SINTESI
» Ap pa l t o
Contratto di appalto, difformita` e vizi e responsabilita` dell’appaltatore
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Avvocato, Rechtsanwalt e Dottore di ricerca in Diritto commerciale
SINTESI
a) Il contratto di appalto
Il contratto di appalto e` particolarmente diffuso nella prassi. Una delle contestazioni che insorge con maggiore frequenza fra i contraenti riguarda la non corretta esecuzione dell’opera (sia per difformita` ri- spetto al progetto pattuito con il committente sia per la presenza di vizi funzionali), che spinge talvolta a negare il corrispettivo all’appal- tatore. In caso di difetti, la legge prevede una garanzia ex lege in capo all’appaltatore e a beneficio del committente.
b) La garanzia per i difetti dell’opera
La responsabilita` dell’appaltatore per l’opera e` di tipo contrattuale. Il committente ha il dovere di attivare tempestivamente la garanzia, dal momento che la legge subordina i suoi diritti a termini sia di deca- denza sia di prescrizione. Lo spettro dei rimedi a favore del commit- tente e` ampio: oltre all’azione di esatto adempimento, puo` chiedere la riduzione del prezzo. Nei casi piu` gravi si puo` ottenere la risoluzione del contratto, mentre rimane sempre salva la possibilita` di chiedere il risarcimento del danno.
» SOMMARIO
1. La garanzia legale per le difformita` e i vizi – 2. L’esclusione della garanzia in caso di accettazione dell’opera – 3. Il termine di decadenza per la denunzia (art. 1667, 2º co., c.c.) – 4. La prescrizione delle azioni (art. 1667, 3º co., c.c.) – 5. L’eliminazione delle difformita` e dei vizi nonche´ la diminuzione del prezzo
– 6. Il risarcimento del danno – 7. La risoluzione del contratto
1. La garanzia legale per le difformita` e i vizi
In apertura e` quasi superfluo ricordare che i contratti di appalto rivestono grande importanza pratica, dal momento che la realiz- zazione di opere nel settore dell’edilizia avviene sulla base di tali tipi di contratto(1). I contratti di appalto, oltre a essere estrema- mente diffusi nella prassi, riguardano talvolta costruzioni d’in- gente valore economico: di qui una delle cause della facilita` di controversie fra le parti. Le obbligazioni derivanti dal contratto di appalto sono identificate dall’art. 1655 c.c. nel «compimento di
un’opera» (dovere dell’appaltatore) verso un «corrispettivo in da- naro»(2) (dovere del committente) (art. 1655 c.c.).
Il contenzioso in materia di appalto concerne frequentemente l’asserzione del committente che l’opera non e` stata eseguita a regola d’arte, ponendosi cos`ı un problema di responsabilita` civile dell’appaltatore: e` di questa tematica che intendiamo occuparci nel presente scritto, dando conto in particolare dei piu` recenti interventi giurisprudenziali(3). La responsabilita` dell’appaltatore, derivando da contratto, ha natura contrattuale. Il principio e` stato confermato di recente dalla Corte di Cassazione, laddove
(1) In materia di contratto di appalto cfr. AA.VV., Codice dell’appalto pri- vato, a cura di Xxxxxxxx, Milano, 2010; AA.VV., Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, a cura di Xxxxxxx e Iudica, Padova, 2009; AMORE, Appalto e claim, Padova, 2007; MASCARELLO, Il con- tratto di appalto, Milano, 2002. V. inoltre, sotto vari profili, XXXXXXXX, La revisione dei prezzi nel contratto di appalto privato e l’onere delle riserve, in Giust. civ., 1994, 519 ss.; XXXXXXX, Gli appalti nel settore privato. La distin- zione tra appalto e trasferimento d’azienda ed il trattamento dei lavoratori impiegati negli appalti, in Dir. merc. lav., 2006, I, 425 ss.; D’AMBROSIO, Subappalto privato e mancata autorizzazione del committente, in Contr., 2009, 297 ss.; XXXXXXXX, L’obbligazione di custodia nel contratto di appalto, in Riv. trim. app., 2010, 493 ss.; POLIDARI, Riflessioni in tema di forma dell’appalto privato, in Rass. dir. civ., 2007, 695 ss.
(2) In tema di corrispettivo nel contratto di appalto, la legge prevede che se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo ne´ hanno stabilito il modo di determinarla, essa e` calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, e` determinata dal giudice (art.
1657 c.c.). Sul corrispettivo cfr. DE TILLA, Corrispettivo dell’appalto. Deter- minazione a corpo o a forfait, in Riv. giur. ed., 2008, 215 ss.; XXXXXX, La revisione del corrispettivo nell’appalto di servizio, in Nuova rass., 2011, 1469 ss.; XXXXXXXX, Il corrispettivo nel contratto di appalto. Aspetti di diritto privato, pubblico e internazionale, in Riv. trim. app., 2009, 817 ss.; RUIU, Il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo per le opere ese- guite in variante: la regola delle varianti disposte dal committente e l’ecce- zione dell’annotazione in contabilita` in sede di collaudo, in Riv. trim. app., 2006, 865 ss.; XXXXXXXXX, Equo compenso e responsabilita` dell’appaltatore, in Contr., 2010, 657 ss.; TOSCHI VESPASIANI, Contratto di appalto e revisione del corrispettivo ex art. 1664 c.c., oltre ad alcune questioni in tema di clausola penale, in Resp. civ., 2006, 257 ss.
(3) Bisogna peraltro evidenziare che e` relativamente ricorrente la previ-
sione di clausole compromissorie nei contratti di appalto, con la conse- guenza che le controversie risolte per via arbitrale non giungono alla co- gnizione dei giudici. Cio` nonostante vi e` ampia giurisprudenza in materia di garanzia per le difformita` e i vizi nel contratto di appalto.
ha evidenziato che la garanzia ex artt. 1667 e 1668 c.c. costituisce un’applicazione della comune responsabilita` per inadempimen- to o inesatto adempimento, differenziata dall’ordinario regime solo dalle particolari disposizioni attinenti ai termini di contesta- zione e decadenza(4).
La responsabilita` per le difformita` e i vizi dell’opera nel contratto di appalto e` sostanzialmente di tipo oggettivo, nel senso che prescinde dalla colpa dell’appaltatore(5). Salvo per il caso in cui sia avviata un’azione di risarcimento del danno (cfr. il testo del- l’art. 1668, 1º co., c.c., che – per questa ipotesi – richiede espres- samente la colpa), la colpa dell’appaltatore non rileva: una volta accertati le difformita` e i vizi dell’opera, il costruttore risponde comunque. Questa affermazione deve peraltro essere coordinata con le disposizioni generali in materia di obbligazioni. In parti- colare, come e` noto, il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta e` tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo e` stato determinato da impossibilita` della prestazione derivante da causa a lui non im- putabile (art. 1218 c.c.). La disposizione di parte generale sulla responsabilita` del debitore si applica anche al contratto di ap- palto. Ne consegue che l’appaltatore potra` andare esente da re- sponsabilita` solo nel caso estremo in cui riesca a dimostrare l’impossibilita` della prestazione. Sempre in via generale ex xxxxxx allora osservare che l’obbligazione del costruttore e` un’obbliga- zione di risultato (realizzare un’opera a regola d’arte) e non solo di mezzi.
