx, Xxxx and Prennushi31, indicano una produttività del 6.7% più elevata nei sistemi innovativi di gestione delle risorse umane; del 3.2% più elevata nei sistemi basati sull'«high-teamwork» e dell'1.4% più alta nei sistemi d'impresa a pronunciata
29 Xxxxxxxxxx P., Work organisation on the European agenda. 1. The theme, in Xxxx Xxxxxx H. (Copenhagen Business School, Denmark) (a cura di), New Forms of Work Organisation. Report from the EU Presidency Conference, 12 - 13 November 2002 in Roskilde, EU Commission Presidency, Copenhagen, March 2003
30 Cap. 3. New Forms of Work Organisation, in EU Commission, New Forms of Work Organisation: The Obstacles to Wider Diffusion - FINAL REPORT
31 Xxxxxxxxxx X. x Xxxx X. (1999), The Effects of Hrm Systems on Economic Performance: An International
Comparison of U.S. and Japan, Management Science, 45(5), 704-21, citato in Xxxxx X. , Introduzione: i grandi cambiamenti in corso e la nuova natura del lavoro , in Tomassini M. (a cura di), op. cit.
'comunicazione aziendale. Per il Regno Unito, Xxxxxxxxx, West, Lawthom and Nickell32, mostrano che il 17% di variazione nei profitti d'impresa è dovuto a innovazioni organizzative e a nuove pratiche di gestione delle risorse umane, mentre solo l'8% è dovuto a spese in R&S, il 2% alle strategie e l'1% alle tecnologie33.
In una parte di questa letteratura si ritiene, infatti, che nei nuovi modelli organizzativi34 (di cui vedremo di seguito le caratteristiche fondamentali), il processo di coinvolgimento dei lavoratori negli obiettivi dell’azienda sarebbe alternativo ai rapporti con il sindacato: la partecipazione diretta (il rapporto e il coinvolgimento diretto dei lavoratori) si porrebbe in alternativa alla partecipazione indiretta (attraverso le rappresentanze sindacali). Da questo punto di vista, i risultati delle ricerche empiriche ed anche le valutazioni delle parti sociali divergono e soprattutto sembra di assistere ad una evoluzione: mentre anni fa sia da parte manageriale (che rivendicava una prerogativa esclusiva su questo tipo di innovazioni) che da parte sindacale (che esprimeva una diffidenza rispetto a questi modelli, e vi vedeva una possibile minaccia al proprio ruolo), si registrava – non solo in Italia – una notevole difficoltà ad aprire un confronto su questo terreno, oggi sembra diffondersi l’opinione che delle buone relazioni industriali possano rappresentare un sostegno a questi processi di innovazione organizzativa .
La ricerca condotta sull’industria alimentare in Xxxxxx Xxxxxxx 35 mette in luce una possibile correlazione positiva tra qualità delle RI, tassi di innovazione organizzativa e innovazione tecnologica e di prodotto. L’indagine condotta nella provincia di Bergamo36, mette in luce che l’introduzione di nuove tecnologie ed anche di significative innovazioni organizzative se adottate da sole non aumentano la produttività del lavoro: che si registra invece un notevole miglioramento quando sono introdotte in imprese che, adottano queste innovazioni organizzative in gruppo, tutte insieme. Ma nello stesso tempo che per essere efficaci esse debbono essere accompagnate da buone relazioni industriali: quest’ultima sembra essere una delle condizioni complementari per il successo di questi processi di rinnovamento37.
Una ricerca dell’Ires Lombardia su un campione di imprese della regione aveva messo in luce che, laddove esistenti, questi modelli di innovazione organizzativa erano spesso informali: che la
32 Xxxxxxxxx M., Xxxx M. e Xxxxxxx X. (1997), The Impact of People Management Practices on Business Performance, Institute of Personnel and Development, Londra, citato in in Leoni R., op. cit.
33 Xxxxx X. , Introduzione: i grandi cambiamenti in corso e la nuova natura del lavoro, in Xxxxxxxxx X. (a cura di), op. cit.
34 Vedi il dibattito su Stato e Mercato n. 1 2003, tra Reggini, Salvati e Boeri
35 Innovazioni Organizzative, risorse umane e relazioni industriali, Xxxx X., a cura di, Xxxxxx Xxxxxx, 2002
36 Flat Hierarchical Structure, Bundles of New Work Practices and Firm Performance Cristini A., Xxx A., Labory S., Xxxxx X., March 2003, Revised version: June 2003, in via di pubblicazione sulla Rivista Italiana degli Economisti, vol. VIII, n.2, 2003
37 Sull’insieme di questa materia vedi anche il numero dei Quaderni di Rassegna Sindacale n 2, 2005
diffusione dell’informazione è presente ma in modo non ufficiale, che i dipendenti svolgono differenti compiti e funzioni ma senza che questo venga chiamato job rotation, e senza che venga organizzato formalmente in working teams.
Anche una ricerca condotta in Umbria dall’AUR (Agenzia Umbria Ricerche) su un campione di oltre 270 imprese intervistate (rispetto ad un universo di poco meni di 900 imprese dell’industria manifatturiera, dei servizi alle imprese e alle persone e della distribuzione)38 conferma una relazione positiva tra presenza di relazioni industriali e contrattazione decentrata e elevato livello di innovazione organizzativa e tecnologica.
Si manifesterebbe, insomma, una correlazione tra buone Relazioni Industriali, buone politiche di gestione delle risorse umane e via alta dello sviluppo o high performance working systems (fondata su alte professionalità, formazione continua, economia della conoscenza, innovazione tecnologica, organizzativa e di prodotto); e viceversa tra via bassa (fondata sulla competizione da costi, elevata precarizzazione del lavoro, bassa qualificazione e bassi salari) e situazioni di black hole, di buco nero sia delle Relazioni Industriali che delle politiche di Human Resource Management (HRM). Una correlazione che smentirebbe, almeno in parte, la tesi secondo cui l’enfasi sulle HPWS nasconderebbe semplicemente la volontà delle imprese di giustificare ideologicamente e propagandisticamente la ricerca di una maggiore flessibilità e disponibilità del lavoro.
Nel già citato rapporto della Commissione UE sulle nuove forme di organizzazione del lavoro si sottolinea, invece, l’impatto sociale positivo di questi modelli, in primo luogo, in quanto esse contribuiscono positivamente alla difesa dell’occupazione – che rappresenta il primo obiettivo cruciale delle opportunità sociali; in secondo luogo, in quanto una maggiore diversità e possibilità di scelta offre la possibilità di ottenere lavori migliori, e in quanto il lifelong learning rappresenta la condizione per offrire un’occupazione di qualità39. Nello stesso tempo questi modelli organizzativi, dal punto di vista dei lavoratori, comportano la possibilità di combinare meglio vita lavorativa e vita sociale e familiare, di accedere ad una varietà di lavori e di obiettivi di lavoro che possono offrire na maggiore soddisfazione nel lavoro, di evitare gli effetti (anche dal punto di vista degli incidenti sul lavoro) di lavori noiosi e ripetitivi, di esplorare nuove potenzialità dei lavoratori, ed una loro maggiore motivazione40.
Gli elementi fondamentali possono essere così schematicamente riassunti41:
38 Ricerca (a cura di Xxxxxxxxxxx M., D’Xxxxx G. e Vivoli C.) presentata dall’AUR, nel seminario del 21/3/05.
39 Xxxxxxx X. Xxxxxxxxx for new forms of work organisation , in Xxxxxx H. H., op. cit
40 Xxxxxxxxxxx C. H., in Xxxxxx H. H., op. cit
41 Vedi la presentazione di Leoni R. al Seminario del 27/02/06, presso l’Università Statale di Milano
• Riduzione dei livelli gerarchici
• Lavoro in team (con poteri alla squadra)
• Creazione di gruppi interfunzionali per problem solving
• Coinvolgimento e consultazione
• Sistema dei suggerimenti dal basso
• Costruzio ne dei ruoli di polivalenza e policompetenza
• Job rotation strategico (con affiancamento nella fase iniziale)
• Valutazione periodica della performance individuale
• Incentivi di breve (per apprendere e sviluppare le competenze)
• Incentivi di lungo: carriere in diagonale e non più in verticale
Ma l’insieme di queste ricerche sottolinea, in particolare, che le performance migliori vengono raggiunte dalle imprese che implementano queste innovazioni organizzative in bundles, a grappolo. Così come l’innovazione tecnologica se non accompagnata da appropriate misure di innovazione organizzativa difficilmente ottiene gli attesi risultati di performance, le misure di innovazione organizzativa se adottate isolatamente, ciascuna per conto proprio, al di fuori di un approccio strategico complessivo, hanno spesso anch’esse un effetto deludente. Le diverse forme di innovazione si integrano e rafforzano reciprocamente e sembrano avere bisogno l’una dell’altra per esprimere compiutamente le proprie potenzialità.
Nello stesso tempo mentre la letteratura internazionale conferma un evidente correlazione tra aumento della produttività, crescita economica e processi di innovazione tecnologica ed organizzativa 42 interni alle imprese, ci si interroga anche sulle ragioni della insufficiente diffusione di queste esperienze in Europa e nel nostro paese43.
Gli ostacoli ad una maggiore diffusione di queste esperienze starebbe nel fatto che esse implicano un investimento notevole di risorse sia finanziarie che manageriali, che, per avere successo, hanno bisogno di un investimento che si protragga nel tempo, che incontrano spesso resistenze sia nel management (sia di vertice che intermedio) che nelle aree del lavoro esecutivo.
42 Vedi in proposito la rassegna di ricerche internazionali negli USA, Regno Unito, Francia e Germania, in Leoni ed altri , op. cit.
43 New Forms of Work Organisation: The Obstacles to Wider Diffusion - FINAL REPORT, European Commission DG Employment and Social Affairs;
Tra le ragioni di questa scarsa diffusione potremmo annoverare anche il peso maggiore nel nostro paese delle imprese di piccola dimensione (dove, appunto, ci si può attendere che, ove pure esistano, queste esperienze abbiano carattere prevalentemente informale) ed il differente rapporto costi/benefici che hanno in questa tipologia di imprese i processi di innovazione organizzativa; da questo punto di vista le politiche concertative a livello territoriale potrebbero rappresentare uno strumento per costruire un processo di innovazione organizzativa e tecnologica delle reti di piccole imprese che caratterizzano il sistema delle piccole imprese italiane (dai distretti industriali ai sistemi produttivi locali), nelle quali la strategia ed il disegno di innovazione non sta nella singola impresa ma appunto nella qualità delle rete, nei suoi nodi strategici. Non bisogna tuttavia dimenticare che molte delle ricerche ricordate sottolineano, come spesso proprio nelle piccole imprese i rapporti tra managment e dipendenti risultino spesso migliori.
In ogni caso, la recente ricerca dell’ISFOL, Organizzazione, Apprendimento e Competenze, Indagine sulle competenze nelle imprese industriali e dei servizi in Italia44, mette in luce il particolare ritardo del nostro paese a questo proposito: la percentuale di lavoratori che sono stati coinvolti in un grappolo di pratiche innovative 45 sono risultati in Italia nel 2005 il 3% rispetto a circa un terzo (33%) dei lavoratori in Gran Bretagna nel 1997.
3 Andamento e lineamenti della contrattazione aziendale nel periodo ’98-2006
Nell’analisi sui lineamenti della contrattazione di secondo livello presente nell’Archivio del CNEL, cercheremo di esaminarne i contenuti proprio alla luce dell’analisi svolta finora. Cercheremo cioè di esaminare il ruolo ed il peso della flessibilità numerica o difensiva (che deriva dalla flessibilità da orario o da contratto) nella contrattazione aziendale a confronto con la flessibilità funzionale o organizzativa o innovativa che discende invece da nuove pratiche innovative di gestione del personale (che comportano un maggiore coinvolgimento dei lavoratori, l’introduzione dei team work, la rotazione, l’arricchimento delle mansioni, il multitasking e la polifunzionalità ecc.) in confronto anche con il ruolo della flessibilità retributiva, che discende dall’introduzione di quote di retribuzione collegati alle performance dell’impresa.
44 Organizzazione, Apprendimento e Competenze, Indagine sulle competenze nelle imprese industriali e dei servizi in Italia, Tomassini M. (a cura di), ISFOL, 2006. Il campione è rigorosamente rappresentativo di oltre 9 milioni di lavoratori dipendenti (agr., costruz e pubblico esclusi )
45 In questo caso si trattava di cinque pratiche: 1- circoli di qualità; 2 - Incontri periodici in cui i manager informano i dipendenti sull’andamento delle attività aziendali; 3 - Suggerimenti dal basso (negli ultimi 12 mesi); 4 - Ricevere abitualmente una valutazione formale della propria prestazione; 5 - Lavorare in team. Leoni, cap. 3, in Xxxxxxxxx X. (a cura di), ISFOL, 2006.
Anche se questo resta l’approccio della nostra analisi dei contenuti dell’Archivio, ci pare che non si possa non ricordare che, in particolare nell’ultimo anno, il focus dell’azione legislativa e contrattuale è stato concentrato sulle questioni fondamentali del mondo del lavoro: la questione, appunto della sua sicurezza, la lotta contro la precarietà ed il lavoro nero, soprattutto attraverso la serie di misure adottate dal ministero del lavoro. L’avviso comune Confindustria – CGIL, CISL, UIL e la successiva azione di governo hanno dato alcuni primi importanti risultati su questo terreno. Secondo i dati del ministero del lavoro, al 26 aprile, erano stati conclusi 48 accordi in aziende di call center per circa 11.000 addetti, mentre erano in corso trattative in altre 35 imprese per altri
9.000 dipendenti, su un totale di circa 650call center , per un totale di 47.000 lavoratori. Si ipotizzava che per la fine di aprile si potesse raggiungere la cifra di 20.000 lavoratori stabilizzati. Su questa base sono stati realizzati circa 80 accordi che hanno consentito la stabilizzazione di migliaia di lavoratori.
3.1 L’aggiornamento degli Archivi del settore privato per il 2006
Con l’aggiornamento relativo al 200646, l’Archivio Nazionale del CNEL sulla contrattazione decentrata aziendale nel settore privato dell’economia è giunto a contenere quasi 3000 accordi relativi a più di mille aziende del settore privato dell’economia47 (Tabella 4 e Tabella 5 ).
Tabella 4 – Numero di accordi presenti nell’Archivio Nazionale CNEL della contrattazione aziendale nel settore privato dell’economia al dicembre 2006 – 1996-2006
Area Contrattuale | Numero totale accordi aziendali | Accordi Impr. > 1000 dip. | Accordi Impr. > 100 < 999 dip. | Accordi aziende 48 nuove |
Alimentare | 199. | 106. | 93. | 9. |
Carta, stampa ed editoria | 75. | 53. | 22. | 13. |
Chimica, gomma e plastica | 469. | 276. | 193. | 6. |
Comunicazioni | 96. | 84. | 12. | |
Credito ed assicurazioni | 114. | 113. | 1. | |
Edilizia | 34. | 26. | 8. | |
Elettricità, gas e acqua | 18. | 18. | ||
Mat. per costruì. e mobili | 139. | 51. | 88. | 15. |
Metalmeccanica | 918. | 412. | 506. | 55. |
Sistema moda | 258. | 93. | 165. | 5. |
Terziario | 344. | 153. | 191. | 16. |
Trasporti | 134. | 120. | 14. | 29. |
Totale: | 2 946. | 1 505. | 1 293. | 148. |
46 Per questo aggiornamento, il Cnel ha deciso di limitarne il campo alle sole imprese il cui ultimo accordo era stato firmato nel 2002.
47 Vedi anche, CNEL, Notiziario sulla contrattazione, 2/6/2005. Il settore dell’Archivio sulla contrattazione territoriale contiene ormai oltre 900 accordi.
48 Le aziende nuove, sono quelle inizialmente non presenti nel campione, e per le quali non sempre si dispone di tutti i dati completi (n° di dip; sede giuridica, P. IVA ecc.).
Tabella 5 - Numero di imprese presenti nell’Archivio Nazionale CNEL della contrattazione aziendale nel settore privato dell’economia al dicembre 2006 – 1996-2006
Area contrattuale | Totale aziende | Aziende grandi | Aziende piccole | Aziende nuove49 |
Alimentare | 69. | 30. | 39. | 6. |
Carta, stampa ed editoria | 33. | 22. | 11. | 6. |
Chimica, gomma e plastica | 167. | 80. | 87. | 4. |
Comunicazioni | 18. | 12. | 6. | |
Credito ed assicurazioni | 34. | 33. | 1. | |
Edilizia | 10. | 5. | 5. | |
Elettricità, gas e acqua | 2. | 2. | ||
Mat. per costruz. e mobili | 56. | 15. | 41. | 3. |
Metalmeccanica | 382. | 109. | 273. | 28. |
Sistema moda | 140. | 47. | 93. | 4. |
Terziario | 109. | 35. | 74. | 11. |
Trasporti | 29. | 19. | 10. | 9. |
Somma: | 1 120. | 409. | 640. | 71. |
L’Archivio della contrattazione territoriale (sempre relativo al settore privato dell’economia, sempre al 31/12/0650) contiene quasi 1000 accordi relativi a circa 540 sedi di contrattazione (Tabella 6).
Complessivamente, tra i due Archivi, si tratta di quasi 4.000 accordi conservati (lo ricordiamo per inciso, per gli addetti ai lavori) su supporto informatico, classificati (e, quindi, consultabili) per argomenti trattati.
Tabella 6 – Numero di accordi territoriali e sedi di contrattazione dell’Archivio Nazionale CNEL della contrattazione territoriale del settore privato dell’economia – 1996-2006
Area contrattuale | Sedi di contrattazione | Accordi territoriale | % SU TOT | Acc./Sede |
Alimentare | 174. | 325. | 33.6% | 1.87 |
Carta, stampa ed editoria | 11. | 18. | 1.9% | 1.64 |
Chimica, gomma e plastica | 13. | 25. | 2.6% | 1.92 |
Credito ed assicurazioni | 4. | 5. | 0.5% | 1.25 |
Edilizia | 190. | 363. | 37.6% | 1.91 |
Interconfed | 9. | 11. | 1.1% | 1.22 |
Mat. per costruz. e mobili | 24. | 36. | 3.7% | 1.50 |
Metalmeccanica | 23. | 35. | 3.6% | 1.52 |
Sistema moda | 22. | 34. | 3.5% | 1.55 |
Terziario | 61. | 103. | 10.7% | 1.69 |
Trasporti | 6. | 7. | 0.7% | 1.17 |
Totale | 537. | 962. | 100.0% | 1.79 |
49 idem
50 Ma l’aggiornamento del 2006 di questo Archivio è stato solo parziale. I dai non sono esattamente confrontabili con quelli del precedente rapporto (Cnel (2005), Notiziario, 2 giugno) relativo all’aggiornamento 2044-2005, in quanto, nell’inserimento definitivo degli accordi nell’Archivio Cnel, sono state effettuate alcune correzioni.
3.2 L’ intensità di contrattazione nel periodo ’98-2006
Esamineremo ora quella che abbiamo definito (per esigenze di chiarezza ) l’intensità di contrattazione. Abbiamo adottato questa definizione per distinguerla dalle frequenze di contrattazione delle diverse materie che esamineremo nel Cap. 3.3: in realtà essa misura la percentuale di imprese di ciascuna categoria che per ciascun anno fanno accordi aziendali, rispetto al totale delle imprese del campione di quella stessa categoria51. L’analisi di questi andamenti è stata effettuata per l’insieme delle imprese dell’Archivio e per i due sottoinsiemi delle imprese maggiori (quelle con un numero di dipendenti superiore o uguale a 1000 dip.) e delle imprese della classe dimensionale media (tra 100 e 999 dip.)52.
Come si vede dai grafici e dalle tabelle, tutti i tre gli insiemi mostrano una sensibile contrazione dell’ intensità di contrattazione, anche se più evidente nelle imprese con meno di mille dipendenti. Una tendenza già registrata anche nel precedente rapporto53.
In quelle maggiori, anche se la tendenza alla flessione resta forte, in particolare nel 2005 e 2006, negli anni precedenti si registrano dei picchi di ripresa dell’intensità di contrattazione che sembrano corrispondere alle campagne o stagioni di rinnovi degli accordi integrativi: per i metalmeccanici nel 2004 con il 37% delle impresse del nostro campione (dopo quello del 2000 con quasi la metà delle imprese interessate); nei chimici, con circa il 40% nel 2003 come nel 2001; negli alimentaristi con il 55% del 2002 rispetto a quasi il 60% del 1998; nel sistema moda, nel 2003 con il 27% delle imprese interessate, rispetto al 37% del 1999.
