CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN CONTRATUALISTICA PUBBLICA (4^ EDIZIONE, BOLOGNA, MARZO-GIUGNO 2010)
Appalti&Contratti
CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN CONTRATUALISTICA PUBBLICA (4^ EDIZIONE, BOLOGNA, MARZO-GIUGNO 2010)
“LA LOCAZIONE FINANZIARIA DI OPERE PUBBLICHE: INQUADRAMENTO GENERALE
E DISCIPLINA DELL’AFFIDAMENTO DEL CONTRATTO”
Autore: Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx
Anno: 2010
Si autorizza la consultazione dell’elaborato
Indice
1. Il formale riconoscimento del leasing in costruendo come modalità alternativa di realizzazione delle opere pubbliche 3
2. La natura atipica del contratto di leasing tra codice civile e sistema regolatore dei contratti pubblici di lavori 8
3. La qualificazione giuridica del leasing in costruendo 12
3.1. L’inquadramento nella categoria degli “appalti di lavori” 12
3.2. La gara unica per la scelta del finanziatore e del costruttore 17
4. La disciplina di gara e le forme soggettive di partecipazione 20
4.1. Il raggruppamento temporaneo 21
4.2. L’avvalimento “atipico” 23
4.3. Il contraente generale 26
4.4. La qualificazione dei concorrenti 28
5. La progettazione a base di gara 29
6. Conclusioni 32
1. Il formale riconoscimento del leasing in costruendo come modalità alternativa di realizzazione delle opere pubbliche
La realizzazione di opere pubbliche mediante sottoscrizione di contratti di locazione finanziaria è stata espressamente riconosciuta dall’art. 1, commi 907 e ss., della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), i cui contenuti, sono stati riprodotti - recependo l’indicazione contenuta nel parere del Consiglio di Stato n. 1750 del 6 giugno 2006- nell’art. 160 bis del Codice dei contratti, inserito, come noto, dal D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113 (c.d. secondo decreto correttivo), che ha quindi opportunamente collocato la relativa disciplina all’interno del sistema regolatore dei contratti pubblici1.
Grazie al suo generalizzato riconoscimento, il leasing può pertanto essere utilizzato, ai sensi del comma 1 del citato art. 160 bis, per “la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità”, vale a dire per: immobili da realizzare ex novo, l’acquisizione di immobili già esistenti e per il “completamento” di immobili, anche se poi la disciplina posta dai commi successivi si riferisce unicamente all’ipotesi degli immobili da realizzare, senza considerare l’ipotesi degli immobili già esistenti. In altri termini, la fattispecie disciplinata è quella del leasing in costruendo, finalizzato non alla mera acquisizione della disponibilità di un bene per un periodo determinato di tempo, grazie ad un finanziamento erogato da un soggetto finanziatore, ma anche alla realizzazione dell’opera. In proposito, come chiarito dall’Autorità di vigilanza con deliberazione n. 78 del 7 ottobre 2009, il cosiddetto “leasing immobiliare costruito” non ricadrebbe nel campo di applicazione dell’art. 160 bis, bensì in quello dell’art. 19, comma 1, lett. a), relativo ai contratti esclusi.
A dirimere talune questioni interpretative ed applicative derivanti dalla formulazione piuttosto scarna e disorganica della norma di nuova introduzione, è successivamente intervenuto il D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152 (c.d. terzo decreto correttivo), col quale il
1 Il primo tentativo di introdurre un’espressa previsione sul leasing immobiliare pubblico per la realizzazione di opere pubbliche risale al disegno di legge di iniziativa governativa C- 5736, recante “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”.
legislatore ha trasposto all’interno del Codice dei contratti talune precisazioni originariamente inserite nella bozza di regolamento di cui all’art. 5 del D.Lgs. 163/2006, riguardanti in particolare la definizione e la natura del contratto di locazione finanziaria, nonché le forme soggettive di partecipazione alla procedura di gara. Come peraltro si illustrerà nel proseguo, nonostante le modifiche ed integrazioni apportate dal predetto D.Lgs. 152/2008, i nodi irrisolti rimangono numerosi, come dimostra al riguardo l’eterogenea prassi applicativa dell’istituto in trattazione.
Con la legge finanziaria 2007, dunque, ponendo fine all’annoso dibattito circa la legittimità dell’istituto in argomento a fronte della tassativa elencazione (dapprima nella legge 109/1994 e successivamente nel Codice dei contratti) delle modalità di realizzazione dei lavori pubblici2, la locazione finanziaria acquista piena cittadinanza nel nostro ordinamento quale ulteriore strumento generale e tipico per la realizzazione, acquisizione e completamento di opere pubbliche, in alternativa al contratto d’appalto e alla concessione di costruzione e gestione3.
Sotto quest’ultimo profilo, il terzo decreto correttivo, nell’introdurre nel corpo dell’art.
3 del D.Lgs. 163/2006 il comma 15 ter, ha espressamente ricondotto la locazione finanziaria alla categoria del “partenariato pubblico privato” cui appartengono, per definizione normativa, i “contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di
2 Con un’impostazione decisamente più restrittiva del legislatore comunitario che assoggetta alle Direttive l’esecuzione di lavori pubblici con “qualunque mezzo”, formula elastica cui è possibile ricondurre il contratto di locazione finanziaria.
In particolare, era stata affermata l’inammissibilità di procedure atipiche per la realizzazione di opere pubbliche o destinate ad un pubblico servizio, atteso che il sistema e le modalità prescelti avrebbero potuto condurre a risultati elusivi della normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della concorrenza.
3 Antecedentemente alla legge finanziaria 2007, la realizzazione di opere pubbliche mediante sottoscrizione di contratti di locazione finanziaria era prevista, in deroga all’elencazione tassativa dei sistemi previsti dalla normativa in materia di lavori pubblici, da alcune leggi di settore, quali la
L. 18 febbraio 1999, n. 28, che aveva autorizzato la realizzazione di un programma per la costruzione, l’acquisto o “la locazione finanziaria” di immobili da destinare a sedi degli uffici unici del Ministero delle finanze e la L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) che consentiva al Ministero della Giustizia di utilizzare lo strumento della locazione finanziaria per l’acquisizione di nuovi istituti di pena.
pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”.
Peraltro, in un’ottica strettamente economica, nel PPP la collaborazione tra partner pubblico e partner privato dovrebbe sostanziarsi in un’operazione con cui la Pubblica amministrazione affida all’operatore privato, anche sulla base di uno specifico contratto, l’attuazione di un progetto per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità “e per la gestione del relativo servizio”. Il riferimento alla gestione del servizio, nello specifico, sembra alludere ad interventi mirati alla realizzazione di opere suscettibili di gestione economica e funzionale del privato, in grado di remunerare il capitale dal medesimo impiegato per l’attuazione del progetto.
Cionondimeno, quello della locazione finanziaria è uno strumento negoziale concordemente ritenuto applicabile all’acquisizione delle c.d. “opere fredde”, in cui risulti assente o scarso l’aspetto gestionale o per le quali sia più complesso prevedere l’erogazione dei servizi a carico del privato e, in ogni caso senza tariffazione, ovvero con una tariffazione limitata4.
Così individuata la tipologia di opere realizzabili in leasing, risulta evidente come lo stesso rappresenti una valida ed efficace alternativa alla fattispecie della concessione di costruzione e gestione di cui all’art. 143, comma 9, del Codice dei contratti, riguardante le opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione tuttavia che resti a carico del
4 Dai dati forniti da ANCE in un documento pubblicato nel mese di febbraio 2010 i bandi di gara per lavori pubblici in leasing in costruendo, relativi agli anni 2008 e parte del 2009 (gennaio- settembre), le tipologie di interventi realizzati mediante locazione finanziaria vedono in testa, sia per numero di bandi che in termini di valore, la realizzazione di scuole. Il 2009 registra un esponenziale incremento di bandi per la realizzazione di impianti fotovoltaici mediante locazione finanziaria. Le altre tipologie di opere realizzate in leasing riguardano caserme, uffici pubblici, carceri, ristrutturazione di padiglioni, residenze sanitarie, parcheggi, palestre, immobili destinati ad uffici pubblici, ecc.
concessionario l’alea economico- finanziaria della gestione dell’opera. Detta fattispecie, che riprende identica norma presente nell’art. 19, comma 2 ter della L. 109/1994, introdotto dal c.d. Collegato infrastrutture (legge 1 agosto 2002, n. 166) per tenere conto dell’esigenza delle Pubbliche amministrazioni di dilazionare il pagamento del prezzo dell’appalto sganciandolo dagli stati di avanzamento dei lavori, ha avvallato la prassi di alcune amministrazioni di ricorrere all’istituto della concessione e gestione anche con riguardo ad opere improduttive di reddito, contraddicendone con ciò il tratto tipico, che distingue la concessione stessa dall’appalto in senso stretto, identificabile nella realizzazione di opere generatrici di reddito, in quanto destinate ad erogare servizi di pubblica utilità con tariffazione per l’utenza.