La diligenza con cui e` tenuto a operare l’appaltatore e` sicura-
mente di tipo professionale (art. 1176, 2º co., c.c.): essa deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attivita` esercitata. L’appal- tatore deve pertanto dominare le regole dell’arte delle costruzio- ni. Sotto questo profilo merita di essere ricordata una sentenza del Tribunale di Piacenza secondo cui l’appaltatore e` esonerato da responsabilita` soltanto ove dimostri che gli errori del proget- tista non potevano essere riconosciuti con l’ordinaria diligenza richiesta all’appaltatore stesso, ovvero che – pur essendo gli er- rori stati prospettati e denunciati al committente – questi ha pero` imposto l’esecuzione del progetto, ribadendo le istruzioni, posto che in tale eccezionale caso l’appaltatore ha agito come nudus minister, a rischio del committente e con degradazione del rap- porto a mero lavoro subordinato(6).
In materia di contratti di appalto, cos`ı come del resto si prevede in altri tipi contrattuali(7), sussiste una forma di garanzia legale: l’appaltatore e` tenuto alla garanzia per le difformita` e i vizi del-
l’opera (art. 1667, 1º co., 1º periodo, c.c.)(8). La legge disciplina due fattispecie distinte: le «difformita`» e i «vizi». Con l’espressio- ne di «difformita`» ci si riferisce al fatto che sussiste una diver- genza fra l’opera che doveva essere realizzata secondo gli accordi intercorsi fra i contraenti e quella che e` stata effettivamente rea- lizzata: il contratto di appalto imponeva certe caratteristiche del- la costruzione, che pero` – nei fatti - non vengono rispettate (il caso tipico potrebbe essere quello dell’utilizzo di mattonelle per la pavimentazione meno pregiate rispetto a quelle concordate). Con il termine di «vizi», la legge si riferisce al fatto che l’opera presenta dei difetti rispetto a come avrebbe dovuto essere se fosse stata eseguita a regola d’arte: il criterio per misurare l’esi- stenza del vizio non e` tanto l’accordo dei contraenti quanto piut- tosto la regola dell’arte, che impone di realizzare manufatti ben funzionanti (il caso tipico potrebbe essere quello della pavimen- tazione fatta s`ı con le mattonelle pregiate che erano state con- cordate, ma che presenta delle irregolarita`, cos`ı che il pavimento non e` perfettamente piano e – pertanto - inidoneo all’uso).
Le «difformita`» e i «vizi» presuppongono che l’opera sia termina- ta. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che sul punto puo` ormai ritenersi costante, la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione solo nell’ipotesi in cui l’opera sia stata completata, ma presenti vizi, difformita` o difetti; laddove, nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando ina- dempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti e` quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c.(9).
Pur trattandosi di una responsabilita` ex lege, la garanzia per le
difformita` e i vizi dell’opera potrebbe essere convenzionalmente esclusa. In assenza di un accordo derogatorio sul punto, la ga- ranzia ovviamente sussiste, ma – in presenza di una pattuizione che la esclude – viene meno. Bisogna pero` capire quali siano i requisiti di forma che devono essere soddisfatti per escludere la garanzia. Al riguardo si puo` affermare che la posizione della giu- risprudenza e` molto liberale, nel senso di far bastare anche i comportamenti concludenti delle parti. In particolare la Corte di Cassazione ha deciso che l’esenzione dell’appaltatore dalla responsabilita` per i difetti dell’opera, con conseguente assunzio- ne del relativo rischio sul committente, in deroga alla regola generale in base alla quale tale rischio grava sull’appaltatore, non deve derivare necessariamente da un’espressa pattuizione
(4) Cass., 20.1.2010, n. 936, in Riv. dir. proc., 2011, 187 ss., con nota di SPACCAPELO, Anche in materia di appalto spetta all’obbligato provare l’esat- tezza del proprio adempimento.
(5) In materia di responsabilita` oggettiva cfr., sotto diversi profili, BELLI, La responsabilita` oggettiva, in Resp. civ., 2011, 373 ss.; XXXXXX, Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in tema di responsabilita` oggettiva e di danni da cose, in Giust. civ., 2010, II, 19 ss.; XXXXXXX, Responsabilita` dell’appaltatore tra responsabilita` per colpa e re- sponsabilita` oggettiva, in Danno resp., 2010, 274 ss.; MANINETTI, Responsa- bilita` oggettiva: come e perche´, in Danno resp., 2010, 923 ss.; SERRA, La natura oggettiva della responsabilita` per danni da cose in custodia: le ra- gioni di una scelta, in Danno resp., 2009, 751 ss.
(6) Trib. Piacenza, 23.12.2009, in Contr., 2010, 898 ss., con nota di AMEN- DOLAGINE, La responsabilita` dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera ri- chiesta dal committente.
(7) Ad esempio nella compravendita si veda l’art. 1490, 1º co., c.c., per il quale il venditore e` tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui e` destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Nella locazione, invece, la disposizione rile- vante e` l’art. 1578, 1º co., c.c., secondo cui, se al momento della consegna la cosa locata e` affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneita` all’uso pattuito, il conduttore puo` domandare la risoluzione del contatto o una riduzione del corrispettivo.
(8) Sulla garanzia per le difformita` e i vizi nel contratto di appalto cfr.
CAPPAI, La natura della garanzia per vizi nell’appalto, Milano, 2011; MUSO- LINO, La responsabilita` civile nell’appalto, Padova, 2006; XXXXXXXX, Com- mento agli artt. 1667 e 1668, in Commentario breve al codice civile, a cura di Xxxx e Xxxxxxxxx, 12a ed., Padova, 2011, 1780 ss. V. inoltre DI XXXXXXXX, Responsabilita` dell’appaltatore per i difetti dell’opera, in Contr., 2008, 1124 ss.; XXXXXX, La verifica della correttezza del progetto fornito dal committente rientra tra gli obblighi dell’appaltatore, in Resp. civ. prev., 2010, 2093 ss.; XXXXXX, Le tendenze evolutive delle decisioni dei giudici sulla responsabilita` dell’appaltatore ex art. 1667 c.c., in Resp. civ. prev., 2009, 1749 ss.; MUSOLI- NO, Diligenza dell’appaltatore e responsabilita` per vizi del suolo, in Riv. trim. appalti, 2007, 426 ss.; XXXXX, La responsabilita` dell’appaltatore per i difetti dell’opera, in Vita not., 2011, 513 ss.; XXXXXXXX, Opere di rifacimento di un immobile e natura della responsabilita` dell’appaltatore, in Resp. civ., 2008, 516 ss.
(9) Cass., 24.6.2011, n. 13983. In senso del tutto analogo si era preceden- temente espressa Xxxx., 15.2.2006, n. 3302, secondo cui nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commis- sionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti e` quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata eseguita, ma presenti vizi, difformita` o difetti.
in tal senso, ma puo` ricavarsi anche, implicitamente o indiretta- mente, da comportamenti concludenti delle parti contrattuali (nella specie dal fatto che, a fronte della posizione dell’appalta- tore chiaramente diretta a rappresentare al committente la non condivisione delle istruzioni da queste impartite, perche´ contra- rie alle regole dell’arte, esse erano state ribadite dal committente, il quale, in virtu` della sua esperienza professionale, aveva assunto piena consapevolezza del rischio in tal modo assunto)(10).
2. L’esclusione della garanzia in caso di accettazione dell’opera
La legge prevede che la garanzia non e` dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformita` o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purche´ in questo caso non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore (art. 1667, 1º co., 2º periodo, c.c.). Bisogna pertanto anzitutto capire cosa si intenda con «ac- cettazione» dell’opera.