Nella classe di imprese inferiore (tra 100 e 999), dove l’intensità di contrattazione risulta in generale, comunque, minore, i picchi di ripresa dell’intensità di contrattazione risultano notevolmente più bassi e non tali da indicare una significativa inversione di tendenza: tra i
51 Vedi nota Figura 2.
52 Sono necessarie alcune precisazioni: la prima riguarda il numero di dip.: qui si assume che esso sia quello delle imprese considerate al momento nel quale è stato definito il campione (nel 1997), mentre questo ovviamente cambia di anno in anno, anche in conseguenza dei possibili scorpori o fusioni aziendali. La seconda riguarda il campione sul quale stiamo operando: nel corso degli anni per una serie di imprese si sono accumulate delle mancate risposte: queste aziende sono state escluse dalle statistiche che stiamo esaminando. Pertanto rispetto al totale di 1.120 imprese presenti nell’Archivio, i dati che stiamo esaminando sono riferiti ad un sottoinsieme di 872 (al netto sia delle mancate risposte che delle aziende nuove). Il Campione delle imprese dell’Archivio sulla contrattazione aziendale del settore privato dell’economia (per il quale si cerca di raccogliere la contrattazione aziendale di maggiore significato – per omogeneità non si raccolgono accordi di particolari aree aziendali o puramente gestionali, ma solo la contrattazione connessa a rilevanti processi di ristrutturazione e riorganizzazione o quella integrativa), nel progetto iniziale doveva coprire 1000- 1100 imprese, tra le quali comprendere le 550 imprese con oltre mille dipendenti (Campione Mediobanca dati del Censimento, Inps, ecc ) e da un campione stratificato di 450-550 imprese tra 100 e 999 dipendenti (vedi CNEL, La contrattazione aziendale nel settore privato dell’economia, CNEL, Documenti n. 12, 2002). Nel corso degli anni trascorsi il campione ha superato la soglia delle mille imprese, (come abbiamo visto oggi sono 1.120, delle quali, 409, le grandi imprese – per più di un milione di dipendenti - e 640 quelle tra 100 e 999 vedi par. 3.1),
53 Cnel (2005), Notiziario sulla contrattazione, 2 giugno
metalmeccanici dove il primo massimo di intensità del 2000 era sostanzialmente equivalente a quello delle imprese maggiori (intorno al 50%), nel 2004, la ripresa della contrattazione si ferma al 22%; negli alimentaristi, dove la intensità aveva toccato un massimo del 43% nel 1999, nel 2002, si ferma al 27%; nel terziario, dopo il massimo, intorno al 30% del 2000-2001, la curva è poi sempre discendente, come anche nel sistema moda.
In ogni caso si manifestano delle notevoli differenze intersettoriali dell’intensità di contrattazione.
Per le imprese maggiori di 1.000 dip. (Figura 3 e Tabella 8, pag. 36):
• per i metalmeccanici si va – per il periodo ’98-2004- da un minimo intorno al 30% a due picchi massimi rispettivamente del 50 e del 37%; nel 2005 e 2006 le frequenze scendono rispettivamente al 22 e 9%54;
• il settore alimentare registra due picchi tra il 55 ed il 60% nel 1998 e nel 2002, mentre nel resto degli anni oscilla tra il 30 ed il 40% per poi scendere sensibilmente dopo il 2003;
• nelle costruzioni si registra un unico picco del 60% nel 2001, per oscillare negli altri anni tra il 20 ed il 40% fino al 2003, per poi ridursi radicalmente negli anni successivi;
• nel settore chimico, gomma e plastica abbiamo dei massimi relativi tra il 35 ed il 40% nel 2000, 2001 e 2003, per poi oscillare tra il 15 ed il 30%, almeno fino al 2004;
• nel sistema moda abbiamo un picco del 37% nel 1999, due altri massimi relativi nel 1998 e nel 2003, intorno al 25%, per poi oscillare su frequenze inferiori al 20%;
• nel terziario, infine, oltre il massimo superiore al 40% nel 1999, fino al 2003 le frequenze si mantengono sempre superiori al 30%.
Per le imprese con meno di 1.000 dip. le differenze intersettoriali sono un po’ più attenuate: si va dal sistema moda che oscilla intorno al 20% (fino al 2002), al terziario che varia tra il 20 ed il 30% (fino al 2003), ai metalmeccanici che registrano due massimi di intensità abbastanza elevati nel 2000 e nel 2004 (rispettivamente del 47 e del 22%), mentre registrano frequenze basse, tra il 10 ed il 15% negli altri anni.
Di notevole interesse la constatazione che all’interno di un campione di imprese che contrattano, l’ intensità annua di contrattazione nei picchi massimi difficilmente superi la metà del totale delle
54 I dati relativi a questi ultimi due anni vanno considerati certamente come provvisori.
imprese, anche nei periodi che sembrano corrispondere a stagioni di contrattazione integrativa. Questo dato è sostanzialmente coerente con le stime della Banca d’Italia .
Secondo le stime della Banca d’Italia55 nel 2006 l’erogazione di quote retributive aziendali integrative rispetto a quelle nazionali avrebbe riguardato, (nelle imprese oggetto dell’indagine annuale - 3261 imprese dell’industria in senso stretto e 1191 dei servizi, tutte con almeno 20 addetti), il 45 per cento degli occupati nell’industria e il 40 di quelli del terziario; in realtà questo dato è relativo alla diffusione di erogazioni aggiuntive rispetto al contratto nazionale a prescindere se si tratti di premi contrattati o di erogazioni unilaterali delle imprese. Nella seconda metà degli anni ’90, la Banca d’Italia aveva stimato una copertura della contrattazione aziendale di circa l’80% nelle imprese manifatturiere al di sopra di 50 dipendenti (si parla sempre di stock) e l’indagine dell’Istat sulla flessibilità56 nel ’95-’96 aveva fatto registrare una copertura del 38,5% per le imprese industriali con oltre 10 dipendenti e di quasi il 60% per quelle oltre i 50 dipendenti.
Il dato relativo al 2006, può essere interpretato come una tendenza ad una flessione delle erogazioni aggiuntive, dovuta in parte al fatto che anche una parte delle imprese nelle quali sono presenti premi legati ai risultati non hanno effettuato erogazioni aggiuntive al contratto nazionale oppure non hanno rinnovato i premi relativi a causa della stagnazione quando non la caduta della produttività degli anni precedenti.
Ebbene i dati da noi esaminati finora mostrano una certa coerenza con quelli rilevati dalla Banca d’Italia. Abbiamo visto, infatti, che l’intensità di contrattazione mostra delle oscillazioni significative tra massimi dal 40 al 60% delle imprese del campione a minimi tra il 10 e il 20%57. Se si tiene conto inoltre che la frequenza di contrattazione in particolare del salario aziendale segue un andamento molto ravvicinato a quello dell’intensità di contrattazione (vedi il par. 3.3.3, pag. 43e, in particolare, le frequenze assolute, dalla Figura 18 alla Figura 27, pag. 56 - 65), vediamo che l’ordine di grandezza delle nostre stime non diverge sigificativamente da quelle della Banca d’Italia.
55 Bollettino Economico, n. 47, novembre 2006
56 ISTAT, La flessibilitá del mercato del lavoro nel periodo 1995-96, ISTAT, 2000
57 Si deve tener conto che la forte flessione del 2005 e 2006, è in parte da attribuire anche alle difficoltà di aggiornamento dell’Archivio, negli anni più recenti.
Figura 2 - Intensità di contrattazione per anno – Totale Aziende – 1998-2006
Frequenze di contrattazione - Totale aziende
70%
ALIMENTARE
60%
50%
CHIMICA,
GOMMA E PLASTICA
40%
MAT. PER
COSTRUZIONI E MOBILI
30%
METALMECCAN
ICA
20%
SISTEMA MODA
10%
TERZIARIO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Ci siamo limitati ai sei settori elencati, in quanto sono quelli nei quali i datti hanno la necessaria continuità; non abbiamo considerato, quindi, i settori carta, stampa ed editoria, tlc, credito ed assicurazioni, energia e trasporti
Tabella 7 - Intensità di contrattazione per anno – Totale Aziende – 1998-2006
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
Alimentare | 47% | 42% | 33% | 26% | 39% | 29% | 11% | 0% | 5% |
Chim., gomma, plast. | 16% | 23% | 38% | 28% | 15% | 26% | 23% | 8% | 7% |
Mat. per costruì. e legno | 19% | 7% | 30% | 49% | 26% | 21% | 9% | 5% | 5% |
Metalmeccanica | 16% | 17% | 48% | 20% | 14% | 20% | 26% | 12% | 6% |
Sistema moda | 22% | 25% | 19% | 18% | 15% | 13% | 10% | 9% | 5% |
Terziario | 34% | 29% | 31% | 28% | 25% | 23% | 13% | 10% | 8% |
Figura 3- Intensità di contrattazione per anno per le imprese maggiori (>= 1.000 dip.) – 1998-2006
Frequenze di contrattazione - Aziende > 1000
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
ALIMENTARE
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA
MAT. PER COSTRUZIONI E MOBILI
METALMECCA NICA
SISTEMA MODA
TERZIARIO
Tabella 8 - Intensità di contrattazione per anno per le imprese maggiori (>= 1.000 dip.) – 1998-2006
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
Alimentare | 59% | 41% | 31% | 38% | 55% | 34% | 17% | 0% | 7% |
Chim., gomma, plast. | 16% | 31% | 42% | 35% | 18% | 42% | 20% | 9% | 2% |
Mat. per costruz. e legno | 20% | 0% | 40% | 60% | 33% | 20% | 7% | 7% | 0% |
Metalmeccanica | 29% | 29% | 51% | 21% | 21% | 28% | 37% | 22% | 9% |
Sistema moda | 23% | 37% | 17% | 17% | 13% | 27% | 10% | 3% | 3% |
Terziario | 37% | 43% | 34% | 29% | 31% | 31% | 17% | 11% | 11% |
Figura 4 - Intensità di contrattazione per anno per le imprese tra 100 e 1.000 dip. – 1998- 2006
Frequenze di contrattazione - Aziende < 999
70%
ALIMENTAR E
60%
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA
50%
40%
MAT. PER COSTRUZIO NI E MOBILI
30%
METALMEC CANICA
20%
SISTEMA MODA
10%
TERZIARIO
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Tabella 9 - Intensità di contrattazione per anno per le imprese tra 100 e 1.000 dip. – 1998- 2006
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
Alimentare | 38% | 43% | 35% | 16% | 27% | 24% | 5% | 0% | 3% |
Chim., gomma, plast. | 16% | 17% | 34% | 23% | 13% | 14% | 26% | 7% | 11% |
Mat. per costruì. e legno | 18% | 11% | 25% | 43% | 21% | 21% | 11% | 4% | 7% |
Metalmeccanica | 10% | 12% | 47% | 19% | 11% | 17% | 22% | 8% | 4% |
Sistema moda | 22% | 20% | 20% | 19% | 16% | 8% | 9% | 11% | 5% |
Terziario | 32% | 22% | 29% | 28% | 22% | 19% | 12% | 9% | 6% |
3.3 Lineamenti generali della contrattazione decentrata aziendale
L’aggiornamento sistematico degli Archivi, ormai dal 1998 rende possibile una analisi nel tempo delle tendenze della contrattazione decentrata aziendale delle diverse materie di contrattazione.
L’analisi che segue, che si baserà sull’esame dell’andamento della frequenza di contrattazione delle diverse materie nel periodo ’98-2006, e cercherà di mettere in luce il ruolo delle diverse forme di flessibilità nella contrattazione aziendale: la flessibilità numerica, la flessibilità funzionale, la flessibilità retributiva.
L’esame si concentra e si limita ai cinque grandi macrosettori (industria alimentare , metalmeccanica, chimica, gomma e plastica, sistema moda e terziario [inteso come commercio.,
turismo e servizi alle imprese e alle persone]) per i quali l’archivio contiene dati sufficienti per essere statisticamente significativi. Saranno anche esaminati , per un periodo delimitato, i dati relativi alle sole imprese con oltre 1.000 dipendenti del credito e assicurazioni.
I grafici e tabelle che commenteremo (par. 3.3.3, pag. 43 - 65) sono composti da due serie.
La prima (dalla Figura 5 alla Figura 17, pag. 43 - 55 e dalla Tabella 11 alla Tabella 23) è costituita da quelle che abbiamo definito frequenze relative di contrattazione delle diverse materie (che rappresentano la quota di aziende che hanno trattato una certa materia sul totale di quelle che hanno contrattato in ciascun anno); in questi grafici abbiamo considerato anche l’intensità di contrattazione (quella cioè esaminata nel par. 3.2, pag. 32 ) che misura la quota di imprese che hanno svolto contrattazione nell’anno considerato rispetto al totale delle imprese del campione, in modo tale da poter confrontare e dare un significato più pregnante alle frequenze relative di contrattazione delle diverse materie di ciascun anno, in relazione all’intensità di contrattazione di quell’anno: infatti una frequenza di contrattazione di una certa materia, ad esempio, del 50% ha un peso diverso se si riferisce ad una quota complessiva di aziende che hanno svolto contrattazione relativamente elevata o relativamente bassa. Come vedremo, anche da questo punto di vista emergeranno differenze significative sia tra dimensioni di impresa che tra settori. Questi grafici e tabelle ci consentiranno una esame più chiaro della frequenza di contrattazione delle diverse materie, considerate, appunto, relativamente l’una all’altra, in qualche modo a prescindere dall’ intensità di contrattazione.
La seconda serie (dalla Figura 18 alla Figura 27, pag. 56- 65e dalla Tabella 24 alla Tabella 33) rappresenta quella che abbiamo definito le frequenze assolute di contrattazione delle diverse materie: esse misurano le frequenze di contrattazione di ciascuna materia per ciascun anno, in percentuale non alla quantità di imprese che hanno contrattato in quell’anno ma al totale delle imprese del campione per la categoria interessata. Come si vede da questi grafici, in questo modo le frequenze di contrattazione delle diverse materie risultano sistematicamente inferiori all’intensità di contrattazione (né potrebbe essere diversamente, essendone una quota): in questo modo, se ne evidenzia in misura maggiore sia la dipendenza ed il legame che l’eventuale relativo scostamento dall’ intensità di contrattazione.
Abbiamo, inoltre, disaggregato, due dimensioni di impresa: minori e maggiori di 1.000 dipendenti58. Questo per due ragioni: perché nelle due dimensioni il campione Cnel è diverso (in quella minore è basato su una logica campionaria, mentre in quella maggiore tende a rappresentare
58 Solo per il sistema moda, la disaggregazioni è stata fatta tra maggiori e minori di 500 dipendenti.
l’universo delle imprese); e perché questa disaggregazione è l’unica in grado di fornire dei dati statisticamente significativi. Il tentativo di verificare, almeno da questo punto di vista se le frequenze di contrattazione mettevano in luce delle specificità per la classe dimensionale 250- 500 dipendenti (quella che sembra mostrare maggiori capacità di performance, in questa fase di ripresa dell’economia italiana) ha dato un esito negativo(vedi Figura 7, pag. 45 e Figura 10, pag. 48 e Tabella 13 e Tabella 16), anche perché la riduzione della numerosità dei dati della cella dava origine soprattutto a discontinuità prive di valore statistico.
3.3.1 La prevalenza della contrattazione della flessibilità retributiva: i premi legati alle performance
La prima evidenza che emerge da tutti i grafici e tabelle è il ruolo preponderante nella contrattazione aziendale della flessibilità retributiva, qui misurata dalla voce Trattamento economico: nella gran parte dei settori (vedremo le eccezioni ed ilo loro significato) la quasi totalità delle aziende che effettuano contrattazione, in ciascun anno, trattano questa materia. Questo risultato poteva essere ampiamente atteso, considerando il fatto che per una buona parte gli accordi presenti nell’Archivio del Cnel, sono accordi integrativi.
La voce Trattamento economico è costituita per la larghissima maggioranza dei casi dalla contrattazione della quota di salario legata alle performance delle imprese, il premio di risultato, così come previsto dall’accordo del luglio ’93. Dalla Tabella 10 si vede che la quasi totalità della contrattazione retributiva è legata a quella del salario variabile : nell’industria alimentare, tra l’85 ed il 95% (fino al 100%); in quella chimica tra il 90 ed il 100%; in quella metalmeccanica tra l’80 ed il ‘95%; nel sistema moda tra 95 e 100%; nel terziario tra 85 e 95%. In realtà come vedremo successivamente, questi dati nascondono il fatto che una parte no n irrilevante della contrattazione retributiva è legata alla contrattazione della flessibilità numerica, sia da orario che da contratto.
Tabella 10 – Quota della voce relativa al Salario Variabile, sul totale della contrattazione del Trattamento Economico
Salario Variabile su Trattamento economico. | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 |
alimentare | 93% | 96% | 90% | 81% | 84% | 100% | 86% | 100% | |
chimica, gomma e plastica | 100% | 88% | 98% | 97% | 100% | 100% | 96% | 100% | 100% |
metalmeccanica | 90% | 85% | 95% | 93% | 90% | 80% | 96% | 97% | 94% |
sistema moda | 100% | 95% | 95% | 95% | 100% | 92% | 100% | 100% | 100% |
terziario | 86% | 96% | 85% | 100% | 89% | 84% | 92% | 88% | 88% |
La prevalenza della contrattazione retributiva e, quindi, della flessibilità retributiva sembra maggiore tra le imprese minori che tra quelle maggiori: tra le prime lo scarto tra le frequenze del Trattamento economico e quello delle altre materie è spesso superiore ai 20 punti percentuali (serie
delle frequenze relative), mentre per quelle maggiori questa differenza si riduce spesso a meno di 10 punti (quando addirittura non si inverte). L’unica eccezione è il caso del terziario (Figura 16 e Figura 17, pag. 54), dove anche per le imprese minori le frequenze di contrattazione della retribuzione risultano sullo stesso livello di altre voci.
Ma delle differenze notevoli si manifestano, da questo punto di vista, anche tra settori. Per le imprese con meno di mille dipendenti mentre la contrattazione del salario resta più o meno costantemente su livelli molto elevati, per le altre materie si manifesta una forte flessione in particolare nel 2001, nell’industria alimentare (Figura 5 e Figura 6, pag. 43), e nel 2002, in quella chimica (Figura 11 e Figura 12, pag. 49) cumulando delle differenze anche di 50 punti. In entrambi i grafici si vede che a dei minimi dell’intensità di contrattazione, corrispondono delle flessioni della frequenza di contrattazione di alcune materie proporzionalmente anche molto superiori (vedi anche le corrispondenti frequenze assolute di contrattazione, Figura 18, Figura 19, pag. 56 e Figura 22 e Figura 23, pag. 60).
Complessivamente si vede, dunque, che, ove si svolge contrattazione, comunque, la materia retributiva (per le imprese che contrattano nell’anno) è oggetto di confronto, se non altro per la verifica del va lore dei premi, per il loro aggiornamento o erogazione (e, quindi, la contrattazione di questa materia segue in modo più ravvicinato l’andamento dell’intensità di contrattazione - vedi la serie di grafici e tabelle relativi alla frequenza assoluta); per le altre materie, invece, ai massimi dell’ intensità di contrattazione, corrispondono degli aumenti delle frequenze di contrattazione meno che proporzionali. Un risultato significativo, in quanto ci si sarebbe potuti attendere, viceversa, una maggiore dipendenza della contrattazione salariale dalla contrattazione integrativa ed una maggiore autonomia della contrattazione delle altre materie dalle scadenze della contrattazione integrativa. Gli andamenti illustrati sembrano, invece, indicare il contrario.
Per una analisi di dettaglio delle caratteristiche della contrattazione dei premi di risultato si veda il Cap. 4.4.
3.3.2 Flessibilità numerica/difensiva versus flessibilità funzionale/organizzativa/innovativa
Consideriamo ovviamente sotto la categoria della contrattazione della flessibilità numerica (come abbiamo visto considerata dalla letteratura una flessibilità difensiva), la contrattazione degli orari di lavoro e delle diverse forme di contratti atipici; sotto la categoria della contrattazione della flessibilità funzionale o organizzativa o innovativa, la contrattazione delle materie relative all’organizzazione del lavoro, a qualifiche e professionalità e alla formazione professionale.
Come si vede dalle Figure e Tabelle (par. 3.3.3, pag. 43), la contrattazione della flessibilità funzionale o organizzativa o innovativa, registra, in generale, delle frequenze di contrattazione
sensibilmente inferiori a quelle del Trattamento economico (costituito – come abbiamo visto - in larga misura dalla contrattazione dei Premi di risultato e, quindi, dalla flessibilità retributiva) che risulta ovunque la materia largamente più frequentemente trattata; ma anche abbastanza inferiori alla contrattazione dell’orario di lavoro che rappresenta lo strumento della cosiddetta flessibilità numerica o difensiva, maggiormente utilizzato nella contrattazione aziendale.
Da questo punto di vista, non si può non sottolineare, che se anche la flessibilità da orario è collocata, dalla letteratura teorica nell’ambito della flessibilità numerica o difensiva, almeno dal punto di vista del sindacato, la contrattazione di questa forma di flessibilità è considerata molto preferibile della flessibilità da contratto (contratti atipici, a tempo determinato) in quanto consente comunque una contrattazione nell’ambito della stabilità di impiego. Come vediamo la flessibilità da orario, dopo quella retributiva è tra le materie maggiormente trattate in tutti i settori, con una sensibile tendenza crescente negli ultimi anni tra le imprese con meno di mille dipendenti , nei tessili e, in quelle maggiori, nei metalmeccanici.
Una considerazione richiede la frequenza della contrattazione della flessibilità da contratto - i contratti atipici – che si colloca in generale nella fascia medio bassa (vedi la serie delle frequenze relative), con la sola eccezione delle imprese maggiori del settore commercio, turismo e servizi, dove si colloca nella fascia alta delle frequenze relative (Figura 17, pag. 55). Se si tiene conto del fatto che, in particolare negli ultimi anni, le nuove assunzioni sono avvenute nella grande maggioranza, attraverso forme di contratto a tempo determinato, la relativamente bassa frequenza di contrattazione di questa materia (per lo meno rispetto ad altre materie come il salario e l’orario) sembra indicare piuttosto che una sua scarsa importanza nella contrattazione, l’evidenza che si tratta di una materia che in larga misura sfugge alla contrattazione stessa.
La contrattazione della flessibilità funzionale o organizzativa – le materie relative a organizzazione del lavoro, qualifiche e professionalità e formazione professionale e diritto allo studio – si collocano in generale nella fascia media delle frequenze relative di contrattazione, anche se, in alcuni casi, si registrano frequenze più elevate e spesso superiori alla flessibilità da contratto (contratti atipici): la contrattazione dell’organizzazione del lavoro registra delle frequenze relativamente basse nella classe di imprese inferiore per i metalmeccanici e i tessili, mentre –per i metalmeccanici – si registrano delle frequenze molto elevate (vicine a quelle del salario e degli orari) per la contrattazione della formazione.
