LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
Manuale per la negoziazione di secondo livello
Autori: M. V. Xxxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx Ricerca documentale: X. Xxxxxx, M.V. Giovannacci
Responsabile del progetto: M. V. Giovannacci
Bolzano, dicembre 2011
1
Un progetto finanziato dal Fondo Sociale Europeo
Ringraziamenti:
Gli autori desiderano ringraziare Xxxxxxxxx dell’Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx e Xxxx Xxxxx per il prezioso contributo a livello amministrativo, nonché Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xx Xxxx per la collaborazione nella stesura del presente rapporto.
Impressum Edito da:
Istituto per la Promozione dei Lavoratori AFI-IPL
Xxx xxx Xxxxx 0/x/0 - 00000 Xxxxxxx, Tel. 0000-000000 xxxx@xxx-xxx.xxx
Responsabile ai sensi della legge: Xxxxx Xxxxxxx, Presidente della Giunta di Istituto
Traduzione dall’italiano al tedesco: Xxxxxx Xxxxxx, Studio Nord Intercongress Layout e stampa: Tipografia Alto Adige
La riproduzione e/o diffusione, anche parziale, di informazioni, grafici e tabelle contenuti nel presente rapporto è consentita solo con citazione espressa della fonte
INDICE
pag.
PREMESSA 7
INTRODUZIONE 9
1. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN ITALIA 11
1.1 IL CONTRATTO COLLETTIVO: BREVE QUADRO GIURIDICO 12
1.2 LA STRUTTURA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA 13
1.2.1 Il doppio livello di contrattazione del Protocollo di luglio ‘93 15
1.2.2 Il contratto aziendale e le deroghe al CCNL: l’accordo separato del 22 gennaio 2009 17
1.2.3 Le nuove regole sulla rappresentatività: l’accordo unitario del 28 giugno 2011 19
1.3 MODELLI PARTECIPATIVI 20
1.4 GLI INCENTIVI ALLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA 22
2. LA CONTRATTAZIONE IN AZIENDA 25
2.1 DIFFUSIONE E CARATTERI DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE 26
2.2 ANALISI DELLA CONTRATTAZIONE IN ALTO ADIGE: LE INDAGINI AFI-IPL 29
2.3 I FATTORI DETERMINANTI DELLA CONTRATTAZIONE IN AZIENDA 31
2.3.1 Il mercato del prodotto/servizio 31
2.3.2 Il mercato del lavoro 33
2.3.3 Il contesto normativo 34
2.3.4 Le “consuetudini” negoziali 34
2.3.5 Gli altri fattori 35
3. LE BUONI PRASSI CONTRATTUALI 37
3.1 LA RETRIBUZIONE 38
3.1.1 Gli indicatori di produttività 41
3.1.2 Gli indicatori di qualità 44
3.1.3 Gli indicatori di redditività 46
3.1.4 Gli indicatori di assiduità 49
3.1.5 Altri indicatori 51
3.1.6 L’erogazione del premio: destinatari e correttori 51
3.1.7 Le tempistiche di verifica e di erogazione 55
3.2 L’ORARIO DI LAVORO 57
3.3 L’INQUADRAMENTO 65
3.4 LA FORMAZIONE IN AZIENDA 68
3.5 OCCUPAZIONE E SERVIZI PER L’IMPIEGO 74
3.6 WELFARE AZIENDALE 78
3.7 AMBIENTE E SICUREZZA 80
3.8 PARI OPPORTUNITA’, POLITICHE DI CONCILIAZIONE E DIVIETI DI DISCRIMINAZIONE 83
3.9 RELAZIONI INDUSTRIALI: I DIRITTI D’INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE 84
4. CONCLUSIONI 89
BIBLIOGRAFIA 93
Indice delle tabelle
pag.
Tabella 1: | I livelli contrattuali | 15 |
Tabella 2: | Gli assetti contrattuali prima e dopo gli accordi del 2009 | 18 |
Tabella 3: | Misure volte ad incentivare la contrattazione integrativa | 23 |
Tabella 4: | Tasso di copertura negoziale (anni 1990-2000) | 26 |
Tabella 5: | Esempi di indicatori di produttività | 43 |
Tabella 6: | Esempi di indicatori di qualità | 45 |
Tabella 7: | Un esempio di accordo distributivo | 48 |
Tabella 8: | Altri esempi di indicatori di redditività | 49 |
Tabella 9: | Esempi di indicatori di assiduità/presenza | 50 |
Tabella 10: | Esempi di altri indicatori per la determinazione del PdR | 51 |
Tabella 11: | Livelli di applicazione del PdR | 52 |
Tabella 12: | Esempi di correttivi collettivi di redditività | 53 |
Tabella 13: | Esempi di correttivi individuali di presenza | 53 |
Tabella 14: | Altro esempio di correttivo individuale di presenza | 54 |
Tabella 15: | Esempio di correttivo individuale di professionalità | 54 |
Tabella 16: | Correttivo collettivo di presenza | 54 |
Tabella 17: | Correttivo collettivo di presenza e “comportamento” | 55 |
Tabella 18: | Tempistiche e modalità di verifica | 55 |
Tabella 19: | Tempistiche e modalità di verifica | 56 |
Tabella 20: | Tempistiche di erogazione | 56 |
Tabella 21: | Lavoro festivo ed indennità | 58 |
Tabella 22: | Fruizione ferie e permessi | 58 |
Tabella 23: | L’orario multiperiodale e l’indennità di preavviso | 59 |
Tabella 24: | La banca delle ore | 60 |
Tabella 25: | Permessi retribuiti e non retribuiti | 61 |
Tabella 26: | La contrattazione del Part-Time | 62 |
Tabella 27: | La variazione della collocazione oraria | 64 |
Tabella 28: | La contrattazione del Part-Time | 64 |
Tabella 29: | Flessibilità orario di lavoro in entrata e in uscita | 65 |
Tabella 30: | Esempi di contrattazione dell’inquadramento | 66 |
Tabella 31: | Esempi di contrattazione della formazione | 73 |
Tabella 32: | Esempi di contrattazione dei limiti all’assunzione con contratti atipici | 74 |
Tabella 33: | Altro esempio di contrattazione dei limiti all’assunzione con contratti atipici | 75 |
Tabella 34: | Esempi di contrattazione della “stabilizzazione” | 75 |
Tabella 35: | La contrattazione della mobilità | 77 |
Tabella 36: | Un esempio altoatesino: il contratto di solidarietà alla Würth | 78 |
Tabella 37:Contrattazione anticipo XXX 00
Xxxxxxx 00:Xxxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxx assistenziale 79
Tabella 39:Contrattazione spese di trasporto e vitto 80
Tabella 40:Contrattazione altre facilitazioni e benefits 80
Tabella 41:Esempi di contrattazione in tema “ambiente e sicurezza” 81
Tabella 42:Altri esempi di contrattazione in tema “ambiente e sicurezza” 82
Tabella 43:Politiche di conciliazione 83
Tabella 44:Maternità ed erogazione del PdR 84
Tabella 45:Contrattazione pari opportunità 84
Tabella 46:Contrattazione “diritti d’informazione” 86
Tabella 47:Istituzione di organismi paritetici 86
Indice dei grafici
Grafico 1: Percentuale di imprese con contratto aziendale per classe dimensionale 27
Grafico 2: Percentuale di imprese con contratto aziendale per settore 28
Grafico 3: Diffusione dei contratti integrativi nelle aziende altoatesine con più di 50 29
dipendenti nel 2010
Grafico 4: Diffusione dei contratti integrativi nelle aziende altoatesine in funzione 30
della dimensione aziendale nel 2010
Indice delle figure
Figura 1: | Parametrizzazione annuale dell’indicatore di produttività | 44 |
Figura 2: | I margini distributivi | 47 |
Figura 3: | I Meccanismi di calcolo | 50 |
Figura 4: | La contrattazione della formazione | 72 |
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PREMESSA
La contrattazione può essere definita come un tecnica per ottenere qualcosa dagli altri. Più precisamente, si tratta di una modalità di relazione finalizzata al raggiungimento di un accordo, ovvero di una condivisione di interessi tra le parti stesse.
Le parti in causa, nonostante gli interessi divergenti, scelgono la strada della contrattazione, che presuppone, per definizione, sia un “dare” che un “prendere”. In tale ottica, risulta emble- matica l’espressione tedesca che nel contrapporre lavoratori e datori di lavoro utilizza i sostan- tivi “Arbeitnehmer” ed “Arbeitgeber” ovvero “prenditori di lavoro” e “datori di lavoro”. Ciò significa che le parti si aspettano dalla contrattazione un vantaggio reciproco ed è grazie alla negoziazione che le stesse possono creare qualcosa di nuovo che non sarebbe stato raggiunto se avessero dovuto contare solo sulle proprie forze.
La letteratura fa riferimento a due diversi approcci alla contrattazione (Xxxxxx et al. 2010). Il primo, più tradizionale, è quello distributivo, secondo il quale una parte vince solo se l’altra per- de. Si parla in questo caso di gioco a somma zero, nel quale il bene conteso ha una dimensione fissa. Il successo nella contrattazione significa appropriarsi della maggior quota della posta in palio a spese dell’altro contendente e quindi, data l’incertezza del risultato, l’interesse alla negoziazione può essere contenuto. Il secondo approccio, quello integrativo, si fonda sull’idea che la cooperazione tra le parti possa aumentare la posta in gioco, identificando, ad esempio, aree di comune interesse che non erano state colte prima della negoziazione. Si parla in que- sto caso di giochi a somma positiva, in cui ciò che le singole parti perdono e/o guadagnano dà complessivamente un risultato positivo. Una contrattazione di questo tipo può condurre ad ac- cordi dove entrambe le parti ottengono un miglioramento rispetto alla situazione di partenza.
Con il presente lavoro cercheremo di illustrare come l’approccio integrativo, nonostante ad un primo acchito possa apparire più complesso e non immediatamente applicabile alla negoziazio- ne salariale, rappresenti in realtà una prospettiva più che mai attuale alla luce dei nuovi modelli partecipativi, nello spirito degli accordi interconfederali del 1993 e del 2009.
Bolzano, dicembre 2011
Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx Responsabile del progetto
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INTRODUZIONE
Il presente manuale si suddivide in 3 parti, corrispondenti ad altrettanti capitoli. Nel primo ven- gono trattati i temi della contrattazione collettiva in generale, nel secondo vengono descritti gli ambiti negoziali a livello aziendale, mentre il terzo capitolo costituisce il cuore del manuale e, in particolare, tratta alcune buone pratiche contrattuali.
Il primo capitolo ha lo scopo di fornire una visione d’insieme sulla contrattazione in Italia. Vengono presentati alcuni punti fermi utili a comprendere e chiarire gli spazi di legittimità ed efficacia di un accordo collettivo all’interno di una normativa particolarmente complessa. La disciplina di riferimento è esclusivamente quella italiana, data la marginalità delle disposizioni comunitarie in materia. Sempre all’interno di tale capitolo, in un distinto paragrafo viene ap- profondita la struttura della contrattazione collettiva, e cioè i livelli ai quali si svolge la negozia- zione, attraverso l’analisi dei principali accordi in materia. Si parte dal protocollo del 1993 sulla politica dei redditi, per arrivare a quelli del 2009 e del 2011, rispettivamente sulle competenze dei diversi livelli di contrattazione e sulla rappresentatività sindacale. Segue un paragrafo de- dicato ai modelli partecipativi all’interno delle aziende. L’instabilità dei mercati richiede infatti strumenti di regolazione flessibili e orientati ad un approccio più collaborativo e meno antago- xxxxxxx rispetto alla contrattazione collettiva tradizionale, figlia di relazioni industriali più con- flittuali. In altre parole, è necessario ricorrere ad un approccio che possa permettere al sistema produttivo di recuperare competitività in un contesto di crisi e di variabilità della domanda. Chiude il capitolo un paragrafo che riepiloga gli incentivi economici che il legislatore ha messo in campo per promuovere la contrattazione nei luoghi di lavoro.
Nel secondo capitolo vengono affrontati gli ambiti negoziali in azienda. In primo luogo, viene trattata la questione dell’effettiva diffusione dei contratti aziendali. Sebbene il livello decentra- to stia assumendo un ruolo crescente in tutta Europa e nonostante il tema sia costantemente all’ordine del giorno nel dibattito pubblico in Italia, i dati disponibili relativi al nostro Paese sono drammaticamente carenti. Una rilevante eccezione è costituita dai dati relativi alla no- stra Provincia, grazie alle ricerche realizzate nell’ambito dell’Osservatorio sulla contrattazione decentrata, costituito presso l’AFI-IPL. In secondo luogo, viene approfondita la questione dei fattori determinanti la contrattazione aziendale, che assume un significato molto importante in considerazione del fine ultimo del presente manuale, che è quello di fornire ai rappresentanti dei lavoratori ed ai responsabili del personale utili strumenti per svolgere al meglio il proprio ruolo, evidenziando alcune soluzioni innovative adottate presso altre realtà locali e nazionali. Una raccolta di questo genere non intende offrire una serie di modelli che possono o dovreb- bero essere semplicemente replicati nei diversi contratti, a prescindere dai diversi contesti, bensì offrire spunti di riflessione ed esempi da adattare alle specifiche realtà aziendali tenendo presente soprattutto il contesto competitivo ed occupazionale, che gioca un ruolo decisivo nel determinare il grado di validità di una proposta.
Il terzo capitolo costituisce il cuore del manuale e tratta alcune buone pratiche contrattuali in materie di particolare rilevanza, che vanno dalla retribuzione variabile, prevista per la prima vol- ta dall’Accordo Interconfederale del 1993, all’orario di lavoro, passando per l’inquadramento, la formazione, l’occupazione, il welfare aziendale, l’ambiente e la sicurezza, le pari opportuni- tà, fino ad arrivare alle relazioni sindacali, con particolare attenzione ai diritti d’informazione e consultazione, che rappresentano uno strumento ancora poco conosciuto ma di fondamentale importanza per ridefinire il ruolo più attivo del sindacato all’interno delle imprese. Le mate- rie trattate nel manuale non esauriscono certo quelle che possono essere affrontate in un contratto collettivo, che sia aziendale o meno, ma sono state selezionate sulla base di alcuni criteri, che ci sembra opportuno esplicitare. In primo luogo, abbiamo preso in considerazione le materie che contemplano soluzioni effettivamente adottate e recepite in accordi collettivi e di cui è disponibile e consultabile il testo contrattuale. In secondo luogo, al fine di mantenere un approccio il più concreto possibile, abbiamo evitato di considerare testi che si limitassero a mere affermazioni di principio, a volte addirittura riprese dalla Costituzione o da testi legisla- tivi. Riteniamo infatti che un testo contrattuale debba consistere in una soluzione precisa ad un problema reale, nonché in disposizioni vincolanti per le parti, che possano essere chiamate a rispondere qualora non rispettassero i patti. Xxxxxxxx che non rispettano i criteri di cui sopra possono dare alla parte proponente l’impressione di avere ottenuto una vittoria, ma alla prova dei fatti dimostrano regolarmente la loro inutilità.
Un’ultima considerazione riguarda lo spazio preponderante che abbiamo riservato alla tema- tica retributiva. Sono stati gli stessi accordi interconfederali del 1993 e del 2009 ad attribuire al Premio di Risultato un ruolo di rilievo nella contrattazione di secondo livello, e la materia ha assunto un’importanza sempre maggiore anche in considerazione della perdita di potere di acquisto delle retribuzioni negoziate a livello nazionale. Dal 1993 in poi si è assistito ad un proliferare di accordi aziendali relativi al salario e, conseguentemente, gli altri ambiti negoziali hanno avuto una minore attenzione da parte degli attori contrattuali. Le recentissime novità legislative contenute nella manovra finanziaria approvata nel 2011 sembrano aprire ulteriori nuovi spazi per la contrattazione aziendale. In futuro, una nuova edizione di questo manuale potrà dar conto di eventuali nuove prassi negoziali.
1. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN ITALIA
1.1 IL CONTRATTO COLLETTIVO: BREVE QUADRO GIURIDICO
Un manuale sulla contrattazione aziendale non può esimersi dal tracciare un breve quadro giuridico della materia, che evidenzi gli ambiti di validità di un accordo sindacale, gli spazi disponibili ed i possibili contenuti degli accordi sindacali.
Il contratto collettivo costituisce l’esito della contrattazione collettiva, e cioè di quel proces- so attraverso il quale i sindacati e i datori di lavoro definiscono congiuntamente la regola- mentazione dei rapporti di lavoro, siano essi individuali o collettivi (Giugni 2010).
A chi si applica il contratto aziendale?
Nonostante il quadro normativo manchi di punti fermi1, si può dire che il contratto collet- tivo vincola i datori di lavoro nei seguenti 3 casi:
a. se lo hanno sottoscritto (se si tratta di un contratto stipulato a livello di azienda),
b. se sono iscritti alle associazioni datoriali stipulanti (se si tratta di un contratto valevole per più aziende, come sono i contratti collettivi nazionali o territoriali),
c. se lo hanno spontaneamente applicato, dimostrando in tal modo di riconoscerlo come normativa vincolante, talvolta facendo ad esso esplicito riferimento nei contratti indivi- duali di lavoro.