Nel riferirsi all’accettazione dell’opera l’art. 1667 c.c. richiama, seppure indirettamente, l’art. 1665 c.c. in materia di verifica e pagamento della costruzione(11). Di norma (ma non sempre) l’accettazione dell’opera consiste in una dichiarazione espressa di accettazione, dopo che sono state effettuate le necessarie ve- rifiche da parte del committente. Il committente dispone di un vero e proprio diritto di verificare l’opera compiuta (art. 1665, 1º co., c.c.). A tali procedure di controllo ci si riferisce comunemen- te con l’espressione di «collaudo». Le verifiche possono avere esito positivo oppure negativo. In caso di esito negativo del col- laudo, l’opera non viene accettata dal committente (e la garanzia legale rimane viva). In ipotesi invece di esito positivo del collau- do, il committente accetta l’opera: questa ultima fattispecie puo` essere denominata di «accettazione espressa».
In altri casi, tuttavia, si realizza un’accettazione dell’opera da parte del committente anche in assenza di una dichiarazione esplicita in tal senso. In particolare la costruzione si considera accettata quando, nonostante l’invito fattogli dall’appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti mo- tivi ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine (art. 1665, 3º co., c.c.). In altre parole, fermo restando il diritto di verifica del committente, il collaudo deve avvenire in tempi brevi e il suo risultato deve essere tempestivamente comunicato all’ap- paltatore. Inoltre, se il committente riceve senza riserve le con- segna dell’opera, questa si considera accettata ancorche´ non si sia proceduto alla verifica (art. 1665, 4º co., c.c.). Le due fattispe- cie disciplinate dal 3º e dal 4º co. dell’art. 1665 c.c. configurano ipotesi di «accettazione tacita» dell’opera.
Sia nel caso di accettazione espressa sia in quello di accettazione tacita dell’opera, la garanzia cui e` tenuto l’appaltatore viene me- no, a condizione peraltro che le difformita` o i vizi fossero cono- sciuti o, quantomeno, riconoscibili dal committente. L’accetta- zione fa venire meno la garanzia quando vi e` (o, secondo criteri
di diligenza, vi sarebbe dovuta essere) in capo al committente consapevolezza delle difformita` e dei vizi. La disposizione crea dunque un onere di particolare vigilanza in capo al committente, il quale non puo` piu` attivare la garanzia laddove abbia accettato con superficialita` l’opera senza accorgersi dei difetti. La garanzia rimane ferma pero` per le difformita` e i vizi «occulti», intenden- dosi con tale espressione i difetti che non erano conosciuti ne´ conoscibili dal committente(12).
Infine bisogna osservare che l’ordinamento non puo` tollerare la possibile cattiva fede dell’appaltatore, il quale – se in mala fede – potrebbe trarre vantaggio dall’accettazione dell’opera effettuata dal committente. Conseguentemente la legge sanziona il com- portamento reticente del costruttore, prevedendo che la garanzia sussista – anche in caso di accettazione dell’opera – laddove l’appaltatore abbia in cattiva fede taciuto le difformita` e i vizi.
3. Il termine di decadenza per la denunzia (art. 1667, 2º co., c.c.)
La legge prevede che il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformita` o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta (art. 1667, 2º co., 1º periodo, c.c.)(13). Il committente e` dunque anzitutto tenuto a «denunziare» i vizi. La funzione della denunzia e` quella d’informare l’appaltatore della presenza di difformita` e vizi, affinche´ questi si attivi. Una volta che il committente ha denunziato i difetti, l’attivazione della garanzia implica – in capo all’appaltatore – le conseguenze previste dall’art. 1668 c.c. (eliminazione di difformita` e vizi op- pure diminuzione del prezzo). Il primo di tali rimedi implica un facere in capo all’appaltatore. La legge vuole evitare che il com- mittente segnali i difetti a lunga distanza di tempo dal momento in cui sono stati scoperti, per dare immediatamente all’appalta- tore l’opportunita` di difendersi e – laddove difformita` e vizi sus- sistano effettivamente - di porvi rimedio.
Fra le parti potrebbero sorgere dei contrasti in merito alle mo- dalita` con cui la denunzia deve essere effettuata. In particolare l’appaltatore potrebbe eccepire che la denunzia non e` stata cor- rettamente presentata dal punto di vista della forma oppure del contenuto. Con riferimento alla forma della denunzia, bisogna rilevare che la legge non prescrive nulla di particolare: conse- guentemente si puo` ritenere che la denunzia possa essere pre- sentata in assoluta liberta` di forme, e pertanto anche oralmente. Una situazione diversa si ha nel caso particolare in cui il con- tratto abbia stabilito l’osservanza di una determinata forma per la denunzia. Con riguardo al contenuto della denunzia, bisogna rilevare che la posizione della Corte di Cassazione si caratterizza per flessibilita`, reputando sufficiente una contestazione anche piuttosto vaga da parte del committente, obiezione che puo`/deve essere successivamente dettagliata. Piu` precisamente la Cassa- zione ha affermato che non e` necessaria una denuncia specifica e analitica delle difformita` e dei vizi dell’opera, tale, cioe`, da con-
(10) Cass., 20.7.2005, n. 1523.
(11) Si tenga altres`ı presente il dettato dell’art. 1666 c.c., il quale prevede
– in caso di opera da eseguirsi per partite – che la verifica e il pagamento possano avvenire per le singole partite; il pagamento fa presumere l’ac- cettazione della parte di opera pagata. Su verifica e collaudo dell’opera nell’appalto cfr. CASAVECCHIA, Il collaudo dei lavori in campo privatistico e pubblicistico, in Nuovo dir. soc., 2010, fasc. 11, 50 ss.; DELLA BELLA, L’accet- tazione ed il collaudo nel contratto di appalto, in Contr., 2003, 365 ss.; XXXXXXXX, I poteri di verifica del committente durante l’esecuzione del con- tratto di appalto, in Riv. giur. ed., 2002, II, 81 ss.; XXXXXXXXXX, Il collaudo nell’appalto privato, in Obbl. contr., 2007, 443 ss.; XXXXXXXX, Il diritto di verifica del committente nel contratto di appalto, in Giust. civ., 2008, II, 675 ss.
(12) Xxxx., 12.6.2000, n. 7969, ha affermato che l’accettazione dell’opera da parte del committente libera l’appaltatore per le difformita` e i vizi dell’opera riconosciuti o riconoscibili in sede di verifica, mentre non lo libera per i difetti occulti.
(13) In materia di decadenza nel contratto di appalto cfr. BRAVO, Rapporto sostanziale di durata, prescrizione e decadenza nella responsabilita` dell’ap- paltatore, in Contr., 2002, 1011 ss.; XXXXXXX, La garanzia per i vizi nel con- tratto di appalto. Prescrizione e decadenza, in Resp. civ. prev., 2011, 262 ss.; GNAN, Sul termine di decadenza ex art. 1667 comma 2 c.c., in Giur. piem., 2004, 89 ss.; XXXXXXXX, La prescrizione e la decadenza delle azioni contro l’inadempimento dell’appaltatore, in Riv. trim. appalti, 2000, 503 ss.
sentire l’individuazione di ogni anomalia di quest’ultima, essen- do, per converso, sufficiente a impedire la decadenza del com- mittente dalla garanzia cui e` tenuto l’appaltatore una pur sinte- tica individuazione dei difetti (nella specie, attraverso la spedi- zione di un telegramma), suscettibile di conservare l’azione di garanzia anche con riferimento a quelle difformita` e a quei vizi accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento suc- cessivo(14).