A seguito del formale riconoscimento del leasing in costruendo, la figura della concessione applicata alle c.d. “opere fredde” perde di fatto la sua ragion d’essere, giacché l’esigenza più sopra rappresentata, di realizzare opere pubbliche anche in assenza di un’immediata disponibilità delle risorse finanziarie a ciò necessarie, può essere congruamente ed utilmente soddisfatta mediante il ricorso all’istituto in esame, in cui la remunerazione del privato non è costituita dal servizio reso, bensì dai canoni che la Pubblica amministrazione versa alla società di leasing per ottenere l’infrastruttura.
Per giunta, nella logica di collaborazione propria del PPP, il trasferimento dei rischi dovrebbe costituire una condizione essenziale per giustificare il ricorso a questo strumento realizzativo, considerato il rilevante costo dell’operazione, e gli operatori privati non dovrebbero limitarsi ad assumere il ruolo di partner finanziario, ma fornire altresì un supporto professionale alla committenza pubblica, onde integrare le reciproche competenze. La distribuzione contrattuale dei rischi consentirebbe inoltre di ridurre il divario sopra evidenziato, con riferimento alle operazioni di locazione finanziaria, tra definizione normativa e definizione economica di PPP, facendo assumere al partner privato quantomeno l’alea della gestione e della realizzazione dell’intero progetto.
Ed infatti, secondo quanto comunemente si afferma, tra i vantaggi che la formula del leasing immobiliare in costruendo è in grado di offrire rispetto alla tradizionale figura del contratto d’appalto, si annoverano la certezza dei tempi e dei costi di realizzazione dell’opera; l’Amministrazione, come visto, si spoglierebbe dei rischi connessi al rapporto dell’appalto, essendo l’“obbligo di risultato” posto in capo al soggetto finanziatore. Al Committente pubblico verrebbe consegnata “chiavi in mano” un’opera completa, agibile e funzionante, senza i rischi economici legati alle varianti, alla revisione prezzi o alle caratteristiche del bene, essendo il costo dell’operazione, a carico del soggetto pubblico, certo e definito per l’appunto, fin dal momento dell’aggiudicazione.
Vero è peraltro che, tali vantaggi, ravvisabili per l’appunto nel trasferimento in capo al partner privato dei rischi dell’operazione economica secondo lo schema economico comune alle diverse formule di PPP, non sembrano trovare compiuto riscontro nella prassi applicativa. Da una disamina dei bandi e dei relativi schemi di contratto di leasing, si rileva come il piano finanziario, con correlativa quantificazione dei canoni e del prezzo di riscatto, venga nella quasi totalità dei casi redatto successivamente al collaudo dell’opera, per tenere conto anche dei costi connessi alle varianti in corso d’opera (escluse le varianti per errori di progettazione in caso di appalto di progettazione ed esecuzione); dall’altro lato, un ulteriore dato costante è costituito dalla condizione contrattuale che pone a carico della stazione appaltante la manutenzione sia ordinaria che straordinaria dell’opera concessa in locazione finanziaria, oltre ad ulteriori oneri tipicamente correlati alla proprietà dell’opera stessa.
Pertanto, per tale aspetto, la pubblica committenza non sembra sfruttare appieno i vantaggi che possono derivare dalla strutturazione dell’operazione secondo la categoria del PPP, mentre le ragioni che spiegano il crescente se non esponenziale ricorso al leasing in costruendo - successivamente alla legge finanziaria 2007- sembrano legate prevalentemente a considerazioni di natura prettamente finanziaria, nonché alla sensibile riduzione dei tempi tecnici di realizzazione dell’intervento, ove si consideri che il leasing
immobiliare pubblico permette di avviare gli interventi anche in assenza di specifici finanziamenti, senza necessità cioè di stanziare in bilancio sin da subito la totalità delle risorse occorrenti e di utilizzare il bene senza anticipare somme ingenti, iniziando a pagare i canoni dopo il collaudo dell’opera5.
2. La natura atipica del contratto di leasing tra codice civile e sistema regolatore dei contratti pubblici di lavori
Prima di entrare nel merito della disciplina relativa all’affidamento del contratto di leasing in costruendo, occorre in premessa inquadrare correttamente l’istituto in esame, attraverso una sua ricostruzione alla luce delle definizioni e delle classificazioni elaborate dalla dottrina civilistica e dalla giurisprudenza.
Come noto, il contratto di leasing appartiene, secondo la definizione tradizionale, alla categoria dei contratti “atipici”, caratterizzati dalla presenza di elementi di una pluralità di contratti tipici, quali, nella fattispecie, la locazione, la vendita a rate, il mutuo.
Una prima classificazione contrappone il leasing operativo al leasing finanziario. Il primo è di breve durata, sicché il bene risulta ancora commerciabile alla scadenza del contratto, ha per oggetto il godimento di beni strumentali standardizzati e di uso corrente che ne permettono allo scadere del contratto una eventuale nuova utilizzazione e di norma viene concesso “direttamente” dal produttore; il canone è commisurato al valore dell’uso del bene ed è comprensivo della remunerazione degli eventuali servizi collaterali erogati. La finalità di tale schema negoziale, che configura un’operazione sostanzialmente e giuridicamente bilaterale, è principalmente quella di evitare all’utilizzatore i rischi connessi alla proprietà del bene6.
5 Fondamentali indicazioni sul corretto utilizzo del leasing in costruendo, in rapporto alle regole che presiedono alla gestione finanziaria degli enti locali, sono state fornite dalla Corte de conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, nel parere reso al Comune di Abbiategrasso (MI) con deliberazione n. 87 del 13 novembre 2008.
6 Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, “I Contratti atipici”, in “I contratti in generale”, diretto da Xxxxx Xxxx e Xxxxx Xxxxxxx, II, Torino, 1991, pag. 145.
Nel leasing finanziario (detto anche locazione finanziaria), che rappresenta peraltro uno sviluppo del leasing operativo, una parte (impresa di leasing-concedente), verso il pagamento di un canone periodico concede all’altra (utilizzatore) il godimento di un bene mobile od immobile, anche non standardizzato, che ha acquistato o fatto costruire su indicazione e scelta dell’utilizzatore il quale, normalmente, ha contattato direttamente il fornitore. Al termine del contratto, il soggetto utilizzatore può, alternativamente, restituire il bene, rinnovare il contratto, acquistare la proprietà del bene, esercitando l’opzione di riscatto, previo versamento del prezzo prestabilito. L’intero importo dei canoni di locazione, in tal caso, copre comunque il valore di mercato del bene7.
Il leasing finanziario, dunque, da un punto di vista meramente economico, presenta uno schema trilaterale, essendo preordinato alla realizzazione di un’operazione sostanzialmente unitaria che vede coinvolti tre soggetti: il concedente, il fornitore/costruttore, l’utilizzatore.
A fronte di tale unitarietà sostanziale-economica, sul piano strettamente giuridico il contratto di locazione finanziaria intercorre tra utilizzatore e concedente e resta distinto ed autonomo dal contratto di compravendita/appalto, stipulato tra il soggetto finanziatore e il fornitore/costruttore del bene concesso in leasing, fatte comunque salve le conseguenze giuridiche correlate all’applicazione, in giurisprudenza, della categoria del collegamento funzionale dei due negozi allo scopo di accordare adeguate forme di tutela all’utilizzatore stesso.
La locazione finanziaria, a sua volta, può assumere due diverse configurazioni, vale a dire quella del leasing di godimento e quella del leasing traslativo.