Lo stesso contratto collettivo vincola anche i lavoratori, sebbene non abbiano firmato in prima persona, ma solo attraverso i rappresentanti sindacali. Va inoltre ricordato che i mini- mi salariali previsti dai contratti collettivi nazionali vincolano di fatto tutti i datori di lavoro, anche quelli non iscritti alle associazioni datoriali stipulanti2.
Gli attori negoziali
In assenza di una chiara disciplina di legge, il recente Accordo del 28 giugno 2011 stipulato tra i maggiori sindacati nazionali e la maggiore associazione datoriale è intervenuto per re- golamentare i casi in cui vi siano delle divergenze tra i diversi sindacati a livello aziendale. L’accordo prevede infatti che il contratto aziendale sia vincolante per tutti i lavoratori:
a. se stipulato dalla Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) con il voto favorevole della maggioranza dei suoi membri oppure
b. se stipulato da una Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA) e ratificato attraverso un referendum tra i lavoratori3.
1 La disciplina risente della mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione, relativa ai sindacati e all’ambito di efficacia del contratto colletti- vo. Le questioni sono quindi state risolte non sulla base di specifiche esplicite previsioni legislative, bensì facendo riferimento all’orientamento giurisprudenziale (cioè all’interpretazione prevalente da parte dei giudici della normativa vigente come emerge dalla lettura delle sentenze emesse fino ad oggi) e all’elaborazione dottrinale (cioè al risultato del dibattito tra i giuristi come emerge dalla lettura degli articoli pubblicati sulle riviste specializzate) (Pera 2000).
2 Secondo l’art. 36 della Costituzione, i lavoratori hanno diritto ad una retribuzione giusta e sufficiente. Sulla base di tale principio, i giudici annullano le clausole che contrastano con tale previsione e determinano la retribuzione facendo riferimento, a titolo orientativo, alle tariffe sindacali di settore, che rappresentano il punto di equilibrio nel mercato tra gli interessi dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori.
3 Il referendum può essere richiesto entro 10 giorni dalla firma dell’accordo da un sindacato ovvero dal 30% dei lavoratori interessati.
L’accordo in questione non regolamenta però il caso in cui le divergenze tra i diversi sinda- cati si verifichino a livello nazionale. E’il caso, ad esempio, dei contratti del settore metal- meccanico stipulati nel 2008 e nel 2009, che hanno dato vita ad un contenzioso giudiziario.
L’inderogabilità in peggio del contratto individuale
Il contratto collettivo prevale sempre su quello individuale se quest’ultimo è peggiorativo. Il legislatore infatti si è espresso stabilendo il principio dell’inderogabilità in pejus, secondo il quale il contratto individuale non può peggiorare il contratto collettivo, pena la non va- lidità. In altre parole, le clausole del contratto collettivo, analogamente alla legge, concor- rono a determinare la disciplina dei rapporti di lavoro indipendentemente dalla volontà dei singoli lavoratori coinvolti. E’invece sempre valido il principio della derogabilità in melius, secondo il quale il contratto individuale può migliorare le clausole previste dai contratti collettivi, anche se vi sono opinioni diverse su come valutare il maggior favore quando gli elementi che variano sono più di uno.
La scadenza del contratto
Per quanto riguarda invece il rapporto tra diversi contratti collettivi, va premesso che ogni contratto collettivo può essere a tempo indeterminato o determinato: nel primo caso cia- scuna delle parti firmatarie può recedere, previa disdetta, nel secondo caso sono spesso presenti delle clausole di ultrattività, in base alle quali il contratto resta in vigore anche dopo la sua scadenza fino al momento della stipula di uno successivo, in modo da evitare la vacanza contrattuale. E’importante ricordare che un contratto collettivo successivo può modificare la disciplina stabilita dai precedenti contratti, ma non può assolutamente cam- biare le clausole dei contratti individuali4.
1.2 LA STRUTTURA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
La struttura contrattuale è quella rete relativamente stabile di rapporti che intercorrono in senso verticale tra i diversi livelli (nazionale, territoriale e aziendale) dove si svolge di fatto la negoziazione e in senso orizzontale tra i diversi soggetti che stipulano l’accordo ovvero tra organizzazioni sindacali e associazioni datoriali (Cella e Treu 2009).
4 Nel caso di conflitto tra le previsioni di contratti collettivi di diverso livello (nazionale, territoriale e aziendale), la situazione appare di non sem- plice soluzione, e le sentenze oscillano tra pronunce diverse, che tendono ora ad individuare un criterio gerarchico (in base al quale dovrebbe prevalere il contratto di livello superiore), ora un criterio cronologico (secondo il quale prevarrebbe sempre l’ultimo contratto stipulato), ora, infine (e tale appare l’orientamento giurisprudenziale recentemente prevalente), un criterio fondato sull’effettiva volontà delle parti contraenti di modificare il contratto nazionale in considerazione di specifici interessi locali, siano essi aziendali o territoriali. A tale ultima interpretazione ha aderito la Corte di Cassazione (Sentenza n. 19351 del 18 settembre 2007). L’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 è intervenuto per definire gli ambiti ed i requisiti in base ai quali un contratto aziendale può modificare la disciplina dettata da un contratto nazionale.
I molteplici livelli negoziali
Il fulcro della struttura è rappresentato dal contratto collettivo nazionale, stipulato dalle fe- derazioni di categoria, corrispondenti ad uno o più settori produttivi omogenei. Ad un livel- lo negoziale superiore si colloca l’accordo interconfederale, stipulato dalle confederazioni sindacali e datoriali senza una periodicità regolare e mirante a disciplinare un determinato istituto in modo uniforme per tutte le categorie. Ad un livello negoziale inferiore si colloca il contratto decentrato, che può riguardare diversi ambiti negoziali. Il contratto territoriale è stipulato dalle federazioni provinciali di categoria in determinati settori, soprattutto in edili- zia, agricoltura, commercio e artigianato; quello aziendale è stipulato dal datore di lavoro e dal sindacato di categoria provinciale o nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori (RSU) e può riguardare non solo una singola azienda e/o un gruppo di aziende, ma anche uno specifico stabilimento oppure un singolo reparto.
Un breve cenno storico
L’evoluzione storica della struttura della contrattazione evidenzia una oscillazione perma- nente tra centralizzazione e decentramento, ossia tra fasi in cui il livello preponderante sotto il profilo delle competenze era quello interconfederale e/o nazionale e fasi in cui il baricentro della contrattazione era più spostato a livello aziendale e/o territoriale. In realtà, ciò che ha tradizionalmente caratterizzato le relazioni industriali italiane è la bassa istitu- zionalizzazione del sistema, che scaturiva non solo dalla bassa ingerenza da parte dello Stato5, ma anche dall’assenza di regole formali e riconosciute dagli attori negoziali. E’solo con i primi anni Novanta che il contesto economico di profonda difficoltà, la necessità di soddisfare i criteri per l’ammissione al sistema monetario europeo e l’impossibilità di un intervento legislativo in materia spinsero i governi a perseguire la sottoscrizione da parte di tutti gli attori collettivi di un insieme di regole condivise che permettesse di contenere la dinamica inflazionistica. Al termine di un negoziato triangolare, che vide oltre alla presenza delle parti sociali anche quella del governo, vennero stipulati gli accordi interconfederali del 31 luglio 1992 (protocollo Amato) per l’abolizione della c.d. scala mobile6, e del 23 luglio 1993 (protocollo Ciampi) sulla politica dei redditi.
5 Oltre all’assenza di una legge di regolamentazione della contrattazione collettiva, evidenziata nel paragrafo precedente, si deve considerare che la disciplina del diritto di sciopero, pur prevista dalla Costituzione, è stata emanata soltanto nel 1990, e soltanto per i servizi pubblici essenziali.
6 Un sistema che prevedeva, a scadenze regolari ed in forma automatica, incrementi salariali dipendenti dalla variazione dei prezzi al consumo: il meccanismo aveva dato luogo ad un effetto trascinamento dell’inflazione da parte dei salari.
Tabella 1: I livelli contrattuali
Tipologia contrattuale | Parti contraenti | Ambiti disciplinati | Ambito di validità | |
Soggetti | Territorio | |||
Accordi interconfederali | Associazioni datoriali Organizzazioni sindacali Talvolta: Governo (si tratta di accordi tripartiti) | Materie di rilevanza intersettoriale e rapporti tra le diverse parti sociali (ed eventualmente la parte pubblica) | Specifici comparti | Nazionale |
Contratti collettivi nazionali | Associazioni datoriali nazionali Organizzazioni sindacali nazionali | Condizioni di lavoro Retribuzioni Rapporti tra le parti contraenti | Categorie e settori | Nazionale |
Contratti territoriali | Associazioni datoriali regionali Organizzazioni sindacali regionali | Distribuzione dei margini di produttività e redditività Rapporti tra le parti contraenti Altre materie negoziali relative al rapporto di lavoro | Categorie, settori e comparti | Regionale o provinciale |
Contratti aziendali | Datore di lavoro assistito dall’associazione datoriale provinciale Rappresentanza sindacale unitaria assistita dalle organizzazioni sindacali provinciali | Distribuzione dei margini di produttività e redditività Condizioni di impiego della forza lavoro Relazioni industriali | Dipendenti dell’Azienda o del Gruppo o dello stabilimento o del reparto | Azienda o Gruppo o Stabilimento o Reparto |
Fonte: Elaborazione AFI-IPL 2009
1.2.1 Il doppio livello di contrattazione del Protocollo di luglio ‘93
L’Accordo Interconfederale del 23 luglio 1993 è stato definito “la Carta costituzionale delle relazioni industriali italiane”, perché per la prima volta è stata formalmente regolamentata la struttura della contrattazione collettiva italiana.
Le gerarchie tra i livelli negoziali
Il protocollo istituzionalizzava la prassi dei due livelli di contrattazione, ovvero quella na- zionale di categoria e quella decentrata, prolungava la durata del contratto di categoria da tre a quattro anni per la parte normativa, e riduceva a due anni la durata della parte economica, stabilendo inoltre che la durata del contratto decentrato fosse quadriennale sia per la parte economica che per quella normativa. Anche il rapporto tra i livelli veniva gerarchicamente definito, in quanto spettava al contratto nazionale stabilire con clausole di rinvio le materie di competenza della contrattazione decentrata. Una clausola di non ripetitività escludeva inoltre che al livello decentrato potessero essere rinegoziate materie retributive proprie del livello nazionale di categoria, in quanto a ciascun livello contrattuale veniva attribuito un suo specifico ambito negoziale.
Il Protocollo continuava ad attribuire al contratto nazionale di categoria il compito di re- golare le condizioni di lavoro, confermando in tal modo il suo centrale ruolo all’interno
della struttura contrattuale. Allo stesso tempo manteneva in seno al contratto nazionale il peculiare compito di tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni. Ciascun rinnovo bien- nale doveva, da un lato, adeguare i minimi retributivi ai tassi di inflazione programmati così come indicati dal governo per il biennio seguente e, dall’altro, riallineare i salari al tasso d’inflazione effettivamente verificatosi nel corso del biennio precedente, nel caso questo fosse stato superiore a quello programmato7. Restava comunque valida la seconda funzio- ne tradizionalmente riservata al contratto nazionale di categoria, ovvero quella di aumen- tare i salari reali redistribuendo una parte della produttività media realizzata nel settore8. Al contratto nazionale il Protocollo attribuiva, inoltre, il compito di definire le procedure per la presentazione delle piattaforme contrattuali nazionali, aziendali e territoriali e di stabilire i tempi di apertura dei negoziati9.
Il Protocollo attribuiva al contratto “aziendale o, alternativamente10, territoriale” oltre alla funzione integrativa e applicativa conferitagli dallo stesso CCNL, anche quella redistributiva del reddito “definendo erogazioni strettamente correlate alla realizzazione di programmi finalizzati all’incremento di produttività, qualità o redditività dell’impresa”, cioè i c.d. premi di risultato di importo variabile.
Già nel 1998, al termine del primo quinquennio di applicazione del Protocollo, il governo insediò una commissione (Commissione Giugni, dal nome del suo presidente) che indivi- duò alcuni interventi per migliorare il testo. Ne scaturì un vivace dibattito, che solo dieci anni dopo ha portato ad un nuovo, contrastato accordo interconfederale11.
7 Il riallineamento all’inflazione effettiva doveva comunque essere negoziato tenendo conto di alcuni parametri e non poteva essere considera- to automatico, al fine di evitare l’introduzione di un meccanismo simile a quello della scala mobile, con i rischi di trascinamento evidenziati.
8 In questo caso l’aumento dei salari è coerente con l’obiettivo di contenere l’inflazione poiché esso, derivando da guadagni di produttività, non incrementa il costo del lavoro per unità di prodotto.
9 Il protocollo prevedeva, a partire dal quarto mese di scadenza del CCNL, un elemento provvisorio della retribuzione, la c.d. indennità di vacanza contrattuale di importo pari al 30% del tasso di inflazione programmato per i primi tre mesi e pari al 50% per quelli successivi.
10 Il principio di alternatività tra livello aziendale e territoriale è stato interpretato dai contratti nazionali di categoria in due modi differenti: in alcuni casi si è ritenuto che tale principio imponesse di scegliere solo uno dei livelli decentrati, in altri che esso consentisse la compresenza dei due livelli, a condizione che ciò escludesse qualsiasi ripetizione di discipline e trattamenti retributivi. Alcuni contratti di categoria hanno previsto il solo decentramento aziendale della contrattazione; altri contratti hanno previsto il solo decentramento territoriale; in altri casi ancora è previsto un comune ambito di applicazione ma competenze distinte, in modo che ciascuna impresa è soggetta ad una sola disciplina di secondo livello per ciascun istituto; in altri casi ancora sono previste le medesime competenze ma ambiti di applicazione diversi, a seconda, ad es., della dimensione aziendale, infine, in alcuni casi è lasciata alla singola impresa la scelta tra la stipulazione di un contratto aziendale o, in alternativa, l’applicazione di quello territoriale (Bellardi 2003).
11 Il Protocollo del luglio 1993, se da un lato ha contribuito in misura determinante al raggiungimento degli obiettivi di abbattimento dell’in- flazione ed al rispetto dei criteri di Maastricht per l’adesione della lira al Sistema Monetario Europeo, dall’altro ha evidenziato delle carenze sia sotto il profilo della difesa del potere di acquisto (a causa di una crescente inattendibilità del tasso di inflazione programmata, stabilito dal governo ad un livello notevolmente inferiore rispetto a quello ragionevolmente previsto e poi effettivamente verificato, e di un costante ritardo dei rinnovi contrattuali della parte economica) sia sotto il profilo della redistribuzione dei guadagni di produttività (a causa di una struttura produttiva composta da una larghissima quota di piccole e piccolissime imprese con scarsa o nessuna propensione alla contrattazio- ne aziendale, ed al mancato decollo della contrattazione territoriale, limitata di fatto alle regioni ed ai settori dove era da tempo già diffusa). (Bellardi 2008).
1.2.2 Il contratto aziendale e le deroghe al CCNL:
l’Accordo separato del 22 gennaio 2009
L’Accordo del 22 gennaio 2009 nasce dopo un decennio di dibattito su un’eventuale ri- forma del Protocollo, avviato a partire dalla Relazione finale della Commissione Giugni. Si tratta di un accordo che ha determinato di fatto una profonda frattura all’interno del fronte sindacale, in quanto una delle maggiori confederazioni sindacali italiane, ovvero la CGIL, non lo ha sottoscritto.
L’accordo conferma i due livelli di contrattazione già previsti dal Protocollo del 1993 e ripri- stina la durata triennale dei contratti nazionali di categoria, sia per la parte normativa che per quella retributiva, attribuendo a successivi accordi interconfederali la scelta dell’ambito (aziendale o territoriale) dei contratti decentrati. I rapporti tra i due livelli sembrano con- figurarsi come nel sistema previgente. Vengono infatti mantenute le clausole di rinvio, in base alle quali sarà il contratto nazionale di categoria a stabilire le competenze del con- tratto decentrato. L’accordo inoltre estende dall’ambito retributivo alla totalità degli istituti contrattuali la clausola di non ripetitività a livello decentrato di quanto già contrattato a livello nazionale di categoria. Allo stesso tempo, tuttavia, gli stessi contratti nazionali di categoria possono prevedere in sede di rinnovo clausole di apertura secondo le quali si potrà derogare alla regolamentazione nazionale qualora ciò sia funzionale a governare situazioni di crisi o a favorire lo sviluppo economico ed occupazionale di un territorio o di singole aziende. Eventuali controversie in materia di distribuzione delle competenze tra i diversi livelli di contrattazione saranno disciplinati da successivi accordi interconfederali e risolti mediante strumenti di conciliazione e arbitrato.
Rispetto al salario, l’accordo attribuisce al livello nazionale di contrattazione principalmente la funzione di difesa del potere di acquisto dei salari, rinunciando quindi in parte a quel- la tradizionale di redistribuzione dei guadagni medi di produttività del settore. I rinnovi triennali dovranno tenere conto di un nuovo indice previsionale della crescita dei prezzi al consumo basato su un indice armonizzato a livello europeo e depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati12.