Il termine previsto dalla legge per la denunzia e` di sessanta giorni decorrenti dalla scoperta. Prima della scoperta, il committente non e` evidentemente in grado di effettuare alcuna denunzia; dopo la scoperta, invece, bisogna lasciargli un minimo di tempo per capire la gravita` di difformita` e vizi e, se del caso, per formu- lare la richiesta di rimedio all’appaltatore. Un termine di sessanta giorni pare ragionevolmente congruo rispetto alla funzione per la quale e` fissato, forse perfino generoso se comparato con altre discipline legislative(15).
La legge stabilisce che il termine di decadenza decorre dalla
«scoperta» delle difformita` o dei vizi. Come vedremo sotto anche in relazione al decorso del termine di prescrizione, la scoperta puo` non avvenire immediatamente, ma essere il risultato di un percorso di approfondimento che dura un certo periodo di tem- po. Bisogna riflettere sul fatto che il committente, di norma, non dispone delle medesime competenze tecniche dell’appaltatore e la scoperta dei difetti puo` non essere immediata: l’asimmetria di competenza fra le parti contrattuali puo` produrre l’effetto che decorra un certo lasso di tempo prima che l’appaltatore scopra le difformita` o i vizi. Inoltre le opere oggetto di appalto possono in alcuni casi essere piuttosto complesse dal punto di vista ar- chitettonico e ingegneristico, con la conseguenza che le perce- zione dei difetti puo` non essere immediatamente successiva alla consegna della costruzione. Talvolta possono sorgere meri dubbi (e non certezze) in capo al committente in merito alla sussisten- za di difformita` e vizi e il committente puo` voler affidare un apposito incarico peritale per gli accertamenti del caso. Tenendo in considerazione queste circostanze, la Corte di Cassazione ha deciso che il termine di decadenza di cui all’art. 1667, 2º co., c.c. deve farsi decorrere dal momento del deposito della relazione del soggetto nominato dalle parti collaudatore degli impianti e che aveva evidenziato i difetti occulti dell’impianto(16). In altre parole la scoperta delle difformita` e dei vizi puo` considerarsi avvenuta non gia` quando il committente inizia a nutrire dei meri «sospetti» in merito ai difetti dell’opera, ma quando – ad esempio grazie a degli accertamenti peritali – ha raggiunto sul punto una ragione- vole certezza.
La Corte di Cassazione si e` infine soffermata sulla questione dell’onere della prova, affermando che il committente ha l’onere di provare di aver denunciato all’appaltatore i vizi dell’opera, non facilmente riconoscibili al momento della consegna, entro ses-
santa giorni dalla scoperta, costituendo tale denuncia una con- dizione dell’azione di garanzia(17).
La legge prevede che la denunzia non e` necessaria se l’appalta- tore ha riconosciuto le difformita` o i vizi o se li ha occultati (art. 1667, 2º co., 2º periodo, c.c.)(18). Siccome la funzione della de- nunzia e` quella d’informare l’appaltatore dell’esistenza di diffor- mita` e vizi (affinche´ questi vi ponga rimedio in una delle moda- lita` indicante nell’art. 1668 c.c.), tale necessita` viene meno se l’appaltatore ne e` gia` a conoscenza e l’appaltatore e` per forza di cose a conoscenza dei difetti nel caso in cui li ha riconosciuti oppure se li ha occultati.
Con riferimento a questa materia, la Corte di Cassazione ha de- ciso che il riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore, che – ai sensi dell’art. 1667, 2º co., c.c. – rende non necessaria la de- nuncia prescritta a pena di decadenza a carico del committente, non deve essere accompagnata dall’ammissione di responsabili- ta` dell’appaltatore. Pertanto, la denuncia e` superflua anche quando l’appaltatore, pur riconoscendo l’esistenza obiettiva dei difetti lamentati, contesti o neghi in qualsiasi modo o per qual- siasi ragione di doverne rispondere(19).
Bisogna peraltro tenere distinto il riconoscimento dei difetti (che implica il solo impegno di eliminare tali difetti) dall’assunzione dell’obbligazione a emendare l’opera. La Corte di Cassazione ha deciso che il semplice riconoscimento delle difformita` e dei vizi da parte dell’appaltatore implica la superfluita` della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva auto- maticamente – in mancanza di un impegno in tal senso – l’as- sunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’ope- ra, che, ove configurabile, e` una nuova e distinta obbligazione, per di piu` soggetta al termine di prescrizione decennale(20).
Il «riconoscimento» di difformita` e vizi va tenuto distinto dal- l’«occultamento» dei medesimi: si tratta di due comportamenti opposti, in quanto con il riconoscimento l’appaltatore da` atto al committente dell’esistenza dei difetti, con l’occultamento cerca invece di nasconderli. «Occultamento» delle difformita` e dei vizi significa che l’appaltatore conosce l’esistenza dei difetti, ma li tiene nascosti al committente. L’occultamento puo` avvenire me- diante un’azione (di vero e proprio nascondimento delle diffor- mita` e dei vizi) oppure mediante un’omissione. Quest’ultimo ca- so si realizza quando l’appaltatore, a conoscenza dei difetti, si limita a tacere, facendo affidamento che essi non vengano sco- perti dal committente (ad esempio per il fatto che riguardano le fondazioni di una costruzione, ormai interrate e non piu` visibili). Al riguardo la Corte di Cassazione ha deciso che la piena consa- pevolezza in capo all’appaltatore della esistenza di difformita` e vizi, unitamente a un comportamento reticente e di mala fede nei confronti dei committenti, e` da ritenere equivalente al doloso occultamento, quale circostanza idonea a esonerare i commit- tenti dall’obbligo della denuncia dei vizi(21).
(14) Cass., 23.1.1999, n. 644.
(15) A titolo di esempio si consideri che il termine di denunzia e` molto piu` breve nel contratto di compravendita, dove si stabilisce che il com- pratore decade dal diritto alla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta (art. 1495, 1º co., c.c.). Questa differenza di trattamento (otto giorni in un caso, ben sessanta nell’altro) si giustifica verosimilmente con la circostanza che le difformita` e i vizi di un’opera possono essere piu` complessi di quelli di un semplice bene oggetto di compravendita e cio` puo` richiedere al committente un tempo maggiore per comprendere se i difetti sussistano veramente e quale sia la loro gra- vita`.
(16) Cass. 23.1.2009, n. 1788, in Contr., 2009, 669 ss., con nota di XXXXXX,
Il termine di prescrizione dell’azione di garanzia per vizi. (17) Cass., 17.5.2001, n. 6774.
(18) Una disposizione analoga e` rinvenibile nella disciplina del contratto di compravendita, laddove si prevede che la denunzia non e` necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato (art. 1495, 2º co., c.c.).
(19) Cass., 24.11.2008, n. 27948. Sulla stessa linea di questa decisione si pone una precedente sentenza (Xxxx., 9.11.2000, n. 14598) con cui la Cas- sazione ha stabilito che il riconoscimento, che importa la superfluita` della tempestiva denuncia da parte del committente, non deve accompagnarsi alla confessione stragiudiziale della sua responsabilita` e pertanto e` sussi- stente anche se l’appaltatore, ammessa l’esistenza del vizio, contesti o neghi in qualsiasi modo o per qualsiasi ragione di doverne rispondere.
(20) Cass., 21.7.2005, n. 15823.
(21) Cass., 19.8.2009, n. 18402.
