CAPITOLATO SPECIALE D’APPALTO
Direzione Pianificazione e Gestione del Territorio- Sito Unesco Restauro della Cassa Armonica Servizio Programma Unesco e Valorizzazione Città Storica nella Villa comunale Progetto definitivo
CAPITOLATO SPECIALE D’APPALTO
I progettisti
arch. Xxxxxx Xxxxxxxxx arch. Xxxxxxx Xxxxxxx
Il Responsabile del Procedimento
arch. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
CAPITOLATO SPECIALE DI APPALTO INDICE GENERALE
PARTE PRIMA — NORME GENERALI DELL'APPALTO
Art. 1 Oggetto dell'appalto
Art. 2 Ammontare dell'appalto
Art. 3 Distribuzione degli importi
Art. 4 Forma e principali dimensioni delle opere Art. 5 Invariabilità del prezzo — Elenco prezzi Art. 6 Lavori in economia
Art. 7 Nuovi prezzi
Art. 8 Condizioni dell'appalto
Art. 9 Cronoprogramma dei lavori
Art. 10 Piano di qualità di costruzione e di installazione
Art. 11 Programma esecutivo dell'impresa
Art. 12 Variazioni dei lavori
Art. 13 Eccezioni dell'appaltatore — Riserve
Art. 14 Cauzione definitiva
Art. 15 Polizza di assicurazione per danni e responsabilità civile contro terzi
Art. 16 Polizza di assicurazione indennitaria decennale
Art. 17 Garanzie
Art. 18 Subappalto
Art. 19 Consegna dei lavori
Art. 20 Impianto di cantiere e programma dei lavori
Art. 21 Direzione dei lavori
Art. 22 Sospensione e ripresa dei lavori
Art. 23 Certificato di ultimazione dei lavori
Art. 24 Termine di ultimazione dei lavori e penale
Art. 25 Proroghe
Art. 26 Danni di forza maggiore Art. 27 Contabilità dei lavori Art. 28 Conto finale
Art. 29 Pagamenti in acconto
Art. 30 Anticipazioni
Art. 31 Piani di sicurezza
Art. 32 Oneri dell'appaltatore Art. 33 Personale dell'appaltatore Art. 34 Lavoro notturno e festivo
Art. 35 Proprietà degli oggetti ritrovati
Art. 36 Collaudo
Art. 37 Certificato di regolare esecuzione
Art. 38 Anticipata consegna delle opere — Premio di accelerazione
Art. 39 Controversie
Art. 40 Osservanza delle leggi e documenti contrattuali
PARTE SECONDA — MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLE OPERE
Art. 41 Misurazione dei lavori
Art. 42 Valutazione dei lavori, condizioni generali
Art. 43 Valutazione dei lavori a corpo e a misura
Art. 44 Valutazione dei lavori in economia
Art. 45 Accettazione dei materiali
Art. 46 Accettazione degli impianti
Art. 47 Categorie di lavoro, definizioni generali
Art. 48 Metodologie d'indagine
Art. 49 Rilievi — capisaldi — tracciati
Art. 50 Demolizioni
Art. 51 Scavi Rilevati Rinterri
Art. 52 Ponteggi
Art. 53 Interventi di bonifica da vegetazione infestante
Art. 54 Preconsolidamenti
Art. 55 Puliture
Art. 56 Integrazioni
Art. 57 Consolidamenti
Art. 58 Protezione e trattamenti superficiali
Art. 59 Sostituzioni
Art. 60 Opere di tinteggiatura e Verniciatura
Art. 61 Opere in legno
Art. 62 Opere in acciaio e altri metalli Art. 63 Opere in marmo - Pietre naturali Art. 64 Opere in vetro
Art. 65 Opere da lattoniere
Art. 66 Tubazioni
Art. 67 Sigillatura e guarnizioni
Art. 68 Definizioni e prescrizioni generali per impianti
Art. 69 Raccolta acque pluviali Art. 70 Vetrate in cristallo Art. 71 Documentazione
Art. 72 Norme di riferimento Art. 73 Progettazione esecutiva Art. 74 Indagini preliminari
Art. 75 Proprietà del progetto esecutivo
Art. 76 Controllo del progetto esecutivo
Art. 77 Caratteristiche degli elaborati di consegna del progetto
Art. 78 Aggiornamento elaborati grafici
CAPITOLATO SPECIALE D'APPALTO
PARTE PRIMA — Norme generali dell'appalto
L'appalto ha per oggetto:
Art. 1
OGGETTO DELL'APPALTO
a) l'esecuzione di tutte le opere, le somministrazioni e le forniture necessarie per la realizzazione del Progetto di “Restauro della Cassa Armonica presso la Villa Comunale di Napoli”.
Sono compresi nell’appalto la mano d'opera e la fornitura di materiali e mezzi, assistenza e prestazioni complementari finalizzate alla completa esecuzione delle opere contrattualmente definite e sinteticamente descritte al presente articolo.
Sono parte integrante dell'appalto tutte le attività di organizzazione e coordinamento delle varie fasi esecutive, delle modalità di fornitura e della disposizione delle attrezzature che dovranno essere eseguite nella piena conformità con tutta la normativa vigente in materia di lavori pubblici inclusa quella relativa alla prevenzione degli infortuni e di tutela della salute dei lavoratori, nonché la predisposizione degli elaborati esecutivi, non presenti in progetto, da sottoporre alla preventiva approvazione del Direttore dei Lavori ed alla eventuale validazione prima della esecuzione, compatibilmente con la tempistica del cronoprogramma di cui al successivo art. 9.
Le indicazioni del presente capitolato, gli elaborati grafici e le specifiche tecniche allegate forniscono la consistenza quantitativa e qualitativa e le caratteristiche di esecuzione delle opere oggetto del contratto.
b) Redazione del Progetto Esecutivo a carico dell’Appaltatore secondo le disposizioni di legge vigenti in materia di esecuzione di Opere Pubbliche e secondo le maggiori specifiche di cui al presente capitolato speciale di appalto;
Il progetto deve essere sottoscritto da tecnici abilitati nelle competenti materie, cosi come previsto dalla vigente normativa in materia di restauro e Opere Pubbliche
La progettazione esecutiva, da effettuarsi a cura dell’Appaltatore secondo indicazioni contenute nel progetto definitivo, dovrà essere finalizzata all’acquisizione di tutti i dati necessari alla definizione dell’intervento, secondo quanto previsto dall’articolo 244 del D.P.R. 207/2010, e contenere i seguenti elaborati:
1. relazione di intervento;
2. ricerca storica;
3. rilievi e documentazione fotografica;
4. elaborati grafici;
5. indagini diagnostiche;
6. mappatura del degrado;
7. una o più schede tecniche, finalizzate alla puntuale individuazione delle caratteristiche del bene;
8. elenco dei prezzi unitari ed eventuali analisi;
9. computo metrico estimativo;
10. piano di sicurezza e di coordinamento;
11. cronoprogramma;
12. piano di manutenzione dell'opera.
Il Servizio Programma UNESCO e Valorizzazione Città Storica, nella persona del RUP, impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione fissando la data di inizio della stessa e concedendo un termine non superiore a 60 giorni naturali e consecutivi per la sua conclusione.
Il progetto dovrà ottenere il parere della competente Soprintendenza ed essere sottoposto all’approvazione del amministrazione comunale.
L’Amministrazione valuterà, verificando anche quanto prescritto nel precedente articolo, le varianti tecniche migliorative eventualmente proposte dall’affidatario, in fase di redazione del progetto esecutivo dei lavori.
Art. 2 AMMONTARE DELL'APPALTO
L'importo complessivo dei lavori oggetto del presente appalto risulta dal seguente prospetto:
CATEGORIA | IMPORTO | |||
A) | Lavori ( di cui manodopera pari a pari a ) | ; oneri della sicurezza diretti | € | 355.660,12 |
B) | BASE D’ASTA | € | 355.660,12 | |
C) | Oneri Sicurezza non soggetti a ribasso | € | 11.279,43 | |
D) | IMPORTO DEI LAVORI | € | 375.739,55 | |
E) | PROGETTAZIONE ESECUTIVA | € | 8.800,00 | |
F) | Somme a disposizione dell’Amministrazione | € | 94.829,20 | |
TOTALE PROGETTO | € | 470.568,75 |
Art. 3 DISTRIBUZIONE DEGLI IMPORTI
Con riferimento agli importi per lavori a misura e per lavori ed oneri compensati a corpo, compresi nell'appalto, la distribuzione relativa alle varie categorie di lavoro da realizzare, in relazione a quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 43 del D.P.R. 207/10 risulta riassunta nel seguente prospetto:
CATEGORIE DI LAVORI | Importo (€) | Incidenza percentuale |
Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico _ OS2-A, class. II | € 366.939,55 | 97,65 % |
Spese tecniche per progettazione esecutiva | € 8.800,00 | 2,35 % |
N.B IMPORTO ONORARIO PER PROGETTAZIONE ESECUTIVA (esclusa IVA e oneri professionali ) è €. 8.800,00 (soggetta a ribasso). Il compenso è forfettario ed è stato calcolata in base al Decreto Ministeriale 4 aprile 2001(Tabella A classi da I a IX) e, in considerazione del grado di complessità, l’onorario base calcolato è stato ridotto di circa il 30%.
I pagamenti in corso d'opera saranno determinati sulla base delle aliquote percentuali definite nella precedente tabella e la relativa contabilizzazione sarà effettuata in relazione alla quota parte di lavori effettivamente eseguiti.
Le quantificazioni del precedente quadro potranno variare soltanto con le modalità ed entro i limiti percentuali previsti dalla legislazione vigente in materia.
L'importo complessivo del compenso previsto per la realizzazione dell'intera opera deve intendersi fisso ed invariabile.
Art. 4
FORMA E PRINCIPALI DIMENSIONI DELLE OPERE
La forma e le principali dimensioni delle opere che formano oggetto dell'appalto risultano dagli elaborati grafici e dalle specifiche tecniche allegati al contratto di cui formano parte integrante, nonché dalle seguenti indicazioni, salvo quanto eventualmente specificato all'atto esecutivo dal direttore dei lavori.
Sono pertanto comprese nell'appalto le seguenti opere:
Opere provvisionali;
Realizzazione di impianto elettrico;
Restauro superfici metalliche: Pulitura, rimozione, integrazione e/o sostituzione degli elementi metallici ammalorati, protezione;
Ricollocazione in situ degli elementi smontati ( vetri e mensoloni in ghisa) ;
Restauro superfici in vetro: rimozione di vetri, verifica dei sistemi di fissaggio, pulitura e ricollocazione in situ;
Restauro superfici lapidee: Consolidamento, fissaggio, pulitura, integrazione plastica e cromatica, lucidatura e protezione di superfici lapidee;
Restauro superfici lignee: Pulitura, impregnazione e lucidatura di superfici lignee; Lavori in economia;
Trasporti a rifiuto e noli.
La stazione appaltante si riserva l'insindacabile facoltà di apportare, nel rispetto della normativa vigente in materia di lavori pubblici, le modifiche, le integrazioni o le variazioni dei lavori ritenute necessarie per la buona esecuzione dei lavori e senza che l'appaltatore possa sollevare eccezioni o richiedere indennizzi a qualsiasi titolo.
Per le eventuali variazioni dei lavori che dovessero costituire aumento di spesa, nei termini fissati dal comma 3 dell'articolo 205 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni, il costo delle eventuali lavorazioni aggiuntive verrà definito sulla base dell'Elenco prezzi individuato dal presente capitolato.
Art. 5
INVARIABILITÀ DEL PREZZO — ELENCO PREZZI
Il prezzo contrattualmente convenuto è fisso e invariabile e comprende tutte le opere, i lavori, le forniture, la mano d'opera, i mezzi, le attrezzature ed ogni altro onere, anche se non specificamente previsti dal contratto e dal presente capitolato, necessari a dare compiute in tutte le loro parti sia qualitativamente che quantitativamente le opere appaltate.
I prezzi unitari e globali in base ai quali saranno pagati i lavori appaltati risultano dall'Elenco prezzi allegato al contratto e comprendono:
materiali: tutte le spese per la fornitura, trasporti, imposte, perdite, nessuna eccettuata, per darli pronti all'impiego a piè d'opera in qualsiasi punto del lavoro;
operai e mezzi d'opera: tutte le spese per fornire operai, attrezzi e macchinari idonei allo svolgimento dell'opera nel rispetto della normativa vigente in materia assicurativa, antinfortunistica e del lavoro;
lavori: le spese per la completa esecuzione di tutte le categorie di lavoro, impianti ed accessori compresi nell'opera.
I prezzi stabiliti dal contratto, si intendono accettati dall'appaltatore e sono comprensivi di tutte le opere necessarie per il compimento del lavoro e restano invariabili per tutta la durata dell'appalto, fermo restando che il ribasso d'asta non può essere applicato, ai sensi dei vigenti contratti collettivi nazionali dei lavoratori, al costo della mano d'opera.
Nel caso di opere pubbliche non è ammesso procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il primo comma dell'art. 1664 del codice civile che resta, invece, in vigore soltanto per gli appalti privati.
Il prezzo indicato nel precedente articolo 2 deve essere considerato, per le opere pubbliche, un prezzo chiuso, al netto del ribasso d'asta, e può essere aumentato soltanto nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmata nell'anno precedente sia superiore al 2 per cento, applicandolo all'importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l'ultimazione dei lavori. Tale percentuale viene stabilita annualmente dal Ministro dei lavori pubblici (con decreto da emanare entro il 30 giugno di ogni anno) nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento.
Art. 6
LAVORI IN ECONOMIA
I lavori in economia eventualmente contemplati nel contratto d'appalto non danno luogo ad una valutazione a misura ma sono inseriti nella contabilità generale secondo i prezzi di elenco per l'importo delle somministrazioni al lordo del ribasso d'asta.
Gli eventuali lavori in economia, non contemplati dal contratto, che dovessero rendersi indispensabili possono essere autorizzati ed eseguiti solo nei limiti impartiti, con ordine di servizio, dal direttore dei lavori e verranno rimborsati sulla base dell'Elenco prezzi allegato al contratto o dei prezzi elementari dedotti da listini ufficiali o dai listini delle locali camere di commercio ovvero, in difetto, dai prezzi correnti di mercato. L'effettiva necessità, le caratteristiche e l'urgenza di tali lavori in economia non contemplati dal contratto dovranno risultare da un apposito verbale compilato dal direttore dei lavori e firmato anche dal responsabile del procedimento che dovrà essere approvato dalla Stazione appaltante prima dell'esecuzione dei lavori previsti.
L'effettiva liquidazione dei lavori in economia è condizionata alla presentazione di appositi fogli di registrazione, giornalmente rilasciati dal direttore dei lavori, con l'indicazione delle lavorazioni eseguite in corso d'opera e dovrà pertanto essere effettuata con le stesse modalità fissate dal contratto principale d'appalto per la contabilizzazione dei lavori.
Art. 7 NUOVI PREZZI
Qualora, relativamente alle varianti ed ai lavori in economia che si rendessero necessari in corso d'opera, sia richiesta la formulazione di prezzi non contemplati dall'Elenco prezzi contrattualmente definito, dal Prezzario della Regione Campania 2013 e dal prezzario Beni Culturali 2006, il direttore dei lavori procederà alla definizione dei nuovi prezzi sulla base dei seguenti criteri:
applicando alle quantità di materiali, mano d'opera, noli e trasporti, necessari per le quantità unitarie di ogni voce, i rispettivi prezzi elementari dedotti da listini ufficiali o dai listini delle locali camere di commercio ovvero, in difetto, dai prezzi correnti di mercato;
aggiungendo all'importo così determinato una percentuale per le spese relative alla sicurezza;
aggiungendo ulteriormente una percentuale variabile tra il 13 e il 15 per cento, a seconda della categoria e tipologia dei lavori, per spese generali;
aggiungendo infine una percentuale del 10 per cento per utile dell'appaltatore.
La definizione dei nuovi prezzi dovrà avvenire in contraddittorio tra il direttore dei lavori e l'appaltatore e dovrà essere approvata dal responsabile del procedimento; qualora i nuovi prezzi comportino maggiori spese rispetto alle somme previste nel quadro economico, il responsabile del procedimento dovrà sottoporli all'approvazione della stazione appaltante.
Qualora l'appaltatore non dovesse accettare i nuovi prezzi così determinati, la stazione appaltante potrà ingiungergli l'esecuzione delle lavorazioni previste.
Sulla base delle suddette approvazioni dei nuovi prezzi il direttore dei lavori procederà alla contabilizzazione dei lavori eseguiti, salva la possibilità per l'appaltatore di formulare, a pena di decadenza, entro 15 giorni dall'avvenuta contabilizzazione, eccezioni o riserve nei modi previsti dalla normativa vigente o di chiedere la risoluzione giudiziaria della controversia.
Tutti i nuovi prezzi saranno soggetti a ribasso d'asta che non potrà essere applicato, ai sensi dei vigenti contratti collettivi nazionali dei lavoratori, al costo della mano d'opera.
Art. 8 CONDIZIONI DELL'APPALTO
Nell'accettare i lavori oggetto del contratto ed indicati dal presente capitolato l'appaltatore dichiara:
di aver preso conoscenza del progetto delle opere da eseguire, di aver visitato la località interessata dai lavori e di averne accertato le condizioni di viabilità e di accesso, nonché gli impianti che la riguardano;
di aver valutato, nell'offerta, tutte le circostanze ed elementi che influiscono sul costo dei materiali, della mano d'opera, dei noli e dei trasporti;
di aver valutato tutti gli approntamenti richiesti dalla normativa vigente in materia di lavori pubblici, di prevenzione degli infortuni e di tutela della salute dei lavoratori.
L'appaltatore non potrà quindi eccepire, durante l'esecuzione dei lavori, la mancata conoscenza di elementi non valutati, tranne che tali elementi si configurino come cause di forza maggiore contemplate dal codice civile (e non escluse da altre norme del presente capitolato) o si riferiscano a condizioni soggette a possibili modifiche espressamente previste nel contratto.
Con l'accettazione dei lavori l'appaltatore dichiara di avere la possibilità ed i mezzi necessari per procedere all'esecuzione degli stessi secondo le migliori norme e sistemi costruttivi e nella piena applicazione della specifica normativa richiamata al punto c) del presente articolo.
Art.9 CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI
Nell'ambito della redazione degli elaborati del progetto esecutivo si dovrà rispettare il cronoprogramma dei lavori predisposto dalla stazione appaltante, che prevede una durata complessiva di 210 giorni naturali e consecutivi a decorrere dalla data di consegna definitiva dei lavori.
Nell'individuazione del tempo contrattuale riportato nel cronoprogramma, la stazione appaltante o l'appaltatore (nei casi di appalto concorso e di progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere), dovranno tener conto della prevedibile incidenza dei giorni con condizioni atmosferiche sfavorevoli basandosi sulle medie stagionali dell'area interessata.
Le previsioni temporali definite dal cronoprogramma non subiranno variazioni qualora si verificassero dei ritardi nell'esecuzione dei lavori imputabili all'appaltatore.
Nell'ambito della redazione degli elaborati del progetto esecutivo dovrà essere predisposto anche il
cronoprogramma dei lavori che, soprattutto nel caso di lavori compensati a prezzo chiuso, sarà utilizzato perdefinire l'importo delle opere che dovrà essere eseguito a decorrere dalla data di consegna definitiva dei lavori.
Il tempo massimo stabilito dalla Stazione Appaltante per la redazione del Progetto Esecutivo dell’Appaltatore e per lo svolgimento di tutte le prestazioni professionali e specialistiche correlate alla fase di progettazione esecutiva in oggetto è pari a 60 (sessanta) giorni naturali e consecutivi decorrenti decorrenti dalla data di esecutività della determinazione di aggiudicazione definitiva dell’appalto.
Il progetto esecutivo di cui sopra dell’affidatario dovrà adeguarsi al cronoprogramma del progetto generale
,che comprende tutti i tempi, espressi in giorni naturali e consecutivi, necessari per l’esecuzione dei lavori specialistici, di cui al presente capitolato di appalto.
Per la ritardata consegna del progetto esecutivo da parte dell’appaltatore, oltre il termine contrattuale, salvo il caso di ritardo a lui non imputabile, dovrà versare alla stazione appaltante una
penale pecuniaria stabilita nella misura di Euro (€. 25/ venticinque ) per ogni giorno di ritardo. Tale penale corrisponde ad una quantificazione definita, ai sensi dell'articolo 145 del D.P.R.
207/10, in un importo compreso tra lo 0,3 e l'1 per mille giornaliero dell'ammontare netto contrattuale e comunque in una misura complessiva non superiore al 10 per cento dello stesso importo netto contrattuale.
Art. 10
PIANO DI QUALITÀ DI COSTRUZIONE E DI INSTALLAZIONE
Nel caso di opere e impianti di speciale complessità o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico o rispondenti alle definizioni dell'articolo 3, comma 1, lettera l) del D.P.R. 207/2010 e successive modificazioni, l'impresa aggiudicataria dei lavori dovrà redigere un piano di qualità di costruzione e di installazione che dovrà essere sottoposto all'approvazione del direttore dei lavori come prescritto dal punto 18, comma 4 dell’All. XXII di cui all’art. 164 del D. Lgs. 163/2006 e s. m. i. .
Tale documento prevede, pianifica e programma le condizioni, le sequenze, i mezzi d'opera e le fasi delle attività di controllo da porre in essere durante l'esecuzione dei lavori, anche in funzione della loro classe di importanza.
Tutte le lavorazioni del presente capitolato sono suddivise in tre classi di importanza:
critica (strutture, impianti e parti anche indirettamente legate alla sicurezza delle prestazioni e dei livelli di funzionalità richiesti all'opera completata);
importante (strutture, impianti e loro parti legate alla regolarità delle prestazioni richiesti all'opera completata);
comune (tutti i componenti e i materiali non compresi nelle due classi precedenti).
L'appartenenza alle diverse classi di importanza determina alcuni livelli di priorità, oltre che nell'attività di controllo, anche nelle priorità che verranno assegnate:
nell'approvvigionamento dei materiali e nei criteri di qualità richiesti per le singole parti; nella identificabilità dei materiali;
nella valutazione delle eventuali condizioni di non conformità alle specifiche prescrizioni.
Art. 11
PROGRAMMA ESECUTIVO DELL'IMPRESA
Indipendentemente dalla redazione del cronoprogramma di cui all'articolo 40 comma1 del D.P.R. 207/2010, l'appaltatore è obbligato a predisporre, prima dell'inizio dei lavori, come previsto dall'articolo 43, comma 10 del D.P.R. 207/2010, un proprio programma esecutivo nel quale devono essere riportate, per ogni lavorazione, le seguenti informazioni:
una previsione sulla durata dell'esecuzione delle singole lavorazioni;
l'ammontare presunto (parziale e progressivo) dell'avanzamento dei singoli lavori alle date contrattualmente stabilite per la liquidazione dei certificati di pagamento.
Art. 12 VARIAZIONI DEI LAVORI
Le variazioni dei lavori in corso d'opera potranno essere ammesse, sentiti il progettista e il direttore dei lavori, soltanto quando ricorra uno dei seguenti motivi:
per esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari;
per cause impreviste e imprevedibili al momento della progettazione e che interessano la possibilità di utilizzare, senza aumento di costo, nuove tecnologie o materiali in grado di determinare significativi miglioramenti dell'opera;
per imprevisti rinvenimenti di beni durante il corso dell'opera;
nei casi previsti dall'articolo 1664, secondo comma del codice civile;
per il manifestarsi di errori o di omissioni del progetto esecutivo che pregiudicano la realizzazione dell'opera.
Non sono considerati varianti gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio che siano contenuti:
entro un importo del 10 per cento dell'ammontare complessivo dell'appalto per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro;
entro un importo del 5 per cento dell'ammontare complessivo dell'appalto per tutti gli altri lavori;
Tali percentuali sono riferite alle variazioni delle categorie di lavoro dell'appalto rispetto all'importo del contratto stipulato per la realizzazione dell'opera.
Per i beni mobili e immobili di cui all’art.198 del Codice dei Contratti oltre ai casi previsti dall’art.132 possono essere ammesse varianti anche ai sensi dell’art. 205.
Sono ammesse variazioni dei lavori, finalizzate al miglioramento dell'opera, determinate da circostanze sopravvenute e che rientrino nel 5 per cento dell'importo originario del contratto; tali variazioni potranno essere realizzate soltanto qualora possano rientrare entro la somma complessiva stanziata per l'esecuzione dell'opera.
Nel caso di errori o di omissioni del progetto che comportino variazioni dei lavori con un importo superiore al quinto dell'importo originario del contratto, la stazione appaltante procederà alla risoluzione del contratto stesso.
La determinazione del quinto dell'importo originario dovrà essere calcolata sulla base dell'importo del contratto originario aumentato:
− dell'importo per atti di sottomissione per varianti già intervenute;
− dell'ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, riconosciuti all'appaltatore ai sensi dell'articolo 240 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni e degli articoli 201 e 202 del
D.P.R. 207/2010.
Nei casi elencati e previsti dalla normativa vigente, il direttore dei lavori dovrà predisporre la redazione di una perizia di variante da sottoporre all'approvazione della stazione appaltante.
La stazione appaltante, nei limiti di quanto previsto dalla normativa vigente per le opere pubbliche, si riserva la facoltà di introdurre nelle opere oggetto del contratto le opportune varianti finalizzate al miglioramento dell'opera.
L'appaltatore non può introdurre variazioni o addizioni al progetto che non siano disposte dal direttore dei lavori e preventivamente approvate dalla stazione appaltante nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 132 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni.
Art. 13
ECCEZIONI DELL'APPALTATORE — RISERVE
Le eventuali contestazioni insorte su aspetti tecnici relativi all'esecuzione dei lavori vengono comunicate dal direttore dei lavori o dall'appaltatore al responsabile del procedimento che provvederà ad organizzare, entro quindici giorni dalla comunicazione, un contraddittorio per la verifica dei problemi sorti e per la definizione delle possibili soluzioni.
Nel caso le contestazioni dell'appaltatore siano relative a fatti specifici, il direttore dei lavori dovrà redigere un verbale in contraddittorio con l'appaltatore (o, in mancanza, alla presenza di due testimoni) relativo alle circostanze contestate; una copia del verbale verrà trasmessa all'appaltatore che dovrà presentare le sue osservazioni entro otto giorni dalla data di ricevimento, trascorso tale termine le risultanze del verbale si intendono definitivamente accettate.
Il verbale e le osservazioni dell'appaltatore devono essere inviate al responsabile del procedimento. Le contestazioni ed i conseguenti ordini di servizio dovranno essere annotati sul giornale dei lavori.
La decisione in merito alle contestazioni dell'appaltatore dovrà essere assunta dal responsabile del procedimento e comunicata all'appaltatore il quale dovrà uniformarvisi fatto salvo il diritto di iscrivere riserva sul registro di contabilità.
Nel caso di riserve dell'appaltatore in merito alle contestazioni non risolte o alla contabilizzazione dei lavori eseguiti, dovrà essere seguita la seguente procedura:
l'appaltatore firma con riserva il registro di contabilità con riferimento al tipo di lavori contestati;
entro i successivi quindici giorni l'appaltatore, a pena di decadenza, dovrà esplicitare le sue riserve sul registro di contabilità, definendo le ragioni della riserva, la richiesta dell'indennità e l'entità degli importi cui ritiene di aver diritto;
il direttore dei lavori, con specifiche responsabilità, nei successivi quindici giorni dovrà esporre sul registro di contabilità le sue motivate deduzioni con un dettagliato resoconto di tutti gli elementi utili a definire i fatti e valutare le richieste economiche dell'appaltatore.
Art. 14 CAUZIONE DEFINITIVA
Al momento della stipulazione del contratto, l'appaltatore, ai sensi dell’art. 113 del D.Lgs. 163/06, è obbligato a prestare una garanzia fidejussoria nella misura del 10 per cento dell'importo contrattuale; nel caso di aggiudicazione dei lavori con ribasso d'asta superiore al 10%, la garanzia fidejussoria deve essere aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 %; ove il ribasso sia superiore al 20%, l’aumento è di 2 punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 % .
Tale garanzia può essere prestata in numerario, in titoli di Stato o garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, con fidejussione bancaria o mediante polizza assicurativa rilasciata da impresa di assicurazione regolarmente autorizzata nella quale dovrà essere espressamente prevista la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’art. 1957 comma 2 del codice civile e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante.
La suddetta garanzia è fissata, ai sensi dell’art. 123 del D.P.R. 20772010, per l'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto da parte dell'appaltatore, del risarcimento di danni derivati dall'inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme che la stazione appaltante avesse eventualmente pagato in più durante l'appalto in confronto del credito dell'appaltatore, risultante dalla liquidazione finale. Resta, comunque, salva la facoltà della stazione appaltante di rivalersi sugli importi eventualmente dovuti a saldo all'appaltatore per inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e
prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione e sicurezza fisica dei lavoratori presenti in cantiere.
L'appaltatore è obbligato a reintegrare la garanzia di cui la stazione appaltante abbia dovuto valersi, in tutto o in parte, durante l'esecuzione del contratto.
La stazione appaltante ha il diritto di valersi di propria autorità della garanzia anche per le spese dei lavori da eseguirsi d'ufficio, nonché per il rimborso delle maggiori somme pagate durante l'appalto in confronto ai risultati della liquidazione finale. Nel caso di garanzia costituita con deposito di titoli, la stazione appaltante dovrà, senza altra formalità, venderli a mezzo di un agente di cambio.
La garanzia cessa di avere effetto soltanto alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione o, comunque, decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori indicata sul relativo certificato. L'appaltatore deve dimostrare, entro tale periodo, il completo esaurimento degli obblighi contrattuali e l'estinzione di tutti i crediti nei suoi confronti inclusi i versamenti degli oneri sociali previsti dalla normativa vigente per la mano d'opera impegnata e la cui estinzione dovrà essere certificata dai competenti Ispettorati del Lavoro.
Art. 15
POLIZZA DI ASSICURAZIONE PER DANNI E RESPONSABILITÀ CIVILE CONTRO XXXXX
L'appaltatore è obbligato, ai sensi dell'articolo 129 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni, a stipulare una polizza assicurativa a favore della stazione appaltante per tutti i rischi di esecuzione derivanti da qualsiasi causa, salvo quelli legati ad errori di progettazione, azioni di terzi o cause di forza maggiore, che preveda una garanzia completa per la responsabilità civile per danni parziali o totali a terzi nell'esecuzione dei lavori.
Il massimale per l'assicurazione contro la responsabilità civile verso terzi è pari, ai sensi dell’art. 125 comma 2 del D.P.R. 207/2010, al 5 per cento della somma assicurata per le opere con un minimo di 500.000 Euro ed un massimo di 5.000.000 di Euro .
La copertura assicurativa decorre dalla data di consegna dei lavori e cessa alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione dei lavori o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori indicata sul relativo certificato.
L'omesso o ritardato pagamento delle somme dovute dall'appaltatore a titolo di premio non comporta inefficacia della garanzia.
Art. 16
POLIZZA DI ASSICURAZIONE INDENNITARIA DECENNALE
Per i lavori di cui all’art. 129 del D.Lgs. 163/06, l'appaltatore è obbligato a stipulare, ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del D.Lgs. 163/06, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione, una polizza indennitaria decennale a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell'opera ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi.
Il limite di indennizzo della polizza decennale, ai sensi dell’art. 126 del D.P.R. 207/2010, non deve essere inferiore al venti per cento del valore dell'opera realizzata e non superiore al quaranta per cento, nel rispetto del principio di proporzionalità avuto riguardo alla natura dell'opera
L'esecutore dei lavori è altresì obbligato a stipulare, per i lavori di cui al comma 1, una polizza di assicurazione della responsabilità civile per danni cagionati a terzi, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione e per la durata di dieci anni e con un indennizzo pari al cinque per cento del valore dell'opera realizzata con un minimo di 500.000 euro ed un massimo di 5.000.000 di euro. La liquidazione della rata di saldo è subordinata all'accensione delle polizze di cui al presente articolo.
Art. 17 GARANZIE
Salvo il disposto dell'art. 1669 del codice civile e le eventuali prescrizioni del presente capitolato per lavori particolari, l'appaltatore si impegna a garantire la stazione appaltante per la durata di un anno dalla data del verbale di collaudo o certificato di regolare esecuzione per i vizi e difetti, di qualsiasi grado e natura, che diminuiscono l'uso e l'efficienza dell'opera e che non si siano precedentemente manifestati.
Per lo stesso periodo l'appaltatore si obbliga a riparare tempestivamente tutti i guasti e le imperfezioni che si manifestino negli impianti e nelle opere per difetto di materiali o per difetto di montaggio, restando a suo carico tutte le spese sostenute per le suddette riparazioni (fornitura dei materiali, installazioni, verifiche, mano d'opera, viaggi e trasferte del personale).
Per tutti i materiali e le apparecchiature alle quali le case produttrici forniranno garanzie superiori ad un anno, queste verranno trasferite alla stazione appaltante.
A garanzia dell'osservanza, da parte dell'appaltatore, dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, sicurezza, salute, assicurazione e assistenza dei lavoratori dovrà essere operata, sull'importo netto progressivo dei lavori, una ritenuta dello 0,50 per cento ai sensi dell’art. 4 comma 3 del D.P.R. 207/2010. Tali ritenute saranno svincolate in sede di liquidazione del conto finale e dopo l'approvazione del collaudo provvisorio, ove gli enti indicati non abbiano comunicato alla stazione appaltante eventuali inadempienze entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte del responsabile del procedimento.
Art. 18 SUBAPPALTO
Nel caso di opere pubbliche, la stazione appaltante dovrà indicare nel progetto e nel bando di gara le categorie prevalenti ed il relativo importo delle varie lavorazioni inserite nelle opere da realizzare; la quota parte subappaltabile delle suddette categorie prevalenti è definita in una quota non superiore al 30% delle singole categorie.
L'appaltatore che intende avvalersi del subappalto o cottimo dovrà presentare alla stazione appaltante apposita istanza con allegata la documentazione prevista dall'articolo 18, commi 3 e 9 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni; il termine previsto dall'articolo 18, comma 9 della legge 55/90 decorre dalla data di ricevimento della predetta istanza.
Non è considerato - ferma restando l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 3, numero 5 e al comma 6 dell'articolo 18 della legge 55/90 - subappalto l'affidamento dei lavori da parte dei seguenti soggetti ai propri consorziati:
consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro (legge 25.6.1909, n. 422 e succ. modif.) e di consorzi fra imprese artigiane (legge 8.8.1985, n.443);
consorzi stabili costituiti anche in forma di società consortili (art. 2615-ter c.c.) fra imprese individuali, anche artigiane, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro,
Art. 19 CONSEGNA DEI LAVORI
Il termine fissato per la consegna dei lavori è di quarantacinque giorni dalla data di stipula del contratto.
Il direttore dei lavori provvederà alla convocazione formale dell'appaltatore per l'espletamento di tale atto. Nel giorno fissato per la consegna dei lavori le parti si troveranno sul luogo di esecuzione dell'intervento per fare, ove occorre, il tracciamento delle opere da eseguire secondo i piani, i profili e i disegni di progetto dei lavori da eseguire.
Le spese relative alla consegna dei lavori sono a carico dell'appaltatore.
La consegna dovrà risultare da un verbale redatto in contraddittorio tra le parti e dalla data di esso decorre il termine utile per il compimento delle opere; il verbale dovrà contenere i seguenti elementi:
le condizioni dei luoghi, le eventuali circostanze speciali, le operazioni eseguite, i tracciamenti, il posizionamento di sagome e capisaldi;
le aree, cave (con relativi profili) o locali concessi all'appaltatore per l'esecuzione dei lavori;
la dichiarazione che l'area in cui devono essere eseguiti i lavori è libera da persone e cose e che si trova in uno stato tale da consentire il regolare svolgimento delle opere previste.
Il verbale dovrà essere redatto in doppio esemplare firmato dal direttore dei lavori e dall'appaltatore; un esemplare dovrà essere inviato al responsabile del procedimento che, se richiesto, ne rilascerà copia conforme all'appaltatore.
Dalla data del verbale di consegna dei lavori decorre il termine utile per l'ultimazione delle opere contrattuali.
In caso di consegna in via d'urgenza, il direttore dei lavori deve contabilizzare quanto predisposto o somministrato dall'appaltatore per l'eventuale rimborso delle spese in caso di mancata stipula del contratto.
Qualora l'appaltatore non si presenti nel giorno stabilito il direttore dei lavori fisserà una nuova data; trascorsa inutilmente anche la data della seconda convocazione la stazione appaltante ha facoltà di risolvere il contratto e incamerare la cauzione. In ogni caso la decorrenza del termine contrattuale stabilito verrà calcolata dalla data della prima convocazione.
Le parti possono convenire che la consegna dei lavori avvenga in più riprese. In tal caso saranno redatti, di volta in volta, verbali di consegna provvisori ed il termine di ultimazione decorrerà dalla data dell'ultimo verbale di consegna. In caso di consegna parziale dei lavori l'appaltatore è tenuto a presentare un programma di esecuzione dei lavori che preveda la realizzazione prioritaria delle opere situate nelle aree già disponibili.
Qualora, durante la consegna dei lavori, fossero riscontrate delle differenze sostanziali tra lo stato dei luoghi e le indicazioni progettuali, il direttore dei lavori sospenderà il processo di consegna informando prontamente il responsabile del procedimento e indicando le cause e l'entità delle differenze riscontrate.
Nel caso l'appaltatore intenda far valere pretese derivanti dalla riscontrata difformità dei luoghi rispetto alle indicazioni progettuali, dovrà formulare riserva sul verbale di consegna secondo le modalità già indicate nel presente capitolato.
Nel caso di consegna per subentro di un appaltatore ad un altro durante lo svolgimento delle opere, il direttore dei lavori procede alla redazione di un apposito verbale in contraddittorio con i due appaltatori per accertare la consistenza delle opere eseguite, dei materiali, dei mezzi e di quanto verrà consegnato al nuovo appaltatore dal precedente.
Art. 20
IMPIANTO DEL CANTIERE E PROGRAMMA DEI LAVORI
L'appaltatore dovrà provvedere entro 45 giorni dalla data di consegna all'impianto del cantiere che dovrà essere allestito nei tempi previsti dal programma esecutivo dei lavori redatto dallo stesso appaltatore come prescritto dall'articolo 43, comma 10 del D.P.R. 207/10.
In mancanza di tale programma esecutivo l'appaltatore sarà tenuto ad eseguire le varie fasi di lavoro secondo l'ordine temporale stabilito dal cronoprogramma allegato al progetto esecutivo e secondo le eventuali integrazioni disposte dal direttore dei lavori senza che ciò costituisca motivo per richiedere proroghe, risarcimenti o indennizzi.
In presenza di particolari esigenze la stazione appaltante si riserva, comunque, la facoltà di apportare modifiche non sostanziali al cronoprogramma predisposto dal progettista delle opere.
DIREZIONE DEI LAVORI
La stazione appaltante, prima della gara, provvederà, secondo quanto fissato dalla normativa vigente, all'istituzione di un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori e da eventuali assistenti con funzioni di direttori operativi o di ispettori di cantiere.
Il direttore dei lavori ha la responsabilità del coordinamento e della supervisione di tutto l'ufficio e interloquisce, in via esclusiva, con l'esecutore in merito agli aspetti tecnici ed economici del contratto.
Sono competenze del direttore dei lavori:
l'accettazione dei materiali e il controllo quantitativo e qualitativo dei lavori eseguiti;
la verifica della documentazione prevista dalla normativa vigente in materia di obblighi nei confronti dei dipendenti;
la verifica del programma di manutenzione; la predisposizione dei documenti contabili;
la redazione dei verbali, ordini di servizio e atti di trasmissione all'appaltatore;
verifica del corretto andamento complessivo dei lavori e del rispetto del cronoprogramma dei lavori; assistenza alle operazioni di collaudo;
effettuazione di eventuali prove di cantiere sui materiali o sulle opere realizzate;
la segnalazione al responsabile del procedimento, dell'inosservanza, da parte dell'esecutore, della disposizione di cui all'articolo 118, comma 4, del D. Lgs. 163/06 e s. m. i..
In conformità con quanto previsto dagli articoli 149 e 150 del D.P.R. 207/10, il direttore dei lavori provvederà all'assegnazione dei rispettivi compiti ai direttori operativi e ispettori di cantiere eventualmente assegnati all'ufficio di direzione dei lavori.
Il direttore dei lavori impartirà le necessarie disposizioni a mezzo di ordini di servizio da redigere in duplice originale e da comunicare all'appaltatore che sarà tenuto a restituirne una copia debitamente sottoscritta per ricevuta.
Art. 22
SOSPENSIONE E RIPRESA DEI LAVORI
In accordo con quanto fissato dalle clausole contrattuali e qualora cause di forza maggiore, condizioni climatiche od altre simili circostanze speciali impedissero in via temporanea il procedere dei lavori, il direttore dei lavori potrà ordinare la sospensione dei lavori disponendone la ripresa quando siano cessate le ragioni che determinarono la sospensione.
I motivi e le condizioni che hanno determinato la sospensione dei lavori dovranno essere riportati su un verbale redatto dal direttore dei lavori, sottoscritto dall'appaltatore e che dovrà essere inoltrato al responsabile del procedimento entro cinque giorni dalla data della sua compilazione.
Non appena siano venute a cessare le condizioni che hanno determinato la sospensione dei lavori, il direttore dei lavori dispone l'immediata ripresa degli stessi procedendo, in contraddittorio con l'appaltatore, alla redazione di un verbale di ripresa che dovrà essere inoltrato al responsabile del procedimento entro cinque giorni dalla data della sua compilazione.
Per la sospensione disposta nei casi, modi e termini indicati dal primo comma del presente articolo, non spetterà all'appaltatore alcun compenso aggiuntivo.
Per tutta la durata della sospensione dei lavori il tempo trascorso sarà sospeso ai fini del calcolo dei termini fissati nel contratto per l'ultimazione dei lavori.
Qualora la sospensione o le sospensioni, se più di una, avessero una durata complessiva superiore ad un quarto del tempo totale contrattualmente previsto per l'esecuzione dei lavori o quando superino i sei mesi complessivi, l'appaltatore può richiedere lo scioglimento del contratto senza indennità.
Art. 23
CERTIFICATO DI ULTIMAZIONE DEI LAVORI
Non appena avvenuta l'ultimazione dei lavori, l'appaltatore darà comunicazione formale al direttore dei lavori che, previo adeguato preavviso, procederà entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione della avvenuta ultimazione dei lavori alle necessarie operazioni di verifica dei lavori eseguiti in contraddittorio con l'appaltatore redigendo il certificato attestante l'avvenuta ultimazione in doppio esemplare.
Le modalità di compilazione e le disposizioni relative al certificato di ultimazione dei lavori dovranno essere analoghe a quelle prescritte per il verbale di consegna dei lavori.
Nel caso di lavorazioni di piccola entità, che non pregiudichino la funzionalità delle opere, non ancora completate dall'appaltatore, il certificato di ultimazione dei lavori assegnerà a quest'ultimo un termine perentorio, non superiore a sessanta giorni, per l'esecuzione delle necessarie modifiche o sistemazione delle opere stesse; trascorso inutilmente questo termine il certificato di ultimazione dei lavori redatto sarà privo di efficacia e si dovrà procedere alla predisposizione di un nuovo certificato di ultimazione dei lavori che potrà essere redatto soltanto dopo l'effettiva esecuzione degli interventi richiesti.
Art. 24
TERMINE DI ULTIMAZIONE DEI LAVORI E PENALE
Il tempo utile per consegnare ultimati tutti i lavori in appalto, xxx comprese eventuali opere di finitura ad integrazione di appalti scorporati, resta fissato in giorni 210 naturali e consecutivi decorrenti dalla data dell'ultimo verbale di consegna dei lavori.
L'appaltatore, per il tempo impiegato nell'esecuzione dei lavori oltre il termine contrattuale, salvo il caso di ritardo a lui non imputabile, dovrà versare alla stazione appaltante una penale pecuniaria stabilita nella misura di Euro 366 ( euro trecentosessantasei) per ogni giorno di ritardo.
Tale penale corrisponde ad una quantificazione definita, ai sensi dell'articolo 145 del D.P.R. 207/10, in un importo compreso tra lo 0,3 e l'1 per mille giornaliero dell'ammontare netto contrattuale e comunque in una misura complessiva non superiore al 10 per cento dello stesso importo netto contrattuale.
Qualora il ritardo nell'esecuzione dei lavori determini una penale il cui ammontare risulti superiore al limite del 10 per cento dell'importo netto contrattuale, il responsabile del procedimento dovrà promuovere la procedura di risoluzione del contratto per grave ritardo prevista dall'articolo 298 comma 2 del D.P.R. 207/10.
Nel caso di esecuzione delle opere articolata in più parti, le eventuali penali dovranno essere applicate ai rispettivi importi delle sole parti dei lavori interessate dal ritardo.
L'ammontare della penale verrà dedotto dall'importo contrattualmente fissato ancora dovuto oppure sarà trattenuto sulla cauzione.
La penale è comminata dal responsabile del procedimento sulla base delle indicazioni fornite dal direttore dei lavori.
Nel caso sia accertata la non imputabilità all'appaltatore del ritardo o sia riconosciuta una evidente sproporzione tra l'ammontare della penale e gli interessi effettivi della stazione appaltante, l'appaltatore può avanzare formale e motivata richiesta per la disapplicazione totale o parziale della penale; su tale istanza dovrà pronunciarsi la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento, sentito il direttore dei lavori e l'organo di collaudo ove costituito.
Art. 25 PROROGHE
L'appaltatore, qualora per cause a lui non imputabili non sia in grado di ultimare i lavori entro il termine contrattualmente fissato, potrà chiedere una proroga.
La richiesta dovrà essere formulata con congruo anticipo rispetto alla scadenza stabilita e tale richiesta, in ogni caso, non pregiudica i diritti dell'appaltatore per l'eventuale imputabilità della maggior durata a fatto della stazione appaltante.
La risposta in merito all'istanza di xxxxxxx è resa dal responsabile del procedimento, sentito il direttore dei lavori, entro trenta giorni dal suo ricevimento.
Art. 26
DANNI DI FORZA MAGGIORE
Saranno considerati danni di forza maggiore quelli provocati alle opere da eventi imprevedibili o eccezionali e per i quali l'appaltatore non abbia trascurato le ordinarie precauzioni.
L'appaltatore è tenuto a prendere tempestivamente tutte le misure preventive atte ad evitare tali danni o provvedere alla loro immediata eliminazione.
Nessun compenso o indennizzo sarà dovuto all'appaltatore quando a determinare il danno abbia concorso la colpa o la negligenza dell'appaltatore stesso o dei suoi dipendenti.
Nel caso di danni causati da forza maggiore, l'appaltatore dovrà denunciare al direttore dei lavori, entro tre giorni dal verificarsi dell'evento, il fatto a pena di decadenza dal diritto di risarcimento. Il direttore dei lavori, appena ricevuta la denuncia, dovrà redigere un verbale di accertamento che riporti:
— lo stato dei luoghi e delle cose prima e dopo il danno subito;
— le cause dei danni specificando l'eventuale causa di forza maggiore;
— le azioni e misure eventualmente prese preventivamente dall'appaltatore o la conseguente negligenza dello stesso con l'indicazione del soggetto direttamente responsabile;
— lo stato di effettiva osservanza delle precauzioni di carattere generale e delle eventuali prescrizioni del direttore dei lavori.