I contratti di categoria potranno prevedere un elemento economico di garanzia, cioè un importo che le aziende devono erogare ai propri dipendenti qualora non dovessero istitu- ire un proprio premio di risultato aziendale. Al contratto nazionale di categoria l’accordo attribuisce inoltre la definizione di tempi e procedure negoziali e il riconoscimento di una copertura economica in caso di ritardo nei rinnovi.
Sempre in merito alla parte salariale, l’accordo conferma a livello decentrato l’esclusiva nel definire i premi di risultato, ovvero incrementi retributivi di importo variabile legati all’an- damento economico produttivo dell’azienda. Nella pratica, la definizione degli importi del
12 L’elaborazione dell’indice in questione è affidato dall’accordo quadro ad un ‘soggetto terzo’.
salario variabile segue di fatto le stesse logiche già previste con l’accordo del luglio 1993. Sempre nel corso del 2009 l’accordo quadro sopra descritto è stato reso esecutivo tramite specifiche intese a livello di comparto (industria13, servizi14, artigianato15, agricoltura16, pub- blica amministrazione17).
Tabella 2: Gli assetti contrattuali prima e dopo gli accordi del 2009
Aspetto | Protocollo luglio 1993 | Accordo quadro gennaio 2009 |
Durata dei contratti collettivi nazionali | Quattro anni per la parte normativa Due anni per la parte economica | Tre anni |
Durata dei contratti collettivi aziendali o territoriali | Quattro anni | Tre anni |
Determinazione dell’inflazione di riferimento | Il governo stabilisce il tasso di inflazione programmata | Un ente terzo misura l’indice dei prezzi al consumo depurato dall’inflazione derivante dall’importazione dell’energia |
Aumenti salariali | Recupero del differenziale tra inflazione reale e programmata sulla base di un accordo. Tre mesi dopo la scadenza del contratto i lavoratori ricevono un incre- mento pari al 30% del tasso di inflazione programmata fino alla stipula di un nuovo contratto Possibilità di contratti di secondo livello (aziendale o territoriale) | Recupero del differenziale tra inflazione reale depurata e incremento salariale previsto dal contratto precedente. Previsione di contratti di secondo livello (aziendale o territoriale) |
Indicatori previsti per i contratti collettivi aziendali | Progetti concordati tra le parti per l’aumento della produttività, della qualità, della redditività e per altre misure volte al miglioramento della competitività | |
Procedure previste per i rinnovi contrattuali | Astensione dal conflitto per i 4 mesi precedenti alla scadenza del contratto collettivo. Presentazione delle piattaforme rivendicative almeno 3 mesi prima della scadenza del contratto collettivo | Rinvio ai contratti collettivi nazionali |
Rappresentanza sui luoghi di lavoro | Riconoscimento delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) | Dichiarazione di intenti formalizzata solo con l’Accordo del 28 giugno 2011sotto scritto anche dalla Cgil: possibilità di optare tra Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) prevista dal Protocollo del luglio 1993 e Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA) prevista dallo Statuto dei Lavoratori e durata triennale delle cariche |
Fonte: Elaborazione AFI-IPL 2009
13 Accordo interconfederale Confindustria del 15 aprile 2009.
14 Accordo interconfederale Confservizi del 18 novembre 2009.
15 Accordo interconfederale applicativo dell’intesa sul sistema degli assetti contrattuali, delle relazioni sindacali e della bilateralità nell’artigianato del 23 luglio 2009.
16 Protocollo d’intesa sugli assetti contrattuali del settore agricolo del 22 settembre 2009, sottoscritto anche dalla Cgil.
17 Intesa per l’applicazione dell’accordo quadro ai comparti contrattuali del settore pubblico del 30 aprile 2009.
1.2.3 Le nuove regole sulla rappresentatività:
l’Accordo unitario del 28 giugno 2011
L’Accordo Unitario del 28 giugno 2011 ha il merito di ricompattare il fronte sindacale che viveva profonde divisioni fin dalla stipula dell’Accordo Interconfederale del 2009 che, come abbiamo precedentemente ricordato, non venne sottoscritto da una delle tre maggiori confederazioni sindacali. Tale ritrovata unità d’intenti tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria avviene con lo scopo di disciplinare gli ambiti di validità dei contratti aziendali e la rappre- sentatività sui luoghi di lavoro.
Le regole per l’efficacia erga omnes a livello aziendale
In merito a quest’ultimo aspetto, come si è visto nel paragrafo relativo al quadro giuridico, l’accordo stabilisce che i contratti collettivi aziendali sono efficaci per tutto il personale in forza se approvati:
a. dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) elette secondo le regole interconfederali vigenti;
b. dalle rappresentanze sindacali aziendali18 (RSA) costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda. Tuttavia, tali contratti aziendali devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle RSA a seguito di una richiesta avanzata almeno da un’organizzazione firmataria dell’accordo o dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti.
Tale accordo, pur conferendo al contratto nazionale una certa supremazia nel delimitare le materie delegabili al secondo livello (art. 3), attribuisce agli stessi contratti aziendali la possibilità di definire specifiche intese modificative del contratto nazionale (art.7). Secondo l’accordo, le modifiche al CCNL devono comunque essere limitate:
a. alle finalità di gestione di situazioni di crisi oppure di realizzazione di investimenti signi- ficativi per lo sviluppo economico e occupazionale dell’impresa,
b. alle materie della disciplina della prestazione lavorativa, degli orari e dell’organizzazione del lavoro.
La spinta verso il decentramento contrattuale e la vicenda dell’art.8
Nel corso del 2011 si ha una ulteriore accelerazione del cammino verso il decentramen- to della contrattazione collettiva, a seguito della conversione in legge dell’art. 8 del DL
18 Ovviamente in caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge n. 300/70.
138/2011 sul “sostegno alla contrattazione di prossimità”, ovvero sul sostegno alla con- trattazione aziendale in deroga anche a quanto stabilito dal contratto nazionale. In sintesi, due sono le principali disposizioni contenute nella norma di legge:
• la prima riprende quanto stabilito dall’Accordo del 28 giugno sulla possibilità da parte di un contratto aziendale o territoriale approvato secondo determinati criteri, di derogare ai contratti nazionali spingendosi addirittura ad ipotizzare deroghe alle leggi19.
• La seconda ha invece il solo scopo di rendere di fatto retroattivo l’Accordo Interconfe- derale del 28 Giugno 2011 e di sanare, in tal modo, i contratti collettivi aziendali di Fiat (Pomigliano e Mirafiori) che erano stati stipulati antecedentemente a tale accordo. In seguito all’acceso dibattito sull’art.8 Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno concordato di ribadire la propria autonomia negoziale rispetto alle “minacce” di un eccessivo “inter- ventismo” della politica nella regolamentazione dei rapporti sindacali.20
Dal punto di vista giuridico l’articolo 8 contiene comunque disposizioni molto controverse e di dubbia applicabilità nella parte in cui ammette la deroga alla legge da parte dei con- tratti collettivi.
1.3 MODELLI PARTECIPATIVI
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le istanze circa una maggior partecipazione dei lavo- ratori nella gestione delle imprese. L’instabilità dei mercati richiede strumenti di regolazio- ne del lavoro flessibili e orientati ad un approccio più collaborativo e meno antagonistico rispetto alla contrattazione collettiva tradizionale, figlia di relazioni industriali conflittuali. La condivisione di obiettivi a medio termine permette infatti di bilanciare con la coesione interna all’impresa gli elementi di turbolenza e incertezza presenti nel contesto esterno. In questo modo il sindacato è in grado di guadagnarsi nuovi spazi d’azione per sostenere gli interessi dei lavoratori, e anche la parte datoriale può guadagnare in coinvolgimento e fidelizzazione dei dipendenti, requisito indispensabile per competere su terreni che pre- suppongono la valorizzazione delle risorse umane. Non va peraltro dimenticato che una delle principali ragioni che giustificano la presenza del sindacato all’interno delle aziende
19 A livello decentrato si possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove atti- vità. Tali intese possono riguardare l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative: a) agli impianti audiovisivi e all’introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell’orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasfor- mazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio.
20 “Confindustria, Cgil, Cisl e Uil concordano che le materie delle relazioni industriali e della contrattazione sono affidate all’autonoma determinazione delle parti. Conseguentemente, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si impegnano ad attenersi all‘Accordo Interconfederale del 28 giugno, applicandone compiutamente le norme e a far sì che le rispettive strutture, a tutti i livelli, si attengano a quanto concordato nel suddetto Accordo Interconfederale”.
consiste nella situazione di asimmetria informativa tra le parti sull’andamento effettivo dell’impresa: l’imprenditore, detenendo le leve per la gestione dell’azienda, è informato a tal proposito molto meglio del singolo lavoratore. In tal modo, egli è in grado meglio di ogni altro, di appropriarsi, nel corso della negoziazione individuale, del sovrappiù prodotto dall’impresa (Ichino 2004). Il sindacato funge da “intelligenza collettiva” in grado di ridurre l’asimmetria informativa, ossia lo squilibrio nella disponibilità delle informazioni aziendali rilevanti, e di migliorare la distribuzione delle risorse.
A tal fine gli stessi contratti collettivi attribuiscono alle organizzazioni sindacali specifici diritti d’informazione sugli investimenti tecnico-produttivi dell’azienda, sulle prospettive occupazionali a medio-lungo termine, ecc. Gli accordi interconfederali del 1993 e del 2009 sono particolarmente cauti per quanto riguarda i riferimenti a qualsivoglia forma di parte- cipazione dei lavoratori nell’impresa. Infatti, entrambi gli accordi ribadiscono la centralità del metodo contrattuale quale strumento di regolazione dei rapporti di lavoro, prevedendo che le erogazioni del livello aziendale di contrattazione salariale siano correlate alla realiz- zazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produt- tività, qualità e redditività aziendale. Si tratta quindi di una partecipazione solo indiretta e finalizzata più alla riduzione dei costi che ad un maggior coinvolgimento dei lavoratori. Il carattere moderato di simili previsioni è ancora più evidente se si prende a riferimento il concetto di partecipazione contenuto nella Carta Costituzionale (art. 46), che prevede esplicitamente l’obiettivo della partecipazione dei lavoratori alla “gestione” delle imprese. A tale indirizzo non è mai stato dato un seguito legislativo, anche per la storica contrappo- sizione tra il sindacalismo “cattolico” rappresentato dalla Cisl, aperto ad una prospettiva di collaborazione “corporativa”, e quello di “classe”, rappresentato dalla Cgil, contrario alla commistione degli interessi tra capitale e lavoro. Le direttive comunitarie sulla Società euro- pea hanno contribuito recentemente a risvegliare il dibattito sulla questione tra economisti, sociologi e giuristi (Xxxxxx 2009) e nelle ultime legislature sono stati presentati alcuni dise- gni di legge per regolare e favorire la partecipazione dei lavoratori, secondo un’accezione prevalentemente finanziaria. Negli ultimi anni le parti sociali hanno firmato alcuni “Avvisi comuni” relativi alla partecipazione dei lavoratori21, e alla loro informazione e consultazio- ne22 e il 7 luglio 2010 il Ministero del Lavoro ha pubblicato un “Codice della partecipazio- ne23”, in realtà una semplice raccolta della normativa vigente in materia e di alcuni accordi sindacali che dovrebbero rappresentare degli esempi di buone pratiche. I progetti di legge al vaglio del Parlamento, fra cui anche uno bipartisan24, restano però fermi in Parlamento.
21 Avviso comune del 9 dicembre 2009, non sottoscritto dalla Cgil.
22 Avviso comune del 27 novembre 2006 per il recepimento della Direttiva CE 14/2002.
23 xxxx://xxx.xxxxxx.xxx.xx/Xxxxxx/XxxxxXxxxx/xxxxxx_xxxxxxxxxxxxxx.xxx.
24 D.d.L. presentato il 20 maggio 2009 dal relatore della Commissione Lavoro del Senato Xxxxxx Xxxxxx.
1.4 GLI INCENTIVI ECONOMICI ALLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA
Il limite dell’Accordo del 1993 è stato quello di non aver previsto alcuna misura efficace per incentivare adeguatamente la stipula dei contratti collettivi di secondo livello. Negli anni successivi a quello dell’accordo, una forte resistenza alla stipula dei contratti integrativi da parte delle aziende è derivata dalle continue modifiche delle misure di sostegno alla contrattazione. Infatti, la percentuale di retribuzione variabile per la quale veniva ammes- sa la decontribuzione e defiscalizzazione tendeva a cambiare di anno in anno per effetto delle diverse leggi finanziarie e ciò rendeva, di fatto, il quadro normativo particolarmente complesso. L’incertezza del diritto, dovuta ai diversi orientamenti politici dei governi che si sono succeduti ed alle conseguenti diverse leggi finanziarie, non ha incoraggiato la stipula di accordi che per loro natura impegnano le parti per un orizzonte temporale pluriennale.
In tale contesto, un elemento di novità contenuto esplicitamente nell’Accordo del 2009 riguarda la “necessità che vengano incrementate, rese strutturali, certe e facilmente ac- cessibili tutte le misure volte ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega incentivi economici al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività…”. La dichiarazione assume particolare rilevanza in vir- tù dell’aperto sostegno all’accordo da parte del Governo e del Ministero del Lavoro, che si è quindi implicitamente assunto l’impegno di operare nella direzione prevista dall’accordo stesso. Di seguito la tabella di sintesi delle misure in vigore a fine 2011. Le modifiche vale- voli per gli anni successivi saranno pubblicate sul sito AFI-IPL.
Tabella 3: Misure volte ad incentivare la contrattazione integrativa
Detassazione | Decontribuzione | |
Normativa di riferimento | L. 247/2007 D.L. 78/2010, art. 53 co. 1 L. 220/2010 | L. 247/2007 D.L. 78/2010, art. 53 co. 2 D.m. 32962/2009 |
Soggetti beneficiari | Lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato presso datori di lavoro del settore privato | Lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato presso datori di lavoro del settore privato |
Oggetto dello sgravio | Tutte le somme che siano riconducibili ad incrementi di produttività, innovazione, efficienza organizzativa e agli altri elementi legati all’andamento economico dell’impresa | Tutte le somme che siano riconducibili ad incrementi di produttività, innovazione, efficienza organizzativa e agli altri elementi legati all’andamento economico dell’impresa |
Requisiti formali | Le somme sono state erogate in attua- zione di quanto previsto da uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale | Le somme sono state erogate in attuazio- ne di quanto previsto da uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale depositato entro 30 giorni dalla stipula alla Direzione Provinciale del Lavoro |
Misura dello sgravio per il datore di lavoro | 25% di aliquota contributiva | |
Misura dello sgravio per il lavoratore | 10% invece dell’aliquota IRPEF di riferimento a seconda del reddito | Esenzione totale |
Limite dello sgravio sul premio di risultato | 6.000 euro | 5% della retribuzione |
Limite reddituale del lavoratore per godere dello sgravio | 40.000 euro |
2. LA CONTRATTAZIONE IN AZIENDA
2.1 DIFFUSIONE E CARATTERI DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
In merito alla copertura della struttura contrattuale, il sistema produttivo industriale italia- no può essere distinto in tre segmenti (Cella e Treu 2009). Il primo segmento è costituito dalla imprese di piccolissime dimensioni (fino a 10-15 dipendenti), in parte coperte dai con- tratti nazionali e/o territoriali del settore artigiano e per la restante parte coperte in modo indiretto attraverso l’estensione per via giurisdizionale dei minimi salariali. Il secondo seg- mento è composto dalle piccole imprese (fino a 50 dipendenti), coperte per lo più dalla sola contrattazione nazionale di categoria. Il terzo segmento è costituito prevalentemente dalle imprese medie e grandi (oltre i 50 dipendenti), coperte, nella larga maggioranza dei casi, oltre che dalla contrattazione nazionale di categoria, anche dalla contrattazione aziendale.
La bassa diffusione della contrattazione aziendale
L’assenza di recenti rilevazioni sistematiche e condotte su campioni rappresentativi in am- bito nazionale in merito alla diffusione della contrattazione decentrata rende impossibile disporre di dati certi. Una parziale eccezione è costituita dall’indagine sulle imprese indu- striali e dei servizi della Banca d’Italia: i dati delle aziende con oltre 20 dipendenti evidenzia- no che il 30,6% delle imprese industriali e il 20,4% di quelle dei servizi hanno sottoscritto nel periodo 2000-2008 un contratto aziendale. Nelle analisi occorre comunque tenere distinto il dato relativo alle sottoscrizioni da quello riguardante l’applicazione del contratto. Utilizzando un approccio diacronico limitato all’industria in senso stretto, la stessa analisi evidenzia come la frequenza di sottoscrizione abbia subito una flessione rispetto al decen- nio precedente25, come confermato anche da altre indagini, che hanno utilizzato metodi diversi di analisi26. Le ragioni di tale arretramento della contrattazione di secondo livel- lo possono essere individuate principalmente nell’enfasi posta sulle relazioni industriali in azienda nel corso del primo periodo, ed in particolare nei primi anni successivi all’accordo
Tabella 4: Tasso di copertura negoziale (anni 1990-2000)
Contratto decentrato sottoscritto negli anni Novanta | Contratto decentrato sottoscritto negli anni Duemila | ||
imprese con almeno 20 addetti | |||
% di imprese | % di addetti | % di imprese | % di addetti |
43 | 64 | 31 | 54 |
Fonte: Elaborazione AFI-IPL su dati Banca d’Italia (2009)
25 Occorre comunque tenere presente che si tratta di una frequenza cumulata che considera periodi di durata differente: gli anni delle rilevazioni sono il 1999 e il 2001 per gli anni Novanta e il 2008 per gli anni Duemila.