4. La prescrizione delle azioni (art. 1667, 3º co., c.c.)
In aggiunta alla fissazione di un termine di decadenza, la legge prevede un distinto termine di prescrizione: l’azione contro l’ap- paltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna del- l’opera (art. 1667, 3º co., 1º periodo, c.c.)(22).
In primo luogo, dal punto di vista della identificazione degli autori delle azioni, bisogna rilevare che questa disposizione con- cerne solo l’azione del committente contro l’appaltatore, e non – viceversa - la possibile azione dell’appaltatore contro il commit- tente. L’appaltatore puo` certamente agire contro il committente (per il pagamento del corrispettivo) e, in questo caso, la sua azione sara` soggetta a diversi termini di prescrizione.
In secondo luogo l’art. 1667, 3º co., c.c. concerne solo l’azione per le difformita` e i vizi dell’opera, e non azioni di tipo diverso che il committente dovesse avviare – per altre ragioni – nei confronti dell’appaltatore. La Corte di Cassazione ha deciso che nel caso in cui contro l’appaltatore non venga azionata la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c., per l’ipotesi in cui l’opera eseguita presenti difformita` o vizi, ma venga formulata una ri- chiesta di pagamento, basata su un’autonoma previsione del ca- pitolato generale dell’appalto lavori, per la riparazione di danni arrecati dai suoi dipendenti, trattandosi di un’ordinaria azione di risarcimento danni resta applicabile la disciplina dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., con il conseguente assoggettamento agli ordinari termini di prescrizione e non al regime di decadenza e prescrizione breve di cui all’art. 1667 c.c.(23).
Il contenuto precettivo della disposizione che fissa in due anni il termine per la prescrizione dell’azione del committente e` quello di derogare ai termini generali di prescrizione. Mentre secondo la norma generale (art. 2946 c.c.) i diritti si prescrivono in dieci anni, nel contesto dell’appalto il legislatore ha ritenuto tale ter- mine eccessivamente lungo e obbliga il committente a esercitare l’azione entro il termine – decisamente piu` breve – di due anni. Il fine della legge, in una materia delicata come quella dell’appalto, e` di giungere velocemente a quella certezza del diritto che solo la prescrizione puo` garantire.
Avuto riguardo al momento di decorrenza del termine biennale di prescrizione, la legge lo identifica nella consegna dell’opera. La ratio di tale previsione e` ben comprensibile se si riflette sul fatto che e` solo da tale momento che il committente, potendo visio- nare l’opera ormai completata nella sua interezza, e` in grado di verificare la correttezza del lavoro svolto dall’appaltatore; laddo- ve constati difformita` o vizi, puo` agire in giudizio. Secondo la giurisprudenza, cio` che rileva e` la consegna «definitiva» dell’ope- ra, alla quale non puo` essere equiparata una consegna «antici- pata» con riserva di verifica della costruzione. Piu` precisamente la Corte di Cassazione ha deciso che il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per vizi stabilito dall’art. 1667, 3º co., c.c. deve essere individuato con riferimento al momento della consegna definitiva dell’opera (con
verifica e accettazione della medesima), e non gia` con riguardo a un’eventuale consegna anticipata, con riserva di verifica(24).
Per quanto concerne l’onere delle prova, la Corte di Cassazione, dopo aver premesso che il committente che agisce nei confronti dell’appaltatore per le difformita` e i vizi dell’opera ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda e quelli necessari per contrastare le eventuali eccezioni della controparte, ha deciso che – qualora l’appaltatore eccepisca la prescrizione biennale del diritto di garanzia – la prova della data della conse- gna dell’opera, da cui il termine di garanzia decorre, incombe sul committente stesso e non sull’appaltatore(25).
In alcuni casi tuttavia la giurisprudenza ha ritenuto che il termi- ne biennale di prescrizione decorra non dalla consegna dell’ope- ra, ma da un momento successivo, e segnatamente dalla scoper- ta dei vizi. Piu` precisamente la Corte di Cassazione ha affermato che nel caso di vizi occulti il termine di prescrizione dell’azione di garanzia decorre dalla data della scoperta dei vizi, scoperta che e` da ritenere acquisita dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita` dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti manifestazioni di scarsa rile- vanza e semplici sospetti(26). La Cassazione ha specificato che, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi di prova, tale cono- scenza e` da ritenere acquisita – di regola – a seguito dell’esperi- mento di apposita relazione peritale.
Con una disposizione particolare la legge prevede che il commit- tente convenuto per il pagamento puo` far valere la garanzia, purche´ le difformita` o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna (art. 1667, 3º co., 2º periodo, c.c.)(27).
La disposizione si riferisce al caso in cui sia l’appaltatore ad agire in giudizio per ottenere il pagamento dell’opera. Siccome l’azio- ne dell’appaltatore non e` assoggettata a termini cos`ı brevi di decadenza e di prescrizione, potrebbe accadere che il commit- tente – esposto all’azione dell’appaltatore – non sia in condizioni di contestare in via riconvenzionale le difformita` e i vizi dell’o- pera. Il risultato che ne conseguirebbe (committente che paga il prezzo per un’opera difforme o viziata) appare iniquo. Per risol- vere questo possibile problema il legislatore consente che, se il committente viene convenuto in giudizio, possa esercitare in via riconvenzionale i rimedi per i difetti dell’opera.
Il committente convenuto puo` pero` far valere la garanzia se le difformita` e i vizi sono stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna. Esistono dunque due limiti invalicabili che il committente e` te- nuto a rispettare. Il primo di essi consiste nella denuncia dei difetti, che deve avvenire entro sessanta giorni. Come accennato, tale limite di tempo consente senz’altro al committente di valu- tare la gravita` delle difformita` e dei vizi e d’indirizzare all’appal- tatore una univoca lettera di contestazione. Esiste inoltre un se- condo termine invalicabile: i due anni dalla consegna. Decorso
(22) In materia di prescrizione nel contratto di appalto cfr. CAPPAI, La decorrenza del termine di prescrizione biennale della garanzia per i vizi dell’opera nell’appalto, in Riv. giur. sarda, 2005, I, 765 ss.; RIGUZZI, Appalto di servizi e termine di prescrizione, in Dir. trasp., 1999, 931 ss. In un’ottica comparata x. XXXXXX-XXXXXXXXXX, Appalti privati: responsabilita` dell’ap- paltatore e sua prescrizione nei vari ordinamenti europei, in Foro pad., 1986, 43 ss.
(23) Cass., 8.6.2007, n. 13431. Nella giurisprudenza di merito si veda Trib. Piacenza, 23.12.2009, in Contr., 2010, 898 ss., con nota di XXXXXXXXXXXX, La responsabilita` dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera richiesta dal com- mittente, il quale ha riaffermato il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, asserendo che la prescrizione biennale prevista dall’art.
1667 c.c. opera per tutte le azioni di cui all’art. 1668 c.c., ma non anche per le comuni azioni contrattuali.
(24) Cass., 23.1.2009, n. 1788, in Contr., 2009, 669 ss., con nota di XXXXXX,
Il termine di prescrizione del’azione di garanzia per vizi. (25) Cass., 15.6.2007, n. 14039.
(26) Cass., 19.8.2009, n. 18402.