Dopo il verificarsi di danni di forza maggiore, l'appaltatore non potrà sospendere o rallentare autonomamente l'esecuzione dei lavori, tranne in quelle parti per le quali lo stato delle cose debba rimanere inalterato, su precise istruzioni del direttore dei lavori, fino all'esecuzione dell'accertamento dei fatti.
L'indennizzo per quanto riguarda i danni alle opere, è limitato all'importo dei lavori necessari per l'occorrente riparazione valutati ai prezzi ed alle condizioni stabiliti dal contratto principale d'appalto.
Art. 27 CONTABILITÀ DEI LAVORI
I documenti amministrativi e contabili per l'accertamento dei lavori e delle somministrazioni in appalto sono:
a) il giornale dei lavori;
b) i libretti di misura delle lavorazioni e delle provviste;
c) le liste settimanali;
d) il registro di contabilità;
e) il sommario del registro di contabilità;
f) gli stati di avanzamento dei lavori;
g) i certificati per il pagamento delle rate di acconto;
h) il conto finale e la relativa relazione.
I libretti delle misure, il registro di contabilità, gli stati di avanzamento dei lavori e il conto finale dovranno essere firmati dal direttore dei lavori. I libretti delle misure, le liste settimanali, il registro di contabilità e il conto finale sono firmati dall'appaltatore o da un suo rappresentante formalmente delegato. I certificati di pagamento e la relazione sul conto finale sono firmati dal responsabile del procedimento.
La tenuta di tali documenti dovrà avvenire secondo le disposizioni vigenti all'atto dell'aggiudicazione dell'appalto.
Art. 28 CONTO FINALE
Il conto finale dei lavori oggetto dell'appalto dovrà essere compilato dal direttore dei lavori, insieme alla sua specifica relazione, entro trenta giorni dalla data del certificato di ultimazione dei lavori e trasmesso al responsabile del procedimento che dovrà invitare l'appaltatore a sottoscriverlo entro il termine di trenta giorni.
Qualora l'appaltatore non firmi il conto finale o non confermi le riserve già iscritte nel registro di contabilità, il conto finale dovrà essere considerato come da lui definitivamente accettato.
Art. 29 PAGAMENTI IN ACCONTO
L'appaltatore riceverà, in corso d'opera, pagamenti in acconto sulla base di stati di avanzamento lavori che dovranno essere presentati al raggiungimento dell'importo di € 90.000,00 (euro novantamila/00), al netto delle ritenute.
Il responsabile del procedimento dovrà rilasciare, entro il termine di trenta giorni dalla data di presentazione dello stato di avanzamento redatto dal direttore dei lavori, il certificato di pagamento inviando l'originale e due copie alla stazione appaltante.
La rata di saldo verrà liquidata, previa garanzia fidejussoria rilasciata dall'appaltatore, non oltre il novantesimo giorno dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione.
La contabilizzazione delle opere a misura dovrà essere fatta in base alle quantità dei lavori eseguiti applicando l'elenco prezzi contrattuale.
I lavori eseguiti in economia dovranno essere computati in base a rapporti o liste settimanali ed aggiunti alla contabilità generale dell'opera.
Nel caso di sospensione dei lavori di durata superiore a novanta giorni la stazione appaltante dovrà disporre il pagamento in acconto degli importi maturati fino alla data di sospensione.
Il responsabile del procedimento dovrà dare comunicazione scritta, con avviso di ricevimento, dell'emissione di ogni certificato di pagamento agli enti previdenziali e assicurativi e alla cassa edile.
Progettazione
I corrispettivi relativi alla progettazione esecutiva saranno pagati secondo le modalita previste nel capitolato speciale d’appalto allegato al progetto definitivo. La liquidazione del corrispettivo e subordinata alla presentazione della polizza assicurativa e previa acquisizione del DURC. Non è dovuta nessuna anticipazione del prezzo contrattuale.
Art. 30 ANTICIPAZIONI
È prevista, ai sensi dell’articolo 26 ter della legge 9 agosto 2013 n. 98, la corresponsione in favore dell’appaltatore di un’anticipazione pari al 10 per cento dell’importo contrattuale.
Art. 31
PIANI DI SICUREZZA
Il piano di sicurezza e coordinamento redatto ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e successive modificazioni e i relativi disciplinari integrativi predisposti durante la redazione del progetto esecutivo costituiscono, pena la nullità del contratto di appalto, parte integrante dei documenti contrattuali.
L'appaltatore, entro trenta giorni dall'aggiudicazione delle opere e comunque prima della consegna dei lavori dovrà trasmettere alla stazione appaltante:
— eventuali proposte integrative del piano di sicurezza e coordinamento;
— un piano operativo di sicurezza predisposto dall'impresa o dalle imprese esecutrici dei lavori e finalizzato alle definizioni di dettaglio delle attività di cantiere.
Le eventuali violazioni del piano di sicurezza e coordinamento, previa formale costituzione in mora dell'interessato, costituiranno causa di risoluzione del contratto.
Art. 32
ONERI DELL'APPALTATORE
Sono a carico dell'appaltatore i seguenti oneri e prescrizioni:
− le spese relative alla gara di appalto, alla stipulazione del contratto, compresi i diritti di segreteria, nonché le spese inerenti le copie degli atti e dei disegni anche per pratiche svolte dall'Amministrazione e inerenti i lavori in appalto;
− la formazione del cantiere e l'esecuzione di tutte le opere di recinzione e protezione con esclusione delle sole opere relative alla sicurezza del cantiere;
− la predisposizione degli elaborati esecutivi di progetto;
− la realizzazione, l’installazione e la manutenzione durante tutto il periodo di esecuzione dei lavori, dell’apposito cartello conforme, per colore, disegno e dati in esso contenuti, all'eventuale modello predisposto dall'Amministrazione; il cartello andrà collocato in sito ben visibile, concordato con il Direttore Lavori, entro 10 giorni dalla consegna dei lavori stessi; per le opere con rilevante sviluppo dimensionale ed economico, il Direttore Lavori potrà richiedere che venga installato un numero di tabelle adeguato all'estensione del cantiere; tanto il cartello quanto il sistema di sostegno dello stesso dovranno essere eseguiti con materiali di adeguata resistenza e di decoroso aspetto; la tabella dovrà recare impresse a colori indelebili le diciture riportate nello schema che fornirà la Direzione Lavori, con le opportune modifiche e integrazioni da apportare, ove occorra, in relazione alle peculiarità delle singole opere; in fondo alla tabella dovrà essere previsto un apposito spazio per l'aggiornamento dei dati e per comunicazioni al pubblico in merito all'andamento dei lavori; in particolare dovranno essere indicate in tale spazio, oltre a quanto sopra indicato, anche le sospensioni e le interruzioni intervenute nei lavori, con illustrazione dei motivi che le hanno determinate e con le previsioni circa la ripresa dei lavori e i nuovi tempi di completamento dell'opera; il cartello dovrà rimanere esposto fino all'emissione del certificato di collaudo o di regolare esecuzione;
− le spese di adeguamento del cantiere secondo le prescrizioni del D.Lgs. 81/2008 e successive modificazioni;
− l'installazione delle attrezzature ed impianti necessari al normale e completo svolgimento dei lavori;
− l'approntamento di tutte le opere provvisorie e schermature di protezione;
− le spese per gli eventuali tracciamenti e rilievi dei capisaldi necessari o richiesti dal direttore dei lavori per l'esatto posizionamento e conseguenti verifiche delle opere da realizzare;
− la sistemazione delle strade e dei collegamenti esterni ed interni al cantiere;
− la completa applicazione della normativa antinfortunistica vigente;
− l'installazione della segnaletica necessaria a garantire la sicurezza delle persone e dei veicoli;
− il rispetto e l'applicazione integrale della normativa e degli adempimenti previsti dai contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, sicurezza, salute, assicurazione e assistenza dei lavoratori;
− la vigilanza e guardiania del cantiere sia diurna che notturna e la custodia di tutti i materiali, impianti e mezzi d'opera oltre alla buona conservazione delle opere realizzate fino al collaudo provvisorio o all'emissione del certificato di regolare esecuzione;
− la pulizia del cantiere;
− la fornitura dei locali uso ufficio per la direzione lavori, dei servizi e locali per i lavoratori;
− la fornitura di tutti i mezzi di trasporto, attrezzi e mezzi d'opera necessari all'esecuzione dei lavori e all'approntamento del cantiere;
− le spese per gli allacciamenti provvisori e relativi contributi e diritti dei servizi di acqua, elettricità, gas, telefono e fognature per l'esecuzione dei lavori, il funzionamento del cantiere, i lavori in economia o d'assistenza, incluse le spese di utenza dei suddetti servizi;
− tutti gli adempimenti e l'eventuale assistenza, escluse le spese, nei confronti delle Autorità Amministrative, Enti ed Associazioni aventi il compito di esercitare controlli di qualsiasi genere e di rilasciare licenze di esercizio quali: VV.F., Società Concessionarie di Pubblici Servizi, ACEA, ENEL, Telecom, Comune, Provincia, Regione, etc. compreso l'espletamento di qualsiasi pratica per la richiesta delle autorizzazioni di competenza dei suddetti Enti e per il coordinamento delle visite o controlli eventualmente disposti dagli stessi;
− le spese per il passaggio, per occupazioni temporanee e per il risarcimento di eventuali danni arrecati a proprietà pubbliche, private o persone, durante lo svolgimento dei lavori;
− l'assunzione, per tutta la durata dei lavori, di un direttore di cantiere nella persona di un tecnico professionalmente abilitato, regolarmente iscritto all'albo di categoria e di competenza professionale adeguata ai lavori da eseguire; il nominativo ed il domicilio di tale tecnico dovranno essere comunicati, prima dell'inizio dell'opera, alla stazione appaltante che potrà richiedere in qualunque momento la sostituzione senza che ciò possa costituire titolo per avanzare richieste di compensi;
− ogni occorrenza per le prove di carico e per i collaudi dei manufatti prefabbricati;
− le spese relative alle prove diagnostiche sui manufatti da costruzione;
− le spese per la fornitura delle tabelle e delle fotografie;
− la fornitura sollecita, a richiesta della Direzione Lavori, di tutte le notizie relative all'impiego della mano d'opera per l'appalto;
− l’esecuzione del controllo rigoroso degli elaborati degli impianti tecnologici sia nel caso che gli stessi vengano forniti dal Committente sia nel caso che vengano eseguiti dall'Appaltatore come specificato nel presente Capitolato, essendone in ogni caso l'esclusivo responsabile a tutti gli effetti; gli elaborati forniti dall'Appaltatore su richiesta del Committente dovranno essere eseguiti in conformità a quanto previsto dalle specifiche e diventano esecutivi solo dopo l'approvazione del Committente, che avverrà entro 30 giorni dalla loro consegna. A tale scopo essi dovranno essere consegnati al Committente in tre copie almeno 30 giorni prima del previsto inizio dei relativi lavori; restano a completo carico dell'Appaltatore tutti gli oneri derivanti da eventuali ritardi nella loro presentazione, comprese le modifiche alle opere che fossero nel frattempo iniziate; l'approvazione del progetto da parte del Direttore Lavori non solleva l'Appaltatore, il progettista e il direttore del cantiere, per le rispettive competenze, dalla responsabilità relativa alla stabilità della struttura;
− la predisposizione dei progetti e dei calcoli di dimensionamento e le spese relative agli impianti idrosanitari, antincendio, elettrico ed affini, da redigersi ai sensi di tutte le leggi e regolamenti vigenti, quando non già forniti dalla Committenza allegando specifico progetto esecutivo; in ogni caso a lavori ultimati, se sono state apportate varianti in corso d'opera, l'impresa dovrà fornire alla Direzione Lavori il rilievo esatto del percorso delle tubazioni ed il loro dimensionamento definitivo
riportando tali dati sulle tavole di progetto e allegando diagrammi, schemi di funzionamento e indicazioni manutentive delle apparecchiature installate;
− la redazione della dichiarazione di conformità degli impianti realizzati e di tutti gli allegati e documenti tecnici previsti dalle vigenti norme in materia, nonché il Piano di manutenzione di ciascun impianto, costituito dal Manuale d'uso per la gestione e la conservazione a cura dell'utente, dal Manuale di manutenzione e dal Programma di manutenzione entrambi destinati agli operatori e tecnici di settore;
− spese ed adempimenti legati al Certificato di prevenzione incendi, ove previsto, ai sensi del D.M. 16 febbraio 1982 e della legge 7 dicembre 1984, n. 818 e successive modificazioni ed integrazioni;
− la fornitura periodica, a sua cura e spese, della documentazione fotografica delle opere in corso o già ultimate, nonché dei cantieri e dei mezzi d'opera impiegati, nel numero, nel formato e su supporto stabiliti dal Direttore dei Lavori; resta inteso che i rilevamenti fotografici dovranno essere affidati ad esperti professionisti del ramo.
Art. 33
PERSONALE DELL'APPALTATORE
Il personale destinato dall'appaltatore ai lavori da eseguire dovrà essere, per numero e qualità, adeguato alle opere previste, alle modalità di esecuzione e ai termini di consegna contrattualmente stabiliti e riportati sul cronoprogramma dei lavori.
L'appaltatore dovrà inoltre osservare le norme e le prescrizioni previste dai contratti collettivi, dalle leggi e dai regolamenti sulla tutela, sicurezza, salute, assicurazione e assistenza dei lavoratori impegnati nel cantiere, comunicando, non oltre 15 giorni dalla data di consegna dei lavori, gli estremi della propria iscrizione agli Istituti previdenziali ed assicurativi.
Tutti i dipendenti dell'appaltatore sono tenuti ad osservare:
— i regolamenti in vigore in cantiere;
— le norme antinfortunistiche proprie del lavoro in esecuzione e quelle particolari vigenti in cantiere;
— le eventuali indicazioni integrative fornite dal direttore dei lavori.
L'inosservanza delle predette condizioni costituisce per l'appaltatore responsabilità, sia in via penale che civile, dei danni che, per effetto dell'inosservanza stessa, dovessero derivare al personale, a terzi ed agli impianti di cantiere.
Art. 34
LAVORO NOTTURNO E FESTIVO
Nell'osservanza delle norme relative alla disciplina del lavoro già richiamata e nel caso di ritardi tali da non garantire il rispetto dei termini contrattuali, l'appaltatore, previa formale autorizzazione del direttore dei lavori, potrà disporre la continuazione delle opere oltre gli orari fissati e nei giorni festivi. Tale situazione non costituirà elemento o titolo per l'eventuale richiesta di particolari indennizzi o compensi aggiuntivi.
Art. 35
PROPRIETÀ DEGLI OGGETTI RITROVATI
La stazione appaltante, salvo le competenze ed i diritti sanciti dalla normativa vigente a favore dello Stato, si riserva la proprietà di tutti gli oggetti di interesse storico-archeologico ritrovati nel corso dei lavori.
Il rinvenimento di tali oggetti dovrà essere immediatamente segnalato al direttore dei lavori; l'appaltatore sarà direttamente responsabile dell’eventuale rimozione o danneggiamento dei reperti e dovrà disporre, se necessario, l'interruzione dei lavori in corso.
La temporanea interruzione delle opere dovrà essere formalizzata dal direttore dei lavori e potrà essere considerata, in caso di particolare rilevanza, fra le cause di forza maggiore previste dal presente capitolato.
Art. 36 COLLAUDO
Al termine dell'esecuzione delle opere si procederà con le operazioni di collaudo che dovranno, in ogni caso, essere effettuate entro 6 mesi dalla data del certificato di ultimazione dei lavori.
A compimento delle operazioni di collaudo verrà emesso un certificato di collaudo che avrà carattere provvisorio diventando definitivo, salva l'espressa autonoma approvazione del collaudo da parte della stazione appaltante, dopo due anni dall'emissione del medesimo. Decorso tale termine il collaudo si intende approvato ancorché l'atto formale di approvazione non sia intervenuto entro due mesi dalla scadenza del suddetto termine.
Il certificato di collaudo dovrà essere trasmesso all'appaltatore il quale dovrà firmarlo per accettazione entro venti giorni dalla data di ricevimento con eventuali domande relative alle operazioni di collaudo; le domande dovranno essere formulate con modalità analoghe a quelle delle riserve previste dall'articolo 190 del D.P.R. 207/10. L'organo di collaudo, dopo aver informato il responsabile del procedimento, formulerà le proprie osservazioni alle domande dell'appaltatore.
Il certificato di collaudo dovrà comprendere una relazione predisposta dall'organo di collaudo in cui dovranno essere dichiarate le motivazioni relative alla collaudabilità delle opere, alle eventuali condizioni per poterle collaudare e ai provvedimenti da prendere qualora le opere non siano collaudabili.
Al termine delle operazioni di collaudo, l'organo di collaudo dovrà trasmettere al responsabile del procedimento gli atti ricevuti e i documenti contabili aggiungendo:
− i verbali di visita al cantiere;
− le relazioni previste;
− il certificato di collaudo;
− il certificato del responsabile del procedimento per le correzioni eventualmenrte ordinate dall'organo di collaudo;
− le controdeduzioni alle eventuali osservazioni dell'appaltatore al certificato di collaudo.
Alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio e del certificato di regolare esecuzione, si estinguono di diritto le garanzie fidejussorie prestate ai sensi dell'articolo 129, comma 2 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni e dell'articolo 123 (cauzione definitiva) del D.P.R. 207/10.
Entro novanta giorni dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione la stazione appaltante, previa garanzia fidejussoria, procederà al pagamento della rata di saldo che, comunque, non costituisce presunzione di accettazione dell'opera ai sensi dell'articolo 1666, secondo comma, del codice civile.
Sono a carico dell'appaltatore:
operai e mezzi d'opera necessari ad eseguire le operazioni di collaudo;
il ripristino delle parti eventualmente alterate durante le verifiche di collaudo;
le spese di visita del personale della stazione appaltante per l'accertamento dell'eliminazione delle mancanze riscontrate dall'organo di collaudo.
Qualora l'appaltatore non dovesse ottemperare agli obblighi previsti, il collaudatore disporrà l'esecuzione di ufficio delle operazioni richieste e le spese sostenute saranno dedotte dal credito residuo dell'appaltatore.
Fino alla data di approvazione del certificato di collaudo restano a carico dell'appaltatore la custodia delle opere ed i relativi oneri di manutenzione e conservazione.
Art. 37
CERTIFICATO DI REGOLARE ESECUZIONE
Il certificato di regolare esecuzione, nei casi previsti dalla normativa vigente, viene emesso dal direttore dei lavori entro e non oltre tre mesi dalla data del certificato di ultimazione dei lavori ed è confermato dal responsabile del procedimento.
Il certificato dovrà descrivere le operazioni di verifica effettuate, le risultanze dell'esame dei documenti contabili, delle prove sui materiali e tutte le osservazioni utili a descrivere le modalità con cui l'appaltatore ha condotto i lavori, eseguito le eventuali indicazioni del direttore dei lavori e rispettato le prescrizioni contrattuali.
Con il certificato di regolare esecuzione il direttore dei lavori dovrà dichiarare la collaudabilità delle opere, le eventuali condizioni per poterle collaudare e i provvedimenti da prendere qualora le opere non siano collaudabili.
Art. 38
ANTICIPATA CONSEGNA DELLE OPERE — PREMIO DI ACCELERAZIONE
Qualora la stazione appaltante abbia necessità di utilizzare l'opera eseguita prima dell'effettuazione del collaudo provvisorio è possibile procedere alla presa in consegna anticipata dei lavori alle seguenti condizioni:
− che sia stato eseguito con esito favorevole il collaudo statico delle opere;
− che sia stato richiesto, dal responsabile del procedimento, il certificato di abitabilità o il certificato di agibilità di impianti a rete;
− che siano stati eseguiti gli allacciamenti di tutti gli impianti alle reti dei servizi pubblici;
− che siano state eseguite tutte le prove su materiali e opere previste dal presente capitolato;
− che sia stato redatto un dettagliato stato di consistenza da allegare al verbale di presa in consegna anticipata.
La stazione appaltante può richiedere all'organo di collaudo di verificare che le condizioni prescritte siano state effettivamente soddisfatte; a tale riguardo l'organo di collaudo redige un verbale sottoscritto dal direttore dei lavori e dal responsabile del procedimento nel quale dovrà essere descritto lo stato delle opere e le conseguenti considerazioni dello stesso organo di collaudo sulla loro utilizzabilità.
La presa in consegna anticipata delle opere non assume alcuna rilevanza ai fini delle successive verifiche che verranno effettuate o in merito alle eventuali responsabilità dell'appaltatore.
In caso di consegna anticipata delle opere la stazione appaltante si assume la responsabilità della custodia, della manutenzione e della conservazione delle opere stesse restando comunque a carico dell'appaltatore gli interventi conseguenti a difetti di costruzione riscontrati in sede di collaudo provvisorio o nei modi previsti dalla normativa vigente.
Non sono riconosciuti premi di accelerazione.
Art. 39 CONTROVERSIE
Nel caso di riserve regolarmente iscritte dall'appaltatore nel registro di contabilità, il responsabile del procedimento dovrà valutare l'ammissibilità e la relativa fondatezza acquisendo, entro novanta giorni dall'apposizione dell'ultima riserva, la relazione riservata del direttore dei lavori e, se costituito, dell'organo di collaudo. Dopo aver consultato l'appaltatore sulle condizioni di un eventuale accordo, il responsabile del procedimento dovrà presentare una dettagliata relazione alla stazione appaltante che, nei successivi sessanta giorni, dovrà assumere le proprie determinazioni in merito dandone comunicazione allo stesso responsabile del procedimento e all'appaltatore.
Nel caso di adesione dell'appaltatore alle ipotesi presentate di accordo xxxxxxx, il responsabile del procedimento convocherà le parti per la sottoscrizione di un verbale di accordo bonario.
Ove ciò non risultasse possibile o contrattualmente escluso, tutte le controversie di natura tecnica, amministrativa e giuridica sorte sia durante l'esecuzione che al termine del contratto, saranno demandate ad un collegio istituito presso la Camera Arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell'articolo 241 del D.Lgs. 163/06. L'arbitrato ha natura rituale.
Art. 40
OSSERVANZA DELLE LEGGI E DEI DOCUMENTI CONTRATTUALI
Costituisce parte integrante del presente capitolato l'offerta presentata dall'appaltatore.
Salvo quanto previsto dal presente capitolato e dal contratto, l'esecuzione dell'opera in oggetto è disciplinata da tutte le disposizioni vigenti in materia.
Le parti si impegnano comunque all'osservanza:
a) delle leggi, decreti, regolamenti e circolari emanati e vigenti alla data di esecuzione dei lavori;
b) delle leggi, decreti, regolamenti e circolari emanati e vigenti nella Regione, Provincia e Comune in cui si esegue l'appalto;
c) delle norme tecniche e decreti di applicazione;
d) delle leggi e normative sulla sicurezza, tutela dei lavoratori, prevenzione infortuni ed incendi;
e) di tutta la normativa tecnica vigente e di quella citata dal presente capitolato (nonché delle norme CNR, CEI, UNI ed altre specifiche norme europee espressamente adottate);
f) dell'Elenco Prezzi;
PARTE SECONDA — Modalità di esecuzione delle opere
Art. 41
MISURAZIONE DEI LAVORI
Il direttore dei lavori potrà procedere in qualunque momento all'accertamento e misurazione delle opere compiute in contraddittorio con l'appaltatore o un suo rappresentante formalmente delegato; ove l'appaltatore o il suo rappresentante non si prestasse ad eseguire tali operazioni, gli sarà assegnato un termine perentorio di cinque giorni, scaduto il quale verranno comunque effettuate le misurazioni necessarie in presenza di due testimoni indicati dal direttore dei lavori.
Nel caso di mancata presenza dell'appaltatore alle misurazioni indicate, quest'ultimo non potrà avanzare alcuna richiesta per eventuali ritardi, nella contabilizzazione dei lavori eseguiti o nell'emissione dei certificati di pagamento, riconducibili a tale inottemperanza.
La misurazione e la verifica quantitativa dei lavori eseguiti andrà effettuata, dal direttore dei lavori o dai collaboratori preposti, in prima stesura sui libretti delle misure che costituiscono il documento ufficiale ed iniziale del processo di registrazione e contabilizzazione delle opere eseguite da parte dell'appaltatore ai fini della loro liquidazione. Tale contabilizzazione dovrà essere effettuata, sotto la piena responsabilità dello stesso direttore dei lavori, nei modi previsti dalla normativa vigente in materia ed in particolare dal
D.P.R. 207/10.
Art. 42
VALUTAZIONE DEI LAVORI, CONDIZIONI GENERALI
Nei prezzi contrattuali sono compresi tutti gli oneri ed obblighi richiamati nel presente capitolato e negli altri atti contrattuali che l'appaltatore dovrà sostenere per l'esecuzione di tutta l'opera e delle sue parti nei tempi e modi prescritti.
L'esecuzione dell'opera indicata dovrà, comunque, avvenire nella completa applicazione della disciplina vigente relativa alla materia, includendo tutte le fasi contrattuali, di progettazione, di messa in opera, di
prevenzione infortuni e tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, includendo qualunque altro aspetto normativo necessario al completamento dei lavori nel rispetto della normativa generale e particolare già citata.
I prezzi contrattualmente definiti sono accettati dall'appaltatore nella più completa ed approfondita conoscenza delle quantità e del tipo di lavoro da svolgere rinunciando a qualunque altra pretesa, di carattere economico, che dovesse derivare da errata valutazione o mancata conoscenza dei fatti per motivi legati ad una superficiale valutazione del progetto da parte dell'appaltatore.
Le eventuali varianti che comportino modifiche al progetto dovranno essere ufficialmente proposte dal direttore dei lavori, nei modi previsti dall'articolo 205 del D.Lgs. 163/06 e successive modificazioni e contabilizzate secondo le condizioni contrattuali previste per tali lavori; non sono compresi, nella categoria delle variazioni in corso d'opera, i lavori di rifacimento richiesti per cattiva esecuzione o funzionamento difettoso che dovranno essere eseguiti, su richiesta del direttore dei lavori, a totale carico e spese dell'appaltatore.
Il prezzo previsto per tutte le forniture di materiali e di impianti è comprensivo, inoltre, dell'onere per l'eventuale posa effettuata anche in fasi o periodi diversi di tempo, qualunque possa essere l'ordine di arrivo in cantiere dei materiali forniti dall'appaltatore.
Le norme riportate in questo articolo si applicano per tutti i lavori indicati dal presente capitolato (eseguiti in economia, a misura, a corpo) e che saranno, comunque, verificati in contraddittorio con l'appaltatore nei modi previsti; si richiama espressamente, in tal senso, l'applicazione dell'Elenco prezzi indicato contrattualmente individuato dai documenti che disciplinano l'appalto.
Art. 43
VALUTAZIONE DEI LAVORI A CORPO E A MISURA
Il prezzo a misura indicati nel presente capitolato comprende e compensa tutte le lavorazioni, i materiali, gli impianti, i mezzi e la mano d'opera necessari alla completa esecuzione delle opere richieste dalle prescrizioni progettuali e contrattuali, dalle indicazioni del direttore dei lavori e da quanto altro, eventualmente specificato, nella piena osservanza della normativa vigente e delle specifiche del presente capitolato.
Sono incluse nell'importo a corpo tutte le opere che si trovano sopra il piano eventualmente indicato (e cioè il piano di demarcazione fra le opere a corpo e quelle a misura) o chiaramente individuate negli elaborati a tale scopo ovvero espressamente descritte nel contratto e nel presente capitolato, comprendendo tutte le lavorazioni e parti di esse necessarie per dare l'opera completamente finita in ogni dettaglio. In mancanza di tale definizione per le opere che dovranno essere computate a corpo e quelle da calcolare a misura, tutti i lavori oggetto del presente capitolato dovranno intendersi parte integrante dell'unico appalto complessivo delle opere e di tutte le lavorazioni previste, considerato esclusivamente a corpo senza esclusioni di sorta.
Sono, inoltre, comprese tutte le finiture delle murature, le opere esterne indicate dal progetto, le parti di impianti che si trovassero al di sotto del piano suddetto, gli allacciamenti alle reti urbane di energia elettrica, gas, telefono, acqua, etc. sia eseguiti direttamente dall'appaltatore che dalle Società interessate alle quali l'appaltatore è obbligato a prestare l'assistenza richiesta.
OPERE ESCLUSE DAI LAVORI A CORPO
Salvo quanto previsto nel presente paragrafo, potranno essere valutate a parte (a misura od in base all'Elenco prezzi citato) le seguenti opere:
a) tutti i movimenti terra previsti;
b) le opere di fondazione situate al di sotto del piano indicato (sul progetto, nel contratto o nel presente capitolato) come separazione dei lavori da eseguire a corpo e quelli a misura;
c) le opere di sistemazioni esterne (rampe, muri di contenimento, recinzioni, etc.);
d) le opere o le quantità di lavori eseguiti in più od in meno di quanto indicato nel progetto, nel contratto o nel capitolato ed ufficialmente autorizzati o richiesti dal direttore dei lavori.
Tali opere potranno essere escluse dall'importo a corpo solamente nel caso di indicazione espressa nelle specifiche tecniche (progetto, contratto, capitolato) con la chiara definizione di quanto escluso dallo stesso importo a corpo. In caso di mancata esclusione di opere o parti di esse chiaramente identificate, tutti i lavori previsti o necessari alla realizzazione di quanto indicato nel contratto principale di appalto si intenderanno inclusi nel prezzo complessivo stabilito che dovrà, pertanto, essere considerato comprensivo di tutte le opere e lavorazioni necessarie a dare l'intervento compiuto in ogni sua parte.
DISPOSIZIONI
L'appaltatore è tenuto ad eseguire le opere indicate in base ai disegni di progetto ed alle prescrizioni già citate senza introdurre alcuna variazione che non sia ufficialmente autorizzata nei modi previsti dalla normativa vigente; eventuali modifiche di quota nei piani di fondazione (con conseguente spostamento dell'eventuale piano di demarcazione fra le opere a corpo e quelle a misura) saranno oggetto di una nuova definizione delle quantità dei lavori a misura da eseguire e che verrà immediatamente formalizzata.
L'eventuale calcolo del volume dei singoli fabbricati sarà eseguito moltiplicando la superficie della sezione orizzontale dell'edificio (riferita alle murature esterne escludendo rivestimenti particolari o decorazioni sulle facciate) per l'altezza dell'edificio. Tale altezza, nel caso di copertura piana, sarà misurata dal piano individuato sui disegni fino alla quota media del pavimento finito della terrazza di copertura; nel caso di copertura a tetto, l'altezza sarà misurata dal piano sopra indicato fino alla quota della linea di gronda.
Dal volume, che ha valore indicativo, così calcolato non saranno detratti i vuoti di logge, rientranze, chiostrine etc., né saranno aggiunti i volumi degli aggetti, di cabine per impianti o altri volumi tecnici.
Per gli edifici con piani a superfici variabili od impostate a quote differenti, il volume finale sarà la somma dei volumi dei vari piani o solidi geometrici nei quali verrà scomposto il fabbricato.
CRITERI PER LA VALUTAZIONE DELLE LAVORAZIONI A MISURA
Tutte le opere da valutare a misura dovranno essere computate secondo i criteri riportati di seguito.
Tutti i prezzi dei lavori valutati a misura sono comprensivi delle spese per il carico, la fornitura, il trasporto, la movimentazione in cantiere e la posa in opera dei materiali includendo, inoltre, le spese per i macchinari di qualsiasi tipo (e relativi operatori), le opere provvisorie, le assicurazioni ed imposte, l'allestimento dei cantieri, le spese generali, l'utile dell'appaltatore e quanto altro necessario alla completa esecuzione dell'opera in oggetto.
Viene quindi, inoltre, stabilito che tutte le opere incluse nei lavori a misura elencate di seguito si intenderanno eseguite con tutte le lavorazioni, i materiali, i mezzi e la mano d'opera necessari alla loro completa corrispondenza con le prescrizioni progettuali e contrattuali, con le indicazioni del direttore dei lavori, con le norme vigenti e con quanto previsto dal presente capitolato senza altri oneri aggiuntivi di qualunque tipo da parte della stazione appaltante.
Il prezzo stabilito per i vari materiali e categorie di lavoro è comprensivo, inoltre, dell'onere per la posa in opera, anche in periodi di tempo diversi, dei materiali forniti dall'appaltatore indipendentemente dall'ordine di arrivo degli stessi in cantiere.
VALUTAZIONE DEI MANUFATTI E DEI MATERIALI A PIÈ D’OPERA
In sede di contabilizzazione delle rate di acconto di cui all’art. 29 del presente Capitolato, all’importo dei lavori eseguiti è aggiunta la metà di quello dei materiali provvisti a piè d’opera, destinati ad essere
impiegati in opere definitive facenti parte dell’appalto ed accettati dal Direttore dei Lavori, da valutarsi a prezzo di contratto o, in difetto, ai prezzi di stima.
I materiali e i manufatti portati in contabilità rimangono a rischio e pericolo dell’appaltatore, e possono sempre essere rifiutati dal Direttore dei Lavori ai sensi dell’art. 18, comma 1 del Cap. Gen. 145/2000.
NORME PER LA MISURAZIONE E VALUTAZIONE DEI LAVORI
Le norme di misurazione per la contabilizzazione sono le seguenti.
RIMOZIONI E DEMOLIZIONI
I prezzi relativi ai lavori che ammettono demolizioni, anche parziali, dovranno intendersi sempre compensati di ogni onere per il recupero del materiale riutilizzabile e per il carico e trasporto a rifiuto di quello non riutilizzabile.
a) Demolizione di murature: verrà, in genere, pagata a volume di muratura concretamente demolita, comprensiva di intonaci e rivestimenti a qualsiasi altezza; tutti i fori, pari o superiori a 2 m², verranno sottratti.
Potrà essere accreditata come demolizione in breccia quando il vano utile da ricavare non supererà la superficie di 2 m², ovvero, in caso di demolizione a grande sviluppo longitudinale, quando la larghezza non supererà i 50 cm.L’appaltatore potrà reimpiegare i materiali di recupero, valutandoli come nuovi, in sostituzione di quelli che egli avrebbe dovuto approvvigionare ossia, considerando lo stesso prezzo fissato per quelli nuovi oppure, in assenza del prezzo, utilizzando il prezzo commerciale detratto, in ogni caso, del ribasso d’asta. L’importo complessivo dei materiali così valutati verrà detratto dall’importo netto dei lavori.
b) Demolizione di tramezzi: dovrà essere valutata secondo l’effettiva superficie (m²) dei tramezzi, o delle porzioni realmente demolite, comprensive degli intonaci o rivestimenti; detraendo eventuali aperture dimensionalmente pari o superiori a 2 m².
c) Demolizione di intonaci e rivestimenti: la demolizione, a qualsiasi altezza, degli intonaci dovrà essere
computata secondo l’effettiva superficie (m²) asportata detraendo, eventuali aperture dimensionalmente pari o superiori a 2 m², misurata la luce netta, valutando a parte la riquadratura solo nel caso in cui si tratti di murature caratterizzate da uno spessore maggiore di 15 cm.
d) Demolizione di pavimenti: dovrà essere calcolata, indipendentemente dal genere e dal materiale del pavimento per la superficie compresa tra le pareti intonacate dell’ambiente; la misurazione comprenderà l’incassatura dei pavimenti nell’intonaco. Il prezzo sarà comprensivo dell’onere della, eventuale, demolizione dello zoccolino battiscopa indipendentemente dalla natura.
e) Rimozione e/o demolizione dei solai: questa operazione dovrà essere valutata a superficie (m²) in base alle luci nette delle strutture. Nel prezzo delle rimozioni e/o demolizioni dei solai saranno comprese:
– la demolizione del tavolato con sovrastante cretonato o sottofondo e dell’eventuale soffitto su arellato o rete se si tratta di struttura portante in legno;
– la demolizione completa del soffitto e dei pavimento, salvo che non risulti prescritta e compensata a parte la rimozione accurata del pavimento, se si tratta di struttura portante in ferro;
– la demolizione del pavimento e del soffitto, salvo che non risulti prescritta la rimozione accurata del pavimento se si tratta del tipo misto in c.a. e laterizio.
f) Rimozione della grossa orditura del tetto: dovrà essere computata al metro quadrato misurando geometricamente la superficie delle falde del tetto senza detrarre eventuali fori. Nel caso la rimozione interessi singoli elementi o parti della grossa orditura, verrà computata solamente la parte interessata; nel prezzo dovrà essere compensato anche l’onere della rimozione di eventuali dormienti.
APPARATI DECORATIVI
Per gli apparati decorativi, trattandosi di interventi specialistici che interesseranno il reale sviluppo superficiale del manufatto, andranno esclusi i sistemi di misurazione che implicheranno proiezioni in piano o valutazioni vuoto per pieno. Si procederà, pertanto come di seguito specificato:
a) manufatti da valutare a corpo: tutti quei manufatti complessi, costituiti da materiali di natura diversa, di dimensioni ridotte, di forma complessa o che presentino finiture particolarmente e finemente lavorate;
b) manufatti da valutare a misura: secondo le seguenti prescrizioni.
– Cornici, fasce, mostre modanature, balaustre di altari per manufatti di fattura complessa e fortemente lavorati dovrà essere calcolata la superficie inscrivibile in forma geometrica regolare moltiplicata per la lunghezza. Per manufatti semplici dovrà essere calcolata la superficie effettiva tramite lo sviluppo del profilo per la lunghezza della loro membratura più sporgente. Il prezzo dovrà comprendere il compenso per la lavorazione degli spigoli. A compenso della maggiore forma dei risalti, la misura di lunghezza verrà aumentata di 0,40 m per ogni risalto. Saranno considerati risalti quelli determinati da lesene, pilastri e linee di distacco architettonico che impongano un doppio profilo.
– Bugnati, anteridi e cassettoni: i bugnati e le anteridi comunque gettati, ed i cassettonati, qualunque sia la loro profondità, verranno misurati secondo la loro proiezione su di un piano parallelo al paramento di fondo, senza tenere conto dell’incremento di superficie prodotto dall’aggetto delle bugne ovvero dei cassettoni. I prezzi dei bugnati resteranno validi ed immutabili qualunque sia la grandezza, la configurazione delle bozze e la loro disposizione in serie (continua o discontinua).
– Sculture a tutto tondo: per le sculture a tutto tondo dovrà essere misurata la superficie laterale del cilindro medio circoscrivibile incrementato del 20% per sculture di decoro semplice, del 40% per sculture di decoro complesso. Il cilindro medio dovrà essere misurato rilevando la circonferenza in almeno quattro punti significativi escludendo quelle minime (collo, caviglia, polso ecc.). Le parti molto aggettanti non dovranno essere incluse nel cilindro medio, ma calcolate con gli stessi criteri e ad esso sommate. Nel caso di sculture cave, la valutazione sarà da esprimersi a corpo.
– Xxxxxxx, fregi: il manufatto andrà inquadrato in una o più forme geometriche piane e regolari. Lo sviluppo della superficie sarà incrementato del 20% per bassorilievi, del 40% per rilievi medi, del 60% per altorilievi. Per altorilievi molto aggettanti l’incremento andrà valutato a seconda del caso. Potranno eventualmente essere assimilabili a sculture a tutto tondo o richiedere incrementi sino al 100%.
– Dipinti: se non riconducibili in forme geometriche semplici e di facile valutazione si dovrà ricorrere al calcolo della loro superficie effettiva con le formule più idonee della geometria.
– Manufatti archeologici: i manufatti (sia oggetti integri sia frammenti) riconducibili a semplici forme geometriche, saranno inquadrati nella suddetta forma di riferimento. Per tutti gli altri manufatti, la superficie verrà computata moltiplicando lo sviluppo del loro profilo per la circonferenza del minimo cilindro circoscrivibile. Gli elementi applicati dovranno essere valutati con gli stessi criteri e sommati. Il computo metrico dovrà comprendere anche la misura della superficie interna misurabile.
Nel prezzo di tutte le decorazioni dovrà essere compreso l’onere per l’ossatura (nei casi in cui gli elementi non superino l’aggetto di 5 cm), per l’abbozzatura dei bugnati, per l’arricciatura della malta, per l’intonaco di stucco perfettamente profilato ed eventualmente levigato, per le xxxxxx, i calchi, le forme, per l’esecuzione dei campioni-modello nonché tutto quanto occorra a condurre le opere in stucco perfettamente a termine.
Per lavorazioni particolarmente disagevoli potranno essere valutati i seguenti incrementi:
– Interventi su volte, soffitti, settori circolari si calcolerà l’effettivo sviluppo geometrico aumentato del 10% nel caso di volte e soffitti (maggior onere per superfici rivolte verso il basso).
– Ambienti disagiati (ad es., ipogei, ambienti urbani ad alta densità di traffico) si applicherà l’incremento previsto in progetto per disagi conseguenti alla distanza del sito o a particolari condizioni climatiche e/o ambientali. Tale incremento sarà da valutare anche per opere ubicate in siti isolati di difficile accesso.
OPERAZIONI DI PRECONSOLIDAMENTO
La valutazione di dette operazioni (ristabilimento parziale della coesione di materiale lapideo, ristabilimento della coesione degli intonaci per mezzo di pennelli, siringhe e pipette), data l’evidente difficoltà di stabilire l’esatta misura delle porzioni di materiale che necessitano l’esecuzione di questo intervento, verrà espressa secondo diversi criteri:
– a metro quadrato con un prezzo distinto secondo la percentuale di diffusione del fenomeno di degrado;
– a singolo intervento per una diffusione del fenomeno entro il decimetro quadrato cui vanno riportati i casi al di sotto di questa misura;
La stesura di uno strato protettivo a base di malta idraulica su superfici disgregate lapidee o mosaici verrà valutata a singolo intervento per una diffusione del fenomeno entro il decimetro quadrato.
L’applicazione e la rimozione di bendaggi protettivi sarà valutata con un prezzo al decimetro quadrato nel caso di preconsolidamento su materiale lapideo e mosaici al metro quadrato nel caso di stucchi, intonaci e dipinti murari. Data la funzione di sostegno, la superficie da bendare dovrà sempre eccedere l’estensione del fenomeno di degrado che ne richiederà l’applicazione. La superficie minima sarà pari a un decimetro quadrato nel caso di materiale lapideo e mosaici ovvero, pari a 0,5 m² per stucchi, intonaci e dipinti murari a cui andranno riportati anche i casi di bendaggi al disotto di queste misure.
Il ristabilimento dell’adesione e della coesione della pellicola pittorica sarà stimato in metri quadrati o parti di metro quadrato delle porzioni di materiale interessato in maniera diffusa da distacchi o disgregazioni.
Il puntuale bloccaggio delle tessere mobili della superficie mosaicata sarà valutato a singolo intervento.
OPERAZIONI DI PULITURA
La valutazione di tutte le operazioni di pulitura eseguite su materiale lapideo, stucchi, dipinti murari, intonaci e mosaici (con sostante solventi a tampone o a pennello, a secco, ad umido, con impacco ecc.) sarà eseguita al metro quadrato o parti di metro quadrato delle porzioni di materiale interessate in maniera diffusa da strati e/o depositi soprammessi. Le rifiniture saranno valutate al decimetro quadrato per materiali lapidei ovvero al metro
quadrato per stucchi e dipinti murari. Nel caso di puliture di dipinti murari nel suddetto prezzo sarà esclusa l’incidenza del risciacquo con acqua distillata e l’applicazione di materiale assorbente per l’estrazione di Sali solubili e dei residui dei sali utilizzati per l’operazione di pulitura; le suddette operazioni saranno valutate al metro quadrato.
Allorché si parli di cicli di applicazione questi dovranno essere intesi come l’insieme di operazioni costituito dall’applicazione del prodotto indicato secondo il metodo descritto dalla D.L. e dalla successiva rimozione meccanica o manuale delle sostanze da esso solubilizzati.
Nell’uso della nebulizzazione o dell’automazione per puliture di materiali lapidei saranno a carico
dell’appaltatore ed inclusi nel prezzo la canalizzazione delle acque di scarico e la protezione delle superfici circostanti mediante gomme siliconiche, teli di plastica e grondaie.
OPERAZIONI DI DISERBO E TRATTAMENTO DA ATTACCHI BIOLOGICI
Alla rimozione di vegetazione superiore saranno riferiti due diversi tipi di valutazione uno al metro quadrato uno al metro lineare tra loro alternativi; ciò in considerazione del fatto che questo fenomeno può verificarsi sia su ampie zone di diffusione sia lungo elementi rettilinei quali cornici, angoli, marcapiani oppure lungo fratture o fessure.
OPERAZIONI DI RIMOZIONI DI STUCCATURE O DI ELEMENTI NON IDONEI APPLICATI IN PRECEDENTI INTERVENTI
La valutazione del prezzo per la rimozione di stuccature (profondità massima 3 cm) non idonee eseguite nel corso di precedenti interventi seguirà tre criteri:
– al metro nei casi di stuccature con forma lunga e molto sottile servite per chiudere o sigillare fessurazioni;
– al metro quadrato nei casi di stuccature o rifacimenti abbastanza estesi (oltre il metro quadrato);
– al decimetro quadrato nei casi di stuccature con estensione al di sotto del metro quadrato sarà in ogni caso utile dare tre diverse stime ovverosia entro 5 dm² tra 5 e 20 dm² tra 20 e 1 m².
La durezza del materiale utilizzato per le stuccature (gesso, calce, cemento, resina ecc.) resterà un criterio fondamentale di distinzione dei costi in quanto inciderà direttamente e sensibilmente sui relativi tempi di esecuzione così come lo stato di conservazione del manufatto modificherà, altrettanto sensibilmente, il tempo necessario alla rimozione.
Per l’asportazione di elementi metallici la valutazione sarà espressa per ciascuno elemento rimosso e sarà altresì differenziata a seconda dell’adesivo con cui saranno stati vincolati e della lunghezza degli stessi elementi.
La rimozione temporanea di inserti in pietra o di fasce, cerchiature o grosse staffe sarà valutata per ogni singolo intervento (previo eventuale progetto).
OPERAZIONI DI DISTACCO E RIADESIONE DI SCAGLIE, FRAMMENTI E PARTI PELLICOLANTI O CADUTE
Le operazioni in oggetto saranno valutate a singolo frammento in linea generale potranno essere individuate due categorie con relative valutazioni: frammento di dimensioni limitate che comprenderà sia la scaglia sia il pezzo più pesante ma comunque maneggiabile da un singolo operatore, frammento di grandi dimensioni che comprenderà un complesso di operazioni preparatorie e collaterali. In entrambi i casi qualora si rivelasse necessaria un’operazione di bendaggio preliminare questa sarà contabilizzata a parte secondo le indicazioni fornite alla relativa voce. Saranno altresì esclusi gli oneri di eventuali controforme di sostegno che dovranno essere aggiunti al costo dell’operazione.
La riadesione di frammenti di dimensioni limitate già distaccati o caduti, sarà valutata sempre al pezzo singolo e prevedrà una differenziazione di difficoltà nel caso di incollaggi semplici e di incollaggi con inserzioni di perni. In questo ultimo caso saranno contemplate ulteriori valutazioni dovute alla possibilità o meno di sfruttare eventuali vecchie sedi di perni, alla diversa lunghezza e al diverso materiale dei perni (titanio, acciaio inox, carbonio ecc.).