26 Cnel (2010), La contrattazione collettiva del settore privato nel 2009, p. 89 ss., che si riferisce ad un indagine longitudinale su un panel di imprese medie e grandi che hanno stipulato un contratto collettivo aziendale.
del 1993, che poi è andata inevitabilmente scemando, anche per l’assenza di un efficace sistema di incentivazione alla sottoscrizione di accordi a livello aziendale. Un timido segnale di inversione di tale tendenza sembra essere rappresentato dalla normativa sulla defiscaliz- zazione e sulla decontribuzione della quota di retribuzione negoziata al secondo livello, di cui si è dato conto nei paragrafi precedenti.
In merito alle relazioni esistenti tra la diffusione della contrattazione aziendale ed altre variabili, tutti gli studi concordano nell’evidenziare la rilevanza della dimensione aziendale, della dislocazione territoriale e del settore economico, come confermato anche dalla già citata recente indagine27.
La contrattazione aziendale è più diffusa nelle aziende di grandi dimensioni
In particolare, la quota di imprese che hanno sottoscritto un contratto collettivo tra il 2000 e il 2008 cresce con il crescere della dimensione aziendale, intesa come numero di dipen- denti: ciò può essere motivato dall’azione, nelle imprese maggiori, di un sindacato azien- dale capace di rappresentare al meglio i propri membri nonchè dalla presenza di appositi uffici che si occupano di relazioni industriali. La dimensione aziendale rappresenta il più significativo fattore esplicativo delle differenze nella diffusione della contrattazione, ed indirettamente si riflette anche nelle altre variabili qui considerate.
Grafico 1: Percentuale di imprese con contratto aziendale per classe dimensionale
%
84%
%
73%
%
%
%
47%
50%
43%
%
29%
%
21%
%
14%
%
%
Dipendenti
Fonte: Banca d’Italia 2009
27 Banca d’Italia (2009), Indagine sulle imprese industriali e dei servizi. Supplemento al bollettino statistico, tavola G6.
Tali dati trovano conferma anche in un recente rapporto AFI-IPL pubblicato nel luglio del 2011, che evidenzia in modo inequivocabile che, all’aumentare della dimensione aziendale aumentano anche le retribuzioni per effetto di una maggiore diffusione della contrattazione integrativa aziendale (Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx 2011).
La diffusione della contrattazione aziendale dipende dalle aree geografiche e dal settore
La quota di imprese che hanno sottoscritto un contratto collettivo tra il 2000 e il 2008 varia a seconda dell’area geografica: su tale fenomeno ha certamente incidenza la situazione dei diversi mercati del lavoro locali, con tassi di disoccupazione particolarmente elevati nel Mezzogiorno, che riducono il potere negoziale del sindacato28. Inoltre, va considerato che la presenza di aziende di maggiori dimensioni è storicamente concentrata nelle regioni settentrionali, limitata in quelle centrali ed estremamente ridotta in quelle meridionali, in Sicilia ed in Sardegna.
La quota di imprese che hanno sottoscritto un contratto collettivo tra il 2000 e il 2008 è differente a seconda del settore economico, manifestazione di maggiore ricchezza da distribuire nei settori con produttività più elevata o minore esposizione alla concorrenza
Grafico 2: Percentuale di imprese con contratto aziendale per settore
37%
9%
33%
41%
20%
%
%
%
%
%
%
Fonte: Banca d’Italia 2009
28 Oltre a ciò, va sottolineato in primo luogo come una minore dinamica salariale nel Mezzogiorno si accompagna ad un livello dei prezzi dei beni di consumo minore, ed in secondo luogo che, considerando le differenze retributive e le differenze di produttività, il costo del lavoro per unità di prodotto nel Mezzogiorno è comunque superiore a quello del resto d’Italia.
internazionale derivante dal fenomeno della globalizzazione dei mercati. Inoltre, anche in questo caso va tenuta presente la diversa dimensione delle aziende nei diversi settori: il nu- mero medio di occupati in una impresa del settore chimico è certamente maggiore rispetto a quello nei settori del tessile, abbigliamento, pelli e calzature, contraddistinti dal modello produttivo del distretto industriale, e cioè dalla collaborazione di diverse imprese di media o piccola dimensione che collaborano in una rete di relazioni di vario tipo.
2.2 ANALISI DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE IN ALTO ADIGE
In un panorama nazionale caratterizzato dalla scarsità di studi e indagini sulla contrattazio- ne collettiva e la sua diffusione, l’AFI-IPL si è sempre occupato di approfondire la materia, pubblicando alcuni studi, soprattutto a livello settoriale29.
Nell’ambito del progetto “Innovazione organizzativa e qualità del lavoro: il ruolo delle relazioni industriali”, finanziato dal Fondo sociale europeo, l’AFI-IPL si è concentrato sulle imprese altoatesine con più di 50 dipendenti, che nel 2009 erano complessivamente 319. Quasi la metà (145) di queste aziende, che occupavano circa 23.000 dipendenti, hanno partecipato alla rilevazione.
Dall’analisi delle risposte, è emerso che il contratto integrativo di secondo livello è presente nel 42% delle aziende intervistate interessando complessivamente 13.414 lavoratori di- pendenti (59%).
Grafico 3: Diffusione dei contratti integrativi nelle aziende altoatesine con più di 50 dipendenti – 2010 - valori percentuali.
Fonte: AFI-IPL 2010
29 Si tratta di diversi studi pubblicati nella collana Documentazione (Metalmeccanico, Commercio, Costruzioni, Legno e affini), o come Working Paper (i premi di risultato nelle 50 imprese altoatesine di maggiori dimensioni).
Si tratta per lo più di contratti stipulati a livello d’impresa (59%) e di stabilimento (18%), ma risultano diffusi anche quelli interaziendali (16%) e di gruppo (10%).
I dati mostrano, inoltre, che i contratti aziendali vengono stipulati per lo più nelle aziende industriali (53%) rispetto a quelle del terziario (32%)30. Inoltre, all’aumentare della dimen- sione aziendale aumenta anche la percentuale d’imprese che sono interessate da un accor- do integrativo aziendale. Lo studio evidenzia anche che nelle aziende con tali caratteristi- che è maggiormente presente il sindacato che sappiamo essere attore indispensabile per la negoziazione di un contratto collettivo.
Grafico 4: Diffusione dei contratti integrativi nelle aziende altoatesine in funzione della dimensione aziendale - 2010 - valori percentuali.
59%
37%
41%
Dipendenti
Fonte: AFI-IPL 2010
Nella ricerca “La contrattazione aziendale nel settore metalmeccanico (Giovannacci 2003)” si sono analizzati 88 contratti stipulati in 30 aziende metalmeccaniche nel periodo 1996- 200131. I dati analizzati mostrano un’estensione della contrattazione aziendale su oltre l’83% dei lavoratori coperti dal contratto collettivo nazionale metalmeccanico industria, che cresce fino a quasi il 93% se si considerano i soli lavoratori occupati nelle imprese maggiori (con oltre 15 addetti).
Nello studio “La contrattazione integrativa nel commercio (Xxxxxxxxxxx 2004)”, l’analisi ha riguardato 75 contratti stipulati in 25 aziende nel periodo 1996-200232. La presenza di
30 In questo studio sotto la voce “aziende industriali” sono state ricomprese quelle del settore metalmeccanico, chimico, alimentare, tessile, stampa, legno, energia ed edilizia, mentre sotto “Terziario” troviamo le aziende del commercio, del turismo, dei pubblici esercizi, dei servizi sociali, dei trasporti e, non da ultimo, del comparto credito assicurazioni.
31 Elaborazioni su dati INPS 1998.
32 Elaborazioni su dati del censimento dell’industria e dei servizi 1996.
un contratto territoriale permette di coprire con la contrattazione di secondo livello tutto il personale dipendente occupato nel settore.
Le stime relative all’estensione negoziale nei settori dell’Edilizia e del Legno33 ci indicano elevati tassi di copertura (Xxxxxxxxxxx 2006). La quota di occupati coperti dalla contrat- tazione di secondo livello risulta infatti, nei due settori sopra menzionati, rispettivamente del 100% e del 62%. Il settore dell’edilizia è coperto da contratti territoriali (industria + artigianato) mentre il contratto territoriale del settore del legno interessa solo i lavoratori del comparto artigiano e non quelli dell’industria.
2.3 I FATTORI DETERMINANTI DELLA CONTRATTAZIONE IN AZIENDA
Come chiarito nell’introduzione, il presente manuale si propone di delineare un quadro delle principali materie trattate nei contratti collettivi aziendali. In particolare, ci si propone di riportare nel manuale le principali esperienze realizzate sia sul territorio altoatesino che su quello nazionale e che possono quindi definirsi “buone pratiche”.
Una simile raccolta risulterà tanto più utile quanto più si liberi il campo dal possibile equi- voco, che si possa semplicemente replicare quanto di seguito riportato a prescindere dai diversi contesti aziendali. Il lavoro vuole soltanto offrire degli stimoli (o degli esempi) alle Rappresentanze Sindacali ed ai responsabili aziendali del personale, affinché possano svol- xxxx al meglio il loro compito di attori del sistema delle relazioni industriali.
Esiste infatti una serie di fattori che hanno una notevole influenza sulle relazioni industriali e che sono determinanti per decretare se una proposta ed il suo eventuale recepimento in un testo contrattuale siano “buoni” o meno. I più importanti sono probabilmente i se- guenti (Xxxxxxx 1995 e 1999).
2.3.1 Il mercato del prodotto/servizio:
In primo luogo occorre considerare se l’azienda opera in un settore esposto o meno alla concorrenza e in quale misura (Giudici 1995 e 1999).
• Un’impresa che occupa una posizione monopolistica, ovvero che si trova ad essere l’u- nica produttrice di un determinato prodotto o servizio, si trova in una condizione di for- za rispetto alle pressioni sindacali poiché è in grado di resistere alle rivendicazioni non temendo che agitazioni e scioperi possano mettere in pericolo la sua quota di mercato. Allo stesso tempo, tuttavia, l’impresa non necessita di massimizzare la propria forza
33 Elaborazioni su dati del censimento dell’industria e dei servizi 1996.
contrattuale, potendo trasferire sul consumatore incrementi di costi derivanti da con- cessioni sindacali. In questo caso, tuttavia, l’impresa dovrebbe considerare comunque il rischio che il consumatore si orienti su altri beni o servizi sostitutivi, rispetto a quelli prodotti dall’impresa.
• Un’impresa che opera in una situazione di mercato oligopolistico, ovvero di un mer- cato caratterizzato dalla presenza di un numero limitato di concorrenti di dimensioni consistenti che si spartiscono quote importanti, si trova in una situazione di debolezza rispetto alle pressioni sindacali poiché la resistenza alle rivendicazioni è limitata dal ri- schio di vedere erose le proprie quote di mercato durante eventuali agitazioni sindacali. L’impresa, in questa situazione è tendenzialmente conciliante di fronte alle rivendi- cazioni sindacali, ma è proprio tale debolezza che spinge il sindacato a non sfruttare appieno la propria forza contrattuale, al fine di evitare che per un successo immediato si possa rischiare di compromettere la sopravvivenza stessa dell’impresa. Al fine di evi- tare pesanti ripercussioni sull’equilibrio aziendale, è opportuno che il sindacato sviluppi in questo caso un coordinamento tra le politiche rivendicative adottate nelle imprese appartenenti al medesimo mercato di riferimento.
• Un’impresa che opera in una situazione di mercato a concorrenza diffusa, ovvero di un mercato dove agiscono un gran numero di concorrenti che si spartiscono quote margi- nali, si trova in una situazione intermedia rispetto ai due precedenti casi di monopolio ed oligopolio. In casi di questo tipo eventuali agitazioni sindacali non determinano nor- malmente danni di particolare entità all’azienda, poiché le eventuali perdite di quote di mercato possono essere recuperate alla ripresa delle normali attività.
Il progressivo processo di globalizzazione, che accentua la pressione concorrenziale su al- cuni settori del comparto industriale in particolare, tende a distribuire le quote di mercato in poche aziende di grandi dimensioni, accentuando la necessità di una sorta di autocon- trollo da parte delle organizzazioni sindacali e di un loro coinvolgimento in una scommessa industriale.
In secondo luogo, occorre valutare la fascia qualitativa in cui si collocano i prodotti o i ser- vizi forniti dall’impresa. Esistono infatti dei margini contrattuali derivanti da una presunta o reale maggior disponibilità di risorse economiche aziendali che legittimano il sindacato ad assumere un atteggiamento maggiormente rivendicativo.
In terzo luogo, assume certamente rilievo la variabilità nel tempo del mercato dei prodotti e dei servizi. Se un mercato costante, con andamento lineare, rappresenta un elemento neutro per la contrattazione collettiva, un mercato stagionale, con un andamento che alterna periodi di intensa attività ad altri di attività ridotta, costituisce un condizionamen- to importante. Nei periodi di intensa attività la resistenza dell’impresa alle rivendicazioni
sindacali raggiunge il livello minimo, poiché la perdita di fatturato in quel periodo non può essere recuperata in altri momenti. Sindacato e azienda si affrontano quindi per spostare i conflitti nei periodi a loro più favorevoli. Va ricordato che la stagionalità può riguardare sia le vendite del prodotto o del servizio (ad es., per una impresa produttrice di gelati) che quello degli acquisti delle materie prime (ad es., per una azienda produttrice di succhi di frutta), che altri fattori (è il caso relativo ad un’impresa produttrice di grandi impianti).
2.3.2 Il mercato del lavoro
Il mercato del lavoro riveste un fattore di notevole impatto sulle relazioni industriali (Giudici 1995 e 1999). In particolare, come si è già visto, l’elevata disoccupazione o la presenza di sacche di lavoro nero indeboliscono il potere negoziale del sindacato, poiché aumentano la concorrenza tra i lavoratori nella ricerca di un’occupazione. Un meccanismo analogo si verifica a seguito della parcellizzazione e della semplificazione delle mansioni che, riducen- do la complessità e contenuto professionale del lavoro, ampliano la disponibilità di possibili lavoratori candidabili per tali mansioni e quindi il potere contrattuale dell’azienda.
Nel contesto dei mercati del lavoro maturi le situazioni di monopsonio strutturale, nel quale il lavoratore non ha scelta perché si trova di fronte un solo “compratore” di lavoro, sono andate ormai scomparendo. Attualmente, il vero problema che ostacola la libera scelta su dove lavorare da parte del lavoratore è costituito da effettive difficoltà di accesso all’infor- mazione che non permettono la mobilità necessaria per poter trarre vantaggio dalle alter- native esistenti: gli economisti parlano in questo caso di monopsonio dinamico.
È quindi importante considerare che vi sono diversi mercati del lavoro rilevanti, ovvero mer- cati i cui fenomeni incidono più direttamente sulla singola impresa e quindi sulle relazioni sindacali al suo interno. Si tratta in particolare del mercato del lavoro settoriale (per quanto riguarda, ad es., i tecnici specializzati su un determinato prodotto o processo di produzione o servizio) e del mercato del lavoro territoriale (locale per quanto riguarda operai o impie- gati) o nazionale ed eventualmente internazionale per dirigenti.
Di particolare importanza è il mercato del lavoro interno all’azienda, derivante dalle carat- teristiche socio-anagrafiche dei lavoratori occupati.
In primo luogo, occorre prestare attenzione all’aspetto anagrafico. La forte presenza di uomini di età media, la cui retribuzione è la principale fonte di reddito familiare, potrebbe comportare una minore propensione dei lavoratori a conflitti di lunga durata; viceversa, una popolazione aziendale composta prevalentemente da soggetti più giovani, ovvero la- voratrici donne, potrebbe significare una maggiore capacità a sostenere azioni conflittuali
di lunga durata, poiché il loro reddito rappresenta spesso una fonte secondaria in una famiglia plurireddito. Tuttavia, non è detto che tali individui abbiano di fatto una maggiore propensione a tali azioni conflittuali.
In secondo luogo, è opportuno considerare il livello di professionalità. La presenza di ele- vate qualifiche, appetibili sul mercato del lavoro, favorisce soluzioni individuali basate su semplici meccanismi di mercato di riconoscimento delle professionalità da parte del datore di lavoro. Viceversa, una prevalenza consistente di lavoratori con bassa professionalità spin- ge questi ultimi a ricercare un miglioramento economico e sociale attraverso rivendicazioni collettive e, in definitiva, attraverso l’azione sindacale.
2.3.3 Il contesto normativo
L’assetto normativo vigente assume un valore fondamentale nell’influenzare le relazioni industriali e la contrattazione in azienda (Giudici 1995 e 1999).