7 La prima definizione normativa di leasing finanziario è contenuta nell’art. 17, secondo comma, della legge 2 maggio 1976, n. 183, secondo cui “Per operazioni di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà per quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”.
Nel leasing di godimento l’utilizzazione del bene si inquadra in una funzione di finanziamento a scopo di godimento per la durata del contratto conforme alla potenzialità economica del bene. Conseguentemente, i canoni costituiscono esclusivamente il corrispettivo del godimento del bene.
Diversamente, nel leasing traslativo, il trasferimento della proprietà del bene all’utilizzatore, al sopraggiungere della scadenza della locazione finanziaria, lungi dal costituire un’eventualità marginale, rientra nella stessa causa del contratto, in cui il prezzo di riscatto in precedenza concordato è sempre inferiore al valore di mercato dell’opera, a fronte di un canone periodico che rappresenta sì il corrispettivo per il godimento, ma il cui ammontare è determinato in modo tale da comprendere anche l’ammortamento del bene stesso, l’interesse sul capitale investito per l’acquisto/realizzazione da parte della società di leasing, le spese di gestione.
Orbene, rispetto alla suesposta classificazione, se il leasing immobiliare pubblico, considerata anche l’espressa definizione normativa di cui all’art. 160 bis del Codice dei contratti, è pacificamente riconducibile alla tipologia della locazione finanziaria, per altro verso nessuna disposizione vieta esplicitamente alla Pubblica amministrazione di fare ricorso alla figura del leasing immobiliare di godimento.
A sciogliere qualsivoglia dubbio al riguardo, è tuttavia di recente intervenuta la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, col parere reso al Comune di Abbiategrasso (MI) nella deliberazione n. 87 del 13 novembre 2008, in cui si afferma che la funzione dell’istituto de quo non è la mera acquisizione della disponibilità del bene per un periodo determinato, bensì la durevole acquisizione al patrimonio dell’opera da realizzare, da destinare stabilmente al servizio della collettività amministrata. Ne deriva che l’unica forma ammissibile è quella del leasing traslativo, il quale, consolidando l’acquisto della proprietà del bene in capo all’ente pubblico, realizza l’obiettivo di incrementare stabilmente il patrimonio indisponibile dell’amministrazione. All’opposto, la carenza di un’acquisizione definitiva del bene oggetto del contratto, sbilancerebbe gli
oneri finanziari a danno della sana e corretta gestione contabile dell’ente, ben potendo essere sostituita dall’accensione di un mero contratto passivo di locazione.
Sulla stessa linea interpretativa si pone il TAR Lombardia-Brescia, sez. II, nella sentenza 5 maggio 2010, n. 1675. Secondo il giudice amministrativo, in particolare, la scelta finale dell’acquisto del bene al prezzo d’opzione deve intendersi vincolata, in quanto soluzione ragionevole “sin dalla conclusione del contratto”, essendo tra l’altro antieconomico per la Pubblica amministrazione sottrarsi al riscatto finale.
Per giunta, l’evoluzione normativa successiva al terzo decreto correttivo ha introdotto un’ulteriore vincolo riguardante, questa volta, la durata del piano di ammortamento dei canoni di leasing, che, a tenore della disposizione di cui all’art. 62, comma 1, del D.L. 25 giugno-2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, non può superare la soglia trentennale.
Dalla sopraindicata ricostruzione della figura di leasing immobiliare pubblico, emerge in primo luogo che la stessa regolamentazione dell’istituto, anche attraverso le norme eteronome appena richiamate, priva questo strumento contrattuale del connotato di atipicità, come rilevato peraltro dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia- Brescia, sent. n. 1675/2010, cit.).
Il superamento di tale caratterizzazione, tuttavia, ha il merito di aver eliminato solo in parte le incertezze applicative proprie dei negozi atipici, a causa della scarna e a volte non chiara disciplina risultante dal combinato disposto degli articoli 3, comma 15 bis, e
160 bis del Codice dei contratti, sicché resta tuttora impregiudicata la questione dell’individuazione della normativa applicabile in relazione a taluni aspetti cruciali dell’istituto (quali ad es. le forme soggettive di partecipazione e la progettazione) che formeranno oggetto di approfondimento nel proseguo della trattazione.
3. La qualificazione giuridica del leasing in costruendo.
3.1. L’inquadramento nella categoria degli “appalti di lavori”.
Il terzo decreto correttivo, come noto, modificando il comma 1 dell’art. 160 bis del D.Lgs. 163/2006, ha definitivamente posto fine al risalente ed acceso dibattito sulla natura giuridica del leasing immobiliare pubblico, codificando l’orientamento nettamente prevalente che inquadra l’istituto nella tipologia degli appalti pubblici di lavori8.
A tale configurazione normativa il legislatore è pervenuto riconducendo la locazione finanziaria di opere pubbliche alla nozione di contratto misto comprensivo di lavori e di prestazioni di servizi e utilizzando conseguentemente, tra i parametri previsti dall’art. 14, comma 2, del Codice dei contratti per l’individuazione della disciplina applicabile, il criterio della “prevalenza funzionale”, come si evince tanto dalla definizione di cui all’art. 3, comma 15 bis, secondo cui “la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità» è il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l'esecuzione di lavori”, quanto dalla formulazione del succitato comma 1 dell’art. 000 xxx xxx Xxxxxx, xxxxxxx chiarisce che la locazione finanziaria per la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità “costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all'oggetto principale del contratto medesimo”.
Come più sopra accennato, dunque, il legislatore del 2008 ha aderito alla tesi maggioritaria che riconosce nel leasing immobiliare pubblico in costruendo la natura giuridica di appalto di lavori, destituendo di fondamento l’opposta ricostruzione dell’istituto in termini di appalto di servizi finanziari, ricompresi nell’elenco di cui all’Allegato II A della Direttiva 2004/18/CE e all’Allegato II A del D.Lgs. 163/2006.
8 Tale soluzione normativa in un primo momento aveva trovato collocazione all’interno dello schema di regolamento di cui all’art. 5 del Codice dei contratti, per essere successivamente trasposta nel corpo della normativa di livello primario.
Tale ultima ipotesi di qualificazione, ancorché minoritaria, oltre ad essere stata avallata dall’Autorità di vigilanza in relazione ad un caso sottoposto al suo esame, è altresì presente in alcuni significativi precedenti normativi.
In particolare, contraddicendo un precedente orientamento assunto nella deliberazione 4 dicembre 2002 n. 337, la tesi dell’applicabilità della normativa in materia di appalti di servizi è stata fatta propria dall’organo di vigilanza nella deliberazione n. 145 del 23 settembre 2004, sul rilievo della prevalenza nella fattispecie dell’aspetto relativo all’operazione di finanziamento, fermo restando il possesso della qualificazione tecnica dei soggetti incaricati dell’attività di progettazione ed esecuzione delle opere da indicare in sede di gara.
Quanto ai precedenti normativi, l’art. 28 del D.D.L. C-5736 “Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” presentato nel 20059, con l’obiettivo di legittimare la sottoscrizione di contratti di locazione finanziaria di opere pubbliche, ipotizzava l’assoggettamento di tale contratto alla disciplina di recepimento della Direttiva servizi (D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157), precisando che le opere pubbliche avrebbero dovuto essere realizzate “a cura e spese” del finanziatore, tenuto ad indicare nell’offerta le imprese in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione alle quali affidare l’esecuzione dei lavori.
A siffatta ricostruzione aveva altresì aderito il legislatore regionale del Veneto che, con L.R. 20 luglio 2007, n. 17 (entrata in vigore l’8 agosto 2007, quindi immediatamente dopo il secondo decreto correttivo vigente dal 1 agosto 2007), nel novellare la normativa regionale in materia di lavori pubblici, aveva testualmente qualificato l’appalto in questione in termini di “appalto di servizi” e fornito una disciplina di dettaglio ed
9 Ipotesi normativa rimasta tale, in quanto mai definitivamente approvata dalle Camere.
integrativa dell’istituto, con alcuni significativi elementi di difformità da quella codicistica.10.
L’illustrata impostazione non ha mancato peraltro di destare forti critiche di varia provenienza, principalmente per la sua asserita idoneità a ledere i principi di concorrenza sostanziale, nel senso che, indicendo una gara tra soggetti finanziatori, rimaneva escluso dal confronto competitivo il costruttore dell’opera.
