COLLEGIO DI PALERMO
COLLEGIO DI PALERMO
composto dai signori:
(PA) XXXXXXX Presidente
(PA) MIRONE Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) CIRAOLO Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) DE XXXX Xxxxxx designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(PA) DOMINICI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 15/09/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente chiede all’Arbitro di condannare la resistente all’integrale restituzione delle commissioni di intermediazione, pari ad € 3.420,00, previste da un contratto di finanziamento contro cessione del quinto della retribuzione stipulato il 9/5/2014 ed ancora in regolare ammortamento, oltre € 500,00 a titolo di assistenza tecnica.
Al riguardo, lamenta la vessatorietà, ai sensi dell’art. 33, comma 1, d. lgs. n. 206/05 (Codice del consumo), della clausola relativa alle suddette commissioni, in ragione dell’ammontare spropositato delle medesime (di gran lunga più elevate rispetto al dato medio delle commissioni per i prestiti alle famiglie, diffuso trimestralmente dalla Banca d’Italia). Precisa, in proposito, che il carattere vessatorio di una clausola può anche attenere all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, laddove tale elemento – come nel caso di specie - non sia stato individuato in modo chiaro e comprensibile (art. 34 Cod. cons.). Contesta altresì, a tal proposito, la violazione dell’art. 125-novies TUB, rilevando che, contrariamente al disposto della norma (da leggere unitamente all’art. 34 cit.), nel caso di specie non sarebbe intervenuta tra consumatore e mediatore creditizio alcuna trattativa relativa al compenso spettante a quest’ultimo, né il cliente avrebbe mai
ricevuto dall’intermediario alcuna informazione preventiva in merito (sicché non si potrebbe ritenere integrato il requisito dell’indicazione chiara e comprensibile del corrispettivo e della sua adeguatezza, di cui all’art. 34, comma 2, Cod. cons.). Rileva infine che la clausola in esame – presente su un modulo prestampato, fornito dall’intermediario al cliente - non sarebbe stata in alcun modo oggetto di trattativa individuale, idonea ad escluderne eventualmente il carattere vessatorio.
Costituitosi, l’intermediario eccepisce:
- che il cliente, in sede sia contrattuale che precontrattuale, era stato messo a conoscenza delle condizioni economiche applicate al prestito, dei relativi costi e della natura delle attività remunerate con le commissioni di intermediazione, in linea con gli obblighi di trasparenza richiesti dalla normativa di settore;
- che nell’operazione in questione non è intervenuto alcun mediatore creditizio, bensì un agente in attività finanziaria, cui il ricorrente si sarebbe peraltro rivolto per sua libera scelta;
- che le spese per assistenza difensiva non sono rimborsabili, attesa la facoltatività dell’assistenza da parte di un difensore o di altro consulente tecnico nel procedimento ABF, nonché la natura seriale del ricorso.
Le parti hanno ulteriormente precisato le proprie ragioni mediante repliche alle controdeduzioni e controrepliche, ove, rispettivamente, parte ricorrente ribadisce come i costi commissionali previsti in contratto siano vessatori e poco trasparenti, sottolineandone in particolare la palese eccessività, mentre la resistente ribadisce di avere rispettato gli obblighi di informazione e di trasparenza imposti dalla normativa di riferimento.
DIRITTO
La questione sottoposta al Collegio attiene alla presunta vessatorietà (con conseguente nullità) della clausola che individua i costi di intermediazione nell’ambito di un contratto di finanziamento, quale fonte di un significativo squilibrio, a carico del ricorrente, fra i diritti e i doveri derivanti dal contratto (art. 33 Cod. cons.). In particolare, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 34 Cod. cons. (ove si precisa, come dapprima ricordato, che il carattere vessatorio di una clausola non riguarda l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tale elemento risulti individuato in modo chiaro e comprensibile), nonché dell’art. 125-novies TUB (“Intermediari del credito”), ai sensi del quale, in caso di intervento di un intermediario del credito, il consumatore deve essere informato dell’eventuale compenso da versare a quest’ultimo per i suoi servizi e detto compenso deve costituire l’oggetto di un preventivo accordo con il consumatore, redatto su supporto cartaceo o altro supporto durevole prima della conclusione del contratto di credito.
Ora, con riferimento alla disposizione da ultimo citata, va dato atto che tra il consumatore e l’intermediario del credito intervenuto nella fase di collocamento del finanziamento (nella specie, un agente in attività finanziaria e non un mediatore creditizio, come erroneamente affermato dal ricorrente) non risulta intercorso alcun accordo preventivo, in merito ai costi di intermediazione. È pur vero, tuttavia, che la norma in oggetto (art. 125-novies, comma 2, TUB), ancorché genericamente riferita all’intera categoria degli “intermediari del credito”
- come tale comprensiva anche degli agenti in attività finanziaria – è destinata a disciplinare i soli casi in cui il cliente si rivolge ad un soggetto terzo per ottenere una consulenza nella scelta della più adeguata offerta di finanziamento e/o nell’individuazione di un finanziatore, ossia ad un mediatore creditizio. È solo in questo caso, infatti, che l’intermediario del credito (i.e., mediatore creditizio) ha titolo per richiedere al cliente un compenso per i servizi offerti (essendo l’agente retribuito solo dall’intermediario per conto del quale opera, e non anche dal soggetto finanziato).