Il settore nel quale (pur disponendo di una serie di dati limitati), questi rapporti sembrano invertirsi è quello del credito e assicurazioni: qui le materie della flessibilità organizzativa registrano le frequenze maggiori (anche superiori in alcuni anni al trattamento economico, la
flessibilità retributiva), mentre quelle della flessibilità numerica sembrano registrare delle frequenze relativamente basse, sia per quanto concerne la flessibilità da orario che da contratto.
Da questo punto di vista il settore del commercio e del turismo (Figura 16, e Tabella 22, pag. 54) risulta quello nel quale si registra una prevalenza costante della contrattazione degli orari e dei contratti atipici, una prevalenza però collegata al tipo di processo lavorativo tipico di questo settore, dove il valore aggiunto è nettamente più basso che negli altri settori e dove l’orario di lavoro in particolare ha rappresentato sempre la materia cruciale della stessa organizzazione del lavoro.
La contrattazione dei modelli di relazioni industriali e, quindi, dei modelli di partecipazione mantiene in tutto il periodo e per molti settori un ruolo confrontabile alla contrattazione degli orari di lavoro, mostrando anzi un andamento molto simile (quasi ad indicare un possibile collegamento nella contrattazione tra le due materie – d’altra parte abbiamo notato come in generale le diverse materie, pur con livelli diversi mostrino in generale un andamento relativamente coerente). Per i metalmeccanici, per le imprese minori questa voce registra una frequenza minore (confrontabile a quelle della fascia media – insieme e contratti atipici, professionalità, formazione - piuttosto che della fascia alta di frequenze); per le imprese maggiori, dove si colloca nella fascia alta, si registra, invece una tendenza ad una flessione della frequenza di contrattazione di questa materia. In ogni caso al contrattazio ne di questa materia conferma l’importanza che le parti sociali continuano ad attribuire a questo tema e del ruolo che continua a svolgere nella regolazione dei rapporti tra le parti.
Colpisce, in generale, che nel periodo considerato, solo raramente si registra, una modifica sostanziale dell’importanza relativa di una materia rispetto alle altre. Una tendenza in questo senso si esprime nella crescita relativa del peso della contrattazione dei contratti atipici nel settore metalmeccanico dal 1999 al 2003 e in quella dell’orario nel settore tessile dal 2000 al 2003; mentre sempre nel settore tessile si manifesta una diminuzione della contrattazione del lavoro atipico.
In tutti i settori, infine, una delle voci che registra la frequenza minore di contrattazio ne è quella relativa al lavoro femminile.
3.3.3 Grafici e Tabelle sulle frequenze di contrattazione delle diverse materie
Figura 5 – Frequenza di contrattazione relativa 59 delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con meno di 1.000 dip.
Alimentare < 1000
CONTRATTI ATIPICI
100%
90%
80%
FORMAZ. PROF. E DIR.
ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
70% MODELLI
60% PARTECIPATIV
I
ORARIO
50%
40%
30%
20%
10%
ORGANIZZAZI
ONE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONA LITÀ TRATTAMENT
O ECONOMICO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
FREQUENZA CONTRATTAZI ONE
Tabella 11 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Alimentare - Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | |
Contratti atipici | 64% | 63% | 62% | 17% | 40% | 56% | 0% |
Formaz. Prof. e Dir. Studio | 57% | 38% | 46% | 67% | 60% | 56% | 50% |
Lavoro al femminile | 14% | 6% | 23% | 0% | 10% | 11% | 0% |
Modelli partecipativi | 79% | 56% | 77% | 50% | 70% | 89% | 100% |
Orario | 86% | 69% | 77% | 50% | 80% | 89% | 100% |
Organizzazione del lavoro | 64% | 56% | 69% | 50% | 70% | 78% | 50% |
Qualifiche e professionalità | 64% | 56% | 77% | 33% | 60% | 78% | 50% |
Trattamento economico | 93% | 88% | 92% | 100% | 100% | 100% | 100% |
Frequenza contrattazione | 38% | 43% | 35% | 16% | 27% | 24% | 5% |
59 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
Figura 6 – Frequenza di contrattazione relativa 60 delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con oltre 1.000 dip. 61
Alimentare > 1000
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALITÀ
TRATTAMENTO ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZIONE
CONTRATTI ATIPICI
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO STUDIO
LAVORO AL FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
Tabella 12 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Alimentare - Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 200462 | |
contratti atipici | 59% | 42% | 56% | 36% | 44% | 60% | 80% |
formaz. prof. e dir. studio | 88% | 83% | 78% | 73% | 75% | 70% | 80% |
lavoro al femminile | 18% | 0% | 22% | 18% | 19% | 10% | 0% |
modelli partecipativi | 88% | 83% | 78% | 73% | 75% | 70% | 80% |
orario | 88% | 92% | 89% | 82% | 75% | 80% | 100% |
organizzazione del lavor o | 65% | 50% | 78% | 82% | 63% | 60% | 80% |
qualifiche e professionalità | 59% | 67% | 56% | 55% | 63% | 60% | 40% |
trattamento economico | 94% | 100% | 100% | 91% | 94% | 90% | 100% |
frequenza contrattazione | 59% | 41% | 31% | 38% | 55% | 34% | 17% |
60 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
61 In alcuni casi il programma Excel non ha accettato alcune impostazioni di formattazione: in questo caso, a differenza degli altri grafici la voce Formaz. prof e Dir allo Studio, ha mantenuto quella automatica (con colore rosa) e risulta diversa dagli altri grafici. Errori simili sono presenti a volte anche negli altri grafici.
62 Non per tutti i settori il periodo di analisi è lo stesso. Laddove, come nel caso dell’industria Alimentare i dati relativi agli ultimi anni non risultavano significativi, essi non sono stati presi in considerazione.
Figura 7 – Frequenza di contrattazione relativa 63 delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese tra 250 e 500 dip64.
Alimentare 250-500
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
CONTRATTI ATIPICI
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
ORGANIZZAZION E DEL LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 13 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Alimentare - Imprese tra 250 e 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | |
contratti atipici | 71% | 71% | 67% | 33% | 60% | 50% | 0% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 29% | 43% | 33% | 33% | 60% | 75% | 0% |
lavoro al femminile | 14% | 0% | 17% | 0% | 20% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 71% | 43% | 50% | 0% | 60% | 75% | 100% |
orario | 71% | 43% | 50% | 0% | 60% | 75% | 100% |
organizzazione del lavoro | 43% | 57% | 67% | 33% | 60% | 75% | 0% |
qualifiche e professionalità | 57% | 29% | 50% | 0% | 60% | 50% | 0% |
trattamento economico | 86% | 86% | 83% | 100% | 100% | 100% | 100% |
frequenza contrattazione | 54% | 54% | 46% | 23% | 38% | 31% | 8% |
63 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
64 Qui l’errore richiamato nella nota 61, ha riguardato la voce modelli partecipativi, che, in questo caso risulta sovrapposta ad altre voci.
Figura 8 – Frequenza di contrattazione relativa 65 delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese con meno di 1.000 dip.
Metalmeccanica < 1000
CONTRATTI ATIPICI
100%
90%
80%
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
70%
60%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
50%
40%
30%
20%
ORGANIZZAZIO NE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONALI
TRATTAMENTO ECONOMICO
TÀ
10%
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 14 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 45% | 43% | 44% | 42% | 44% | 36% | 49% | 44% | 60% |
formaz. prof. e dir. studio | 45% | 39% | 45% | 49% | 48% | 31% | 57% | 44% | 50% |
lavoro al femminile | 9% | 4% | 4% | 9% | 16% | 5% | 2% | 6% | 0% |
modelli partecipativi | 55% | 46% | 56% | 53% | 44% | 41% | 61% | 39% | 60% |
orario | 73% | 61% | 70% | 77% | 64% | 54% | 71% | 67% | 80% |
organizzazione del lavoro | 23% | 32% | 19% | 28% | 16% | 21% | 24% | 0% | 50% |
qualifiche e professionalità | 41% | 36% | 52% | 40% | 56% | 38% | 47% | 39% | 60% |
trattamento economico | 95% | 96% | 93% | 93% | 88% | 72% | 94% | 94% | 100% |
frequenza contrattazione | 10% | 12% | 47% | 19% | 11% | 17% | 22% | 8% | 4% |
Metalmeccanica > 1000
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Figura 9 – Frequenza di contrattazione relativa 66 delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese con oltre 1.000 dip.
CONTRATTI ATIPICI FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL FEMMINILE MODELLI PARTECIPATIVI ORARIO ORGANIZZAZION E DEL LAVORO QUALIFICHE E PROFESSIONALI TÀ TRATTAMENTO ECONOMICO FREQUENZA CONTRATTAZIO NE | ||
Tabella 15 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 72% | 59% | 53% | 52% | 57% | 64% | 70% | 59% | 56% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 66% | 59% | 61% | 67% | 71% | 71% | 65% | 55% | 56% |
lavoro al femminile | 21% | 17% | 14% | 10% | 10% | 14% | 14% | 9% | 0% |
modelli partecipativi | 83% | 76% | 80% | 76% | 76% | 68% | 68% | 82% | 67% |
orario | 86% | 83% | 82% | 71% | 71% | 89% | 84% | 95% | 78% |
organizzazione del lavoro | 48% | 55% | 47% | 62% | 52% | 43% | 43% | 41% | 33% |
qualifiche e professionalità | 52% | 52% | 59% | 67% | 52% | 46% | 49% | 45% | 56% |
trattamento economico | 93% | 93% | 94% | 90% | 95% | 82% | 86% | 91% | 78% |
frequenza contrattazione | 29% | 29% | 51% | 21% | 21% | 28% | 37% | 22% | 9% |
Figura 10 – Frequenza di contrattazione relativa 67 delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese tra 250 e 500 dip.
Metalmeccanica 250-500
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
ORGANIZZAZION
E DEL LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALI TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
CONTRATTI
ATIPICI
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
Tabella 16 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Metalmeccanica - Imprese tra 250 e 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 38% | 50% | 39% | 63% | 50% | 56% | 50% | 20% | 100% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 25% | 38% | 45% | 50% | 40% | 33% | 44% | 40% | 50% |
lavoro al femminile | 0% | 0% | 6% | 25% | 20% | 0% | 0% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 63% | 63% | 61% | 63% | 40% | 56% | 56% | 60% | 50% |
orario | 50% | 63% | 61% | 75% | 70% | 67% | 63% | 60% | 100% |
organizzazione del lavoro | 38% | 38% | 19% | 50% | 20% | 33% | 31% | 0% | 50% |
qualifiche e professionalità | 38% | 50% | 55% | 63% | 60% | 44% | 56% | 60% | 50% |
trattamento economico | 100% | 100% | 90% | 100% | 90% | 67% | 88% | 100% | 100% |
frequenza contrattazione | 13% | 13% | 51% | 13% | 16% | 15% | 26% | 8% | 3% |
Figura 11 - Frequenza di contrattazione relativa 68 delle diverse materie - Industria Chimica69 -- Imprese con meno di 1.000 dip.
Chim. gomma e plast. < 1000
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
FORMAZ. PROF.
E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI
PARTECIPATIVI ORARIO
ORGANIZZAZIO NE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA
CONTRATTAZI ONE
Tabella 17 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Chimica
-- Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 9% | 23% | 32% | 25% | 11% | 30% | 11% | 20% | 25% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 0% | 15% | 32% | 25% | 11% | 40% | 22% | 20% | 38% |
lavoro al femminile | 0% | 8% | 4% | 6% | 0% | 10% | 6% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 55% | 62% | 60% | 50% | 11% | 50% | 39% | 40% | 38% |
orario | 64% | 77% | 80% | 56% | 33% | 50% | 39% | 40% | 50% |
organizzazione del lavoro | 18% | 23% | 32% | 44% | 22% | 0% | 11% | 20% | 13% |
qualifiche e professionalità | 9% | 31% | 48% | 31% | 0% | 20% | 11% | 40% | 13% |
trattamento economico | 100% | 100% | 96% | 94% | 89% | 90% | 89% | 80% | 88% |
frequenza contrattazione | 16% | 19% | 36% | 23% | 13% | 14% | 26% | 7% | 11% |
68 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
69 Comprende i diversi settori merceologici che fanno capo a questa categoria sindacale: chimica –farmaceutica, gomma plastica, vetro, ecc.
Figura 12 - Frequenza di contrattazione relativa 70 delle diverse materie - Industria Chimica71 -- Imprese con oltre 1.000 dip.
Chim. gomma e plast. >1000
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
FORMAZ. PROF. E
DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
MODELLI
PARTECIPATIVI
ORARIO
ORGANIZZAZION E DEL LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALIT
À TRATTAMENTO
ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
FREQUENZA
CONTRATTAZION E
Tabella 18 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie - Industria Chimica
-- Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
contratti atipici | 22% | 25% | 41% | 37% | 50% | 43% | 36% | 20% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 78% | 25% | 59% | 37% | 50% | 48% | 45% | 80% |
lavoro al femminile | 0% | 6% | 14% | 5% | 0% | 4% | 18% | 20% |
modelli partecipativi | 89% | 50% | 73% | 58% | 80% | 74% | 64% | 80% |
orario | 78% | 50% | 73% | 63% | 70% | 65% | 36% | 40% |
organizzazione del lavoro | 67% | 38% | 50% | 37% | 60% | 39% | 45% | 40% |
qualifiche e professionalità | 56% | 38% | 55% | 32% | 40% | 48% | 27% | 20% |
trattamento economico | 100% | 81% | 95% | 100% | 100% | 100% | 100% | 100% |
frequenza contrattazione | 16% | 29% | 40% | 35% | 18% | 42% | 20% | 9% |
70 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
71 Comprende i diversi settori merceologici che fanno capo a questa categoria sindacale: chimica –farmaceutica, gomma plastica, vetro, ecc.
Figura 13 - Frequenza di contrattazione relativa 72 delle diverse materie – Sistema Moda 73- Imprese con meno di 500 dip.
Sistema Moda < 500
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
FORMAZ. PROF.
E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
ORGANIZZAZIO NE DEL
LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
FREQUENZA
CONTRATTAZI ONE
Tabella 19 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie – Sistema Moda - Imprese con meno di 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
contratti atipici | 40% | 50% | 31% | 46% | 18% | 60% | 50% | 50% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 13% | 17% | 23% | 38% | 9% | 40% | 0% | 25% |
lavoro al femminile | 7% | 17% | 8% | 8% | 0% | 20% | 17% | 13% |
modelli partecipativi | 53% | 42% | 38% | 54% | 27% | 40% | 67% | 25% |
orario | 40% | 58% | 46% | 77% | 55% | 80% | 83% | 75% |
organizzazione del lavoro | 0% | 8% | 8% | 0% | 9% | 0% | 33% | 0% |
qualifiche e professionalità | 33% | 33% | 31% | 38% | 27% | 40% | 0% | 38% |
trattamento economico | 93% | 83% | 92% | 100% | 91% | 100% | 83% | 100% |
frequenza contrattazione | 22% | 18% | 19% | 19% | 16% | 7% | 9% | 12% |
72 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
73 Comprende tutti settori merceologici della categoria sindacale: tess. – abb., calzature, pelli e cuoio, ecc.
Figura 14 - Frequenza di contrattazione relativa 74 delle diverse materie – Sistema Moda - Imprese con oltre 500 dip.
Sistema Moda > 500
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
FORMAZ.
PROF. E DIR. ALLO STUDIO
MODELLI PARTECIPATI VI
ORARIO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
ORGANIZZAZI
ONE DEL LAVORO QUALIFICHE E PROFESSIONA LITÀ
TRATTAMENT O ECONOMICO FREQUENZA CONTRATTAZ IONE
Tabella 20 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie – Sistema Moda - Imprese con oltre 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
contratti atipici | 63% | 57% | 43% | 33% | 60% | 56% | 50% | 100% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 38% | 29% | 14% | 67% | 40% | 33% | 50% | 0% |
lavoro al femminile | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 100% | 71% | 71% | 67% | 60% | 78% | 100% | 100% |
orario | 75% | 86% | 71% | 67% | 80% | 100% | 100% | 100% |
organizzazione del lavoro | 50% | 21% | 0% | 33% | 0% | 44% | 0% | 0% |
qualifiche e professionalità | 63% | 64% | 43% | 33% | 40% | 78% | 50% | 100% |
trattamento economico | 100% | 86% | 100% | 100% | 100% | 89% | 100% | 100% |
frequenza contrattazione | 22% | 38% | 19% | 16% | 14% | 24% | 11% | 3% |
74 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inizio del cap. 3.3, a pag. 37
Figura 15 – Frequenza di contrattazione relativa 75 delle diverse materie – Credito e Assicuraz. 76 - Imprese con oltre 1000 dip.
Cred. E Assic. > 1000
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
FORMAZ.
PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATI VI
ORARIO
2000 2001 2002 2003 2004
ORGANIZZAZI
ONE DEL LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONA LITÀ TRATTAMENT
O
ECONOMICO FREQUENZA
CONTRATTAZ IONE
Tabella 21 – Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie – Credito e Assicuraz. - Imprese con oltre 1000 dip.
2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | |
contratti atipici | 33% | 42% | 33% | 50% | 20% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 67% | 58% | 42% | 70% | 40% |
lavoro al femminile | 17% | 25% | 17% | 20% | 0% |
modelli partecipativi | 67% | 67% | 50% | 60% | 40% |
orario | 17% | 33% | 42% | 60% | 20% |
organizzazione del lavoro | 67% | 50% | 42% | 50% | 20% |
qualifiche e professionalità | 67% | 75% | 67% | 80% | 60% |
trattamento economico | 50% | 75% | 67% | 60% | 60% |
frequenza contrattazione | 20% | 40% | 40% | 33% | 17% |
75 Imprese che contrattano ciascuna materia sul totale delle imprese che fanno contrattazione nell’anno corrispondente, vedi definizione all’inzio del cap. 3.3, a pag. 37
76 Per questo settore i dati disponibili cominciano dal 2000. Sono inoltre disponibili solo per le imprese maggiori e
vanno considerati solo come espressione di tendenze, in quanto il numero di imprese presenti nell’Archivio non sufficientemente significativo.
Figura 16 – Frequenza di contrattazione relativa 77 delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con meno di 1000 dip.
Terziario (Comm., Tur., Serv.)< 1000
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
FORMAZ.
PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIV I
ORARIO
ORGANIZZAZIO NE DEL
LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONAL
ITÀ TRATTAMENT
O ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA
CONTRATTAZI ONE
Tabella 22 – Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con meno di 1000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 55% | 53% | 45% | 53% | 47% | 31% | 63% | 67% | 75% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 41% | 60% | 40% | 42% | 47% | 15% | 38% | 33% | 75% |
lavoro al femminile | 23% | 13% | 35% | 26% | 27% | 31% | 25% | 17% | 50% |
modelli partecipativi | 68% | 73% | 70% | 79% | 73% | 38% | 50% | 67% | 75% |
orario | 73% | 73% | 70% | 84% | 60% | 46% | 63% | 83% | 75% |
organizzazione del lavoro | 41% | 47% | 50% | 32% | 33% | 31% | 25% | 67% | 50% |
qualifiche e professionalità | 55% | 40% | 50% | 53% | 33% | 31% | 50% | 50% | 50% |
trattamento economico | 77% | 73% | 75% | 74% | 73% | 69% | 88% | 67% | 100% |
frequenza contrattazione | 32% | 22% | 29% | 28% | 22% | 19% | 12% | 9% | 6% |
Figura 17 – Frequenza di contrattazione relativa 78 delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con oltre 1000 dip.
Terziario (Comm., Tur., Serv.)>1000
CONTRATTI
ATIPICI
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
FORMAZ. PROF.
E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
20%
10%
0%
ORGANIZZAZIO
NE DEL LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONALI TÀ TRATTAMENTO ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA
CONTRATTAZI ONE
Tabella 23 - Frequenza di contrattazione relativa delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con oltre 1000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 69% | 93% | 83% | 90% | 73% | 91% | 100% | 100% | 100% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 31% | 53% | 50% | 40% | 45% | 45% | 67% | 0% | 25% |
lavoro al femmin ile | 46% | 73% | 67% | 60% | 27% | 55% | 50% | 50% | 50% |
modelli partecipativi | 85% | 100% | 92% | 100% | 73% | 82% | 100% | 75% | 75% |
orario | 69% | 87% | 67% | 80% | 73% | 100% | 100% | 100% | 100% |
organizzazione del lavoro | 69% | 67% | 58% | 60% | 45% | 64% | 50% | 75% | 75% |
qualifiche e professionalità | 62% | 73% | 58% | 60% | 55% | 82% | 67% | 75% | 100% |
trattamento economico | 85% | 100% | 92% | 100% | 73% | 91% | 83% | 100% | 100% |
frequenza contrattazione | 37% | 43% | 34% | 29% | 31% | 31% | 17% | 11% | 11% |
Figura 18 - Frequenza di contrattazione assoluta 79 delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con meno di 1.000 dip.
Alimentare < 1000
CONTRATTI ATIPICI
60%
50%
40%
FORMAZ. PROF. E DIR.
ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIV I
ORARIO
30%
20%
10%
ORGANIZZAZI ONE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONA
LITÀ TRATTAMENT
O ECONOMICO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
FREQUENZA CONTRATTAZI ONE
Tabella 24 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | |
contratti atipici | 24% | 27% | 22% | 3% | 11% | 14% | 0% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 22% | 16% | 16% | 11% | 16% | 14% | 3% |
lavoro al femminile | 5% | 3% | 8% | 0% | 3% | 3% | 0% |
modelli partecipativi | 30% | 24% | 27% | 8% | 19% | 22% | 5% |
orario | 32% | 30% | 27% | 8% | 22% | 22% | 5% |
organizzazione del lavoro | 24% | 24% | 24% | 8% | 19% | 19% | 3% |
qualifiche e professionalità | 24% | 24% | 27% | 5% | 16% | 19% | 3% |
trattamento economico | 35% | 38% | 32% | 16% | 27% | 24% | 5% |
frequenza contrattazione | 38% | 43% | 35% | 16% | 27% | 24% | 5% |
Figura 19 - Frequenza di contrattazione assoluta80 delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con oltre 1.000 dip.
Alimentare > 1000
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
CONTRATTI ATIPICI
FORMAZ. PROF.
E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
ORGANIZZAZIO NE DEL LAVORO
QUALIFICHE E
PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 25 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Alimentare – Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | |
contratti atipici | 34% | 17% | 17% | 14% | 24% | 21% | 14% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 52% | 34% | 24% | 28% | 41% | 24% | 14% |
lavoro al femminile | 10% | 0% | 7% | 7% | 10% | 3% | 0% |
modelli partecipativi | 52% | 34% | 24% | 28% | 41% | 24% | 14% |
orario | 52% | 38% | 28% | 31% | 41% | 28% | 17% |
organizzazione del lavoro | 38% | 21% | 24% | 31% | 34% | 21% | 14% |
qualifiche e professionalità | 34% | 28% | 17% | 21% | 34% | 21% | 7% |
trattamento economico | 55% | 41% | 31% | 34% | 52% | 31% | 17% |
frequenza contrattazione | 59% | 41% | 31% | 38% | 55% | 34% | 17% |
Figura 20 - Frequenza di contrattazione assoluta81 delle diverse materie - Industria Metalmeccanica – Imprese con meno di 1.000 dip.
Metalmeccanica < 1000
CONTRATTI ATIPICI
60%
50%
FORMAZ. PROF.
E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
20%
10%
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
2006
ORGANIZZAZIO NE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONALI
TRATTAMENTO ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
TÀ
Tabella 26 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Metalmeccanica – Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 4% | 5% | 21% | 8% | 5% | 6% | 11% | 4% | 3% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 4% | 5% | 21% | 9% | 5% | 5% | 12% | 4% | 2% |
lavoro al femminile | 1% | 0% | 2% | 2% | 2% | 1% | 0% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 5% | 6% | 26% | 10% | 5% | 7% | 13% | 3% | 3% |
orario | 7% | 7% | 33% | 15% | 7% | 9% | 15% | 5% | 4% |
organizzazione del lavoro | 2% | 4% | 9% | 5% | 2% | 4% | 5% | 0% | 2% |
qualifiche e professionalità | 4% | 4% | 25% | 7% | 6% | 7% | 10% | 3% | 3% |
trattamento economico | 9% | 12% | 44% | 18% | 10% | 12% | 20% | 7% | 4% |
frequenza contrattazione | 10% | 12% | 47% | 19% | 11% | 17% | 22% | 8% | 4% |
Figura 21 - Frequenza di contrattazione assoluta 82 delle diverse materie - Industria Metalmeccanica – Imprese con oltre1.000 dip.
Metalmeccanica > 1000
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
1998 1999 2000 2001
2002 2003 2004 2005 2006
CONTRATTI ATIPICI
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
ORGANIZZAZION E DEL LAVORO
QUALIFICHE E PROFESSIONALIT
À TRATTAMENTO
ECONOMICO
FREQUENZA CONTRATTAZION E
Tabella 27 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Metalmeccanica – Imprese con oltre1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 21% | 17% | 27% | 11% | 12% | 18% | 26% | 13% | 5% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 19% | 17% | 31% | 14% | 15% | 20% | 24% | 12% | 5% |
lavoro al femminile | 6% | 5% | 7% | 2% | 2% | 4% | 5% | 2% | 0% |
modelli partecipativi | 24% | 22% | 41% | 16% | 16% | 19% | 25% | 18% | 6% |
orario | 25% | 24% | 42% | 15% | 15% | 25% | 31% | 21% | 7% |
organizzazione del lavoro | 14% | 16% | 24% | 13% | 11% | 12% | 16% | 9% | 3% |
qualifiche e professionalità | 15% | 15% | 30% | 14% | 11% | 13% | 18% | 10% | 5% |
trattamento economico | 27% | 27% | 48% | 19% | 20% | 23% | 32% | 20% | 7% |
frequenza contrattazione | 29% | 29% | 51% | 21% | 21% | 28% | 37% | 22% | 9% |
Figura 22 - Frequenza di contrattazione assoluta83 delle diverse materie - Industria Chimica
– Imprese con meno di1.000 dip.
Chim. gomma e plast. < 1000
CONTRATTI ATIPICI
60%
50%
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
20%
ORGANIZZAZIO NE DEL LAVORO
10%
QUALIFICHE E PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
0%
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
2006
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 28 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Chimica
– Imprese con meno di1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 1% | 4% | 11% | 6% | 1% | 4% | 3% | 1% | 3% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 0% | 3% | 11% | 6% | 1% | 6% | 6% | 1% | 4% |
lavoro al femminile | 0% | 1% | 1% | 1% | 0% | 1% | 1% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 9% | 11% | 21% | 11% | 1% | 7% | 10% | 3% | 4% |
orario | 10% | 14% | 29% | 13% | 4% | 7% | 10% | 3% | 6% |
organizzazione del lavoro | 3% | 4% | 11% | 10% | 3% | 0% | 3% | 1% | 1% |
qualifiche e professionalità | 1% | 6% | 17% | 7% | 0% | 3% | 3% | 3% | 1% |
trattamento economico | 16% | 19% | 34% | 21% | 11% | 13% | 23% | 6% | 10% |
frequenza contrattazione | 16% | 19% | 36% | 23% | 13% | 14% | 26% | 7% | 11% |
Figura 23 - Frequenza di contrattazione assoluta84 delle diverse materie - Industria Chimica
– Imprese con oltre 1.000 dip.
Chim. gomma e plast. >1000
CONTRATTI ATIPICI
60%
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO STUDIO
50%
LAVORO AL FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
20%
10%
QUALIFICHE E PROFESSIONALIT
À TRATTAMENTO
ECONOMICO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
FREQUENZA CONTRATTAZION E
Tabella 29 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie - Industria Chimica
– Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 4% | 7% | 16% | 13% | 9% | 18% | 7% | 2% | 2% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 13% | 7% | 24% | 13% | 9% | 20% | 9% | 7% | 2% |
lavoro al femminile | 0% | 2% | 5% | 2% | 0% | 2% | 4% | 2% | 0% |
modelli partecipativi | 15% | 15% | 29% | 20% | 15% | 31% | 13% | 7% | 2% |
orario | 13% | 15% | 29% | 22% | 13% | 27% | 7% | 4% | 0% |
organizzazione del lavoro | 11% | 11% | 20% | 13% | 11% | 16% | 9% | 4% | 2% |
qualifiche e professionalità | 9% | 11% | 22% | 11% | 7% | 20% | 5% | 2% | 0% |
trattamento economico | 16% | 24% | 38% | 35% | 18% | 42% | 20% | 9% | 2% |
frequenza contrattazione | 16% | 29% | 40% | 35% | 18% | 42% | 20% | 9% | 2% |
Figura 24 - Frequenza di contrattazione assoluta85 delle diverse materie – Sistema Moda – Imprese con meno di 500 dip.
Sistema Moda < 500
CONTRATTI ATIPICI
60%
50%
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO
STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
20%
ORGANIZZAZIO NE DEL LAVORO
10%
QUALIFICHE E PROFESSIONALI
TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 30 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie – Sistema Moda – Imprese con meno di 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
contratti atipici | 9% | 9% | 6% | 9% | 3% | 4% | 4% | 6% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 3% | 3% | 4% | 7% | 1% | 3% | 0% | 3% |
lavoro al femminile | 1% | 3% | 1% | 1% | 0% | 1% | 1% | 1% |
modelli partecipativi | 12% | 7% | 7% | 10% | 4% | 3% | 6% | 3% |
orario | 9% | 10% | 9% | 15% | 9% | 6% | 7% | 9% |
organizzazione del lavoro | 0% | 1% | 1% | 0% | 1% | 0% | 3% | 0% |
qualifiche e professionalità | 7% | 6% | 6% | 7% | 4% | 3% | 0% | 4% |
trattamento economico | 21% | 15% | 18% | 19% | 15% | 7% | 7% | 12% |
frequenza contrattazione | 22% | 18% | 19% | 19% | 16% | 7% | 9% | 12% |
Figura 25 - Frequenza di contrattazione assoluta86 delle diverse materie – Sistema Moda – Imprese con oltre 500 dip.
Sistema Moda > 500
CONTRATTI ATIPICI
60%
FORMAZ.
PROF. E DIR. ALLO STUDIO
50% LAVORO AL
FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
20%
10%
ORGANIZZAZI ONE DEL
LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONA LITÀ TRATTAMENT
O ECONOMICO
0%
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
FREQUENZA CONTRATTAZI ONE
Tabella 31 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie – Sistema Moda – Imprese con oltre 500 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
contratti atipici | 14% | 22% | 8% | 5% | 8% | 14% | 5% | 3% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 8% | 11% | 3% | 11% | 5% | 8% | 5% | 0% |
lavoro al femminile | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% | 0% |
modelli partecipativi | 22% | 27% | 14% | 11% | 8% | 19% | 11% | 3% |
orario | 16% | 32% | 14% | 11% | 11% | 24% | 11% | 3% |
organizzazione del lavoro | 11% | 8% | 0% | 5% | 0% | 11% | 0% | 0% |
qualifiche e professionalità | 14% | 24% | 8% | 5% | 5% | 19% | 5% | 3% |
trattamento economico | 22% | 32% | 19% | 16% | 14% | 22% | 11% | 3% |
frequenza contrattazione | 22% | 38% | 19% | 16% | 14% | 24% | 11% | 3% |
Figura 26 - Frequenza di contrattazione assoluta87 delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con meno di 1.000 dip.
Terziario (Comm., Tur., Serv.)< 1000
CONTRATTI
ATIPICI
60%
50%
FORMAZ.
PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL FEMMINILE
40%
MODELLI
PARTECIPATIV I
ORARIO
30%
20%
10%
0%
ORGANIZZAZIO
NE DEL LAVORO QUALIFICHE E
PROFESSIONAL ITÀ TRATTAMENT
O ECONOMICO
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA
CONTRATTAZI ONE
Tabella 32 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con meno di 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 17% | 12% | 13% | 14% | 10% | 6% | 7% | 6% | 4% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 13% | 13% | 12% | 12% | 10% | 3% | 4% | 3% | 4% |
lavoro al femminile | 7% | 3% | 10% | 7% | 6% | 6% | 3% | 1% | 3% |
modelli partecipativi | 22% | 16% | 20% | 22% | 16% | 7% | 6% | 6% | 4% |
orario | 23% | 16% | 20% | 23% | 13% | 9% | 7% | 7% | 4% |
organizzazione del lavoro | 13% | 10% | 14% | 9% | 7% | 6% | 3% | 6% | 3% |
qualifiche e professionalità | 17% | 9% | 14% | 14% | 7% | 6% | 6% | 4% | 3% |
trattamento economico | 25% | 16% | 22% | 20% | 16% | 13% | 10% | 6% | 6% |
frequenza contrattazione | 32% | 22% | 29% | 28% | 22% | 19% | 12% | 9% | 6% |
Figura 27 - Frequenza di contrattazione assoluta88 delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con oltre 1.000 dip.
Terziario (Comm., Tur., Serv.)>1000
CONTRATTI ATIPICI
60%
50%
FORMAZ. PROF. E DIR. ALLO STUDIO LAVORO AL
FEMMINILE
40%
MODELLI PARTECIPATIVI
ORARIO
30%
ORGANIZZAZIO NE DEL LAVORO
20%
10%
QUALIFICHE E PROFESSIONALI TÀ TRATTAMENTO
ECONOMICO
0%
1998 1999 2000 2001
2002 2003 2004 2005 2006
FREQUENZA CONTRATTAZIO NE
Tabella 33 - Frequenza di contrattazione assoluta delle diverse materie – Terziario (Comm., Tur., Serv.) – Imprese con oltre 1.000 dip.
1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | 2006 | |
contratti atipici | 26% | 40% | 29% | 26% | 23% | 29% | 17% | 11% | 11% |
formaz. prof. e dir. allo studio | 11% | 23% | 17% | 11% | 14% | 14% | 11% | 0% | 3% |
lavoro al femminile | 17% | 31% | 23% | 17% | 9% | 17% | 9% | 6% | 6% |
modelli partecipativi | 31% | 43% | 31% | 29% | 23% | 26% | 17% | 9% | 9% |
orario | 26% | 37% | 23% | 23% | 23% | 31% | 17% | 11% | 11% |
organizzazione del lavoro | 26% | 29% | 20% | 17% | 14% | 20% | 9% | 9% | 9% |
qualifiche e professionalità | 23% | 31% | 20% | 17% | 17% | 26% | 11% | 9% | 11% |
trattamento economico | 31% | 43% | 31% | 29% | 23% | 29% | 14% | 11% | 11% |
frequenza contrattazione | 37% | 43% | 34% | 29% | 31% | 31% | 17% | 11% | 11% |
3.3.4 Contrattazione a grappolo e contrattazione della flessibilità tradizionale
Abbiamo provato a verificare la quota delle aziende nelle quali, nella contrattazione, si può rintracciare un approccio analogo a quello definito dell’innovazione a grappolo, cioè (vedi par. 2.2) l’approccio per il quale non ci si limita ad adottare una sola delle pratiche di innovazione organizzativa, ma le si adotta nel loro insieme. Abbiamo confrontato questo dato con le imprese che si limitano ad adottare le pratiche tradizionali della flessibilità numerica e retributiva.
Tra le aziende che svolgono una contrattazione a grappolo, abbiamo considerato quelle che contrattano insieme – a grappolo, appunto - contratti atipici e orario (la flessibilità numerica) 'trattamento economico (flessibilità retributiva) e formazione professionale e diritto allo studio, organizzazione del lavoro, e qualifiche e professionalità, (flessibilità funzionale o organizzativa); abbiamo compreso anche la contrattazione dei modelli partecipativi, come indicatore di buone relazioni industriali. Per le aziende che si limitano a trattare la flessibilità numerica e retributiva (ma anche in questo caso che le trattano insieme) abbiamo considerato solo le materie relative a queste due voci: anche in questo caso abbiamo compreso i modelli partecipativi.
Tabella 34 – Aziende con contrattazione a grappolo
Area Contrattuale | 1996-2000 | 2001-2006 | 1996-2006 |
ALIMENTARE | 7% | 7% | 9% |
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA | 3% | 3% | 3% |
CREDITO ED ASSICURAZIONI | 3% | 5% | 5% |
METALMECCANICA | 3% | 3% | 3% |
SISTEMA MODA | 1% | 1% | 1% |
TERZIARIO | 6% | 7% | 7% |
SOMMA | 3% | 4% | 4% |
Tabella 35 – Aziende che contrattano flessibilità numerica e retributiva
Area Contrattuale | 1996-2000 | 2001-2006 | 1996-2006 |
ALIMENTARE | 12% | 12% | 14% |
CHIMICA, GOMMA E PLASTICA | 7% | 6% | 6% |
CREDITO ED ASSICURAZIONI | 5% | 6% | 6% |
METALMECCANICA | 8% | 8% | 9% |
SISTEMA MODA | 4% | 5% | 5% |
TERZIARIO | 14% | 16% | 16% |
SOMMA | 8% | 9% | 9% |
Come si vede dalla Tabella 34 e Tabella 35, la quota delle imprese che svolgono una contrattazione a grappolo è molto limitata (tra il 3 ed il 7%, con addirittura il solo 1% nel Sistema Moda) in tutte le categorie considerate e comunque sensibilmente inferiore a quelle che si limitano alla contrattazione della flessibilità numerica e retributiva. E’ interessante notare che in entrambi i
casi le percentuali di imprese che cumulano più materie nella contrattazione risulta superiore nel settore alimentare e terziario rispetto alle altre categorie.
4 L’analisi dei testi
4.1 Professionalità, formazione, e organizzazione del lavoro
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, i temi relativi alla flessibilità organizzativa (formazione, professionalità e inquadramento e organizzazione del lavoro) hanno registrato una notevole diffusione in quasi tutte le categorie esaminate risultando spesso intrecciate tra di loro e spesso con una frequenza di contrattazione anche superiore alla flessibilità da contratto (contratti atipici).
Se si esaminano però, i testi degli accordi, il quadro che emerge è sensibilmente diverso. In generale, mentre le parti degli accordi relativi alle materie della flessibilità organizzativa si limitano a enunciazioni generali, di principio e programmatiche che sottolineano la centralità strategica delle risorse umane e, quindi, della formazione per rinviare poi a successivi momenti di incontro con le RSU e o all’esame congiunto tra le parti di queste problematiche, come vedremo, gli accordi sulla flessibilità da orario e da contratto hanno una ben maggiore concretezza e cogenza.
In molti casi (in particolare nelle imprese minori) le parti relative all’organizzazione del lavoro, la professionalità e la formazione sottolineano l’importanza dell’affiancamento come strumento di formazione. Altri si impegnano a confronti annuali sulla situazione dell’inquadramento, della professionalità e sui progetti di formazione. In parecchi accordi la formazione è espressamente finalizzata ai problemi della sicurezza e dell’ambiente di lavoro cosi come derivano dall’applicazione della 626 . In non pochi casi, si recupera lo strumento delle 150 ore.
Si registrano, però, in tutti i settori, delle esperienze di eccellenza, nelle quali, la coscienza dell’importanza strategica di tali processi dà vita a dei progetti sistemici che integrano formazione, programmi di aggiornamento, sviluppo delle professionalità, nuovi modelli organizzativi: in particolare, nel settore alimentare gli accordi Barilla e Nestlé, in quello chimico, gli accordi AGIP Petroli , in quello metalmeccanico, gli accordi Bonfiglioli, Whirlpool, Zanussi (1997), in quello tessile, gli accordi della Corneliani e Gucci.
Sono questi alcuni degli accordi che abbiamo assunto per l’analisi dei case study dei quali esamineremo anche l’evoluzione nel tempo
Gli elementi fondamentali di questi accordi sembrano essere:
• l’organizzazione del lavoro come elemento fondamentale del modello partecipativo;
• lo snellimento organizzativo e la riduzione dei livelli gerarchici;
• l’arricchimento, la polivalenza, la polifunzionalitá, la capacità di problem solving, la responsabilizzazione ed autonomia operativa, il lavoro integrato e i team work, il miglioramento continuo, come fondamenti della crescita professionale;
• modelli di formazione basati sulla formazione continua, l'autoformazione, l'apprendimento globale e l’addestramento sul lavoro;
• il riconoscimento economico di tali processi di arricchimento e crescita professionale.
I processi di crescita professionale sono spesso finalizzati alla creazione delle condizioni per l’acquisizione della certificazione di qualità ISO. Quasi sempre la gestione di queste problematiche dà vita a Commissioni bilaterali, che hanno il compito di monitorare ed implementare i programmi concordati. Un limite evidente , anche delle esperienze piú avanzate, riguarda il fatto che esse sono costrette nell’ambito dei limiti previsti dai CCNL: ambiti che certamente non consentono un adeguato riconoscimento dei percorsi di crescita professionali prospettati dagli accordi. In alcuni accordi si precisano i valori di tali riconoscimenti professionali con valori che vanno dalle 50 alle 140 mila lire mensili (differenziate, ovviamente, per livello).
Come vedremo nell’analisi dei case study, anche in questi casi di best practice, che hanno realizzato gli accordi che hanno avviato queste esperienze nel ciclo di contrattazione della fine degli anni ’90 – tra il ’96 ed il 2000 – nella fase successiva semb rano spostare il focus della contrattazione, nuovamente sulla flessibilità numerica sia da orario che da contratto
4.2 La flessibilità oraria
I fenomeni più rilevanti riguardano la flessibilizzazione degli orari attraverso la contrattazione dei calendari annui e l’introduzione di orari flessibili su base plurisettimanale, l’introduzione della banca delle ore (anche come strumento per controllare e ridurre gli straordinari), l’aumento dell’utilizzazione degli impianti, attraverso l’introduzione di nuovi turni (notturni, sabato, domenica ecc.). In quest’ambito sono state anche realizzate interessanti esperienze di riduzione degli orari di lavoro.
Nel settore chimico, in particolare negli accordi del periodo 99-2000, l’attenzione si concentra sull’applicazione delle nuove norme del CCNL in particolare per quanto concerne la riduzione dell’orario settimanale a 37 ore e 45 minuti, la gestione della flessibilità degli orari su base plurisettimanale, e dell’istituto del conto ore.
Un aspetto rilevante è l’acquisizione – in particolare nel settore metalmeccanico - di quote di permessi aggiuntivi retribuiti (o non), per congedi parentali (nascite, lutti, ma anche assistenza familiare) e per visite mediche specialistiche (con pagamento delle ore necessarie per la visita e, a volte, anche del tempo di trasporto), fino anche a periodi aggiuntivi di aspettativa non retribuita sia per terapie mediche dei lavoratori che per assistenza a membri della famiglia (figli o genitori). A volte si possono considerare vere e proprie riduzioni d’orario.
Per quanto concerne la flessibilità degli orari su base plurisettimanale, la banca delle ore e i turni, molto spesso la contrattazione di queste materie si intreccia con quella dei calendari annui. In parecchi casi la flessibilità è ancora quella degli orari in entrata e uscita. Il fenomeno più rilevante, però è quello della contrattazione della flessibilità degli orari su base plurisettimanale e l’introduzione o l’utilizzo dell’istituto della Banca delle ore (sulla base anche delle acquis izioni definite nei diversi CCNL) e in quest’ambito, anche, della gestione e dello sforzo per ridurre gli straordinari e dell’uso dei turni come ulteriore strumento di flessibilizzazione e di aumento dell’utilizzazione degli impianti.