In primo luogo, va considerata l’importanza della legislazione che ha introdotto una serie di salvaguardie a favore dei lavoratori come singoli ma soprattutto, per il personale occupato in unità produttive con più di 15 dipendenti o per articolazioni organizzative inferiori a tale numero, ma appartenenti ad imprese che nell’ambito comunale hanno comunque un organico superiore a tale soglia (Statuto dei Lavoratori L. 300/1970). Altre leggi richiedono l’intervento sindacale nel caso di procedure relative al ricorso ad ammortizzatori sociali, li- cenziamenti collettivi e trasferimento d’azienda, o riservano al sindacato un ruolo rilevante in importanti materie come, ad esempio, la sicurezza sul lavoro (RLS).
In secondo luogo, deve essere esaminata la normativa derivante da contrattazione collet- tiva, sia che si tratti di accordi interconfederali relativi agli assetti negoziali, come nel corso degli accordi del luglio 1993 e del gennaio 2009, sia che si tratti dei contratti nazionali di categoria che, nel sistema italiano, rappresentano ancora l’asse portante del sistema di relazioni industriali e che definiscono gli spazi entro i quali la contrattazione aziendale può muoversi, nonché i diritti di consultazione che il sindacato può esercitare.
2.3.4 Le consuetudini negoziali
Le consuetudini negoziali hanno un influsso molto importante sulla contrattazione azien- dale, sia che si tratti di soluzioni già raggiunte nella stessa azienda, sia che si tratti di prece- denti verificatisi nella medesima area geografica, nel medesimo ambito settoriale, ecc.. In sostanza, le soluzioni negoziali raggiunte dalle parti sociali si influenzano reciprocamente, sulla base di un principio di prevedibilità che orienta le azioni dei soggetti coinvolti e che
limita l’introduzione di elementi di novità nell’affrontare le problematiche sul tavolo (Giu- dici 1995 e 1999).
2.3.5 Gli altri fattori
Tra gli altri fattori che influenzano la contrattazione in azienda rientrano il livello dei prezzi e delle retribuzioni sul territorio , la tendenza all’aggregazione associativa e la cultura ma- nageriale e operaia, e, non da ultimo, gli orientamenti religiosi, che possono avere influen- za, ad esempio, nella contrattazione degli orari di lavoro (domenica di apertura dei negozi).
Assume poi particolare rilievo la tecnologia utilizzata e l’interdipendenza tra lavoratore e sistema tecnico-produttivo. Ad esempio, quando sono necessari tempi prolungati di avvia- mento e di fermata degli impianti, la forza contrattuale del sindacato aumenta, poiché con un minimo dispendio di energia è possibile infliggere danni notevoli all’azienda.
Un discorso simile a quello relativo alla tecnologia può essere fatto per quanto riguarda l’organizzazione aziendale: ad esempio, un elevato grado di interdipendenza tra i diversi singoli lavoratori all’interno dell’organizzazione aziendale, aumenta il potere contrattuale del sindacato; viceversa, ad un elevato grado di decentramento organizzativo, corrisponde un minor potere contrattuale del sindacato (Giudici 1995 e 1999).
Appare pertanto evidente che le “buone pratiche” che verranno proposte nel seguente manuale devono essere inquadrate nel contesto (esterno ed interno) in cui si svolge la con- trattazione. Gli spunti che verranno forniti sono comunque utili per individuare le migliori soluzioni contrattuali e partono da un’attenta analisi del contratto collettivo nazionale di categoria, ma andranno riferiti anche, e soprattutto, alla congiuntura economica in cui si trova l’azienda e/o il settore in cui la stessa opera.
3. LE BUONE PRASSI CONTRATTUALI
Il presente capitolo, costituisce il “cuore” del manuale e riporta una serie di esempi e modelli contrattuali, che possono fornire interessanti spunti, che tuttavia devono essere di volta in volta adattati alle specifiche situazioni aziendali, soprattutto in considerazione dei fattori descritti nel capitolo precedente.
Le pagine seguenti non esauriscono di certo l’insieme delle tematiche che possono essere affrontate in un contratto collettivo aziendale. Più semplicemente, di seguito, verranno riportati i contenuti di accordi collettivi di cui è disponibile il testo presso l’Osservatorio contratti AFI-IPL, nonché presso altri database di importanti istituzioni nazionali o regionali. In ogni caso, si tratta di esempi che affrontano i vari temi in modo concreto. Un testo con- trattuale deve offrire una concreta e precisa soluzione ad un problema reale che le parti hanno avvertito. In caso contrario, un contratto dimostra nei fatti la sua inutilità.
Le materie che riportiamo sono le seguenti:
i. La retribuzione, con particolare riferimento al Premio di Risultato
ii. L’orario di lavoro
iii. L’inquadramento
iv. La formazione
v. L’occupazione e i servizi per l’impiego
vi. Il welfare aziendale
vii. L’ambiente e la sicurezza sui luoghi di lavoro
viii. Le pari opportunità, le politiche di conciliazione ed i divieti di discriminazione
ix. Le relazioni sindacali, con particolare riferimento ai diritti d’informazione e consultazione
L’evidente predominanza data dal manuale alla tematica retributiva, è dovuta principal- mente al grande numero di accordi aziendali e negoziati dalle parti in seguito al Protocollo del 23 luglio 1993 che, come abbiamo visto nel paragrafo dedicato alla struttura contrat- tuale italiana, ha dato il via ad una stagione negoziale incentrata sui Premi di Risultato.
3.1 LA RETRIBUZIONE
La materia salariale riveste un ruolo preminente all’interno della contrattazione aziendale. Nelle imprese con oltre 20 addetti la quota dei dipendenti che guadagna solo i minimi sala- riali del contratto nazionale è in media del 20% circa. Sebbene il restante 80% costituisca solo una vaga approssimazione della quota di personale che percepisce voci aggiuntive derivanti dalla contrattazione di secondo livello (perché tale dato comprende anche le voci
derivanti da disposizioni unilateriali da parte del datore di lavoro), appare evidente che esi- ste un ampio spazio per la contrattazione integrativa in azienda. Nel periodo 2005-2008, il peso complessivo delle voci salariali aggiuntive rispetto ai minimi tabellari dei contratti nazionali di categoria si è mantenuto attorno al 15% (Casadio 2009).
A seguito della stipula del Protocollo del luglio 1993, le cui indicazioni in materia di contrat- tazione retributiva per il secondo livello sono state confermate dall’Accordo del gennaio 2009, si è assistito ad una limitazione della pratica degli aumenti salariali slegati dalle per- formance dell’impresa e, in qualche modo, irreversibili.
La contrattazione salariale di voci quali “Premi di produzione”, “Premi feriali” (spesso corrispondenti ad una mensilità aggiuntiva, ossia alla quattordicesima nei settori che ne prevedono, contrattualmente, solo tredici), “Superminimi collettivi”, “Indennità sostitu- tive o integrative” (mensa, trasporti, turno…) e “Indennità legate alla posizione di lavoro e/o alla funzione” (indennità disagio, reperibilità…) nonché “Maggiorazioni per straor- dinario” (superiori a quelle già previste dal CCNL) è andata riducendosi sensibilmente negli ultimi anni, perché contraria alla finalità di un aumento del potere di acquisto dei lavoratori compatibile con l’aumento della produttività aziendale. Spesso le erogazioni definite “irreversibili” e non legate alla produttività aziendale sono previste in accordi sindacali precedenti al Protocollo del 1993 ma tuttora vigenti, e pertanto sono sottosti- mate nella loro applicazione.
Per contro, la contrattazione delle voci variabili e reversibili ha avuto una diffusione cre- scente dopo il Protocollo del 1993. Oltre al “Premio di Risultato”, di cui si tratterà in se- guito, rientrano in questa categoria anche le erogazioni “una tantum”, caratterizzate da un collegamento particolarmente debole con la performance aziendale, che si concretizza in una certa disponibilità a pagare da parte dell’impresa a seguito di un buon andamento generale o del raggiungimento di determinati obiettivi, senza che sia però stabilito un le- game esplicito a indicatori precisi. Il ruolo del sindacato nella determinazione del “bonus una tantum” è quindi normalmente marginale se non assente, e talvolta tali erogazioni sono utilizzate dall’impresa per adottare premi non concordati e discrezionali in contesti fortemente sindacalizzati.
L’Accordo interconfederale del gennaio 2009 prevede, all’interno dei contratti di catego- ria, un importo a titolo di elemento di garanzia retributiva (EGR) da erogare annualmente ai dipendenti di aziende prive di contrattazione di secondo livello. La finalità dell’istituto è dichiaratamente quella di incentivare la contrattazione decentrata. I contratti nazionali sti- pulati recentemente hanno meglio specificato i destinatari (ad es., a tutti i lavoratori dipen-
denti34 oppure solo i lavoratori subordinati a tempo indeterminato35 o, ancora, i lavoratori con una determinata anzianità aziendale36), l’importo annuo, l’eventuale parametrazione37 e le modalità di erogazione38. Particolarmente rilevante è la specificazione dei presupposti che danno diritto all’erogazione.
Il premio di risultato
Il Premio di Risultato è un’erogazione strettamente connessa alla performance dell’impresa e rappresenta un’opportunità sia per il management che per il sindacato ed i lavoratori. In esso si misura la capacità del sindacato di operare un’azione redistributiva a vantaggio dei lavoratori, soprattutto nelle fasi espansive della congiuntura economica, e quella del management di coinvolgere i lavoratori nel miglioramento della competitività aziendale. La logica della contrattazione è infatti quella di due partners che concordano l’impegno a raggiungere determinati obiettivi stabiliti e monitorati congiuntamente. La sua finalità può essere l’incentivazione dei lavoratori, la condivisione dei guadagni (secondo uno schema ‘gain-sharing’) ovvero la partecipazione ai risultati economico-finanziari, nonchè la condi- visione del rischio (secondo uno schema ‘profit-sharing’).
Gli indicatori del PdR
Il collegamento tra Premio e risultati aziendali avviene mediante l’utilizzo di specifici indi- catori, che possono essere molteplici e differenti a seconda del tipo di produzione o di ser- vizio erogato dall’azienda. Per esigenze di sintesi, si è soliti utilizzare una classificazione che distingue gli indicatori in quattro gruppi: produttività, qualità, redditività, assiduità, sebbene non sia affatto agevole tracciare una chiara linea di demarcazione tra i diversi tipi, in quanto è possibile utilizzare formule che combinano parametri differenti e danno luogo ad indicatori complessi.
L’individuazione degli indicatori da adottare in relazione alla specifica situazione aziendale è un compito di grande importanza per le parti, poiché ha conseguenze notevoli nella quantificazione del premio.
Gli indicatori di seguito illustrati non sono ovviamente alternativi fra loro, ma possono essere utilizzati per dare luogo ad un premio misto che li contempli congiuntamente. La negoziazione potrà quindi portare ad un accordo che preveda più indicatori indipendenti
34 Contratto Alimentaristi, Contratto Chimici, Contratto Metalmeccanici, Contratto Lavanderie e Tintorie.
35 Contratto Cartai e Cartotecnici, Contratto Telecomunicazioni, Contratto Cemento, Calce e Gesso.
36 Contratto Turismo, che limita l’erogazione ai lavoratori dipendenti iscritti da almeno sei mesi nel Libro Unico.
37 Presente nel Contratto Alimentaristi e in quello dei Chimici.
38 Annuale, ad es., per Metalmeccanici e addetti alle Telecomunicazioni; mensile, ad es., per Alimentaristi e Chimici.
che daranno origine ad altrettante erogazioni (una per ciascun parametro considerato) oppure una formula che leghi insieme i diversi indicatori, prevedendo, ad esempio, che alcuni di essi fungano da correttivi collettivi (ad es.: la redditività aziendale) e/o individuali (l’assiduità/presenza del lavoratore), di altri parametri.
3.1.1 Gli indicatori di produttività
Gli indicatori di produttività hanno origine da un presupposto: dato che la retribuzione contrattuale (minimi tabellari) remunera la prestazione “normale” del lavoratore, se questa dovesse assumere un’intensità superiore a quella “normale” il lavoratore percepirebbe una remunerazione maggiorata. Tale meccanismo è conosciuto in anticipo rispetto allo svolgi- mento della prestazione lavorativa e, proprio per tale motivo, svolge una chiara funzione incentivante39 sulla prestazione stessa. Gli indicatori di produttività necessitano però dei seguenti requisiti (Giudici 2004):
• l’esistenza o la possibilità di introdurre sistemi di misurazione della prestazione;
• la semplicità e la comprensibilità di tali sistemi al fine di favorirne l’accettazione da parte dei lavoratori e riducendone i sospetti di manipolazione da parte dell’azienda;
• la variabilità del parametro scelto in funzione della diversa intensità della prestazione. Tale legame permette che il meccanismo svolga appieno la sua funzione incentivante, a patto che il lavoratore sia periodicamente tenuto a conoscenza dell’andamento della prestazione nel tempo;
• l’esistenza di un indice di riferimento a cui rapportare i risultati misurati. L’indice può essere definito:
a) sulla base di dati standard, costruito a tavolino mediante metodi consolidati ma, talvolta, non accettati dai lavoratori, oppure
b) sulla base di dati storici, rilevati in un periodo di tempo precedente e quindi ancorati all’andamento reale e per questo meno suscettibili di essere visti con sospetto dai lavoratori.
• L’esistenza di una tabella di conversione che associa ai miglioramenti delle performance un aumento del premio di risultato erogato ai lavoratori.
In generale, gli indicatori di produttività fanno riferimento a quantità fisiche, misurano l’efficienza della manodopera e/o degli impianti e sono ricavabili da un’attenta analisi del processo produttivo e del servizio in essere. Gli indicatori più diffusi considerano il rapporto
39 La letteratura economica sottolinea come il problema principale connesso all’incentivazione di gruppo sia la presenza di free riders, ovvero di coloro che approfittano del maggior sforzo prestato dai colleghi per ottenere il premio incentivante senza alcun maggiore impegno perso- nale. Una parziale risposta al problema consiste nella peer pressure, cioè nella pressione dei colleghi che tendono a punire, attraverso mec- canismi di ritorsione sociale, coloro che adottano comportamenti opportunistici e contribuiscono alla riduzione dell’entità dei premi erogati (Crudeli 2001).
tra produzione e ore impiegate e sono misurabili scegliendo un “anno base” e valutando le variazioni che intervengono nei periodi successivi. Il numeratore di tale rapporto, ovvero l´output o la produzione, può essere espresso sia in termini reali (ad es. numero di pezzi, numero di kg prodotti, quantità di kw, colate di acciaio giornaliere) sia in termini monetari (ad es. utile, fatturato, valore aggiunto, MOL), mentre il denominatore può consistere in unità di tempo, di spazio ovvero in numero di persone. Altri indicatori considerano invece il rapporto tra una misura del volume di attività dell’impresa ed il numero dei dipendenti impiegati (Xxxxxxxxxxx 2003 e 2004).
Tabella 5: Esempi di indicatori di produttività
Scostamento del rapporto tra la quantità prodotta su numero di ore lavorate rispetto ad un parametro di riferimen- to fissato per l’intero periodo di vigenza dell’accordo. L’obiettivo si intende pienamente raggiunto se il parametro di 72 ore lavorate per 100 hl di birra prodotta è migliorato di almeno un 1%. | Forst 2008 (Alimentare) |
Scostamento del rapporto tra quantità prodotta su numero di dipendenti rispetto ad un obiettivo fissato per l’in- tero periodo di vigenza dell’accordo. Il valore del premio di produttività viene poi moltiplicato per un coefficiente corrispondente alla classe in cui si colloca il rapporto. | Iprona 2010 (Alimentare) |
Rapporto tra valore aggiunto e somma delle ore lavorate dagli operai. Una tabella collega il rapporto con l’importo erogabile. | Defranceschi 2008 (Metalmeccanico) |
Valore della produzione su numero di ore. | Omniscom 2002 (Commercio) |
Valore aggiunto su numero dipendenti. | Xxxxx Xxxxx 2002 (Commercio) |
Vendite lorde su ore lavorate. | Aspiag Service 1999 (Commercio) |
Margine Operativo Lordo su ore lavorate. | Autogrill 1996 (Commercio) |
Fatturato su numero dipendenti (fatturato pro-capite). | Metro 2000 (Commercio) |
Fatturato su mq del negozio. | Upim 1998 (Commercio) |
Numero colli movimentati al minuto. | Aspiag Service 1997 (Commercio) |
Ora lavorate dal personale inviato presso le aziende clienti su ore lavorate dai dipendenti. | Obiettivo lavoro 2002 (Commercio) |
Produzione di reparto su ore effettivamente lavorate. | Progress 1997 (Metalmeccanico) |
Litri di acqua su kg di carta prodotti. | Delicarta (Grafica e carta) |
Spedizioni movimentate su numero annuo medio di dipendenti. | Sda, 2004 (Spedizioni e logistica) |
Indice di efficienza: numero di ore produttive (numero pezzi x tempo ciclo) su numero di ore di presenza della manodopera (diretta + indiretta) moltiplicata per 100. | Fiat 2006 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda invece il parametro di riferimento, nel caso in cui vengano considerati dati storici, è opportuno tener conto che i possibili approcci sono due:
• il parametro è il medesimo per tutto il periodo di riferimento, oppure è stabilito un miglioramento fisso per ciascun anno;
• il parametro di riferimento di ciascun anno consiste nel risultato dell’anno precedente.