(27) La disposizione e` simile a quella in materia di compravendita previ- sta dall’art. 1495, 3º co., c.c. secondo cui il compratore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, puo` sempre far valere la garanzia, purche´ il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna.
tale lasso di tempo senza che siano stati scoperti difformita` e vizi, il legislatore esclude che si possano sollevare contestazioni tar- dive al committente. Al fine di assicurare certezza del diritto si presume che i difetti, di cui il committente non si e` accorto per cos`ı lungo tempo, non possano essere di rilevanza tale da giu- stificare l’esercizio dei rimedi altrimenti riconosciuti al commit- tente.
5. L’eliminazione delle difformita` e dei vizi nonche´ la diminuzione del prezzo
L’art. 1668 c.c. stabilisce quale sia il contenuto della garanzia cui e` tenuto l’appaltatore in forza di legge: il committente puo` chie- dere che le difformita` o i vizi siano eliminati a spese dell’appal- tatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore (art. 1668, 1º co., c.c.). Vengono identificati tre rimedi: elimina- zione di difformita` e vizi oppure diminuzione del prezzo oppure risarcimento del danno. Il committente dispone di una facolta` di scelta, nel senso che – a seconda delle valutazioni che effettua nel caso specifico – puo` chiedere l’esatto adempimento oppure puo` accettare l’opera con difformita` e vizi ottenendo pero` una dimi- nuzione del prezzo che e` chiamato a pagare.
Il primo rimedio che l’ordinamento riconosce al committente a fronte di un’opera che presenta difformita` o vizi consiste nella richiesta di eliminazione di tali difetti(28). Si tratta in essenza di una richiesta di esatto adempimento della prestazione origina- riamente pattuita. Le difformita` o i vizi altro non rappresentano che la differenza fra quello che avrebbe dovuto essere l’esatto adempimento e quello che e` stato il reale adempimento. Median- te l’eliminazione dei difetti, l’opera finisce con l’essere a regola d’arte, come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.
Le spese necessarie per l’eliminazione di difformita` e vizi sono ovviamente, specifica la legge, a carico dell’appaltatore. Questi e` il soggetto che, non osservando esattamente il contratto, ha rea- lizzato un’opera difforme oppure viziata e appare equo che i costi necessari per il raggiungimento ex post dell’esatto adempimento siano a suo carico.
Puo` naturalmente capitare che l’appaltatore si rifiuti di eliminare difformita` e vizi: in questo caso sara` necessario procedere all’e- secuzione forzata. L’obbligazione che fa capo all’appaltatore e` un obbligo di fare e, conseguentemente, l’esecuzione forzata andra` eseguita secondo le regole previste per tale tipologia di obblighi. L’art. 2931 c.c. prevede che, se non e` adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto puo` ottenere che esso sia eseguito a spese dell’obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile. La Corte di Cassazione ha affermato che la tutela data al com- mittente dall’art. 1668 c.c. si inquadra nell’ambito della normale responsabilita` contrattuale per inadempimento e, pertanto, qua- lora l’appaltatore non provveda direttamente alla eliminazione
dei vizi dell’opera, il committente – ove non intenda ottenere l’affermazione giudiziale dell’inadempimento con la relativa condanna dell’appaltatore e l’attuazione dei suoi diritti nelle for- me dell’esecuzione specifica ex art. 2931 c.c. – puo` sempre chie- dere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla spesa necessaria all’eliminazione dei vizi, senza alcuna necessita` del previo esperimento dell’azione di condanna alla esecuzione specifica(29).
Il secondo tipo di rimedio a disposizione del committente e` la diminuzione proporzionale del prezzo. Il committente, a fronte di un’opera che presenta difformita` e vizi, puo` – cio` nonostante – decidere di accettare il bene cos`ı come esso si trova, pretendendo peraltro che l’appaltatore gli riconosca una riduzione del prezzo. L’opera non e` perfetta (nel senso di come originariamente pat- tuita), ma – quantomeno – grazie alla diminuzione del prezzo e` ripristinato l’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni dei con- traenti. La Corte di Cassazione ha deciso che il committente che, deducendo difformita` dell’opera eseguita dall’appaltatore, agisce per la riduzione del prezzo ha l’onere di provare il deprezzamen- to, non essendo questo un effetto necessario e costante delle difformita` dell’opera, a meno che queste difformita` non dipen- dano dall’impiego di materiali meno pregiati di quelli contrat- tualmente previsti o da altre cause che per la loro intrinseca natura incidono sul pregio dell’opera; in tal caso la riduzione, che di regola deve essere determinata in base al raffronto del valore e del rendimento dell’opera pattuita con quelli dell’opera difettosamente eseguita, puo` anche farsi coincidere col costo delle opere necessarie per l’eliminazione delle difformita`(30).
6. Il risarcimento del danno
Oltre all’eliminazione dei difetti e alla diminuzione del prezzo, il terzo rimedio riconosciuto dalla legge al committente consiste nel chiedere il risarcimento del danno patito a causa dell’opera difettosa eseguita dell’appaltatore(31). Il risarcimento del danno puo` essere chiesto dal committente in via autonoma (come uni- co rimedio) oppure in via cumulativa (in aggiunta ai rimedi del- l’eliminazione dei difetti e della diminuzione del prezzo). Il risar- cimento del danno puo` essere anzitutto chiesto in via autonoma, cioe` indipendentemente dall’esercizio degli altri due rimedi: il committente non chiede ne´ la eliminazione dei difetti ne´ la di- minuzione del prezzo, ma chiede solo il risarcimento del danno. Il risarcimento del danno puo` pero` essere chiesto anche in via cumulativa, in aggiunta a uno degli altri due rimedi.
La possibilita` di chiedere il risarcimento del danno presuppone la sussistenza di un elemento oggettivo (il danno, appunto) e di un elemento soggettivo (la colpa).
Per quanto riguarda l’elemento oggettivo della fattispecie (la pre- senza di un danno), bisogna considerare che l’appaltatore che ha eseguito un’opera con delle difformita` o dei vizi presenta un
(28) In materia di azione finalizzata all’eliminazione di difformita` e vizi dell’opera nell’appalto cfr. FABIANI, Esecuzione forzata in forma specifica ed eliminazione dei vizi e/o difformita` dell’opera appaltata, in Foro pad., 1999, I, 2636; FADDA, Sull’impegno dell’appaltatore di eliminare i difetti dell’opera nei contratti di appalto, in Riv. giur. sarda, 2007, I, 384 ss.; XXXXXXXXXX XXXXXXXXXX, Impegno alla eliminazione dei difetti dell’opera e novazione dell’obbligazione di garanzia nel contratto di appalto, in Giust. civ., 1996, I, 1062 ss.
(29) Cass., 21.2.2008, n. 4523. In senso analogo si era espressa Xxxx., 19.4.2006, n. 9033, in Resp. civ., 2008, 420 ss., con nota di GLIATTA, La rilevanza dei vizi e dei difetti dell’opera nel contratto di appalto, afferman- do che la tutela offerta dall’art. 1668 c.c. in favore del committente di un’opera nel contratto di appalto e` riconducibile a quella della normale responsabilita` contrattuale per inadempimento; conseguentemente se l’appaltatore debitamente informato non si adopera direttamente per eli-
minare i vizi e i difetti dell’opera, il committente puo` sempre agire nei suoi confronti per il risarcimento dei danni subiti, che saranno liquidati nella misura corrispondente alle spese dovute per eliminare i vizi. Non e` neces- sario in questi casi il previo esperimento dell’azione di condanna all’ese- cuzione specifica.
(30) Cass., 10.1.1996, n. 169.