4.2.1.1 Flessibilità e salario
L’altro aspetto di notevole rilievo, che riguarda una parte rilevante degli accordi che introducono o estendono diverse forme di flessibilità degli orari su base plurisettimanale, ampliano o differenziano i turni aumentando e/o flessibilizzando in vari modi l’utilizzo degli impianti, è la diffusa presenza di voci salariali che in diversi modi (maggiorazioni aggiuntive per le ore di flessibilità e/o quelle accantonate nelle banche delle ore, premi legati all’introduzione dei nuovi turni e/o alla loro effettuazione, ecc.) premiano da un punto di vista economico l’introduzione di quelle forme di flessibilità. In alcuni casi gli accordi prevedono, invece, delle riduzioni d’orario aggiuntive o degli ulteriori riposi per compensare le ore aggiuntive o le misure di flessibilizzazione o di aumento degli impianti introdotte.
Spesso gli accordi si propongono di applicare o estendere le possibilità di flessibilizzazione degli orari previste nei CCNL. Il recupero delle ore aggiuntive prestate è previsto in alcuni casi anche individualmente, anche attraverso lo strumento della banca delle ore.
L’adeguamento degli orari alle esigenze del mercato, sembra particolarmente spinto in quelle aziende (per es. nel settore conserviero, tipicamente stagionale, ma non solo) che coniugano appunto la stagionalità della prestazione, al lavoro a turni (anche di notte), con l’uso della flessibilità oraria prevista dal CCNL.
Con il lavoro a turni si introducono anche ulteriori differenziazioni ed articolazioni negli orari di lavoro, con turni diversi con un numero di ore diverso all’interno della giornata e della settimana
(turni di 8 ore e turni più brevi, prolungamento dei turni e successivo recupero con turni più brevi, turni ridotti al sabato o alla domenica ecc.). Spesso la questione della turnazione è accompagnata dalla deroga al divieto del lavoro notturno per le donne, anche se a volte garantendo la volontarietà.
4.2.1.2 Riduzione d’orario
Le categorie nelle quali si registra la maggiore diffusione di esperienze a livello aziendale di rid uzioni d’orario, in particolare con gli accordi nei quali si realizza un aumento (oltre che una flessibilizzazione) dell’utilizzo degli impianti con l’introduzione o – più spesso – l’estensione del lavoro a turni, sono i metalmeccanici e i tessili: si registrano alcuni casi nei quali abbiamo l’introduzione del 6x6 su tre o quattro turni giornalieri per 36 ore, ma anche alcune esperienze nelle quali si scende ad orari anche inferiori89.
4.3 La flessibilità da contratto
L’istituto del part-time è tra i più ricorrenti, in particolare nel settore tessile e abbigliamento. Gli accordi aziendali, in generale, dopo un richiamo alle norme del contratto nazionale, sottolineano il carattere volontario e consensuale del ricorso individuale al part-time, sancendo la disponibilità dell’azienda a soddisfare le richieste in tal senso, se compatibili con le sue esigenze tecnico- produttive ed organizzative, almeno se si supera il limite minimo previsto dal contratto (metalmeccanici). Alcuni accordi prevedono un part time verticale, ciclico e solitamente legato ai picchi produttivi stagionali. Fra i testi esaminati in alcuni casi si declina il modello verticale del part time entro la formula dei contratti week-end: contratti part time limitati alle giornate di sabato e domenica; ai lavoratori viene corrisposta in generale una maggiorazione superiore a quella prevista dal ccnl nazionale.
Per quanto concerne i contratti a termine, gli accordi si richiamano e applicano in generale le sogli massime previste dai contratti nazionali, non escludendo in alcuni casi delle deroghe verso l’alto (in particolare in settori come l’alimentare particolarmente esposto al fenomeno della stagionalità delle produzioni).
4.4 IL Premio di Risultato
Come abbiamo visto (par. 3.3.1 e Tabella 10) la grande maggioranza delle aziende e gruppi aziendali presi in considerazione hanno stipulato accordi in cui compare una clausola riguardante un “premio variabile”.
89 Vedi anche D’Xxxxx G. op. cit.
Il Protocollo Governo-Parti sociali del 23 luglio 1993 aveva previsto la negoziazione di premi variabili come istituto a cui legare aumenti retributivi a livello aziendale. Vale la pena tuttavia di richiamare, sia pure in termini generali e sintetici, alcuni precedenti storici. Premi collettivi variabili cominciano a comparire in diverse aziende negli ultimi anni ’50. Le ristrutturazioni aziendali legate agli sviluppi tecnologici e della organizzazione del lavoro stimolano le imprese a rivedere alcuni criteri retributivi che mal si prestano ad interpretare e favorire la ricerca di una sempre maggiore produttività. Dal versante sindacale è soprattutto la CISL che sostiene la tesi di ricercare contropartite retributive agli aumenti di produttività che si registrano nelle imprese; la CGIL supera progressivamente una serie di remore in proposito sino a sancire, nel congresso di Milano del 1960 la tesi della rivendicazione “di nuove forme di salario che consentano il sempre maggiore adeguamento delle retribuzioni all’aumento del rendimento del lavoro”.
E’ con il contratto dei metalmeccanici del 1962 (stipulato con le aziende a “partecipazione statale”) e con quello del 1963 (con le aziende private) che si introduce una normativa sui “premi di produzione”, definendo per essi i criteri di massima ed i valori minimi. In generale i premi sono costituiti da una parte fissa e da una parte che varia, normalmente, al variare del rapporto fra quantità di produzione realizzata e quantità di lavoro impiegata; il legame è quindi con la produttività misurata in termini di rendimento del lavoro (la stragrande maggioranza dei premi si basa sulla formula P/h dove P indica la quantità prodotta e h le ore impiegate per quella produzione).
L’introduzione dei premi di produzione ha avuto un valore non solo retributivo; essa ha da un lato favorito in molti casi il superamento del cottimo, sostituendolo con un altro meccanismo di incentivazione collettivo, dall’altro ha consentito ai lavoratori una maggiore conoscenza dei meccanismi produttivi e dei criteri di organizzazione del lavoro.
I criteri di distribuzione del premio variano da impresa ad impresa; negli anni tuttavia tendono ad uniformarsi con la scelta diffusa (anche per le spinte egualitarie affermatesi a partire dagli ultimi anni ’60) della erogazione di un premio uguale per tutti i lavoratori dell’azienda.
Nel quindicennio successivo, praticamente sino alla seconda metà degli anni ’80, i premi di produzione perdono progressivamente la fisionomia con la quale erano stati inizialmente impostati: spessissimo la loro variabilità viene affidata ad una ricontrattazione periodica nella quale le parti tengono conto dell’andamento generale dell’azienda. Si configurano così quote fisse di retribuzione aziendale, ricontrattate periodicamente, in cui converge qualsiasi tipo di aumento retributivo che le parti concordano negli accordi integrativi aziendali.
E’ in questo quadro che, a partire soprattutto dalla seconda metà degli anni ’80, vengono riprese in considerazione forme di premio variabile che legano quote di retribuzione non più solo a parametri riferiti alla produttività aziendale ma anche alla redditività, alla qualità, spesso in combinazione fra loro. A queste forme si fa esplicito riferimento nel Protocollo Governo - Parti so- ciali del 23 luglio 199390 ed è da questa data che i nuovi premi variabili si diffonderanno ampiamente nelle imprese, a partire dalle aziende di maggiori dimensioni e dai grandi gruppi aziendali.
4.4.1 I premi dopo il 1993
Il rapporto fra vecchio e nuovo appare, in questa fase, fortemente variegato: normalmente i nuovi premi variabili si sostituiscono a quelli vecchi; questi ultimi, salvo rare eccezioni ormai in cifra fissa (uguale per tutti o differenziati secondo le scale perimetrali), non sono ricontrattati e spesso ven- gono integrati, con diverse modalità, nel nuovo premio, costituendone una parte fissa garantita. In alcuni casi vengono mantenuti come cifra a parte, congelata. La distribuzione temporale degli accordi è ovviamente legata ai tempi dei rinnovi contrattuali di ciascuna categoria e risente peraltro degli elementi congiunturali che interessano i diversi settori. Si può comunque affermare che, salvo situazioni particolari, non si è avvertita una sostanziale reticenza, sia delle aziende che dei lavoratori, alla introduzione di quote retributive variabili.
Le caratteristiche dei premi sono assai varie: esse possono dipendere sia dalla natura delle attività proprie di ciascun settore, sia dalla tradizione contrattuale delle diverse categorie, sia dagli elementi che, caso per caso, ve ngono individuati come oggetto di incentivazione.
Il premio può essere collegato alla variazione di uno o più parametri o al raggiungimento di obiettivi prefissati. Nell’uno e nell’altro caso i parametri e gli obiettivi scelti possono essere indipendenti fra loro (ciascuno determina una parte del premio) o legati in varie forme (ad esempio attribuendo a ciascuno un peso o considerandoli come fattori di un prodotto).
In genere i parametri vengono scelti attraverso la contrattazione. Qualcosa di simile avviene per la definizione degli obiettivi, normalmente stabiliti dalla parte aziendale, ed oggetto al massimo di una sorta di “validazione consensuale” da parte dei lavoratori. E’ prevista, talvolta, la istituzione di “commissioni miste” cui è attribuito il compito di individuare i parametri e gli obiettivi, nonché di verificare il comportamento degli stessi nel tempo.
90 Le erogazioni del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, “aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa [ ...] ( Protocollo del luglio ’93)
E’ frequente il caso in cui vengono fissati valori del premio per più anni, con valori progressivamente crescenti. Ciò può avvenire sia dando valori diversi alla stessa variazione del parametro prescelto (l’uno per cento di incremento del parametro può valere x lire per il 1996, il 10% in più per il 1997, il 20% per il 1998, ecc.), sia attraverso la fissazione di obiettivi progres- sivamente più avanzati nei vari anni (x lire per il raggiungimento dell’obiettivo fissato per il 1996, una somma superiore per il raggiungimento di un obiettivo più elevato nel 1997, ecc.).
Negli accordi non si fa quasi mai riferimento al premio effettivamente erogato, ma sono prospettate somme erogabili in corrispondenza a scale di valori del parametro previsto o a gradi di raggiungimento degli obiettivi pre-scelti. I pochi casi in cui i valori dei premi sono registrati dalla contrattazione o le informazioni raccolte direttamente consentono una loro stima, ne emerge un quadro assai variegato. Ne deriva una grande difficoltà a comprendere l’apporto retributivo dei nuovi premi, così come appare arduo cogliere l’effettiva variabilità dei premi stessi. In presenza di tali difficoltà si è, da più parti, fatto riferimento ai valori attribuiti al premio in caso di raggiungimento degli obiettivi massimi prefissati con una evidente sovrastima rispetto alle erogazioni effettive.
Le nostre analisi, effettuate anche in occasione di precedenti rapporti Cnel91, peraltro confermate da altre fonti, hanno stimato il valore dei premi contrattati per il primo anno nell’ordine del 3% della retribuzione lorda annua, con incrementi per gli anni successivi che, salvo qualche eccezione, hanno portato a valori ( sempre riferiti ai massimi raggiungibili ) del 5-6%.
4.4.2 Un confronto tra il periodo 1992-1996 e 1996-2006
Prima di procedere ad un esame più dettagliato degli accordi attualmente presenti nell’Archivio ci pare utile richiamare una precedente analisi, realizzata da Monitor Lavoro nel 199892, che aveva esaminato circa 900 accordi relativi al periodo 1992-1996, di una prima raccolta di accordi per l’Archivio del Cnel sulla contrattazione decentrata. Dalla Tabella 3693 appare con evidenza come la contrattazione dei premi di risultato previsti dal protocollo di luglio ’93 abbia avuta la sua prima
91 Monitor Lavoro, Concertazione, Relazioni Industriali e Politica Economica: il Modello Italiano. Una verifica empirica dei risultati, a confronto con i modelli di letteratura e degli altri paesi Europei”, Ricerca effettuata su incarico della Direzione Generale dell’Osservatorio sul Mercato del Lavoro del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, 1998; CNEL, La contrattazione aziendale nel settore privato dell’economia, CNEL, Documenti n. 12, 2002 D’Xxxxx, G., La contrattazione decentrata negli anni ’90, in Birindelli L., D’Xxxxx G., Xxxxxx A., La politica dei redditi negli anni ’90, ediesse, 2003.
92 Monitor Lavoro, op. cit.
93 Il confronto tra i dati dei due Archivi può avere un carattere puramente indicativo in quanto essi furono costruiti con metodologie molto diverse (con una presenza prevalente delle imprese maggiori, il primo, sulla base di un campione rappresentativo, il secondo. Il confronto non riguarda tutti i settori; sono stati presi in considerazione i quattro fondamentali settori industriali e le attività industriali comprese nel settore edile (cemento, manufatti per l’edilizia, legno ecc.). Commercio e servizi sono indicati separatamente
effettiva applicazione (in generale e in ciascuna delle categorie considerate) nella prima stagione di contrattazione integrativa successiva a quel Protocollo: quella della stagione 1996-1998 . La contrattazione dei premi variabili passa da una incidenza media inferiore al 30% degli accordi ad una del 60%. In particolare la percentuale di accordi con premio è più che raddoppiata per l’industria tessile e per quella alimentare e più che triplicata per l’industria chimica e metalmeccanica.
Tabella 36 – Confronto tra gli accordi del periodo 1996-2006 e quelli del periodo 1992-1996
ACCORDI del periodo 1996- 2006 | ACCORDI del periodo 1993- 1996 | |||||
Totale | Con premio variabile | % | Totale | Con premio variabile | % | |
chimica | 455 | 278 | 61,1 | 314 | 70 | 22,3 |
metalmeccanica | 865 | 521 | 60,2 | 267 | 49 | 18,4 |
tessile e abbigl. | 260 | 193 | 74,2 | 88 | 32 | 36,4 |
alimentare | 201 | 130 | 64,7 | 122 | 35 | 28,7 |
industrie del sett. costruzioni | 182 | 114 | 62,6 | 78 | 42 | 53,8 |
totale sett. industriali | 1963 | 1236 | 63,0 | 869 | 228 | 26,2 |
commercio, turismo e servizi | 343 | 163 | 47,5 | 53 | 22 | 41,5 |
totale | 2306 | 1399 | 60,7 | 922 | 250 | 27,1 |
4.4.3 Gli accordi presenti al 2006
Gli accordi presenti ad oggi nell’ Archivio del CNEL consentono di offrire alcune importanti indicazioni, sia quantitative che qualitative, a partire da quelle che emergono dalla Tabella 37.
Tabella 37 – Aziende ed Accordi con premio di risultato
AZIENDE | ACCORDI | |||||
Totale | Con pre mio | % | Totale | Con premio | % | |
chimica | 184 | 155 | 84,2 | 455 | 278 | 61,1 |
metalmeccanica | 432 | 361 | 83,6 | 865 | 521 | 60,2 |
tessile e abbigl. | 157 | 135 | 86,0 | 260 | 193 | 74,2 |
alimentare | 78 | 64 | 82,1 | 201 | 130 | 64,7 |
edilizia e affini | 70 | 56 | 80,0 | 182 | 114 | 62,6 |
comunicazione | 37 | 29 | 78,4 | 80 | 55 | 68,8 |
commercio, tur. e servizi | 123 | 82 | 66,7 | 343 | 163 | 47,5 |
trasporti | 27 | 21 | 77,8 | 112 | 53 | 47,3 |
credito e assic. | 27 | 19 | 70,4 | 100 | 21 | 21,0 |
aziende autonome | 15 | 13 | 86,7 | 69 | 26 | 37,7 |
totale | 1150 | 935 | 81,3 | 2667 | 1554 | 58,3 |
La percentuale degli accordi con premio è nettamente inferiore a quella delle aziende; ciò deriva esclusivamente dal fatto che ogni azienda stipulato nel tempo più accordi e che solo alcuni di questi contengono clausole riguardanti il premio.
Si è già accennato, in precedenza, alle difficoltà di offrire una visione completa di tutti gli elementi che caratterizzano gli accordi e che sembra opportuno richiamare, sia pure sinteticamente. Gli accordi contengono solo in alcuni casi le clausole istitutive del premio, in altri casi si fa riferimento a premi contrattati in accordi precedenti; questo fa sì che non sempre sia possibile individuare tutti gli elementi costitutivi del premio stesso (parametri ai quali legare il premio, loro peso relativo, valore iniziale, dinamiche previste, ecc.). Lo stesso vale per i criteri di distribuzione del premio (compresa la clausola di erogazione per i soli periodi di presenza), che compaiono normalmente nell’accordo istitutivo e solo raramente sono riprodotti nei successivi accordi di applicazione o parziale modifica, in cui si fa solo riferimento a quanto definito in precedenza. E’ inoltre pressoché impossibile sapere se il premio assorba o si sommi a premi precedenti in quanto questo è stato quasi sempre stabilito nel primo accordo istitutivo del premio stesso.
Per quanto possibile si è cercato di ovviare a tali inconvenienti raccogliendo, anche in modo indiretto, il massimo di notizie atte a favorire la conoscenza delle caratteristiche del premio. Nella maggior parte dei casi è stato possibile individuare i parametri utilizzati.
Nella Tabella 38 la frequenza con cui i diversi parametri sono presenti nei diversi settori. La tabella mette in luce un ruolo ed un peso diverso dei vari parametri nei diversi settori.
La colonna che calcola la somma dei diversi criteri da una misura del loro grado di sovrapposizione: in tutti i settori la somma risulta superiore a 100, il che indica che in molti casi i diversi criteri sono presenti nello stesso accordo, ma tale presenza risulta particolarmente elevata nei settori alimentare, metalmeccanico e comunicazioni (tra 165 e 175), seguiti da vicino dal chimico e credito (circa 157); nel tessile e abbigliamento e nel settore delle costruzioni il grado di sovrapposizione scende intorno a 145, mentre negli altri settori risulta meno significativo.
Il collegamento con la presenza, gioca un ruolo maggiore nel tessile e abbigliamento (35% degli accordi con premio) e in parte in quello metalmeccanico (14%), per scendere sotto il 10% negli altri settori.
Se si prescinde dal ruolo del premio di presenza si vede che per quanto concerne gli altri parametri (produttività, redditività e qualità) ci sono settori nei quali essi hanno un peso all’incirca equivalente ( il metalmeccanico ed il tessile), mentre in altri uno dei parametri assume un ruolo prevalente: la produttività nella chimica, costruzioni, comunicazioni e trasporti; produttività e redditività per alimentare e terziario; e redditività in assoluto per credito e assicurazioni. Nel
confronto tra settori il collegamento dei premi con la qualità risulta maggiore nei settori metalmeccanico (50%), alimentare (45%) e comunicazioni (55%).
Tabella 38 – Presenza dei diversi parametri ai quali sono collegati i premi di produttività – valori %
N° accordi | Produttivit à | Redditività | Qualità | Presenza (*) | Somma dei diversi criteri | Presenza in Erogaz. (*) | |
chimica | 278 | 62,2 | 51,1 | 35,6 | 8,3 | 157,2 | 24,8 |
metalmecc. | 521 | 59,5 | 52,4 | 50,7 | 14,0 | 176,6 | 21,5 |
tessile e abb. | 193 | 38,9 | 31,1 | 38,3 | 34,7 | 143 | 35,2 |
alimentare | 130 | 58,5 | 54,6 | 45,4 | 6,2 | 164,7 | 13,1 |
costruzioni | 114 | 62,3 | 47,4 | 30,7 | 7,9 | 148,3 | 17,5 |
comunicazioni | 55 | 63,6 | 47,3 | 54,5 | 3,6 | 169 | 47,3 |
commercio, tur. e servizi | 163 | 42,3 | 49,1 | 23,9 | 8,0 | 123,3 | 25,8 |
trasporti | 53 | 50,9 | 39,6 | 34,0 | 5,7 | 130,2 | 13,2 |
credito e assic. | 21 | 57,1 | 95,2 | 4,8 | 0,0 | 157,1 | 0,0 |
aziende autonome | 26 | 19,2 | 30,8 | 3,8 | 0,0 | 53,8 | 0,0 |
totale | 1554 | 54,9 | 48,6 | 39,9 | 12,7 | 156,1 | 23,2 |
(*) Il criterio della “presenza” all’interno dei premi si registra in due forme: nel calcolo del valore del premio stesso e, in questo caso, li abbiamo calcolati nella colonna intestata presenza; oppure la “presenza” non fa parte dei criteri del calcolo del premio, ma esso viene erogato in proporzione alla presenza sul lavoro (nel senso che non viene erogate per le giornate nelle quali il lavoratore risulta assente (magari salvaguardando le assenze per permessi sindacali, scioperi, ecc.)
L’esistenza o meno di meccanismi di erogazione legati alla presenza è l’elemento sul quale sussistono le maggiori perplessità nella interpretazione dei dati. Abbiamo, infatti, precedentemente evidenziato come questa clausola non compaia normalmente negli accordi, salvo in quello istitutivo del premio, con la conseguente difficoltà di appurare la sua esistenza attraverso gli accordi successivi. Attribuendo, quindi, ai dati un valore meramente indicativo vale la pena di evidenziare soltanto lo scarso peso che la “Presenza in erogazione” assume nel settore Alimentare e la singolarità con cui si presenta nei settori della Comunicazione e del Credito. Più coerente con le caratteristiche del settore appare invece la frequenza relativa con cui la clausola è presente negli accordi del settore Tessile e dell’abbigliamento.