Il consolidamento di grosse fratture mediante iniezione di consolidanti e adesivi (organici ed inorganici) avrà una valutazione al metro, tuttavia per l’elevata incidenza delle fasi preparatorie verrà contemplata una superficie minima di 0,5 m a cui andranno riportati anche i casi di fatturazioni al di sotto di tale misura.
Art. 44
VALUTAZIONE DEI LAVORI IN ECONOMIA
Le prestazioni in economia saranno eseguite nella piena applicazione della normativa vigente sulla mano d'opera, i noli, i materiali incluse tutte le prescrizioni contrattuali e le specifiche del presente capitolato; le opere dovranno essere dettagliatamente descritte (nelle quantità, nei tempi di realizzazione, nei materiali, nei mezzi e numero di persone impiegate) e controfirmate dal direttore dei lavori.
Nel caso di lavori non previsti o non contemplati nel contratto iniziale, le opere da eseguire dovranno essere preventivamente autorizzate dal direttore dei lavori.
L'annotazione dei lavori in economia dovrà essere effettuata dal direttore dei lavori o da persona espressamente incaricata con le seguenti modalità:
— in caso di lavori a cottimo la registrazione delle lavorazioni eseguite dovrà essere fatta sul libretto delle misure;
— in caso di lavori in amministrazione la registrazione andrà effettuata sulle liste settimanali suddivise per giornate e provviste — le firme per quietanza dell'affidatario dovranno essere apposte sulle stesse liste di registrazione.
Dopo l'annotazione provvisoria sul libretto delle misure o sulle liste settimanali dovrà essere redatta, su un apposito registro, una sintesi delle lavorazioni eseguite riportando, in ordine cronologico e per ciascuna lavorazione, le risultanze dei libretti indicando:
— le partite dei fornitori a credito secondo le somministrazioni progressive;
— le riscossioni e pagamenti eseguiti secondo l'ordine di effettuazione e con i riferimenti alla numerazione dei libretti e delle fatture.
Il prezzo relativo alla mano d'opera dovrà comprendere ogni spesa per la fornitura di tutti gli attrezzi necessari agli operai, la quota delle assicurazioni, la spesa per l'illuminazione, gli accessori, le spese generali e l'utile dell'appaltatore.
Nel prezzo dei noli dovranno essere incluse tutte le operazioni da eseguire per avere le macchine operanti in cantiere, compresi gli operatori, gli operai specializzati, l'assistenza, la spesa per i combustibili, l'energia elettrica, i lubrificanti, i pezzi di ricambio, la manutenzione di qualunque tipo, l'allontanamento dal cantiere e quant'altro si rendesse necessario per la piena funzionalità dei macchinari durante tutto il periodo dei lavori e dopo la loro esecuzione.
Il prezzo dei materiali dovrà includere tutte le spese e gli oneri richiesti per avere i materiali in cantiere immagazzinati in modo idoneo a garantire la loro protezione e tutti gli apparecchi e mezzi d'opera necessari per la loro movimentazione, la mano d'opera richiesta per tali operazioni, le spese generali, i trasporti, le parti danneggiate, l'utile dell'appaltatore e tutto quanto il necessario alla effettiva installazione delle quantità e qualità richieste.
Tutti i ritardi, le imperfezioni ed i danni causati dalla mancata osservanza di quanto prescritto saranno prontamente riparati, secondo le disposizioni del direttore dei lavori, a totale carico e spese dell'appaltatore.
Art. 45
ACCETTAZIONE DEIMATERIALI: PROVENIENZA E QUALTA’
I materiali e le forniture da impiegare nelle opere da eseguire dovranno essere delle migliori qualità esistenti in commercio, possedere le caratteristiche stabilite dalle leggi e dai regolamenti vigenti in materia ed inoltre corrispondere alla specifica normativa del presente capitolato o degli altri atti contrattuali. Si richiamano peraltro,
espressamente, le prescrizioni del Capitolato generale emanato con D.M. 145/00, le norme U.N.I., C.N.R.,
C.E.I. e le altre norme tecniche europee adottate dalla vigente legislazione.
I materiali, i prodotti ed i componenti occorrenti, realizzati con materiali e tecnologie tradizionali e/o artigianali, necessari per i lavori di conservazione, restauro, risanamento o manutenzione da eseguirsi sui manufatti potranno provenire da quelle località che l’Appaltatore riterrà di sua convenienza, purché, ad insindacabile giudizio della Direzione dei Lavori e degli eventuali organi competenti preposti alla tutela del patrimonio storico, artistico, architettonico, archeologico e monumentale, siano riconosciuti della migliore qualità, simili, ovvero il più possibile compatibili con i materiali preesistenti, così da non risultare incompatibili con le proprietà chimiche, fisiche e meccaniche dei manufatti oggetto di intervento.
Nel caso di prodotti industriali (ad es., malte premiscelati) la rispondenza a questo capitolato potrà risultare da un attestato di conformità rilasciato dal produttore e comprovato da idonea documentazione e/o certificazione.
L’Appaltatore avrà l’obbligo, durante qualsivoglia fase lavorativa, di eseguire o fare effettuare, presso gli stabilimenti di produzione e/o laboratori ed istituti in possesso delle specifiche autorizzazioni, tutte le campionature e prove preliminari sui materiali (confezionati direttamente in cantiere o confezionati e
forniti da ditte specializzate) impiegati e da impiegarsi (in grado di garantire l’efficacia e la non nocività dei prodotti da utilizzarsi) prescritte nel presente capitolato e/o stabilite dalla Direzione Lavori. Tali verifiche dovranno fare riferimento alle indicazioni di progetto, alle normative UNI e alle raccomandazioni NorMaL recepite dal Ministero per i Beni Culturali con decreto 11 novembre 1982, n. 2093. Il prelievo dei campioni (da eseguirsi secondo le prescrizioni indicate nelle raccomandazione NorMaL) dovrà essere effettuato in contraddittorio con l’Appaltatore e sarà appositamente verbalizzato.
In particolare, su qualsiasi manufatto di valore storico-architettonico-archeologico, ovvero sul costruito attaccato, in modo più o meno aggressivo da agenti degradanti, oggetto di intervento di carattere manutentivo, conservativo o restaurativo, e se previsto dagli elaborati di progetto o richiesto dalla D.L., l’Appaltatore dovrà mettere in atto una serie di operazioni legate alla conoscenza fisico materica, patologica in particolare:
– determinazione dello stato di conservazione del costruito oggetto di intervento;
– individuazione degli agenti patogeni in aggressione;
– individuazione delle cause dirette e/o indirette nonché dei meccanismi di alterazione.
Nel caso che la Direzione dei Lavori, a suo insindacabile giudizio, non reputasse idonea tutta o parte di una fornitura di materiale sarà obbligo dell’Appaltatore provvedere prontamente e senza alcuna osservazione in merito, alla loro rimozione (con altri materiali idonei rispondenti alle caratteristiche ed ai requisisti richiesti) siano essi depositati in cantiere, completamente o parzialmente in opera. Sarà inteso che l’Appaltatore resterà responsabile per quanto ha attinenza con la qualità dei materiali approvvigionati anche se valutati idonei dalla D.L., sino alla loro accettazione da parte dell’Amministrazione in sede di collaudo finale.
L'appaltatore farà si che tutti i materiali mantengano, durante il corso dei lavori, le stesse caratteristiche richieste dalle specifiche contrattuali ed eventualmente accertate dal direttore dei lavori.
Qualora in corso d'opera, i materiali e le forniture non fossero più rispondenti ai requisiti prescritti o si verificasse la necessità di cambiare le modalità o i punti di approvvigionamento, l'appaltatore sarà tenuto alle relative sostituzioni e adeguamenti senza che questo costituisca titolo ad avanzare alcuna richiesta di variazione prezzi.
Le forniture non accettate, ad insindacabile giudizio del direttore dei lavori, dovranno essere immediatamente allontanate dal cantiere a cura e spese dell'appaltatore e sostituite con altre rispondenti ai requisiti richiesti.
L'appaltatore resta comunque totalmente responsabile in rapporto ai materiali forniti la cui accettazione, in ogni caso, non pregiudica i diritti che la stazione appaltante si riserva di avanzare in sede di collaudo provvisorio.
Art. 46
ACCETTAZIONE DEGLI IMPIANTI
Tutti gli impianti presenti nelle opere da realizzare e la loro messa in opera, completa di ogni categoria o tipo di lavoro necessari alla perfetta installazione, dovranno essere eseguiti nella totale osservanza delle prescrizioni progettuali, delle disposizioni impartite dal direttore dei lavori, delle specifiche del presente capitolato o degli altri atti contrattuali, delle leggi, norme e regolamenti vigenti in materia. Si richiamano espressamente tutte le prescrizioni, a riguardo, presenti nel Capitolato generale emanato con D.M. 145/00, le norme UNI, CNR, CEI e tutta la normativa specifica in materia.
L'appaltatore è tenuto a presentare un'adeguata campionatura delle parti costituenti i vari impianti nei tipi di installazione richiesti e idonei certificati comprovanti origine e qualità dei materiali impiegati.
Tutte le forniture relative agli impianti non accettate ai sensi delle prescrizioni stabilite dal presente capitolato e verificate dal direttore dei lavori, dovranno essere immediatamente allontanate dal cantiere a cura e spese dell'appaltatore e sostituite con altre rispondenti ai requisiti richiesti.
L'appaltatore resta, comunque, totalmente responsabile di tutte le forniture degli impianti o parti di essi, la cui accettazione effettuata dal direttore dei lavori non pregiudica i diritti che la stazione appaltante si riserva di avanzare in sede di collaudo finale o nei tempi previsti dalle garanzie fornite per l'opera e le sue parti.
Durante l'esecuzione dei lavori di preparazione, di installazione, di finitura degli impianti e delle opere murarie relative, l'appaltatore dovrà osservare tutte le prescrizioni della normativa vigente in materia antinfortunistica oltre alle suddette specifiche progettuali o del presente capitolato, restando fissato che eventuali discordanze, danni causati direttamente od indirettamente, imperfezioni riscontrate durante l'installazione od il collaudo ed ogni altra anomalia segnalata dal direttore dei lavori, dovranno essere prontamente riparate a totale carico e spese dell'appaltatore.
Art. 47
CATEGORIE DI LAVORO DEFINIZIONI GENERALI
Tutte le categorie di lavoro indicate negli articoli seguenti dovranno essere eseguite nella completa osservanza delle prescrizioni del presente capitolato, della specifica normativa e delle leggi vigenti.
Si richiamano espressamente, in tal senso, gli articoli già riportati sull'osservanza delle leggi, le responsabilità e gli oneri dell'appaltatore che, insieme alle prescrizioni definite negli articoli seguenti, formano parte integrante del presente capitolato.
Art. 48
METODOLOGIE D'INDAGINE
Nel caso in cui le indagini diagnostiche siano previste negli elaborati di progetto ovvero, espressamente
richieste dalla D.L. sarà cura dell’appaltatore provvedere ad eseguirle così da garantire, il sistematico quanto scientifico, rilevamento di informazioni concernenti lo stato di conservazione e/o i processi di degrado. Ogni tipo di indagine dovrà essere, obbligatoriamente, concordata ed esaminata con la D.L. in relazione al tipo di procedura da mettersi in opera e all’eventuale zona del prelievo. Una qualsiasi analisi dovrà, necessariamente, essere affidata a personale, istituto, ditta, laboratorio riconosciuti e autorizzati dagli organi di tutela del bene in pieno accordo con le indicazioni della D.L.
Nei casi in cui le indagini richiedessero l’esecuzione di minimi prelievi di materiale, questi saranno ammessi a patto che non sia possibile apprendere i dati in oggetto in maniera differente. In linea generale questa operazione a carattere “distruttivo” dovrà rivolgersi, nei limiti del possibile, a zone già in fase di degrado e/o di distacco imminente o quantomeno a zone meno visibili così da non apportare compromissioni estetiche al manufatto; durante il campionamento risulta di massima importanza eseguire una documentazione fotografica, di dettaglio e generale, dei punti di rilievo, oltre che prendere nota della loro ubicazione direttamente sui grafici di rilievo. In ogni modo non sarà tollerato il ricorso sistematico a tecniche distruttive. L’esecuzione di detti prelievi dovrà seguire le indicazioni presenti nel documento CNR-ICR NorMaL 3/80 “Materiali lapidei: campionamento” ossia:
– il campione dovrà essere eseguito solo dietro autorizzazione scritta dell’organo di tutela del manufatto;
– il campione dovrà essere eseguito sotto la responsabilità di chi effettuerà l’analisi;
– il numero e la quantità dei prelievi, compatibilmente con le analisi prescritte, dovranno essere minimi; le zone di prelievo dovranno, in linea generale, essere scelte tenendo conto della necessità di non danneggiare in alcun modo l’estetica del manufatto.
Durante la fase di prelievo sarà cura dell’appaltatore non arrecare alcun danno al manufatto, inoltre,
laddove l’area del prelievo e/o di indagine non fosse raggiungibile dall’operatore dovrà essere compito
dell’Appaltatore mettere in opera tutte le strutture accessorie ossia strutture fisse come ponteggi, trabattelli, ponti di servizio, castelli di carico ecc. in modo da garantire il prelievo dei campioni e la
periodica possibilità di accesso per la lettura dei dati. L’Appaltatore dovrà, inoltre, anche se non espressamente specificato nell’intervento che coinvolge le superfici, fornire l’energia elettrica, se richiesta dalla specifica indagine, e provvedere al ripristino delle zone relative ai prelievi dei campioni.
Il prelievo di materiale e la conseguente analisi di laboratorio avrà lo scopo di determinare, dal punto di vista mineralogico-petrografico sia la natura delle malte (leganti ed inerti) che compongono gli intonaci, sia la natura dei pigmenti utilizzati nelle diverse tinteggiature applicate alla superficie intonacata. Le metodologie di analisi si potranno individuare in:
– analisi al microscopio stereoscopico in superficie e in sezione trasversale dei vari strati d’intonaco, con il fine di identificare la qualità dell’inerte, del legante e dei componenti accessori (pigmenti ed additivi) che compongono l’impasto;
– analisi granulometrica eseguita con setacciatura del campione disgregato, con idoneo numero di vagli posti su vibratore meccanico;
– analisi mineralogica eseguita per diffrazione ai raggi X su frammenti di intonaco macinati;
– analisi mineralogica-petrografica su sezioni sottili al microscopio polarizzatore;
– analisi con microscopia ottica al fine di identificare i leganti ed i pigmenti nei vari strati di intonaco;
– analisi della porosità totale e della distribuzione del volume dei pori eseguita mediante porosimetro a mercurio completo di unità per macropori.
Le indagini preliminari che potranno essere utilizzate saranno di due tipi:
a) indagini non distruttive;
b) indagini minimamente distruttive.
Nel primo caso si utilizzeranno tecnologie di analisi dei materiali o degli elementi da sottoporre ad opere di restauro che escludano interventi artificiali o a carattere invasivo tali da alterare in qualsiasi modo le caratteristiche fisico-chimiche delle parti oggetto di indagine.
A questa prima categoria appartengono le seguenti tecnologie:
1) fotogrammetria per la ripresa e restituzione di immagini fotografiche completamente prive di distorsioni provocate dall'impiego delle ottiche normalmente utilizzate;
2) termovisione per il rilevamento delle radiazioni elettromagnetiche (comprese tra 0,4 e 0,75 micron) e di immagini non comprese nella banda del visibile ma estese nel campo dell'infrarosso e più precisamente nella regione spettrale compresa tra 2 e 5,6 micron visualizzando su un monitor la mappa termica o termogramma della distribuzione della temperatura superficiale dei vari materiali;
3) misurazione della temperatura e dell'umidità effettuata con termometri ed igrometri in grado di fornire i valori relativi alle superfici prese in esame; tali misurazioni possono essere eseguite anche con strumentazioni elettroniche di precisione e con l'umidometro a carburo di calcio;
4) misurazione dei valori di inquinamento atmosferico attraverso la rilevazione dei dati sulle radiazioni solari, la direzione del vento, le precipitazioni e la pressione esterna;
5) la rilevazione fotografica con pellicole normali o all'infrarosso per un'analisi più approfondita delle caratteristiche dei materiali e delle loro specificità fisico-chimiche;
6) endoscopia necessaria per l'esame ottico di condotti o cavità di piccole dimensioni per mezzo di piccole telecamere o strumenti fotografici integrati con apparecchi illuminanti e, a volte, con l'impiego di fibre ottiche;
7) misurazione degli inquinanti atmosferici effettuata con strumenti specifici per la rilevazione dei parametri di anidride carbonica, anidride solforosa, anidride solforica, ossidi di azoto, acido cloridrico, polveri totali, solfati, cloruri, nitrati ed altre sostanze presenti in sospensione nell'aria o depositate sul terreno;
8) magnetometria impiegata per la rilevazione dei materiali ferrosi anche inglobati in altre sostanze; la
ricerca è basata sul principio dell'induzione elettromagnetica e lo strumento utilizzato è il metal-detector che localizza la presenza di metalli con emissioni magnetiche effettuate da bobine o altri generatori di campi;
9) colorimetria che analizza il manufatto sulla base dell'indagine fotografica effettuata con una serie di colorimetri standardizzati secondo la scala Munse che consentono l'individuazione delle varie sostanze presenti nelle parti analizzate.
Saranno ammissibili anche degli altri tipi di indagine, da applicare sulla base di valutazioni effettuate dal direttore dei lavori, che dovranno rientrare tra quelle classificate non distruttive anche se con un piccolo grado di invasività quali:
10) misurazioni del suono effettuate con fonometri in grado di emettere e captare delle onde sonore registrando la deformazione delle onde elastiche che forniscono elementi per la valutazione del degrado delle murature o eventuale presenza di lesioni;
11) indagini con ultrasuoni eseguite per mezzo di fonometri particolari in grado di emettere dei segnali su frequenze tra 0,5 e 1,5 MHz che vengono registrati da un captatore (interno all'apparecchio stesso) che misura:
— la velocità del suono in superficie per individuare le alterazioni superficiali dei materiali;
— le misure radiate, non sempre possibili, (in quanto registrate sulla superficie esterna e su quella interna) per verificare l'omogeneità dei materiali;
12) il rilievo della luminosità misurato con un luxmetro per verificare l'illuminazione dei vari oggetti, con un ultraviometro per misurare la radiazione ultravioletta, con termometri e termografi per la misurazione della temperatura di colore - i dati rilevati dovranno essere comparati a parametri standard che prevedono un'illuminazione max di 250-300 lux per pietre e metalli, 180 lux per legno e dipinti (il lux equivale ad illuminazione prodotta da una sorgente di 1 candela su una superficie ortogonale ai raggi ad una distanza di 1 metro), temperatura di colore 4.000 K, umidità relativa 55-60%.
Oltre a quelle già descritte potranno essere utilizzate delle tecniche di analisi che hanno caratteristiche distruttive di lieve entità e che si rendono necessarie per la valutazione di alcuni parametri:
13) analisi con i raggi x per l'identificazione della struttura di una sostanza cristallina individuandone i vari componenti;
14) prove chimiche necessarie per stabilire la composizione della malta che viene analizzata con:
— dissoluzione del campione in acido cloridrico con concentrazioni e temperature variabili;
— quantità di gas carbonico nei componenti carbonati;
— dosaggio per perdita al fuoco dell'acqua di assorbimento;
— dosaggio sostanze organiche;
15) analisi spettrofotometriche per l'identificazione ed il dosaggio degli ioni presenti in una soluzione acquosa- campo del visibile (0,4-0,8 micron), ultravioletto (0,000136-0,4 micron) e infrarosso (0,8-400 Nm);
16) microscopia ottica per l'analisi del colore, dei caratteri morfologici e delle caratteristiche specifiche di ciascuna sostanza;
17) microscopia elettronica per lo studio della distribuzione delle singole parti e dei prodotti di alterazione;
18) studio petrografico in sezione sottile per analizzare sezioni di materiale di spessore molto ridotto ed osservate al microscopio elettronico a scansione;
19) analisi conduttometriche per la valutazione della presenza di sali solubili in acqua nel campione esaminato senza stabilire il tipo di sale eventualmente presente.
Nei processi di analisi dei campioni sono richieste anche le seguenti prove fisiche e meccaniche:
20) valutazione della porosità con porosimetri a mercurio e picnometri Xxxxxxx in grado di definire, conseguentemente, il livello di permeabilità all'acqua e quindi lo stato di degrado di un materiale;
21) analisi granulometrica con setacci a maglie da 60 a 400 micrometri per la definizione della distribuzione del materiale e lo studio dei parametri conseguenti;
22) capacità di imbibizione definita con il controllo del peso prima e dopo l'immersione dei vari campioni di materiali;
23) assorbimento per capillarità misurata su campioni posti a contatto con una superficie liquida;
24) prove di compressione, taglio e trazione eseguite sui campioni di vari materiali per la definizione delle caratteristiche di ciascun elemento.
SAGGI E VERIFICHE SUI MATERIALI E SUI METODI DI APPLICAZIONE (ESECUZIONE PROVE DI PULITURA)
Al fine di mettere a punto nel dettaglio le tecniche di intervento più soddisfacenti in riferimento alle operazioni previste dal progetto, tenendo conto delle eventuali disomogeneità del manufatto (sia dal punto di vista del suo stato di conservazione – tipo di sporco, natura di eventuali patinature ecc. – che delle tecniche esecutive) e di eventuali nuovi dati introdotti dalle indagini preliminari analitiche (se previste dal progetto), potrà essere disposta dalla D.L. l’esecuzione di test, saggi e verifiche.
L'esecuzione di saggi di verifica sui materiali e sui metodi di applicazione deve seguire alcune regole di metodo: le aree scelte devono essere contenute nel numero e limitate nell’estensione ma, al tempo stesso, devono interessare le diverse tipologie di degrado su cui si vuole intervenire con una campionatura di zone e di situazioni tale da rendere possibile la valutazione dell’esito dell’intervento nel suo insieme. La delimitazione delle aree dovrà essere realizzata in maniera totalmente reversibile; inoltre, pur considerando il carattere sperimentale dei saggi, si dovrà operare in modo tale da ridurre quanto più possibile il rischio che nelle aree perimetrali dei saggi stessi, si creino alterazioni irreversibili delle caratteristiche ottiche e formali di tonalità e di brillantezza della pellicola pittorica e/o del materiale lapideo (gore, opacizzazioni, sbiancamenti, aloni ecc.). A tale proposito sarà utile evitare che intercorra un tempo eccessivamente lungo (non più di 6 mesi) tra l’esecuzione dei saggi e l’intervento complessivo di restauro.
La descrizione e la documentazione delle diverse tecniche utilizzate per l’esecuzione dei saggi dovrà essere chiara, esauriente ed esplicita nel dettaglio operativo (dovranno, ad esempio, essere indicate la diluizione o la concentrazione nonché i tempi di contatto di eventuali solventi da impiegare per la pulitura), per essere un riferimento utile e concreto al momento di intervenire in maniera estesa. A tale scopo sarà auspicabile il ricorso, oltre che ad un testo scritto, anche a tecniche di documentazione grafiche, fotografiche o di altro tipo.
Art. 49
RILIEVI — CAPISALDI — TRACCIATI
Al momento della consegna dei lavori l'appaltatore dovrà verificare la rispondenza dei piani quotati, delle sezioni e dei profili di progetto allegati al contratto richiedendo gli eventuali chiarimenti necessari alla piena comprensione di tutti gli aspetti utili finalizzati al corretto svolgimento dei lavori da eseguire. Qualora, durante la consegna dei lavori, non dovessero emergere elementi di discordanza tra lo stato dei luoghi e gli elaborati progettuali o l'appaltatore non dovesse sollevare eccezioni di sorta, tutti gli aspetti relativi al progetto e al suo posizionamento sull'area prevista devono intendersi come definitivamente accettati nei modi previsti e indicati negli elaborati progettuali.
Durante l'esecuzione delle opere sarà onere dell'appaltatore provvedere alla realizzazione e conservazione di capisaldi di facile individuazione e delle opere di tracciamento e picchettazione delle aree interessate dai lavori da eseguire; la creazione o la conservazione dei capisaldi necessari all'esecuzione dei lavori sarà effettuata con l'impiego di xxxxxx e strutture provvisorie di riferimento in base alle quali si eseguirà il successivo tracciamento.
Art. 50
DEMOLIZIONI, ASPORTAZIONI, SMONTAGGI GENERALITÀ
Le operazioni di demolizioni e smontaggi dovranno essere conformi a quanto prescritto nel DPR 7 gennaio 1956, n. 164 (in modo particolare negli articoli 10, 68, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76). Le demolizioni e/o le asportazioni totali o parziali di murature, intonaci, solai ecc., nonché l’operazione di soppressione di stati pericolosi in fase critica di crollo, anche in presenza di manufatti di pregevole valore storico- architettonico, dovranno essere eseguite con ordine e con le necessarie precauzioni, al fine sia di non provocare eventuali danneggiamenti alle residue strutture, sia di prevenire qualsiasi infortunio agli addetti al lavoro; dovranno, inoltre, essere evitati incomodi, disturbi o danni collaterali. Particolare attenzione dovrà essere fatta allo scopo di evitare la formazione d’eventuali zone d’instabilità strutturale. Sarà vietato demolire murature superiori ai 5 m d’altezza senza l’uso d’idonei ponti di servizio indipendenti dalla struttura oggetto d’intervento. Per demolizioni da 2 m a 5 m d’altezza sarà obbligo, per gli operatori, indossare idonee cinture di sicurezza complete di bretelle e funi di trattenuta.
Sarà assolutamente interdetto: gettare dall’alto i materiali, i quali dovranno essere, necessariamente, trasportati o meglio guidati a terra, attraverso idonei sistemi di canalizzazione (ad es. tubi modulari telescopici) la cui estremità inferiore non dovrà risultare ad altezza maggiore di 2 m dal livello del piano di raccolta; l’imboccatura superiore del canale, dovrà, inoltre, essere protetta al fine di evitare cadute accidentali di persone o cose. Ogni elemento del canale dovrà imboccare quello successivo e, gli eventuali raccordi, dovranno essere opportunamente rinforzati. Il materiale di demolizione costituito da elementi pesanti od ingombranti (ad es. la carpenteria lignea), dovrà essere calato a terra con idonei mezzi (gru, montacarichi ecc.). Al fine di ridurre il sollevamento della polvere prodotta durante i lavori sarà consigliabile bagnare, sia le murature, sia i materiali di risulta.
Prima dell’inizio della procedura dovrà, obbligatoriamente, essere effettuata la verifica dello stato di conservazione e di stabilità delle strutture oggetto di intervento e dell’eventuale influenza statica su strutture corrispondenti, nonché il controllo preventivo della reale disattivazione delle condutture elettriche, del gas e dell’acqua onde evitare danni causati da esplosioni o folgorazioni. Si dovrà, inoltre, provvedere alle necessarie opere di puntellamento ed alla messa in sicurezza temporanea (mediante idonee opere provvisionali) delle parti di manufatto ancora integro o pericolanti per le quali non saranno previste opere di rimozione. Sarà, inoltre, necessario delimitare ed impedire l’accesso alla zona sottostante la demolizione (mediante tavolato ligneo o d’altro idoneo materiale) ed allestire, in corrispondenza dei luoghi di transito o stazionamento, le doverose protezioni e barriere parasassi (mantovane) disposte a protezione contro la caduta di materiali minuti dall’alto.
L’accesso allo sbocco dei canali di scarico del materiale di demolizione per le operazioni di carico e trasporto dovrà essere consentito soltanto dopo che sarà sospeso lo scarico dall’alto. Preliminarmente all’asportazione ovvero smontaggio di elementi da ricollocare in situ sarà indicato il loro preventivo rilevamento, classificazione e posizionamento di segnali atti a facilitare la fedele ricollocazione dei manufatti.
Questo tipo di procedura dovrà essere strettamente limitata e circoscritta alle zone ed alle dimensioni
prescritte negli elaborati di progetto. Nel caso in cui, anche per l’eventuale mancanza di puntellamenti o di altre precauzioni, venissero asportate altre parti od oltrepassati i confini fissati, si dovrà provvedere al ripristino delle porzioni indebitamente demolite seguendo scrupolosamente le prescrizioni enunciate negli articoli specifici.
Tutti i materiali riutilizzabili (mattoni, pianelle, tegole, travi, travicelli ecc.) dovranno essere opportunamente calati a terra, scalcinati, puliti (utilizzando tecniche indicate dalla D.L.), ordinati e custoditi, nei luoghi di deposito che saranno segnati negli elaborati di progetto (in ogni caso dovrà essere un luogo pulito, asciutto, coperto eventualmente con teli di pvc e ben ventilato; sarà, inoltre, consigliabile
non far appoggiare i materiali di recupero direttamente al contatto con il terreno interponendovi apposite pedane lignee o cavalletti metallici), usando cautele per non danneggiarli, sia nelle operazioni di pulitura, sia in quelle di trasporto e deposito. Detti materiali, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, resteranno tutti di proprietà della stazione appaltante, la quale potrà ordinare all’appaltatore di impiegarli in tutto od in parte nei lavori appaltati.
I materiali di scarto provenienti dalle demolizioni e/o rimozioni dovranno sempre essere trasportati (dall’appaltatore) fuori dal cantiere, in depositi indicati ovvero alle pubbliche discariche nel rispetto delle norme in materia di smaltimento delle macerie, di tutela dell’ambiente e di eventuale recupero e riciclaggio dei materiali stessi.
Per demolizioni di notevole estensione sarà obbligo predisporre un adeguato programma nel quale verrà riportato l’ordine delle varie operazioni.
- SMONTAGGIO DI STRUTTURE ORIZZONTALI
La demolizione delle strutture orizzontali dovrà essere eseguita mediante la realizzazione di ponti di lavoro e d’opere di protezione (teli, pannelli rigidi ecc.) per evitare, sia la caduta di materiale, sia quella degli addetti ai lavori; procedendo con ordine si provvederà a rimuovere tutte le eventuali travature, cornici, profilati ecc.
La preparazione delle puntellature, necessarie per sostenere le parti che dovranno restare in opera, dovrà essere eseguita con particolare cura, così come tutti gli accorgimenti finalizzati al non deterioramento dei materiali riutilizzabili, come, ad esempio, la chiusura accurata dei fori delle vecchie imposte, non idonee per la nuova struttura; si dovrà, inoltre, porre attenzione ad effettuare lo scarico immediato dei materiali di risulta evitando qualsiasi accumulo o caduta di materiali sugli orizzontamenti sottostanti. In presenza di tiranti annegati nelle solette delle strutture orizzontali si seguiranno le disposizioni prescritte nell’articolo sulla demolizione di strutture murarie.
a) Strutture voltate
Lo smontaggio delle strutture voltate si distinguerà in rapporto alla tipologia ed all’apparecchiatura della volta, alla natura del dissesto ed alle condizioni d’ambito. Previa esecuzione di “saggi di scopertura” (al fine di ricavare le informazioni necessarie) e la messa in opera d’idonei puntellamenti (ad es. strutture provvisorie di centinatura) e sbatacchiature atte non solo ad agevolare l’operazione in oggetto ma anche a garantire la stabilità dei manufatti confinanti (in modo particolare dovrà essere posta molta attenzione a controbilanciare l’assenza di spinta esercitata dalla volta da “smontare” o demolire) si procederà alla demolizione della volta: per volte in laterizio in foglio a crociera, a vela od a padiglione la procedura di smontaggio dovrà iniziare, sempre, dalla chiave e seguire un andamento a spirale, così come nel caso di volte a botte con apparecchiatura a spina di pesce diritta o spina reale; mentre per le volte a botte, a botte con teste a padiglione, o a schifo con apparecchiature con filari longitudinali o trasversali si procederà per cantieri frontali avanzando dal centro verso le imposte.
b) Strutture in aggetto
Lo smontaggio di parti a sbalzo (cornicioni di gronda, balconi, gradini ecc.) seguirà le procedure riguardanti i solai; occorre, tuttavia, precisare che l’eventuale demolizione di porzioni soprastanti il punto di incastro potrebbe diminuire il momento con la conseguente improvvisa caduta (per peso proprio) del manufatto a sbalzo. Per evitare tale fenomeno sarà indicato prevedere opportune opere di presidio degli elementi aggettanti, prima di procedere alla rimozione delle strutture soprastanti. Le unità originarie a sbalzo, o quelle che si dovessero trovare in questa situazione a causa di opere parziali di demolizione, dovranno essere celermente rimosse da posizioni instabili e/o pericolanti in altrettante collocazioni sicure e stabili.
c) Collegamenti verticali
Lo smontaggio parziale o totale delle strutture di collegamento verticale seguirà le modalità precedentemente descritte agli articoli dei solai piani o delle strutture voltate nel caso di scale in muratura costruite su strutture di sostegno a volta, fermo restando che dovrà sempre essere coperta la stabilità complessiva utilizzando, eventualmente, opere di puntellamento. Una specifica propria delle scale riguarda i gradini a sbalzo i quali, se non adeguatamente puntellati, non potranno essere utilizzati come piano di lavoro, quando sia in atto la demolizione dei muri soprastanti l’incastro (si veda la demolizione di strutture murarie). Le scale, come del resto gli altri orizzontamenti, non dovranno essere, in ogni caso, caricate con materiali di risulta.
d) Manti e strutture di copertura
Lo smontaggio della copertura procederà, quando sarà possibile, dall’intradosso: contrariamente gli addetti dovranno lavorare su appositi tavolati di ripartizione posti sull’orditura principale, mai su quella secondaria.
Allorché l’altezza di possibili cadute sul piano sottostante superi i 2 m si dovrà, necessariamente, predisporre un sotto piano di lavoro; qualora non sia possibile mettere in opera detto sottopalco sarà obbligo munirsi d’apposite cinture di sicurezza. Lo smontaggio e la scomposizione della carpenteria principale (arcarecci, terzere, puntoni, capriate ecc.) qualunque sia il materiale legno, ferro o c.a., seguirà la procedura inversa a quella della messa in opera, ovverosia prima si smonteranno a mano le canne fumarie ed i comignoli, poi il manto di copertura (le tegole saranno asportate a sezione, simmetricamente da una parte e dall’altra, procedendo dal colmo verso le gronde avendo cura di non rompere o danneggiare i singoli pezzi), il sottofondo e lo scempiato di mezzane od il tavolato ligneo, in seguito si passerà a sfilare l’orditura minuta e/o media (travicelli, correnti, morali, palombelli, mezzanelle ecc.) e, per ultimo, quella principale che dovrà essere imbracata e calata a terra mediante idonei dispositivi (gru, paranchi, montacarichi ecc.). Particolare attenzione si dovrà avere in presenza di eventuali connessioni (chiodature, cavicchi, gattelli lignei, piastrine metalliche di ancoraggio ecc.) presenti tra le varie orditure o tra gli elementi della medesima orditura od ancora tra l’orditura principale e la muratura d’imposta. Il
loro smontaggio richiederà, infatti, particolari cautele e l’adozione d’idonei strumenti al fine di evitare ulteriori degradi delle strutture lignee o delle murature (ad es. per sfilare i chiodi dalle assi di un tavolato si potrà tranciare le teste e segare i gambi o, in alternativa, esercitare una trazione sull’elemento da rimuovere, in corrispondenza della giunzione, sfruttando il principio della leva ed utilizzando a tale scopo strumenti quali tenaglie, scalpelli ecc.
avendo cura di non danneggiare, né la tavola dell’assito da rimuovere, né il travicello cui sarà ancorata). Lo smontaggio di carpenteria lignea complessa (ad es. le capriate) oppure quello inerente gli elementi di finitura intradossale dovrà essere, necessariamente, preceduto da un preciso rilievo degli elementi costitutivi e delle reciproche connessioni oltre che, naturalmente, dalla loro numerazione e catalogazione. Nel caso di smontaggio di cornicioni di gronda a sbalzo, siano questi ancorati all’ultimo solaio o, più frequentemente, trattenuti dal peso del coperto sarà opportuno attenersi a quanto prescritto all’articolo specifico riguardante le strutture in aggetto.
- RIMOZIONE E SMONTAGGIO DI RIVESTIMENTI LAPIDEI
La procedura di smontaggio di pannelli lapidei dovrà necessariamente adottare, ogni volta, la metodologia, la tecnica e gli strumenti più consoni per separare i componenti di ancoraggio che potranno variare dalle unioni con chiodature, perni e zanche in ferro a mastici e malte adesive. Qualsiasi procedura sarà adottata l’operazione di smontaggio dovrà essere preceduta da un accurato rilievo dello stato di fatto delle lastre di rivestimento, con conseguente numerazione dei pezzi e segnatura delle facce combacianti tenendo conto dell’ordine secondo cui gli elementi saranno disancorati dal supporto, così da facilitare l’organizzazione di una corretta sequenza operativa indispensabile per l’eventuale rimontaggio. In questa fase sarà, inoltre, necessario sia valutare le dimensioni e il peso dei singoli manufatti da
rimuovere (ovvero delle parti risultanti dallo smontaggio), sia verificare se lo smontaggio possa interessare il singolo elemento o più elementi contemporaneamente (ad es. il caso in cui la singola lastra sia collegata o composta con altri pezzi). In linea generale si dovrà evitare il più possibile di ricorrere all’uso di tagli, se questi non potessero essere evitati si dovrà cercare di effettuarli (mediante l’ausilio di frullini elettrici manuali muniti di idoneo disco in ragione della consistenza del litotipo da tagliare) in punti appropriati come, ad esempio, sulla stuccatura del giunto tra lastra e torello o nella giuntura d’angolo di due pannelli, facendo attenzione a non danneggiare i bordi così da rendere possibile il loro
successivo raccostamento.
Precedentemente alla rimozione, sarà necessario predisporre idonea attrezzatura di sollevamento e calo a terra in ragione del peso e della manovrabilità delle lastre (ad es. montacarichi). Allo stesso tempo, potrà risultare utile realizzare dei presidi di sostegno ed un’opportuna operazione di preconsolidamento degli elementi (si vedano gli articoli specifici) affinché il loro smontaggio possa avvenire in piena sicurezza e tutela degli operatori e dei pannelli stessi.
La prima operazione di smontaggio vero e proprio sarà quella di rimuovere gli elementi (perni, zanche ecc.) o i materiali (malte, mastici ecc.) che garantiscono la connessione dei pannelli alla struttura muraria. Nel caso di elementi metallici questa operazione potrà avvenire: se sono di modeste dimensioni (ad es. chiodature), esercitando sugli elementi una controllata trazione sfruttando il principio della leva, mentre, se si tratta di elementi di una certa consistenza (ad es. zanche in ferro), ricorrendo al taglio che consente una facile asportazione successiva; in ogni caso, questa operazione, dovrà essere realizzata avendo cura di non danneggiare il pannello lapideo. Prima di distaccare del tutto il pannello dal supporto, la lastra dovrà essere messa in sicurezza imbracandola con idonei nastri telati collegati all’organo di posa a terra. Se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, la procedura avrà inizio partendo da un elemento privo di decorazioni già sconnesso o degradato cosicché, in caso di perdita, non verrà a mancare una parte rilevante del rivestimento, altrimenti si potrà iniziare da un pannello (anch’esso privo di decorazioni o appartenente ad eventuali disegni di rivestimento) posto in posizione defilata; sovente, infatti, la prima operazione di smontaggio può comportare la rottura o la perdita del pannello.
Art. 51
SCAVI, RILEVATI E RINTERRI
Tutti gli scavi e rilevati occorrenti, provvisori o definitivi, incluse la formazione di cunette, accessi, rampe e passaggi saranno in accordo con i disegni di progetto e le eventuali prescrizioni del direttore dei lavori.
Nell'esecuzione degli scavi si dovrà procedere alla rimozione di qualunque cosa possa creare impedimento o pericolo per le opere da eseguire, le sezioni degli scavi dovranno essere tali da impedire frane o smottamenti e si dovranno approntare le opere necessarie per evitare allagamenti e danneggiamenti dei lavori eseguiti.
Il materiale di risulta proveniente dagli scavi sarà avviato a discarica; qualora si rendesse necessario il successivo utilizzo, di tutto o parte dello stesso, si provvederà ad un idoneo deposito nell'area del cantiere.
Durante l'esecuzione degli scavi sarà vietato l'uso di esplosivi
Qualora fossero richieste delle prove per la determinazione della natura delle terre e delle loro caratteristiche, l'appaltatore dovrà provvedere, a suo carico, all'esecuzione di tali prove sul luogo o presso i laboratori ufficiali indicati dal direttore dei lavori.
Tutti gli scavi andranno idoneamente protetti con barriera provvisoria a contorno e difesa di scavi ed opere in acqua, sia per fondazioni che per opere d'arte, per muri di difesa o di sponda da realizzare mediante infissione nel terreno di pali di abete o pino, doppia parete di tavoloni di abete, traverse di rinforzo a contrasto tra le due pareti, tutti i materiali occorrenti, le legature, le chiodature e gli eventuali tiranti.
SCAVI DI ACCERTAMENTO E RICOGNIZIONE
Tali operazioni si realizzeranno solo ed esclusivamente dietro esplicita richiesta e sorveglianza della D.L., seguendo le indicazioni e le modalità esecutive da essa espresse e/o dal personale tecnico incaricato. I detriti, i terreni vegetali di recente accumulo verranno sempre rimossi a mano con la massima attenzione previa esecuzione di modesti sondaggi al fine di determinare la quota dei piani originali sottostanti (e delle loro eventuali pavimentazioni) in modo da evitare danni e rotture ai materiali che li compongono. Se non diversamente specificato dalla D.L. le rimozioni dei materiali saranno eseguite a mano, senza l’ausilio di mezzi meccanici. In ogni caso l’uso di mezzi meccanici sarà subordinato alla presenza di eventuali reperti in situ e, quindi, all’indagine preventiva. Qualora le materie provenienti dagli scavi dovessero essere utilizzate in tempi differiti (ad es. per riempimenti) saranno depositate nell’ambito del cantiere, in luogo dove non provochino intralcio o danni.
DISERBI-TAGLIO PIANTE
Il trattamento di pulizia dei terreni vegetali con presenza di piante infestanti dovrà essere eseguito con un taglio raso terra della vegetazione di qualsiasi essenza e più precisamente erbacea, arbustiva e legnosa da eseguire nelle parti pianeggianti, entro l'alveo, sugli argini, sulle scarpate, nelle golene e nel fondo dei fossi includendo anche la dicioccatura, l'estrazione dall'alveo di tutti i prodotti derivati dal taglio (sterpaglie, rovi, etc.) e trasporto a discarica oppure, se consentito, eliminazione per combustione fino alla completa pulizia delle areeinteressate.
Art. 52
PONTEGGI — STRUTTURE DI RINFORZO
Tutti i ponteggi e le strutture provvisorie di lavoro dovranno essere realizzati in completa conformità con la normativa vigente per tali opere e nel rispetto delle norme antinfortunistiche.
1) Ponteggi metallici - dovranno rispondere alle seguenti specifiche:
— tutte le strutture di questo tipo con altezze superiori ai mt. 20 dovranno essere realizzate sulla base di un progetto redatto da un ingegnere o architetto abilitato;
— il montaggio di tali elementi sarà effettuato da personale specializzato;
— gli elementi metallici (aste, tubi, giunti, appoggi) dovranno essere contrassegnati con il marchio del costruttore;
— sia la struttura nella sua interezza che le singole parti dovranno avere adeguata certificazione ministeriale;
— tutte le aste di sostegno dovranno essere in profilati senza saldatura;
— la base di ciascun montante dovrà essere costituita da una piastra di area 18 volte superiore all'area del
poligono circoscritto alla sezione di base del montante;
— il ponteggio dovrà essere munito di controventature longitudinali e trasversali in grado di resistere a sollecitazioni sia a compressione che a trazione;
— dovranno essere verificati tutti i giunti tra i vari elementi, il fissaggio delle tavole dell'impalcato, le protezioni per il battitacco, i corrimano e le eventuali mantovane o reti antidetriti.
2) Ponteggi a sbalzo - saranno realizzati, solo in casi particolari, nei modi seguenti:
— le traverse di sostegno dovranno avere una lunghezza tale da poterle collegare tra loro, all'interno delle superfici di aggetto, con idonei correnti ancorati dietro la muratura dell'eventuale prospetto servito dal ponteggio;
— il tavolato dovrà essere aderente e senza spazi o distacchi delle singole parti e non dovrà, inoltre, sporgere per più di 1,20 mt..
3) Puntellature - dovranno essere realizzate con puntelli in acciaio, legno o tubolari metallici di varia grandezza solidamente ancorati nei punti di appoggio, di spinta e con controventature che rendano solidali i singoli elementi; avranno un punto di applicazione prossimo alla zona di lesione ed una base di appoggio ancorata su un supporto stabile.
4) Travi di rinforzo - potranno avere funzioni di rinforzo temporaneo o definitivo e saranno costituite da elementi in legno, acciaio o lamiere con sezioni profilate, sagomate o piene e verranno poste in opera con adeguati ammorsamenti nella muratura, su apposite spallette rinforzate o con ancoraggi adeguati alle varie condizioni di applicazione.
Art. 53
INTERVENTI DI BONIFICA DA VEGETAZIONE INFESTANTE, MACRO E MICROFLORA RIMOZIONE MACROFLORA
Appartengono alla macroflora tutti quegli organismi microscopicamente visibili (muschi, licheni, vegetazione superiore ovvero vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea ecc.) il cui sviluppo, sulle superfici lapidee, è favorito dalla presenza di dissesti dell’apparecchio come lesioni, cavità, interstizi ecc., all’interno dei quali si può accumulare dell’humus (formato da depositi composti da particellato atmosferico e da organismi morti), sul quale i depositi di spore trasportate dal vento agevolano la riproduzione di muschi e licheni; i licheni creano fenomeni di copertura, fratturazione, decoesione e corrosione; i muschi coprono la superficie e, penetrati in profondità, svolgono un’azione meccanica di disgregazione. La comparsa di muschi e licheni implica la presenza di un elevato tasso d’umidità e ne incrementa ulteriormente la persistenza agevolando l’accumulo e il ristagno delle acque. Per quanto concerne la vegetazione superiore l’azione distruttiva operata dalle radici radicatesi all’interno delle discontinuità può comportare dei danni meccanici che portano, in molti casi, alla caduta del materiale.
Generalità
Prima di procedere con le operazioni diserbanti, in special modo quelle indirizzate alle piante infestanti, è opportuno:
– identificare il tipo di vegetazione (erbacea o arbustiva) e la specie di pianta, così da poter capire quanto profonde e resistenti potranno essere le loro radici;
– prevedere i danni che le operazioni meccaniche di asportazione delle radici e dei semi penetrati in profondità potrebbero recare alla struttura muraria;
– definire la reale possibilità d’intervento sulle diverse specie presenti e soprattutto accertare se esistono le circostanze per cui poter operare su tutta la superficie invasa.
Nel caso si decida di ricorrere all’utilizzo di biocidi, la scelta dovrà essere fatta in riferimento al compito specifico che dovranno assolvere; in base a questo si distingueranno in:
– prodotti indicati per estirpare piante a foglia larga e prodotti per piante a foglia stretta;
– prodotti da assorbimento fogliare e prodotti da assorbimento radicale;
– prodotti circoscritti contro la vegetazione erbacea e prodotti arbusticidi;
– prodotti come erbicidi “di contatto” (agiscono sugli apparati vegetativi delle specie già sviluppate) ed erbicidi “residuali” (penetrano anche nel terreno garantendo un’azione prolungata nel tempo).