Figura 1: Parametrazione annuale dell’indicatore di produttività
Anno 3
Anno 2
Anno 1
π
Anno 3
Anno 2
Anno 1
π
Fonte: AFI-IPL
Nel primo caso i vantaggi consistono in una situazione meno stressante per il lavoratore; nel secondo caso, invece, l’azienda e i lavoratori sono spinti a massimizzare gli sforzi per aumentare la produttività, che deve crescere di anno in anno e che può portare a premi più elevati solo se il meccanismo premiante viene opportunamente negoziato.
3.1.2 Indicatori di qualità
Il miglioramento della qualità del prodotto e/o del servizio è uno dei principali strumenti che le im-
prese hanno sui mercati mondiali. La qualità è intesa secondo un duplice aspetto:
• Qualità interna, facente riferimento all’output prodotto e normalmente indicata dal rapporto tra quantità di prodotti non conformi (che hanno dovuto essere rilavorati o che sono stati scartati al termine del processo di produzione) e quantità lorda prodotta. In questo caso, la qualità è strettamente legata alla produttività, in quanto all’aumen- tare dei prodotti non conformi, aumenta il costo di produzione in rapporto al fatturato realizzabile.
• Qualità esterna, facente riferimento al mercato e, in particolare, alla percezione che il cliente ha del prodotto e/o del servizio. È normalmente indicata dal rapporto tra quan- tità contestata dal cliente (reclamo) e quantità consegnata al cliente, ma può consistere anche nel rapporto tra il valore del prodotto e/o servizio contestato dal cliente e il va- lore del prodotto e/o servizio venduto (fatturato). La qualità esterna può essere anche misurata attraverso sondaggi alla clientela in merito alla soddisfazione sul prodotto e/o sul servizio. Tali sondaggi possono essere effettuati internamente e direttamente dall’impresa o tramite società specializzate esterne.
Alcune aziende, sia a livello nazionale che altoatesino, hanno adottato un sistema basato sia sulla qualità interna che su quella esterna (Sel SPA 2008).
I requisiti richiesti dagli indicatori di qualità riprendono sostanzialmente quelli già indicati per gli indicatori di produttività nel paragrafo precedente.
Tabella 6: Esempi di indicatori di qualità
Scostamento del tasso di reclamo rispetto ad un obiettivo fissato per l’intero periodo di vigenza dell’accordo. Il valore del premio di qualità viene poi moltiplicato per un coefficiente corrispondente alla classe in cui si colloca il tasso. | Iprona 2010 (Alimentare) |
Un grado di insoddisfazione del cliente, inferiore ad un certo livello, (misurato mediante un questionario) su aspetti imputabili al personale, determina la corresponsione del premio. | Metro 2001 (Commercio) |
Quantità degli scarti e delle rilavorazioni del prodotto e numero di non conformità rilevate dai moduli di reclamo compilati dai clienti. I dati sono monitorati da due commissioni tecniche paritetiche. | Fintecnica (Edilizia e Legno) |
Quantità di prodotto reso dal cliente e successivamente sostituito. | Tabu (Edilizia e Legno) |
Rapporto tra il numero di apparecchiature difettose uscite dalle linee o bloccate durante la produzione e numero di apparecchiature prodotte in totale. | Electrolux (Metalmeccanico) |
Rapporto tra il numero di apparecchiature prodotte senza difetti e numero di apparecchiature teoricamente pro- ducibili dalla linea. | Whirlpool Europe 2007 (Metalmeccanico) |
Rapporto tra la somma delle apparecchiature difettose ponderata mediante un coefficiente di gravità e il numero delle apparecchiature controllate. | Whirlpool Europe 2007 (Metalmeccanico) |
Soddisfazione del cliente misurata e certificata da una società di sondaggi. | Piaggio 2004 (Metalmeccanico) |
Rapporto tra il valore delle contestazioni e il fatturato totale di stabilimento. | Cartiera Lucchese 2005 (Grafica e Carta) |
Numero di non conformità emerse dalle verifiche ispettive programmate nell’ambito del sistema qualità. | Soffass 2005 (Grafica e Carta) |
Perfetto servizio al consumatore, e cioè assenza di reclami ufficiali da parte dei clienti e di rapporti o contravven- zioni da parte dell’ASL. | Centrale del Latte di Alessandria (Alimentare) |
Soddisfazione del cliente misurata e certificata da una società di sondaggi. | Vodafone 2004 (Telecomunicazioni) |
Fonte: AFI-IPL
3.1.3 Indicatori di redditività.
Gli indicatori di questo tipo fanno riferimento ai risultati economici aziendali come desunti dal bilancio (o dagli obiettivi esplicitati nel budget). Diversamente dagli indicatori di produt- tività e qualità essi non hanno un forte effetto incentivante per due ordini di motivi:
• non vi è un rapporto diretto tra la prestazione del lavoratore e il risultato totalizzato dall’azienda a fine del periodo considerato (con l’eccezione del personale di vendita);
• vi è uno scarto temporale rilevante tra il momento dello svolgimento della prestazione lavorativa e la comunicazione dei risultati di bilancio del periodo di riferimento.
Poiché i dati che determinano l’andamento del premio non rientrano nel dominio dei lavo- ratori, i meccanismi che fanno riferimento ad indicatori di redditività necessitano di alcuni requisiti:
• una solida credibilità della direzione aziendale nei confronti dei lavoratori,
• l’utilizzo di indicatori semplici e comprensibili,
• la comprensione di un bilancio aziendale, da parte di entrambe le parti negoziali.
Sono numerosi gli indici di bilancio che possono essere utilizzati ai fini della definizione del premio di risultato. Il più semplice è di certo il fatturato, cioè il ricavo derivante dalle vendi- te: nonostante tale indice non sia particolarmente significativo dell’andamento dell’azien- da, esso è di certo il più comprensibile, e può essere utilizzato per misurare l’evoluzione del fatturato nel tempo o per confrontarlo rispetto ad un obiettivo prestabilito ad inizio anno (target). E’possibile, inoltre, misurare la redditività mettendo il fatturato in relazione al numero di addetti (fatturato pro-capite). In questo caso tale indicatore si configura anche come indicatore di produttività, in quanto trattasi comunque di un rapporto output/input. In proposito si veda quanto detto al punto 3.1.1. In entrambi i casi, si tratta comunque di fatturato nominale: è necessario un correttivo per depurare il dato dall’effetto inflazionisti- co per ottenere il fatturato reale (Giudici 2004).
Se il fatturato è indicativo dell’espansione dell’impresa sul mercato, altri indicatori possono esprimere sinteticamente la capacità dell’impresa di produrre ricchezza: la tabella di segui- to riportata illustra in breve la scomposizione del conto economico nei margini intermedi, che permettono un’analisi dell’effettiva redditività dell’impresa (Haidacher 2005), ovvero della capacità che ha l’impresa di remunerare i diversi fattori produttivi. OItre al fatturato, gli indicatori più frequentemente utilizzati sono (Xxxxxxxxxxx 2003 e 2004):
• Il valore aggiunto, calcolato sottraendo dal valore della produzione ciò che è stato ac- quistato per la produzione (materie prime, semilavorati, servizi, ecc.),
• Il margine operativo lordo (MOL), calcolato sottraendo dal valore aggiunto anche il costo del lavoro,
• Il risultato operativo, calcolato sottraendo dal margine operativo lordo anche gli am- mortamenti e gli accantonamenti per rischi.
Figura 2: I margini distributivi
Fonte: AFI-IPL
Alquanto diffuso è l’indicatore “Margine Operativo”, che è più significativo rispetto al fatturato poiché prende in considerazione la capacità dell’impresa di creare ricchezza. Tale valore si ottiene sottraendo al valore aggiunto il costo del lavoro ed esprime la capacità dell’impresa di produrre un autofinanziamento lordo o, meglio, rappresenta il surplus ge- nerato dall’attività produttiva dopo aver remunerato il lavoro dipendente. Il costo del la- voro comprende, invece, tutte le voci che costituiscono la retribuzione lorda del personale dipendente: paga base, indennità di contingenza e altre indennità similari per la parte non conglobata, lavoro straordinario, compensi per ferie e festività, gratifiche natalizie, mensi- lità oltre la dodicesima e altre analoghe erogazioni e corresponsioni in natura. Sono inoltre incluse le spese per contributi sociali al netto di eventuali fiscalizzazioni, le provvidenze va- rie, le quote accantonate nell’esercizio per provvedere alla successiva corresponsione delle indennità di fine rapporto, nonché le varie spese sociali.
In concreto, il premio può essere costruito prendendo quale “traguardo” il margine ope- rativo previsto dal budget al raggiungimento del quale si prevede l’intera erogazione del premio. In alternativa, si può indicare una gradualità di erogazione del premio in relazione alle diverse percentuali di margine operativo raggiunto rispetto a quello prestabilito e/o assunto come riferimento storico.
È comprensibile che il sindacato voglia escludere dalla negoziazione le voci di bilancio che riguardano scelte di natura finanziaria e patrimoniale, frutto di decisioni sulle quali i lavora- tori non hanno possibilità di incidere. Tale diffidenza è accentuata dalle vicende che hanno messo in crisi la credibilità dei bilanci, anche se certificati. D’altra parte, l’impresa potrebbe preferire legare il premio a un indicatore sul quale esercita massimo controllo. Di seguito viene riportato il caso di un accordo che accentua al massimo la funzione distributiva del premio esponendo, in tal modo, i lavoratori al rischio imprenditoriale. Questo premio può avere una funzione incentivante solo se tale azienda rinnova negli anni risultati positivi (utile maggiore di zero).
Tabella 7: Un esempio di accordo distributivo
L’ammontare complessivo del premio corrisponde al 4% dell’utile netto di esercizio dell’anno di riferimento. L’ammontare complessivo viene suddiviso fra tutti i dipendenti aventi diritto e viene riproporzionato sulla retri- buzione lorda annua. | Azienda riservata, 2000 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
L’utilizzo degli indicatori di redditività ha l’effetto di accrescere notevolmente l’attenzione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali alle decisioni dell’azienda. Ciò implica una maggiore attenzione, da parte del sindacato, a richiedere informazioni sulle decisioni ma- nageriali assunte nell’impresa.
Al fine di evitare possibili contestazioni riguardanti gli indicatori di redditività scelti, le parti possono includere una clausola con la quale riconoscono nel bilancio aziendale certificato il documento “base” sul quale effettuare le operazioni di verifica dei parametri individuati. Il documento assume una rilevanza ancora maggiore qualora esso definisca anche lo stan- ziamento effettivo per i premi di risultato.
Tabella 8: Altri esempi di indicatori di redditività
Grado di raggiungimento dell’obiettivo dato dal rapporto tra MOL e valore della produzione. L’obiettivo si intende raggiunto pienamente con un rapporto pari al 6%. | Forst 2008 (Alimentare) |
Scostamento del rapporto tra valore aggiunto della produzione e numero di dipendenti rispetto ad un obiettivo fissato per l’intero periodo di vigenza dell’accordo. Il valore del premio di redditività viene poi moltiplicato per un coefficiente corrispondente alla classe in cui si colloca il rapporto. | Iprona 2010 (Alimentare) |
Rapporto tra MOL e fatturato netto. Una tabella collega il rapporto con l’importo erogabile. | Defranceschi 2008 (Metalmeccanico) |
Variazione del fatturato rispetto ad un periodo precedente. | Bofrost 1998 (Commercio) |
Scostamento del fatturato effettivo rispetto a quello programmato (budget). | Xxxxxxxx 1999 (Commercio) |
Variazione del MOL rispetto al periodo precedente. | Autogrill 2004 (Commercio) |
Variazione del rapporto MOL su fatturato rispetto al periodo precedente. | Xxxxx Xxxxx 2002 (Commercio) |
Variazione del rapporto MOL su fatturato rispetto al periodo precedente. | Forst 2004 (Alimentari) |
Variazione del rapporto utile netto su fatturato rispetto al periodo precedente. | Aspiag 2002 (Commercio) |
Scostamento del risultato operativo effettivo rispetto a quello programmato (budget). | Durst Phototechnik 2001 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
3.1.4 Gli indicatori di assiduità/presenza
La presenza effettiva sul posto di lavoro è il più semplice degli indici di prestazione del lavo- ratore, ed anche per questo motivo è utilizzato principalmente nelle piccole imprese, ove i sistemi di contabilità industriale sono meno sofisticati. Generalmente, il premio connesso a tale indicatore può essere di due tipi:
• a traguardo, nel quale si fissa un dato ammontare qualora non vi siano assenze in un determinato periodo di tempo (generalmente il mese),
• in proporzione alle giornate di presenza del lavoratore, secondo una scala predefinita, che può essere di due tipi:
o lineare, qualora un determinato importo è moltiplicato per ogni giornata di lavoro
o progressiva, qualora è previsto un determinato importo per la presenza in tutto il mese ed una penalizzazione più che proporzionale in caso di assenze.
Il grafico seguente mostra schematicamente i due tipi di scale, rispettivamente lineare e progressiva: sull’asse orizzontale sono riportati i giorni di assenza del lavoratore, su quello verticale l’ammontare del premio da lui percepito.
Figura 3: I Meccanismi di calcolo
gg di assenza
€
gg di assenza
€
Normalmente le assenze dovute a ferie e a istituti analoghi (PAR, ROL, congedo obbliga- torio di maternità) previsti dal contratto nazionale sono considerate come ore lavorate, poiché la loro fruizione da parte del lavoratore è comunque dovuta.
Nel corso della negoziazione, il sindacato che persegue una politica più egualitaria potrà cercare di far considerare come ore lavorate anche le ore di assenza riconducibili ad altre voci (ad es., ricovero ospedaliero, donazione sangue, permessi sindacali, ecc.), sostenendo che diversamente il lavoratore assente per cause a lui non imputabili o per finalità solidari- stiche verrebbe ingiustamente penalizzato. Diversamente, un management che persegue una politica più meritocratica, potrà invece sostenere che il lavoratore che è stato più pre- sente abbia contribuito maggiormente al raggiungimento degli obiettivi rispetto ad un suo collega meno presente (Giudici 2004). Inoltre, l’azienda potrà avere interesse a considerare non solo o non tanto il numero di giornate di assenza per malattia o infortunio, bensì il numero di eventi di assenza per tali cause, considerando che i contratti collettivi nazionali di lavoro di quasi tutti i settori fanno gravare sul datore di lavoro il costo dell’indennità di malattia per i primi tre giorni (periodo di carenza).
Di seguito sono riportati alcuni esempi di accordi in cui è previsto uno specifico premio di assiduità, in cui la presenza del lavoratore è un obiettivo a sé stante, e non un correttivo per la corresponsione di premi di altro genere (produttività, qualità o redditività).
Tabella 9: Esempi di indicatori di assiduità/presenza
Nessuna assenza nel mese (premio di assiduità mensile fisso al solo raggiungimento individuale dell’obiettivo) con la sola esclusione di ferie e analoghi istituti. | Azienda riservata, 2008 (Gomma Plastica) |
Tasso di assenteismo (premio annuale fisso con tasso individuale inferiore ad una determinata soglia (6%) ), con la sola esclusione di ferie e analoghi istituti. | Billig 1999 (Commercio) |
Numero di giorni di assenza nel mese (premio individuale mensile predeterminato, ridotto in modo progressivo in caso di giornate di assenza), con esclusione di ferie e istituti connessi e con esclusione di specifici giustificativi. | Xxxxx Xxxxx 2002 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
3.1.5 Altri indicatori
Attraverso l’esame dei contratti aziendali sottoscritti in Alto Adige e/o nel resto d’Italia è possibile portare all’attenzione del lettore altri interessanti indicatori o parametri per la determinazione del premio di risultato.
Tabella 10: Esempi di altri indicatori per la determinazione del PdR
Premio individuale sulla formazione: legato alla presenza ai corsi fuori dall’orario di lavoro. Il parametro s’intende raggiunto quando il singolo lavoratore ha partecipato a tutti i corsi predisposti dall’azienda fuori dell’orario di lavoro , salvo comprovate giustificazioni. | Delicarta (Grafica e carta) |
Premio collettivo sulla sicurezza: numero di infortuni sul lavoro verificatisi. | Servizi Industriali di Torino (Chimica) |
Premio collettivo sulla sicurezza: numero di infortuni occorsi su ore lavorate. | Sapa Profili 2001 (Metalmeccanico) |
Premio mancato incidente: il valore del premio cresce ogni anno trascorso senza che siano avvenuti incidenti nella consegna del prodotto a domicilio. | Bofrost 1998 (Commercio) |
Premio collettivo sulla formazione: percentuale di lavoratori partecipanti ai corsi sulla sicurezza rispetto al numero dei convocati. | Cereol Italia spa (Alimentare) |
Premio certificazione: mantenimento o acquisizione della certificazione relativa ai sistemi di gestione di qualità (ISO 9001), ambiente (ISO 14001), sicurezza (OHSAS 18001). | Baxi (Metalmeccanico) |
Premio di successo: poiché la vendita degli articoli in negozio venduti prima che essi siano posti in saldo costitu- isce un indice del successo del punto vendita, ogni articolo venduto senza sconto viene moltiplicato per un certo importo in modo da determinare l’ammontare complessivo del premio lordo annuale da erogare all’intero gruppo di lavoro del punto vendita. | Prenatal 2001 (Commercio) |
Premio sulla sicurezza: variazione del tasso di infortunio (rapporto tra numero infortuni e numero dipendenti) rispetto all’anno precedente (il valore base del premio può essere aumentato o ridoto a seconda della percentuale di variazione del valore base). | Iprona 2010 (Alimentare) |
Premio per la riduzione dei danni: scostamento del numero di danni causati dai dipendenti rispetto ad un tasso fisso di riferimento. | Azienda 2010 (Anonima) |
Fonte: AFI-IPL
3.1.6 L’erogazione del premio: destinatari e correttivi
Gli accordi sui premi di risultato possono interessare anche solo una parte della forza lavo- ro. Ad esempio, possono riguardare solo gli operai, qualora per gli impiegati sia in uso una negoziazione individuale. Sono inoltre possibili delle differenziazioni sulla base dell’ufficio o del reparto di appartenenza, in modo da legare il premio alle specificità dei singoli reparti e uffici. Di seguito, vengono riportati alcuni contratti i cui meccanismi tengono conto di tali differenziazioni.