4.4.4 L’entità dei premi
Abbiamo concentrato l’analisi su una selezione di circa 120 casi aziendali, per l’industria ed il commercio, in cui esiste un premio, sui quali era possibile cogliere dagli accordi informazioni più dettagliate e significative.
Tabella 39 - Aziende considerate (*)
Alimentare | 20 |
Chimica | 24 |
Edilizia | 20 |
Metalmeccanica | 24 |
Tessile e abb. | 20 |
TOT. INDUSTRIA | 108 |
Commercio | 18 |
(*) – L’elenco delle aziende è in Allegato 1
Nelle aziende esaminate il valore del premio massimo raggiungibile si attesta, al lordo, fra i mille ed i mille duecentocinquanta euro per l’industria metalmeccanica e per la chimica e fra i 750 ed i mille euro per le industrie tessili ed alimentare.
I dati relativi al livello dei premi effettivamente erogati difficilmente compaiono negli accordi. Essi non sono infatti elementi di contrattazione, ma solo risultanti di meccanismi precedentemente negoziati. I pochi casi in cui essi sono registrati dalla contrattazione e le informazioni raccolte direttamente offrono un quadro assai variegato, dal quale è possibile solo azzardare alcune interpretazioni: i massimi ipotizzati per i metalmeccanici sembrano più difficilmente raggiungibili, così come quelli dei settori manifatturieri dei chimici e dei tessili, mentre le cifre effettivamente erogate appaiono più vicine ai massimi nel settore alimentare. Non è escluso che questo sia legato, per quest’ultimo settore, alla propensione contrattuale allo scambio fra una più marcata flessibilità degli orari di lavoro (prevalentemente con la introduzione di più turni, anche per il sabato e la domenica) ed i livelli del premio erogato. Una maggiore utilizzazione degli impianti permette, infatti, un più facile raggiungimento degli obiettivi di produttività e redditività concordati. D’altra parte il settore alimentare è quello che, malgrado alcune crisi aziendali, ha meno risentito dell’andamento congiunturale negativo che ha interessato, negli ultimi anni, l’insieme dell’industria.
Se è difficile valutare l’entità dei premi (anche se il riferimento è quello dei massimi possibili) ancora più arduo è coglierne la dinamica nel tempo. L’esame degli accordi evidenzia una grande diversità di comportamento, con variazioni estremamente differenti fra loro, anche all’interno dello stesso settore. Laddove è possibile esaminare un periodo abbastanza ampio (in genere un quadriennio) si verificano casi di stabilità del valore massimo del premio e casi in cui si ha il raddoppio (magari in concomitanza di un innalzamento degli obiettivi). I casi più frequenti presentano incrementi fra il 30% ed il 40%.
Solo in 37 aziende delle 126 esaminate il valore massimo previsto per il premio supera i mille euro annui. Le imprese che superano questo livello risultano la metà nel settore alimentare, circa il
40% in quello chimico , tra il 30 ed il 35% nelle costruzioni e in metalmeccanica , il 10% in quelle tessili e del commercio e turismo.
Tabella 40 - % di accordi con un premio superiore a 1.000 euro
Alimentare | 50.0% |
Chimica | 38.0 % |
Edilizia | 35.0% |
Metalmeccanica | 30.0% |
Tessile e abb. | 10.0% |
Commercio | 10.0% |
Un elemento di qualche interesse è il peso che conserva la contrattazione dei Premi fissi o tradizionali che risulta maggiormente diffusa nelle imprese minori (con quote tra il 45 ed il 50%) in tutti i settori tranne in quello alimentare dove si attesta soltanto al 33%. Nelle imprese con oltre mille dipendenti la quota di imprese interessate risulta minore.
Secondo l’Indagine della Banca d’Italia (condotta nel 2000) tra le imprese con almeno 50 dipendenti, le imprese che hanno contrattato premi tradizionali passano dal 75,5% del ’94 al 28,7% del ’99; i lavoratori dal 37,9% al 20,8%. Al contrario, le imprese che hanno introdotto premi legati alle performance passano dal 24,5% del ’94 al 71,2% del ’99. Anche per questa indagine le imprese con premi legati ai risultati crescono al crescere della dimensione di impresa.
Secondo l’Indagine della Banca d’Italia il contributo della contrattazione aziendale alla crescita media delle retribuzioni nelle imprese con oltre 50 dipendenti ha raggiunto nell’Industria manifatturiera, un picco dell’1,33% nel 1966 e dell’1,1% nel ’98, per mantenersi, intorno allo 0,8% negli altri anni (del periodo ‘96-’99). Se si considerano gli incrementi nelle sole aziende e per i soli lavoratori che hanno ricevuto i premi aziendali, tali valori oscillano tra l’1 ed il 2 per cento (in alcuni anni tale percentuale è maggiore –circa l’1,7% - nelle due classi di impresa inferiori – tra 50 e 200 dip. e tra 200 e 500, che in quella al di sopra dei 500) .
Se si tiene conto che, è stato stimato uno slittamento salariale allargato medio annuo – nell’Industria in senso stretto - intorno all’1%94, se ne deve dedurre che una almeno una parte significativa di questo slittamento allargato (non è possibile in questa sede una quantificazione esatta delle sue componenti) è costituito dalla contrattazione dei premi di risultato.
5 L’analisi di 13 case studies
Dall’analisi dei testi ci è parso possibile estrarre alcuni case studies (Tabella 41) di particolare interesse dal punto di vista della capacità di trovare soluzioni innovative in particolare per quanto
94 D’Xxxxx G. op. cit.
concerne la flessibilità funzionale, l’innovazione organizzativa, le new forms of work organization, la capacità di coniugare partecipazione diretta ed indiretta, ma anche per quanto concerne la capacità di proporre soluzioni significative per quanto concerne la flessibilità numerica ed in particolare gli orari di lavoro e il superamento della precarietà connessa con i contratti atipici.
Per ciascuna azienda abbiamo esaminato l’evoluzione della contrattazione sulle materie di maggiore interesse lungo l’arco di implementazione dell’Archivio, per un totale di oltre 40 accordi.
Tabella 41- Case studies per settore
Settore | Azienda* | Accordi esaminati |
Alimentare | Barilla (Emilia, oltre7000 dip.) | 24/09/1998; 27/03/2001; 14/01/02; 31/05/2002; 20/09/2003 |
Nestlé (Piemonte, oltre 7.000 dip.) | 30/06/1998; 18/06/2002; 27/02/2003; 20/07/2006 | |
Chimico | Agip Petroli (oltre 19.000 dip.) | 28/07/1998 |
Glaxo Wellcome Finanziaria Spa (Veneto, circa 2.000 dip.) | 07/11/2000; 13/06/05; + altri | |
Xxxxx Xxxxxxxxx (Xxxxxx, …. dip.) | 31/03/2000 | |
Metalmeccanico | Aprilia (Veneto, oltre 1.200 dip.) | 25/03/98; 23/06/2001; 8 e 9/10/2003; 20/07/2005 |
Bonfiglioli (Emilia, oltre 1000 dip) | 1996; 13/11/2000; 11/04/06 | |
Lamborghini Holding S.p.A. (Emilia, …..) | 12/11/1999; 21/07/2003 | |
Pininfarina (Piemonte, quasi 2000 dipendenti,) | 27/4/96; 14/12/2000 | |
Whirlpool Europe (Lombardia, circa 5800 dip) | 12/04/99; 12/01/2000; 19/07/2000; 27/09/2000; 29/12/2000; 10/06/04 | |
Zanussi Elettrolux (Friuli, circa 9000 dip.) | 21/07/97; 31/03/1998; 10/11/2000; 08/07/2002; 16/01/07 | |
Tess. – Abbigl. | Fratelli Corneliani S.p.A. (Lombardia, circa 800 dip.) | 30/06/1998 |
Gucci Italia Spa | 10/11/1999; 08/05/2000; 11/5/01; 25/03/04 |
* I dati sul numero di dipendenti sono arrotondati e aggiornati al 2000
5.1 Alimentare
5.1.1 Barilla
5.1.1.1 Odl, professionalità e formazione
Alla Barilla già nell’accordo del 24/09/98 si delinea un modello organizzativo complessivo i cui obiettivi generali sono “il miglioramento continuo come condizione per assicurare all'azienda una competitività di lungo periodo”; per realizzare tale obiettivo “diversamente dal passato, la vera differenza verso i competitori sarà data non solo dalla tecnologia e dai mezzi finanziari, ma …… dalle competenze possedute e dal modo di operare delle strutture organizzative. Lo sviluppo professionale ed organizzativo delle Risorse Umane” diventa dunque determinante.
Il nuovo modello di organizzazione del lavoro si basa su processi "chiave", un'organizzazione "snella" e lo sviluppo professionale dei ruoli, che dovrà tradursi nella “evoluzione dei ruoli operai (gestori di fase) e in modalità di lavoro integrate e collegiali (lavoro in team o per aree di lavoro)”.
In ciascun sito il processo di sviluppo delle professionalità prevede la definizione “del profilo ideale dei ruoli operai in termini di responsabilità ed obiettivi, […] di capacità/abilità necessarie” per quanto concerne conduzione, manutenzione e gestione, “dei comportamenti organizzativi”. Tutto ciò andrà confrontato con l’analisi delle risorse attuali per definire la formazione/addestramento necessaria e comporterà “una misurazione dei risultati, delle capacità e dei comportamenti” e il loro "riconoscimento” attraverso “meccanismi atti a valorizzare il maggiore contributo professionale fornito”.
“ […]La crescita professionale si sviluppa su due direttrici:
- polivalenza (capacità di intervenire su più posizioni di lavoro)
- polifunzionalità (capacità di svolgere oltre le attività di conduzione, anche attività di autocontrollo della qualità, di manutenzione e di gestione)”.
Questo implica anche “la capacità di risoluzione dei problemi e di proposta di miglioramenti relativamente all'area di competenza […] e deve essere sviluppato congiuntamente alle nuove modalità di lavoro integrato (aree di lavoro o team di lavoro)”.
I vantaggi del nuovo modello organizzativo riguardano sia l’aspetto professionale (“livello retributivo e professionale collegato alla crescita delle competenze ….[carriera professionale]”) che la qualità del lavoro (“contenuti del lavoro, responsabilizzazione ed autonomia operativa, formazione, […] valutazione del contributo fornito, senso di appartenenza”, ecc.).
L’accordo definisce “gli indicatori da considerare nella valutazione del livello retributivo e professionale: i risultati (rispetto ad un obiettivo assegnato); le capacità individuali; i comportamenti individuali. […] processo di valutazione prevede un "prima" (la situazione preesistente), un "durante" (il percorso di crescita), un "dopo" (il completamento dell'attuazione del piano di sviluppo professionale e di area di lavoro). Quando la valutazione riguarda un'area di lavoro o un team, il risultato dell'area o del team è uguale per tutti i componenti. Le competenze ed i comportamenti sono di per sé di natura individuale”.
Constata l’inadeguatezza dell’inquadramento nazionale a rispondere alle esigenze manifestate, l’accordo sottolinea la necessità che il "riconoscimento" della crescita professionale avvenga sulla base di un “corretto posizionamento nella scala parametrale d'inquadramento del C.C.N.L. […] e della definizione, […] di percorsi formativi/acquisitivi cui far corrispondere l'erogazione di
"elementi economici di professionalità" atti a riconoscere uno status professionale per gradi crescenti”.
Il sistema professionale e di riconoscimento dovrà basarsi su “degli step intermedi tra un livello e l'altro […] in grado di valorizzare le differenze di capacità e di comportamento e sulla loro sequenzialità , […] di un elemento retributivo di livello professionale in corrispondenza di ogni step; sulla ….. definizione di un tempo minimo per il passaggio da uno step all'altro […] e sulla valutazione individuale della professionalità e individuale e/o collettiva dei risultati (es. nelle aree di lavoro); sulla corrispondenza ad ogni livello professionale […] di una determinata capacità di operare sulla conduzione, sulla qualità, ecc.. […] La validità del sistema professionale dovrà essere misurata sulla capacità di miglioramento continuo dei risultati e di generazione di valore aggiunto”.
L’accordo del 14/11/2002 , dopo aver segnalato alcune difficoltà competitive “nei confronti dei principali competitors industriali e delle marche private”, propone un “Piano di riorganizzazione” che “in coerenza con quanto stabilito dall'Accordo di Gruppo 24 settembre 1998”, dovrà consentire di “creare strutture organizzative snelle, che favoriscano l'aggregarsi in modo sinergico delle varie risorse - in base alle competenze possedute - sui progetti e sui processi di volta in volta prioritari “; “velocizzare i processi decisionali …, accorciando così la distanza tra l'Azienda ed il mercato e per sviluppare una cultura organizzativa … che favorisca l'assunzione dei rischi finalizzati all'ottenimento dei risultati;…focalizzarsi sulle attività che più rappresentano il "core business" dell'azienda; …accelerare lo sviluppo di professionalità con un elevato livello di competenze e dotate della mentalità necessaria per supportare efficacemente l'innovazione…”
L’accordo, in particolare per l’area produttiva dell’azienda, dopo aver rilevato che la “massiccia automatizzazione delle fabbriche,… l'introduzione di nuove tecnologie informatiche di controllo e sicurezza ….e la realizzazione di nuovi modelli organizzativi ….che hanno rivoluzionato il profilo del ruolo operaio” hanno determinato un esubero di persona le operaio, specialmente di addetti all'esecuzione di operazioni semplici, “ sottolinea che “l'Azienda intende dare ampia attuazione alla nuova organizzazione del lavoro così come delineata, dall'accordo sindacale del luglio 1999, che prevede la definizione dei profili ideali di ruolo, la valutazione del personale in forza rispetto ai profili ideali, l'individuazione dei gap sulle competenze e sui comportamenti, la progettazione e l'erogazione di interventi formativi mirati al raggiungimento dei requisiti di polivalenza e polifunzionalità e comportamenti xxxxxxxxx”. Ma nonostante una“azione di riqualificazione attraverso la formazione” …che comporta investimenti in formazione stimati per oltre 4 miliardi/anno per il triennio 2001-2003 …. per un programma di riqualificazione di circa 350 unità, l’accordo sottolinea
che il progetto, da una parte, rende necessaria la ricerca di nuove figure professionali con maggiore scolarità sul mercato del lavoro e dall’altra la persistenza di un area di esuberi di personale.
Un discorso analogo vale per le aree Commerciale e Distribuzione, soggetta anch’essa ad una riorganizzazione che passa attraverso la riduzione delle centrali di acquisto determinata dalla “concentrazione del “Trade” …l'introduzione sempre più rilevante di nuove procedure di raccolta ordini [EDI, just in time, ecc.], l'introduzione di nuovi strumenti informatici, …e di Staff (diffusione delle tecnologie informatiche, costituzione di società operative focalizzate per business, ecc.) e dove il processo di riorganizzazione provoca da una parte “..la soppressione di attività ormai non più necessarie, e la rivisitazione di alcune funzioni esistenti generando, quindi degli esuberi di personale per i quali si progettano dei programmi di riqualificazione attraverso appositi programmi formativi. Tutto il Piano di Riorganizzazione la cui attuazione è prevista in due anni si prevede che venga attuato “secondo criteri di gradualità e progressività, evitando azioni traumatiche nei confronti dei personale in forza” e sulla base di “un monitoraggio costante e di momenti di raccordo e verifica tra le Parti anche a livello decentrato”.
Sempre nell’ambito dei modelli di relazioni industriali l’accordo del 20/09/2003 sulla base di una valutazione positiva del sistema di relazioni industriali attuato a partire dall’accordo del 7 luglio 1994, si preoccupa di precisare meglio gli ambiti operativi di ciascun livello di contrattazione e confronto: e afferma la necessità di potenziare e sviluppare il ruolo dei CAE – di fronte al processo di internazionalizzazione dell'Azienda negli ultimi anni – “rendendo più strutturato il dialogo tra i diretti interlocutori, nell'ambito delle relazioni industriali a livello europeo”; riconferma il ruolo del Coordinamento Nazionale delle R.S.U. e dei VV.PP. al quale, insieme alle xx.xx. Nazionali di Categoria, sono affidati temi come le politiche industriali, le allocazioni produttive, gli investimenti, l'occupazione, le politiche di formazione e classificazione, l'organizzazione del lavoro il sistema incentivante; alle R.S.U. di sito resta attribuita la gestione delle tematiche inerenti ai siti stessi e, in particolare, gli orari di lavoro, i calendari annui, l’ambiente di lavoro, e le problematiche connesse all'organizzazione del lavoro, all'inquadramento, alla formazione, alla flessibilità, e agli impatti organizzativi, occupazionali ed ambientali degli investimenti. Per l'approfondimento di specifiche problematiche le Parti si potranno avvalere di specifiche Commissioni Tecniche Paritetiche con l'eventuale assistenza di specialisti. All'interno di questo sistema di relazioni sindacali è previsto un “ Ente Regolatore Centrale” (composto dai Segretari Nazionali di FAI, FLAI, UILA e da sei componenti del Coordinamento Nazionale, da una parte, e da i referenti istituzionali aziendali di massimo livello dall'altra) con il compito di intervenire a fronte di eventuali difficoltà riscontrate in uno o più dei livelli del sistema o dei momenti del sistema stesso e di esercitare un ruolo di garanzia della corretta e completa attuazione degli accordi.
L’Accordo prevede, infine, la programmazione di giornate di formazione per i componenti del Coordinamento delle RSU sulla “conoscenza del mercato alimentare in Italia e nel mondo, la posizione ed il livello competitivo del Gruppo Barilla rispetto ai principali competitors, gli scenari evolutivi previsti e le principali problematiche interne al Gruppo” con la possibilità di specifiche sessioni riservate ad una delegazione ristretta del Coordinamento per approfond ire, con la partecipazione di rappresentanti del Comitato Esecutivo della Società argomenti come “assetti e strategie industriali del Gruppo …. con particolare attenzione a rilevanti risvolti occupazionali delle stesse; andamento della produttività e del livello di efficienza e competitività; andamento ed analisi dei vari investimenti industriali, sia di mantenimento, che di innovazione, che di ricerca; prospettive e stato dei rapporti con la produzione agricola e con la grande distribuzione; andamenti occupazionali derivanti dall'introduzione di significative innovazioni tecnologiche o derivanti da processi di riorganizzazione - ristrutturazione aziendale, da nuove iniziative produttive o da processi di decentramento”. Potranno anche essere “individuate iniziative di formazione specifiche mirate alla conoscenza dei processi economico-finanziari e al rafforzamento di una cultura di tipo partecipativo basata sul coinvolgimento consapevole”.
5.1.1.2 Odl, flessibilità e utilizzazione degli impianti
Già l’accordo del 24/09/98 aveva previsto il ricorso anche a strumenti di flessibilità numerica come gli straordinari programmati per “produzioni aggiuntive domenicali” (con una maggiorazione del 70% integrata da 70.000 lire per ogni turno di 8 ore e la possibilità del recupero delle ore in più in tempi ravvicinati a quelli della prestazione; così come l’accordo del 27/03/2001 il ricorso ai contratti a termine nel limite massimo del 30% degli occupati, “per far fronte a temporanee scoperture di organico”. Ma con l’accordo del settembre 2003 l’accento si sposta con forza sulla questione di un utilizzo maggiore e più flessibile degli impianti: esso afferma, infatti, che per cogliere a pieno gli effetti positivi del piano di investimenti finalizzati alla crescita della capacità produttiva dell’azienda è necessario un “riassetto dei modelli di organizzazione del lavoro” che consenta, per il business della pasta, “l'estensione…del ciclo continuo strutturale” e, nel settore della pasta all'uovo e ripiena, la realizzazio ne di maggiori volumi aggiuntivi stagionali; per il business della bakery, la normalizzazione dell’utilizzo delle linee a scorrimento su sei giorni, l'omogenizzazione dei modelli di flessibilità…”(fino ad un massimo di 112 ore all'anno) e la loro articolazione con l'impiego eventuale delle domeniche (fino ad un massimo di 7 all’anno) e delle festività (fino a 5). Questi modelli di orario e i connessi trattamenti economici saranno introdotti nei singoli Siti in base ad accordi specifici.
L’accordo specifica che la realizzazione del piano quinquennale di investimenti industriali connesso alla adozione dei nuovi modelli organizzativi comporterà, a regime, occupazione stabile aggiuntiva per circa 240 unità lavorative
5.1.1.3 Flessibilità retributiva
L’accordo del 31/05/2002, introduce due nuovi parametri (rispetto a quelli previsti dall’accordo del 20/3/2001) ai quali collegare un incentivo retributivo, collegato rispettivamente per un terzo ciascuno ad obiettivi di produttività (fatturato procapite) e di qualità (costruito intorno ad indicatori basati sui “Resi”).
L’accordo del 20/09/2003, nel confermare la struttura della contrattazione precedente in questa materia e la scelta di definire a livello di sito gli obiettivi specifici dei premi, ne definisce i valori (relativi al raggiungimento del 100% dell’obiettivo) per gli anni dal 2003 al 2006, in 1.600,00 euro.
5.1.2 Nestlè
5.1.2.1 Relazioni Industriali e Organizzazione del lavoro
L’ accordo del 18/06/2002 sottolinea che “solo con il coinvolgimento di tutti i lavoratori, si potranno affrontare e vincere” le nuove sfide della competizione internazionale e si concorda quindi “sulla necessità di un sistema di Relazioni Industriali che affronti e risolva, senza pregiudizi, le problematiche che di volta in volta si presenteranno, tenendo anche presente che il fattore “tempo” sta diventando sempre più importante per il successo delle attività”. Su questa base le parti riaffermano il ruolo dei diversi livelli di contrattazione e confronto, dal livello nazionale – con il Coordinamento e le segreterie nazionali e con un ruolo del Coordinamento anche di ‘regolatore” delle tematiche che non trovino soluzione a livello di stabilimento - a quello di stabilimento, con le RSU). In quest’ambito viene riconfermato il ruolo del “Comitato ristretto” (composto dalle Segreterie Nazionali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL, e da 6 componenti, scelti fra i membri del Coordinamento, insieme ai rappresentanti dell’azienda) che ha lo scopo di monitorare i macro- fenomeni dello scenario economico e produttivo in un’ottica di evoluzione pluriennale e di esaminare i flussi occupazionali, l’evoluzione professionale ed i percorsi formativi degli addetti.