In quest’ottica, se da un lato si può osservare come la collocazione della locazione finanziaria di opere pubbliche nell’alveo dell’appalto di servizi produca la conseguenza di abbassare considerevolmente la soglia di rilevanza comunitaria dell’appalto, dall’altro lato l’opposta tesi appare fondata sul solido argomento che riconosce nel leasing in costruendo la finalità non della mera acquisizione della disponibilità di un bene ma anche della sua realizzazione a carico del soggetto finanziatore.
Sulla scorta dei suddetti rilievi, la stessa Commissione europea, pronunciatasi con il parere motivato (2006) 2518 del 28 giugno 2006 su un esposto presentato da ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) avverso le procedure di leasing immobiliare indette dal Ministero della Giustizia per la realizzazione delle carceri di Pordenone e Varese, applicando un criterio sostanzialistico ha ricostruito il predetto contratto di leasing immobiliare, come un “appalto di lavori”. Analogamente Il TAR Lazio, sez. quater, nella sent. n. 5993 del 27 luglio 2007, muovendo dalla natura mista del contratto di leasing in costruendo, ha affermato che la costruzione di un immobile non costituisce un elemento naturale della locazione finanziaria; ove ciò avvenga si realizza una commistione tra leasing e appalto di lavori, anche se la prestazione principale non può che essere individuata nella realizzazione del dell’opera e non già nel leasing, il quale rappresenta solo un mezzo per conseguirne il finanziamento.
10 La disciplina regionale, tuttavia, ha avuto vita breve, essendo divenuta dapprima inapplicabile a seguito della sent. della Corte costituzionale n. 401 del 23 novembre 2007 ed in ogni caso la disposizione è stata successivamente dichiarata incostituzionale con sent. n. 322 del 1 agosto 2008.
È appena infine il caso di ricordare che, sulla linea interpretativa anzidetta, si è altresì attestata sin dal 2002 la stessa Autorità di vigilanza, con un orientamento pressoché costante, ove si eccettui l’isolato episodio della succitata deliberazione n. 145/2004. Nell’ambito di tale linea ermeneutica, l’inquadramento della locazione finanziaria di opere pubbliche nella tipologia degli appalti di lavori, è stato dapprima utilizzato come argomento per escluderne la legittimità, per violazione della regola della tipicità dei sistemi realizzativi di opere pubbliche (deliberazione n. 337/2002 e decisione del 13 aprile 2005) e, quindi, successivamente alla tipizzazione dell’istituto ad opera della legge finanziaria 2007, per negare l’ammissibilità di una configurazione giuridica della fattispecie diversa dall’appalto di lavori (parere n. 24 del 31 dicembre 2008)11.
Recependo la soluzione che ascrive l’operazione di leasing immobiliare pubblico in costruendo alla specie degli appalti di lavori12, il legislatore ha ottenuto il risultato di rimuovere i richiamati potenziali profili di lesione della concorrenza sostanziale, senza peraltro fornire al contempo indicazioni su come strutturare l’operazione sul piano giuridico e operativo, a fronte della contraddizione, di notevole rilevanza pratica, tra la soluzione interpretativa prescelta e lo schema civilistico della locazione finanziaria.
In ambito civilistico, come si è infatti avuto modo di rammentare, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti aderiscono all’indirizzo interpretativo che ravvisa nel leasing finanziario un’operazione sostanzialmente ed economicamente unitaria, posta in essere mediante la stipulazione di due separati contratti, vale a dire il negozio di locazione finanziaria tra utilizzatore e finanziatore da una parte, ed il contratto di compravendita/appalto tra finanziatore e fornitore/costruttore (Xxxx. Civ. n. 20592/2007,
11 In questo parere l’Autorità ha definito la questione sottoposta al suo esame, ritenendo illegittimo nel caso di specie il bando di gara che, in conformità alla configurazione giuridica delineata dalla legge regionale del Veneto in materia di lavori pubblici, qualificava la locazione finanziaria per la realizzazione dell’intervento come un appalto di servizi finanziari. È quindi curioso che l’Autorità di xxxxxxxxx abbia tratto tale conclusione in relazione ad un bando redatto nel rispetto di una norma all’epoca valida e vigente, ancorché dalla stessa non condivisa sul piano sostanziale.
12 Come più oltre si dirà, il contratto di locazione finanziaria di immobili costruiti è dall’Autorità di vigilanza per contro ricondotto al campo di applicazione della normativa sugli appalti di servizi.
n. 19675/2004, n. 14786/2004, n. 10032/2004, n. 11669/1998, n. 10926/199813),
rimanendo assolutamente minoritaria la configurazione dell’operazione come un unico contratto trilaterale. Secondo l’attuale giurisprudenza, tuttavia, tra le prestazioni dedotte nei due negozi non esiste piena autonomia, operando in proposito un’interazione, c.d. “collegamento funzionale” , tra funzione di scambio e funzione di finanziamento, sicché tra i due contratti sussisterebbe una scissione concettuale ma non giuridica.
La presenza di una pluralità di negozi, tratto caratteristico della figura del collegamento negoziale, si contrappone dunque alla categoria dei contratti misti, contraddistinti dalla presenza di un’unica causa composta da frammenti causali di più e diversi tipi legali.
Configurando la locazione finanziaria di opere pubbliche come un contratto misto da assoggettare alla disciplina degli appalti di lavori, il legislatore del 2008 ha quindi introdotto un evidente profilo di contrasto con la ricostruzione civilistica dell’istituto in esame: da una parte, nell’accezione accolta dal Codice dei contratti, la locazione finanziaria di opere pubbliche presuppone la presenza di un contratto “unico”, dal’altra, nell’accezione civilistica l’operazione si realizza a mezzo della stipulazione di due separati contratti, pur se tra loro funzionalmente collegati.
Seguendo tale ultimo schema civilistico, il contratto di locazione finanziaria dovrebbe essere sottoscritto con la società di leasing, mentre il contratto d’appalto- fattispecie contrattuale “tipica” prevista dal codice civile - dovrebbe intercorrere tra quest’ultima e il costruttore. Il Codice dei contratti sembra invece supporre un’unica stipulazione, non solo laddove si richiama alla figura del contratto misto (artt. 3, comma 15 bis e 160 bis, comma 1), ma anche alla luce di elementi di ordine letterale che avvalorano la considerazione unitaria del soggetto affidatario nelle diverse forme che lo stesso può assumere (raggruppamento temporaneo tra costruttore e finanziatore, finanziatore che si
13 In tal senso si è espresso anche il TAR Lombardia- Brescia, sent. n. 1675/2010, cit.
avvale di un costruttore, contraente generale), talora indicato come “offerente”, ovvero come “aggiudicatario”.
La questione per converso non si pone nel caso di acquisizione di immobili già realizzati mediante la formula del c.d. “leasing immobiliare costruito”. In base all’interpretazione fornita dall’Autorità di vigilanza nella deliberazione n. 78/2009, più sopra citata, nonostante detta figura sia ricompresa nella definizione di cui al comma 1 dell’art. 160 bis del Codice, l’amministrazione stipula nella fattispecie un “unico contratto” con l’affidatario, vale a dire il contratto di locazione finanziaria con la società di leasing, con obbligo di espletamento di una procedura ad evidenza pubblica nel rispetto della disciplina degli appalti pubblici di servizi. A sua volta, la società di leasing stipula con il fornitore dell’immobile un contratto di compravendita che resta separato dal primo, con la precisazione che la selezione del fornitore può avvenire con modalità che non soggiacciono all'applicazione del D.Lgs. 163/2006, salvo comunque il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità enunciati dall’art. 27 con riferimento ai contratti pubblici esclusi in tutto o in parte dall'applicazione del Codice. Secondo l’organo di vigilanza, pertanto, la scelta dell'immobile da far acquistare alla società di leasing e, quindi, del fornitore dovrebbe essere condotta attenendosi ai predetti principi.
3.2. La gara unica per la scelta del finanziatore e del costruttore
L’impostazione assunta dal Codice dei contratti sembra pertanto superare prima facie il modello civilistico della conclusione di un’operazione economicamente e sostanzialmente unitaria mediante la stipulazione di due distinti contratti tra loro collegati, per delineare un differente schema connotato dall’unitarietà dell’operazione non solo da un punto di vista economico/finanziario ma anche dal punto di vista giuridico.