Tale conclusione è suffragata dalla recente decisione del Collegio di coordinamento n. 9585 dell’1/08/2017, ove, con riferimento ad un caso analogo a quello in esame, si afferma – superando il precedente orientamento dell’Arbitro richiamato dal ricorrente (Coll. Roma, dec. n. 8014/15) – che “Il rapporto di mandato con l’ente finanziatore, che caratterizza per definizione l’attività dell’agente, porta ad escludere, a pena di un’insanabile incoerenza con il dettato normativo, che tale soggetto, nella fase precontrattuale, possa agire per conto del cliente e quindi che possa richiedere un compenso al cliente stesso per l’opera prestata prima della conclusione del contratto. Nel sistema operativo corrente, in effetti, la remunerazione è normalmente predeterminata nell’accordo che regola i rapporti fra agente e intermediario ed è da quest’ultimo corrisposta. Pertanto, in base al combinato disposto delle su citate norme del T.U. bancario, il Collegio ritiene che la previsione di cui all’art.125-novies, comma 2, del TUB riguardante la pattuizione diretta del compenso con il cliente, non possa trovare applicazione nei confronti dell’attività di agenzia in attività finanziaria. Tale conclusione è coerente con l’interpretazione espressa nelle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia sulla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” (Sez. VII, § 4.2.5- Ed. aggiornata al 2011), in cui si legge: “Nei casi in cui l’intermediario del credito può richiedere al consumatore il pagamento di un compenso per i suoi servizi (mediazione creditizia), ai sensi dell’articolo 125-novies, comma 2, del T.U. il compenso è comunicato al consumatore e costituisce oggetto di accordo su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, prima della conclusione del contratto di credito. Ne consegue che il disposto di cui all’art.125-novies, comma 2, del TUB trova piena applicazione nei confronti dei mediatori creditizi, i quali, a differenza degli agenti, operano su incarico del cliente, cui conseguentemente possono chiedere il pagamento di una provvigione, ma non nei confronti degli agenti in attività finanziaria, posto che questi ultimi agiscono esclusivamente su mandato dell’ente finanziatore”. Il Collegio di coordinamento, pertanto, conclude affermando che “la contestata violazione del disposto di cui all’art. 125-novies, comma 2, con riferimento al “compenso”, è infondata, posto che nella fattispecie i costi di intermediazione previsti nel contratto riguardano l’opera prestata da un agente in attività finanziaria”, dovendosi peraltro ritenere significativo che – come nel caso in esame – “il ricorrente non abbia in alcun modo dedotto di aver corrisposto direttamente un compenso a favore di un intermediario del credito, su richiesta di quest’ultimo”.
Ritenuta dunque l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 125 novies TUB, resta da verificare se la vessatorietà della clausola relativa alle commissioni di intermediazione – considerate dal ricorrente particolarmente esose ed ingiustificate nell’ammontare - possa dipendere da una mancanza di chiarezza e di comprensibilità delle relative previsioni contrattuali (art. 34 Cod. cons.). Questo Collegio, in altri termini, è chiamato a verificare se il consumatore potesse o meno comprendere, sulla base del testo contrattuale, le conseguenze economiche derivanti dalla sottoscrizione della clausola (ossia, in sostanza, se abbia concluso il contratto in modo consapevole e informato), restando invece precluso ogni sindacato circa l’equilibrio economico del contratto (vale a dire una valutazione in merito al “giusto prezzo” delle prestazioni dedotte nel regolamento contrattuale).
Ebbene, a tale proposito, si può osservare come la documentazione negoziale in atti contenga un’indicazione sufficientemente chiara ed intellegibile circa l’ammontare delle commissioni di intermediazione (specificato sub B del prospetto contrattuale), circa l’intervento di un agente in attività finanziaria (comprovato da timbro e sottoscrizione del medesimo, apposti sul modulo contrattuale) e, infine, circa il tipo di attività svolta dall’intermediario del credito. Risulta per via documentale, inoltre, che il ricorrente abbia ricevuto il modulo relativo alle “Informazioni europee di Base sul Credito ai Consumatori”, contenente il set di informazioni utili che il consumatore ha diritto di ottenere, per poter
comprendere e valutare adeguatamente l’offerta di credito. Considerato, dunque, che le disposizioni contrattuali consentivano al ricorrente di individuare in modo inequivoco l’importo destinato all’intermediario del credito, come anche la tipologia di attività remunerate da detto importo, a parere di questo Collegio non sussistono elementi tali da far ravvisare una mancanza di chiarezza e di intellegibilità della clausola negoziale relativa ai costi in esame, idonea a determinarne la vessatorietà (in senso analogo si veda ABF Milano, dec. n. 6364/15; ABF Napoli, dec. n. 5194/13).
Per le ragioni sopra esposte, la domanda formulata in ricorso non può trovare accoglimento.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1