5.1.2.2 Flessibilità da orario e da contratto
Per quanto riguarda le diverse forme di flessibilità l’accordo si sofferma in primo luogo sull’istituto del Part-time, impegnando l’Azienda “ a fronte di eventuali nuovi inserimenti a part- time”(normalmente di 4 ore giornaliere per 5 gg. la settimana), a dare priorità alle eventuali candidature interne e alle eventuali ric hieste di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (che dovranno comunque essere basate sulla richiesta individuale e su
specifiche, giustificate e documentate esigenze individuali) anche temporanee; nello stesso tempo l’accordo sottolinea la necessità di garantire la compatibilità “con le esigenze tecniche, organizzative e produttive e che nel caso di esigenze particolari (brevi necessità d'intensificazione dell’attività produttiva;particolari difficoltà organizzative - assenze per malattia ; fasi di inizio e di termine delle produzioni; operazioni periodiche o chiusure contabili o fiscali) gli orari di part-time possano subire delle variazioni rispetto a quanto concordato,
Successivamente l’accordo, sottolineata la necessità modelli di orario coerenti con mercato, molto mutevole, e caratterizzato da forte stagionalità, riafferma l’opportunità del ricorso, ai diversi strumenti di flessibilità, (lavoro compresso, mobilità della prestazione durante la settimana lavorativa; superamento dell’orario settimanale con recupero mensile e/o annuale; il lavoro a tempo parziale plurimodulato; lavoro condiviso (Job sharing); telelavoro), affidando “l’adozione di uno o più degli strumenti sopraindicati” alla contrattazione con le R.S.U. nei singoli stabilimenti
Per quanto concerne la limitazione del lavoro a tempo determinato, l’accordo del 18/05/1999, aveva previsto che entro il lugli quell’anno, l'Azienda avrebbe proposto ad “almeno 70 lavoratori individuati tra gli stagionali. un contratto di lavoro part time a tempo indeterminato” con una “prestazione lavorativa media di 30 ore settimanali, pari ad un minimo di 1560 ore in ragione d'anno” e una prestazione effettiva variabile nel corso dell'anno solare coerentemente con le esigenze produttive ed organizzative; “il recupero delle prestazioni eccedenti le 30 ore settimanali nei periodi di controstagionalità o in ogni caso di minor impegno produttivo, entro il limite massimo di ore stabilito dal CCNL in tema di Flessibilità degli Orari; l'attribuzione, a titolo di riposo aggiuntivo, delle maggiorazioni ivi previste per le prestazioni eccedenti le 40 ore settimanali; l'erogazione di una maggiorazione dei 45% per le prestazioni oltre le 40 ore settimanali ed eccedenti il limite massimo di ore stabilito dal CCNL; la possibilità di effettuare prestazioni aggiuntive rispetto all'impegno minimo previsto in ragione d'anno”. Queste assunzioni sono subordinate all’accettazione delusole elencate.
A questo proposito uno specifico accodo del 27/02/2003 per la Nestlé - Perugina, prevede che, fermo restando quanto previsto dall'accordo. di Gruppo del giugno 2002 e a fronte di esigenze dì incremento produttivo rispetto ai volumi del 2002, che- non possano essere soddisfatte con i normali regimi di orario su 5 giorni,, l'Azienda - previo esame congiunto con. la RSU, possa fare ricorso all’orario a turni di 6 ore giornaliere, per sei giorni settimanali. “I lavoratori a tempo pieno. potranno essere coinvolti progressivamente in questo schema di orario a partire dal 2003 per un massimo di 5 settimane, nel 2004 per un massimo di 10 settimane e, dal 2005 per un massimo di 15 settimane. A completamento dell'orario di lavoro settimanale ciascun lavoratore utilizzerà una quota
della spettanza di ore di R.0.I. e di P.I.R.”. A questi lavoratori viene riconosciuto un apposito "Premio", legato all’effettiva prestazione per 6 giorni . settimanali. L’accordo precisa, infine, che a fronte “dell'effettiva disponibilità” di questa strumentazione, “l’Azienda ritiene nell'attuale situazione. di non aver necessità di ricorrere alle nuove forme di lavoro temporaneo rese disponibili dalle recenti riforme legislative”.
5.1.2.3 Formazione e sviluppo professionale
A questo proposito, nell’accordo del 20/07/06 l’azienda, “oltre all’indispensabile contributo della formazione "on the job" basata sul trasferimento di know how da parte dei colleghi e sulla possibilità di confrontare ed acquisire esperienza con persone provenienti da settori e da Paesi diversi” si impegna “ad erogare i necessari percorsi formativi … a tutti i dipendenti Nestlé, a qualsiasi livello dell'organizzazione aziendale “
Su questo presupposto, le Parti si danno atto della reciproca disponibilità a procedere ad un'ampia analisi dei fabbisogni formativi, alla luce dello sviluppo economico, tecnologico ed organizzativa dell'Azienda, nonché alla sempre maggiore attenzione attribuita agli aspetti di qualità del prodotto ed ai temi della sicurezza alimentare.
In quest’ambito, le Parti riconoscono e confermano l’importanza della formazio ne come strumento fondamentale per lo sviluppo delle professionalità … “ponendo particolare attenzione “alla formazione propedeutica e all’addestramento dei giovani, affinché apprendano le cognizioni e le pratiche professionali che consentano di espletare correttamente ed efficacemente le diverse mansioni”.
“Le parti riconfermano la reciproca disponibilità a concertare progetti di formazione innovativa per le R.S.U., finalizzati allo sviluppo di capacità gestionali, di comunicazione, di relazione e di leadership all'approfondimento di problematiche relative alla sicurezza ed all'igiene dei prodotti, all’analisi economica, all'ambiente ed alla sicurezza del lavoro (soprattutto per gli RLS).
“Le Parti, nella comune convinzione che le persone che operano in Azienda ne costituiscano il più importante fattore competitivo, ritengono che dalla qualità e dal livello di coinvolgimento dei collaboratori dipenda la gran parte del successo aziendale e della possibilità di sviluppo nel medio- lungo termine.
“Soprattutto in presenza di processi di innovazione tecnologica, appare pertanto necessario assicurare l'evoluzione professionale delle Risorse Umane, anche attraverso specifici percorsi di formazione e di addestramento in grado di favorire lo sviluppo delle competenze e delle capacità dei singoli, a qualsiasi livello dell'organizzazione aziendale essi operino.
“Le Parti, nel sottolineare l'importanza delle previsioni di cui all'art. 26 del vigente CCNL a fronte dei processo di innovazione tecnologica ed organizzativa, si danno atto che l'attuale articolazione aziendale rende difficilmente praticati un'attivazione omogenea del percorso di cui al citato art. 26, proprio in considerazione delle differenze tecnologiche, organizzative e di business che contraddistinguono i diversi Siti. E' pertanto fondamentale che i processi di sviluppo professionale siano monitorati in ciascun sito.
“A tal fine le Parti, a livello locale, si incontreranno annualmente per verificare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 26 del vigente CCNL e qualora individuino effettive innovazioni tecnologiche e/o organizzative in seguito alle quali sia possibile identificare nuovi profili professionali connotati dalle caratteristiche di:
• ·polivalenza, ossia la capacità e la concreta esplicazione di mansioni che comportino l'intervento su più posizioni di lavoro; .
• polifunzionalità, la capacità e l'effettiva esplicazione di attività di conduzione, controllo della qualità, manutenzione e gestione;
attiveranno, come previsto, un esame congiunto per definire l'idonea allocazione di tali nuovi profili all'interno dell'attuale griglia classificatoria.
“Nell'ambito di questo esame congiunto, le Parti effettueranno la valutazione comparativa dei nuovi profili professionali e del loro influsso sull'ambito organizzativo locale, rispetto a quelli esistenti nel Sito, avuto riguardo - nel rispetto del vigente sistema classificatorio - al loro corretto inquadramento.
“Per queste nuove figure saranno individuati dei percorsi formativi - teorici e pratici - che ne favoriscano la crescita e lo sviluppo professionale nonché l'attitudine al cambiamento e all'apprendimento di cose nuove, al fine di migliorare la prestazione, sul condiviso presupposto che la crescita professionale comporti anche la concreta capacità di risoluzione dei problemi, nonché la capacità di proporre iniziative di miglioramento continuo per la propria area di pertinenza.
“In questo percorso, si inserisce l'attività relativa al "riconoscimento della professionalità", che - tra le altre cose - sarà affidata al "comitato Competitività", di cui al successivo punto.
“Per queste nuove figure saranno individuati dei percorsi formativi - teorici e pratici – che ne favoriscano la crescita e lo sviluppo professionale nonché l'attitudine al cambiamento e all'apprendimento di cose nuove, al fine di migliorare la prestazione, sul condiviso presupposto che la crescita professionale comporta anche la concreta capacità di risoluzione dei problemi, nonché la capacità di proporre Iniziative di miglioramento continuo per la propria area di pertinenza.”
Per quanto concerne la flessibilità retributiva l’accordo del 20/07/06 definisce un Sistema ad Obiettivi Nestlé (S.O.N.) del valore di 1.500,00 euro per il 2008 e 1.700,00 per il 2009, collegato (Quota Economica) per un quarto ad obiettivi di redditività di gruppo tre quarti (Quota Gestionale) ad obiettivi di sito. La Quota Economica è legata ad un indicatore che misura “l’andamento della gestione caratteristica dell’azienda (pari alla differenza tra il fatturato ed i costi fissi e variabili, escluse le royalties), espressa in percentuale sul fatturato netto”. La Quota Gestionale “è collegata a specifici obiettivi di produttività, qualità, efficienza, sicurezza, Igiene, competitività, etc, individuati annualmente a livello di Sito”. Qualora entro il 30 giugno di ciascun anno, “non venga fissato l'obiettivo gestionale, il Premio SON dell'anno sarà interamente correlato all'obiettivo di redditività individuato per la Quota economica”.
5.2 Chimica
5.2.1 Ragno Ceramiche
5.2.1.1 Odl, professionalità e formazione
Sui problemi dell’inquadramento e della professionalità la contrattazione aziendale in questo settore ha alle spalle la forte innovazione introdotta nei CCNL nella chimica farmaceutica e nella gomma e plastica nella prima stagione di rinnovi dei contratti degli anni ’90. Questo precedente ha probabilmente limitato la sperimentazione di nuove soluzioni a livello aziendale.
Sono molti gli accordi che enfatizzano la centralità delle risorse umane, della crescita professionale in articolare in direzione della polifunzionalitá e, quindi, della formazione e nei quali le aziende assumono impegni generali a perseguire questa strada e questi obiettivi.
L’accordo del 31/03/00 della Ragno Ceramiche (Xxxxxx) sviluppa questi orientamenti prevedendo un esame congiunto con le RSU sui “concreti fabbisogni formativi dei lavoratori” che dovranno prevedere …… “oltre l'attuale affiancamento e addestramento” […] corsi di formazione con particolare attenzione ai problemi della lingua per i lavoratori stranieri, “per aumentare le capacità professionali, per migliorare l'organizzazione del lavoro, per una più consapevole prevenzione dei rischi ambientali e di sicurezza esistenti nelle varie mansioni […] corsi di formazione specifica per professionalità medio e medio-alte […] per incrementare qualità di polivalenza e polifunzionalità tra i lavoratori”.L’azienda si impegna, inoltre a fornire “il consuntivo della formazione effettuata”. I costi saranno a carico dell'Azienda e i corsi si terranno “durante l'orario di lavoro e quindi normalmente retribuiti”.
Per quanto concerne la flessibilità da contratto, l’accordo prevede l’impegno dell’azienda “a privilegiare la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato
per tutti i lavoratori, qualora al momento della cessazione del rapporto siano in previsione nuove assunzioni” e a garantire parità di trattamento con i dipendenti a tempo determinato. Sull’orario di lavoro, l'Azienda “si impegna a facilitare l'utilizzo del part-time per i dipendenti in forza anche nei reparti a ciclo continuo, compatibilmente con le esigenze produttive, utilizzando, se necessario, orari a part-time verticale” e a consentire “la possibilità per tutti i lavoratori di usufruire ogni volta per brevi periodi (massimo un giorno), del godimento delle ore accumulate nel conto ore, previa comunicazione, entro 24 ore dall'inizio del riposo, al responsabile di reparto sempre che la percentuale di assenza sia inferiore alla media annua del reparto”.
5.2.2 Glaxo Wellecome Finanziaria Spa
5.2.2.1 Relazioni industriali
Nell’accordo dello 07/11/2000 le parti riconfermano “la necessità di relazioni che coniughino correttezza, pieno riconoscimento dei reciproci ruoli […]” e, quindi l'esigenza di incontri, periodici su temi come investimenti, programmi (in particolare eventuali terziarizzazioni di attività) e andamenti dei sistemi premianti, organizzazione dei lavoro (anche al fine di ottimizzare e valorizzare le risorse); evoluzione delle professionalità e supporti formativi (finalizzati a ricercare e progettare opportunità di crescita professionale coerenti con le esigenze anche evolutive dell'organizzazione), ambiente e sicurezza.
5.2.2.2 Flessibilità orario
Per quanto concerne l’orario di lavoro l’accordo dopo aver precisato le condizioni di recup ero degli straordinari in particolare al sabato per alcuni reparti collegati alla produzione, e le procedure (l’informazione preventiva alle RSU) per accedere alla flessibilità plurisettimanale prevista dal CCNL, definisce le modalità di ricorso all’orario flessibile plurisettimanale (l'orario lavorativo viene fissato in 48 ore settimanali dal marzo al 31 luglio 2003, con 19 sabati lavorativi) e il successivo recupero entro il 20 febbraio 2004.
Ai lavoratori che partecipano al pluriperiodale, l’accordo riconosce - oltre a quanto previsto dal CCNL e dagli accordi aziendali - una maggiorazione aggiuntiva pari al 10% L’accordo prevede, inoltre, un ulteriore significativo premio forfetario al raggiungimento degli obiettivi produttivi definiti per il periodo interessato. Nello stabilimento di Verona, un successivo accordo dell’ottobre 2003, essendo già stati raggiunti gli obiettivi concordati, definisce un ulteriore incentivo legato alla realizzazione della flessibilità.
5.2.2.3 Flessibilità Contratti Atipici
Per qua nto concerne il part-time, l’accordo del 2000, dopo aver confermato le previsioni degli accordi preesistenti e aver sottolineato che esso può fornire un’”utile risposta alle esigenze tecnico- organizzative e nel contempo a quelle dei lavoratori” modifica le condizioni per il rientro a tempo pieno per i dipendenti che lo richiedano (subordinandolo alle esigenze organizzative dell’azienda e prevedendo appositi confronti con le RSU) e definisce gli orari del part-time (4,5 o 6 ore) precisandone la collocazione giornaliera o settimanale.
Per quanto concerne nuove forme di lavoro atipico (telelavoro e job sharing) l’accordo sottolinea che l’azienda “presenta i requisiti di una cultura organizzativa avanzata e di profili professionali idonei, per avviare qualche forma di sperimentazione” e che quindi, il tema poteva essere affrontato anche in tempi brevi, “ in modo da configurarsi eventualmente come ulteriore strumento di possibile soluzione” delle problematiche aziendali.
Analogamente l’accordo del 2005, riaffermata la disponibilità delle parti, per quanto concerne la flessibilità, a dare “piena attuazione a quanto previsto in materia dagli art. 0 x xxxxxxxx xxx XXX”, xx particolare per il sito di Verona, si prevede che qualora emerga la necessità “di far ricorso a strumenti di flessibilità, sarà costituita una commissione paritetica ad hoc”con il compito di individuare, entro un tempo massimo di 5 gg, strumenti e modalità di attuazione, che saranno attivati entro le 48 ore successive.
Per quanto concerne il part-time, l’accordo definisce i criteri prioritari per l’accettazione delle domande dei lavoratori di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (stato di salute, assistenza dei figli, frequenza di corsi di studio, assistenza familiare, anzianità di servizio) e può essere sia orizzontale (da 4 a sei ore giornaliere) o verticale.
5.2.2.4 Organizzazione del lavoro, Formazione
Già l’accordo del novembre 2000 aveva dichiarato che, “nell'intento di conseguire ulteriori e più efficaci livelli di qualità, competitività aziendale e di valorizzazione del lavoro”, eventuali riassetti strutturali sarebbero stati accompagnati da programmi di reingegnerizzazione della struttura organizzativa, ispirati ad un “sistema focalizzato sulla gestione per processi in una logica di miglioramento continuo e di orientamento al cliente finale”. Riconfermata “la volontà dell'Azienda a fornire una puntuale e preventiva informazione relativamente alle modifiche organizzative che si renderanno necessarie ed alle conseguenti ricadute sui lavoratori” l’accordo sottolinea che il confronto su questi temi .”potrà promuovere azioni formative intese a creare opportunità di crescita professionale come premessa a quanto previsto per la formazione continua dal CCNL” e che , premesso che “la formazione in GW è, ormai da lunga data, uno strumento decisivo nell'ambito dei
processi riguardanti la gestione e lo sviluppo delle risorse umane”, che essa “copre idealmente l'intero percorso di vita professionale” e “ tutti i settori aziendali” dichiara che l’azienda aderisce “positivamente alla iniziativa Federchimica/FULC sulla "formazione continua" garantendo per il futuro analogo interesse”. Le parti, riaffermata l'importanza, di una Formazione che, “… sappia manutenere ma anche e soprattutto cogliere opportunità ed esigenze di evoluzione e sviluppo” dichiarano il proprio intento di incontrarsi annualmente per verificare gli ambiti e gli andamenti delle attività formative .
Nella stagione successiva a questo accordo, nella Glaxo Wellecome, si registra una fitta serie di accordi gestionali tutti caratterizzati da misure relative alla gestione degli orari, in particolare per quanto concerne il lavoro al sabato e in alcune festività e di gestione di problemi occupazionali : messa in mobilità di quote di lavoratori in esubero e definizione delle condizioni di tali processi. Insomma una prassi di contrattazione tutta determinata da una gestione della flessibilità numerica e difensiva.
Nella premessa dell’accordo del 13/06/05, nell’indicare gli obiettivi strategici di fondo dell’azienda, l’accordo sottolinea la necessità, per l’area della ricerca, del “continuo miglioramento dell’organizzazione e la pianificazione delle attività”; per l’area industriale, l’avvio di un nuovo processo di miglioramento qualitativo tendente al raggiungimento della qualità totale”. Gli obiettivi necessari di sviluppo delle quote di mercato, si otterranno “sviluppando i valori di appartenenza, le professionalità e l’integrazione tra i vari settori dell’informazione scientifica, con una politica di gestione delle risorse umane capace di attrarre le diversità sugli stessi obiettivi”. La conferma della scelta di consolidare il sistema di relazioni industriali in atto, gli incontri periodici con cadenza quadrimestrale, saranno orientati ad esaminare soprattutto gli “investimenti, programmi (con attenzione ad eventuali terziarizzazioni di attività) e andamenti dei sistemi premianti”; organizzazione ed orario di lavoro (anche al fine di ottimizzare e valorizzare le risorse); evoluzione delle professionalità e supporti formativi […]; ambiente e sicurezza […]”.
Per quanto concerne l’organizzazione del lavoro, l’accordo, riconferma esattamente le linee dell’accordo del 2000.
5.2.2.5 L’Osservatorio
L’accordo del 13/06/05 istituisce un Osservatorio paritetico, composto da sei membri con il compito di monitorare l’andamento degli straordinari e delle ferie, il mercato del lavoro (le diverse tipologie contrattuali concretamente utilizzate, nonché le attività date in appalto o, comunque, terziarizzate), il telelavoro (per cominciare a dare, seppure, in via sperimentale, attuazione a quanto previsto dal contratto in materia), le attività di formazione.
L’accordo del 2005, incrementa infine, il valore de premio di partecipazione di 250 euro per il 2005, di 150 per il 2006 e di 50 per il 2007.
5.3 Energia
5.3.1 AGIP Petroli
Un accordo che delinea la sperimentazione di lineamenti innovativi è quello dell’AGIP Petroli del 21/09/1999, nel quale si prevedono la creazione del lavoro in team, sulla base di modelli già sperimentati precedentemente e una “evoluzione verso i nuovi ruoli ….. attraverso specifici piani di adeguamento, on the job e in aula”. In quest’ambito si sottolinea la possibilità di evoluzione “dei ruoli di operatore di impianto verso quella di operatore di processo” e l’azienda si impegna ad “apprezzare i contributi fomiti dalle Risorse umane per la realizzazione dei progetto”. Al termine del processo sarà effettuata una “verifica e confronto per il consolidamento definitivo del nuovo assetto organizzativo gestionale”. Le parti, in conclusione, si danno atto che una “coerente evoluzione dei ruoli […] basati su nuove forme di partecipazione, sulla reale fruibilità di professionalità che richiedono l'ampliamento delle competenze e delle conoscenze, é presupposto essenziale per favorire nuovi sbocchi professionali […]”. .L’accordo istituisce, tra l’altro “un "osservatorio tecnico paritetico" con il compito di […] supportare e diffondere comportamenti coerenti …. e di monitorare l’avanzamento del modello organizzativo gestionale”.