I biocidi impegnati dovranno, inoltre, indipendentemente dal tipo selezionato, presentare le seguenti caratteristiche:
– essere incolori o trasparenti con principi attivi poco solubili in acqua;
– presentare un basso grado di tossicità;
– essere degradabili nel tempo;
– non provocare azione fisica o chimica nei riguardi delle strutture murarie;
– non persistere dopo l’applicazione sulla superficie trattata lasciando residui di inerti stabili (per questo si dovranno evitare sostanze oleose o colorate).
Indipendentemente dal tipo di prodotto chimico selezionato l’applicazione potrà avvenire per:
– irrorazione sulla vegetazione, previa diluizione (normalmente 0,1-1%) del biocida in acqua. Si può applicare sia su piante erbacee sia su arboree; l’irrorazione avverrà utilizzando annaffiatoi dotati di pompe manuali (da evitare pompe a pressione) o più specifici nebulizzatori;
– iniezioni di soluzioni acquose di biocidi (diluizione 1:10) direttamente nei canali conduttori della pianta; tecnica che si attua previo taglio della pianta all’altezza del colletto radicale, particolarmente adatta per
piante lignificate di una certa consistenza. L’iniezione eviterà la dispersione della soluzione al di fuori dell’area del trattamento evitando in questo modo possibili fenomeni d’interferenza con il materiale lapideo; – impacchi applicati al colletto della radice appena tagliato, particolarmente indicati contro le piante lignificate e realizzati con argille impregnate di biocida.
L’uso dei biocidi dovrà essere fatto con la massima attenzione e cautela da parte dell’operatore che, durante l’applicazione, dovrà ricorrere ai dispositivi di protezione personale, come guanti ed occhiali, ed
osservare le norme generali di prevenzione degli infortuni relative all’utilizzo di prodotti chimici velenosi. Specifiche sui materiali
Erbicidi
Il controllo dello sviluppo della vegetazione infestante superiore potrà essere assicurato solo utilizzando prodotti che intervengano sulla fotosintesi; tali composti potranno, talvolta, essere indicati anche per la soppressione di certi tipi di alghe. Per la rimozione di vegetazione inferiore e superiore su apparecchi murari, se non diversamente specificato dagli elaborati di progetto, dovranno essere preferiti erbicidi non selettivi (ovvero che impediscano qualsiasi sviluppo vegetale) a base nitro-organica.
Solfato di ammonio è impiegato per il trattamento puntuale delle radici degli alberi così da trattenerne lo sviluppo.
Fluometuron da impiegare contro muschi e licheni in soluzioni acquose al 2%.
Simazina prodotto antigermitivo di preemergenza da utilizzare per impedire la crescita di vegetazione superiore, licheni e muschi, presenta una azione preventiva che copre circa 1-2 anni. Da utilizzare preferibilmente in area archeologica.
Picloram erbicida non selettivo da impiegare per il controllo della vegetazione, dovrà, pertanto, essere impiegato con estrema cautela e solo dietro specifica indicazioni della DL e degli organi di tutela del bene oggetto di trattamento.
Gliyfosato diserbante sistematico da utilizzare per sopprimere licheni e piante superiori in soluzioni acquose al 2%. È l’unica molecola in grado di devitalizzare alla radice infestanti come gramigna e rovo. Dovrà essere applicato nel momento di massimo rigoglio vegetativo. Non presenterà, una volta terminato il trattamento, composti residui.
a) Diserbo da piante superiori
Lo scopo della pulitura sarà di asportare, dai materiali lapidei, vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea.
L’asportazione dovrà essere preferibilmente eseguita nel periodo invernale e potrà essere fatta sia
meccanicamente, mediante il taglio a raso con l’ausilio di mezzi a bassa emissione di vibrazioni (seghe elettriche, seghe manuali, forbici, asce, accette ecc.), sia ricorrendo all’uso di disinfestanti liquidi selezionati seguendo le indicazioni riportate nell’articolo sulle generalità. Le due operazioni potranno coesistere nei casi in cui l’asportazione meccanica non risulterà risolutiva. Si potrà ricorrere all’uso dei biocidi quando l’asportazione diretta delle piante (vive e con radice profonde) risulterà eccessivamente lesiva per il substrato e in situazioni d’abbandono prolungato dove le piante crescono, solitamente, rigogliose.
L’uso dei biocidi non dovrà essere fatto nei periodi di pioggia, di forte vento o eccessivo surriscaldamento delle superfici allo scopo di evitare la dispersione o l’asportazione stessa del prodotto. Tra i biocidi indicati per estirpare organismi macrovegetali ci sono anche i composti neutri della triazina, a bassa solubilità in acqua, e i derivati dell’urea che, presentando una scarsissima mobilità nel terreno, consentono di ridurre i
pericoli d’inquinamento delle aree limitrofe circoscrivendo l’intervento alle sole zone interessate: la clorotriazina (per assorbimento radicale) risulterà efficace per applicazioni al suolo, su piante a foglia larga e a foglia stretta, la metossitriazina potrà essere utilizzata anche sulle murature.
La verifica dell’efficacia dei biocidi, indispensabile per procedere all’estirpazione della radice, avverrà dopo 30-60 giorni dalla loro applicazione. L’applicazione del prodotto sulla vegetazione potrà essere realizzata seguendo le metodologie (irrorazione, iniezione ed impacco) che la DL riterrà più consone al caso specifico.
L’operazione terminerà con un accurato lavaggio delle superfici con acqua pulita a pressione moderata, così da garantire l’eliminazione di ogni traccia residua di biocida.
b) Disinfestazione da muschi e licheni
Muschi e licheni crescono su substrati argillosi depositatisi sulle pietre e su queste si manifestano tramite delle escrescenze più o meno aderenti e spesse; la loro asportazione potrà essere, sia meccanica (che
difficilmente risulterà completamente risolutiva) mediante l’ausilio di spazzole rigide, bisturi, spatole ecc. facendo attenzione a non intaccare la superficie, sia con biocidi. Se i licheni risulteranno molto spessi e tenaci la rimozione meccanica sarà preceduta dall’applicazione sulla superficie di una soluzione di ammoniaca diluita in acqua al 5% al fine di ammorbidire la patologia e facilitarne l’asportazione. L’uso dei biocidi potrà essere in alternativa o in correlazione alla rimozione meccanica, utilizzandoli sia nello specifico della patologia da rimuovere sia a vasto raggio d’azione; l’applicazione potrà essere fatta a spruzzo, a pennello o ad impacco in relazione alle caratteristiche del prodotto prescelto. Un’efficace risoluzione per l’asportazione di muschi e licheni prevederà l’utilizzo di biocidi ad azione immediata quali: acqua ossigenata 120 volumi (l’operazione dovrà essere ripetuta a distanza di 24 ore fino alla totale “bruciatura” degli organismi vegetali), formaldeide in soluzione acquosa 0,1-1% ed ossido di etilene (ETO) al 10% in miscela gassosa di aria ed anidride carbonica; trascorso un tempo variabile tra i 5-15 giorni dall’ultimo trattamento biocida si procederà all’asportazione delle patine biologiche e depositi humiferi (i quali si manifesteranno fragili, ingialliti, secchi e/o polverulenti) mediante spazzolatura con spazzole di saggina. Inoltre, nello specifico, possiamo ricorrere a biocidi come i lichenicidi, che comprendono i sali di ammonio quaternario e gli enzimi proteolitici; questi biocidi sono solubili in acqua e si applicano in soluzioni acquose debolmente concentrate (1-3%). Dopo l’applicazione del biocida, si dovrà eseguire un ripetuto lavaggio della superficie con acqua pulita e, con l’eventuale utilizzo d’idropulitrice (regolando la pressione in relazione alla consistenza del supporto) così da garantire la rimozione completa del prodotto. L’uso del biocida dovrà implicare tutte le precauzioni illustrate sia nell’articolo sulle generalità sia in quello inerente il diserbo da piante superiori.
RIMOZIONE MICROFLORA
La microflora è costituita da batteri, funghi, alghe e cianobatteri; il loro sviluppo è favorito da condizioni al contorno caratterizzate da elevata umidità relativa e/o dalla presenza di acqua ristagnante all’interno del materiale lapideo condizioni aggravate, in molti casi, anche da una limitata circolazione d’aria. Questi microrganismi possono indurre sulla superficie un degrado di natura meccanica e/o chimica; i funghi possono, infatti, rivelarsi nocivi penetrando, con le appendici filiformi, all’interno delle fessure presenti nel manufatto, sollecitando meccanicamente la struttura, incrementando la decoesione del materiale; le alghe, invece, provocano sulla superficie un’azione meccanica corrosiva agevolando l’impianto d’ulteriori micro e macrorganismi. La loro presenza sulle superfici lapidee si manifesta tramite macchie, efflorescenze di sali solubili e patine di ossalati, patologie che, inevitabilmente, ne alterano l’aspetto estetico. È opportuno ricordare che, l’asportazione della microflora non potrà essere considerata definitiva se, preventivamente, non sono state eliminate le cause al contorno che ne favoriscono la crescita.
Generalità
Le sostanze biocide utilizzate per la rimozione della microflora dovranno rispondere a delle specifiche esigenze tra le quali:
– non dovranno risultare tossiche per l’uomo e per gli animali;
– dovranno essere biodegradabili nel tempo;
– non dovranno provocare azione fisica o chimica nei riguardi delle strutture murarie;
– dopo l’applicazione non dovranno persistere sulla superficie trattata con residui di inerti stabili e per questo si dovranno evitare sostanze oleose o colorate.
L’uso dei biocidi dovrà essere fatto con la massima attenzione e cautela da parte dell’operatore che, durante l’applicazione, dovrà ricorrere ai dispositivi di protezione personale, come guanti ed occhiali, ed
osservare le norme generali di prevenzione degli infortuni relative all’utilizzo di prodotti chimici velenosi. Specifiche sui materiali
Alghicidi, battericidi, fungicidi
Perossido di idrogeno (acqua ossigenata), utilizzato a 120 volumi risulta adatto per sopprimere alghe e licheni su apparecchi murari. Presenta forti capacità ossidanti; può essere causa di sbiancamenti del substrato,
ed agisce esclusivamente per contatto diretto. La sua azione non dura nel tempo.
Ipoclorito di sodio (varechina), utilizzato in soluzione acquosa al 2%-7% per asportare alghe e licheni. La varechina può essere causa di sbiancamenti del materiale lapideo; inoltre, se non è interamente estratta dal materiale lapideo ne può determinare l’ingiallimento.
Formalina, soluzione acquosa di aldeide formica, disinfettante utilizzato in soluzione acquosa al 5% per irrorare superfici attaccate da alghe verdi, licheni e batteri.
Orto-fenil-fenolo (OPP) ed i suoi sali sodici (OPPNa) sono attivi su un largo spettro di alghe, funghi e batteri; la loro tossicità può ritenersi tollerabile. L’orto-fenil-fenolo risulta preferibile poiché presenta una minore interazione con il supporto.
Di-clorofene, prodotto ad amplissimo spettro, con tossicità molto bassa, non presenta interazioni con il supporto anche se organico.
Penta-clorofenolo (PCP) ed i suoi sali sodici (PCPNa) utilizzati in soluzioni acquose all’1% presentano un largo spettro. La loro tossicità è al limite della tolleranza; la loro interazione con il supporto può determinare l’annerimento del legno ed il mutamento cromatico dei pigmenti basici.
Benzetonio cloruro, derivato dell’ammonio quaternario, da utilizzare in soluzione dall’0,5-4% (ossia 5-40 ml per litro) in acqua demineralizzata per la disinfestazione di alghe, muschi e licheni, anche se per questi ultimi la sua efficacia risulta, talvolta, discutibile. La miscelabilità in acqua del prodotto permette un elevato potere di penetrazione e di assimilazione dei principi attivi da parte dei microrganismi eliminandoli e neutralizzando le spore. Il benzetonio cloruro è di fatto un disinfettante germicida con spettro d’azione che coinvolge batteri, lieviti, microflora ed alghe. Può essere aggiunto a tensioattivi non ionici per avere anche un effetto detergente. La sua azione risulta energica ma non protratta nel tempo, in quanto non è in grado di sopprimere le spore; l’eventuale presenza di nitrati ne ridurrà considerevolmente l’efficienza. Potrà essere utilizzato sia su pietra che su superfici lignee, i materiali trattati devono essere lasciati asciugare naturalmente.
a) Rimozione della patina biologica
La rimozione della patina biologica potrà essere fatta tramite pulitura manuale (bisturi, spazzole ecc.),
meccanica (microsabbiatura) o mediante l’uso di biocidi. L’efficacia dei sistemi d’asportazione manuale potrà risultare limitata poiché non risulteranno sempre in grado di rimuovere completamente la patologia così come la sabbiatura potrà risultare lesiva per il substrato del materiale. Le sostanze biocide utilizzate dovranno essere applicate seguendo le indicazioni dettate nello specifico dal prodotto utilizzato e si dovranno relazionare alla natura del materiale lapideo allo scopo di evitare il danneggiamento del substrato e l’alterazione dello stato conservativo, in molti casi, precario. Le sostanze biocide, in relazione
al tipo d’organismi che saranno in grado di rimuovere, si distingueranno in battericidi e fungicidi; la loro applicazione potrà essere fatta a pennello, a spruzzo o tramite impacchi. In presenza di materiali molto porosi sarà preferibile applicare il biocida mediante impacchi o a pennello che favoriscono la maggior penetrazione del prodotto e ne prolungano l’azione (per il timolo e la formaledeide si può ricorrere anche alla vaporizzazione, poiché si tratta di sostanze attive sotto forma di vapore); o a trattamento a spruzzo (applicato con le dovute precauzioni e protezioni da parte dell’operatore) che sarà particolarmente indicato in presenza di materiali fragili e decoesi. Gli interventi saranno ripetuti per un numero di volte sufficiente a debellare la crescita della patologia. Dopo l’applicazione della sostanza biocida si procederà all’asportazione manuale della patina; l’operazione verrà ultimata da una serie di lavaggi ripetuti con acqua deionizzata, in modo da eliminare ogni possibile residuo di sostanza sul materiale. In presenza di patine spesse ed aderenti, prima dell’applicazione del biocida, si eseguirà una parziale rimozione meccanica (mediante l’uso di pennelli dotati di setole rigide) della biomassa.
Art. 54
PRECONSOLIDAMENTI
– MATERIALI LAPIDEI
Con il termine “materiale lapideo” dovranno sempre essere intesi (in accordo alle raccomandazioni NorMaL) oltre che i marmi e le pietre propriamente detti, anche gli stucchi, le malte, gli intonaci (affrescati, dipinti a secco, graffiti) ed i prodotti ceramici come laterizi e cotti.
1. Generalità
Le operazioni di preconsolidamento richiederanno maestria di messa in opera e, talvolta, potranno essere ripetute con tempi piuttosto lunghi così da permettere ai collanti utilizzati di fare presa (prima di iniziare i cicli di pulitura) pena la perdita di frammenti e scaglie originali. Questa procedura avrà una funzione esclusivamente preventiva e conservativa; a questo proposito, saranno da preferire adesivi deboli e chimicamente reversibili, ovvero quei prodotti che potranno essere sciolti nuovamente ed asportati facilmente o paste molto magre (rapporto legante inerte molto basso).
Dovrà essere vietato effettuare qualsiasi procedura di preconsolidamento e/o utilizzo di prodotti, anche se prescritti negli elaborati di progetto, senza la preventiva esecuzione di campionature pre-intervento eseguite sotto il controllo della D.L.; ogni campione dovrà, necessariamente, essere catalogato ed etichettato; su tale etichetta dovranno essere riportati la data di esecuzione, il tipo di prodotto e/o le percentuali dell’impasto utilizzato, gli eventuali solventi e di conseguenza il tipo di diluizione (se si tratterà di emulsioni ovverosia miscele di due liquidi rapporto volume/volume) o di concentrazione (se si tratta di soluzioni cioè scioglimento di un solido in un liquido rapporto peso/volume) utilizzati, le modalità ed i tempi di applicazione.
2. Ponti di malta magra e/o resina
Questo tipo di operazione, che sovente precederà la procedura di stuccatura o sigillatura dei conci di pietra, avrà il compito di “mettere in sicurezza” e rendere solidali tra loro tutte quelle scaglie, frammenti o fratture dei conci lapidei che altrimenti potrebbero distaccarsi o andare perduti durante le operazioni di pulitura. Al fine di sorreggere scaglie lapidee leggere, non più ampie di una mano, si potrà impiegare come collante una malta magra (l’impasto dovrà contenere poca calce, così da essere più facilmente rimosso dopo la pulitura) con rapporto calce inerte 1:4 o 1:5 con granulometria molto fine (carbonato di calcio o polvere di pomice) in piccole porzioni. Queste deboli stuccature potranno essere stese con spatole a doppia foglia piatta o con cazzuolini e dovranno essere posizionate, se non diversamente specificato, come ponti di collegamento tra i frammenti in fase di distacco e la massa principale; potrà, inoltre, risultare vantaggioso scegliere una malta che presenti, dopo la presa, un colore in forte contrasto con l’apparecchio limitrofo così da essere ben identificabile come stuccatura provvisoria.
In alternativa si potrà utilizzare il medesimo impasto (sia a base di malta sia a base di resine sintetiche)
pensato per le stuccature definitive (per maggiori dettagli si rimanda agli articoli specifici riguardanti le stuccature e i consolidamenti) ma, in questo caso, l’impasto dovrà essere steso in modo molto puntuale al fine di mettere in opera solo i “ponti di collegamento” che verranno in seguito completati da operazioni successive alla pulitura.
3. Velinatura con garza di cotone o carta giapponese
Questo tipo di intervento, potrà essere utilizzato in presenza di pellicole pittoriche in fase di distacco o elementi lapidei particolarmente esfoliati, erosi o disgregati al fine di preservarli da, se pur lievi, abrasioni causate dall’eventuale passaggio di un pennello per un trattamento preconsolidante, consolidante o dall’azione abrasiva di una pulitura ad acqua. Le scaglie saranno assicurate mediante bendaggi provvisionali di sostegno: si
procederà in modo progressivo mettendo in opera “fazzoletti” di garza di cotone (comuni compresse di garze sterili), di tela grezza (da scegliere in base alla pesantezza e alle dimensioni del frammento in oggetto) o fogli di carta giapponese di pochi centimetri di lato (da 6 a 12) fermati con resina acrilica in soluzione o in dispersione (per quanto riguarda la soluzione un buon esempio sarà costituito da una resina acrilica tipo Paraloid al 20% p/v, in solvente volatile come acetone, così da favorire una rapida presa o sempre al 20% in un diluente nitro; mentre per la dispersione si potrà utilizzare una emulsione acrilica tipo Primal B60A al 5% v/v), oppure con una soluzione acquosa al 3% di alcool polivinilico (ad es. Gelvatol) o acetato di polivinile.
Questa sorta di “filtro”, realizzato con fogli di carta giapponese, potrà essere messo in opera anche in presenza di impacchi pulenti (a base di polpa di cellulosa o di argille assorbenti) allorché si operi su strutture particolarmente porose o decoese.
Specifiche sui materiali
La carta giapponese è una carta molto leggera a base di fibre di riso, dotata di robustezza disponibile in commercio in diversi spessori e pesi minimo 6 gr/m² massimo 110 gr/m². Queste carte si rilevano utili oltre che per le velinature anche come “filtro” per operazioni di pulitura su superfici delicate o in avanzato stato di degrado.
Alcool polivinilico: Sostanza ad alto peso molecolare, solubile in acqua, alla quale si impartisce forte viscosità e proprietà emulsionanti. Si rileva poco solubile in solventi organici e viene sovente utilizzato in miscele di acqua e alcool etilico denaturato (in soluzioni dal 3 al 10%) nelle operazioni di preconsolidamento per fissaggi di scaglie e/o frammenti oppure per fissaggi mediante velinature con garza di cotone o carta giapponese.
Acetato di polivinile: Resina sintetica termoplastica, preparata per polimerizzazione dell’acetato di vinile, a sua volta ottenuto da acetilene e acido acetico. Utilizzata in soluzione dal 3 al 10% in alcool etilico o isopropilico oppure in miscele a base di acido etilico denaturato e acqua come fissativo di pellicole pittoriche o per eseguire “ponti di cucitura” di frammenti di scaglie decoese. Punto di rammollimento: 155-180 °C; viscosità a 2 0 °C della soluzione al 20% in estere etilico dell’acido acetico: 180-240 mPas.
4. Nebulizzazione di miscele di silicato di etile
La procedura (simile a quella descritta nell’articolo sul consolidamento mediante silicato di etile) potrà essere utilizzata sia per la riadesione di scaglie e micro frammenti pericolanti sia in presenza di fenomeni di polverizzazione e decoesione della superficie lapidea e, si porrà come obiettivo quello di fissare
temporaneamente il materiale. L’operazione consisterà nella nebulizzazione o, preferibilmente, nell’applicazione con pennello a setola naturale morbida di miscela d’esteri dell’acido silicico (silicato di etile) in percentuale variabile in ragione del supporto. In linea di massima potranno essere prese come percentuali di riferimento quelle normalmente utilizzate per il consolidamento per impregnazione abbassandole leggermente (in linea generale si potrà utilizzare una quantità paria a circa 400-500 g/m² per il consolidamento d’apparecchi in cotto, e 200-300 g/m² per superfici intonacate con malta di calce). Su superfici particolarmente decoese o in presenza di scaglie di pellicola pittorica sarà consigliabile
interporre tra il pennello e il materiale fazzoletti di carta giapponese così da creare un filtro a protezione dell’azione abrasiva, se pur in minima parte, del pennello.
5. Applicazione di sospensioni di idrossido di calcio
La procedura sarà rivolta, in modo particolare, agli intonaci di calce o alle pitture murali, allorché si manifesteranno fenomeni di polverizzazione del colore o esfoliazione di strati pittorici così da garantire sia la riadesione del pigmento sia della pellicola al supporto. Il preconsolidamento si baserà sull’applicazione di sospensioni, direttamente sulle superfici, di soluzioni stabili d’idrossido di calcio in solventi inorganici (alcoli alifatici), le particelle veicolate dal solvente penetreranno all’interno delle porosità superficiali così da produrre un nuovo processo di presa all’interno della matrice. Il solvente sarà da preferire all’acqua in quanto quest’ultima renderà la sospensione nettamente più instabile provocando una velatura biancastra sulle superfici trattate, inoltre il solvente avrà il vantaggio di far decantare l’idrossido di calcio in tempi più lunghi (circa 16-18 ore contro gli appena 30-40 minuti delle soluzioni acquose). In ogni caso se si vorrà utilizzare l’acqua sarà consigliabile formulare soluzioni utilizzando acqua distillata. Le sospensioni potranno essere preparate con concentrazioni molto variabili in ragione del supporto da consolidare, sarà, comunque, consigliabile iniziare da sospensioni abbastanza diluite per poi spingersi a soluzioni più concentrate fino ad arrivare ad una crema di una certa consistenza.
Il trattamento eseguito, con l’ausilio di pennello a setola morbida, in una due o più riprese, (intervallate generalmente da qualche giorno ed aumentando la concentrazione della soluzione), fino ad assorbimento totale del supporto rientrerà in quelli di consolidamento corticale in quanto le particelle, pur di ridotte dimensioni, non riusciranno a penetrare nel materiale in profondità (ca. 2 mm). La procedura non risulterà adatta per le superfici che presentano depositi polverulenti o grassi, in quanto sostanze potenzialmente solubili e pertanto diffondibili all’interno della matrice porosa. Su pitture murali o, più in generale, su supporti particolarmente decoesi sarà necessario interporre fazzoletti di carta giapponese che verranno rimossi dopo circa un’ora dall’applicazione.
Specifiche
Le possibili velature bianche (che potranno emergere anche solo dopo poche ore dal trattamento) potranno essere eliminate (a meno che non sia previsto un successivo trattamento protettivo con prodotti a base di calce tipo scilabature o velature alla calce) con spugnature o tamponature di acqua distillata o con impacchi, di qualche
ora (circa 6-10 h) di polpa di cellulosa inumidita sempre da acqua distillata (per maggiori dettagli si rimanda agli articoli specifici sulle puliture).
6. Micro-iniezioni di miscele a bassa pressione
Questo tipo di operazione sarà indirizzato verso la riadesione di modeste parti di intonaco o scaglie di laterizio sollevate. Queste micro-iniezioni potranno essere effettuate in prossimità di piccole fessure, lacune o fori già presenti sulle superfici intonacate, in assenza di queste si potranno creare dei microfori con l’ausilio di idonei punteruoli o micro-trapani manuali. Previa pulitura della fessurazione con una miscela di acqua deionizzata ed alcool (5:1 in volume), con lo scopo di creare dei canali nella parte retrostante e, al contempo, di verificare l’eventuale esistenza di lesioni o fori da dove la miscela consolidante potrebbe fuoriuscire, si procederà all’iniezione, con l’ausilio di normali siringhe di plastica (da 10 cc o 20 cc), procedendo attraverso i fori o le soluzioni di continuità poste nella parte più bassa per poi avanzare, verso quelle più in alto.
Per gli intonaci, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, si potrà utilizzare iniezioni di una miscela composta da calce aerea diluita con percentuale del 5-10% di resina acrilica eventualmente caricata con carbonato di calcio o metacaolino micronizzato ed addittivata con gluconato di sodio, o, nei casi di distacchi più consistenti (ad es. scaglie di laterizio), con polvere di cocciopesto vagliata e lavata o sabbia silicea ventilata; in caso d’estrema urgenza o di murature umide, si potrà utilizzare calce idraulica
naturale NHL 2 esente da Sali solubili, additivata con cariche pozzolaniche ventilate; in questo modo si potrà ottenere un solido ancoraggio nel giro di 20-30 minuti. All’operazione di preconsolidamento, ad esempio, di una porzione consistente d’intonaco spanciato che minaccia di distaccarsi totalmente dal supporto, sarà utile affiancare quella di presidio provvisorio temporaneo facilmente realizzabile con la messa in opera, alla distanza di circa 2-3 cm, di un tavolato continuo in legno protetto nella faccia verso il manufatto da un foglio di alluminio o da un film plastico in polietilene (tipo Domopak); infine, lo spazio tra presidio e l’interfaccia dell’intonaco (precedentemente protetto con foglio di alluminio) sarà riempito da materiale morbido tipo gommapiuma (o in alternativa da schiuma di poliuretano).
Specifiche sui materiali
Le resine acriliche, come del resto le emulsioni acriliche pure (ovvero al 100%), potranno essere utilizzate in dispersione acquosa (ovvero un miscuglio eterogeneo contenente una percentuale variabile di resina acrilica o di emulsione acrilica pura) sia come legante per pigmenti naturali e/o sintetici in polvere, sia come additivo per malte da sigillatura o iniezione (se non diversamente specificato per un impasto di calce ed inerti in rapporto di 1:3 si aggiungerà 5-10% di emulsione acrilica) conferendo a questi impasti un più veloce indurimento in superficie, un miglioramento delle caratteristiche fisico-chimiche (tenacità, durezza, resistenza nel tempo ed agli agenti chimici, resistenza all’abrasione, alla trazione, alla compressione, alla flessione, all’impatto ed agli effetti del gelo) e un netto aumento di adesività su materiali quali laterizio, legno e cemento.
E’ necessario che l’operatore sia in grado, per tutta la durata dell’intervento, di orientare la lancia manualmente circoscrivendo così l’operazione alle sole aree interessate; l’operatore dovrà, inoltre, accertarsi che l’erogazione del flusso sia sempre costante e che l’ugello non si sia usurato. Se la sabbiatura sarà eseguita in presenza di elevati tenori di umidità ambientale occorrerà tenere sotto stretto controllo l’apparecchiatura visto che i granuli di abrasivo potrebbero compattarsi ostruendo l’ugello; per ovviare a tale inconveniente potrebbe risultare utile dotare l’apparecchiatura di un apposito deumidificatore. La sabbiatura controllata non è adatta per la pulitura di parti delicate e minute come modanature, apparati decorativi o cornici per le quali può essere più appropriato procedere con una microsabbiatura puntuale. Sarà opportuno, pertanto, schermare mediante idonee protezioni (ad esempio fogli di polietilene) le parti che non dovranno “subire” taletrattamento e prevedere prima di iniziare l’intervento di sabbiatura, la raccolta del materiale abrasivo di risulta
Art. 55
PULITURE MATERIALI LAPIDEI
Con il termine “materiale lapideo” dovranno sempre essere intesi (in accordo alle raccomandazioni NorMaL) oltre che i marmi e le pietre propriamente detti, anche gli stucchi, le malte, gli intonaci (affrescati, dipinti a secco, graffiti) ed i prodotti ceramici come laterizi e cotti.
1. Generalità ed esecuzione di prove di pulitura
Prima di eseguire le operazioni di pulitura è opportuno attenersi a delle specifiche procedure al fine di salvaguardare l’integrità del materiale e, allo stesso tempo, prepararlo in modo da garantire l’efficacia, più o meno incisiva, dell’intervento. Le operazioni preliminari comprendono:
– analisi puntuale e dettagliata della consistenza dei materiali da pulire al fine di avere un quadro esplicativo relativo alla loro natura, compattezza ed inerzia chimica;
– analisi dei prodotti di reazione, così da poter identificare la loro effettiva consistenza, la natura e la reattività chimica;
– preconsolidamento (preferibilmente reversibile) se si riscontra la necessità, del materiale prima di iniziare la pulitura;
– esecuzione delle prove prescelte su campioni di materiale;
– analisi dei risultati ottenuti sulla superficie campione prima di estendere le operazioni di pulitura a tutta la superficie.
Lo scopo che ogni operazione di pulitura, indipendentemente dal sistema prescelto, deve prefiggersi è quello di asportare dalla superficie ogni tipo di deposito incoerente, in particolar modo quelli che possono proseguire il deterioramento del materiale. La facilità o difficoltà dell’asportazione e, di conseguenza, il ricorso a metodologie più o meno aggressive, dipende strettamente dalla natura del deposito stesso:
– depositi incoerenti (particellato atmosferico terroso o carbonioso) che non risultano coesi con il materiale o derivati da reazione chimica, depositati per gravità, o perché veicolati dalle acque meteoriche o di risalita (efflorescenze saline);
– depositi incoerenti (particelle atmosferiche penetrate in profondità, sali veicolati dall’acqua di dilavamento ecc.) che tendono a solidarizzarsi alla superficie del materiale tramite un legame meccanico, non intaccando, però, la natura chimica del materiale;
– strato superficiale derivato dalla combinazione chimica delle sostanze esterne (volatili o solide)
con il materiale di finitura; i prodotti di reazione che ne derivano sono, ad esempio, le croste (prodotti gessosi) e la ruggine (ossidi di ferro).
La rimozione dei depositi incoerenti presenti sul materiale che, a differenza delle croste, non intaccano la natura chimica del materiale, potrà essere eseguita ricorrendo a dei sistemi meccanici semplici, facili da applicare come ad esempio: stracci, spazzole di saggina, scope, aspiratori ecc. integrati, dove il caso specifico lo richiede, da bisturi, piccole spatole e lavaggi con acqua; invece nel caso in cui si debbano asportare depositi solidarizzati con il materiale, sarà conveniente ricorrere a dei cicli di pulitura più consistenti come, ad esempio, tecniche di pulitura a base d’acqua, pulitura con impacchi acquosi o con sostanze chimiche, pulitura meccanica, pulitura mediante l’uso di apparecchi aeroabrasivi, sabbiatura controllata ecc.
Ogni qualvolta si utilizzeranno sistemi di pulitura che implicheranno l’uso di considerevoli quantitativi
d’acqua (spray di acqua a bassa pressione, idropulitura, acqua nebulizzata, acqua atomizzata ecc.) dovrà essere pianificato in sede di cantiere, prima di procedere con l’intervento, il sistema di raccolta e di convogliamento del liquido e dovrà essere prevista la protezione (mediante l’utilizzo di teli impermeabili) delle parti che, non essendo interessate dall’operazione di pulitura (serramenti, vetri ecc.), potrebbero essere danneggiate durante la procedura.
Ogni procedura di pulitura, in special modo se caratterizzata dall’utilizzo di prodotti specifici anche se prescritti negli elaborati di progetto, dovrà essere preventivamente testata tramite l’esecuzione di campionature eseguite sotto il controllo della D.L.; ogni campione dovrà, necessariamente, essere catalogato ed etichettato; in ogni etichetta dovranno essere riportati la data di esecuzione, il tipo di prodotto e/o le percentuali dell’impasto utilizzato, gli eventuali solventi e di conseguenza il tipo di diluizione (se si tratterà di emulsioni, ovverosia miscele di due liquidi, rapporto volume/volume) o di concentrazione (se si tratterà di soluzioni, cioè scioglimento di un solido in un liquido, rapporto peso/volume) utilizzati, le modalità ed i tempi di applicazione.
2. Sistemi di pulitura per gli elementi lapidei
I materiali lapidei rientrano nella categoria dei materiali a pasta porosa e come tali risentono particolarmente dell’azione disgregatrice operata dalle condizioni al contorno. La superficie, generalmente lavorata, a contatto con gli agenti atmosferici è sottoposta ad una serie di lente trasformazioni chimiche-fisiche che portano, nel corso degli anni, alla formazione di una patina superficiale, non dannosa, una sorta di protezione naturale che si limita ad alterare solo l’aspetto cromatico del materiale. Attualmente, le sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera ostacolano la formazione della patina attaccando direttamente i materiali lapidei favorendone la disgregazione e
l’insorgenza di croste nere. L’intervento di pulitura su questo tipo di materiali deve, principalmente, essere indirizzato ad eliminare la presenza di efflorescenze, croste nere, macchie ecc. che
provocano il lento deterioramento della materia e, laddove è presente, conservare la patina naturale.
Le croste nere che ricoprono gli elementi lapidei, costituiscono un tipo di degrado che più di altri può alterare lo stato di fatto del materiale; oltre a mascherare le policromie, annullando l’originale gioco di luci e di ombre caratteristico degli apparati decorativi, sono una fonte pericolosa di sali solubili e la loro persistenza fa sì che la superficie sia sempre a contatto con le sostanze inquinanti. La presenza di croste nere può inoltre accentuare l’effetto di variazioni termiche, che accelerano il fenomeno di esfoliazione degli strati superficiali della pietra provocando il distacco di frammenti.
3. Pulitura mediante spray di acqua a bassa pressione
Tecnica particolarmente adatta quando si tratterà di rimuovere polveri e depositi solubili in acqua o non troppo coesi al substrato; indicata soprattutto per asportare depositi superficiali sottili legati con gesso o calcite secondaria, su materiali lapidei di natura calcarea e poco porosi, è sconsigliata in presenza di croste nere di spessore considerevole (1-3 mm) e contenenti percentuali di gesso elevate (tra il 20% e il 30%) poiché i tempi di applicazione troppo lunghi potrebbero recare danni al materiale. La superficie da trattare sarà invasa da getti d’acqua a bassa pressione (2-3 atm) proiettati con l’ausilio di ugelli (simili a quelli comunemente usati negli impianti di irrigazione o in orticoltura) indirettamente dall’alto verso il basso, in modo tale da giungere sul materiale in caduta. Quest’operazione di pulitura, oltre all’azione chimica, svolgerà anche una moderata azione meccanica e dilavante, (dovuta al moderato ruscellamento), grazie alla quale gran parte dei sali solubilizzati potranno essere rimossi. Importante è tenere presente che la quantità d’acqua da impiegare dovrà essere tale da non inumidire troppo la muratura (l’intervento non deve superare i 15-20 minuti consecutivi); inoltre, è consigliabile evitare i cicli di pulitura a base d’acqua nei mesi freddi così da evitare gli inconvenienti connessi sia all’azione del gelo sia alla lenta evaporazione, per questo la temperatura esterna non dovrebbe essere mai sotto i 14 °C.
La pulitura dovrà procedere per porzioni limitate di muratura; nel caso questa tecnica sia utilizzata per la pulitura di materiali lapidei porosi si dovrà, necessariamente, ridurre al minimo indispensabile la quantità d’acqua in modo da riuscire ad evitare la movimentazione dei sali presenti all’interno del materiale. Considerata la quantità d’acqua impiegata, prima di iniziare le operazioni di pulitura si dovranno mettere in atto le precauzioni enunciate nell’articolo sulle generalità.
Specifiche sui materiali: per la pulitura di manufatti, dovrà, preferibilmente, essere utilizzata, acqua assolutamente pura, dolce, priva di sali e calcari, con un pH neutro e una durezza inferiore al 2% (anche se sovente nella pratica si ricorre all’acqua di rubinetto). L’acqua da impiegare dipenderà dalla natura del materiale, di norma in presenza di calcari teneri si useranno acque più dure, acque a grana fine dove si riscontreranno problemi di solubilità di carbonato di calcio mentre, per i graniti e le rocce silicate potrà essere utilizzata acqua distillata ovvero deionizzata ottenuta tramite l’utilizzo di appositi filtri contenenti resine scambiatrici di ioni acide (RSO3H) e basiche (RNH3OH) rispettivamente. Il processo di deionizzazione non renderà le acque sterili e nel caso in cui sia richiesta sterilità, potranno essere ottenute acque di questo tipo, operando preferibilmente per via fisica.
3.1. Pulitura mediante macchina idropulitrice a pressione controllata
L’idropulitura risulterà particolarmente adatta per effettuare lavaggi su delle superfici non di particolare pregio e soprattutto non eccessivamente degradate o porose poiché la pressione del getto (4-6 atm), in questo caso, potrebbe risultare troppo aggressiva e lesiva per il materiale ed implicare, sia l’eventuale distacco di parti deteriorate sia l’asportazione anche di porzioni sane di superficie. La procedura prevedrà l’esecuzione del lavaggio con getto di acqua, calda o fredda in riferimento alle indicazioni della D.L., emesso tramite l’ausilio di un ugello erogatore distante dalla superficie in una misura mai inferiore a 5 cm o superiore a 20 cm; si procederà con la pulitura dall’alto verso il basso per delimitate campiture, così da
riuscire ad asportare velocemente lo sporco ed evitare la sua eventuale penetrazione (per percolamento) nelle parti inferiori, dopodiché si terminerà con un risciacquo dell’intera superficie. Al termine delle operazioni di lavaggio è opportuno accertarsi che l’intervento non abbia provocato dei danni al materiale (erosioni, abrasioni ecc.) e che non siano presenti polveri trasportate verso il basso dal ruscellamento delle acque di lavaggio. Considerata la quantità d’acqua impiegata, prima di iniziare le operazioni di pulitura si dovranno mettere in atto le precauzioni enunciate nell’articolo sulle generalità.
4. Pulitura mediante spray d’acqua nebulizzata
Un’alternativa alla pulitura con spray d’acqua deionizzata è la nebulizzazione del liquido tramite ugelli a cono vuoto (dotati di pinze e posizionati a 30-40 cm dalla superficie) caratterizzati da un orifizio molto piccolo, (diametro tra 0,41 e 0,76 mm), che permette di invadere la superficie da trattare (obliquamente e quasi senza pressione) con una fitta nebbia di goccioline, del diametro di circa 1/10 mm. Sostanzialmente le precauzioni da prendere saranno le stesse del metodo precedentemente illustrato, questo sistema sarà valido soprattutto per rimuovere incrostazioni costituite da composti parzialmente idrosolubili; l’acqua impiegata potrà essere deionizzata ed additivata con tensioattivi neutri allo scopo di diminuire l’angolo di contatto e, rispetto allo spray d’acqua, presenterà il vantaggio di accentuare l’azione diluente della pulitura chimica proprio grazie all’azione nebulizzante delle goccioline. La nebulizzazione risulterà particolarmente adatta quando si tratterà di pulire pietre carbonatiche non troppo incrostate (meno adatta per pietre quarzo-silicatiche) e per interventi su calcari non troppo porosi, dove le sostanze da rimuovere non siano particolarmente tenaci, contrariamente, in presenza di depositi difficili da rimuovere, si completerà il ciclo di pulitura con impacchi o spazzole di saggina. La pulitura dei materiali porosi con acqua nebulizzata dovrà ridurre i tempi d’irrorazione della superficie (così da evitare l’assorbimento d’acqua in profondità) ripetendo, se necessario, l’intervento più volte. L’applicazione continua della nebulizzazione sulla superficie non dovrà, comunque, mai superare i 15 minuti consecutivi in modo da evitare che le murature s’impregnino eccessivamente (in condizioni “normali” il consumo d’acqua potrà essere valutato in 4 l/h per ugello). Tra i vari cicli di pulitura dovranno intercorrere ampie pause così da consentire al materiale il completo prosciugamento. I tempi d’applicazione saranno comunque in funzione della consistenza dei depositi e della natura del materiale; su calcari teneri l’intervento potrà durare meno rispetto a quello operato su quelli compatti. La pulitura mediante acqua nebulizzata si effettuerà in cantiere ricorrendo a specifica apparecchiatura e dovrà essere applicata, esclusivamente durante la stagione calda, mai con valori minimi della temperatura esterna inferiori a 17
°C. Considerata la quantità d’acqua impiegata, prima di iniziare le operazioni di pulitura si dovranno mettere in atto le precauzioni enunciate nell’articolo sulle generalità.
4.1. Pulitura mediante acqua atomizzata
Molto simile alla tecnica della nebulizzazione è la pulitura mediante acqua atomizzata con la differenza che, in questo caso, lo spruzzo d’acqua è costituito da goccioline ancora più piccole. Mediante l’uso d’apposite camere di atomizzazione, infatti, l’acqua si ridurrà in un aerosol costituito da un numero elevato di finissime goccioline che fuoriusciranno da ugelli connessi ai lati delle camere mediante condutture flessibili; in questo modo aumenterà l’azione solvente dell’acqua nei confronti dei sali solubili e dei leganti delle croste nere, mentre diminuirà l’azione meccanica che si limiterà ad un debole ruscellamento sulle superfici sottostanti. Si ricorrerà a questa tecnica ogni qualvolta si dovrà eseguire la pulitura su porzioni particolarmente delicate come: apparati decorativi, fregi, modanature ecc., e/o su superfici particolarmente degradate (decoese). La pulitura mediante l’atomizzazione sarà in grado di asportare dalle superfici lapidee (anche porose) di natura carbonatica, parte dei sali solubili e i depositi polverulenti e/o carboniosi. I tempi di applicazione sono più lunghi di quelli previsti per la nebulizzazione.
Considerata la quantità d’acqua impiegata, prima di iniziare le operazioni di pulitura, si dovranno mettere in atto le precauzioni enunciate nell’articolo sulle generalità.
5. Pulitura meccanica (spazzole, bisturi, spatole ecc.)
La pulitura meccanica di superfici lapidee, comprende una serie di strumenti specifici il cui impiego è in stretta relazione al grado di persistenza delle sostanze patogene che si dovranno asportare. Prima di procedere ad illustrare la gamma di utensili disponibili e le relative tecniche, è opportuno precisare che la riuscita delle operazioni di pulitura meccanica, sarà strettamente connessa all’abilità ed alla sensibilità dell’operatore che dovrà prestare particolare attenzione a non arrecare danni irreversibili al materiale (incisioni o segni). La pulitura meccanica consentirà la rimozione di scialbature, depositi ed incrostazioni più o meno aderenti alla superficie; a tal fine si potrà ricorrere a strumenti di vario tipo partendo dai più semplici come: spazzole di saggina o di nylon, bisturi, piccole spatole metalliche, sino ad arrivare ad utilizzare apparecchiature meccanizzate più complesse di tipo dentistico che, alimentate da un motore elettrico o pneumatico, consentiranno la rotazione di un utensile come ad esempio: microspazzolini in fibre vegetali o nylon (per asportare depositi più o meno aderenti), microfrese (atte all’asportazione di incrostazioni dure e di modeste dimensioni), micromole in gomma abrasiva (ovviano l’inconveniente di lasciare tracce da abrasione grazie al supporto relativamente morbido), microscalpelli su cui si monteranno punte in vidia di circa 5 mm di diametro (adatti per la rimozione di depositi calcarei), vibroincisori, apparecchi che montano punte a scalpello o piatte con diametro di circa 2-3 mm (eliminano incrostazioni molto dure e coese come scialbi, stuccature cementizie ecc.). La carta abrasiva fine (400-600 Mesh) o la pomice potranno essere impiegate in presenza di superfici piane o poco irregolari, anche se la bassa velocità di avanzamento che caratterizza questo sistema, implicherà tempi di lavoro troppo lunghi e, per questo, potrà essere applicato solo su porzioni limitate di materiale. In presenza di stuccature cementizie, o in casi analoghi, si potrà procedere alla loro asportazione ricorrendo all’uso di un mazzuolo e di uno scalpello (unghietto); considerato l’impatto che potrà avere l’intervento sul materiale, si consiglia di effettuare l’operazione in maniera graduale in modo da poter avere sempre sotto controllo l’intervento.
Avvertenze
Questo tipo di pulitura potrà produrre variazioni morfologiche superficiali in funzione della destrezza
dell’operatore e delle condizioni conservative della superficie, mentre saranno assenti variazioni del colore delle superfici trattate da tale procedura.
6. Pulitura mediante prodotti solventi
La pulitura mediante solventi dovrà essere, necessariamente, impiegata nel caso in cui si operi in presenza di materiali o supporti (ad es., stucchi a gesso o stesure pittoriche a base gesso) che non siano in grado di sopportare puliture ad acqua. La procedura operativa prevedrà le seguenti fasi:
– esecuzione di prove preliminari di pulitura al fine di determinare il livello della rimozione dei prodotti di deposito e di alterazione, senza danneggiare il supporto, la sua finitura superficiale nonché il materiale di cui è costituito: tali prove serviranno, inoltre, per avere un campione di riferimento e di controllo durante le fasi successive di lavoro. Tali test dovranno essere eseguiti in presenza della DL ed essere visionati dagli organi di tutela del bene in oggetto; ogni campione dovrà essere catalogato e riportare il tipo di solvente utilizzato. Per la campionatura, (che dovrà necessariamente essere eseguita su differenti elementi lapidei), se non differentemente specificato negli elaborati di progetto, potranno essere impiegati i seguenti solventi: acetone, acqua ragia, diluente nitro e white spirit;
– pulitura degli elementi in oggetto mediante tamponi (batuffoli di cotone) o compresse di garza contenente al suo interno materiale assorbente. L’operatore potrà impiegare il tampone impugnandolo direttamente o utilizzando un bastoncino in legno così da agevolare la pulitura di porzioni difficilmente
raggiungibili come incavi, xxxxxxx, rientranze ecc. L’operatore, dopo avere imbevuto di solvente il tampone, procederà a strofinare leggermente la zona da pulire eseguendo, preferibilmente, un movimento rotatorio. Nei punti più difficili da raggiungere e/o in presenza di depositi o incrostazioni più coerenti, potrà essere necessario insistere nell’azione impiegando il movimento più adatto alla specifica esigenza. In caso di colature, o dispersioni incontrollate del solvente misto al particellato di deposito, occorrerà operare la rimozione tempestivamente asciugandole con un tampone o una pezza di garza asciutti. Subito dopo aver passato il tampone sarà necessario passare sul manufatto oggetto di intervento una pezza di tessuto pulito ovvero un altro tampone inumidito con idoneo diluente così da rimuovere eventuali eccessi di solvente affinché questi non continuino la loro azione. In alternativa, ossia dove si renderà necessario un intervento più minuzioso e localizzato, ossia per le parti più delicate policrome o dorate (scritte, stemmi, festoni, capitelli), sarà preferibile veicolare il solvente mediante l’utilizzo di addensanti cellulosici ovvero solvent-gel. Queste tipologie di prodotti, oltre a risultare igroscopici, permettono di gelificare il solvente così da mantenerlo localizzato sulla superficie del manufatto policromo; in questo modo l’azione di pulitura si rileverà più selettiva limitando la penetrazione del solvente negli strati sottostanti. Il gel sarà applicato con pennelli piccoli e morbidi per i tempi e con la densità stabiliti dai test-campione eseguiti in precedenza; in caso di superfici particolarmente decoese si potranno frapporre tra il composto e il supporto dei fazzoletti di carta giapponese. Il composto sarà rimosso a secco o a tampone leggermente imbevuto così da evitare di lasciare eventuali residui dannosi per il manufatto.