(31) Sul risarcimento del danno nel contratto di appalto cfr. XXXXXXX, L’eliminazione dei vizi e delle difformita` nell’appalto e il risarcimento del danno, in Resp. civ. prev., 2005, 808 ss.; FINARDI, Esecuzione del contratto di appalto e risarcimento del danno del committente, in Fallimento, 1999, 1104 ss.; XXXXXXX, L’azione di risoluzione e l’azione di risarcimento del dan- no in caso di vizi e difformita` dell’opera appaltata, in Resp. civ., 2008, 239 ss.; XXXXXXXX, L’azione di risarcimento del danno nell’appalto, in Riv. trim. appalti, 2006, 918 ss.
lavoro non eseguito a regola d’arte. L’adempimento non e` stato esatto ed e` possibile che, per tale ragione, il committente subisca un danno. Secondo la regola generale (art. 1223 c.c.) il risarci- mento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve com- prendere cos`ı la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno. A seconda dei casi il ristoro potra` essere chiesto per un inadempimento vero e proprio (difformita` oppure vizi) oppu- re per un ritardo nella consegna dell’opera rispetto al termine pattuito. Nel contesto del contratto di appalto, il ritardo nella consegna puo` determinare frequentemente danni in capo al committente. Si pensi al caso della costruzione di un apparta- mento destinato all’abitazione di una famiglia: se la consegna non avviene tempestivamente, il nucleo familiare puo` essere co- stretto a pagare un canone di locazione di un altro appartamento per il periodo del ritardo. Laddove poi l’edificio sia destinato a produrre reddito, la consegna ritardata puo` determinare signifi- cativi mancati guadagni: si immagini il ritardo nella consegna di un centro commerciale e i conseguenti mancati introiti derivanti dalla mancata vendita di prodotti.
La Corte di Cassazione ha deciso che l’azione del committente per il risarcimento del danni derivanti dai vizi dell’opera appal- tata riguarda il ristoro dei pregiudizi patrimoniali non realizza- bile tramite l’esperimento dell’azione per l’eliminazione dei vizi o di quella di riduzione del prezzo (e concernente la lesione di interessi del committente tutelati dall’ordinamento, quali il dan- no a persone o a cose derivanti dai vizi o le spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a eseguire direttamen- te)(32). La Cassazione ha specificato che nell’ambito di tale azio- ne risarcitoria rientrano i danni conseguenti al ridotto godimento dell’immobile di proprieta` del committente riconducibili alla ne- cessita` di procedere a interventi finalizzati alla eliminazione dei vizi dell’opera appaltata o ancora quelli relativi al ritardo nell’a- dempimento, essendo configurabile un pregiudizio derivante al committente dall’eventuale ridotta utilizzazione dell’apparta- mento conseguente all’ingiustificata protrazione dei lavori da eseguire rispetto ai termini pattuiti.
Con riferimento all’elemento soggettivo (la colpa) della fattispe- cie, il risarcimento del danno puo` essere riconosciuto solo quan- do vi sia un addebito di colpa in capo all’appaltatore. Questa disposizione e` importante perche´ consente, argomentando ex negativo, di qualificare per il resto come «oggettiva» la responsa- bilita` del costruttore. L’appaltatore risponde per le difformita` e i vizi dell’opera comunque (indipendentemente dall’elemento della colpa), dovendo rimuovere tali difetti oppure dovendo ac- cettare una corrispondente diminuzione del prezzo (salvo prova- re che l’inadempimento e` stato determinato da impossibilita` della prestazione derivante da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c.). In materia di onere della prova la Corte di Cassa- zione ha affermato che il committente che agisce nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1668 c.c. per il risarcimento dei danni derivanti da vizi o difformita` dell’opera non ne e` tenuto a dimostrare la colpa, in quanto – vertendosi in tema di responsa- bilita` contrattuale – trova applicazione la generale regola dettata dall’art. 1218 c.c., secondo la quale tale colpa e` presunta fino a prova contraria(33).
7. La risoluzione del contratto
I rimedi riconosciuti dalla legge al committente che abbiamo appena esaminato (richiesta di eliminazione delle difformita` e dei vizi oppure – in alternativa – di diminuzione del prezzo da corrispondersi per l’opera) sono rimedi che possiamo definire
«conservativi»: essi non mirano a fare venire meno il contratto, ma – al contrario – presuppongono il mantenimento del mede- simo. Nel primo caso si tratta di migliorare l’opera per renderla a regola d’arte; nel secondo di adeguare il prezzo a un’opera che non e` a regola d’arte (o che non e` stata effettuata come proget- tata).
Nella struttura rimediale configurata dalla legge, i rimedi conser- vativi sono pero` affiancati – nei casi piu` gravi – dal rimedio riso- lutorio(34). Il testo legislativo prevede difatti che, se le difformita` o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente puo` chiedere la risoluzione del con- tratto (art. 1668, 2º co., c.c.). A queste condizioni (opera talmente difforme o viziata da essere del tutto inadatta alla sua destina- zione), l’interesse del committente al conseguimento della co- struzione non e` piu` realizzabile e sarebbe iniquo costringerlo ad accettare un’opera del tutto inadatta. Per queste ragioni la legge gli consente di chiedere la risoluzione del contratto, con gli effetti liberatori e restitutori che conseguono a tale rimedio. Il primo presupposto di applicazione della disposizione che con- sente la risoluzione e` la presenza di difformita` e di vizi: delle relative nozioni ci siamo gia` occupati sopra e non sara` qui ne- cessario ripetersi.
Il secondo presupposto di applicazione della norma e` che l’opera
sia del tutto inadatta alla sua destinazione. A fronte di una do- manda di risoluzione del contratto di appalto avanzata dal com- mittente, bisogna allora – di volta in volta – procedere a un esame delle caratteristiche delle difformita` e dei vizi lamentati. La loro gravita` va misura rispetto alla destinazione dell’opera. Xxxx` per- tanto di norma necessario disporre una consulenza tecnica per accertare quale sia la gravita` di difformita` e vizi e se tale gravita` rende impossibile la soddisfazione della destinazione cui la co- struzione era destinata. Se i difetti superano la soglia di tollera- bilita`, il committente puo` invocare la risoluzione del contratto. Sotto questo profilo la normativa in materia di appalto consente la risoluzione del contratto in un numero inferiore di casi rispet- to a quanto avviene in via generale. L’art. 1455 c.c. prevede che il contratto non si puo` risolvere se l’inadempimento di una delle parti, letteralmente, «ha scarsa importanza». Da questa espres- sione della legge si ricava che il contratto puo` essere risolto in tutti gli altri casi, e certamente almeno nell’ipotesi in cui l’ina- dempimento abbia significativa importanza. Nella disciplina del- l’appalto, invece, l’ipotesi risolutoria del contratto appare essere del tutto residuale: l’opera deve essere, letteralmente, «del tutto inadatta». In linea di principio si puo` pertanto affermare che e` piu` facile, per la parte adempiente, ottenere la risoluzione di un diverso contratto rispetto a quanto lo sia ottenere la risoluzione di un contratto di appalto. Questa scelta di politica legislativa e` sostanzialmente condivisibile, attesa la funzione del contratto di appalto, che e` quella di consentire la realizzazione di un’opera: una volta che l’opera e` stata terminata, per quanto presenti dif-
(32) Cass., 29.11.2005, n. 25921.
(33) Cass., 5.10.2009, n. 21269.