Purtuttavia, gli evidenziati profili di contraddizione, si spiegano per il fatto che nel leasing immobiliare pubblico l’operazione si presenta più articolata e complessa di quanto non accada nella locazione finanziaria tra privati, ove si consideri cha la
fattispecie è regolata sia da norme di diritto pubblico sulle procedure di selezione del contraente ispirate ad esigenze di tutela della concorrenza, sia da norme di diritto privato speciale, disciplinanti il rapporto contrattuale tra committente pubblico e aggiudicatario.
Così impostata la questione, risulta evidente che il tentativo di risolvere il richiamato contrasto tra modello pubblicistico e privatistico di leasing finanziario non può prescindere dalla distinzione, nell’ambito del processo realizzativo dell’intervento, tra fase di gara e fase successiva all’aggiudicazione (comprensiva della stipulazione ed esecuzione del contratto e del collaudo finale).
D’altro canto la stessa definizione di appalto pubblico di lavori fornita dal Codice dei contratti, corrispondente alla notoriamente ampia e flessibile nozione elaborata dalle Direttive e dalla giurisprudenza comunitaria, non coincide esattamente con il tipo contrattuale codificato all’art. 1655 c.c. e ss., in quanto la prima definizione è finalizzata a individuare le fattispecie ricadenti nel campo di applicazione del diritto comunitario e della normativa interna di recepimento, che impone le procedure di evidenza pubblica per garantire il corretto operare dei meccanismi concorrenziali all’interno del mercato degli appalti pubblici, mentre la seconda risponde all’esigenza di individuare la causa e il contenuto del contratto d’appalto.
Nella fase di gara, dunque, il problema consiste nell’individuazione della disciplina applicabile alla procedura di aggiudicazione e alla qualificazione dei concorrenti ma non anche al contenuto del contratto. Sotto questo profilo, come chiarito dall’Autorità di vigilanza nella determina n. 3 del 6 aprile 2005, per appalto misto si intende quello in cui l’oggetto della “procedura di aggiudicazione” e del successivo contratto è costituito da prestazioni eterogenee, ascrivibili a settori assoggettati a differenti discipline pubblicistiche (lavori, servizi, forniture).
Ricorrendo quindi al “criterio dell’assorbimento” di cui all’art. 14 del D.Lgs. 163/2006, che applica la disciplina giuridica del contratto al quale appartiene l’elemento di maggior rilievo, lo stesso legislatore ha qualificato come appalto di lavori non tanto il
contratto, quanto piuttosto la procedura di aggiudicazione per l’affidamento del contratto medesimo, utilizzando il criterio della prevalenza funzionale dei lavori sulle prestazioni aventi ad oggetto i servizi finanziari.
Con ciò si potrebbe conseguentemente affermare che la disciplina dei contratti misti, da cui deriverebbe il carattere unitario del contratto, rectius della procedura di aggiudicazione dell’appalto, esaurisca la propria ratio nella fase di gara, con l’individuazione del soggetto/soggetti aggiudicatario/aggiudicatari.
In questa prospettiva, l’indizione di una “gara unica” per la selezione contemporanea del soggetto finanziatore e del soggetto realizzatore, appare rivestire autonoma rilevanza rispetto alla questione delle modalità di instaurazione del rapporto contrattuale (schema civilistico della stipulazione di due separati contratti funzionalmente ed economicamente collegati ovvero schema alternativo dell’unica stipulazione trilaterale).
Si ritiene14 difatti che quella della gara unica rappresenti in ogni caso una soluzione ottimale, sia in relazione alla tempistica dell’intervento, sia con riguardo ai rapporti tra società di leasing ed impresa di costruzioni. L’ipotesi della doppia gara presenterebbe per contro notevoli criticità, ravvisate, anche alla luce della precedente prassi applicativa, nella responsabilità della realizzazione dell’opera, nonché nell’instaurazione di una sorta di “collaborazione forzata” tra soggetto finanziatore e costruttore.
All’opposto, la ratio ispiratrice della disciplina sui contratti misti, appare estranea alla fase del procedimento successiva all’aggiudicazione, dove emerge piuttosto l’esigenza di individuare strumenti atti a consentire al Committente pubblico l’esercizio di adeguate forme di controllo sull’esecuzione dell’opera da acquisire in locazione finanziaria e comunque destinata a confluire nel suo patrimonio alla scadenza del contratto.
14 “La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità e il Partenariato Pubblico Privato”, a cura dell’Unità Tecnica Finanza di Progetto (UTFP) del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
4. La disciplina di gara e le forme soggettive di partecipazione
Tornando alla disciplina della “gara unica”, il comma 2 dell’art. 160 bis in esame, demanda al bando di gara, ferme le altre indicazioni previste dal Codice, il compito di determinare “i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa”.
Il legislatore, quindi, ha inteso rimettere al potere discrezionale della stazione appaltante le valutazioni inerenti la regolamentazione degli aspetti fondamentali della procedura di gara, ad eccezione del criterio di aggiudicazione, che, per scelta normativa dovrà comunque essere quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Qualche indicazione più precisa è fornita dalla norma in relazione alle forme soggettive di partecipazione alla gara, allo scopo di adeguare la disciplina generale alle peculiarità dell’operazione, connotata dalla natura eterogenea dei soggetti coinvolti e dei rispettivi ruoli.
Accanto al committente pubblico, che esegue la progettazione dell’opera da porre a base di gara, controlla l’esecuzione dell’opera e ne verifica la regolare esecuzione vi sono da una parte la società di leasing, che dovrebbe assumere tutti i rischi di realizzazione dell’investimento, trasferendo al costruttore i rischi non finanziari; il finanziatore deve essere necessariamente un soggetto autorizzato ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. Dall’altra parte il costruttore, che realizza l’opera e provvede, eventualmente, alla sua manutenzione.
Come si desume dal combinato disposto dei commi 3 e 4 bis dell’art. 160 bis del D.Lgs. 163/2006, tre sono le modalità di partecipazione, tra loro alternative, individuate dal legislatore: il raggruppamento temporaneo tra costruttore e finanziatore; la partecipazione del soggetto finanziatore che si “avvale” di un costruttore; il contraente generale.
4.1. Il raggruppamento temporaneo
Dell’associazione temporanea si occupa la disposizione dettata dal comma 3 dell’art. 160 bis, che, nel contemplare tale forma di partecipazione, introduce due norme speciali rispetto al regime ordinario delle ATI di cui all’art. 37 del Codice dei contratti.
Un primo elemento difformità sostanziale viene ravvisato nel regime di responsabilità, poiché, diversamente dall’ATI ordinaria in cui vige come regola generale la responsabilità solidale tra i soggetti raggruppati (anche se in termini differenziati tra ATI orizzontale e ATI verticale), nell’associazione temporanea in trattazione, il costruttore e il finanziatore sono responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta.
Il secondo elemento di specialità risiede nella previsione che, in caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, l'altro possa sostituirlo, con l'assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche. Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia- Brescia, sent. 1675/2010, cit.), nel raggruppamento ordinario la sostituzione del mandante rappresenta una soluzione alternativa all’esecuzione diretta dei lavori direttamente o a mezzo di altri mandanti; nel raggruppamento eterogeneo è invece ammessa unicamente la sostituzione di uno dei soggetti costituiti in associazione con altro soggetto avente identici requisiti e caratteristiche, non potendosi fare carico direttamente della prestazione divenuta inesigibile nei confronti del primo.
A tale proposito non si è mancato di formulare un rilievo critico15 sulla poco chiara formulazione della norma, in quanto non è dato capire se la stazione appaltante possa valutare la sostituzione ovvero sia tenuta a prestare il proprio assenso qualora il sostituto
15Daniele Spinelli, “Leasing in costruendo” atti del Convegno "Le novità del terzo decreto correttivo del Codice dei contratti pubblici. D. Lgs. 11 settembre 2008, n. 152".
possegga i requisiti di qualificazione prescritti nel bando. In linea con i principi generali desumibili dalle disposizioni di cui all’art. 37, commi 18 e 19, è ritenuta preferibile la seconda interpretazione.