Avvertenze
La scelta del solvente adatto alla rimozione di una certa sostanza richiederebbe, di norma, l’esatta conoscenza della natura chimica del materiale da disciogliere; nel caso in cui si disponga di tale conoscenza preliminare all’intervento, sarà sufficiente utilizzare il Triangolo delle Solubilità dei solventi così da arrivare immediatamente ad una possibile, quanto idonea soluzione. Nel caso in cui l’operatore non abbia la piena conoscenza della natura del materiale da rimuovere, sarà necessario eseguire delle prove campione sulla superficie da rimuovere. I suddetti test, eseguiti dietro specifica autorizzazione della DL, dovranno verificare, con delle miscele solventi standard a parametri di solubilità noti (potrà, per semplicità, essere considerato solo uno dei tre parametri ad es. la fd ovvero la forza di dispersione), il valore necessario per solubilizzare il materiale ovvero la vernice in oggetto: in accordo col valore trovato, verrà scelto il solvente adeguato per la pulitura. Il pratica si dovranno eseguire delle modeste tassellature di prova partendo sempre dalla miscela (ovvero dal solvente) con valore più basso per poi passare alla successiva, fino a quando se ne troverà una che solubilizzerà il soluto in questione. Stabilito, in questo modo, il parametro spia, si potrà compiere la scelta del solvente (o più spesso della miscela di solventi, ad es. 1 parte di white spirit e 3 parti di trielina per asportare depositi, grassi di oli e cere) avente il valore ricercato. La selezione, pertanto, sarà indirizzata dalla tabella dei parametri di solubilità nelle immediate vicinanze del valore del parametro scelto determinato dalla prova-campione. In linea generale, la scelta dovrà ricadere su un solvente il meno tossico possibile, nel caso tale solvente non dovesse esistere, il valore spia dovrà essere riprodotto mediante miscela di solventi (per semplicità operativa converrà operare verso miscele binarie).
La scelta dei solventi, sia quando risulti nota la natura del soluto, sia quando si debba ricavare mediante prove campione, rappresenta di norma un compromesso tra esigenze diverse quali il potere solvente, la stabilità, la non corrosività, la tossicità e l’infiammabilità. Considerando i parametri di solubilità (ovvero fs forze di dispersione tipo apolari, fp forze di tipo polari e fh forze di legame a Idrogeno) dei solventi organici, sarà, pertanto, consigliabile sostituire un solvente organico con un altro solvente o una miscela di solventi la cui terna di parametri di solubilità sia analoga a quella del solvente da sostituire, specialmente se questo ultimo si rileva molto tossico. L’utilizzo di solventi gelificanti nelle operazioni di pulitura di superfici policrome sarà da preferire dal momento che consentirà di ottenere un’azione più
controllata e selettiva sullo strato da rimuovere, oltre ad una minore volatilità dei solventi stessi ed una maggiore sicurezza per l’operatore.
Per utilizzare, manipolare e/o conservare i suddetti prodotti si dovrà, obbligatoriamente, fare riferimento a quanto indicato sulle relative etichette e schede di sicurezza. I prodotti dovranno, inoltre, essere ad esclusivo uso di personale professionalmente qualificato. In ogni caso dovranno sempre essere utilizzati i DPI (dispositivi di protezione individuali) adeguati a protezione della pelle, degli occhi, del viso e delle vie respiratorie.
Specifiche sui materiali
Acetone anidrite solvente polare, volatile atossico presenta un ottimo potere solvente miscibile con molti liquidi e può essere impiegato come solvente intermediario.
Acqua ragia minerale solvente apolare, la versione dearomatizzata, presenterà una tossicità inferiore; sarà, comunque, consigliabile utilizzarla in ambiente areato.
Diluente nitro antinebbia, miscela di vari solventi (toluene, acetone, dicloropropano, alcool isopropilico), alcuni tossici a polarità media a rapida evaporazione, possiede un buon potere solvente.
White spirit (ragia dearomatizzata), miscela di idrocarburi, liquido limpido di odore caratteristico è insolubile in acqua ma miscibile con la maggior parte dei solventi organici.
Solvent-gel si costituiscono a partire da acido poliacrilico e ammina di cocco, la quale possiede la proprietà di neutralizzare la funzione acida dell’acido poliacrilico e, contemporaneamente, di conferire all’addensante anche blande proprietà tensioattive. L’aggiunta al solvente scelto e poche gocce d’acqua provocano il rigonfiamento del sistema e la formazione del gel.
Addensanti cellulosici: agiscono per rigonfiamento diretto della struttura cellulosica da parte del solvente puro o di loro miscele. La metilcellulosa si rileva più adatta per gelificare solventi polari (acetone, white spirit ecc.) o miscele di questi, da utilizzarsi in concentrazione dal 2 al 4% p/v. L’etilcellulosa si rileva, invece, più adatta per solventi a polarità medio bassa (clorurati, chetoni, esteri ecc.) o apolari; la percentuale di utilizzo varia dal 6% al 10% (p/v) a seconda dei casi.
7. Pulitura mediante impacchi
Le argille assorbenti, come la seppiolite e l’attapulgite, sono dei silicati idrati di magnesio, mentre la polpa di cellulosa è una fibra organica ottenuta da cellulose naturali (disponibile in fibre di lunghezza variabile da 40 a 1000 ı); mescolate insieme all’acqua, questo tipo di sostanze, sono in grado di formare una sorta di fango capace di esercitare, una volta a contatto con le superfici lapidee e opportunamente irrorato con acqua (o con sostanze chimiche), un’azione, di tipo fisico, di assorbimento di liquidi in rapporto al proprio peso. La pulitura mediante impacchi assorbenti risulterà vantaggiosa, oltre che per l’asportazione dei sali solubili, per la rimozione, dalle superfici lapidee, di strati omogenei di composti idrosolubili o poco solubili (come croste nere poco spesse, di circa 1 mm), macchie originate da sostanze di natura organica, strati biologici (batteri, licheni e algali). Gli impacchi, inoltre, sono capaci di ridurre le macchie di ossidi di rame o di ferro. Il vantaggio del loro utilizzo risiede anche nella possibilità di evitare di applicare direttamente sulla superficie sostanze pulenti (in special modo quelle di natura chimica) che, in alcuni casi, potrebbero risultare troppo aggressive per il substrato. La tipologia d’impacco dipenderà dal grado di persistenza e dalla solvenza dello sporco da rimuovere, ma si deve tenere presente che gli impacchi non risulteranno particolarmente adatti per asportare croste spesse e, in caso di materiali porosi e/o poco coesi, sarà opportuno, al fine di non rendere traumatica l’operazione d’asportazione, interporre sulla superficie carta giapponese o klinex. Potrà essere conveniente, prima di applicare l’impacco, operare lo “sgrassamento” e la rimozione d’eventuali incerature superficiali ricorrendo a solventi come acetone, cloruro di metilene ecc. e, dove risulterà possibile, effettuare un lavaggio con acqua (deionizzata o distillata) in modo da asportare i depositi meno coerenti ed ammorbidire gli strati carboniosi più consistenti. In presenza di
efflorescenze si dovrà provvedere alla loro asportazione meccanica tramite lavaggio con acqua deionizzata e spazzolino morbido prima di procedere con l’operazione.
In linea generale si deve preferire basse concentrazioni con conseguenti tempi di applicazione più lunghi rispetto ad impacchi con soluzioni elevate con tempi di applicazione brevi.
7.1. Pulitura mediante impacchi assorbenti a base di acqua (estrazione di sali solubili mediante applicazione di compresse assorbenti)
L’impacco acquoso consisterà nell’applicazione, direttamente sulla superficie, (preventivamente umidificata con acqua distillata o deionizzata) di argille assorbenti (seppiolite o attapulgite con granulometrie comprese tra i 100 e i 200 Mesh) o polpa di cellulosa (fibra lunga 600-1000 ı) previa messa in opera, dove si renderà necessario, di klinex o fogli di carta giapponese indispensabili per interventi su superfici porose e/o decoese. La preparazione dell’impacco avverrà manualmente imbevendo con acqua deionizzata o distillata il materiale assorbente fino a che questo non assumerà una consistenza pastosa tale da consentire la sua applicazione, con l’ausilio di spatole, pennelli o, più semplicemente con le stesse mani, in spessori variabili a seconda delle specifiche dettate dalla DL (2-3 cm per le argille, 1 cm per la polpa di cellulosa). La permanenza dell’impacco sulla superficie sarà strettamente relazionata al caso specifico ma soprattutto farà riferimento alle indicazioni,
dettate dalla DL, basate su prove preventive effettuate su campioni (circa 10x10 cm). Il tempo di contatto (da pochi minuti a diverse ore) dipenderà dalla concentrazione delle soluzioni impiegate (da 5% a 130%, alle soluzioni sature), dal tipo e dalla consistenza del degrado che dovrà essere rimosso. La plasticità dell’impacco potrà essere migliorata aggiungendo all’acqua e all’argilla quantità variabili di attapulgite micronizzata. Gli impacchi dovranno essere eseguiti con temperature esterne non inferiori a 10 °C; se applicati durante un periodo caldo, o in presenza di vento, al fine di rallentare l’evaporazione del solvente, potranno essere protetti esternamente con strati di cotone o teli di garza imbevuti di acqua demineralizzata, coperti da fogli di polietilene muniti di un’apertura dalla quale verrà garantito l’inumidimento della superficie sottostante. La rimozione della poltiglia potrà essere eseguita quando questa, una volta asciutta, formerà una crosta squamosa ed incoerente tale da distaccarsi dal supporto poiché non più aderente alla superficie. I frammenti di pasta cadranno da soli o potranno essere rimossi con facilità aiutandosi con pennello o spatola. Il supporto dovrà essere lavato con acqua demineralizzata, nebulizzata a bassa pressione in modo da riuscire ad asportare tutto il materiale assorbente
aiutandosi, se necessario, anche con spazzole e pennelli di setole di nylon morbide. Sia l’attapulgite che la seppiolite saranno in grado di assorbire una grande quantità di liquidi in rapporto al loro peso (un chilogrammo di attapulgite è in grado di assorbire 1,5 kg d’acqua senza rigonfiare); l’attapulgite riuscirà ad assorbire, oltre l’acqua, anche gli oli. Le argille assorbenti, rispetto alla polpa di cellulosa, presenteranno l’inconveniente di sottrarre troppo rapidamente l’acqua dalle superfici trattate. In presenza di pietre molto porose potrà essere indicato ricorrere alla polpa di cellulosa (più facile da rimuovere rispetto alle argille).
Specifiche sui materiali
In alternativa all'impasto composto in cantiere potrà essere impiegato un impasto premiscelato denominato Westox Cocoon costituito esclusivamente da acqua distillata, fibre di purissima cellulosa di grado A (farmaceutico, non riciclata), proveniente da pasta di pino di prima scelta esente da Arsenico. La pasta (con ph di 8,0-8,5) viene alcalinizzata con Carbonato di Calcio da polvere di marmo, invece che con il normale Bicarbonato di Sodio, onde evitare di introdurre uno ione estraneo alla malta di calce, e modificata con terre silicee assorbenti purissime (farina fossile diatomacea). La pasta dell’impacco Cocoon è fornita pronta all’uso, non necessita di nessuna aggiunta né di essere mescolata. Si applica alla superficie (per un minimo di due applicazioni) mediante spatola piatta, cazzuola o a spruzzo per grandi superfici, per uno spessore di circa 10 mm (consumo di circa 10 l/m²), anche da mano d'opera non
specializzata. Dopo circa 7-28 giorni dall’applicazione (14 giorni in condizioni climatiche medie, ma anche molto di più) la pasta sarà diventata un cartone contenente i sali e potrà essere distaccata manualmente dal substrato o con l'eventuale aiuto di spatola piatta. Il cartone potrà essere mandato a discarica ordinaria. Così come per l'impacco “tradizionale”, la superficie interessata dovrà essere lavata con
acqua demineralizzata eventualmente coadiuvata da una leggera spazzolatura manuale eseguita con spazzole morbide.
Avvertenze
Il degrado e i danni si presenteranno in proporzione alla quantità percentuale in peso dei sali totali presenti nel muro. Il contenuto salino del muro potrà essere verificato da analisi di laboratorio su campioni secondo la norma UNI 11087 Beni Culturali "Materiali lapidei naturali ed artificiali.
Determinazione del contenuto di sali
solubili. Specie ioniche". La valutazione dei “sali totali” (ossia la somma delle seguenti specie ioniche: cloruri, solfati, nitrati e Sodio, Potassio, Magnesio, Calcio) mediante conduttività, prevista dalla stessa norma, potrà essere accettata per misure comparative a discrezione del Direttore dei Lavori.
In linea generale un muro potrà essere classificato secondo il grado di contaminazione in:
– pulito quando contiene meno dello 0,20% di sali totali al suo interno;
– poco contaminato quando contiene dallo 0,30% allo 0,50% (con questo contenuto salino vi sono pochi danni);
– mediamente contaminato dallo 0,60% all’1,50%;
– molto contaminato dall’1,60% al 3,00% di sali;
– gravemente contaminato oltre il 3,00% di contenuto salino.
L’abbassamento del contenuto salino totale del muro sotto allo 0,20% garantisce che il muro è sano, e rimarrà tale se non entrano nuovi sali. Essendo ogni situazione di cantiere diversa, il numero di applicazioni
necessario per raggiungere, nel caso particolare, la soglia ideale dovrà essere valutata singolarmente; in ogni caso, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, si eseguiranno un minimo di due cicli di impacco intervallati da almeno 14 giorni.
7.2. Pulitura mediante impacchi assorbenti a base di Carbonato e Bicarbonato d’Ammonio
Il carbonato e il bicarbonato di ammonio (veicolati nella maggior parte dei casi con impacchi di polpa di cellulosa) sono sali solubili in acqua, ai quali si potrà ricorrere in percentuali che varieranno da 5% a 100%, secondo i casi; potranno essere utilizzati sia da soli che in composti e, non di rado, a questa tipologia di impacchi si potranno aggiungere resine a scambio ionico con effetto solfante applicate in seguito a miscelazione con acqua demineralizzata in rapporto variabile, in base alla consistenza finale che si vorrà ottenere per effettuare il trattamento (i tempi di applicazione sono, anche in questo caso, da relazionarsi ad opportuni test preventivi).
Il carbonato e il bicarbonato di ammonio decompongono spontaneamente originando prodotti volatili (di norma questi sali risulteranno attivi per un lasso di tempo di circa 4-5 ore), la liberazione di ammoniaca conferirà al trattamento proprietà detergenti, mentre l’alcalinità (maggiore per il carbonato che per il bicarbonato) consentirà una graduale gelificazione di materiale di accumulo e vecchie patine proteiche e lipidiche, consentendone la rimozione dalla superficie. Questi sali eserciteranno, inoltre, un’azione desolfatante, riuscendo a trasformare il gesso, eventualmente presente sul supporto, in solfato di ammonio più solubile e facilmente asportabile con lavaggio acquoso. Se il materiale da asportare presenterà un’elevata percentuale di gesso, la concentrazione in acqua del carbonato o bicarbonato dovrà essere di tipo saturo (circa il 15-20% di sale in acqua deionizzata) mentre, per gli altri casi, basterà raggiungere il pH necessario (9 per il carbonato, 8 per il bicarbonato) con soluzioni meno sature (5-7% in acqua deionizzata). L’uso del bicarbonato d’ammonio (o di sodio) sarà sconsigliato nel caso di interventi
su materiali particolarmente degradati, specie per i marmi (nei quali si può avere una facile corrosione intergranulare e decoesione dei grani di calcite superficiale) e per i calcari sensibilmente porosi dove potrà incontrare difficoltà nel rimuovere i residui dell’impacco. In presenza di efflorescenze visibili sarà utile un’anticipata rimozione meccanica delle stesse, allo scopo di evitare la loro solubilizzazione e conseguente compenetrazione in seguito alla messa in opera dell’impacco.
Esempi di impasti: un impasto base per la rimozione di patine tenaci, fissativi o pitturazioni eseguite con colori più o meno resistenti sarà composto da:
– polpa di cellulosa a fibra media-grossa (tipo Arbocell 200-600 ı, metà della quantità di polpa di cellulosa potrà essere sostituita con Sepiolite);
– carbonato di ammonio al 20-25% (soluzione satura e acqua deionizzata in rapporto 1:2), in alternativa si potrà utilizzare bicarbonato di ammonio in opportuna diluizione.
La validità dell’impacco dovrà, in ogni caso, essere testata preventivamente su tasselli-campione, indicativamente il tempo di contatto potrà variare tra i 10 e i 45 minuti. La concentrazione della sostanza attiva non dovrà essere molto alta così da garantire all’impacco un’azione prolungata nel tempo e in profondità. Per pitturazioni eseguite con colori poco resistenti o delicati potrà essere utilizzata polpa di cellulosa con fibre corte (0-40 ı) o carbossimetilcellulosa (così da formare un impasto semitrasparente morbido e pennellabile) abbassando i tempi di applicazione (che potranno oscillare dai 5 ai 20 minuti) così da evitare che l’impacco agisca troppo in profondità ed eserciti solo azione pulente in superficie. In presenza di pigmenti deboli potrà essere necessario sostituire il carbonato con il bicarbonato di ammonio con l’eventuale riduzione delle concentrazioni e dei tempi di contatto (potranno essere sufficienti anche solo pochi minuti).
Orientativamente impacchi realizzati con polpa di cellulosa a macinazione medio-grossa (200-1000 ı) verranno impiegati con tempi di contatto relativamente lunghi (10-60 minuti) e con sostanza attiva (carbonato o bicarbonato di ammonio) in basse concentrazioni così da dar modo all’impacco di adire più a lungo e più in profondità. Impacchi, invece, realizzati con grana fine o finissima (00-200 ı) verranno impiegati con tempi di contatto più rapidi (5-20 minuti) e con sostanza attiva in bassa diluizione oppure in soluzione satura, così da evitare all’impacco di agire troppo in profondità garantendo una pulitura più delicata.
Specifiche sui materiali
Polpa di cellulosa: di colore bianco, deresinata ricavata dal legno. Le fibre presentano un’elevata superficie specifica, ed un’altrettanto elevato effetto addensante, un comportamento pseudoplastico e una buona capacità di trattenere i liquidi e sono, inoltre, insolubili in acqua ed in solventi organici. Un chilogrammo di polpa di cellulosa sarà in rado di trattenere circa 3-4 l di acqua, minore sarà la dimensione della fibra (00, 40, 200, 600, 1000 ı) maggiore sarà la quantità di acqua che sarà in grado di trattenere.
Avvertenze
L’applicazione degli impacchi chimici dovrà essere fatta dal basso verso l’alto in modo da ovviare pericolosi ed incontrollabili fenomeni di ruscellamento e al fine di ogni applicazione si procederà all’asportazione di ogni traccia di sostanza chimica ricorrendo sia ad un accurato risciacquo manuale con acqua deionizzata sia, se indicato dalla scheda tecnica del prodotto, all’ausilio di apposite sostanze neutralizzatrici. I vantaggi degli impacchi, indipendentemente dalla tipologia, risiedono nella loro non dannosità, nel basso costo (le argille sono riutilizzabili previo lavaggio in acqua) e nella facilità di messa in opera, non solo ma se si userà una miscela di polpa di cellulosa più argille assorbenti (in rapporto 1:1) si potranno sfruttare le caratteristiche migliori di entrambe (l’impacco che ne deriverà si presenterà morbido e malleabile tale da permettere l’applicazione sulle zone interessate senza cadute di materiale o percolazione di liquido in eccesso sulle zone limitrofe); per contro gli svantaggi sono la lentezza dell’operazione e la loro relativa non controllabilità.
7.3 Pulitura mediante impacchi assorbenti a base di Resine a scambio ionico
Il pulitore a scambio cationico (descialbante) funziona come agente di pulitura nei confronti di scialbature e incrostazioni calcaree, “sequestrando” ioni di calcio al supporto cui viene applicato in modo lento e delicato, garantendo, pertanto, un buon controllo del grado di pulitura. Il pulitore risulterà facilmente disperdibile in acqua demineralizzata o distillata con la quale, allorché venga miscelato per 1/7-1/8 del suo peso (ovvero con altro rapporto a secondo della consistenza finale descritta negli elaborati di progetto), fornisce un impasto facilmente applicabile a spatola su superfici con qualsiasi orientamento; con quantitativi d’acqua leggermente superiori si otterranno impasti più scorrevoli applicabili a pennello. Le resine a scambio anionico (desolfatanti) risulteranno invece attive nei confronti di gesso e solfati, derivati dall’aggressione da inquinamento atmosferico, su materiali lapidei di origine sia naturale sia artificiale quali:
marmi, pietre, malte, intonaci, affreschi o pitture murali. Al fine di ottenere un impasto facilmente applicabile a spatola su superfici di qualsiasi orientamento sarà necessario disperdere, orientativamente, una parte in peso di resina in una parte in peso di acqua deionizzata o distillata. Quantitativi maggiori di acqua (1,2-1,5 parti in peso), consentiranno applicazioni a pennello o con erogatori a spruzzo. In particolari situazioni applicative e sempre dietro specifica indicazione della DL potranno essere ammesse anche soluzioni di carbonato di ammonio sino al 10% p/p, sempre preparate con acqua deionizzata o distillata; tali impasti dovranno essere messi in opera subito dopo la loro preparazione. Se si utilizzeranno impasti con soluzioni di carbonato di ammonio, sarà necessario accertare, e di conseguenza, proteggere l’eventuale presenza di parti infisse o di pigmenti a base di rame.
In entrambi i casi, al fine di migliorare il trattamento, sarà consigliabile operare, sulla superficie da trattare, un preventivo trattamento di umidificazione con acqua demineralizzata ovvero distillata, fermo restando che le superfici da trattare dovranno essere liberate da eventuali depositi di polvere o detriti di qualsiasi genere.
L’azione del prodotto si esplica sino a che l’impasto rimarrà sufficientemente bagnato, per cui, se necessario, dovrà essere cura dell’Appaltatore proteggere gli impacchi dagli essiccamenti troppo rapidi con fogli di polietilene od altri film plastici. Dovranno, in ogni caso essere evitate temperature inferiori ai 10 °C e superio ri ai 30 °C. Se non diversamente specificato negli elaborati di progetto dovranno essere utilizzati impasti miscelati entro la stessa giornata lavorativa.
Sia le quantità di acqua, ottimali per la consistenza voluta dell’impasto, che la durata ed il numero delle applicazioni dovranno, necessariamente, essere ricercati di volta in volta, a seconda dei problemi di pulitura da affrontare, effettuando prove preliminari di trattamento su zone ridotte e tipologicamente significative delle superfici. I suddetti campioni dovranno essere eseguiti dall’appaltatore sotto stretto controllo della DL.
Trascorso il tempo di trattamento ritenuto utile, l’impasto, o meglio il suo residuo dall’evaporazione, potrà essere rimosso per azione meccanica blanda, ad esempio con spazzolatura, combinata o meno ad una aspirazione. Nel caso in cui l’impacco fosse stato preservato con una pellicola, questa dovrà essere staccata per prima e la rimozione dei residui iniziata dopo un opportuno tempo di asciugamento. La pulitura della superficie potrà essere completata, se prescritto dalla DL, mediante una spugnatura con acqua deionizzata. Se necessario, il trattamento potrà essere ripetuto, in linea di principio indefinitamente, sino all’ottenimento del risultato più soddisfacente.
Avvertenze
Le resine a scambio ionico tipo cationico hanno caratteristiche acide, pertanto dovranno essere evitati con cura il contatto con la pelle, con le mucose, con gli occhi ed assolutamente non andrà ingerito tale prodotto.
L’impasto, quando diventa secco e polverulento, diventa ancor più pericoloso poiché potrebbe essere facilmente inalato ed entrare negli occhi.
7.4 Pulitura mediante impacchi assorbenti a base di enzimi
La pulitura con l’utilizzo di enzimi rappresenta la migliore alternativa all’utilizzo di acidi e basi per
l’asportazione idrolitica di sostanze filmogene invecchiate quali ridipinture o patinature proteiche, grasse o polisaccaridiche su superfici policrome. Il loro utilizzo rappresenta una scelta di sicurezza sia per l’operatore (poiché adopererà sostanze prive di esalazioni tossiche o irritanti) sia per l’opera (gli acidi e le basi si rilevano sovente non sufficientemente selettivi nei confronti dello specifico substrato da asportare). Una delle caratteristiche principali degli enzimi risiede appunto nell’elevata specificità per il substrato (fondamentale nel restauro di superfici policrome) ovvero un enzima che agisce, in una data reazione, su un determinato fondo, non sarà in grado di catalizzare nessuna altra reazione chimica, vale a dire non potrà modificare una sostanza diversa dal substrato, di conseguenza, l’operazione di pulitura non potrà intaccare le parti del dipinto non interessate dalla pulitura. La seconda caratteristica esclusiva degli enzimi, è l’alta attività catalitica, ossia limitate molecole enzimatiche sono in grado di operare su quantità di substrato molto maggiori di quelle trasformabili da qualunque altra sostanza, senza perdere l’efficacia. La procedura operativa prevedrà la messa in opera a tampone o a pennello e previo riscaldamento in bagno d’acqua a 30-40 °C di un principio enzimatico (lipasi, proteasi o amilasi scelto in base alla sostanza da rimuovere) supportato da un gel acquoso a pH noto e costante (ad es. idrossi metil-propil cellulosa).
Trascorsi
alcuni minuti si procederà alla rimozione a secco, la superficie dovrà essere lavata con una prima soluzione acquosa di tensioattivo (ad es. bile bovina allo 0,2%, e un tensioattivo non ionico all’1-2% o saliva artificiale allo 0,25%), a questo primo lavaggio ne dovrà seguire un secondo con tampone acquoso e, passate 4-5 ore dal trattamento un terzo lavaggio finale con idrocarburi leggeri (ad es. essenza di petrolio dearomatizzato x xxxxx spirit).
Specifiche sui materiali
Gli enzimi principalmente utilizzati sono:
– proteasi capace di scindere le molecole proteiche idrolizzando i legami peptidici si rivela efficace per la rimozione di macchie dovute a colle e gelatine animali, albumine, casine e uovo. Si può trovare nelle versioni stabilizzata, con pH acido (pH circa 5) o con pH alcalino (pH circa 8,4) per la rimozione controllata di sostanze proteiche anche su supporti delicati come gli affreschi;
– lipasi (pH circa 8,4) in grado di sciogliere i grassi catalizzando l’idrolisi dei trigliceridi, si rivela efficace per la rimozione di sostanze grasse, pellicole a base di oli essiccativi, vernici oleoresinose, cere e resine sintetiche come esteri acrilici e vinilici;
– amilasi (pH circa 7,2) idrolizza i legami glucosidici di polisaccaridi quali amido, cellulosa, gomme vegetali;
– saliva artificiale, prodotto a base di mucina per la pulitura pittorica superficiale, è particolarmente efficace se impiegata come lavaggio intermedio dopo la pulitura con enzimi o con saponi resinosi.
7.5 Pulitura mediante impacco biologico
Sono impasti da utilizzare su manufatti lapidei delicati o particolarmente decoesi, posti all’esterno, su quali non sarà possibile eseguire puliture a base di acqua nebulizzata senza arrecare ulteriori danni. Di norma vengono utilizzati per estrarre i sali solubili penetrati, per cause diverse, all’interno del materiale lapideo. I suddetti impacchi dovranno essere a base di argille assorbenti (sepiolite), contenenti prodotti a base ureica così composti:
– 1000 cc di acqua deionizzata;
– 50 g di urea (NH2)2CO;
– 20 cc di glicerina (CH2OH)2CHOH.
Il fango che si otterrà dovrà essere steso in spessori di almeno 2 cm da coprire con fogli di polietilene, a fine trattamento, se non diversamente specificato dalla DL, e si applicherà un fungicida per prevenire
eventuali aggressioni microbiologiche. I tempi di applicazione saranno stabiliti dall’operatore sotto il controllo della DL in base a precedenti prove e campionature.
Avvertenze
Nel caso di materiali coperti da efflorescenze, prima dell’applicazione degli impacchi queste andranno asportate meccanicamente con spazzole morbide.
8. Pulitura mediante apparecchi aeroabrasivi (sistema Jos e Rotec)
La pulitura mediante apparecchi aeroabrasivi potrà essere impiegata al fine di rimuovere dalle superfici lapidee particellato atmosferico, incrostazioni calcaree, croste nere, graffiti, alghe, muschi e licheni. Un metodo di pulitura aeroabrasiva è il sistema Jos che, sfruttando una spirale di tipo elicoidale a bassissima pressione (0,1–1 bar) consentirà di operare interventi di pulitura, sia a secco (utilizzando aria e inerti di varia granulometria) che ad umido (impiegando aria, inerti e bassi quantitativi di acqua che variano da 5- 60 l/h in base al tipo di ugello utilizzato e allo sporco da rimuovere). Questo sistema potrà essere utilizzato per la pulitura di ogni tipo di pietra naturale, granito, arenarie, marmo e travertino. La scelta degli inerti verrà fatta in base al tipo ed alla consistenza della sostanza patogena da asportare, in ogni caso si tratterà sempre di sostanze neutre non tossiche con granulometria di pochi micron (da 5 a 300 ım) e con durezza che potrà variare da 1-4 Mohs utilizzate, talvolta, con spigoli arrotondati, così che si possano ovviare a fenomeni di microfratture, forti abrasioni o modificazioni delle alterazioni del materiale lapideo. Tra gli inerti più adatti al caso troveremo: il carbonato di calcio, bianco di Spagna, gusci di noce, noccioli, polvere di vetro, granturco macinato, pula di riso. Si procederà con la proiezione
a vortice elicoidale degli inerti che colpiranno la superficie seguendo più angoli d’incidenza secondo direzioni subtangenziali. La distanza che dovrà intercorrere tra l’elemento di immissione (ugello) e il materiale varierà normalmente tra i 35 cm e i 45 cm. Il sistema Jos eviterà l’insorgenza di un’azione abrasiva sul materiale, poiché la pressione dell’aria compressa diminuirà approssimativamente in proporzione al quadrato della distanza dall’ugello, mentre la rotazione rimarrà inalterata.
Per superfici molto porose, o molto deteriorate, sarà indicato il sistema Jos a secco applicato ad una distanza dal supporto di circa 40-45 cm con una pressione di impatto non superiore all’1,5 bar; se dovranno essere pulite superfici di marmo, granito e travertino si utilizzerà carbonato di calcio come inerte (in grani da 300 ım di diametro emessi da una distanza di circa 30-40 cm con pressione dell’impianto pari a 2 bar in modo che l’impatto sulla pietra sia pari a 0,4-0,5 bar).
Il sistema Jos a umido sarà impiegato per la pulitura di superfici non eccessivamente porose, così da
evitare l’insorgenza di fenomeni di degrado legati all’infiltrazione in profondità dell’acqua. Si utilizzerà acqua lievemente dura per la pulitura di calcarei teneri, acqua dolce sarà utilizzata per la pulitura di pietre silicee mentre, per rocce silicatiche e graniti, s’impiegherà acqua deionizzata. In ogni caso il consumo di acqua sarà in relazione al tipo e alle dimensioni dell’ugello utilizzato (per ogni 2 m² di superficie pulita: ugello piccolo 1 l, ugello standard 6 l); occorrerà sempre procedere con estrema cautela e previa analisi delle caratteristiche intrinseche della pietra da trattare in modo da evitare interventi troppo aggressivi che potrebbero implicare sia l’erosione del materiale sia un’eccessiva, quanto dannosa, impregnazione di acqua.
In alternativa al sistema Jos si potrà ricorrere al sistema Rotec caratterizzato da un mini vortice rotante. Particolarmente adatto per puliture di manufatti delicati (sculture, rilievi, ceramiche ecc.) potrà essere utilizzato a secco, a nebulizzazione (l’ugello erogherà 0,5 l/h di acqua) o a umido (l’ugello erogherà da 1 a 3 l/h di acqua).
L’inerte e l’ugello sono, anche in questo caso come per il sistema Jos, regolabili (la pressione d’impatto sul materiale non supera lo 0,2-0,4 bar).
9. Pulitura mediante sabbiatura controllata
La sabbiatura controllata prevedrà, mediante l’impiego di macchine sabbiatrici, la rimozione di depositi
spessi coerenti ed aderenti alla superficie ricorrendo a polveri abrasive sospese in un getto d’aria compressa diretto sulla superficie per mezzo di una lancia metallica. Sarà opportuno evitare l’utilizzo di macchinari che non consentiranno una bassa pressione d’esercizio, in special modo su superfici particolarmente degradate. I materiali lapidei sui quali si potrà applicare questo sistema di pulitura dovranno, infatti, presentare uno stato conservativo relativamente buono, dovranno essere sufficientemente compatti, così da poter resistere all’azione abrasiva. La sabbiatura controllata potrà essere applicata su materiali di natura carbonatica e silicatica e, con le dovute precauzioni, in tutte quelle circostanze per le quali non sarà consentito ricorrere a tecniche che comportino l’impiego di acqua (ad esempio in presenza di murature particolarmente umide); per quanto concerne le pietre calcaree tenere sarà opportuno procedere con estrema cautela poiché l’intervento potrebbe alterare la natura del materiale, mentre si sconsiglierà la sabbiatura su pietre molto porose visto che l’inerte impiegato potrebbe ristagnare all’interno del materiale.
Al fine di garantire la riuscita dell’intervento, sarà opportuno effettuare analisi e prove su materiale
campione in modo da calibrare bene i termini dell’operazione così da poter ovviare irreversibili inconvenienti come l’insorgenza di scalfitture, abrasioni sulla superficie o distacchi localizzati di materiale. Le prove sul campione di materiale dovranno consentire di bilanciare tutti i fattori che incideranno sull’operazione come: la tipologia e la quantità del materiale abrasivo da impiegare, la pressione del getto, il tipo di ugello, la distanza che dovrà intercorrere tra ugello e superficie, il rapporto aria-abrasivo ed i tempi di applicazione. La sabbiatura dovrà evitare il coinvolgimento delle parti di materiale sane presenti sotto le incrostazioni. L’inerte scelto dovrà essere una polvere chimicamente neutra (polveri vegetali o abrasivi minerali) di dimensioni ridotte e preferibilmente di forma arrotondata, come ad esempio: frammenti minutissimi di noccioli di frutta (albicocca), sabbie di fiume setacciate, ossidi di alluminio, polveri finissime di silicati naturali ecc.. La granulometria potrà variare tra i valori minimi di 10- 25 ım e i valori massimi di 40-60 ım in relazione alla consistenza del materiale e al tipo di sporco
da asportare. Al fine di riuscire a non danneggiare la superficie durante le operazioni di sabbiatura sarà opportuno variare la granulometria e tipologia dell’inerte (dimensione, forma e peso specifico) per fasi successive, soprattutto dopo l’asportazione dei depositi più consistenti prima di procedere alla finitura della superficie. La pressione del getto non dovrà mai superare i 5 bar considerato che con tale forza di impatto sarà possibile asportare depositi di spessore variabile tra 1-2 mm. L’operazione di sabbiatura dovrà comunque arrestarsi se durante l’intervento si riscontreranno: parti localizzate di materiali dove i depositi risulteranno particolarmente coesi tra loro, residui di trattamenti antichi e pellicole di ossalato. In ognuno di questi casi la pulitura si limiterà ad alleggerire i depositi e non ad asportarli, visto che una prolungata insistenza potrebbe provocare il distacco del materiale.
Avvertenze
Questo tipo di pulitura comporta variazioni morfologiche superficiali in funzione della destrezza
dell’operatore, della scelta della polvere abrasiva in rapporto alla pressione di uscita e delle condizioni conservative del manufatto. La superficie pulita con sabbiatura si presenterà maggiormente assorbente e “sbiancata”.
10. Pulitura a secco con spugne wishab
Questo tipo di pulitura potrà essere eseguita su superfici perfettamente asciutte e non friabili, sarà utilizzata per asportare depositi superficiali relativamente coerenti ed aderenti alla superficie d’apparecchi in pietra, soffitti lignei, affreschi, pitture murali, carte da parati ecc. mediante l’utilizzo di particolari spugne costituite da due parti:
una massa di consistenza più o meno morbida e spugnosa (secondo del tipo prescelto), di colore giallo, supportata da una base rigida di colore blu. L’utilizzo di queste spugne consentirà di asportare, oltre ai normali depositi di polvere, il nero di fumo causato da candele d’altari e da incensi mentre non sarà
particolarmente adatto per rimuovere un tipo di sporco persistente (ad es. croste nere) e sostanze penetrate troppo in profondità.
La massa spugnosa è esente da ogni tipo di sostanza dannosa, presenta un pH neutro e contiene saktis (sorta di linosina), lattice sintetico, olio minerale, prodotti chimici vulcanizzati e gelificanti legati chimicamente. L’intervento di pulitura risulterà estremamente semplice: esercitando una leggera pressione (tale da produrre granuli di impurità) si strofinerà con la spugna la superficie da trattare (con passate omogenee a pressione costante) seguendo sempre la stessa direzione, dall’alto verso il basso, partendo dalle aree più chiare passando, successivamente, a quelle più scure; in questo modo lo sporco e la polvere si legheranno alle particelle di spugna che si sbriciolerà con il procedere dell’operazione senza lasciare rigature, aloni o sbavature di sporco (grazie alla continua formazione di granuli si avrà anche l’auto pulitura della spugna). In presenza di sporco superficiale particolarmente ostinato l’intervento potrà essere ripetuto; a pulitura ultimata si procederà con la spazzolatura, mediante scopinetti in saggina o pennelli e spazzole di nylon a setola morbida, in modo da eliminare i residui del materiale spugnoso.
Avvertenze
In caso di pulitura di superfici dipinte, al fine di evitare l’asportazione del pigmento polveroso e disgregato oppure di quelli più deboli (azzurri, verdi, tinte scure) sarà consigliabile operare, prima della procedura di pulitura, un sistematico intervento di preconsolidamento.
11. Pulitura Laser
L’apparecchiatura selettiva Laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) ad alta precisione è utile per asportare depositi carbogessosi da marmi e da materiali di colore chiaro, oltre che depositi e patine superficiali da legno, bronzo, terracotte ed intonaci. Nel meccanismo di rimozione, da parte del laser, delle sostanze estranee dalle superfici intervengono più meccanismi in funzione d’altrettante condizioni operative scelte. In buona sostanza si tratta di automatismi che prevedono un assorbimento selettivo dell’energia dell’impulso laser da parte dei degradi superficiali di colore scuro, con una successiva evaporazione di materia e con la rottura dei legami chimici: questo si tradurrà in una distruzione delle molecole che formano i depositi ed in una conseguente loro rimozione. Il piano interessato viene colpito dal raggio per spessori di pochi micron; il substrato sottostante non viene intaccato in quanto, normalmente, esprime un coefficiente di assorbimento più basso (la superficie chiara, riportata alla luce riflette il raggio laser interrompendo il funzionamento dell’apparecchio e in tal modo non si surriscalda). Il laser offre l’opportunità di rispettare integralmente la patina di materiali grazie alla sua assoluta selettività; può, infatti, asportare anche solo pochi micron. Altri fattori a favore di questa tecnica sono l’assoluta mancanza di additivi chimici, che potrebbero, in qualche modo, aggredire la pietra e la possibilità di intervenire (senza effettuare preconsolidamento) anche su elementi particolarmente decoesi o preventivamente trattati con resine sintetiche o altre sostanze consolidanti e protettive.
I parametri che dovranno, necessariamente, essere calibrati (dall’operatore in accordo con la DL) prima dell’inizio della procedura di pulitura sono:
– lunghezza d’onda;
– regolazione dell’emissione di energia in rapporto alla lunghezza d’onda scelta;
– modulazione della frequenza di emissione dell’impulso graduabile in termini di colpi al secondo;
– focalizzazione del raggio sulla superficie del manufatto da pulire.
Una volta calibrati i parametri dell’apparecchiatura laser, la maggiore o minore focalizzazione sul supporto, permetterà l’aumento o la diminuzione della densità di energia sulla superficie e di conseguenza sarà regolato l’effetto ablativo. Il sistema di regolazione permetterà, pertanto il controllo della pulitura laser e la calibrazione della forza del metodo in funzione dei depositi da eliminare e dello stato di conservazione della superficie che dovrà essere pulita. La scelta di una durata molto breve
dell’impulso (inferiore a 8 ns) eviterà le “bruciature” superficiali e limiterà notevolmente l’ingiallimento della superficie, questo ultimo fenomeno potrà essere in ogni caso risolto mediante blando lavaggio con spugna o tampone imbevuto di acqua distillata.
In funzione dei risultati preliminari forniti dai test-campione di pulitura, l’operatore, in accordo con la DL, sceglierà il livello di densità di energia ottimale con il quale si condurrà in quella specifica area l’operazione di pulitura. In questo modo sarà possibile operare progressivamente e controllare precisamente la rimozione dei depositi fino alla superficie del manufatto.
In fase operativa, dovranno essere attentamente verificati i tempi di esposizione, la lunghezza d’onda e
l’energia di impulso del laser utilizzato; risulta pertanto importante effettuare un’appropriata selezione delle condizioni di lavoro in riferimento al substrato, al tipo di materiale lapideo ed al tipo di deposito coinvolti nei singoli casi di pulitura. Dovranno, quindi, essere eseguite analisi conoscitive preliminari, oltre che del supporto, anche del deposito, oltre ad una serie di saggi di pulitura identificando eventuali porzioni pigmentate.
Nell’usare questa tecnica è consigliabile bagnare preventivamente la superficie oggetto di intervento sia per esaltare le parti scure e di conseguenza amplificare l’assorbimento della radiazione facilitando l’asportazione dello sporco, sia per attenuare la grande quantità di residui carboniosi e fumi (dannosi per l’operatore) che si producono in una operazione di questo tipo.
Avvertenze
L’apparecchiatura dovrà essere esclusivamente utilizzata da personale altamente specializzato in grado di valutare attentamente i risultati ottenuti, eventualmente variando di volta in volta i parametri esecutivi ed applicativi (lunghezza d’onda, durata, ripetizione degli impulsi, energia del flusso, sezione trasversale, convergenza del fascio).
Dispositivi di sicurezza
I sistemi minimi di sicurezza per operare con strumenti laser saranno:
– la zona di lavoro trattata con il laser dovrà essere segnalata da apposito segno grafico;
– l’operatore e le persone eventualmente presenti all’interno dell’area di lavoro con il laser dovranno indossare occhiali speciali di protezione muniti di lenti ad alta densità ottica, capaci di schermare la radiazione infrarossa di 1064 μm di lunghezza d’onda;
– al di fuori dei periodi di utilizzo lo strumento laser dovrà essere tenuto spento e l’accesso alle apparecchiature dovrà essere controllato.
Art. 56
INTEGRAZIONI
Premessa metodologica
Le operazioni d’integrazioni comprendono tutta una serie d’interventi che hanno come fine ultimo quello di ripristinare le mancanze, più o meno consistenti, rintracciabili in un manufatto riconducibili a svariati motivi tra i quali: naturale invecchiamento dei materiali, mancata manutenzione, sollecitazioni meccaniche, de coesioni superficiali, interventi restaurativi antecedenti ecc. Indipendentemente dalle scelte metodologiche adottate, a prescindere che l’obiettivo prefisso sia il mantenimento dello stato di fatto o il ripristino finalizzato a restituire l’efficienza tecnica, attribuire alla mancanza un valore storico- stratigrafico, se da un lato può rappresentare un atteggiamento estremamente rispettoso nei riguardi dell’entità materica ed estetica del manufatto, dall’altro limita le operazioni tecniche indirizzate alla conservazione ovvero, al recupero di quei requisiti di integrità strutturale che, venuti a mancare, possono incrementare l’innescarsi dei fenomeni degradanti.
Le operazioni di ripristino dovranno, per questo, essere pianificate puntualmente cercando, dove sarà possibile, di ponderare sia l’aspetto tecnico che quello conservativo in modo da tenere in debito conto i limiti imposti dalla valenza storica intrinseca del manufatto e, allo stesso tempo, riuscire a restituire
l’efficienza strutturale e/o di esercizio venuta meno. Gli accorgimenti utilizzati, in molti casi, al fine di distinguere la preesistenza dall’aggiunta (ad. es., diversificare la lavorazione superficiale della parte nuova rispetto all’originale, riprodurre le parti mancanti ricorrendo a materiali compatibili ma diversi, ripristinare le superfici in leggero sottosquadro o soprasquadro, segnalare il nuovo mediante marchi ecc.) se attuati, dovranno essere realizzati con estrema cura e sensibilità da parte del Tecnico in modo che il risultato finale, pur essendo coerente e rispettoso dello stato di fatto, non sia tale da tradursi in una visione paradossale dove la varietà di integrazioni visivamente rintracciabili fanno perdere la valenza figurativa d’insieme e l’unità formale intrinseca del manufatto.
MATERIALI LAPIDEI (naturali ed artificiali)
1. Generalità
Prima di mettere in pratica i protocolli di stuccatura, integrazione ed aggiunte sui materiali lapidei sarà opportuno seguire delle operazioni preliminari indirizzate alla conoscenza del materiale oggetto di intervento (pietra arenaria, calcarea, travertini, tufi ecc.). L’adesione tra la superficie originale e quella d’apporto sarà in funzione della scrupolosa preparazione del supporto, operazione alla quale si dovrà porre molta attenzione dal momento che si rileverà fondamentale per assicurare l’efficacia e la durabilità dell’intervento di “stuccatura-integrazione”. Le modalità con cui si eseguiranno questo tipo di operazioni saranno correlate alle caratteristiche morfologiche del materiale da integrare (pietra, laterizio, intonaco ecc.) e alla percentuale delle lesioni, oltre che dalla loro profondità ed estensione
Verifiche preliminari
Prima di eseguire qualsiasi operazione sarà necessario procedere alla verifica del quadro fessurativo così da identificare eventuali lesioni “dinamiche” (che potranno essere dovute a svariati motivi tra i quali assestamenti strutturali non ancora terminati, dilatazioni termiche interne al materiale o fra materiali diversi ecc.); in tal caso non si potrà procedere semplicemente alla stuccatura della fessurazione ma si dovranno identificare e risolvere le cause a monte che hanno procurato tale dissesto. L’intervento di stuccatura ed integrazione sarà lecito solo su fessurazioni oramai stabilizzate (lesione statica).