(34) Sulla risoluzione del contratto di appalto cfr. DE DOMINICIS e XXXXX- XXXX, Recesso e risoluzione del contratto di appalto di progettazione esecu- tiva ed esecuzione lavori, in Riv. trim. appalti, 2008, 395 ss.; MANNA, Osser- vazioni in tema di risoluzione del contratto d’appalto, in Giust. civ., 1997, I,
781 ss.; XXXXXXXX, Sui presupposti dell’azione di risoluzione nell’appalto e nella vendita, in Giur. it., 1993, I, 1123 ss.; PRIMICERI, Azione generale di risoluzione del contratto ed azioni speciali nell’appalto, in Resp. civ., 2007, 59 ss.; XXXXX, Risoluzione per inadempimento del contratto di appalto, in Studium Iuris, 2004, 1376 ss.
formita` e vizi, e` auspicabile che essa possa essere conservata (se possibile portata a regola d’arte mediante eliminazione dei difet- ti, altrimenti accettata comunque dal committente a fronte di una riduzione del prezzo). L’ipotesi risolutoria e` residuale, in quanto con essa l’opera rimane del tutto inutilizzata, venendo per cos`ı dire «restituita» all’appaltatore, senza che il committente ne possa trarre vantaggio.
La Corte di Cassazione ha affermato che la risoluzione del con- tratto di appalto e` ammessa nella sola ipotesi in cui l’opera, considerata nella sua unicita` e complessita`, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria in quanto affetta da vizi che incidono in misura notevole sulla struttura e funzionalita` della medesima, cos`ı da impedire che essa fornisca la sua nor- male utilita`, mentre se i vizi e le difformita` sono facilmente e sicuramente eliminabili il committente puo` solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal 1º co. dell’art. 1668 c.c.(35). La Cassazione ha specificato che la valutazione delle difformita` o dei vizi deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l’opera riceverebbe dalla gene- ralita` delle persone, mentre deve essere compiuta con criteri soggettivi quando la possibilita` di un particolare impiego e/o di un determinato rendimento siano dedotti in contratto.
La risoluzione del contratto e` un rimedio c.d. «restitutorio» che, facendo venire meno il rapporto contrattuale fra le parti, obbliga alle restituzioni, con effetto retroattivo (art. 1458, 1º co., c.c.): se le prestazioni sono gia` state effettuate, esse vanno restituite. Lad- dove le prestazioni non fossero ancora state rese, le parti ne sono liberate e non vi e` piu` bisogno di effettuarle. Molto recentemente la Corte di Cassazione ha affermato che, nei contratti a presta- zioni corrispettive, la retroattivita` della pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, collegata al venir meno della causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali gia` eseguite, comporta l’insorgenza a carico di ciascun contraente dell’obbli- go di restituire la prestazione ricevuta: la sentenza che pronuncia la risoluzione del contratto per inadempimento produce, difatti, un effetto liberatorio ex nunc, rispetto alle prestazioni da esegui- re, e un effetto recuperatorio ex tunc, rispetto alle prestazioni eseguite(36). La Cassazione ha specificato che, una volta pronun- ciata la risoluzione del contratto, in forza della operativita` re- troattiva di essa stabilita dall’art. 1458 c.c., si verifica per ciascu- no dei contraenti una totale «restitutio ad integrum» e, pertanto, tutti gli effetti del contratto vengono meno e con essi tutti i diritti che sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi.
Piu` in dettaglio, e con riferimento al prezzo per l’opera: se il
prezzo e` gia` stato pagato all’appaltatore, in parte o completa- mente, questi dovra` restituirlo; se invece il prezzo non e` ancora stato pagato all’appaltatore, questi non avra` diritto a percepirlo. Il principio va pero` interpretato correttamente nel caso in cui, pur verificandosi la risoluzione del contratto, certe parti dell’o- pera siano state eseguite a regola d’arte, rimangano in capo al committente e questi ne tragga vantaggio. Sul punto il Tribunale di Catania ha affermato che, in caso di risoluzione del contratto di appalto per gravi vizi dell’opera, l’appaltatore condannato al
rimborso delle somme versategli ha diritto a ottenere – a pre- scindere da una specifica domanda restitutoria – l’equivalente pecuniario delle opere gia` realizzate che siano utilizzabili dal committente e incorporate nell’immobile di sua proprieta`(37). L’autorita` giudiziaria catanese specifica che per le opere gia` ese- guite che il committente intende utilizzare ovvero che a lui ormai appartengono iure accessionis per essere state incorporate nel- l’immobile di sua proprieta` compete all’appaltatore un diritto a ottenere l’equivalente economico delle stesse. Questo diritto va affermato come conseguenza diretta degli effetti restitutori di cui all’art. 1458 c.c., convertendosi il valore delle opere non restitui- bili nel loro equivalente economico.
Viene da chiedersi se il committente possa dapprima esercitare l’azione di risoluzione, per poi modificarla – in corso di causa – in azione di diminuzione del prezzo. Puo` cioe` capitare che la valu- tazione iniziale del committente sia nel senso di totale inadegua- tezza dell’opera, ma che – poi – tale valutazione muti, nel senso che il committente e` disponibile ad accettarla purche´ con una significativa riduzione del prezzo. Nel contesto del contratto di compravendita, vi e` una disposizione particolare che regola que- sta fattispecie, prevedendo che la scelta fra risoluzione del con- tratto e riduzione del prezzo e` irrevocabile quando fatta con la domanda giudiziale (art. 1492, 2º co., c.c.). La ratio della norma e` ben comprensibile: vero e` che il compratore ha facolta` di scelta, ma tale scelta deve essere effettuata una volta per tutte, al fine di considerare anche gli interessi del venditore. Questi deve sapere il prima possibile se otterra` la restituzione del bene (in conse- guenza della risoluzione del contratto) oppure se il bene verra` trattenuto dal compratore e dovra` invece accontentarsi di un prezzo inferiore. Nel contratto di appalto sussiste invece una disciplina difforme. La Corte di Cassazione ha difatti affermato che il committente che, per difetti dell’opera, abbia esperito azio- ne di risoluzione del contratto per inadempimento dell’appalta- tore puo` successivamente modificare la domanda in quella di riduzione del prezzo(38). Secondo la Cassazione non soltanto non e` estensibile all’appello il principio, dettato per la vendita dall’art. 1492, 2º co., c.c. dell’irrevocabilita` della scelta, operata mediante domanda giudiziale, fra risoluzione del contratto e ri- duzione del prezzo, ma – nel caso d’inadempimento dell’appal- tatore – il divieto posto dall’art. 1453, 2º co., c.c. impedisce al committente che abbia proposto domanda di risoluzione di mu- tare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo.
Infine bisogna osservare che l’azione di risoluzione del contratto non esclude la possibilita` di chiedere, in aggiunta, il risarcimento del danno. Il committente, oltre alla restituzione dei compensi gia` pagati per l’opera malamente riuscita, puo` ottenere il risarci- mento del danno ulteriore che abbia patito. A titolo di esempio si pensi al caso di un impianto di depurazione per acque reflue che viene costruito da un appaltatore, ma risulta non funzionante. Se, a causa del malfunzionamento dell’impianto, e` necessario ricorrere allo spurgo, i relativi costi possono essere addebitati all’appaltatore che vi ha dato causa costruendo un’opera non adatta all’uso. &
(35) Cass., 15.3.2004, n. 5250.
(36) Cass., 16.3.2011, n. 6181.
(37) Trib. Catania, 17.2.2009, in Foro it., 2009, I, 1927 ss., con nota di Xxxxxxxx.
(38) Cass., 29.11.2007, n. 24948.