In ogni caso, la norma sembra connotata da una validità temporale limitata alla fase di realizzazione dell’opera pubblica. Con il collaudo, infatti, sembra concludersi il rapporto tra stazione appaltante e costruttore per proseguire unicamente tra committente pubblico, che eroga i canoni, e società di leasing, che li percepisce (TAR Lombardia- Brescia, sent. 1675/2010, cit.). Una volta uscito di scena, ben difficilmente il costruttore potrà essere chiamato a trovare un sostituto al soggetto finanziatore al verificarsi di una causa impeditiva che abbia interessato quest’ultimo in costanza del rapporto di locazione finanziaria.
Per quanto riguarda gli aspetti non direttamente previsti dalla norma in commento, dovrebbe ritenersi applicabile, in quanto compatibile, la disciplina posta dall’art. 37 del Codice dei contratti.
In particolare, l’art. 160 bis non si esprime sul soggetto del raggruppamento che deve assumere il ruolo di capogruppo. Applicando analogicamente i principi desumibili dall’art. 37, i quali attribuiscono tale ruolo al soggetto che esegue la prestazione principale - nella fattispecie la realizzazione dell’opera - sembra doversi concludere per l’ipotesi della costituzione di un’associazione costituita tra un costruttore come capogruppo ed un finanziatore come mandante. Non sembra peraltro potersi escludere l’opposta soluzione del soggetto finanziatore in veste di mandatario, essendo tale evenienza prospettata testualmente nel disposto del comma 4 bis, laddove il soggetto finanziatore è ammesso a dimostrare i requisiti di partecipazione avvalendosi della capacità di altri soggetti, “anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore”.
Malgrado la prevalente prassi applicativa propenda, salve talune eccezioni, per la prima opzione ermeneutica, la questione risulta piuttosto sfumata e rivestire scarsa
rilevanza pratica, ove si consideri la netta separazione di ruoli e di responsabilità tra i due soggetti del raggruppamento, senza che la posizione di capogruppo comporti conseguenze giuridiche apprezzabili (TAR Lombardia- Brescia, sent. 1675/2010).
Tornando invece all’individuazione delle disposizioni dell’art. 37 applicabili all’ATI costituita per le finalità di cui all’art. 160 bis, appare pacificamente operante nella fattispecie il divieto ai concorrenti di partecipare in più di un raggruppamento, ovvero in forma individuale qualora abbia partecipato in un raggruppamento.
Parimenti, dovranno essere osservate le disposizioni sulle ATI costituende, con obbligo di sottoscrizione dell’offerta da parte di tutti i soggetti, di assumere l’impegno irrevocabile alla costituzione del raggruppamento, così come dovrà essere rispettata la regola della immodificabilità dei soggetti successivamente alla presentazione dell’offerta.
4.2. L’avvalimento “atipico”
Secondo quanto dispone il comma 4 bis dell’art. 160 bis, introdotto dal terzo decreto correttivo, il soggetto finanziatore può partecipare alla gara purché dimostri alla stazione appaltante che dispone “se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore, dei mezzi necessari ad eseguire l'appalto”.
Salvo quindi il caso di partecipazione in ATI che, per l’utilizzo dell’avverbio “anche” rappresenta una soluzione possibile ma non obbligata, il soggetto finanziatore può in alternativa partecipare in “forma singola” secondo lo schema dell’avvalimento dei requisiti, come noto disciplinato in termini generali dall’art. 49 del Codice.
Vero è che, così come strutturata, la scelta del legislatore del 2008 di includere tale particolare modalità di partecipazione, oltre a porsi in contraddizione con la scelta di qualificare il leasing immobiliare come un contratto di lavori pubblici, con ciò attribuendo un ruolo primario al soggetto realizzatore, presenta notevoli profili di problematicità, tali da rendere la previsione stessa di fatto inapplicabile.
Un primo ordine di difficoltà risiede nella ratio sottostante la disciplina dell’istituto dell’avvalimento, che può operare unicamente tra imprese che esercitano attività tra loro omogenee, essendo il suo oggetto circoscritto al prestito di requisiti di capacità tecnico- organizzativa ed economico-finanziaria, con esclusione dei requisiti per lo svolgimento di una determinata attività, attinenti alla stessa capacità giuridica ad operare in uno specifico settore e pertanto riconducibili alla categoria dei requisiti di idoneità professionale contemplati all’art. 39 del D.Lgs. 163/2006.
In base a questa ricostruzione, dunque, l’avvalimento evocato dall’art. 160 bis, in cui il finanziatore si avvale della capacità del costruttore, si porrebbe in contrasto con l’impianto normativo delineato dall’art. 49 del Codice, dove l’utilizzo dell’istituto è ammesso tra imprese di costruzione.
Anche volendo concedere che, con il disposto di cui all’art. 160 bis, comma 4 bis, il legislatore abbia inteso introdurre una deroga a tale presupposto, estendendo il meccanismo dell’avvalimento al prestito dei requisiti tra soggetti che svolgono attività appartenenti a rami eterogenei (finanziario ed edilizio), appaiono comunque ostare alla sua applicazione ragioni di carattere sistematico, non potendosi trascurare, nella ricostruzione dell’istituto, la disciplina che presiede all’esercizio dell’attività finanziaria da cui sembrano derivare talune preclusioni difficilmente superabili. Il Testo unico bancario, difatti, all’art. 106, comma 2, pone l’obbligo per i soggetti che operano nel settore finanziario di svolgere esclusivamente attività finanziaria e, comunque, la disciplina di vigilanza della Banca d’Italia, non consente alle banche e agli intermediari finanziari l’assunzione di rischi atipici diversi dall’attività. La stessa citata giurisprudenza ritiene azzardato ipotizzare in proposito una deroga al divieto posto dall’art. 106, comma 2 del D.Lgs. 385/1993.
I descritti profili di contraddizione, derivano principalmente dall’assenza nella novellazione apportata dal D.Lgs. 152/2008 di una norma di coordinamento, e più in generale, di una disciplina speciale di adeguamento del regime ordinario di cui all’art. 49
alle peculiarità più sopra evidenziate attinenti i profili soggettivi della realizzazione di opere pubbliche mediante contratto di locazione finanziaria.
L’assoluto vuoto normativo sull’argomento pone invece in capo all’interprete il compito di colmare detta lacuna, applicando senz’altro la disciplina generale dell’istituto, ma in base ad un procedimento analogico basato su un giudizio di “compatibilità”, alla luce anche dei vincoli posti dalla legislazione bancaria ostativi all’esercizio di attività economiche diverse da quella strettamente finanziaria.
È interessante notare come la prassi di risolvere la questione praticamente eludendola, stante la tendenza delle stazioni appaltanti di riservare alle sole associazioni temporanee la partecipazione alle procedure di selezione, sembra avallare la tesi della scarsa rilevanza pratica di tale forma di partecipazione, come dimostra altresì l’assenza di contenzioso al riguardo, nonostante i possibili profili di illegittimità di siffatte clausole della lex specialis di gara.
Per converso il caso di un bando recante una clausola che ammetteva come unica forma di partecipazione l’avvalimento in esame, con esclusione dell’associazione temporanea e della figura del contraente generale, è stato sottoposto all’esame del TAR Lombardia – Brescia, nella più sopra citata sent. n. 1675/2010. Nel dichiarare l’illegittimità di tale clausola, il giudice amministrativo ha quindi affermato sostanzialmente il principio per cui non possono essere introdotte discrezionalmente nella lex specialis restrizioni alle modalità di partecipazione enucleate dalla disciplina di cui all’art. 160 bis del D.Lgs. 163/2006, che debbono pertanto considerarsi tra loro alternative. In particolare, l’avvalimento non può implicare la totale espulsione dell’impresa costruttrice dalla procedura di gara, mentre il finanziatore non può essere il dominus dell’intera operazione, in evidente contrasto con la ratio della più volte richiamata configurazione giuridica del contratto di leasing in costruendo come appalto di lavori.
Nel dirimere la controversia, il TAR Lombardia-Brescia, ha inoltre affrontato un ulteriore problematica connessa all’atipicità dell’istituto, fornendo indicazioni interpretative utili per l’individuazione della disciplina applicabile al regime di responsabilità per l’adempimento delle prestazioni contrattuali, onde colmare il silenzio normativo sul punto.