5.4 Metalmeccanica
5.4.1 Bonfiglioli
Nell’accordo del ’96 della Bonfiglioli, preso atto dell’esperienza già compiuta nella sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, si prevede l’introduzione “di modelli organizzativi basati sui "gruppi di lavoro"”. Le R.S.U. di Stabilimento, “avvalendosi anche di esperti”, definiscono con le direzioni gli obiettivi specifici e i conseguenti compiti, la definizione, il miglioramento e l’acquisizione degli “strumenti conoscitivi ed operativi necessari, l’integrazione con le altre componenti Aziendali”, il miglioramento delle condizioni di lavoro e delle professionalità individuali, ecc. I gruppi di lavoro si prefiggono, tra l’altro – coerentemente con intese precedenti – di sviluppare la polifunzionalitá anche tramite “rotazioni su più compiti e/o mansioni”. Gli operatori, all’interno dei gruppi avranno, in particolare, i seguenti compiti: partecipazione alla “standardizzazione e gestione in modo autonomo dei processi” che lo riguardino; verifica “in autocontrollo dei risultati del proprio lavoro; primi interventi di manutenzione degli impianti o degli strumenti di lavoro […]”; collaborazione con gli altri Enti aziendali “per rilevare eventuali problemi di prodotto o del processo produt tivo”. Per realizzare
tutto ciò sono previsti specifici percorsi di formazione. In quest’ambito, l’accordo prevede la realizzazione, “nella ricerca della piena condivisione dei relativi programmi”, di corsi di formazione dedicati in particolare alla “preparazione tecnico - pratica dei lavoratori neo – assunti” e all’ulteriore specializzazione in particolare “in riferimento ai nuovi assetti organizzativi per la qualità, che richiedano maggiori capacità interfunzionali e di autocontrollo, […] anche certificato”. L’accordo prevede, inoltre, di “sviluppare le esperienze di alternanza scuola – lavoro e degli stages, organizzati di concerto con la programmazione didattica dei principali Istituti scolastici e di formazione professionale, per i ragazzi che frequentino gli ultimi due anni delle scuole superiori nonché per gli allievi dei corsi professionali (stages e lavoro estivo)”.
L’accordo del 13/11/2000, non riprende le tematiche delineate nell’accordo del ’96 e si sofferma in particolare sulla formazione, rilevando che le “sostanziali modifiche produttive verificatesi nell'ultimo decennio e l'introduzione di sistemi informatici integrati configurano uno scenario caratterizzato […] da radicali modifiche della professionalità dei lavoratori, chiamati a governare impianti di maggior complessità rispetto al passato, coniugando le competenze meccaniche con quelle informatiche […] e che anche l'attività impiegatizia si sta trasformando secondo i canoni della competenza propria dei sistemi informativi, coniugata alla professionalità di specializzazione, che finora ne costituiva l'aspetto dominante. In questo quadro le parti convengono circa la priorità di adeguati programmi formativi mirati all'adeguamento della professionalità ai mutati contesti operativi nell'ottica di un potenziale e generalizzato sviluppo professionale degli addetti. Nel quadriennio di vigenza del presente Accordo Integrativo avranno priorità corsi inerenti le competenze di base (meccanica, elettromeccanica, manutenzione, disegno, qualità), nonché - per il lavoro impiegatizio - i sistemi informatici (Windows, SAP, Internet, Programmi gestionali). Nel contempo il processo di internazionalizzazione in atto richiede un sufficiente supporto di competenze linguistiche, per cui si proseguirà nell'azione di formazione alla lingua Inglese dei collaboratori chiamati a partecipare ai progetti Esteri, iniziata nell'ultimo triennio. […] Come consuetudine l'Azienda definirà anno per anno il piano dei fabbisogni formativi; dei programmi di formazione, nonché di quelli di specializzazione e/o di approfondimento l'azienda fornirà una dettagliata informativa di carattere preventivo alle R.S.U., xxxxx restando i diritti di proposta e quant'altro previsto dagli accordi precedenti in materia. Con la finalità di verificare l'efficacia dei corsi di formazione, l'Azienda procederà a testare le competenze realmente acquisite, provvedendo a ruotare nei diversi compiti i lavoratori che abbiano ricevuto specifico addestramento per i suddetti ruoli tenendo altresì presenti vincoli ed opportunità dei programmi”.
Alla Bonfiglioli, anche in virtù di accordi precedenti sono previsti diversi regimi che prevedono orari settimanali inferiori a quello derivante dal CCNL, fino a raggiungere le 33 e anche le 31 ore e
mezza la settimana (con quattro squadre su sei giorni la settimana): l’accordo del ’96 prevede, tra l’altro, anche significative maggiorazioni retributive.
L’accordo integrativo dell’11/04/06 riconferma integralmente il sistema dei diritti di informazione in atto nell’azienda, di fronte al forte processo di internazionale sperimentato dall’azienda nel corso degli ultimi anni, si preoccupa di garantire il rispetto di una serie di norme minime (facendo spesso riferimento alle convenzioni dell’OIL) per condizioni di lavoro negli stabilimenti esteri del gruppo (in particolare per quanto concerne il divieto del lavoro minorile, delle discriminazioni di qualsiasi tipo - sesso, religione, razza, ecc. – i livelli minimi salariali secondo gli standard e le norme dei paesi interessati).
Per quanto concerne le tematiche relative all’organizzazione del lavoro, esse vengono collocate all’interno della ridefinizione del Premio di Risultato, dove si istituisce una Commissione Tecnica Bilaterale, che entro un tempo molto contenuto (circa un mese dall’accordo) avrebbe dovuto consegnare alle parti firmatarie dell’accordo “linee guida, regole e metodologie applicative per affrontare il tema della produttività” e dovrà elaborare un “Indicatore espressione e misura di efficienza complessiva (ad esempio, tempo di attraversamento globale) da proporre alle parti con relativa riponderazione dei vari indicatori nella determinazione del Premio di risultato.
Il pdr si basa su tre indicatori: la Redditività di gruppo al quale è collegato l’erogazione del 25% del pdr (misurata dal rapporto tra ….) e non riparametrato; la Qualità, calcolata a livello di Divisione, alla quale è collegato il 35% del pdr (misurata dal rapporto tra ….) e l’Efficienza, calcolata anch’essa a livello di divisione al quale è collegato il 40% del pdr (misurata dal rapporto tra ….). Entrambi gli ultimi due indicatori sono parametrati al 5°livello, e vengono erogati in proporzione al raggiungimento di determinati livelli di obiettivi di performance. I valori massimi del pdr vengono fissati in 1.100 euro per il 2006, aumentato di 100 euro all’anno fino al 2009 (ultimo anno di vigenza dell’integrativo). Successivamente alla fine del quadriennio, quindi dal 2010, il pdr verrà consolidato nella misura del 60% della media del quadriennio, a partire da un minimo di 600 euro al 5 livello (e parametrato su questa base).
5.4.2 Aprilia
5.4.2.1 La flessibilità oraria e da contratto
L ‘Accordo del 23/06/2001 definisce un modello complessivo di “flessibilità e sistema di compenso” che (…) prevede che “ciascun lavoratore sarà tenuto alla prestazione massima di 110 ore di flessibilità nel periodo di alta stagione”. L’accordo precisa che il programma di flessibilità venga illustrato alla RSU prima dell'inizio dell'alta stagione, e che le parti valuteranno l'andamento della flessibilità effettuata e da effettuare . Le parti, inoltre, esamineranno la “flessibilità realmente
effettuata per concordare le modalità di godimento del recupero delle ore maturate dai lavoratori a tempo pieno e indeterminato”.
L’accordo aggiorna, inoltre, l’ Elemento Fisso di Flessibilità (EFF) (già previsto dall’accordo del 25/3/98) e lo estende anche ai lavoratori part-time e agli stagionali. Per la flessibilità prestata da 0 a 110 ore, viene anche previsto un Elemento variabile di flessibilità.
L’accordo si preoccupa di prevedere delle norme ad hoc nel caso dei Fermi Linea, per i quali si prevede che la Direzione possa “liberare il personale fisso e stagionale fino ad un massimo di 40 ore annue, con un preavviso non inferiore a 24 ore, per periodi di durata non inferiore alle 4 ore giornaliere” e che per “recuperare la produzione perduta per fermi linea non programmati o nel caso di picchi produttivi non altrimenti affrontabili, la Direzione potrà fare ricorso, con un preavviso di 5 giorni, all'utilizzo di quattro sabati in regime di straordinario di norma non consecutivi, con l’orario 7.30/12.00”. Anche in questo caso è previsto uno specifico compenso salariale.
5.4.2.2 Part-time e azioni positive
Gli accordi dell’ 8 e 9/10/2003 prevedono la possibilità, per i lavoratori/lavoratrici che necessitino di periodi di cura verso i figli fino a otto anni di età (o dodici per affidi ed adozioni), di "prenotare" (…) un periodo di ferie complementare alla chiusura collettiva nel periodo che va giugno a settembre. I due accordi definiscono anche le casistiche prioritarie per la concessione o allargamento del part – time: esigenze di cura relative alla persona e a familiari e conviventi o portatori di handicap; esigenze inerenti all'acquisizione di diplomi di scuola medie superiori o lauree o formative in genere.
L’ accordo dell’8/10/03 , contiene una sezione specificamente dedicata all’utilizzo del part-time come strumento per – al di là di quanto previsto dal CCNL - a “conciliare i tempi di lavoro con i tempi di vita in particolare nei confronti della paternità e della maternità, di cura parentale, di formazione e di quant'altro sia previsto dalla legge 8 marzo 2000 n. 53 e successivo Decreto 15 maggio 2001”. Dopo aver sottolineato che le parti “riconoscono come valore quelle azioni positive nei confronti delle lavoratrici e lavoratori che intendessero avvalersi di quelle norme contenute nella L.53/2000 “ l’accordo precisa “le azioni positive ai sensi dell'art. 9 della Legge n. 53/2000”: l'utilizzo del part-time reversibile aggiuntivo rispetto alle attuali percentuali previste dal CCNL; la formazione in caso di rientro da periodi di maternità/paternità o dal periodo di part-time, flessibilità dei periodi di ferie individuali per genitori con figli fino agli otto anni di vita o dodici per affidi o adozioni; la disciplina del TFR per i casi di aspettativa non retribuita e uso del part-time per motivi familiari; l’estensione della disciplina del parto prematuro.
L’Accordo prevede, inoltre, l’ allarga mento dell'utilizzo del part-time reversibile rispetto alle attuali percentuali previste dal ccnl, “al fine di ridurre l'orario di lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuo” e ferma restando l'attenzione sull'organizzazione del lavoro, secondo una griglia di schemi tra i quali il part time di 4 ore giornaliere solo al mattino, solo al pomeriggio o alternate, il part time di 6 ore giornaliere; 20 ore medie bisettimanali con orario 8x3 +8x2; 40 ore medie settimanali ripartite tra due persone; il part time verticale da 520 a 1040 ore annue. La durata dei part-time sarà da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 24 rinnovabili.
Tra le priorità per la concessione di queste formule di part-time sono considerate le esigenze di cura della prole con precedenza per i genitori che abbiano bambini al di sotto degli otto anni di età o dodici in caso di affidi od adozioni. L'istituto del part-time viene interpretato dal presente accordo con un principio di forte reversibilità: in altre parole il lavoratore che avesse la necessità di tornare a full time potrà farne richiesta. Si concorda che al rientro da congedi parentali per maternità/paternità o da periodi di part-time i lavoratori ……… verranno messi nella condizione di seguire percorsi di reinserimento formativo allo scopo di ripristinare le competenze necessarie a svolgere il lavoro precedente o equivalente.
L’ accordo del 2001, oltre ad estendere il Premio di Risultato anche ai lavoratori stagionali, (in modo proporzionale ai .mesi lavorati) e a prevedere che essi possano esprimere - entro tre mesi dalla cessazione del lavoro - la propria disponibilità all'assunzione per la stagione successiva, per “non disperdere il patrimonio professionale acquisito […] in caso di assunzione con contratto a tempo indeterminato, full-time ovvero part-time di lavoratori per mansioni di terzo livello” l'azienda opererà tali assunzioni esclusivamente tra i lavoratori stagionali, dando priorità per il 70% delle assunzioni all’anzianità. Anche per figure professionali pari o superiori al quarto livello, viene prevista una priorità per gli stagionali.
5.4.2.3 Formazione
Su questo tema, ancora l’accordo del 2001 – oltre a prevedere un Fondo economico per la formazione degli RLS – affermato che “……è comune obiettivo rispondere alle esigenze espresse dal mercato in termini di qualità e flessibilità, attraverso azioni che prevedano un ottimale utilizzo delle competenze delle risorse in essa impiegate” si ribadisce l'importanza della formazione professionale aziendale, e si afferma che “a tutti i dipendenti sarà data la possibilità di migliorare le proprie conoscenze tecniche con appositi interventi formativi sul posto di lavoro e al di fuori di esso. […]. Tali interventi saranno collocati preferibilmente durante i periodi di minore intensità produttiva o durante i fermi linea”. All'interno del pacchetto formativo è previsto anche uno spazio
per l'informazione sulla contrattazione aziendale gestito dalla RSU e dalle Organizzazioni Sindacali.
L’accordo del 20/07/05, stipulato quando ormai l’Aprilia è entrata a far parte del gruppo Piaggio, oltre a confermare il ruolo strategico del marchio all’interno del Gruppo mentre conferma la struttura fondamentale degli accordi precedenti e il modello di relazioni industriali in atto nell’azienda, sostituisce integralmente il premio di risultato in vigore con uno nuovo ispirato a quelli in atto nel Gruppo. Il nuovo premio identifica i seguenti nuovi indicatori su cui è misurato il Premio: Miglioramento dell’efficienza del sistema logistico-produttivo; (solo per l’anno 2005 - dal 2006 sarà riferito alla Produttività) - indicatore mensile ; La redditività - indicatore trimestrale , l’EBITDA (Earning Before Interests Taxes Depreciation Amortization) …….; La soddisfazione del cliente (Customer Satisfaction) – indicatore trimestrale- (la misurazione viene svolta da una società esterna specializzata in sondaggi che fornirà il livello di soddisfazione conseguita fra i vari clienti dove Aprilia è maggiormente presente con i propri prodotti).
Per quanto concerne l’organizzazione del lavoro, l’accordo si concentra sulla questione dei tempi e metodi di lavoro, rispetto ai quali conferma la prassi del “coinvolgimento e informazione preventiva alla RSU” e precisando che eventuali modifiche all’organizzazione del lavoro “non potranno prescindere da valutazioni riferite alla salvaguardia dell’ambiente ed all’integrità psico- fisica dei lavoratori e delle migliori prassi aziendali all’interno e all’esterno del Gruppo”.
Sull’inquadramento, si decide di creare una commissione paritetica con l’incarico di esaminare l’evoluzione dell’inquadramento aziendale. Sulla formazione, l’accordo dichiara che “nel xxxxx xxx xxxxxx xxxxxxxxx di ogni anno, Azienda ed RSU si incontreranno per definire i fabbisogni formativi derivanti dalle evo luzioni tecnologiche . Tali fabbisogni saranno inseriti nel programma di formazione dell’anno successivo individuando altresì la popolazione aziendale a cui somministrare l’attività e prevedendo eventuali iniziative rivolte agli R.L.S.”
Per quanto concerne la flessibilità da contratto, l’accordo, tenuto conto della stagionalità della produzione adotta “un’ulteriore forma di Part-time verticale ciclico a tempo indeterminato della durata di 32 settimane (8 mesi)” (subordinato ad una verifica tra le parti) che verrà utilizzato in linea di massima “entro le prime 37 settimane dell’anno con orario distribuito dal lunedì al venerdì per otto ore giornaliere e 40 settimanali”. Le assunzioni avverranno sulla base dell’accordo del 23/06/01 tra gli stagionali, sulla base dell’anzianità stagionale e delle valutazioni aziendali. Per quanto riguarda la richiesta di parte sindacale di passaggio a full- time degli attuali part-time ciclici, le parti dichiarano che si incontreranno a partire dal 2006 per esaminare il problema. Per quanto concerne il lavoro a tempo determinato, l’accordo conferma che sarà utilizzato “principalmente a
fronte delle punte di attività nel periodo primavera-estate”, utilizzando prioritariamente gli stagionali delle stagioni precedenti.
Per quanto concerne la flessibilità da orario, si confermano le normative degli accordi del 25/03/98 e del 23/06/01.
5.4.3 Whirpool Europe s.r.l.
5.4.3.1 Relazioni Industriali
L’ accordo del 27/09/00 dopo aver sottolineato che “l'innovazione, non solo del prodotto e del servizio, sarà nei prossimi anni il terreno sul quale si misurerà la capacità della azienda di rispondere alle sfide del mercato” e che le parti “intendono contribuire fattivamente al perseguimento degli obiettivi strategici ad essa correlati” conferma “l'utilità di un sistema di relazioni industriali partecipativo, capace di ricercare, anche attraverso accordi, le condizioni per la competitività aziendale, indispensabile per il perseguimento degli obiettivi dell'azienda e da implementare con modalità condivise”. L’accordo sottolinea, inoltre, che “… in un contesto temporale nel quale la grande impresa segna una progressiva contrazione dell'occupazione, Whirlpool Europe S.r.l., anche in virtù degli accordi sindacali sottoscritti, ha saputo mantenere la propria competitività e garantire stabilità alla propria forza lavoro” (intorno alle 6 mila unità) . nonostante la chiusura di alcuni stabilimenti e il processo di riorganizzazione realizzato. In questo conteso l’azienda comunica alle organizzazioni sindacali la propria “intenzione di rafforzare la propria posizione nell'est Europa con l'apertura di uno stabilimento produttivo che dovrà servire inizialmente elettivamente quei mercati “ e afferma che “Whirlpool Europe darà le necessarie informazioni e le parti, esamineranno, nelle sedi competenti del Comitato Aziendale Europeo e/o del Coordinamento nazionale Whirlpool Europe, secondo le consuete prassi, le evoluzioni derivanti” da questo nuovo insediamento.
L’accordo conferma che “le esperienze condivise da azienda e rappresentanti dei lavoratori hanno consentito in questi anni di migliorare il dialogo fra le parti con un conseguente beneficio sul sistema di relazioni industriali che ha creato condizioni favorevoli alla realizzazione delle attività per il raggiungimento degli obiettivi aziendali” e anche “ il ruolo e la finalità delle commissioni a livello di gruppo previste dall'accordo sulle nuove relazioni industriali, come da ultimo ribadito con accordo 10 giugno 1998”.
5.4.3.2 Flessibilità da orario e da contratto
Per quanto concerne la flessibilità, l’accordo, rilevato che “ la ricerca di competitività impone alle imprese la capacità di fronteggiare con rapidità ed efficienza le mutevoli condizioni del
mercato” e dato atto alle parti “ di avere ricercato ed adottato, nell’ambito degli strumenti normativi esistenti, le soluzioni di volta in volta possibili per cogliere appieno tutte le opportunità di sviluppo” conferma che “l’utilizzo flessibile degli impianti e della forza lavoro, operaia ed impiegatizia, con il suo indissolubile legame al costo del prodotto, è un’area sulla quale Whirlpool, RSU, e xxxxxxxxx s’impegnano a ricercare costantemente nuove opportunità. ….In tal senso, confermata l’utilità del rapporto di lavoro a tempo determinato, del lavoro temporaneo, dell’utilizzo del tempo parziale, le parti concordano che strumenti quali la flessibilità, gli orari multiperiodali, il ricorso a modelli o articolazioni di nuovi ( rispetto agli esistenti) regimi di orario, potranno essere oggetto di confronto fra le parti”, In quest’ambito, si afferma che le parti esamineranno periodicamente le modalità attuative dell’istituto della "banca ore" e viene innalzata l’indennità per il lavoro notturno dalle 22 alle 6 del mattino.
Successivamente l’accordo della fine di dicembre del 2000, anche se per un numero molto limitato di lavoratori (6) prevede - previa tempestiva informativa alla RSU - per un periodo massimo di 20 settimane/anno, l’utilizzo di contratti part-time a temine, con prestazione lavorativa da svolgersi una settimana nelle giornate del sabato (10 ore, con una maggiorazione per le due ore oltre le otto) e della domenica (10 ore) ed una settimana a tempo pieno (40 ore) per una media plurisettimanale di 30 ore. Per questi lavoratori è prevista una apposita attività formativa. I supporti strutturali ed organizzativi per queste attività “saranno individuati prioritariamente attraverso la volontarietà ed in subordine, … anche attraverso il comando a rotazione previa verifica con la RSU. Per i lavoratori interessati, fermo restando la retribuzione settimanale di 40 ore equivalenti, saranno coinvolti in attività lavorative oltre che per le ore al week-end per ulteriori 8 ore medie (max 2 giorni sulla singola settimana), da prestare nelle settimane week-end secondo le esigenze aziendali, su chiamata individuale con preavviso di almeno 24 ore. Ad essi saranno riconosciute apposite indennità.
5.4.3.3 Contratti Atipici e Formazione
L’Accordo del 12/01/00 introduce una fase di sperimentazione di un “nuovo approccio al lavoro in grado di coniugare esigenze della formazione globalmente intesa con quelle del lavoro e della crescita professionale” che coinvolge 30 unità. Tale sperimentazione prevede – sulla base delle normative del vigente CCNL, dalla legge 196/97 e di quanto previsto a supporto della sua implementazione dall’Agenzia del Lavoro - un percorso formativo che si articola nell’arco di 30/48 mesi (che possono essere ridotti per i lavoratori in possesso di specifici diplomi professionali o titoli di studio), con una formazione teorica di base e una formazione teorico-pratica sul posto di lavoro variabile in funzione dell’area di tirocinio La formazione teorica comprende tematiche quali,