Asportazione di parti non compatibili
Si procederà, seguendo le indicazioni della D.L., all’ablazione puntuale tramite scopini (di saggina), spatole, cazzuolini, mazzetta e scalpello di piccole dimensioni, martelline, vibroincisori ecc., di tutte le parti non compatibili con il supporto (legno, ferro, malte erose o gravemente degradate ecc.), ovvero stuccature od integrazioni realizzate con malte troppo crude (cementizie) in grado di creare col tempo stress meccanici.
L’operazione dovrà avvenire con la massima cura evitando accuratamente di non intaccare il manufatto originale.
Pulitura della superficie
Ciclo di pulitura con acqua deionizzata e successiva spazzolatura (o con altra tecnica indicata negli elaborati di progetto) della superficie da trattare allo scopo di rimuovere sporco, polveri, oli, scorie e qualsiasi altra sostanza estranea al materiale lapideo. Tutte le operazioni di pulitura dovranno tendere a lasciare l’interno della lesione o del giunto privo di detriti o patine, ma con la superficie scabra, così da favorire un idoneo contatto con malta da ripristino. Nel caso in cui la superficie, oggetto di intervento, si dovesse presentare con efflorescenze saline od altre patologie derivate dalla presenza di sali si renderà indispensabile procedere alla desalinazione della muratura utilizzando metodi e tecniche dettate dalla
D.L. (ad es. impacchi di polpa di cellulosa imbevuti in acqua deionizzata). Lo stesso criterio sarà utilizzato se l’apparecchio murario risultasse affetto da umidità di risalita capillare od ancora dovesse presentare muschi, licheni o vegetazione superiore infestante: prima di qualsiasi intervento d’integrazione si dovrà procedere alla bonifica della muratura.
Per specifiche sulle tecniche di pulitura, desalinazione, bonifica o deumidificazione si rimanda a quanto esposto agli articoli specifici.
Specifiche sulle stuccature
Saranno da evitare le stuccature a base di cementi tradizionali, perché questi potranno cedere ioni alcalini e solfati che potrebbero portare alla formazione di sali solubili dannosi per il materiale lapideo. Inoltre, gli impasti a base di cemento sono, spesso, meno porosi di molti materiali lapidei, cosicché, se si verificasse un movimento d’acqua all’interno di una struttura, la sua evaporazione e la conseguente cristallizzazione dei sali presenti potrebbe avvenire a carico delle parti più porose e non delle stuccature. Infine, le differenze di dilatazione termica fra pietra e cemento potrebbero provocare fessurazioni o danni di tipo meccanico (estratto dalla Raccomandazione NorMaL n. 20/85).
Avvertenze
Sarà vietato effettuare qualsiasi procedura di stuccatura, integrazione o, più in generale, utilizzo di prodotti, anche se prescritti negli elaborati di progetto, senza la preventiva esecuzione di campionature pre-intervento eseguite sotto il controllo della D.L.; ogni campione dovrà, necessariamente, essere catalogato ed etichettato; su tale etichetta dovranno essere riportati la data di esecuzione, il tipo di prodotto e/o le percentuali dell’impasto utilizzato, gli eventuali solventi e di conseguenza il tipo di diluizione o di concentrazione utilizzati, le modalità ed i tempi di applicazione.
2. Stuccatura-integrazione di elementi in laterizio
L’intervento si rivolge agli apparecchi “faccia vista” in laterizio e avrà come obiettivo quello di mettere in sicurezza i frammenti in cui si sono suddivisi i laterizi, integrare le eventuali lacune (dovute alla disgregazione, erosione, alveolizzazione del materiale) e, allo stesso tempo, difendere l’apparecchio dagli agenti atmosferici. Sarà un’operazione, sia di consolidamento che di protezione, che dovrà essere, necessariamente, estesa anche alle più piccole lesioni e fratture del mattone, affinché la superficie non abbia soluzioni di continuità e possa, così, opporre alla pioggia ed agli agenti aggressivi ed inquinanti, un corpo solido e compatto.
Previa esecuzione delle operazioni preliminari di preparazione (asportazione parti non consistenti e lavaggio della superficie) ed abbondante bagnatura con acqua deionizzata della superficie oggetto d’intervento, si effettuerà l’applicazione dell’impasto in strati separati e successivi secondo la profondità della lacuna da riempire, al fine di evitare spaccature e lesioni durante la stagionatura e successivi rischi di distacco. L’impasto della malta sarà effettuato seguendo le indicazioni di progetto; in assenza di queste si potrà utilizzare uno stucco a base di grassello di calce (10 parti) caricato con tre parti di polvere di cocciopesto (30 parti); in alternativa il coccio pesto potrà essere sostituito per metà, o del tutto, con pozzolana (rapporto legante-inerte 1:3); questo impasto potrà, eventualmente, essere “aiutato” con una parte di resina acrilica in emulsione al 10% in acqua con funzione di fluidificante (quantità inferiore al 2%). La stuccatura sarà effettuata utilizzando cazzuolini, cucchiarotto o piccole spatole tipo quelle a foglia d’olivo evitando con cura di intaccare le superfici non interessate (sia con la malta, sia con gli attrezzi); a tal fine potrà essere conveniente schermare le superfici limitrofe utilizzando nastro di carta, o altro sistema idoneo. Con la spatola si dovrà dare forma alla porzione mancante del mattone costipando il materiale al fine di eliminare sia l’acqua in eccesso, sia di migliorare la compattezza e l’aderenza alla parte sana del laterizio oggetto di intervento.
Dovranno essere effettuate miscele di prova, delle quali si trascriveranno le proporzioni e si prepareranno dei piccoli campioni di malta, così da poterli avvicinare alla superficie da stuccare per la verifica del tono finale. Nel realizzare i provini delle malte bisognerà tener conto di eseguirli molto tempo prima per confrontare i colori dopo la presa e la naturale stagionatura.
In presenza di lievi fessure ovvero sacche intergranulari nel mattone, si potrà ricorrere ad applicare a pennello o mediante iniezioni una boiacca (miscelata con l’ausilio di frusta da zabaione) simile a quella descritta precedentemente, ma con un rapporto legante-inerte di 1:1 (1000 parti di acqua; 100 parti calce
idraulica naturale NHL 2; 100 parti cocciopesto o pozzolana; 10 parti di resina acrilica in emulsione; 1 parte di gluconato di sodio); le cariche saranno superventilate (granulazioni inferiori ai 60 ım). Al fine di favorire l’efficacia dell’assorbimento, in special modo per le iniezioni, si renderà necessario un pre- trattamento della cavità con acqua ed alcool denaturato con l’eventuale aggiunta di dispersione acrilica al 10%.
Specifiche sul grassello
Si dovrà cercare di evitare la consuetudine di realizzare grassello semplicemente aggiungendo un’adeguata quantità d’acqua (circa il 20%) alla calce idrata. Così facendo si otterrà un grassello in appena 24 ore ma sarà un prodotto scadente; pertanto, risulterà opportuno utilizzare grassello di calce spenta da almeno dodici mesi al fine di diminuire la possibilità che restino grumi di calce non spenta nella malta.
Eventuale inserimento di armatura
Nel caso in cui si dovesse operare in cospetto di parti mancanti consistenti si renderà necessario “armare” la stuccature con rete metallica elettrosaldata a doppia zincatura a maglia stretta (per es., filo ı 2 mm, maglia 10x10 mm) e/o con perni filettati di acciaio inossidabile (ad es. 2-3 ı 4 mm), preferibilmente di tipo austenitico, della serie AISI 300L (314L o 316L), che presenterà anche buone doti di piegabilità, opportunamente sagomati allo scopo di migliorare l’aderenza al supporto della malta da ripristino. Si eseguiranno i fori per l’inserimento dei perni con trapano a sola rotazione a bassa velocità dopodiché, previa aspirazione degli eventuali detriti con pera di gomma ed iniezione di acqua deionizzata ed alcool, (rapporto 5:1 in volume) si inserirà il perno. In questa operazione si dovrà ricorrere ad ogni accortezza al fine di evitare danni o rotture ai manufatti.
I perni dovranno essere annegati in particolari malte a base di calce idraulica naturale NHL 3,5 e pozzolana superventilata, rapporto 1:2, con l’eventuale aggiunta di gluconato di sodio (per migliorare la fluidità) ed, eventualmente, di cemento bianco (per aumentare le proprietà meccaniche). In alternativa si potranno utilizzare collanti a base di resine epossidiche a bassa viscosità, esenti da solventi, polimerizzabili a temperatura ambiente ed in presenza di umidità. In ogni caso si utilizzerà un impasto di adeguata tissotropicità o fluidità in relazione alla dimensione e caratteristiche degli elementi da far riaderire.
Specifiche sui perni
Dovrà essere evitato l’uso di metalli facilmente ossidabili come il ferro, il rame e le sue leghe, mentre potranno essere utilizzati con tutta tranquillità perni in titanio o in acciaio inossidabile o, se l’integrazione interessa parti non sottoposte a particolari sollecitazioni meccaniche, barre in vetroresina. Il perno dovrà possedere buona stabilità chimica e coefficiente di dilatazione termica lineare il più possibile vicino a quello dei materiali da ripristinare.
Trattamento finale
A presa avvenuta la superficie stuccata dovrà essere trattata con spugna inumidita (esercitando una leggera pressione) con il risultato di arrotondare gli spigoli, compattare lo stucco e, nello stesso tempo, rendere scabra la superficie rendendola simile ai mattoni limitrofi. Allo scopo di rendere l’integrazione non troppo discordante dagli elementi originali, si può trattare la superficie con una patinatura di polvere di pozzolana (per maggiori dettagli si rimanda alla procedura specifica).
3. Stuccatura di elementi lapidei
Lo scopo dell’intervento sarà quello di colmare le lacune e le discontinuità (parziale mancanza di giunti di malta, fratturazione del concio di pietra ecc.) presenti sulla superficie della pietra (qualsiasi sia la loro origine) così da “unificare” la superficie ed offrire agli agenti di degrado (inquinanti atmosferici chimici e biologici, nonché infiltrazioni di acqua) un’adeguata resistenza.
Previa esecuzione delle operazioni preliminari di preparazione (asportazione di parti non consistenti e lavaggio della superficie) e bagnatura con acqua deionizzata, si effettuerà l’applicazione dell’impasto in strati separati e successivi secondo la profondità della lacuna da riempire: per le parti più arretrate sarà
consigliabile utilizzare una malta a base di calce idraulica naturale NHL 2 a basso contenuto di sali composta seguendo le indicazioni di progetto e la tipologia di lapideo (ad es. si utilizzeranno, preferibilmente, delle cariche pozzolaniche su materiali di natura vulcanica e degli inerti calcarei se si opererà su pietre calcaree); in assenza di queste si potrà utilizzare,
un impasto caricato con una parte di sabbia silicea lavata (granulometria costituita da granuli del diametro di circa 0,10-0,30 mm per un 25%, di 0,50-1,00 mm per un 30% e di 1,00-2,00 mm per il restante 45%) ed una parte di cocciopesto; in alternativa al cocciopesto si potrà utilizzare pozzolana ventilata (rapporto legante-inerte 1:3). La stuccatura si eseguirà utilizzando piccole spatole a foglia o cazzuolini, evitando con cura di intaccare le superfici non interessate (sia con la malta sia con gli attrezzi); si potranno, eventualmente, mascherare le superfici limitrofe utilizzando nastro di carta. Nel caso occorra preparare una malta particolarmente resistente a compressione si potrà ricorrere all’utilizzo di piccole quantità di cemento bianco esente da gesso e sali solubili; le eventuali quantità dovranno essere limitate in quanto il cemento bianco presenta notevoli ritiri in fase di presa (un sovradosaggio porterebbe a delle malte di eccessiva durezza, ritiro e scarsa permeabilità al vapore acqueo).
La stuccatura di superficie sarà eseguita con grassello di calce (sarà necessario utilizzare grassello ben stagionato, minimo 12 mesi; se non si avrà certezza sulla stagionatura si potrà aggiungere un minimo quantitativo di resina acrilica in emulsione); la carica dell’impasto sarà di pietra macinata (meglio se triturata a mano così da avere una granulometria simile a quella del materiale originale); verrà, preferibilmente, utilizzata la polvere della pietra stessa o, in mancanza di questa, un materiale lapideo di tipologia uguale a quella del manufatto in questione in modo da ottenere un impasto simile per colore e luminosità; potranno essere utilizzate anche polveri di cocciopesto, sabbie silicee ventilate, pozzolana, o carbonato di calcio: rapporto tra legante-inerte di 1:3 (per es. 1 parte grassello di calce; 1 parte pietra macinata; 2 parti di polvere di marmo fine). Sarà consigliabile tenere l’impasto dello stucco piuttosto asciutto in modo da favorire la pulitura dei lembi della fessura.
In alternativa si potranno effettuare stuccature di superficie invisibili utilizzando idoneo stucco costituito da elastomeri florurati e polvere della stessa pietra o altra carica con caratteristiche e granulometria simile (per maggiori dettagli si rimanda a quanto detto all’articolo sul fissaggio e riadesione di elementi sconnessi e distaccati).
Specifiche sulla stuccatura
La scelta di operare la stuccatura a livello o in leggero sotto-quadro nella misura di qualche millimetro (così da consentirne la distinguibilità), dovrà rispondere principalmente a criteri conservativi; sovente, infatti, le integrazioni sottolivello creano percorsi preferenziali per le acque battenti innescando pericolosi processi di degrado. Gli impasti dovranno essere concepiti per esplicare in opera valori di resistenza meccanica e modulo elastico inferiori a quelli del supporto, pur rimanendo con ordini di grandezza non eccessivamente lontani da quelli del litotipo.
Additivi organici
Le malte utilizzate potranno essere caricate, se le disposizioni di progetto lo prevedono, con additivi organici (in quantità inferiore al 2-5%), quali: resine acriliche in emulsione al 10% in acqua con funzione di fluidificante, o, nel caso d’utilizzo con calce aerea, di colloide protettore che tende a trattenere l’acqua, così da non far “bruciare” prematuramente la pasta da stucco. Qualora, invece, venga richiesta alla malta una forte adesività strutturale (ad es. per stuccature profonde non esposte ai raggi UV) ed un’alta resistenza meccanica sarà più opportuno impiegare resine termoindurenti come quelle epossidiche. In ogni caso, salvo diverse disposizioni della D.L., il rapporto legante-additivo sarà generalmente 10:1.
Colore stuccatura
Al fine di rendere possibile un’adeguata lettura cromatica si potrà “aiutare” il colore dell’impasto additivandolo con terre colorate e pigmenti (massimo 5% di pigmenti minerali o 10% di terre). Il colore della pietra si raggiungerà amalgamando, a secco, le cariche fino ad ottenere il tono esatto ma più scuro
per bilanciare il successivo schiarimento che si produrrà aggiungendo la calce. Effettuate le miscele di prova si dovranno, necessariamente, trascrivere le proporzioni e preparare dei piccoli campioni di malta su mattone o lastra di pietra, così da poterli avvicinare alla superficie da stuccare per la verifica del tono finale. Per tutte quelle stuccature che interesseranno porzioni di muro vaste potrà essere preferibile ottenere una risoluzione cromatica in leggera difformità con la pietra originale.
Trattamento finale
A presa avvenuta, al fine di ottenere una stuccatura opaca, la superficie interessata verrà lavata e/o tamponata(esercitando una leggera pressione) con spugna inumidita di acqua deionizzata, così da compattare lo stucco,far emergere la cromia della punteggiatura ed eliminare eventuali residui di malta.
MATERIALI LIGNEI E METALLICI
La procedura prevedrà il riempimento di fori, fessure ed altre soluzioni di continuità d’elementi lignei o metallici appartenenti sia ad unità strutturali (travi, arcarecci, travicelli ecc.) sia a serramenti o elementi secondari (portoni, finestre, grate, ringhiere, scalini ecc.) con stucco steso a spatola e composto con impasti diversi a seconda del tipo di materiale.
Previe eventuali operazioni preliminari di pulitura da eseguire secondo le prescrizioni di progetto (sverniciatura con aria calda, pulitura manuale ecc.) la procedura prevedrà la spolveratura, con un pennello morbido, della fessura e il successivo trattamento con tampone imbevuto d’alcool denaturato al fine di eliminare velocemente l’umidità così da favorire l’adesione dell’impasto prescelto. Passato il tempo necessario (di norma fino ad esaurimento dell’odore di alcool) affinché il supporto sia asciutto, si passerà, per i materiali lignei, a riempire il vuoto con lo stucco. Questa operazione potrà avvenire con l’ausilio di piccole spatole o bacchette (od altri strumenti ritenuti idonei) premendo bene e passando più volte in tutte le direzioni, in modo da avere la certezza di una perfetta otturazione del foro. Generalmente lo stucco tenderà, se pur in minima parte, a ritirarsi durante l’essiccazione, pertanto si rivelerà utile applicare una quantità sovrabbondante o, più correttamente, ripetere l’operazione dopo l’essiccazione della parte più profonda. In seguito, dopo l’essiccazione dello strato superficiale di stucco, comunque entro le 12 ore successive, si potrà procedere alla carteggiatura manuale con grana media (120-180) al fine di eliminare l’eccesso di prodotto. Per agevolare la completa essiccazione dell’impasto si potrà trattare la superficie d’intervento con tampone imbevuto d’alcool denaturato. L’operazione di levigatura finale potrà essere facilitata regolando la percentuale del legante degli impasti in modo da avere uno stucco resistente ma allo stesso tempo carteggiabile. Nel caso d’interventi rivolti alla “ricostruzione” di spigoli o porzioni vive, sarà vantaggioso mettere in opera uno stucco più denso con l’aggiunta di colla di coniglio.
Le ricette per confezionare stucchi sono svariate in ragione del tipo di legno e della fessurazione da riempire, in linea generale, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, si potrà utilizzare un impasto composto da un legante inorganico da scegliere tra gesso, colla animale (ad es. di coniglio), cera d’api o da un legante organico (polimero sintetico come, ad es. le resine acriliche) e da un inerte (con funzione di antiritiro e di colorante) costituito da polvere di legno o microfibre. All’interno di questo impasto potranno essere inseriti, in percentuali non superiori al 5%, eventuali pigmenti al fine di avvicinare la tonalità cromatica originale. In alternativa a questo impasto si potrà utilizzare uno stucco a base di gommalacca e cera d’api vergine; dovranno essere fuse delle scaglie di gommalacca regolandone la densità con la cera (un eccesso di gomma lacca potrà causare un effetto perlato sulla superficie trattata) al fine di formare delle bacchette sottili e abbastanza consistenti che dovranno essere scaldate e fatte colare all’interno della fessura con l’aiuto di piccole spatole prescaldate.
Nel caso di stuccature d’elementi strutturali si potranno utilizzare leganti a base di polimeri sintetici (le resine più utilizzate sono quelle epossidiche o poliuretaniche in ragione del tipo di stuccatura da eseguire) opportunamente caricati con polvere di segatura o fillers allo scopo di migliorare la resistenza a
compressione e ridurre il volume di resina impiegato, così da contenere lo sviluppo di calore al momento della reazione esotermica. L’impasto dovrà avere una consistenza tissotropica e sarà applicato per eventuali strati successivi con spatola (tempo di presa a 23 °C ca. 6-8 h, tempo d’indurimento comple to ca. 5-7 giorni). Le resine utilizzate dovranno essere compatibili con il legno, pertanto dovranno presentare un’elasticità tale da sostenere variazioni dimensionali imposte dagli sbalzi termici e modulo elastico similare a quello del legno (ca. 3000 N/mm²).
Nel caso in cui le dimensioni delle lacune saranno tali da non rendere conveniente operare delle stuccature si dovrà intervenire attraverso la procedura della tasselatura.
art. 57
CONSOLIDAMENTI
CONSOLIDAMENTI DEI MATERIALI E DELLE SUPERFICI
1. Generalità
Le procedure di consolidamento risultano essere sempre operazioni particolarmente delicate, e come tali, necessitano di un attenta analisi dello stato di fatto sia dal punto di vista della conservazione dei materiali sia del quadro fessurativo, così da poter comprendere a fondo e nello specifico la natura del supporto e le cause innescanti le patologie di degrado; in riferimento a queste analisi si effettuerà la scelta dei prodotti e delle metodologie di intervento più idonee; ogni operazione di consolidamento dovrà essere puntuale, mai generalizzata; sarà fatto divieto di effettuare qualsiasi procedura di consolidamento o, più in generale, utilizzare prodotti, anche se prescritti negli elaborati di progetto, senza la preventiva esecuzione di campionature preintervento eseguite sotto il controllo della D.L.; ogni campione dovrà, necessariamente, essere catalogato ed etichettato; sull’etichetta dovranno essere riportati la data di esecuzione, il tipo di prodotto e/o le percentuali dell’impasto utilizzato, gli eventuali solventi e di conseguenza il tipo di diluizione o di concentrazione utilizzati, le modalità ed i tempi di applicazione.
Ad operazione eseguita dovrà, sempre, essere verificata l’efficacia, tramite prove e successive analisi, anche con controlli periodici cadenzati nel tempo (operazioni che potranno essere inserite nei programmi di manutenzione periodica post-intervento). I consolidamenti che si potranno realizzare sono diversi:
– consolidamento coesivo, il prodotto consolidante verrà applicato localmente o in modo generalizzato sulla superficie del materiale (consolidamento corticale) per ristabilire la coesione di frazioni degradate con gli strati sani sottostanti: l’obiettivo che si porrà sarà di ristabilire con un nuovo prodotto il legante degradato o scomparso. Le sostanze consolidanti potranno essere leganti dello stesso tipo di quelli contenuti nel materiale (consolidanti inorganici o a base di silicio), oppure sostanze sintetiche (consolidanti organici) estranee alla composizione originaria del materiale ma comunque in grado di migliorarne le caratteristiche fisiche; di norma si realizzerà con impregnazione fino al rifiuto;
– consolidamento adesivo, con questo termine s’intenderà un’operazione di “rincollaggio” di rivestimenti distaccati dal loro supporto originale come, ad esempio, un frammento di pietra o uno strato di intonaco per i quali si renderà necessario ristabilire la continuità fra supporto e rivestimento. Questo tipo di consolidamento avverrà tramite iniezioni di malte fluide o resine acriliche in emulsione ovvero, con ponti di pasta adesiva a base di calce idraulica o resina epossidica. Sarà obbligatorio verificare, anche sommariamente, il volume del vuoto da riempire al fine di scegliere la giusta “miscela” da iniettare. Cavità piuttosto ampie dovranno essere riempite con malte dense e corpose; al contrario, modeste cavità necessiteranno di betoncini più fluidi con inerti piuttosto fini.
2. Fissaggio e riadesione di elementi sconnessi e distaccati (mediante perni)
La procedura ha come obiettivo quello di far riaderire parti in pietra staccate o in fase distacco mediante idonei adesivi sia a base di leganti aerei ed idraulici (calci) sia leganti polimerici (soprattutto resine epossidiche). Si ricorrerà a questa procedura allorché si dovranno incollare, o meglio far riaderire, piccole scaglie di materiale, porzioni più consistenti, riempire dei vuoti o tasche associate a un distacco di strati
paralleli alla superficie esterna della pietra (dovuti, ad es. a forti variazioni termiche). La procedura applicativa varierà in ragione dello specifico materiale di cui sarà costituito l’elemento da incollare, dei tipi di frattura che questo presenterà e che occorrerà ridurre e dei vuoti che sarà necessario colmare affinché l’operazione risulti efficace.
Nel caso di interventi su manufatti e superfici particolarmente fragili e degradate e su frammenti molto piccoli, l’adesivo dovrà presentare una densità e un modulo elastico il più possibile simile a quello del o dei materiali da incollare, in modo tale che la sua presenza non crei tensioni tra le parti; per la riadesione di pellicole pittoriche, se non diversamente specificato dagli elaborati di progetto, sarà opportuno utilizzare un’emulsione acrilica (tipo Primal) al 2-3% diluita in alcool incolore stesa a pennello a setola morbida.
Allorché si dovranno riaderire dei frammenti o porzioni più consistenti, sarà preferibile inserire adeguati sistemi di l’incollaggio interesserà parti non sottoposte a particolari sollecitazioni meccaniche, barre in vetroresina. La procedura operativa seguirà quella descritta nell’articolo sulle stuccature degli elementi lapidei.
In alternativa alla malta di calce idraulica, per il fissaggio e la riadesione di parti più consistenti si potranno utilizzare modeste porzioni di resina epossidica (bicomponente ed esente da solventi) in pasta stesa con l’ausilio di piccole spatole ed eventualmente, se indicato dagli elaborati di progetto, caricate con aggregati tipo carbonato di calcio o sabbie silicee o di quarzo, al fine di conferire maggiore consistenza alla pasta e consentire il raggiungimento degli spessori previsti. I rinforzanti da impiegare per la formazione di betoncini di resina dovranno avere un tasso d’umidità in peso non superiore allo 0,09% ed un contenuto nullo d’impurità o di sostanze inquinanti; salvo diverse prescrizioni di progetto, le miscele secche di sabbie silicee o di quarzo dovranno essere costituite da granuli puri del diametro di circa 0,10- 0,30 mm per un 25%, di 0,50-1,00 mm per un 30% e di 1,00- 2,00 mm per il restante 45%.
In ogni caso si ricorrerà ad un impasto d’adeguata tissotropicità o fluidità in relazione alla dimensione e
caratteristiche degli elementi da far riaderire. Durante la fase di indurimento dell’adesivo sarà necessario predisporre dei dispositivi di presidio temporaneo costituiti, a seconda delle dimensioni del frammento, da carta giapponese, nastro di carta, morsetti di legno ecc. facendo attenzione a non danneggiare in alcun modo il manufatto.
Al fine di coprire gli eventuali ponti di resina epossidica, stesi per il consolidamento, si potrà utilizzare un betoncino elastico del colore simile al supporto originario, ottenuto dall’impasto fra polvere della stessa pietra e da un legante fluorurato al 10% in acetone. La preparazione dell’impasto, se non diversamente specificato dagli elaborati di progetto, avverrà amalgamando una parte in peso di prodotto con 0,75 parti d’inerte della stessa granulometria e colore dell’originale (in alternativa si potrà utilizzare sabbia silicea con granulometria tra 0,10-1,5 mm e aiutare il colore con pigmenti in polvere) mescolando bene fino ad ottenere una consistenza simile ad una malta. Sarà consigliabile non preparare grandi quantità di stucco al fine di evitare la presa prima della completa messa in opera, sarà, inoltre, consigliabile non eseguire alcun intervento sulla stuccatura prima di un’ora dalla stesura dello stucco. Il prodotto sarà completamente reversibile tramite acetone.
Specifiche sui materiali
Gli adesivi epossidici (ovvero resine utilizzate come leganti per ricongiungere frammenti distaccati), normalmente utilizzabili, saranno liquidi con indurente a lenta o a rapida reattività (da utilizzare per consolidamenti o più spesso per intasamento delle fessure o per imperniature) o in pasta lavorabili con indurente a lenta o a rapida reattività (per stuccature, ponti di adesione, piccole ricostruzioni e fissaggio perni); in questo secondo caso si provvederà ad intervenire, in fase di formulazione, aggiungendo additivi tissotropizzanti. Di norma questi adesivi saranno totalmente esenti da solventi, non subiranno ritiro durante l’indurimento e grazie alla loro natura tixotropica potranno essere facilmente applicabili anche su superfici verticali in consistenti spessori.
Resine poliestere derivate dalla reazione di policondensazione dei glicoli con gli acidi bi-basici insaturi o loro anidridi. Prima dell’indurimento potranno essere impastati con fibre di vetro o sintetiche, così da migliorare la resistenza dei prodotti finali. Come riempitivi possono essere usati polveri di varia granulometria di calcari, gesso, o sabbie. La resistenza a raggi solari e UV è abbastanza bassa, specialmente per prodotti reticolari con monomeri aromatici, mentre la resistenza meccanica e le proprietà adesive sono abbastanza buone. La resina potrà presentare un certo ritiro del volume (sino ad 8-10%) che la rende non proprio adatta per riempire le fessure del materiale lapideo, al contrario potranno essere utilizzate come collanti per congiungimenti o fissaggio di perni, barre filettate, tiranti ecc. anche se sarà necessario evitare che la resina raggiunga la superficie estrema poiché per esposizione alla luce darebbe marcate variazioni di colore. Orientativamente il pot life a 20 °C sarà di circa 5-7 minuti e il tempo di fissaggio intorno ai 40-60 minuti.
Copolimeri florurati, legante incolore elastomerico per stuccature, dotato di notevole elasticità alle dilatazioni, isola in maniera efficace la fessura o rottura da stuccare. L’elevata inerzia chimica anche verso aggressivi molto energici, la stabilità termica ed alla radiazioni, oltre alla permeabilità all’aria e alla reversibilità in acetone anidro, lo rendono particolarmente adatto su supporti lapidei.
3. Consolidamento dello strato corticale mediante impregnazione con consolidanti organici
La procedura di impregnazione può essere eseguita su manufatti in pietra, intonaco, laterizio e legno allorché si renda necessario garantire il consolidamento non solo corticale ma anche in profondità. Questa procedura si basa sul principio fisico della capillarità, ovverosia la capacità dei fluidi in genere (i liquidi in particolare), di riuscire a penetrare naturalmente per adesione dentro lo spazio tra due superfici molto vicine di una cavità.
Grazie all’impiego di sostanze organiche, che penetreranno all’interno del manufatto, si potranno ristabilire o migliorare sia le proprietà fisiche (riduzione della porosità e aumento della coesione) sia meccaniche (incremento della resistenza a compressione) dei materiali trattati. Il consolidante entrerà all’interno del manufatto, in una prima fase, per capillarità e solo in un secondo tempo si distribuirà per diffusione; al fine di permettere questa seconda fase che, sovente, si sviluppa molto lentamente è opportuno che il prodotto scelto non polimerizzi troppo velocemente così da poter riuscire a diffondersi in maniera uniforme nel manufatto. I parametri da valutare prima di iniziare la procedura sono:
– viscosità del fluido consolidante;
– diametro dei pori e dei capillari e loro distribuzione all’interno dell’elemento da trattare;
– bagnabilità del materiale.
La procedura d’intervento varierà in ragione del consolidante indicato dagli elaborati di progetto (silicato di etile, resine acriliche in dispersione o in soluzione, fluoroelastomeri ecc.) in ogni caso saranno necessarie alcune
operazioni preliminari comuni a tutti i trattamenti. Prima di iniziare il trattamento sarà opportuno eseguire delle campionature al fine di valutare la quantità di consolidante (percentuale di diluizione e scelta del solvente), la riuscita della procedura e la reale penetrazione di impregnazione; inoltre dovranno essere predisposte opportune protezioni sulle superfici limitrofe a quelle da consolidare in modo da evitare che queste vengano a contatto con il prodotto consolidante.
Qualsiasi trattamento consolidante prescelto dovrà essere applicato su superficie perfettamente pulita e sgrassata (in modo da evitare che depositi superficiali impediscano la penetrazione) così come, in presenza di scaglie in fase di distacco o superfici particolarmente decoese, sarà indispensabile effettuare un preconsolidamento al fine di evitare che l’eventuale passaggio ripetuto del pennello possa rimuovere tali frammenti.
La procedura di consolidamento per impregnazione dovrà essere ripetuta più volte (in genere non più di 5 passaggi) fino ad ottenere la saturazione dell’elemento (fino “a rifiuto”) in ragione sia del fluido prescelto sia, soprattutto, della porosità del materiale oggetto di intervento. La scarsa penetrabilità dei materiali
poco porosi dovrà essere ovviata con passaggi alternati di soluzione diluita e nebulizzazione di solvente puro (in tal modo si faciliterà l’ingresso della soluzione consolidante e, nello stesso tempo, si ridurrà al minimo l’effetto bagnato) oppure ricorrendo all’impiego di soluzioni particolarmente diluite, aumentando gradualmente la concentrazione nelle ultime mani. La procedura dovrà, comunque, essere operata per zone limitate e non simultaneamente su tutta la superficie al fine di agevolare la fuoriuscita dell’aria dall’interno dei fori e dalle discontinuità presenti nel manufatto così da migliorare la penetrazione e la distribuzione interna del consolidante.
Specifiche sui materiali
Tra i materiali consolidanti utilizzabili con questa tecnica il silicato di etile (si veda l’articolo specifico), le resine acriliche (in emulsione o in soluzione), le resine acrilico-siliconiche, le emulsioni acquose di silicato di potassio e i silossani oligomerici in solventi organici sono i prodotti più versatili e di conseguenza più comunemente utilizzabili. La scelta, in ogni caso, dovrà essere fatta in ragione delle problematiche e del materiale riscontrato.
I prodotti impregnanti da impiegarsi per il consolidamento e/o la protezione dei manufatti architettonici od archeologici, salvo eventuali prescrizioni o specifiche inerenti il loro utilizzo, dovranno possedere le seguenti caratteristiche comprovate da prove ed analisi da eseguirsi in situ o in laboratorio:
a) elevata capacità di penetrazione nelle zone carenti di legante;
b) resistenza chimica e fisica agli agenti inquinanti ed ambientali;
c) spiccata capacità di ripristinare i leganti tipici del materiale oggetto di intervento senza dar vita a sottoprodotti di reazione pericolosi (quali ad es. sali superficiali);
d) capacità di fare traspirare il materiale così da conservare la diffusione del vapore;
e) penetrazione in profondità così da evitare la formazione di pellicole in superficie;
f) “pot-life” sufficientemente lungo tanto da consentire l’indurimento solo ad impregnazione completata;
g) perfetta trasparenza priva di effetti traslucidi;
h) spiccata capacità a mantenere inalterato il colore del manufatto;
i) presentare un coefficiente di dilatazione termica simile a quello del materiale da consolidare al fine di
evitare fenomeni di fessurazione che costituirebbero vie preferenziali per l’ingresso dell’acqua e di possibili
distacchi.
3.1. Consolidamento mediante impregnazione a pennello, tampone o rullo
Di norma è la tecnica più usuale per eseguire il consolidamento per impregnazione; ci si servirà di pennelli a setola morbida di medie dimensioni, rulli, o tamponi (in questo caso gli stracci o i tamponi saturi di prodotto dovranno essere mantenuti in contatto prolungato al fine di assicurare l’assorbimento nella superficie).
L’applicazione dovrà procedere dall’alto verso il basso per settori omogenei con uso di addetti in numero appropriato alla natura e alla tipologia del manufatto; tra una mano e l’altra il prodotto non dovrà essere lasciatoasciugare. Sarà opportuno che gli attrezzi (pennelli, rulli o tamponi) siano sempre ben puliti (sarà, pertanto, consigliabile lavarli spesso) e il consolidante non sia “contaminato” d’eventuali residui rimasti sul pennello o rullo da trattamenti operati su aree limitrofe. Nel caso di consolidamenti di superfici lapidee particolarmente disgregate ed esfoliate (specialmente su pietre arenarie come ad es. pietra serena, pietra forte ecc.) o pellicole pittoriche in fase di distacco, l’impregnazione risulterà più efficace se eseguita “attraverso” una velatura provvisoria della zona
da trattare utilizzando fogli di carta giapponese, precedentemente fissata con resina acrilica in soluzione (ad es. al 10-20% p/v, in solvente volatile come acetone o diluente nitro).
3.2. Consolidamento mediante impregnazione a spruzzo
Questa tecnica di norma verrà eseguita con l’utilizzo di specifiche apparecchiature in grado di nebulizzare il liquido messo in pressione da una pompa oleo-pneumatica (massimo 0,5 bar) o più semplicemente a
mano; questo trattamento potrà essere migliorato realizzando intorno alla parte da trattare uno spazio chiuso mediante fogli di polietilene resistente ai solventi e continuando la nebulizzazione anche per giorni. La sola applicazione a spruzzo sarà sufficiente se il materiale risulterà essere poco poroso ed il degrado interesserà uno spessore di pochi millimetri (degrado corticale); nel caso di interventi su lapidei porosi, dove si renderà necessaria una penetrazione maggiore, sarà preferibile utilizzare pennelli o applicazioni per percolazione (per maggiori dettagli si rimanda agli articoli specifici). In zone particolarmente degradate o su pellicole pittoriche in fase di distacco sarà necessario, dopo un primo trattamento a spruzzo, applicare (mediante emulsione acquosa di alcool polivinilico o resina acrilica in soluzione al 20% in diluente nitro) dei fogli di carta giapponese: a superficie asciutta si applicherà una nuova mano di consolidamento a pennello morbido. Dopo che il solvente sarà totalmente evaporato si rimuoveranno i fogli mediante tampone inumidito con acqua.
L’interfaccia da trattare dovrà essere pulita e ben asciutta al fine di assicurare l’assenza di reazioni secondarie e buona penetrazione del prodotto. La nebulizzazione consolidante (ı area coperta dal getto 25-30 cm) sul manufatto dovrà essere ripetuta più volte (senza lasciare asciugare il prodotto fra una ripresa e l’altra) fino a completa saturazione del manufatto, distribuita uniformemente per aree omogenee partendo dalle parti più elevate per poi scendere a quelle più basse; contemporaneamente si dovrà aver cura di rimuovere eventuali sbavature od eccessi di consolidante mediante tampone imbevuto di solvente od acqua a seconda del prodotto utilizzato. Questo metodo risulterà idoneo solo in condizioni favorevoli di temperatura (+10 °C +25 °C ) con prodotti (ad es. silicato di etile) in diluizione molto alta al fine di migliorare l’assorbimento. Per migliorare la penetrazione del consolidante dato a spruzzo si potrà ricorrere all’applicazione, da effettuarsi posteriormente al trattamento, di almeno tre mani di solvente puro.
3.3. Consolidamento mediante impregnazione a tasca o ad impacco
La procedura rientrerà in quelle “a contatto diretto” e si baserà sul principio della capillarità. Questo metodo verrà utilizzato per l’impregnazione di particolari come decori, cornici, capitelli lavorati ecc. particolarmente degradati che presenteranno la necessità di essere tenuti a contatto, per un determinato periodo, con la sostanza consolidante. I fattori che regolano il processo sono la tensione superficiale, la viscosità del prodotto e la bagnabilità del materiale da trattare. La procedura prevedrà la messa in opera, intorno alla zona da trattare, di una tasca chiusa con particolari guarnizioni in poliuretano, così da renderla stagna; nella parte inferiore verrà posizionata una piccola “gronda impermeabilizzata” allo scopo di recuperare il prodotto consolidante in eccesso.
La zona da consolidare verrà ricoperta da strati di materiale bagnante (ad es. cotone idrofilo, carta giapponese ecc.) che verranno alimentati, dall’alto e molto lentamente, dalla soluzione consolidante e coperti da teli di polietilene, allo scopo di ridurre l’eventuale troppo rapida evaporazione del solvente. L’operazione di distribuzione dovrà essere interrotta quando la quantità di prodotto immesso dall’alto sarà uguale a quella del prodotto recuperato dal basso. Il distributore potrà essere costituito da un tubo o da un canaletto munito di tanti piccoli fori o da una serie di spruzzatori che creeranno il fronte di consolidante discendente. L’eccesso di prodotto sarà raccolto nella grondaia, e rimesso in circolo; per la buona riuscita di questo metodo sarà necessario assicurarsi che il materiale assorbente sia sempre perfettamente in contatto con la superficie interessata. Ad assorbimento avvenuto (in genere 8-10 ore) le tasche saranno rimosse e il manufatto dovrà essere ricoperto con cellofan al fine di isolarlo dall’atmosfera per almeno 10-12 giorni. Dal momento che aumentando la superficie da trattare aumenterà anche la quantità di consolidante e di conseguenza il peso, sarà opportuno, onde evitare costose operazioni di presidio, procedere per settori di dimensioni limitate, migliorando in questo modo il controllo dellaprocedura.
3.4. Consolidamento mediante impregnazione a percolazione
Metodo “a contatto diretto” molto simile a quello a tasca, ma più semplice: un distributore, collocato nella parte superiore della superficie da trattare, erogherà il prodotto per gravità impregnando la superficie da trattare per capillarità. La quantità del trattamento in uscita dall’impianto dovrà essere calibrata dalla valvola di Offman localizzata nella parte terminale del tubo di distribuzione (seguendo le indicazioni di progetto) in modo tale da assicurare un lento e continuo assorbimento evitando eccessi di formulato tali da coinvolgere aree non interessate. Anche in questo caso il distributore potrà essere costituito da un tubicino in plastica o da un canaletto forato munito, nella parte inferiore, di un pettine, tamponi di cotone o di una serie di pennellesse con funzione di distributore.
L’eccesso di prodotto sarà raccolto in una sorta di grondaia e rimesso in circolo; a trattamento terminato dovranno essere eliminati gli eccessi di consolidante utilizzando un idoneo solvente o, nel caso in cui il progetto preveda l’utilizzo d’emulsioni acquose, la superficie dovrà essere lavata con spugne assorbenti ed acqua deionizzata. Questa operazione si renderà sempre necessaria al fine di evitare la formazione di patine superficiali che potrebbero ridurre la permeabilità al vapore del manufatto e conferire, all’interfaccia un effetto perlante innaturale (effetto bagnato) e/o il generarsi di locali sbiancamenti.
I tempi d’impregnazione varieranno secondo le dimensioni e il materiale del manufatto; al fine di accelerare tale processo si potrà ricorrere a trattare preventivamente il supporto con nebulizzazione di solvente puro (così che possa penetrare con facilità sfruttando la bassa viscosità) e, solo in seguito, applicare il fluido consolidante che, trovando una via di accesso più agevole, potrà distribuirsi in modo più diffuso.
4. Consolidamento (riaggregazione) mediante silicato di etile
Un buon consolidante per laterizi decoesi o pietre arenarie e silicatiche, da applicare su superfici assolutamente asciutte, è il silicato di etile composto da esteri etilici dell’acido silicico: monocomponente fluido, incolore, a bassaviscosità, si applicherà in solvente organico (ad es. metil etil chetone), in percentuali (in peso) comprese fra 60% e 80%. Al fine di stabilire la quantità di prodotto da utilizzare si renderanno necessari piccoli test da eseguirsi su superfici campione; questi test serviranno, inoltre, da spia per determinare l’eventuale alterazione dell’opacità della pietra e della sua tonalità durante e subito dopo il trattamento. In linea generale si potrà utilizzare una quantità pari a 500-600 g/m² per il consolidamento di apparecchi in cotto e 300-400 g/m² per superfici intonacate con malta di calce.
Il silicato di etile, precipitando a seguito di una reazione spontanea con l’umidità atmosferica, libererà, come sottoprodotto, alcool etilico che evaporerà con i solventi impiegati nella soluzione, pertanto l’uso di questo consolidante, presenterà il vantaggio di far sì che, nella pietra trattata, oltre all’acido silicico non rimangano altre sostanze che potrebbero in qualche forma (ad esempio efflorescenze) danneggiare l’aspetto e soprattutto le caratteristiche del materiale lapideo consolidato; la reazione si completerà nell’arco di 2 o 3 settimane in ragione delle condizioni atmosferiche, della porosità del materiale, della sua natura e struttura chimica ecc. Il trattamento potrà essere eseguito a pennello, a spruzzo mediante irroratori a bassa pressione (massimo 0,5 bar), per percolazione, a tampone mediante spugne (nel caso di manufatti modellati tipo le volute dei capitelli) o per immersione (esclusivamente per piccoli manufatti mobili); la superficie da trattare andrà completamente saturata “sino a rifiuto”, evitando però eventuali accumuli di prodotto sulla superficie; nel caso in cui dopo il trattamento il supporto rimanesse bagnato o si presentassero raccolte in insenature si dovrà procedere a rimuovere l’eccedenza con l’ausilio di tamponi asciutti o inumiditi con acetone o diluente nitro. Solitamente sarà sufficiente un solo ciclo di applicazione, ma se sarà necessario e solo dietro specifica autorizzazione della D.L., sarà
possibile ripetere il trattamento dopo 2 o 3 settimane.
Questo tipo di consolidante si rivelerà molto resistente agli agenti atmosferici e alle sostanze inquinanti, non verrà alterato dai raggi ultravioletti e presenterà il vantaggio di possedere un elevato potere legante (dovuto alla formazione di silice amorfa idrata) soprattutto nei confronti di materiali lapidei naturali contenenti silice anche in tracce, quali arenarie, tufi, trachiti, ma anche su altri materiali artificiali quali
xxxxxxx in laterizio, terracotte, intonaci, stucchi; risultati positivi potranno essere ottenuti anche su materiali calcarei (ad es. pietra leccese,
pietra di Vicenza ecc.). Tale prodotto non risulta idoneo per il trattamento consolidante di superfici in gesso o dipietre gessose.
La natura chimica dei silicati sarà tale per cui potranno esercitare soltanto un’azione consolidante, ma nonavranno alcun effetto protettivo nei riguardi dell’acqua, pertanto, al trattamento di superfici esterne con unsilicato, generalmente, si dovrà far seguire l’applicazione di una sostanza idrorepellente, salvaguardando lecaratteristiche di traspirabilità e di permeabilità al vapore acqueo dei materiali lapidei, garantendo laconservazione nel tempo, nel rispetto della loro fisicità (per maggiori dettagli sulle procedure di protezione sirimanda agli articoli specifici).
Avvertenze
Si rivelerà di fondamentale importanza non esporre le superfici da trattare all’irraggiamento del sole né Procedere all’applicazione su superfici riscaldate dai raggi solari; sarà pertanto cura degli operatori proteggere le superfici mediante opportune tende parasole; l’impregnazione con silicato di etile sarà, inoltre, da evitare (se nondiversamente specificato dagli elaborati di progetto) nel caso in cui il materiale da trattare non sia assorbente, inpresenza di temperatura troppo alta (>25 °C) o trop po bassa (< 10 °C), con U.R. non superiore al 70% o se ilmanufatto trattato risulti esposto a pioggia nelle quattro settimane successive al trattamento; pertanto in caso diintervento su superfici esterne, si renderà necessaria la messa in opera di appropriate barriere protettive.
Indicativamente per una soluzione contenente il 60% in peso di estere etilico dell’acido silicico su supportiinmedio stato di conservazione si potranno effettuare i seguenti consumi al metro quadrato: intonaco da 0,3 a 0,5l/m²; pietre porose e tufi da 0,5 a 2,5 l/m²; laterizi da 0,6 a 3,0 l/m²; pietre arenarie da 0,8 a 3,5 l/m².