Tabella 11: Livelli di applicazione del PdR
I premi di produttività e qualità sono suddivisi in tal modo: • 50% al raggiungimento dell’obiettivo aziendale, da erogarsi a tutto il personale dipendente • 50% al raggiungimento: o dell’obiettivo di ogni singola filiale, da erogarsi al solo personale di filiale; o dell’obiettivo d’area assegnato, da erogarsi al personale non operante nelle filiali, ma riconducibile all’area (business area). | Sda 2004 (Spedizioni e logistica) |
Il premio di redditività è suddiviso come di seguito specificato: • 70% al raggiungimento del MOL aziendale, da erogarsi a tutto il personale dipendente; • 30% al raggiungimento: o del Risultato Economico di Filiale, da erogarsi al solo personale di filiale; o del Risultato Economico di Area, da erogarsi al personale non operante nelle filiali, ma riconducibile all’area (business area). | Sda 2004 (Spedizioni e logistica) |
Fonte: AFI-IPL
Gli accordi sui premi di risultato possono inoltre contemplare dei meccanismi correttivi dell’ammontare del premio, finalizzati al perseguimento di determinati obiettivi. Nello spe- cifico, gli accordi possono anche prevedere:
• correttivi di redditività, con l’obiettivo di distribuire il rischio imprenditoriale. Per la scelta dell’indicatore si vedano le considerazioni svolte nel paragrafo dedicato ai premi di redditività;
• correttivi individuali che introducono una distinzione tra i singoli lavoratori sulla base di determinati criteri :
o contributo individuale al raggiungimento del risultato: in questo caso la presenza del singolo lavoratore è spesso assunta come parametro. Si vedano in merito le con- siderazioni sui premi di assiduità illustrate nei paragrafi precedenti;
o professionalità individuale: in questo caso il correttivo è costituito dal livello di in- quadramento. Tuttavia, il sistema classificatorio previsto dal contratto nazionale di categoria non rispecchia sempre le peculiarità della singola azienda, poiché si fon- da su un’organizzazione del lavoro tipica degli anni Settanta; più adatto potrebbe essere invece un sistema d’inquadramento negoziato a livello aziendale, che tenga conto, ad esempio, anche del criterio della polivalenza, polifunzionalità, ecc. (sulla questione si rinvia al paragrafo 3.3. sull’inquadramento);
• correttivi collettivi di presenza, che svolgono una funzione di responsabilizzazione del singolo lavoratore attraverso la “pressione dei pari” (peer pressure), ossia attraverso la pressione esercitata da tutti i lavoratori per individuare e sanzionare, mediante “ritorsioni sociali”, quei colleghi che adottano comportamenti opportunistici e con- tribuiscono in tal modo alla riduzione dell’entità dei premi erogati all’intero gruppo. Pur essendo un metodo efficace non vanno sottovalutati i rischi di discriminazione ed emarginazione che tali correttivi collettivi di presenza incorporano.
Di seguito sono riportati i riferimenti di alcuni contratti aziendali che prevedono correttivi collettivi di redditività.
Tabella 12: Esempi di correttivi collettivi di redditività
Il Premio di risultato, composto da premio di produttività e premio di qualità, è corrisposto subordinatamente ad un risultato di MOL aziendale non inferiore ad una determinata percentuale di MOL prevista a budget. | Sda 2004 (Spedizioni e logistica) |
Una quota del Premio di risultato (60%), composto da premio di produttività e qualità, viene moltiplicato per un coefficiente derivante dal rapporto MOL/fatturato di Stabilimento. | Azienda riservata, 2003 |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda la presenza individuale, la quasi totalità degli accordi prevede il ripro- porzionamento del Premio di risultato all’eventuale percentuale di part-time, nonché un versamento proporzionale ai mesi di lavoro svolti in azienda, con una clausola che ha una chiara funzione distributiva poiché, in entrambe le situazioni, il lavoratore ha, di fatto, contribuito meno al raggiungimento del risultato. Oltre a ciò, spesso i contratti prevedono clausole che incentivano la presenza sul posto di lavoro o, in altre parole, disincentivano l’assenteismo, come mostrano gli esempi di seguito riportati.
Tabella 13: Esempi di correttivi individuali di presenza
Il Premio di risultato, composto da premio di produttività e redditività, viene riproporzionato sulla base di un coef- ficiente dato dal rapporto tra ore lavorate, compresi gli straordinari e ore teoriche, così come previste dal CCNL. | Defranceschi 2008 (Metalmeccanico) |
Il Premio di risultato calcolato viene decurtato per coloro che effettuano più di 5 volte all’anno periodi di malattia inferiori ai 30 giorni. | Autogrill 2004 (Commercio) |
Il premio di risultato viene riproporzionato sulla base delle giornate di assenza escludendo (considerando quindi come lavoro prestato) una serie di situazioni quali, ad esempio: • ferie e istituti analoghi, • giorni di assenza pianificati in base annua per i lavoratori che soffrano di malattia cronica grave, documentata e riconosciuta dall´azienda, che sia tale da richiedere periodiche visite di controllo o terapie specialistiche, • infortuni che hanno comportato il ricovero ospedaliero di almeno 1 giorno o una prognosi di almeno 11 giorni consecutivi di assenza. | Radicifil 2004 (Chimica) |
L’importo del premio di risultato è moltiplicato per un coefficiente individuale derivante dal tasso di assenteismo del lavoratore. I diversi tassi di assenteismo sono raggruppati in più classi. Qualora il lavoratore abbia realizzato un numero di eventi di assenza superiore a quello massimo previsto per la classe, egli passerà alla classe succes- siva e gli sarà di conseguenza applicato un coefficiente maggiormente penalizzante. Al fine del calcolo dell’assenteismo per la liquidazione del premio di risultato, saranno considerate le seguenti voci: permessi non retribuiti, ritardi, assenze ingiustificate, sospensioni disciplinari, carenze di malattia e periodi di malattia (esclusi i periodi di ricovero ospedaliero e conseguente convalescenza anche a seguito di day hospital se in conseguenza di intervento chirurgico non estetico). | Whirlpool Europe 2007 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
Un correttivo individuale di presenza capace di evitare che la minore erogazione del Premio di risultato, dovuta all’assenteismo di alcuni, venga “incamerata” dall’azienda, può preve- dere il trasferimento ai lavoratori virtuosi delle quote di premio non erogate agli assenteisti.
Tabella 14: Altro esempio di correttivo individuale di presenza
L’importo del PDR è collegato all’effettiva presenza e, pertanto, ogni giornata di assenza dal servizio – fatta eccezione per quelle per ferie ed altre assenze individuate - riduce l’importo del PDR in ragione di 1/220. La formula di calcolo per la determinazione del non erogabile per assenza: PDR * GA/220 (dove: PDR = Importo Premio di Risultato, 220 = Giornate lavorabili teoriche annue, GA = Giornate di assenza). | Sda 2004 (Spedizioni e Logistica) |
Le quote di PDR non erogate al personale di ciascuna filiale/ufficio, in ragione delle assenze fatte registrare da cia- scun lavoratore, verranno ripartite tra tutto il personale della rispettiva filiale/ufficio in proporzione alle giornate effettivamente lavorate da ciascun dipendente. Di seguito si specifica la formula di calcolo: TIP * GEP/TGL (dove: TIP = Totale importo PDR di filiale/ufficio da ridistribuire, TGL = Totale giornate di filiale/ufficio effettiva- mente lavorate, GEP = Giornate individuali di effettiva presenza) | Sda 2004 (Spedizioni e Logistica) |
Fonte: AFI-IPL
Di seguito sono riportati i riferimenti di alcuni contratti aziendali che prevedono il correttivo individuale di professionalità.
Tabella 15: Esempio di correttivo individuale di professionalità
Il valore del premio di risultato è moltiplicato per un coefficiente connesso al livello di inquadramento previsto dal CCNL (coeff. 1,0 per i livelli dal 4 al 6; coeff. 1,1 per i livelli 2 e 3; coeff. 1,2 per i livelli 1 e 1S). | Forst 2008 (Alimentari) |
Il valore del premio è differenziato in base alla categoria contrattuale di appartenenza. | Fiat e Iveco 2009 (Metalmeccanico) |
Il valore del premio di risultato, correlato per il 70% all’andamento economico dell’azienda (EBITDA) e per il restante 30% al grado di soddisfazione della clientela (Customer Satisfaction), prevede un’erogazione annua distinta a seconda del livello di inquadramento del CCNL di settore. | Telecom Italia 2008 (Telecomunicazioni) |
Il valore del premio di risultato composto da premi di produttività, redditività ed efficienza è riparametrato sulla base di una tabella che contempla area professionale e livello retributivo. | Banca Popolare dell’Alto Adige 2009 (Credito) |
Fonte: AFI-IPL
I correttivi collettivi di presenza sono particolarmente rari negli accordi sul premio di risulta- to, poiché i meccanismi di “pressione dei pari” (peer pressure), pur determinando effetti positivi sulla riduzione dell’assenteismo, possono deteriorare il clima di cooperazione e di solidarietà fra i lavoratori, che è nell’interesse sia del Sindacato che dell’azienda, poiché il suo venir meno potrebbe avere effetti negativi sia sulla produttività aziendale, che sulla capacità del sindacato di fare membership.
Tabella 16: Correttivo collettivo di presenza
La media aziendale massima di assenteismo non deve superare il 3%. | Azienda riservata, 2005 (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
Infine, un caso particolare è rappresentato da un accordo stipulato in Alto Adige che con- sidera le sanzioni disciplinari nel correttivo individuale di presenza.
Tabella 17: Correttivo collettivo di presenza e “comportamento”
Sul premio definito (…) viene calcolato un correttivo individuale in base alle presenze e al comportamento indi- viduale. Il calcolo viene fatto semestralmente. Fino ad un massimo di 2 eventi e 10 giorni lavorativi di assenza, il premio (calcolato sulla base di qualità, produt- tività e redditività) spetta completamente; fino a 3 eventi e 12 giorni lavorativi di assenza il premio spetta al 50%, oltre ai 3 eventi e ai 12 giorni di assenza il premio non spetta. (…) Un richiamo scritto per comportamento non corretto viene equiparato ad 1 evento e a 5 giorni lavorativi di assenza. | Azienda riservata, 2000 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
3.1.7 Le tempistiche di verifica ed erogazione
Per quanto riguarda la tempistica nell’erogazione del premio, va detto che questa è il più delle volte legata alle oggettive possibilità che l’azienda ha di verificare il raggiungimento dei risultati previsti dall’accordo aziendale. Normalmente, la contabilità industriale delle aziende permette di conoscere ad intervalli mensili l’andamento dei diversi indicatori consi- derati, con qualche eccezione per i dati legati ai risultati di bilancio per i quali la periodicità risulta essere superiore al mese, ovvero in occasione della presentazione dei bilanci trime- strali e/o semestrali. Le imprese altoatesine, essendo di piccole dimensioni, tendono a non produrre tali bilanci intermedi, bensì solo il bilancio annuale di esercizio. E’importante che la RSU negozi la previsione di sessioni regolari e, quando possibile, mensili per la comuni- cazione da parte del management aziendale dei dati rilevanti ai fini del premio di risultato, in modo da monitorare il loro andamento ed intervenire in caso di anomalie imputabili a fattori indipendenti dall’impegno del personale. Normalmente il controllo è esercitato dai rappresentanti dei lavoratori o all’interno di commissioni paritetiche appositamente costi- tuite.
Tabella 18: Tempistiche e modalità di verifica
Verifica semestrale. L’accordo prevede la costituzione dell’Osservatorio sul Premio di Risultato (OPR), composto pariteticamente da tre componenti di parte aziendale e tre di parte sindacale. Gli esiti dell’incontro vengono comunicati ai dipendenti, indicando l’andamento semestrale dei macroindicatori. | Telecom Italia 2004 (Telecomunicazioni) |
Verifica quadrimestrale. L’azienda comunica entro il mese successivo al quadrimestre di riferimento, a mezzo affissione nell’albo aziendale, i dati relativi all’andamento degli indicatori oggetto del Premio di Risultato. Tali dati sono contestualmente formalizzati nei loro dettagli alla RSU. | Cartiera Lucchese 2005 (Grafica e carta) |
Verifica trimestrale. In sede aziendale è costituita una Commissione Tecnica Bilaterale con il compito di monitora- re l’andamento degli indicatori valutando i dati e ricercando idonee soluzioni ad eventuali problemi. | Xxxxxx Xxxxxxx 2004 (Chimico) |
Verifica mensile. In sede aziendale è costituita una Commissione Bilaterale con il compito di monitorare l’anda- mento del premio di risultato. | Bemis (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
Occorre rilevare che spesso le possibilità di controllo previste negli accordi vengono solo parzialmente utilizzate, creando un distacco tra diritti conquistati al tavolo della contratta- zione e il loro effettivo esercizio. Talvolta la causa principale di ciò dipende dalla reticenza aziendale a consentire alcune verifiche, ma in altri casi dipende da difficoltà soggettive dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti. La possibilità di verifica, come d’altra parte la scelta degli indicatori, presuppongono livelli di competenza e conoscenza relativa ai bilanci e agli indici non sempre in possesso da parte dei rappresentanti sindacali aziendali. Divengono quindi indispensabili dei momenti formativi che consentano ai lavoratori e alle RSU la ge- stione degli accordi.
Tabella 19: Tempistiche e modalità di verifica
L’intero sistema incentivante è “sostenuto” da un costante processo di comunicazione, che oltre a fornire semplici e chiare informazioni (ed esemplificazioni) sui meccanismi di funzionamento del Premio di risultato, permette a ciascun collaboratore di verificare costantemente la quota di obiettivi raggiunta e l’influenza di azioni alternative (attraverso simulazioni di risultato) sul Premio complessivo. L’accordo prevede inoltre che, al fine di rendere agevole, consapevole e proficuo il confronto sindacale siano organizzate sessioni formative destinate ai Responsabili del Personale ed alle RSA/RSU aventi per oggetto nozioni base di bilancio ed analisi degli indici relativi agli obiettivi del Premio di risultato. | Ikea Italia 2006 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda infine la tempistica di erogazione del premio, è probabilmente pre- feribile prevedere una frequenza mensile, poiché minore è il lasso di tempo che intercor- re tra la prestazione lavorativa e il pagamento del premio, tanto più forte è l’effetto sul clima partecipativo e sull’attenzione che i lavoratori hanno nei riguardi della produzione. L´erogazione annuale del premio porta sicuramente benefici amministrativi per chi si occupa delle buste paga. Allo stesso tempo, tuttavia, una maggiore rateizzazione dell’im- porto tende a sminuire nel lavoratore la percezione del valore della sua prestazione. Sulla base di tali considerazioni è opportuna una maggiore frequenza di erogazione qualora si preveda un premio di importo elevato, e un’erogazione annuale in caso di premio di im- porto modesto.
Tabella 20: Tempistiche di erogazione
Erogazione mensile in dodici quote anticipate nei mesi da gennaio a giugno e posticipate nei mesi da luglio a dicembre. Una quota annua viene erogata a conguaglio con la retribuzione di luglio, in base alla differenza tra il valore complessivo del Premio di Risultato risultante per l’anno e il valore totale delle dodici quote mensilizzate. | Fiat e Iveco 2009 (Metalmeccanico) |
Erogazione trimestrale per quanto riguarda il premio di produttività e annuale per quanto riguarda il premio di qualità. | Azienda riservata 2008 (Gomma Plastica) |
Erogazione semestrale. Il Premio è erogato con le competenze dei mesi di giugno e novembre di ciascun anno. | Telecom Italia 2008 (Telecomunicazioni) |
Erogazione annuale. L’erogazione del Premio di risultato relativo al consuntivo dell’anno avverrà con la retribu- zione di giugno dell’anno successivo. | Rubinetterie Zucchetti 2000 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
Le ricerche svolte in ambito provinciale mostrano come una larga maggioranza di accordi sindacali preveda la cadenza annuale sia per quanto riguarda la verifica che per quanto riguarda l’erogazione dei Premi di Risultato (Xxxxxxxxxxx 2003 e 2004).