Il giudice amministrativo, nello specifico, ha considerato il regime ordinario di solidarietà, previsto dall’art. 49, comma 4, del Codice dei contratti, incompatibile con l’avvalimento atipico, sul rilevo che le predette regole generali presuppongono il prestito di requisiti tra soggetti appartenenti a settori di attività omogenee od affini. Ravvisando piuttosto identità di ratio tra le regole ad hoc dettate per il raggruppamento temporaneo eterogeneo e l’avvalimento atipico, figure accomunate dalla caratteristica di prevedere l’instaurazione di un meccanismo collaborativo tra soggetti operanti in differenti settori di attività, la sentenza in commento ritiene giustificata la deroga al regime di solidarietà anche nell’avvalimento delineato dall’art. 160 bis, comma 4 bis del D.Lgs. 163/2006.
L’applicazione analogica testè richiamata, consente per di più di superare l’obiezione circa la compatibilità dell’avvalimento de quo con il divieto posto dal Testo unico bancario di cui si è detto, per l’evidente ragione che, essendo la responsabilità in tal modo frazionata tra i due soggetti coinvolti, il finanziatore non assume alcun rischio connesso all’adempimento della prestazioni contrattuali relative alla realizzazione dell’opera.
4.3. Il contraente generale
Tra i soggetti che possono presentare un’offerta in una gara di leasing immobiliare pubblico, accanto al raggruppamento temporaneo e al soggetto finanziatore che si avvale di un costruttore, la norma considera infine il contraente generale (art. 160 bis, comma 2, D.Lgs. 163/2010). La formulazione originaria della disposizione, nell’evocare all’interno della disciplina sulla locazione finanziaria di opere pubbliche questa “figura” concepita per le sole infrastrutture strategiche, non definiva il campo di operatività della misura,
non risultando conseguentemente chiaro se fosse applicabile alle sole grandi opere ovvero in termini generali anche alla realizzazione di altre tipologie di opere pubbliche.
Il terzo decreto correttivo, adeguandosi al rilievo formulato dal Consiglio di Stato nel parere n. 2357 del 14 luglio 2008, ha chiarito che il contraente generale di cui all'articolo 162, comma 1, lettera g), “può partecipare anche ad affidamenti relativi alla realizzazione, all'acquisizione ed al completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità non disciplinati dalla parte II, titolo III, capo IV, se in possesso dei requisiti determinati dal bando o avvalendosi delle capacità di altri soggetti”.
Riguardo all’enucleazione del contraente generale tra i possibili offerenti in una gara per l’aggiudicazione di un contratto di locazione finanziaria in costruendo, si può osservare criticamente come, nel sistema delle infrastrutture strategiche, l’istituto in esame è ricostruito come una modalità di realizzazione di infrastrutture strategiche accanto allo schema contrattuale della concessione, e non come una forma soggettiva di partecipazione alla gara. Lo stesso art. 160 bis, d’altro canto prevede che il contraente generale possa dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione prescritti dalla legge e dal bando di gara presentandosi in associazione temporanea ovvero ricorrerendo all’istituto dell’avvalimento atipico, vale a dire secondo una delle due modalità soggettive di partecipazione più sopra illustrate.
La collocazione della figura all’interno della disciplina del leasing in costruendo, appare in questo senso assumere il significato di consentire sì il ricorso all’istituto del contraente generale per la realizzazione di opere pubbliche diverse dalle infrastrutture strategiche, ma con il vincolo di strutturare l’operazione secondo lo schema causale della locazione finanziaria, sfruttando le particolare forme di flessibilità offerte dalla normativa, con particolare riguardo alla possibilità di eseguire l’opera “con qualsiasi mezzo”, in deroga alla elencazione tassativa ex art. 53 del Codice dei contratti.
Nello specifico, tale possibilità viene trasferita in capo all’affidatario, il quale, in base alla definizione fornita dall’art. 162 e delle disposizioni di cui agli artt. 176 e 177 del
Xxxxxx, non assume la gestione dell’esecuzione dell’opera, bensì assume una prevalente obbligazione di risultato con massima libertà di forme nella realizzazione dell’opera (quindi instaurando rapporti di diritto privato senza di regola applicare il Codice dei contratti) e si fa carico altresì dell’onere relativo “all'anticipazione temporale del finanziamento necessario alla realizzazione dell'opera in tutto o in parte con mezzi finanziari privati”. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, in particolare, è chiaro che nel caso di affidamento a contraente generale ai sensi dell’art. 160 bis del Codice dei contratti, il bando dovrà prevedere l’integrale anticipazione di risorse da parte del contraente generale, e prevedere clausole sui tempi e modi di pagamento del prezzo simili a quelle di un contratto di locazione finanziaria.
Per quanto sinteticamente sopra esposto, nonché per il fatto che il richiamo alla disciplina codicistica delle infrastrutture strategiche16 comporta l’applicazione delle procedure di affidamento di cui agli artt. 176 e 177 sopra citati, sembra doversi concludere che il combinato disposto dei commi 2 e 4 bis dell’art. 160 bis introduca un autonomo sistema di affidamento di opere pubbliche, distinto dalla locazione finanziaria, della quale deve peraltro necessariamente assumere, nei limiti della compatibilità, contenuti ed impostazione, con necessità di indire una specifica gara, mentre non appare corretta la prassi seguita nella stesura dei bandi di gara di collocare la figura del contraente generale tra le forme soggettive di partecipazione.
4.4. La qualificazione dei concorrenti
Trattandosi di affidare un contratto misto, la definizione dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa dei concorrenti non presenta particolari problematicità, trovando nella fattispecie applicazione il criterio della combinazione enunciato dall’art. 15 del Codice dei contratti, ai cui sensi, “L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto, deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di
16Daniele Spinelli, op. cit.
lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”. Pertanto, i concorrenti che partecipano alla gara in una qualunque delle forme soggettive sopra descritte, debbono possedere i requisiti di ordine speciale previsti dagli articoli 40, 41, e 42 del Codice dei contratti.
Il costruttore dovrà dimostrare il possesso dei requisiti per gli esecutori di opere pubbliche stabiliti dal citato art. 40 del D.Lgs. 163/2006 e dalla relativa normativa di attuazione; i requisiti del soggetto finanziatore saranno invece individuati dalla stazione appaltante in conformità alle disposizioni di cui ai successivi articoli 41 e 42.
Ovviamente, per la dimostrazione del possesso dei rispettivi requisiti di ordine speciale, tanto il soggetto finanziatore, quanto il soggetto realizzatore nell’ambito dell’ATI eterogenea ovvero in caso di avvalimento “atipico”, potranno a loro volta partecipare in ATI (od in consorzio ordinario) orizzontale, verticale o mista, rispettivamente con altri costruttori o altri soggetti finanziatori, secondo le disposizioni dell’art. 37 del Codice dei contratti, così come potranno fruire dell’istituto dell’avvalimento ordinario per integrare i propri requisiti di capacità economico- finanziaria e tecnico-organizzativa prescritti dal bando di gara.
Nel caso di affidamento a contraente generale, dal richiamo operato all’articolo 162, comma 1, lettera g), del Codice, discende che lo stesso dovrebbe comunque essere attestato in base allo speciale sistema di qualificazione istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ai sensi degli artt. 186 e ss..
5. La progettazione a base di gara
Fin dalle prime applicazioni dell’istituto del leasing in costruendo si è posta la questione operativa del livello di progettazione da mettere a base di gara. Dell’argomento per vero, si erano occupati l’art. 28 del D.D.L. C-5736, e la legge regionale del Veneto in materia di lavori pubblici più sopra citati, nei quali si proponeva di includere la progettazione esecutiva nell’oggetto del contratto di locazione finanziaria.
Purtuttavia, la norma generale introdotta dalla legge finanziaria 2007, nella sua versione originaria, non affrontava la problematica e solo con il terzo correttivo il
legislatore ha fornito i necessari chiarimenti mediante l’integrazione dell’art. 160 bis del Codice del contratti con il nuovo comma 4 ter, secondo cui “La stazione appaltante pone a base di gara un progetto di livello almeno preliminare. L'aggiudicatario provvede alla predisposizione dei successivi livelli progettuali ed all'esecuzione dell'opera”.