5. Sigillatura materiali lapidei (mediante resine sintetiche) La procedura prevedrà l’esecuzione di stuccature delle soluzioni di continuità mediante intasamento eseguito con iniezione, colatura o spatola in profondità di miscela adesiva costituita da polimeri sintetici acrilici in soluzione, o in emulsione, caricata con carbonato di calcio o polvere di pietra macinata (in alternativa si potranno utilizzare polveri di cocciopesto o cariche pozzolaniche); le resine acriliche non potranno, causa la loro natura termoplastica, essere impiegate come adesivi strutturali, pertanto se si rendesse necessario effettuare una sigillatura con tale caratteristica sarà opportuno ricorrere ad un adesivo epossidico bicomponente (componente A = resina, componente B = indurente; i più utilizzati sono indurenti che reagiscono a temperatura ambiente come gli amminici o ammidici, il rapporto tra A e B sarà variabile da 1:1 a 1:4) esente da solventi, dietro specifica indicazione di progetto, il composto potrà essere caricato con sabbia silicea (granulometria massima 0,3 mm), filler, xxxxxx. I rinforzanti da impiegare per la formazione di betoncini di resina dovranno avere un tasso d’umidità in peso non superiore allo 0,09% ed un contenuto nullo d’impurità o di sostanze inquinanti; salvo diverse prescrizioni di progetto, le miscele secche di sabbie silicee o di quarzo dovranno essere costituite da granuli puri del diametro di circa 0,10-0,30 mm per un 25%, di 0,50-1,00 mm per un 30% e di 1,00-2,00 mm per il restante 45%. Normalmente il composto di resina epossidica verrà preparato a piè d’opera e, a seconda del tipo di impasto (fluido, colabile, tissotropico), in relazione alle necessità di progetto, potrà essere applicato a pennello con setole rigide, con iniettori, o con spatole, in ogni caso sotto scrupoloso controllo dal momento che presenta, generalmente, un limitato tempo pot-life. Nel caso in cui si prevedrà, invece, l’utilizzo di composti a base di resina acrilica, se non diversamente specificato dagli elaborati di progetto, si utilizzerà lattice acrilico aggiungendo al lattice non diluito una quantità adeguata di carbonato di calcio sino a rendere la maltina estruibile.
La procedura prevedrà, dopo le opportune operazioni preliminari di pulitura, eventuale preconsolidamento di parti particolarmente decoese o distaccate, la predisposizione di opportune
protezioni (ad es. delimitazione con nastro di carta) sulle superfici limitrofe a quelle da consolidare, in modo da evitare che queste vengano a contatto con il prodotto consolidante e l’esecuzione d’idonee campionature al fine di valutare la quantità e la tipologia del
consolidante. Eseguite tutte queste operazioni si potrà procedere alla sigillatura in profondità delle soluzioni didiscontinuità mediante l’utilizzo di siringhe o piccole spatole secondo le dimensioni delle fessurazioni da sigillare e le specifiche di progetto, in ogni caso la resina dovrà penetrare fino a rifiuto nel vuoto da colmare tra le facce e tra i frammenti destinati a combaciare nella nuova unione. Durante la procedura sarà opportuno che siano controllate eventuali vie di fuga che potrebbero far percolare il materiale intromesso (specialmente se verrà fatto uso di resine epossidiche), in tal caso si renderà necessaria l’immediata rimozione con spugne o tamponi umidi se si utilizzeranno maltine a legante acrilico, con acqua e detergenti idonei (ovvero seguendo scrupolosamente le indicazioni del produttore della resina) se invece si utilizzeranno adesivi epossidici. Una volta che sarà verificato “l’intasamento” della fessurazione si potrà passare alla realizzazione di stuccature di superficie, costituite da malte a base di leganti idraulici naturali a basso contenuto di sali, sabbie silicee vagliate e lavate (granulometria 0-1,2 mm), eventuali additivi polimerici, terre colorate o pietre macinate, in ogni caso eseguite seguendo la procedura descritta nell’articolo sulle stuccature di materiali lapidei.
In alternativa si potranno effettuare delle stuccature invisibili utilizzando idoneo stucco costituito da copolimeriflorurati ovvero legante incolore elastomerico per stuccature e polvere della stessa pietra, utili anche a copriremicro lesioni o fori di trapani (per maggiori dettagli si rimanda a quanto detto nell’articolo sul fissaggio eriadesione d’elementi sconnessi e distaccati).
Avvertenze
Il rapporto di miscelazione tra resina ed indurente andrà accuratamente rispettato, gli errori di dosaggio tollerabili non dovranno essere superiori al ± 5%. La miscelazione dei componenti andrà eseguita preferibilmente con miscelatore meccanico e andrà prolungata fino a che non si sarà certi di aver ottenuto una perfetta omogeneità.
Specifiche sui materiali
Le resine epossidiche, prodotti termoindurenti (molecole tridimensionali) sono ottenute dalla formazione dicatene con due tipi di molecole con un gamma illimitata di variazioni possibili (questa caratteristica fa sì che nonesista un solo tipo di resina epossidica, ma svariati formulati epossidici che cambiano di volta in volta le propriecaratteristiche a seconda sia del rapporto resina-indurente sia degli eventuali additivi plastificanti, fluidificanti,acceleranti ecc.) e presentano il vantaggio di poliaddizionarsi senza produrre sottoprodotti che porterebbero adun aumento di volume. Si distinguono dalle resine acriliche per l’elevato potere collante che ne giustifica l’usocome adesivo strutturale; presentano una buona resistenza chimica (soprattutto agli alcali), resistono molto beneall’acqua ed ai solventi organici. I maggiori pregidelle resine epossidiche risiedono nelle loro elevate proprietàmeccaniche (resistenze a compressione, a trazione, a flessione), nella perfetta adesione al supporto e nel ritiro
molto limitato durante l’invecchiamento; gli svantaggi sono riconducibili alla difficoltà di penetrazione (dovutaall’elevata viscosità), alla bassa resistenza al calore ed ai raggi ultravioletti (con i conseguenti fenomenid’ingiallimenti e sfarinamento superficiale).
Per le resine acriliche si rimanda alle specifiche dell’articolo sul consolidamento mediante impregnazione. Per i copolimeri florurati si rimanda alle specifiche dell’articolo sul fissaggio e riadesione di elementi sconnessi.
6. Riadesione di distacchi mediante iniezioni con miscele leganti
La procedura sarà eseguita al fine di consolidare strati di intonaco, anche affrescato, distaccato dal supporto,così da risarcire le eventuali lesioni e riempire le sacche perimetrali presenti tra il substrato e l’apparecchioretrostante. Prima di procedere al consolidamento vero e proprio sarà necessario effettuare delle operazioni di“saggiatura” preventiva eseguite mediante leggera, ma accurata battitura manuale
(tramite martelletto di gommao semplicemente con le nocche della mano) sulla muratura, al fine di individuare con precisione sia le zonecompatte sia delimitare (ad es. con un segno tratteggiato a gesso) il perimetro di quelle in fase di distacco (zonegonfiate e formanti “sacche”). In alternativa potranno essere individuate le zone di distacco mediante indaginetermografica od altra indagine non distruttiva specificata dagli elaborati di progetto.
In assenza di piccole fessure, lacune o fori già presenti sulle superfici intonacate attraverso le quali operarel’iniezione, si eseguiranno delle perforazioni, tramite piccolo trapano a mano (se le condizioni diconservazionedel materiale lo consentono si potrà usare trapano elettrico) ad esclusiva rotazione con una punta di circa 2-4mm (in caso di microconsolidamento si potrà ricorrere all’utilizzo di punteruoli), rade nelle zone ben incollate e più ravvicinate in quelle distaccate; il numero dei fori sarà proporzionato all’entità del distacco ed indicato neglielaborati di progetto (in assenza di indicazioni si potrà operare in ragione di 8-10 fori per m²); in genere ladistanza tra loro sarà di circa 40-60 cm, mentre la loro localizzazione sarà tale da favorire il percolamento dellamiscela da iniettare, pertanto sarà necessario iniziare la lavorazione a partire dalla quota più elevata. In caso didistacco d’estensione limitata si potrà procedere all’esecuzione di un unico foro ed eventualmente, di un secondose necessario per la fuoriuscita dell’aria dalla sacca di distacco durante l’immissione del consolidante.
Dopo aver eseguito le perforazioni si renderà necessario aspirare, attraverso una pera di gomma, gli eventualidetriti della foratura, le polveri e quanto altro possa ostacolare la corretta immissione e percolazione dellamiscela. In seguito si eseguirà una prima iniezione di acqua deionizzata ed alcool (5:1 in volume) con lo scopo dicreare dei canali nella parte retrostante e di verificare allo stesso tempo l’eventuale esistenza di lesioni o fori dadove la miscela consolidante potrebbe fuoriuscire; in presenza di queste fessure si procederà alla loro puntualestuccatura (che verrà rimossa a presa avvenuta) tramite malta “magra”, a bassa resistenza meccanica diancoraggio al supporto, cotone idrofilo, lattice di gomma, argilla xxx.Xx presenza di forti distacchi e di supporti in buono stato di conservazione, si potranno inserire nel foro piccoleguarnizioni in gomma a perfetta tenuta opportunamente sigillate per impedire la fuoriuscita del prodotto.
Risultati soddisfacenti potranno essere raggiunti con miscele formate da 2 parti di calce aerea naturale a bassopeso specifico e 1 parte di metacaolino pozzolanico o cocciopesto superventilato e lavato (rapporto 1:1) conl’aggiunta di una minima parte di resina acrilica in emulsione al 10% in acqua (con funzione di fluidificante). Inalternativa si potrà ricorrere ad una miscela formata da 1 parte di grassello di calce (sostituibile parzialmente ototalmente con calce idraulica naturale NHL 2) e 1 parte di carbonato di calcio (granulometria 0,02-0,06 mm); lamiscela sarà diluita con percentuali del 5-10% di resina acrilica (con funzione di colloide protettore ovverosiatenderà a trattenere l’acqua così da non far “bruciare” prematuramente la miscela iniettata) ed eventualmenteadditivata con gluconato di sodio (con funzione di fluidificante); nei casi di distacchi consistenti, con una parte di cocciopesto vagliato e lavato o in alternativa pozzolana (granulometria massima 0,5 mm).
Per distacchi di lieve entità, fra strato e strato, con soluzioni di continuità dell’ordine di 0,5 mm, non essendopossibile iniettare miscele idrauliche si rileverà utile una micro-iniezione di 1 parte di resina acrilica in emulsione acquosa in concentrazione variabile (comunque compresa tra l’8% e il 10%), caricata con 0,5-1 parte di carbonato di calcio o polvere di pomice (granulometria tra 0,02 mm e 0,06 mm) per rendere il composto piùgranuloso e facilitare l’aggrappaggio dello stesso al supporto da consolidare.
Un altro composto, utilizzabile in ambienti interni e per piccole cavità (spessore non superiore a 4-5 mm), sarà ilcaseato di calcio, ottenuto mescolando caseina lattica e grassello di calce; esistono due tipi di “ricette”: la prima(alla fiorentina) si comporrà di 1 parte di caseina, 4 parti di grassello di calce, 0,4 parti di resina acrilica inemulsione; la seconda (alla romana) sarà costituita da 1 parte di caseina (gonfiata nell’acqua), 9 parti di grassellodi calce, 1/5 parte di dispersione acrilica (allo scopo di elasticizzare l’adesivo); questo composto presenterà siaottime proprietà collanti sia ottima stabilità nel tempo, ma
avrà l’inconveniente di avere tempi d’incollaggio molto lenti. Il caseato di calcio, dopo la presa, sarà fragile a trazione e resterà permeabile al vapore acqueo, per questo potrà essere indicato utilizzarlo in ambienti asciutti.
Previa umidificazione del foro e della zona circostante con acqua pulita, si eseguiranno le iniezioni con unanormale siringa di plastica (da 10 cc o 60 cc) procedendo attraverso i fori posti nella parte più bassa, per poiavanzare, una volta che la miscela sarà fuoriuscita dai fori limitrofi, verso quelli situati in alto (questo per evitaresia che squilibri di peso possano alterare l’eventuale precario equilibrio della struttura sia per favorire ladistribuzione uniforme del consolidante); nel caso in cui la miscela non dovesse penetrare in profondità sipasserà al foro successivo. Ad infiltrazione del formulato avvenuta, passati circa 30-35 minuti, si procederà con il consolidamento di un’altra area di distacco.
Le iniezioni verranno eseguite o tramite la punta dell’ago metallico (per fori ed aree di modeste dimensioni od in presenza di intonaci particolarmente degradati), o direttamente dal beccuccio della siringa nel foro di accessoattraverso una cannula precedentemente posizionata (in caso di sacche di maggiori dimensione ed estensione),controllando e graduando la compressione dello stantuffo. Le miscele dovranno essere iniettate a bassapressione poiché le tensioni prodotte dal fluido sotto pressione, alterando l’equilibrio del manufatto, potrebberocausare pericolosi fenomeni di precarietà statica. Nel corso dell’operazione occorrerà stare attenti che il colantenon fuoriesca da fori o linee di fratture limitrofe sulla superficie sottostante, nel caso questo succedesse siprocederà all’immediata pulizia tramite spugnette ad alto potere assorbente (ad es. ritagli digommapiuma ospugnette tipo Blitz Fix). In caso di iniezione per mezzo di ago metallico sarà consigliabile tamponare il punto di
innesto dell’ago con un batuffolo di cotone imbevuto di acqua distillata al fine sia di favorire la riadesione delsupporto sia in modo da asportare l’eventuale prodotto in eccesso fuoriuscito dai fori. Per la riadesione di elevatesuperfici d’intonaco potrà rivelarsi utile una compressione della superficie in questione tramite una pressioneregolare ed uniforme, sia durante il periodo di iniezione del consolidante, sia durante la presa; tale pressionepotrà essere eseguita, a seconda dei casi, per mezzo di mani, xxxxx, xxxxxxxxxx a vite montati sull’impalcatura,
tavolette di legno rivestite di feltro o carta per una durata variabile da qualche decina di minuti a 12-14 ore inragione del tipo e della quantità di prodotto immesso.
Previo indurimento del consolidante (minimo 7 giorni) si rimuoveranno manualmente le stuccature provvisorie ele eventuali cannule in gomma e si sigilleranno i fori con stucco costituito da grassello di calce e polveri di marmo (per maggiori dettagli sulla stuccatura si rimanda alla procedura specifica). Il collaudo si effettuerà mediante le stesse tecniche non distruttive utilizzate per individuare le zone di intervento.
Specifiche sui materiali
L’iniezione della sola emulsione acrilica dovrà essere evitata (se non dietro specifica indicazione di progetto) inquanto potrebbe dar vita ad un corpo di plastica che riempirebbe la sacca ma non farebbe aderire le faccedistaccate.
Anche l’iniezione di calci idrauliche potrà avere degli inconvenienti in quanto il calcio idrato potrebbe non carbonatare all’interno della muratura e migrare dentro di essa (a causa della sua parziale solubilità in acqua)provocando efflorescenze di calcio carbonato in superficie o, in presenza di solfati e alluminati, potrebbe reagiredando vita a subefflorescenze quali thaumasite o ettringite.
Specifiche sui materiali premiscelati
La malta premiscelata per iniezione di consolidamento e riadesione di intonaci dovrà presentare un ottimapenetrabilità nelle murature senza aver bisogno della preliminare bagnatura dei supporti. L’impasto dovrà esserecomposto da calce idraulica naturale, chimicamente stabile e a bassissimo contenuto di sali solubili, inerti silicei(o in alternativa carbonato di calcio scelto e micronizzato), pozzolana superventilata (o in alternativa polvere dicocciopesto o metacaolino) e idonei additivi fluidificanti,
ritentivi ed areanti. Dopo aver impastato energicamente per qualche minuto il premiscelato con acqua demineralizzata sarà consigliabile filtrare la boiacca ottenuta al fine di eliminare eventuali piccoli grumi formatisi in fase di impasto. Il prodotto non dovrà essere addizionato nella preparazione e posa con nessun altro componente oltre all’acqua di impasto e non dovrà essere assolutamente aggiunta acqua una volta che avrà iniziato la presa. Sarà consigliabile utilizzare siringhe con aghi di tipo veterinario (diametro di uscita superiore ai 2 mm). Le caratteristiche chimico-fisiche medie dovranno essere:
peso specifico 1,02 kg/dm³, lavorabilità 2 h, bleending assente, aderenza 0,8 N/mm², inizio presa a +20 °C 24 h,fine presa a +20 °C 48 h, resistenza a compressione a 28 giorni 6 N/mm², resistenza a flessione a 28 giorni 2N/mm², modulo elastico 5000 N/mm², ritiro 0,7-1,8 mm, ritenzione acqua superiore all’80%, permeabilità alvapore 6 μ.
7. Consolidamento lastre lapidee da rivestimento (messa in sicurezza)
Prima di procedere ad un qualsiasi intervento di smontaggio e successivo consolidamento che potrebbe, se maleffettuato, andare a peggiorare la situazione (per maggiori dettagli sulla procedura di smontaggio si rimanda aquanto detto all’articolo specifico) sarà sempre conveniente preventivare un’accurata campagna diagnosticapreliminare piuttosto approfondita volta a conoscere in maniera completa il manufatto oggetto di intervento, imateriali che lo compongono, la loro consistenza fisico-materica, le tecniche costruttive e di ancoraggio, lepatologie in atto, le lesioni esistenti, le eventuali cause indirette di degrado, non sottovalutando mai la possibilità
di consistenza di situazioni diversificate nell’ambito dello stesso apparecchio murario.
Non di rado la causa del dissesto del rivestimento lapideo potrà essere attribuita all’assenza di punti d’appoggiodistribuiti a varie quote, i quali permetterebbero di assorbire frazionatamente il peso delle lastre. Il paramentopotrà, inoltre, essere ancorato alla muratura di supporto attraverso un’imbottitura posteriore completa o parziale,eseguita con colatura di malta di calce, in questo caso con il passare del tempo, a causa della perditaprogressiva di adesività della malta alla struttura, le sollecitazioni delle lastre potrebbero diventare insostenibili.
In altri casi le strutture di sostegno utilizzate (per lo più zanche) potrebbero essere in ferro, materiale che, con ilpassare del tempo, potrebbe subire fenomeni di forte ossidazione e corrosione causando, sul rivestimentolapideo, l’ovvia perdita del sostegno (che non sarà più in grado di reggerlo), la generazione di sforzi di trazione,
causati dal maggior peso specifico degli ossidi e idrati di ferro nonché sgradevoli colature di ruggine che andranno a deturpare il pannello lapideo. Allo stesso tempo, nel caso in cui il manufatto avesse già subito un’operazione di manutenzione, potrebbe verificarsi il fenomeno opposto, ovverosia la presenza di un numeroelevato di tasselli potrebbe vincolare eccessivamente la struttura generando situazioni tensionali insopportabili(per questo risulterà opportuno procedere alla loro eliminazione, progettando un nuovo e più idoneo sistema diancoraggio).
Raramente gli ancoraggi preesistenti si presenteranno efficienti e ben conservati, in tal caso potranno comunqueessere integrati all’interno di un valido sistema di messa in sicurezza; se dovessero rilevarsi ancoraggi assolutamente inefficienti, ormai inutili, ma non dannosi poiché realizzati con materiali stabili e posizionati inmodo da non disturbare la struttura, si potrà, dietro specifica indicazione di progetto, lasciarli in opera.
Non di rado si rileva la mancanza di efficienti sigillature tra i pannelli, se non addirittura di adeguati giunti didilatazione, in questo modo l’acqua piovana, non incontrando idonee barriere, riuscirà facilmente ad infiltrarsivelocizzando la corrosione delle zanche in ferro, erodendo la malta di allettamento ed innescando tutta una seriedi patologie (creazione di muschi, cristallizzazione dei sali, cicli di gelo e disgelo ecc.) dannose al rivestimento.
L’assenza dei giunti di dilatazione potrà costituire un punto critico della struttura, tanto da determinare pressioniinsostenibili indotte dalle variazioni della temperatura.
Messa in sicurezza
Previa esecuzione di tutte le procedure di smontaggio e di analisi preventive si potrà procedere con l’intervento; imateriali per risultare idonei dovranno possedere caratteristiche meccaniche, di resistenza fisico-chimica e didurabilità adeguate, mantenendo il più possibile nel tempo le prestazioni richieste; gli elementi metallici (zanche,perni, piastre ecc.) da utilizzare potranno essere:
– in rame o in ottone trafilato: ottima resistenza alla corrosione ma scarsa resistenza meccanica da impiegare per pannelli di peso modesto;
– in acciaio a doppia zincatura a caldo: ottima resistenza meccanica e alla corrosione (acciaio ad alta resistenza);
– in acciaio inossidabile AISI serie 300: eccellenti prestazioni a livello di resistenza meccanica e con le migliori proprietà di inalterabilità.
La tipologia di zancatura potrà essere non portante o di ritegno (semplice fissaggio alla parete di supporto) o
portante a sistema rigido (cioè quelle impiegate per rivestimenti con imbottitura posteriore di malta) e regolabile
(sistemi più complessi di norma utilizzati su manufatti di pregio o per il ripristino d’ampie zone di rivestimento)
secondo le disposizioni di progetto (in questo caso le zanche dovranno essere state calcolate come vere e proprie mensole di sostegno ai pannelli).
Nell’eseguire la suddetta procedura si dovranno tenere presenti le seguenti accortezze:
– l’esecuzione delle perforazioni sul supporto murario, al fine di alloggiare l’apparato di fissaggio (zanche, tasselli ecc.), dovrà essere eseguita, preferibilmente, con strumenti a sola rotazione; gli strumenti a rotopercussione potranno essere utilizzati, solo dietro specifica indicazione della D.L., su materiali particolarmente compatti come ad esempio elementi in c.a. o murature in laterizio pieno. La profondità della foratura, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, dovrà essere maggiore dell’ancoraggio così da lasciare lo spazio ad eventuali polveri di trapanatura e, nel caso di utilizzo di tasselli, per la fuoriuscita della vite della punta del tassello. Nel caso di messa in opera di zanche, anche il diametro del foro sarà maggiore affinché la malta a ritiro compensato possa ben avvolgere l’ancoraggio metallico. L’eventuale perforazione delle lastre dovrà, invece, obbligatoriamente essere eseguita con strumenti a sola rotazione (ad es. carotatrici) così da evitare la possibilità che le sollecitazioni meccaniche, fornite da mezzi a roto-percussione, deteriorino ulteriormente il rivestimento (ad es. estendendo le situazioni di distacco o generando nuove lesioni);
– la sigillatura dell’apparato di fissaggio, ad esclusione dell’utilizzo di tasselli meccanici o chimici, dovrà avvenire previa accurata pulitura della perforazione e abbondante bagnatura (solo in caso di uso di malta) mediante idonea malta di calce idraulica naturale NHL 5 caricata con inerti pozzolanici o cocciopesto, con l’eventuale aggiunta di idoneo additivo così da compensare il ritiro della malta, in alternativa e solo dietro specifica indicazione di progetto, si potrà utilizzare betoncino di resina epossidica bicomponente a consistenzacolabile esente da solventi;
– ogni pannello lapideo, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, dovrà sostenersi da solo, dovrà essere appeso (sistemi portanti) e non appoggiato a quello sottostante che, a livelli inferiori, si potrebbe trovare nelle condizioni di essere gravato da un peso non prevedibile o sostenibile;
– il sistema di ancoraggio dovrà considerare adeguati coefficienti di sicurezza che dovranno,
necessariamente, tener conto dell’effetto combinato di forze, quali ad esempio la depressione causata dal vento,
l’eventuale attività sismica, le vibrazioni generate dal traffico di superficie o sotterraneo ecc.;
– il sistema di ancoraggio dovrà, inoltre, essere progettato in modo adeguato soddisfando esigenze, talvolta contrapposte: realizzare tasselli di dimensioni sufficientemente contenute applicando
contemporaneamente alla struttura il minor numero possibile di vincoli. Il nuovo sistema non dovrà, infatti,ostacolare i movimenti naturali del rivestimento e dovrà essere dotato di opportune guarnizioni (che dovrannopresentare caratteristiche d’indeformabilità ed elasticità protratte nel tempo, ad es. in resine siliconiche) al fine dievitare una concentrazione eccessiva di tensioni;
– la chiusura dei fori e delle giunture dovrà essere eseguita adottando una stuccatura composta da materiali stabili (ad es. elastomeri florurati e polvere di pietra) tali da evitare cavillature e infiltrazioni (per maggiori dettagli si rimanda a quanto detto per le procedure riguardanti le stuccature superficiali); in alternativa, nel caso si ricorra a tasselli, si potranno mettere in opera idonei dischi lapidei di chiusura, costituiti da materiale lapideo dello stesso tipo del pannello e di dimensione adeguata a quella del foro; i suddetti dischi dovranno essere applicati mediante idonei collanti e successivamente sigillati con attente stuccature.
Avvertenze
Sarà, in ogni caso, sempre consigliabile effettuare controlli sistematici in corso d’opera con l’eventuale ausilio diendoscopie, in quanto potrebbero passare inosservate particolari situazioni costruttive differenti da quelle rilevate nel corso della campagna di indagini preliminari.
Messa in sicurezza con sistemi di fissaggio portanti rigidi I sistemi portanti rigidi più comunemente utilizzati sono:
– piattina metallica (dimensioni minime 6x40x250-300 mm) da inserire nelle scanalature (di dimensioni di circa 2-3 mm superiori a quella della piattina) eseguite nei bordi di due pannelli sovrapposti, munita di doppia
zancatura (costituita da due monconi di dimensioni minime 8x40x100 mm) annegate nella muratura d’ambito con malta di calce idraulica naturale NHL 5 a ritiro compensato. Le zanche di questo tipo si rileveranno
particolarmente resistenti e quindi indicate per lastre di grande spessore (maggiore 3-4 cm);
– piattina metallica (dimensioni minime 8x60x150-180 mm) sdoppiata, in ambedue le teste, in due lembi ripiegati in versi opposti: un’estremità si inserirà nelle scanalature (di dimensioni di circa 2-3 mm superiori aquella della piattina) eseguite nei bordi di due pannelli sovrapposti, l’altra estremità verrà inghisata nella muratura con malta di calce a ritiro compensato; questo sistema potrà essere utilizzato per lastre di spessore medio grande (2-3 cm);
– due piattine metalliche (dimensioni minime singola piattina 6x40x150 mm) accostate e ripiegate in versi opposti alle estremità, in modo da trattenere separatamente i bordi di due pannelli contigui, le zanche dovrannoessere posizionate sui bordi orizzontali del pannello di spessore medio-grande;
– sistema con tassello meccanico (ad espansione forzata o geometrica) o chimico (tasselli a calza, a rete,
a bussola retinata o a fiala di vetro, in ragione del supporto murario; la fiala di vetro sarà da utilizzarsi solo inpresenza di materiali compatti) da inserire in perfori eseguiti sul pannello mediante l’ausilio di strumenti a solarotazione (ad es. carotatrici); i tasselli dovranno essere serrati seguendo i tempi ed il valore del carico previsto,
così da evitare sia serraggi troppo elevati che potrebbero provocare fenomeni di snervamenti delle viti sia serraggi troppo lenti che non garantirebbero un’adeguata rigidezza all’ancoraggio. Questo sistema rigido saràadatto per pannelli di spessore medio-grande.
Il tassello meccanico ad espansione forzata o geometrica sarà inserito nel perforo (precedentemente ben pulitocon scovolino) con un’adeguata, quanto debole, percussione, dopo aver controllato l’assialità dell’elemento, sipasserà all’operazione di serraggio mediante l’ausilio d’idonea chiave dinamometrica tarata al valore di caricoprefissato dal progetto. L’ancoraggio con i tasselli ad espansione geometrica, al contrario di quello apercussione, provocherà meno tensioni nel materiale di supporto e, pertanto, consentirà l’applicazione coninterasse e distanze dai bordi ridotte.
L’esecuzione del fissaggio del tassello chimico sarà leggermente differente: la procedura prevedrà, previo
inserimento del tassello a rete, a calza o di una bussola retinata (in ragione del tipo di materiale costituente ilsupporto) di dimensioni uguali a quelle del foro (precedentemente ben pulito sia con scovolino sia con soffietto) e lunghezza misurata a partire dal fondo cieco della perforazione, l’estrusione, mediante pompa manuale opneumatica, della resina collante entro i fori precedentemente predisposti iniziando l’iniezione dal fondo sino alriempimento di circa 2/3 del volume della cavità. Successivamente si inserirà manualmente, conmovimentocircolare, la barra metallica filettata, con diametro e lunghezza stabiliti dagli elaborati di progetto; al fine di favorire l’introduzione nella resina sarà vantaggioso tagliare la punta della barra a 45°. Dopo aver controllat o la corretta assialità si procederà all’inserimento della rondella di guarnizione (in resina siliconica), alla rondella in metallo ed al dado, passato il tempo necessario affinché la resina indurisca (circa 60-90 minuti) si potrà procedere al serraggio del dado con l’ausilio di chiave dinamometrica tarata al valore di carico prefissato dal progetto.
Messa in sicurezza con sistemi di fissaggio portanti regolabili I sistemi portanti regolabili più comunemente utilizzati sono:
– sistema con piastre metalliche sagomate di spessore minimo di 5 mm, inserite ed ancorate con bulloni (ad es. 10x30 mm) e dadi muniti di rosetta, in appositi profili metallici, generalmente sagomati a “C” con irrigidente, (ovvero piastre metalliche dello spessore minimo di ca. 10 mm) ancorati alla parete mediante tassellimeccanici o chimici o zanche di altro tipo. Uno dei vantaggi maggiori di questo sistema risiede nella possibilità di fissare i profili o le piastre alla parete sia in posizione orizzontale sia verticale in relazione alle dimensioni deipannelli. Il vincolo utilizzato in questo sistema sarà di tipo a ritenuta.
La sagomatura delle piastre sarà in funzione della loro posizione: la prima presenterà bordi ripiegati solo versol’alto in modo da sostenere il solo pannello superiore, la piastra intermedia, utilizzata per il giunto chiuso (perpannelli medio-piccoli, spessore ca. 2-3 mm) presenterà dei bordi tutti d’eguale altezza ottenuti ripiegandol’estremità dell’ala orizzontale, mentre quella utilizzata per il giunto aperto (per pannelli medio-grandi, spessoreca. 6-8 mm o 15-20 mm se il giunto sarà a livello solaio) avrà bordi con altezze differenti: il labbro inferiore saràpiù lungo così da poter entrare nella scanalatura della lastra sottostante. La piastra sommitale presenterà bordipiegati solo verso il basso. Al fine di risolvere l’eventuale mancanza di piombo della muratura si potrà ricorrere a cavalotti di spessoramento in acciaio interposti fra il profilo sagomato e la piastra di sostegno; in alternativa, nel caso di fissaggio con tasselli, si potrà intervenire anche sulla lunghezza della barra filettata;
– sistema a spinotti, simile a quello a piastra, utilizza profilati metallici ad “L” (ad es. 60x80x8 mm) muniti difori sull’anima (al fine di consentire l’ancoraggio mediante tasselli alla muratura) e di asole sull’ala così dacollocare degli spinotti metallici (ad es. ı 6x60 mm) che si inseriranno nelle scanalature praticate nei bordi dellelastre vincolandole a ritenuta. Anche questo sistema avrà la possibilità di fissare i profili alla parete sia inposizione orizzontale sia verticale in relazione alle dimensioni dei pannelli.
Art. 58
PROTEZIONI E TRATTAMENTI SUPERFICIALI
Premessa metodologica
Gli interventi di protezione devono assolvere principalmente il ruolo di salvaguardare il materiale dall’aggressione degli agenti naturali esterni (infiltrazioni d’acqua, depositi superficiali di sostanze nocive ecc.) e/o di natura antropica, ricorrendo all’uso di tecniche consone ad ogni caso specifico. Eseguite generalmente a compimento dell’intervento conservativo, le protezioni possono essere concepite sia come veri e propri presidi (schermi, tettoie, barriere ecc.) inseriti con l’intento di ostacolare l’innescarsi di patologie degenerative, proteggendo il manufatto in modo da ovviare direttamente alle cause di degrado, sia come applicazioni superficiali di materiali sacrificali, compatibili con la preesistenza, deteriorabili nel tempo.
Lo scopo di entrambe le risoluzioni è quello di difendere i materiali da diversi fattori, in molti casi concomitanti, come l’attacco fisico-chimico operato dagli agenti atmosferici e dalle sostanze nocive veicolate da questi, dalle azioni di organismi vegetali e animali, dai raggi ultravioletti, aerosol marini ecc.Fondamentalmente lo scopo principale richiesto alle operazioni di protezione è quello di impedire il passaggio dell’acqua all’interno del materiale e, allo stesso tempo, ostacolare l’aggressione degli inquinanti atmosferici; per fronteggiare entrambi i fattori i prodotti utilizzati devono presentare i requisiti di idrorepellenza, reversibilità, traspirabilità, assenza di sottoprodotti dannosi e stabilità alle radiazioni UV L’idrorepellenza è determinante al fine di evitare i degradi connessi alla penetrazione dell’acqua come i fenomeni ciclici di gelo e disgelo, la cristallizzazione dei sali solubili (efflorescenze saline, subefflorescenze ecc.) e la veicolazione di sostanze nocive; la reversibilità deve essere concepita come la possibilità di poter rimuovere il prodotto (applicato superficialmente) in caso si dovessero verificare, nel tempo, indesiderati e nocivi effetti collaterali (“effetto bagnato” ovvero un’alterazione cromatica dell’aspetto originale); la traspirabilità è altrettanto incisiva per la riuscita dell’operazione, poiché il
protettivo applicato non deve ostacolare il passaggio del vapore acqueo presente nei muri ma deve consentirne il regolare deflusso, così da mantenere costanti i valori igrometrici delle strutture evitando pericolosi ristagni interni d’acqua. I prodotti adatti ad assolvere queste funzioni devono presentare, necessariamente, una buona compatibilità materica con il supporto così da avere comportamenti fisico chimici similari mentre, per quanto concerne l’impatto visivo, le protezioni possono essere concepite sia come apporti totalmente trasparenti e neutri tali da consentire la totale leggibilità del supporto (sostanze principalmente di natura organica o a base di silicio) sia, come degli strati la cui funzione di protezione, (scialbature, velature, sagramature, ecc.) nasconderà in parte la superficie muraria. La scelta di una delle due soluzioni a discapito dell’altra è strettamente connessa alla metodologia d’intervento scelta a discrezione del tecnico. Le superfici lapidee, inoltre, possono essere trattate con sostanze chimiche analoghe a quelle impiegate per il consolidamento, stese a formare una barriera superficiale trasparente ed idrorepellente capace di impedire o limitare considerevolmente il contatto con sostanze patogene esterne, ma al contempo di non eliminare la traspirabilità e la permeabilità al vapore acqueo.
Nel caso di preesistenti trattamenti protettivi coprenti si potrà decidere o di ripristinarli nelle parti dove sono venuti a mancare, così come in origine (diversificando, se ritenuto opportuno, il nuovo dal vecchio) o lasciare l’apparecchio a vista, accettandone il mutamento come fattore essenziale dell’aspetto della struttura, e proteggerlo ricorrendo a trattamenti neutri.
Generalmente le protezioni hanno una durata limitata nel tempo; risultano efficaci per un periodo che va dai 5 ai 10 anni dopodiché vengono a mancare le caratteristiche di idrorepellenza, per questo si rende necessario la messa in opera, previa la totale asportazione dei residui rimasti sulla superficie, di un
nuovo intervento protettivo. Per questo motivo, l’applicazione programmata nel tempo dei cicli protettivi deve essere inserita nei programmi di manutenzione periodica.
- OPERAZIONI DI PROTEZIONE DEI MATERIALI LAPIDEI
Con il termine “materiale lapideo” dovranno sempre essere intesi (in accordo alle raccomandazioni NorMaL) oltre che i marmi e le pietre propriamente detti, anche gli stucchi, le malte, gli intonaci (affrescati, dipinti a secco, graffiti) ed i prodotti ceramici come laterizi e cotti.
1. Generalità
Considerato l’impatto e il ruolo attribuito ai protettivi la loro scelta dovrà essere operata sulla base dei risultati delle analisi di laboratorio realizzate su campioni di materiale; i provini dovranno essere preservati così da essere in grado di valutare l’effettiva efficacia e la durata nel tempo. Le campionature pre-intervento eseguite sotto il controllo della D.L. dovranno, necessariamente, essere catalogate ed etichettate; su tale etichetta dovranno essere riportati la data di esecuzione, il tipo di prodotto e/o le
percentuali dell’impasto utilizzato, gli eventuali solventi e di conseguenza il tipo di diluizione o di concentrazione utilizzato, le modalità ed i tempi di applicazione.
La durata e l’inalterabilità del prodotto dipenderanno, principalmente, dalla stabilità chimica e dal comportamento in rapporto alle condizioni igrotermiche e all’azione dei raggi ultravioletti. L’alterazione dei composti, oltre ad essere determinante sulle prestazioni, potrà portare alla composizione di sostanze secondarie, dannose o insolubili, che invalideranno la reversibilità del prodotto.
2. Applicazione di impregnante idrorepellente
La procedura dovrà essere eseguita alla fine del ciclo di interventi previsti e solo in caso di effettivo bisogno, su apparecchi murari e manufatti eccessivamente porosi esposti sia agli agenti atmosferici, sia all’aggressione di umidità da condensa o di microrganismi animali e vegetali.
L’applicazione si effettuerà irrorando le superfici dall’alto verso il basso, in maniera uniforme ed abbondante fino a completa saturazione del supporto. Le mani da applicare dipenderanno dalla capacità di assorbimento del supporto, in ogni caso non potranno essere inferiori a due passaggi (consumo variabile da 0,2 a 1 l/m²). L’intervallo di tempo tra le varie applicazioni potrà variare, fermo restando che la mano precedente sia stata completamente assorbita; di norma i prodotti saranno applicati:
– a spruzzo, tramite l’utilizzo di apposite apparecchiature in grado di vaporizzare il liquido messo in pressione manualmente o da pompa oleo-pneumatica;
– a pennello morbido o rullo sino a rifiuto, utilizzando i prodotti in soluzione particolarmente diluita, aumentando gradualmente la concentrazione sino ad oltrepassare lo standard nelle ultime mani. Sarà utile alternare mani di soluzione delle resine (se in solvente) a mani di solo solvente per ridurre al minimo l’effetto bagnato (per maggiori dettagli sulle tecniche d’applicazione si rimanda a quanto detto
nell’articolo sul consolidamento per impregnazione).
Se non diversamente specificato negli elaborati di progetto il trattamento protettivo dovrà essere applicato su supporti puliti, asciutti, privi d’umidità e di soluzioni di continuità (fessure superiori di 0,3 mmdovranno essere adeguatamente stuccate come da articoli specifici) a temperature non eccessivamentealte, intorno ai 20 °C (possibilmente su apparecchi murari non esposti ai raggi solari) al fine di evitareuna brusca evaporazione dei solventi utilizzati. I prodotti utilizzabili, di norma, dovranno possedere unbasso peso molecolare ed un elevato potere di penetrazione; buona resistenza all’attacco fisico-chimicodegli agenti atmosferici; buona resistenza chimica in ambiente alcalino; assenza d’effetti collaterali e diformazione di sottoprodotti di reazione dannosi (produzione di sali); perfetta trasparenza ed inalterabilitàdei colori; traspirazione tale da non ridurre, nel materiale trattato, la preesistente permeabilità ai vaporioltre il valore limite del 10%; dovranno risultare atossici.
Sarà sempre opportuno, a trattamento avvenuto, provvedere ad un controllo (cadenzato nel tempo) mirato a valutare la riuscita dell’intervento, così da verificarne l’effettiva efficacia. La pluralità del potere idrorepellente sarà direttamente proporzionale alla profondità di penetrazione all’interno dei materiali. Penetrazione e diffusione del fluido dipenderanno, quindi, dalla porosità del materiale, dalle dimensioni e dalla struttura molecolare della sostanza impregnante in relazione al corpo poroso (pesanti macromolecole ricche di legami incrociati non attraverseranno corpi molto compatti e si depositeranno in superficie), dall’alcalinità del corpo poroso, dalla velocità e catalisi della reazione di condensazione (prodotti fortemente catalizzati possono reagire in superficie senza penetrare nel supporto).
Specifiche sui materiali
I protettivi più efficaci per materiali lapidei (naturali ed artificiali tipo intonaci e cotti) apparterranno fondamentalmente alla classe dei composti organici (resine florurate, acril-siliconiche e poliuretaniche) e dei composti a base di silicio; la scelta dovrà, necessariamente, essere operata in relazione alle problematiche riscontrate, così come la quantità ottimale di protettivo sarà determinabile in via sperimentale su superfici campione; orientativamente su intonaco di calce nuovo asciutto saranno sufficienti 100-140 g/m² di soluzione protettiva. Nel caso di manufatti lapidei ovvero intonaci a calce di
particolare valore storico-artistico dovranno, necessariamente, essere seguite scrupolosamente le raccomandazioni NorMaL vigenti.
I prodotti utilizzabili per i trattamenti di protezione, di norma, dovranno possedere le seguenti caratteristiche comprovate da prove ed analisi da eseguirsi in situ o in laboratorio:
a) basso peso molecolare ed elevato potere di penetrazione;
b) buona resistenza all’attacco fisico-chimico degli agenti atmosferici;
c) buona resistenza chimica in ambiente alcalino;
d) assenza di effetti collaterali e di formazione di sottoprodotti di reazione dannosi (produzione di sali);
e) perfetta trasparenza ed inalterabilità dei colori;
f) traspirazione tale da non ridurre, nel materiale trattato, la preesistente permeabilità ai vapori oltre il valore limite del 10%;
g) non tossicità;
h) reversibilità.
Normalmente un trattamento protettivo ha una durata massima di circa 5-6 anni, è, pertanto, consigliabile programmare una attenta manutenzione ordinaria ogni 4-5 anni. Per le caratteristiche dei protettivi fluorurati così come per quelli a base di resine acril-siliconiche si rimanda alle specifiche dell’articolo inerente il consolidamento dello strato corticale mediante impregnazione.
3. Tinteggiatura alla calce (scialbatura)
La tinteggiatura alla calce potrà essere utilizzata in ambienti interni ed esterni a patto che non siano aggressivi e a condizione che il supporto non sia stato ancora “compromesso” da una precedente pitturazione a legante polimerico che ne renderebbe difficoltosa l’adesione (in questo caso sarà necessario procedere all’asportazione totale della precedente pittura prima dell’applicazione della tinta). I vantaggi di una tintura alla calce risiedono nell’alta compatibilità con i materiali del supporto, nel “rispetto” dei colori e dei toni cromatici degli edifici storici e nella sanificazione dell’ambiente con conseguente prevenzione di muffe grazie alla naturale basicità e all’elevato tasso di traspirabilità; per contro, saranno soggetti all’azione degradante dell’anidride carbonica combinata con l’acqua e dei gas inquinanti dell’aria.
La procedura prevede che il grassello di calce, stagionato almeno 24 mesi (o calce idrata in fiore) venga stemperato in una quantità d’acqua necessaria al fine di ottenere un composto sufficientemente denso (rapporto grassello acqua 1:2); dovrà essere lasciato riposare da un minimo di 6-8 ore ad un massimo di 48 ore. A stagionatura avvenuta il composto sarà passato al setaccio (con vaglio a 900 maglie/cm²) allo scopo di eliminare le impurità presenti nell’impasto (parti insolubili o corpi estranei). L’acqua utilizzata perl’impasto dovrà essere esente da impurità di carattere organico (acidi, sali e alcali) causa di incompattezza delle tinte, alterazioni dei colori e macchie. La coloritura dell’impasto si otterrà tramite l’aggiunta di pigmenti minerali (massimo 10% in volume rispetto al latte di calce) e terre naturali o artificiali (massimo 25-30% in volume, superando queste dosi potrebbe essere necessario integrare il potere del legante con additivi di varia natura: generalmente resine acriliche). I pigmenti prima di essere amalgamati al latte di calce, al fine di poter ottenere la dispersione omogenea dei colori, dovranno essere stati immersi in una quantità d’acqua pari al doppio del loro volume, lasciati riposare per alcune ore e passati al setaccio (in modo da trattenere i grumi più grossi). La tinteggiatura alla calce, perde tono nei primi mesi dopo l’applicazione, pertanto sarà consigliabile amplificare leggermente il dosaggio di pigmento al fine di ottenere, a distanza di tempo, la coloritura desiderata.
Prima di procedere all’operazione di tinteggiatura dovranno essere verificate le condizioni del supporto che dovrà presentarsi pulito, ben aderente, privo di depositi superficiali, macchie di umidità e patine di smog; a tal fine sarà opportuno eseguire uno o più cicli di pulitura così da rimuovere eventuali efflorescenze saline o presenze di muffe od altri infestanti biologici (per maggiori dettagli si rimanda a
quanto detto negli articoli inerenti le puliture) e nel caso l’intonaco si presentasse disgregato o distaccato sarà opportuno procedere ad un eventuale consolidamento (riadesione di distacchi mediante iniezioni), facendo cura di ovviare ad ogni lacuna, cavillatura o fessurazione tramite rappezzi e/o stuccature (per maggiori dettagli si rimanda agli articoli inerenti le stuccature e i rappezzi d’intonaco), così come, al fine della buona riuscita, sarà sconsigliato stendere la pittura a calce in condizioni climatiche di eccessiva umidità, eccessivo caldo o freddo.
Per ottenere una superficie compatta, duratura e colorata uniformemente, sull’intonaco ancora fresco si dovrà stendere una mano di fondo composta da latte di calce molto grasso dopodiché, prima della completa asciugatura, si applicherà il colore molto diluito; in questo modo si assicurerà una maggior capacità legante al tinteggio senza dover ricorrere ad additivi. Quando la tinteggiatura a calce verrà impiegata come integrazione pittorica sarà opportuno aggiungere al composto utilizzato per la stesura della seconda mano, un additivo (legante) allo scopo di migliorare le caratteristiche fisiche della tinta; si potrà ricorrere a delle emulsioni acriliche al 2-3% o al caseinato di calcio con aggiunta di ammoniaca (antifermentativa). Prima di applicare la tinta su tutta la parete, al fine di ottenere la tonalità di colore desiderata, si dovranno eseguire delle prove campione poiché la tinta a base di calce schiarisce notevolmente una volta essiccata; inoltre la tinta, seccando, aumenterà il proprio potere coprente, fattore che dovrà essere tenuto conto in funzione dell’effetto che si intenderà ottenere, (le prove potranno essere eseguite o direttamente su piccole porzioni di intonaco oppure su blocchetti realizzati con terrad’ombra). Per la stesura della tinta sul supporto si dovranno utilizzare pennelli a setola animale o le pompe impiegate per le irrorazioni delle viti. Nel caso di pennelli, la stesura dovrà procedere sempre nella stessa direzione (da sinistra a destra, o dall’alto verso il basso). La tinta dovrà essere frequentemente mescolata, al fine di evitare il deposito del materiale, e protetta da luce, aria e polvere durante gli intervalli di lavoro, così da evitare alterazioni che potrebbero produrre variazioni di tonalità; andrà, in ogni caso tenuto presente che sarà da evitare di consumare per intero la quantità di prodotto contenuta nel recipiente in modo che il pennello non tocchi il fondo dove, comunemente, si ha un deposito di pigmenti che intensificano la tonalità del colore.
In alternativa al grassello di calce potrà essere utilizzata della calce idraulica naturale NHL 2 in rapporto di 1:2 con l’acqua (in caso di superfici molto porose occorrerà una maggiore diluizione).
Al fine di ovviare veloci degradi, dovuti agli agenti atmosferici ed inquinanti, dopo che la tinta si sia asciugata e comunque non prima di circa quattro settimane, sarà consigliabile provvedere alla stesura di una mano di protettivo a base di silossani ovvero, dietro specifica indicazione della D.L., mani successive di soluzioni di silicato di potassio.
Specifiche
Prima di iniziare l’operazione di tinteggiatura accertarsi che il supporto sia esente da fenomeni d’umidità poiché potrebbero generare, ad operazione ultimata, l’insorgenza di macchie. Nel caso in cui l’intervento dovesse adattarsi alla tonalità di colore di una preesistente tinteggiatura “storica” alla calce si ricorda che con l’uso dei pigmenti artificiali difficilmente potrà essere riprodotto lo stesso tono di colore; gli ossidi naturali risulteranno, pertanto, più consoni allo scopo. Per l’applicazione della tinta di calce sarà sconsigliato l’utilizzo del rullo.
La tinta a calce, se applicata su di un intonaco di malta di calce aerea, potrà essere stesa direttamente anche se lo strato non risulterà completamente asciutto; mentre, se data su intonaco di malta di calce idraulica naturale o su tinteggiatura a calce preesistente, dovrà essere preceduta dall’imbibizione, a più riprese, di tutta la superficie da trattare, con uno strato d’ancoraggio realizzato con una mano di latte di calce grassa su cui applicare a bagnato la tinta a calce; quest’ultima operazione sarà da eseguire con cura specialmente durante la stagione estiva ed in presenza diretta di irraggiamento solare, così da evitare il fenomeno della “bruciatura” che comprometterebbe il risultato finale. La tinteggiatura a calce non dovrà
essere applicata su supporti contenenti gesso né su superfici cementizie od intonacate con malte a base di cemento.
Nel caso di messa in opera di formulato con percentuali di resina acrilica sarà necessario invertire la procedura tradizionale, ovverosia si dovrà stendere la tinta su supporto perfettamente asciutto. La durabilità di una tinta a calce additivata con resina acrilica crescerà in base alla percentuale di resina contenuta; al fine di ottenere una durabilità elevata occorrerà una percentuale di resina intorno al 30- 35% in volume sul secco, a discapito, però, della trasparenza e della ritenzione di sporco. Nel caso in cui la tinteggiatura avvenga su superfici esterne sarà necessario, dopo aver terminato l’applicazione, proteggere la superficie per alcuni giorni da eventuali piogge al fine di evitare “sbiancamenti” dovuti alla migrazione dell’idrossido di calcio.
Nel caso invece di applicazione in ambienti interni sarà consigliabile, dopo avere terminato l’applicazione, arieggiare i locali per alcuni giorni per favorire l’indurimento del legante mediante il processo di “carbonatazione”. La tinteggiatura a calce dovrà essere, preferibilmente, eseguita in primavera o in autunno in quanto la calce subisce alterazioni irreversibili se utilizzata a temperature troppo rigide o elevate; in queste
condizioni si verificano, in genere, due patologie di degrado: la calce “brucia” dando vita ad imbianchimenti diffusi e perdendo di coesione rispetto al supporto; la tinteggiatura “sfiamma” producendo superfici non omogenee in cui le pennellate risultano particolarmente evidenti. Applicare, pertanto, la tinta con temperature del supporto comprese tra i +5 °C ed i +30 °C e con umidità relativa inferiore all’80%; non tinteggiare in presenza di forte vento.
4. Trattamento all’acqua sporca (velatura)
Questo tipo di trattamento potrà avere la funzione di protettivo (e allo stesso tempo blando consolidante) su materiali come pietre, laterizi ed intonaci. L’applicazione acquosa del latte di calce (idrossido di calcio) dovrà essere realizzata su superfici perfettamente pulite (seguendo le metodologie indicate nell’articolo specifico sulle puliture) e, se necessario, consolidate (per maggiori dettagli si rimanda all’articolo inerente il consolidamento degli intonaci mediante iniezioni e a quello inerente i rappezzi d’intonaco); il supporto, infatti, dovrà presentarsi privo di lacune con le fessure di piccole dimensioni opportunamente stuccate (per maggiori dettagli si rimanda all’articolo inerente le stuccature). La preparazione della cosiddetta acqua sporca consisterà nel colorare leggermente l’acqua di calce mediante l’aggiunta di pigmenti colorati; un cucchiaio di pigmento naturale in un secchio d’acqua (10-12 l). L’intervento verrà realizzato inumidendo, preventivamente, la parete da trattare per mezzo di un pennello morbido imbevuto d’acqua, dopodiché si procederà alla stesura del protettivo mediante l’uso di pennelli (preferibilmente a setola animale morbida), nebulizzatori o rulli. L’applicazione dovrà procedere a strati successivi (da sinistra a destra, o dall’alto verso il basso) in modo da garantire la copertura totale della superficie; dopo l’ultima mano potrà essere applicato un fissativo (caseinato di calcio) addizionato all’acqua. In alternativa al latte di calce ricavato da grassello si potrà utilizzare una parte di calce idraulica naturale NHL 2 stemperata in 4-6 parti di acqua.
5. Tinteggiatura ad affresco
Tecnica pittorica da mettere in opera solo in casi particolari (a causa delle difficoltà operative-logistiche che necessitano una stretta collaborazione tra colui che applica l’intonaco e colui che dovrà “pitturare” la superficie) garantisce senza dubbio maggior brillantezza e durabilità dei colori, i quali penetrano all’interno della superficie intonacata ancora fresca partecipando all’essiccazione e diventano un tutt’uno con il supporto: la tinteggiatura durerà quanto durerà l’intonaco. Dal momento che in questa tecnica l’intonacatura dovrà anticipare di poco le operazioni di tinteggio, sarà indispensabile fissare con attenzione le aree di lavoro giornaliere in modo da localizzare opportunamente le “giunzioni” tra le successive stesure dell’intonaco in aree poco visibili. La “tinta”, in questo caso, dovrà essere esente da
alcun legante poiché composta solamente da pigmenti naturali accuratamente macinati e stemperati in acqua pura.
Su superfici murali nuove sarà necessario avere molta cura della stesura degli strati di rinzaffo e arriccio e, soprattutto, nelle operazione di bagnatura della superficie prima e dopo l’arricciatura, così da evitare che parti non adeguatamente bagnate sottraggano l’acqua alla malta provocando cavillature che potrebbero facilitare il distacco dell’intonaco. Secondo le indicazioni della D.L. si procederà alla messa in opera del velo (generalmente composto da 1 parte di grassello ben stagionato ed 1 parte di polvere di marmo con l’eventuale aggiunta di 1 parte di sabbia silicea vagliata e lavata) solamente su quelle porzioni che potranno essere tinteggiate nel giro di 2 o 3 ore. Questa operazione potrà essere eseguita con frattazzo di legno, di acciaio o di spugna a secondo delle finiture dell’intonaco che saranno prescritte nel progetto. Nel caso che la superficie presenti una non perfetta levigatura sarà necessario intervenire mediante spazzolatura leggera eseguita con pennello morbido al fine di rimuovere i granuli di sabbia che, ancora mobili, impasterebbero la tinta.
Le tecniche di tinteggio a fresco vere e proprie potranno essere due: la prima darà una superficie compatta e dalla colorazione uniforme, la seconda darà una superficie a velatura. In entrambi i casi non si potrà iniziare a dipingere subito dopo avere steso il velo ma sarà necessario attendere circa 4/6 ore dalla stesura dell’intonaco, quando cioè, premuto un dito sulla superficie, questa non lascia alcuna traccia.
Con la prima tecnica, previa leggera bagnatura, eseguita con nebulizzatore, potrà essere eseguita la tinteggiatura che dovrà essere stesa a pennello in due mani successive, intervallate da circa un’ora, incrociando le pennellate stese in precedenza.
Il colore dovrà essere molto guazzoso ed abbondante, il segnale-spia di un intonaco non più fresco verrà fornito dalla mancata scorrevolezza del pennello. Prima di stendere il terzo ed ultimo strato sarà necessario rullare la superficie con cilindro di vetro (bottiglia di vetro o frattazzo di plastica duro) così da rompere la pellicola vetrosa e far trasudare l’acqua contenuta dalla calce. Compiuta questa operazione si procederà a stendere velocemente il terzo ed ultimo strato di tinta.
La seconda tecnica, quella della “velatura”, dovrà lasciare intravedere la tramatura dell’intonaco sottostante il quale, per ovvi motivi, dovrà essere eseguito a perfetta regola d’arte. Previa bagnatura della superficie si stenderà una sola mano di colore che dovrà essere molto allungata con acqua. Una volta terminata la stesura del colore, per tutte e due le tecniche sopra descritte, sarà opportuno provvedere a nebulizzare acqua sopra la superficie intonacata così da ritardare l’essiccazione del velo e rendere i colori ancora più brillanti.
Una volta indurito l’intonaco le decorazioni ad affresco potranno essere ritoccate solo a secco.
Al fine di ovviare a veloci degradi, dovuti agli agenti atmosferici ed inquinanti, dopo circa quattro settimane sarà consigliabile, come per le tinteggiature alla calce, provvedere alla stesura di una mano di protettivo a base di silossani.
Specifiche
Una variante della tinteggiatura ad affresco è il “mezzo fresco” ovvero la tinteggiatura su intonaco già “stanco”, ossia quasi del tutto indurito; anche in questo caso si utilizzeranno pigmenti in polvere ma al posto dell’acqua verrà utilizzato come “legante” il latte di calce. Chimicamente il risultato che si otterrà sarà molto simile a quello dell’affresco, infatti il latte di calce subisce lo stesso processo di carbonatazione, ma visivamente il risultato sarà diverso: una parete decorata con il metodo del mezzo fresco risulterà più “sbiadita” rispetto ad una decorata ad affresco.
Una sorta di variante rispetto all’affresco è la tecnica del “graffito”. Previa la stesura e la quasi asciugatura di una mano di velo diversamente pigmentato, di norma scuro (se non diversamente specificato si eseguirà un velo in grassello di calce, sabbia o pozzolana e carbone di legna polverizzato, rapporto legante inerte 1:2) si stenderà un ulteriore intonachino costituito da calce e sabbia bianca per uno spessore di circa 2-3 mm. Una volta indurito l’ultimo strato si potrà procedere a tracciare a spolvero il motivo
ornamentale voluto e successivamente si potrà passare ad incidere con spatole di ferro od altri attrezzi di varia forma, così da evidenziare il decoro attraverso il contrasto cromatico delle due superfici.
6. Pittura a tempera o a colla
La pittura a tempera prevede l’applicazione, su superficie bene asciutta, di una miscela composta da pigmenti colorati dispersi in acqua e di una sostanza legante predominante come la colla animale, la colla vegetale (preferibile perché meno grassa di quella animale) o più raramente l’uovo, il latte e i suoi derivati. Fondamentalmente la tecnica della pittura a tempera potrà essere eseguita in tre modi:
– stemperare i colori con acqua e dipingere mischiando la soluzione con colla;
– dipingere con i colori senza legante ossia, stemperare con sola acqua i pigmenti e poi, quando la pittura sarà perfettamente asciutta vaporizzare delle soluzioni molto lunghe di colla;
– amalgamare le polveri colorate con la colla e diluire con acqua al momento di dipingere avendo l’accortezza di miscelare bene mediante frusta meccanica.
La quantità di legante (colla) dipenderà dalla sua qualità e dalla quantità dei colori, essendo questi più o meno assorbenti. In linea generale le colle andranno miscelate alle tinte così da conferire loro maggiore adesività; potendo fare con limitatissime quantità, si guadagnerà una maggior purezza della tinta, una maggiore durata e nitidezza e le tinte risulteranno meno soggette ad alterarsi con il passare del tempo.
Orientativamente sulla quantità di colla da utilizzare potranno essere fissate le seguenti regole: le tinte per esterni dovranno contenere più colla di quelle per interni; la prima mano di tinta dovrà essere più carica rispetto alle successive e le ultime mani dovranno essere progressivamente meno adesive. Sarà sempre necessario, pertanto, eseguire delle prove al fine di valutare la consistenza della tinta.
La procedura prevedrà, previa stesura di imprimitura uniforme della parete a base di colla ed acqua (in rapporto di 1:2), due mani di colore intervallate da almeno 12 ore, ovvero la seconda dovrà essere stesa solo quando la prima mano risulterà completamente asciutta.
Nella preparazione del primo strato sarà sempre consigliabile (obbligatorio per gli esterni) caricare la tinta con carbonato di calcio o caolino (cariche che resistono meglio all’azione degli agenti atmosferici) mischiati alle polveri colorate, anch’esse ben stemperate. Questa miscela colorata dopo essere stata lasciata riposare e più volte miscelata dovrà prima essere filtrata con un setaccio poi, previa aggiunta di collante, potrà essere utilizzata come tinta. La tinta dovrà essere non troppo densa né troppo fluida. Nella composizione della tinta finale si potranno utilizzare tutti i colori tenendo presente però che dovranno essere lasciati per un certo periodo di tempo in acqua così da dare modo ai colori in polvere di disciogliersi uniformemente. Sarà preferibile lasciare riposare la tinta per almeno 12 ore così da evitare, a tinteggiatura asciutta, eventuali striature. La tinta per l’ultima mano non dovrà essere né troppo diluita né troppo densa, dovrà essere fluida così da coprire bene senza fare croste.
Il pennello per l’applicazione dovrà essere a setola animale e la stesura dovrà procedere sempre nella stesa direzione (da sinistra a destra, o dall’alto verso il basso incrociando la direzione negli strati successivi). Nell’intingere i pennelli non si dovrà né toccare il fondo del recipiente né comprimere il pennello per fare uscire la tinta. Il grado di resistenza alla temperatura della tinteggiatura a tempera dipende dalle caratteristiche del legante utilizzato.
Specifiche
La tempera non risulterà indicata per le superfici intonacate con malte cementizie e con malte contenenti calce eminentemente o mediamente idraulica.
7. Tinteggiatura ai silicati
La pittura ai silicati si compone essenzialmente di silicato di potassio, sabbia di quarzo e pigmenti minerali. Le pareti da tinteggiare dovranno risultare asciutte sia in superficie che negli spessori retrostanti; questo requisito dovrà essere controllato anche con appositi apparecchi; l’umidità non dovrà superare il 14%. Questo pittura potrà essere applicata su intonaci a base di calce aerea, idraulica o cementizi previa eventuale mano (preferibilmente a spruzzo) di imprimitura:
– le pareti intonacate con malta di calce dovranno preventivamente essere trattate con una soluzione di 0,200 kg di acqua, 0,700 kg di latte non acido e 0,100 kg di grassello di calce; – le superfici di cemento od intonacate con malta di cemento dovranno essere preventivamente lavate con una soluzione al 5% di acido cloridrico in acqua;
– le superfici in muratura dovranno preventivamente essere lavate con soluzione al 5% di acido solforico in acqua.
Eventuali efflorescenze saline che si rilevassero dopo l’essiccazione dei suddetti trattamenti preliminari dovranno essere asportate mediante spazzolatura prima di iniziare la tinteggiatura.
Le tinteggiature a base di silicati non dovranno essere eseguite su sopporti contenenti gesso.
L’inizio delle operazioni di tinteggiatura non dovrà aver luogo prima che siano trascorse almeno 12 ore dai trattamenti preliminari. Tra l’applicazione di una mano di tinteggiatura e l’altra dovranno trascorrere almeno 12 ore e lo strato successivo dovrà essere preceduto dalla accurata spolveratura di quello sottostante.
Il silicato, utilizzato come diluente e fissativo del colore, si presenterà come un liquido denso e trasparente che, diluito con acqua pulita priva di sali (ad es. acqua distillata) e aggiunto con una base di bianco (tipo bianco di Spagna, carbonato di calcio o bianco di zinco, quest’ultimo poco coprente potrà essere utilizzato per raggiungere un effetto finale di trasparenza) e pigmenti minerali macinati finemente, potrà essere steso in due mani mediante pennellesse rettangolari grandi a setola morbida, o spruzzo (con quest’ultimo sistema si otterrà un effetto più omogeneo); in linea generale la resa, in ragione del supporto, potrà essere stimata intorno ai 150-250 g/m² per la prima mano, 100-200 g/m² per la seconda passata. La tinta non dovrà essere applicata su pareti assolate, ed in genere nelle ore più calde, né in condizioni di vento; la tinta potrà essere applicata anche alla temperatura di zero gradi e con tempo umido.
La preparazione della tinta avverrà seguendo una precisa procedura, ovverosia si disperderanno il bianco di base (bianco di zinco) e i pigmenti in acqua distillata fino a formare un miscuglio sciolto, dopo si introdurrà il silicato in ragione, se non diversamente specificato negli elaborati di progetto, di 1:8 o 2:8 rispetto alla restante massa; il preparato, a causa dell’instabilità del silicato di potassio, dovrà essere frequentemente amalgamato (in modo che i pigmenti siano sempre ben dispersi) e steso entro le 4 ore successive se si opererà all’interno, 6 se si utilizzerà all’esterno. Sarà pertanto consigliabile preparare la sola quantità di prodotto realmente utilizzabile nei tempi di lavoro previsti. Al fine di stabilizzare il silicato di potassio si potrà aggiungere alla miscela una quantità minima di resina in emulsione (< al 5%). La tinta ai silicati sarà tanto più scura quanto più silicato sarà utilizzato, pertanto sarà consigliabile preparare la tinta prima di mescolarvi il silicato di un tono più chiaro rispetto a quello previsto dal progetto.
Il silicato di potassio a contatto con la superficie d’intonaco genererà la formazione di silice che a sua volta legherà intimamente il pigmento con il sottofondo e lo consoliderà rendendolo durevole e resistente
senza la formazione di film continuo (assenza di discontinuità tra finitura e supporto). Questo tipo di pittura renderà quasi del tutto impermeabile il supporto murario ma, allo stesso tempo, manterrà una certa permeabilità al vapore (coefficiente di permeabilità < 90 ı). Con il trattamento ai silicati si otterrà,
inoltre, una finitura in grado di contrastare l’attacco da parte di agenti inquinanti (ritenzione dello sporco bassa), atmosferici e dei raggi ultravioletti senza sacrificare l’aspetto estetico. La stabilità cromatica di questo tipo di tinteggiatura permetterà, attraverso l’ausilio di spugna naturale o frattazzo, di mostrare ed esaltare la tessitura e la trama della finitura superficiale dell’intonaco.
Avvertenze
Una volta terminata la tinteggiatura questa non dovrà presentare nessuno dei seguenti difetti: tinta non uniforme ed irregolare, macchie in superficie, croste ed efflorescenze, problemi di adesione, distacchi crostosi, colaggi di tinta, spolvero superficiale, zone lucide, striature, cretti e screpolature.
Specifiche sui pigmenti
I pigmenti da impiegare con i silicati non stabilizzati sono quelli minerali utilizzati per la tecnica dell’affresco; sarà, tuttavia consigliabile eseguire delle campionature al fine di verificare la reale compatibilità: si scioglierà una minima parte di pigmento in una modesta quantità di silicato, se il pigmento non precipita depositandosi sul fondo significherà che sarà idoneo all’uso.
7.1. Tinte semitrasparenti ai silicati organici
Queste tinte si differenzieranno da quelle tradizionali in quanto conterranno, oltre all’agente silicato di potassio legante, una dispersione sintetica resistente agli alcali, cariche, additivi reologici e antibiodeteriogeni; la quantità totale di sostanze organiche potrà raggiungere al massimo il 5% del peso, con riferimento al peso totale del prodotto finito. La dispersione sintetica contenuta in queste tinte organosilicati e che non darà vita a pellicola e perciò non sarà considerata agente legante; queste tinte risulteranno traspiranti ed invecchieranno per progressiva erosione e dilavamento superficiale. La dispersione sintetica avrà soltanto una funzione reologica e protettiva subito dopo l’applicazione della tinta fino a che la “silicificazione” non progredisca in modo sufficiente. Sovente in questa seconda tipologia di tinta ai silicati non si fa uso di pigmenti bianchi (con elevato potere coprente), di conseguenza risultando semitrasparente potrà rivelarsi valida alternativa alla tinta alla calce specialmente in ambienti esterni particolarmente aggressivi sia dal punto di vista climatico che atmosferico. L’invecchiamento di queste pitturazioni si manifesta con un degrado per successivi erosione e dilavamento, come per quelle alla calce ma molto più lento e controllato.
Indicazioni per l’applicazione
Le tinte ai silicati organici, come le tinte alla calce, non potranno essere applicate su supporti precedentemente trattati con pitture a base di leganti polimerici (in questi casi prima di eseguire la tinteggiatura sarà necessario rimuovere la vecchia pellicola pittorica mediante spazzolatura, raschiatura e/o sabbiatura controllata fino ad asportazione completa).
Intonaco antico di malta di calce aerea e/o idraulica e in buono stato di conservazione: si potrà procedere, previa leggera pulitura ed eventuale spazzolatura con scopa di saggina dura al fine di asportare ogni residuo di polvere, direttamente alla stesura della mano di fissativo ai silicati e di due mani di tinta, opportunamente diluite, stese con estrema accuratezza (il colore dovrà essere steso sempre nello stesso verso orizzontale o verticale, senza ripassare troppe volte sullo stesso punto, bisognerà fermarsi allorché la superficie diventa di nuovo assorbente) e a 12 ore (meglio dopo 24 ore) di distanza l’una dall’altra. In alterativa al fissativo ai silicati la superficie potrà essere preparata con una o due mani di un composto a base di acqua, latte bollito e calce idrata nelle seguenti proporzioni: acqua 20 l, latte bollito 65 l, grassello di calce 25 dm³, calce idrata in fiore 30 dm³. Nel caso in cui siano presenti alghe, funghi, muschi, licheni sarà necessario bonificare e/o disinfestare l’intonaco con idonei biocidi.
Intonaco nuovo di malta di calce aerea e/o idraulica: è opportuno, prima di procedere alla stesura del fissativo ai silicati e alla doppia mano di tinteggiatura, attendere almeno 4 settimane dal completamento dello stesso; nel caso l’intonaco fosse realizzato in malta bastarda (calce e cemento) o di solo cemento è, inoltre, consigliabile provvedere ad un trattamento al fine di neutralizzare l’alcalinità e abbassare il pH dell’intonaco. Questa operazione risulta particolarmente indicata in caso di rappezzo di intonaco eseguito con malta bastarda: in questo caso, infatti, è basilare uniformare il ph dell’intonaco così da evitare un diverso grado di igroscopicità tra intonaco antico e nuovo rappezzo ed il conseguente fenomeno della comparsa di macchie a tinteggiatura ultimata.
Superfici non omogenee (rappezzi): l’applicazione di queste tinteggiature (fissativo + 2 mani di tinta) su superfici non omogenee, caratterizzate da rappezzi realizzati in epoche diverse od in presenza di efflorescenze saline, dovrà essere preceduta da un trattamento di fluatazione tramite l’utilizzo di fluosilicati di magnesio e alluminio, allo scopo di trasformare i sali solubili in acqua in composti insolubili, in tal modo vengono bloccate ulteriori possibilità di sviluppo di efflorescenze saline e, nello stesso tempo,
viene omogeneizzata la struttura chimica del supporto, garantendo lo stesso livello di reattività alcalina. Il supporto su cui intervenire non dovrà, inoltre, presentare residui di pitturazioni sintetiche. Il trattamento con fluatanti è a base acida contrariamente alle pitture ai silicati che sono a base alcalina per cui è fondamentale evitare il contatto diretto tra pittura e fluatante ancora bagnato. In alternativa al lavaggio fluatante, dietro specifica indicazione delle D.L., si potrà operare un accurato lavaggio con acqua possibilmente calda e vaporizzata del vecchio intonaco avanti l’esecuzione dei rappezzi e, cosa indispensabile, lasciare stagionare per almeno 4 settimane la superficie rappezzata.
Pietre naturali: prima di procedere si dovrà accertare che la superficie sia opportunamente asciutta, compatta, ben pulita, esente da efflorescenze saline. Dopo un pre-trattamento con fissativo ai silicati di procederà all’applicazione di due mani di tinta.
Specifiche
Prima di iniziare la tinteggiatura ai silicati sarà opportuno schermare con cura le parti che non dovranno essere dipinte (in particolar modo le parti in vetro, in pietra, in ceramica e in metallo), gli eventuali spruzzi dovranno inoltre essere rimossi celermente con abbondante acqua e non lasciati asciugare in quanto la pittura al silicato risulta irreversibile una volta asciutta.
8. Applicazione trattamento antigraffito
I graffiti, generalmente presenti sulle superfici dei materiali che rivestono gli edifici, sono realizzati mediante vernici spray e pennarelli indelebili e, come tali, particolarmente difficoltosa potrà risultare la loro asportazione; l’uso di solventi o della sabbiatura, anche se in parte metodi efficaci, risulteranno tecniche troppo aggressive tanto da alterare la natura stessa del supporto.
Al fine di agevolare la rimozione di queste vernici, si potrà preventivamente trattare la superficie (pietra, aterizio ed intonaco) mediante formulati capaci di limitare i danni provocati dai graffiti ovvero impedire l’assorbimento delle vernici e degli inchiostri da parte del materiale; questi prodotti potranno essere permanenti (resistendo a più cicli di pulitura) o sacrificali (la loro durata si limiterà ad un solo intervento di pulitura). I protettivi permanenti si comporranno di sostanze fluorurate (alchilfluorosilano), resine poliuretaniche e miscele di resine sintetiche; quelli sacrificali invece, da cere microcristalline, polisacaridi, resine acriliche e sostanze siliconiche. In entrambi i casi, i prodotti utilizzati dovranno essere: trasparenti (il più possibile in modo da non alterare l’aspetto cromatico della superficie), impermeabilizzanti, traspiranti, oleofobici e capaci di consentire la rimozione del graffito ricorrendo a tecniche che non implichino apparecchiature specifiche. Il prodotto, che dovrà essere messo in opera su superfici pulite ed asciutte, potrà essere applicato a pennello, rullo o a spruzzo; la temperatura di applicazione dovrà essere compresa tra i +5 °C e i +35 °C e in assenza di fenomeni come: sole battente, pioggia o vento.
Dovrà, inoltre, essere resistente ai raggi UV e non originare solventi durante l’applicazione. Dopo la stesura, il prodotto dovrà asciugarsi e stagionarsi (il tempo sarà relazionato alle diverse tipologie di materiale) dopodiché risulterà efficace. La tecnica di rimozione del graffito dal protettivo antigraffito dipenderà dal tipo di prodotto utilizzato; generalmente per i protettivi non sacrificali verrà utilizzato lo specifico remover, asportato poi con acqua e spugna, mentre per quelli sacrificali potrà essere sufficiente acqua calda, spugna ed eventualmente spazzolino a setole morbide.
Specifiche
L’uso di protettivi sacrificali, in virtù della loro estrema reversibilità, risulterà particolarmente adatto per edifici di valenza storica.
11. Trattamento con olio di lino crudo e cere naturali
Il trattamento protettivo, (rivolto in modo particolare ai pavimenti in cotto) dovrà sempre avvenire su pavimento perfettamente pulito ed asciutto; pertanto sarà necessario intervenire, preventivamente, all’asportazione di sostanze inquinanti (efflorescenze saline, crescite microorganiche, concrezioni ecc.) o più generalmente con un trattamento di pulitura, sgrassatura o deceratura (al fine di rimuovere tutti i depositi superficiali compresi i residui di trattamenti precedenti utilizzando ad esempio acqua deionizzata
e spazzole morbide, prodotti sgrassanti, deceranti e sfilmanti), inoltre dovranno essere stuccate le eventuali cavità o fessurazioni presenti sugli elementi in cotto e, se indicato dagli elaborati di progetto, gli stessi dovranno essere trattati mediante un consolidamento a base di silicato di etile. Passati almeno 20- 30 giorni, dall’eventuale consolidamento a base di silicato di etile si potrà applicare (con l’ausilio di stracci, pennelli o rulli) una prima mano di olio di lino crudo in soluzione al 10% con acquaragia, ed una seconda mano al 20% sempre in soluzione di acquaragia, da effettuarsi solo dopo l’assorbimento del primo passaggio (cioè quando la superficie sarà in grado di assorbire ancora, dopo circa 3-4 h), passati circa 20-30 minuti dall’ultima passata, l’eventuale, eccesso di prodotto non assorbito verrà tolto con un pennello od un panno pulito. A superficie perfettamente asciutta (circa 6-8 giorni) si applicherà la stesura finale di cera naturale animale o vegetale (tipo cera d’api o cera carnauba) o minerale (cera paraffina o microcristallina) in modo uniforme, l’applicazione della cera dovrà essere ripetuta due o più volte (consumo medio del prodotto 10-20 l/m² in ragione del grado d’assorbimento del supporto), ad intervalli di 4/5 ore una dall’altra con minime quantità così da permettere il perfetto assorbimento. Se non
diversamente specificato dagli elaborati di progetto si utilizzerà la cera d’api naturale diluita in acquaragia vegetale o essenza di trementina sia come finitura (o manutenzione ordinaria) di superfici lignee impregnate o laccate, sia su superfici in cotto o pavimenti in battuto alla veneziana. Ad avvenuta essiccazione si passerà all’operazione di lucidatura con panno o spazzola morbida.
In alternativa si potranno utilizzare le cere microcristalline le quali presenteranno migliori caratteristiche rispetto a quelle animali (cera d’api), repellenza verso l’umidità e verso i depositi superficiali, trasparenza, reversibilità anche dopo molto tempo, proprietà di flessibilità alle basse temperature, buona stabilità ai raggi UV, generalmente utilizzate in soluzione al 40% in toluene o in soluzione al 20% in ragia vegetale.
Le manutenzioni dei pavimenti in cotto andranno ripetute periodicamente. Previo lavaggio con blando detergente liquido non schiumogeno, sui pavimenti interni si effettuerà la stesura di cera liquida emulsionata alla quale seguirà lucidatura con feltro o panno di lana.
12. Protezione di cornici ed elementi decorativi aggettanti
La protezione delle cornici e degli elementi decorativi aggettanti, al fine di ovviare all’infiltrazione delle acque meteoriche, potrà essere realizzata ricorrendo all’ausilio di elementi in metallo, comunemente denominati “scossaline”, piegati e sagomati secondo le specifiche necessità. I materiali comunemente
utilizzati sono: il piombo, il rame e la lamiera zincata. La procedura prevede la messa in opera, sull’elemento da proteggere, di una lastra (spessa circa 1,5 mm) più larga della superficie da coprire (almeno 10 cm per parte) tagliata e sagomata in opera. Nel caso in cui debbano essere protetti elementi aggettanti addossati alla muratura si procederà alla realizzazione di uno scasso (profondo non meno di 3 cm), lungo il profilo dell’aggetto, necessario per poter murare la lamina; lo scasso dovrà essere adeguatamente richiuso tramite accurata stuccatura rifinita a sguscio così da evitare gli inconvenienti legati al ristagno dell’acqua.
Dopo aver sagomato la lamina sulla superficie, si procederà ripiegando la parte eccedente del foglio di piombo sul bordo dell’aggetto (praticando dei tagli così da consentirne la piegatura) utilizzando, per questo, una tavoletta di legno appoggiata sul lembo piegato battendola, lievemente, con un’altra tavoletta in modo da farla meglio aderire alla superficie. Il materiale in eccesso potrà essere tagliato utilizzando un ferro piegato ad L dotato di punta sull’estremità: il passaggio del ferro sull’estradosso dell’aggetto garantirà il taglio della lamina. Le sovrapposizioni delle parti ripiegate potranno essere fermate tramite graffette così da impedirne il movimento. Si procederà poi nella pulitura, mediante spazzola metallica, dei lembi da saldare così da renderli scabri; la superficie dovrà essere scaldata con un cannello a gas applicando contemporaneamente la stearina (in modo da garantire la perfetta adesione del metallo al riporto), infine si fonderà una barretta composta di una lega di stagno e piombo sul giunto da sigillare. La perfetta adesione e stabilità delle protezioni sommitali delle superfici aggettanti (specialmente se di considerevoli dimensioni) potrà essere ulteriormente garantita con la messa in opera
di tasselli chiodati di cui si dovrà provvedere a proteggere la testa con un rettangolo di piombo saldato alla lastra principale in modo da ostruire i fori, evitando possibili infiltrazione di acqua.
Art. 59
SOSTITUZIONI
Agli interventi di sostituzione totale o parziale di componenti dell’edificio (murature, orizzontamenti, manti e substrati, rivestimenti, pavimentazioni e substrati, intonaci, tinteggiature, infissi interni ed esterni, serramenti, ringhiere, grate, eventuali sistemi impiantistici storico-tradizionali, ecc.) si farà ricorso esclusivamente in presenza di elementi e materiali spurii di cui, in progetto o in corso d’opera ad insindacabile giudizio della D.L., sia accertata l’incompatibilità con il decoro formale dell’edificio e/o con le caratteristiche chimico-fisiche, meccaniche, geometrico-formali ed estetiche delle componenti, dei materiali e delle tessiture originali; la sostituzione è ammessa, altresì, per componenti originali o storiche, allorquando ragioni di salvaguardia e conservazione del singolo elemento o dell’intero bene ne impediscano la permanenza in situ; in entrambi i casi ci si atterrà alle prescrizioni progettuali o, in caso di esigenza manifestatasi in c.o., a quanto disposto dalla D.L.
Le eventuali sostituzioni dovranno essere eseguite ricorrendo a materiali e tecniche analoghe agli originali, adottando tutte le cautele necessarie per garantire la sicurezza e l’integrità delle parti e strutture adiacenti.
Per la definizione delle modalità esecutive si rinvia ai rispettivi articoli del presente capitolato relativi alle nuove realizzazioni.
Art. 60
OPERE DI TINTEGGIATURA — VERNICIATURA
Le operazioni di tinteggiatura o verniciatura dovranno essere precedute da un'accurata preparazione delle superfici interessate (raschiature, scrostature, stuccature, levigature etc.) con sistemi idonei ad assicurare la perfetta riuscita del lavoro.
La miscelazione e posa in opera di prodotti monocomponenti e bicomponenti dovrà avvenire nei rapporti, modi e tempi indicati dal produttore.
Tutti i prodotti dovranno trovarsi nei recipienti originali, sigillati, con le indicazioni del produttore, le informazioni sul contenuto, le modalità di conservazione ed uso e quanto altro richiesto per una completa definizione ed impiego dei materiali in oggetto.
Tutte le forniture dovranno, inoltre, essere conformi alla normativa vigente, alla normativa speciale (UNICHIM, etc.) ed avere caratteristiche qualitative costanti confermate dai marchi di qualità.
L'applicazione dovrà essere effettuata esclusivamente con prodotti pronti all'uso e preparati nei modi stabiliti dalle case produttrici; non sarà, quindi, consentito procedere, salvo altre prescrizioni, ad ulteriori miscelazioni con solventi o simili che non siano state specificatamente prescritte.
L'applicazione dei prodotti vernicianti non dovrà venire effettuata su superfici umide, l'intervallo di tempo fra una mano e la successiva sarà, salvo diverse prescrizioni, di 24 ore, la temperatura ambiente non dovrà superare i 40° C. e la temperatura delle superfici dovrà essere compresa fra i 5 e 50° C. con un massimo di 80% di umidità relativa.
In ogni caso le opere eseguite dovranno essere protette, fino al completo essiccamento, dalla polvere, dall'acqua e da ogni altra fonte di degradazione.
Tutti i componenti base, i solventi, i diluenti e gli altri prodotti usati dalle case produttrici per la preparazione delle forniture, dalla mano d'opera per l'applicazione e gli eventuali metodi di prova, dovranno essere conformi alla normativa di settore.
Ai fini delle miscele colorate sono considerate sostanze idonee i seguenti pigmenti: ossido di zinco, minio di piombo, diossido di titanio, i coloranti minerali, etc..
Le opere di verniciatura su manufatti metallici saranno precedute da accurate operazioni di pulizia (nel caso di elementi esistenti) e rimozione delle parti ossidate; verranno quindi applicate almeno una mano di vernice protettiva ed un numero non inferiore a due mani di vernice del tipo e colore previsti fino al raggiungimento della completa uniformità della superficie.
Nelle opere di verniciatura eseguite su intonaco, oltre alle verifiche della consistenza del supporto ed alle successive fasi di preparazione si dovrà attendere un adeguato periodo, fissato dal direttore dei lavori, di stagionatura degli intonaci; trascorso questo periodo si procederà all'applicazione di una mano di imprimitura (eseguita con prodotti speciali) od una mano di fondo più diluita alla quale seguiranno altre due mani di vernice del colore e caratteristiche fissate.
La tinteggiatura potrà essere eseguita, salvo altre prescrizioni, a pennello, a rullo, a spruzzo, etc. in conformità con i modi fissati per ciascun tipo di lavorazione.
TEMPERA
Tinteggiatura a tempera di pareti e soffitti con finitura di tipo liscio o a buccia d'arancio a coprire interamente le superfici trattate, data a pennello o a rullo previa rasatura e stuccatura ed eventuale imprimitura a due o più mani.
TINTEGGIATURA LAVABILE
Tinteggiatura lavabile del tipo:
a) a base di resine vinil-acriliche;
b) a base di resine acriliche;
per pareti e soffitti con finitura di tipo liscio a coprire interamente le superfici trattate, data a pennello o a rullo previa rasatura e stuccatura ed eventuale imprimitura a due o più mani;
— tinteggiatura lavabile a base di smalti murali opachi resino-sintetici del tipo:
a) pittura oleosa opaca;
b) pittura oleoalchidica o alchidica lucida o satinata o acril-viniltuolenica;
c) pitture uretaniche
per pareti e soffitti con finitura di tipo liscio a coprire interamente le superfici trattate, data a pennello o a rullo previa rasatura e stuccatura ed eventuale imprimitura a due o più mani.
CONVERTITORE DI RUGGINE
Applicazione di convertitore di ruggine su strutture ed infissi di metallo mediante la posa in opera di due mani a pennello o a spruzzo di una resina copolimerica vinil-acrilica in soluzione acquosa lattiginosa, ininfiammabile, a bassa tossicità, rispondente inoltre al test spay salino di 500 ore con adesione al 95% se sottoposto a graffiatura a croce.
VERNICE ANTIRUGGINE
Verniciatura antiruggine di opere in ferro esterne già opportunamente trattate, con funzioni sia di strato a finire di vario colore sia di strato di fondo per successivi cicli di verniciatura, mediante l'applicazione di una resina composta da un copolimero vinil-acrilico con caratteristiche di durezza, flessibilità e resistenza agli urti, permeabilità al vapore d'acqua ed all'ossigeno di 15-25 gr./mq./mm./giorno, con un contenuto di ossido di ferro inferiore al 3%, non inquinante, applicabile a rullo, pennello ed a spruzzo su metalli ferrosi e non, in almeno due mani;
— verniciatura antiruggine di opere in ferro costituita da una mano di minio di piombo mescolato con piccole quantità di olio di lino cotto o realizzata con prodotto oleo sintetico equivalente previa preparazione del sottofondo con carteggiatura, sabbiatura o pulizia completa del metallo stesso.
SMALTO OLEOSINTETICO
Avranno come componenti le resine sintetiche o naturali, pigmenti aggiuntivi, vari additivi e saranno forniti in confezione sigillata con tutte le indicazioni sulla composizione e sulle modalità d'uso.
Le caratteristiche dovranno essere quelle previste dalle norme già citate e dovranno, inoltre, garantire la durabilità, la stabilità dei colori, la resistenza agli agenti atmosferici, etc.
Verniciatura con smalto oleo Sintetico, realizzata con componenti (olio e resine sintetiche con percentuali adeguate dei vari elementi) a basso contenuto di tossicità, da utilizzare su opere in ferro mediante applicazione a pennello in almeno due mani su superfici precedentemente trattate anche con vernice antiruggine.
I tempi di essiccazione saranno intorno alle 6 ore. IMPREGNANTE PER LEGNO
Verniciatura per opere in legno con impregnante a diversa tonalità o trasparente da applicare su superfici precedentemente preparate in una prima mano maggiormente diluita con idoneo solvente ed una seconda mano con minor quantità di solvente ed un intervallo di tempo minimo tra le due mani di almeno 8-10 ore.
Art.61
OPERE IN LEGNO
Le opere in legno dovranno essere eseguite secondo le indicazioni fornite dai disegni di progetto e le eventuali prescrizioni del direttore dei lavori.
Le forniture saranno complete di tutti i materiali, trattamenti ed accessori richiesti per una perfetta esecuzione.
Tutti i legnami dovranno avere un'adeguata stagionatura, superfici piane, lisciate e conformi all'uso cui saranno destinate; dovranno essere, inoltre, trattati con prodotti contro l'azione dei parassiti e qualunque tipo di deterioramento proveniente dall'ambiente di esposizione.
I trattamenti protettivi non dovranno causare alterazioni nella forma e nel colore del legno né pregiudicare, in alcun modo, le fasi di lavorazione e verniciatura.
Le diverse parti componenti le opere in legno dovranno essere collegate solidamente fra loro con particolare riguardo a quelle destinate a trasmettere sollecitazioni strutturali.
Il materiale, le lavorazioni, i prodotti ed i trattamenti necessari dovranno essere conformi alla normativa vigente o approvati da istituti di settore o universitari di comprovata esperienza.
I giunti dovranno avere la forma e le dimensioni fissate dal progetto realizzando una perfetta corrispondenza dei piani senza l'uso di spessori od altri materiali.
Tutte le pareti destinate ad alloggiamenti particolari (incassati nei muri) od esposte in ambienti particolarmente aggressivi od in prossimità di fonti di calore, etc. dovranno essere protette con trattamenti, oltre a quelli già indicati e sempre a carico dell'appaltatore, ed isolamenti adatti alle condizioni d'uso.
LEGNAMI
Tutti i legnami da impiegare, nei vari tipi di essenze o prodotti di lavorazione, dovranno essere conformi alle prescrizioni della normativa vigente ed avere le caratteristiche fisico-meccaniche riportate dalla seguente tabella:
Essenza massa volumica media Kg/dmc
umidità max %
carico di rottura a compres.
N/mmq. (Kg/cmq.) carico di rottura a fless. N/mmq. (Kg/cmq.)
carico di sfilamen. a vite N
(Kg.)
durezza Brinell Hd
abete 0,44 20 24(250) 58(600) 1.471 (150) 2,4
castagno 0,62 18 49(500) 108 (1.100) 2.943 (300) 3,9
faggio 0,74 18 39(400) 93(950) 3.433 (350) 4,5
frassino 0,74 18 44(450) 108 (1.100) 3.924 (400) 5
larice 0,60 20 34(350) 78(800) 2.452 (250) 3,3
mogano 0,50 15 39(400) 98 (1.000) 2.943 (300) 4
noce 0,69 18 39(400) 69(700) 3.924 (400) 3,6
pino 0,53 20 34(350) 65(660) 2.452 (250) 2,9
pioppo 0,42 22 24(250) 58(600) 1.275 (130) 2,4
pitch pine 0,84 16 44(450) 88(900) 2.943 (300) 4,9
rovere 0,74 10 49(500) 98(1000) 3.924 (400) 5
Le prove sui materiali saranno effettuate secondo le norme UNI e l'umidità residua non dovrà superare i seguenti valori:
a) serramenti esterni 12/14%;
b) serramenti interni 8/12%;
c) legname per impieghi esterni 14/16%.
I legnami usati per opere definitive di carpenteria e simili dovranno avere un carico di rottura a compressione (perpendicolarmente alle fibre) non inferiore a 29 N/mmq. (300 Kg./cmq.) ed un carico di rottura a trazione (parallelamente alle fibre) non inferiore a 69 N/mmq. (700 Kg./cmq.).
I legnami usati per serramenti dovranno essere ben stagionati, esenti da nodi od altri difetti; le tavole saranno ricavate da travi diritte e si dovranno usare essenze dolci per serramenti interni e resinose per serramenti esterni.
Le lavorazioni dovranno garantire qualità e spessori indicati dai progetti con tolleranze di +/- 0,5 mm. Sullo spessore e di +/- 2 mm. sulla larghezza e lunghezza.
I compensati avranno legno incollato a secco e strati a spessore costante, adiacenti ed in numero minimo di 3 come indicato dalla tabella seguente:
spessore nominale in mm. numero minimo degli strati
3-4-5-6 3
8-10-12-15 5
18-20-22 7
25-28-30 9
I paniforti saranno del tipo lamellare o listellare con spessore di 13/15/18/20/22/25/28/30 mm.
Vengono riportate, di seguito, le definizioni unificate stabilite dalla CEE relative alla composizione e struttura
dei diversi tipi di semilavorati in legno:
Compensati - pannelli derivati dall'incollaggio di 3 o più fogli sottili di legno (pioppo, faggio, abete rosso, abete bianco, xxxxxxx) disposti a fibratura incrociata in modo ortogonale; lo spessore dei singoli fogli è variabile
dai 2/10 di mm. ai 3 mm. e l'essiccazione, dopo l'incollaggio dei fogli, avviene ad una pressione di 1,5-2 N/mmq.
(15-20 kg/cmq.).
Lo spessore finale dei pannelli di compensato può variare dai 3 ai 25 mm. ed il pannello dovrà avere un tasso di umidità del 15-20% con dimensioni di ca. 2,40x1,20 mt. con superfici esterne perfettamente lisciate.
I campi di applicazione possono variare dalla fabbricazione di aerei o imbarcazioni, alle casseforme per cemento armato, alle parti di mobili o come parti di strutture o finiture nel campo dell' edilizia.
XXXXXXX
Caratteristiche Legno tenero-semiduro, tessitura fine, fibratura dritta, colore roseo bruno Resistenza a funghi e insetti Buona resistenza, da trattare per uso esterno
Lavorazione Lavorazione facile, buone giunzioni incollate Dimensioni dei tagli lungh. mt. 1,85-8,00 largh. cm.10-60 Impieghi Strutture, infissi, mobili
Modulo di elasticità 13000 N/mmq. Carico di rottura a trazione 80 N/mmq.
Carico di rottura a compress. assiale 48 N/mmq. Carico di rottura a flessione 86 N/mmq.
Carico di rottura a taglio 8 N/mmq. Ritiro assiale 0,3%
MOGANO AFRICANO
Caratteristiche Legno semiduro, tessitura media, fibratura dritta, colore bruno Resistenza a funghi e insetti Buona resistenza agli attacchi di insetti xilofagi Lavorazione Buona lavorabilità, tenuta delle giunzioni chiodate ed incollate Dimensioni dei tagli lungh. mt. 3,00-6,00 largh. cm.30-60
Impieghi Arredamento, mobili Modulo di elasticità 9500 N/mmq.
Carico di rottura a trazione 80 N/mmq.
Carico di rottura a compress. assiale 47 N/mmq. Carico di rottura a flessione 98 N/mmq.
Carico di rottura a taglio 6 N/mmq. Ritiro assiale 0,3%
MOGANO AMERICANO
Caratteristiche Legno semiduro, tessitura variabile, fibratura ondulata Resistenza a funghi e insetti Buona resistenza agli attacchi di insetti Lavorazione Buona lavorabilità, tenuta delle giunzioni chiodate ed incollate Dimensioni dei tagli lungh. mt. 2,00-6,00 largh. cm.20-50
Impieghi Arredamento, mobili Modulo di elasticità 10000 N/mmq.
Carico di rottura a trazione 80 N/mmq.
Carico di rottura a compress. assiale 50 N/mmq. Carico di rottura a flessione 105 N/mmq.
Carico di rottura a taglio 7 N/mmq. Ritiro assiale 0,3%
NOCE
Caratteristiche Fibratura varia, tessitura media-fine colore bruno Resistenza a funghi e insetti Facilmente attaccabile
Lavorazione Buona lavorabilità
Dimensioni dei tagli lungh. mt. 0,70-3,00 largh. cm.12-45