Pertanto, il contratto “misto” di locazione finanziaria per la realizzazione di opere pubbliche può avere ad oggetto, oltre alla prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione dell’opera indicate nella definizione legale di cui all’art. 3, comma 15 bis, del D.Lgs. 163/2006, prestazioni attinenti l’architettura e l’ingegneria, qualora il progetto a base di gara presenti un livello di sviluppo inferiore all’esecutivo.
Con la novella del 2008, dunque, il legislatore ha demandato alla stazione appaltante la facoltà di scegliere tra appalto di sola esecuzione e appalto congiunto di esecuzione e progettazione.
Ciò detto, l’estrema sinteticità della disposizione non consente peraltro di evincere con certezza i possibili modelli applicativi, diversamente dall’art. 53 del Codice dei contratti, che, relativamente all’appalto tradizionale, fornisce indicazioni sufficientemente precise e dettagliate.
Cionondimeno, dalla stessa qualificazione normativa della locazione finanziaria di opere pubbliche come appalto di lavori si potrebbe evincere un decisivo argomento a sostegno della tesi dell’applicabilità alla fattispecie de quo della disciplina del summenzionato art. 53 del D.Lgs. 163/2006, in quanto compatibile.
Orbene, sulla base di un giudizio di compatibilità, tale applicabilità analogica dovrebbe dirsi circoscritta ai soli modelli tipici in esso enucleati: appalto di sola esecuzione indetto sulla base di un progetto definitivo [art. 53, comma 2, lett. a)], appalto di progettazione esecutiva ed esecuzione indetto sulla base di un progetto definitivo, [art. 53, comma 2, lett. b)], appalto di progettazione esecutiva ed esecuzione, previa acquisizione del progetto definitivo in seda di gara, indetto sulla base di un preliminare [art. 53, comma 2, lett. c)].
Non appaiono per contro applicabili, in quanto incompatibili, le disposizioni di cui agli articoli 19 e 20 della L. 109/1994 che, in costanza di regime transitorio ex art. 253, comma 1 quinquies, del Codice limitano il ricorso all’appalto di progettazione ed esecuzione ai casi tassativamente previsti, vincoli che continueranno a sussistere, con l’entrata in vigore del regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice, per i soli contratti sotto soglia secondo quanto dispone l’art. 122, comma 1, secondo periodo, mentre per gli appalti sopra soglia, come noto, terminato il regime transitorio, cesseranno le summenzionate restrizioni, cui subentrerà la piena liberalizzazione dell’istituto.
Diversamente ragionando, si limiterebbero notevolmente le potenzialità di questo strumento contrattuale, sotto il profilo del trasferimento dei rischi di progettazione in capo all’affidatario, contraddicendo la logica stessa dell’operazione di PPP, sicché la scelta sul livello di progettazione a base di gara dovrebbe essere rimessa interamente alla discrezionalità della stazione appaltante.
Sembrano aderire alla su esposta opzione interpretativa in ordine all’applicabilità dell’art. 53 comma 2, del D.Lgs. 163/2006 gli schemi di bando proposti da ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) – ASSILEA (Associazione Italiana Leasing). La prassi peraltro sembra desumere dal silenzio normativo l’attribuzione della massima libertà di scelta in ordine ai possibili modelli applicativi, vista la diversità di comportamenti che è dato registrare nella impostazione delle gare e visto altresì il ricorso a modelli da considerarsi atipici per gli appalti di lavori in senso stretto, in quanto non espressamente contemplati dalla norma in esame. Accanto infatti ai su elencati sistemi realizzativi individuati dall’art. 53, comma 2, non mancano casi di appalti affidati sulla base di un progetto preliminare, in cui il definitivo, anziché essere acquisito in sede di gara, viene dedotto tra le prestazioni contrattuali assieme al progetto esecutivo, secondo uno dei possibili modelli concepiti per altre tipologie contrattuali previste dal Codice dei contratti, vale a dire la concessione di costruzione e gestione (artt. 153, commi 1 e 2) ed il contraente generale (art. 177, comma 2). A tale proposito si può osservare che la
formulazione letterale della disposizione in commento, laddove fa carico all’“aggiudicatario” di provvedere alla predisposizione dei successivi livelli progettuali sembra escludere l’ipotesi considerata dall’art. 53, comma 2, lett. c), per cui lo schema adottato per la locazione finanziaria dovrebbe essere identico al quello della concessione.
Meno controversa, invece, anche alla luce della prassi applicativa, la questione della qualificazione dei progettisti, ancorché il disposto dell’art. 160 bis, comma 4 ter, ometta di regolare questo aspetto.
Applicando nello specifico la disciplina di cui all’art. 15 del D.Lgs. 163/2006 relativa alla qualificazione nei contratti misti, assieme al principio generale sulla qualificazione ad eseguire le prestazioni progettuali nei contratti di progettazione ed esecuzione, desumibile dall’art. 53, comma 317, il bando di gara dovrà predeterminare i requisiti per le prestazioni progettuali da eseguirsi a cura dei soggetti di cui all’art. 90, comma 1, lettere da d) a h). L’affidatario, a sua volta potrà dimostrare il possesso dei prescritti requisiti in proprio, se il costruttore è titolare di un attestato SOA anche per la progettazione, ovvero raggruppandosi con un soggetto qualificato, o, infine, indicandolo in sede di gara.
6. Conclusioni
L’incompiuta tipizzazione dell’istituto della locazione finanziaria di opere pubbliche, nonostante le precisazioni introdotte dal terzo decreto correttivo (D.Lgs. 152/2008), ha lasciato irrisolti numerosi nodi applicativi, come dimostra la varietà di comportamenti delle stazioni appaltanti nella concreta attuazione di questa innovativa modalità di realizzazione delle opere pubbliche, che comunque registra un esponenziale utilizzo a partire dalla sua generalizzata legittimazione ad opera della legge finanziaria 2007.
Un primo profilo di criticità è ravvisabile nella contraddizione tra la qualificazione giuridica del contratto di locazione finanziaria come un appalto di lavori (in applicazione della disciplina dei contratti misti), che configura un contratto unitario, in
17 Ritenuto difatti pacificamente applicabile anche alla concessione di costruzione e gestione sebbene non espressamente richiamato.
contrapposizione e allo schema civilistico che presuppone la stipulazione di due distinti negozi, vale a dire il contratto compravendita/appalto tra finanziatore e fornitore/costruttore e quello di locazione finanziaria tra finanziatore ed utilizzatore, con la precisazione che si tratta di negozi “collegati” stante l’unitarietà economica dell’operazione.
Purtuttavia, la prospettata contraddizione - per contro non ravvisabile nella figura del
c.d. “leasing immobiliare costruito” - dove si aggiudicherebbe un unico contratto d’appalto di servizi finanziari - può essere superata delimitando l’unitaria configurazione del contratto di leasing in costruendo alla fase di gara, essendo la disciplina dei contratti misti preordinata a soddisfare esigenze di tutela della concorrenza sostanziale: ciò che rileva è quindi l’unitarietà della procedura di aggiudicazione (gara unica per la selezione del costruttore e del soggetto finanziatore) e non le modalità di instaurazione del rapporto contrattuale.
Anche con riguardo alle forme collaborative con cui il finanziatore ed il costruttore possono partecipare alla gara, si rende necessario procedere a ricostruzioni interpretative volte a colmare le lacune normative e a ridare coerenza al sistema. Delle tre possibili modalità di partecipazione: ATI eterogenea, avvalimento atipico e contraente generale, per vero, solo le prime due, da indicare nei bandi come tra loro alternative, possono considerarsi tali e, comunque, la relativa disciplina richiede di essere integrata applicando in analogia ed in quanto compatibili, rispettivamente le disposizioni sull’ATI ordinaria e quelle sull’avvalimento di cui all’art. 49 del Codice dei contratti. La figura del contraente generale, mutuata dalle infrastrutture strategiche, può essere piuttosto ricostruita come un sistema realizzativo alternativo alla locazione finanziaria, della quale deve assumerne i contenuti tipici, utilizzabile in via generalizzata dai committenti pubblici.
Infine, quanto al progetto a base di gara, in assenza di precise indicazioni normative, appaiono applicabili alla fattispecie i modelli contemplati dall’art. 53, comma 2, lett. a),
b) e c), del D.Lgs. 163/2006, sulla base di una scelta discrezionale della stazione appaltante.