3.2 L’ORARIO DI LAVORO
L’esigenza di utilizzare al meglio gli impianti tecnico-produttivi, nonché di rispondere ad una domanda di mercato sempre meno prevedibile, ha accresciuto la necessità di flessibi- lizzare l’orario di lavoro. D’altro canto tale flessibilità comporta per l’impresa anche l’op- portunità di accogliere le istanze per una migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi per la famiglia. Tale tendenza è stata riconosciuta e sancita dai ripetuti interventi legislati- vi40, che hanno previsto molteplici rinvii alla contrattazione collettiva col fine di calibrare al meglio le tutele, pur non rinunciando ad introdurre deroghe alla protezione legale.
Per quanto riguarda il riposo giornaliero, la legge prevede che non possa essere inferiore a 11 ore consecutive ogni ventiquattro, ma lascia spazio alla contrattazione collettiva41 per deroghe alla durata o alla consecutività del riposo. Alcuni contratti nazionali indicano le ipotesi in cui tali deroghe sono ammesse e fissano soglie minime per la loro durata, ricor- rendo talvolta ad una formulazione ampia legata anche a necessità tecniche in grado di assicurare la continuità del servizio e/o della produzione42 e, talvolta, legate al necessario requisito dell’eccezionalità43. Non mancano i casi in cui i contratti nazionali di categoria prevedono, pur all’interno di determinati limiti44, un rinvio alla contrattazione di secondo livello.
Per quanto riguarda il riposo settimanale e domenicale, alcuni contratti nazionali di ca- tegoria hanno disciplinato direttamente la materia45, mentre altri hanno stabilito un rinvio alla contrattazione di secondo livello per la previsione di eventuali xxxxxxx00. E’anche at- traverso la negoziazione in azienda che i rappresentanti dei lavoratori possono partecipare alla discussione sull’organizzazione dei turni di lavoro, e negoziare delle contropartite per i lavoratori per i quali è richiesta la prestazione lavorativa, ad esempio, in giornate solita- mente dedicate al riposo.
40 Per quanto riguarda l’orario di lavoro e i riposi cfr. il D.Lgs. 66/2003 e xx.xx.; per il lavoro a tempo parziale e il lavoro ripartito cfr. il D.Lgs. 276/2003 e la L. 247/2007.
41 Cfr. art. 7 e 17, D.Lgs. 66/2003, come modificati dalla L. 133/2008.
42 Contratto Alimentaristi Confapi.
43 Contratto Gomma Plastica Confapi.
44 Contratti Cemento, Calce e Gesso.
45 Contratto Assicurazioni-Assistenza.
46 Contratto Cemento, Calce e Gesso e Gomma Plastica Industria.
Tabella 21: Lavoro festivo ed indennità
Per il personale per il quale il regime di turnazione prevede la prestazione lavorativa nelle giornate di sabato e domenica, è prevista l’erogazione di una specifica indennità di turno. | Alupress 1998 (Metalmeccanico) |
Speedline 2000 (azienda non più esistente) | |
Xxx 0000 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda il periodo di ferie, la legge prevede che il lavoratore abbia diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane (comprensivi dei giorni non lavorativi)47. I contratti collettivi possono estendere tale periodo, anche riferen- dolo all’anzianità dei singoli lavoratori48, e possono altresì prevedere degli ulteriori permessi (talvolta definiti permessi annui retribuiti49 ovvero riduzione orario di lavoro50) anch’essi ri- feribili a situazione specifiche dei lavoratori quali, ad esempio, il numero di turni svolto. La contrattazione aziendale spesso interviene nel comparto industriale per definire gli accordi di calendario, durante i quali all’inizio di ciascun anno le rappresentanze dei lavoratori e il datore di lavoro stabiliscono i periodi di chiusura dell’azienda, cercando di conciliare le esigenze produttive con quelle famigliari.
Tabella 22: Fruizione ferie e permessi
a) entro il 1° trimestre di ogni anno le parti si incontreranno per definire i periodi di ferie tenendo conto delle esigenze produttive ed organizzative; b) le ferie avranno di norma una durata di 2 settimane in estate e 1 settimana a fine anno. Durante gli incontri si concordano eventuali ulteriori periodi di riduzione/sostituzione dell’attività lavorativa in prossimità di giorni di festa; c) gli accordi relativi al punto b) dovranno garantire almeno 5/6 giorni di ferie/riduzione dell’orario di lavoro/riposi aggiuntivi da fruire individualmente previa autorizzazione del responsabile di reparto | Diasorin 2004 (Chimico) |
La fruizione dei permessi in conto ferie/rol/ex-festività non potrà superare contemporaneamente, nell’arco di una giornata lavorativa, il 3% dei dipendenti. I permessi dovranno essere richiesti con l’anticipo di 46 ore, salvo casi di comprovata necessità. | Xxxxxxxxxx & C. 2006 (Tessile-Abbigliamento) |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda la definizione dell’orario settimanale all’interno di un periodo di ri- ferimento determinato dalle parti sociali, gran parte dei contratti collettivi prevede la di- stribuzione plurisettimanale dello stesso (ovvero il cosiddetto “orario multiperiodale”); analogo discorso vale per l’orario settimanale massimo comprensivo del lavoro straordina-
47 Cfr. art. 10 D.Lgs. 66/2003 novellato dal D.Lgs. 213/2004 (in combinazione con l’art. 2109 c.c.).
48 CCNL Metalmeccanici industria (Titolo III, art. 10) e CCNL Gomma Plastica industria (art. 16).
49 CCNL Metalmeccanici industria.
50 CCNL Gomma Plastica industria.
rio, che la disciplina legale prevede in 48 ore massime settimanali. L’orario multiperiodale prevede 40 ore settimanali come media in un periodo di quattro mesi, prorogabile dalla contrattazione collettiva a sei, ovvero a dodici, in caso di ragioni specificate negli stessi accordi collettivi. Tali formule permettono di considerare la stagionalità di alcune lavora- zioni, adattando l’organizzazione del lavoro ai periodi di intensa attività e/o di flessione della stessa. La possibilità di programmare in anticipo il proprio tempo libero riveste una notevole importanza e, pertanto, i contratti aziendali spesso prevedono una differenziazio- ne dell’indennità di flessibilità a seconda dei giorni di preavviso nella comunicazione della giornata aggiuntiva di lavoro.
Tabella 23: L’orario multiperiodale e l’indennità di preavviso
L’orario settimanale contrattuale è ridotto dalle 40 alle 38 ore, utilizzando a copertura economica le ore di PAR (permesso anno retribuito). Contestualmente è stabilito il seguente orario multiperiodale: da aprile a settembre l’orario normale è di 36 ore a settimana (fino alle 12 del venerdì), mentre da ottobre a marzo è di 40. Per il periodo di superamento dell’orario contrattuale è prevista la concessione di 30 minuti di PAR per ogni settimana, che saranno utilizzate a copertura delle giornate della vigilia di Natale, di X. Xxxxxxx, e di Xxxxxxx Xxxxxx. | Miele 2001 (Commercio) |
Qualora la flessibilità positiva sia comunicata con un preavviso compreso tra i 10 ed i 6 giorni è previsto un importo lordo di 20 euro; se il preavviso è compreso tra i 3 e i 5 giorni l’importo è di 25 euro; se il preavviso è di 2 giorni l’importo è di 30 euro. | Thun 2005 (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
La legge affida alla contrattazione la disciplina del lavoro straordinario, prevedendo non solo un ricorso ad esso limitato51, ma anche che ne vengano indicate le ragioni. I contratti nazionali regolamentano le modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario e le maggiorazioni da applicare, lasciando alla contrattazione aziendale l’identificazione di ulteriori ragioni giustificatrici. La negoziazione a livello di azienda può comunque conqui- starsi ulteriori spazi soprattutto per quanto riguarda la previsione di maggiorazioni superio- ri a quelle previste dalla contrattazione nazionale di categoria.
Se si considera a questo punto la flessibilizzazione dell’orario di lavoro finalizzato alla con- ciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, un interessante istituto è la “banca delle ore” denominata anche “conto ore”, che permette di accantonare gli straordinari pre- stati per poi godere le corrispondenti ore di riposo52. L’istituto è presente in un numero sempre maggiore di categorie professionali, anche appartenenti al comparto industriale, normalmente più rigido per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro rispetto a quello dei servizi. I contratti nazionali prevedono talvolta un rinvio al secondo livello di contrat-
51 Cfr. art. 5, D.Lgs. 66/2003, come modificato dal D.L. 112/2008.
52 Il contratto Chimica Confindustria prevede la possibilità di utilizzare tali ore accantonate per iniziative di solidarietà sociale, quali l’assistenza- per gravi situazioni di difficoltà familiare, il finanziamento del fondo di sostegno al reddito previsto dal contratto, iniziative formative per la riqualificazione previste a livello aziendale.
tazione per la disciplina dei dettagli53. La contrattazione aziendale può disciplinare anche le maggiorazioni per le ore di lavoro supplementare, ovvero quelle indennità che spettano ai lavoratori/lavoratrici part-time per la loro disponibilità a prestare ore supplementari. Gli accordi aziendali possono inoltre stabilire che il “pagamento” di un premio di risultato non avvenga con la tradizionale erogazione monetaria, bensì con il godimento di giornate di riposo aggiuntive rispetto a quelle previste dai contratti di categoria.
Tabella 24: La banca delle ore
In sostituzione del compenso per il lavoro supplementare e/o straordinario, ai lavoratori che ne facciano esplicita richiesta con valenza annuale, saranno accantonate su un conto individuale le ore prestate oltre l’orario contrat- tuale. Le ore presenti su tale conto potranno essere spese entro e non oltre il 31 dicembre di ciascun anno sotto forma di corrispondente tempo libero. Le maggiorazioni per il lavoro supplementare e/o straordinario saranno in ogni caso retribuite. | Miele 2001 (Commercio) |
Ad ogni punto di efficienza, corrispondono - convenzionalmente - 12 ore di permesso individuale; risultati inter- medi vengono calcolati proporzionalmente. La trasformazione in ore di permesso non potrà superare l’equiva- lente di 3 punti di efficienza (36 ore). Modalità di erogazione/fruizione: 1) il conteggio del maturato in € ed il corrispettivo in ore verrà effettuato a gennaio per l’anno precedente. 2) Entro il mese di febbraio ogni interessato deve scegliere se farsi liquidare quanto maturato oppure optare per la sua trasformazione in ore di permesso. 3) Per chi ha optato per il pagamento, il quantum spettante verrà liquidato assieme alle competenze del premio di Gruppo, legato agli indicatori di bilancio. 4) Per chi a febbraio ha optato per la trasformazione in ore di permesso, l’eventuale residuo di ore di permessi non usufruito, verrà liquidato con la retribuzione. 5) La liquidazione del residuo avverrà sulla base del rapporto: 12 ore uguale a 100 € lordi. | Safilo 2009 (Tessile) |
Fonte: AFI-IPL
I contratti aziendali possono migliorare la regolamentazione nazionale di altri istituti utili alla programmazione dei tempi di lavoro, prevedendo congrui preavvisi in caso di mo- difiche delle turnazioni54, esenzioni di parte dell’organico dal prestare lavoro notturno55, o ancora agevolazioni dei ricongiungimenti famigliari permettendo una fruizione continua- tiva delle ferie56. I contratti aziendali possono prevedere che il tempo necessario per sotto- porsi a visite mediche specialistiche certificate sia retribuito. In altri casi possono prevedere ulteriori situazioni in cui è possibile usufruire di aspettative retribuite e non.
Un discorso a parte deve essere svolto per il lavoro a tempo parziale, un istituto certa- mente utile per rispondere alle esigenze individuali, in particolar modo quando si riconosce al singolo un diritto o almeno una priorità nella trasformazione del suo orario da full-time a part-time. A tal proposito, la disciplina legale57 prevede il diritto alla trasformazione (re- versibile su richiesta) per il lavoratore affetto da patologie oncologiche, e la priorità nel
53 Contratto Logistica, trasporto merci e spedizioni Cooperative.
54 Come avviene in virtù del contratto di categoria per l’Assicurazione-Assistenza, e del contratto Gomma Plastica industria.
55 Secondo quanto è già previsto nel CCNL Alimentaristi Confapi per le madri di figli fino a tre anni e nel CCNL Enti culturali, turistici e sportivi per i lavoratori affetti da patologie oncologiche.
56 Come previsto per i lavoratori con residenza lontana dal luogo di lavoro nel XXXX Xxxxxxx.
00 Xxx. art. 12-bis D.Lgs 61/2000 come modificato dal D.Lgs. 276/2003 e dalla L. 247/2007.
Tabella 25: Permessi retribuiti e non retribuiti
Le Parti convengono di rafforzare la procedura da adottare in caso di modifica dell’orario che riguardi un reparto o una parte collettiva dello stesso attraverso: a) la tempestiva comunicazione (almeno 1 settimana) sulla necessità di attivare la modifica di orario; b) una precisa informazione sui motivi produttivi e organizzativi che richiedono il ricorso alla modifica di orario e sui tempi di tale modifica; c) la definizione congiunta della modalità di applicazione del nuovo orario; d) la comunicazione alla RSU sulla necessità di interrompere e/o ridurre il ricorso alla nuova tipologia di orario. | Benetton 2009 (Tessile-Abbigliamento) |
Sono introdotti “Long term leaves” (congedi per l’unità familiare per i lavoratori non comunitari), che consistono nella concessione di periodi continuativi di assenza dal lavoro fino ad un massimo di 50 giorni. Essi possono essere concessi ai lavoratori non comunitari che ne hanno fatto formale richiesta durante i periodi di minore in- tensità lavorativa, individuati dalle direzioni delle unità produttive e comunicate alle Organizzazioni sindacali nelle relative sessioni di calendario, compatibilmente con le esigenze tecnico-organizzative e produttive dell’azienda e, comunque, non possono determinare, nello stesso periodo, una concentrazione superiore all’1% di assenteismo specifico. Viene data priorità a quelle provenienti da lavoratori che non hanno ancora goduto del congedo in questione e, comunque, in riferimento all’ordine cronologico di presentazione delle richieste medesime. Per la fruizione dei long term leaves i lavoratori interessati fanno uso, cumulativamente, della banca ore, delle ferie effettivamente maturate e non godute disponibili e dei permessi annui retribuiti per riduzioni di orario e in sosti- tuzione delle festività abolite eventualmente disponibili; laddove i lavoratori interessati non riescano a coprire i long term leaves facendo ricorso alla banca ore, ferie e permessi retribuiti, possono richiedere, nei primi sei anni di anzianità di servizio a tempo indeterminato, e comunque non più di due volte nel corso di tale termine, un periodo di aspettativa non superiore ai quattro quinti della durata massima dei long term leaves, durante il quale non decorre retribuzione né si ha decorrenza dell’anzianità per nessun istituto. I lavoratori interessati devono effettuare formale richiesta alle direzioni delle unità produttive con un anticipo di almeno 90 giorni di calendario. | Electrolux Italia 2007 Metalmeccanico |
Ore retribuite sono riconosciute per ogni assenza relativa a visita medica specialistica nel limite massimo di 3 ore più 1 ora per gli spostamenti. Il numero annuo delle assenze per visite mediche specialistiche è contenuto nel limite massimo di 3. Non sono considerate visite specialistiche gli accertamenti diagnostici strumentali e di laboratorio, le cure dentarie, le cure fisioterapiche, il tempo impiegato per la prenotazione. | Defranceschi 2008 (Metalmeccanico) |
L’azienda riconosce, dietro presentazione di certificazione medica, 1 ora per svolgere visite mediche per sé o per i figli. | Miele 2011 (Commercio) |
Per facilitare l’inserimento dei figli all’asilo nido, è consentita la fruizione di 40 ore non retribuite, con possibilità di ripartizione in più tranches. | Mandarina Duck 2009 (Tessile) |
In occasione della nascita di un figlio è concesso al genitore 1 giorno di permesso retribuito. | Mandarina Duck 2009 (Tessile) |
Il diritto a permessi non retribuiti per malattia dei figli è consentito fino all’età di 12 anni, nel rispetto del limite delle 5 giornate all’anno attualmente previste dalla normativa e previa presentazione di certificato medico. | Mandarina Duck 2009 (Tessile) |
Il personale maschile, in occasione della nascita di un figlio, potrà godere di un giorno di congedo retribuito che dovrà essere fruito entro 10 giorni dalla nascita. | Adecco Italia 2007 (Commercio) |
In relazione a permessi per decessi e gravi infermità, qualora il decesso si verifichi in una regione diversa da quella del luogo di lavoro, il lavoratore avrà diritto a 5 giorni di congedo retribuito da utilizzarsi entro 7 giorni. | Adecco Italia 2007 (Commercio) |
L’azienda riconosce una ulteriore aspettativa non retribuita successiva al congedo parentale e compresa da un minimo di 1 mese fino a un massimo di 6 mesi, non frazionabile, da richiedere con un mese di anticipo e da concludersi entro il 3° anno di età del figlio. | Autogerma 2006 (Commercio) |
L’azienda, pur riservandosi la valutazione sull’ambito di attività, riconosce un’aspettativa non retribuita per impegni sociali per un periodo massimo di 3 mesi, eventualmente rinnovabile. L’azienda riconoscerà un massimo di 16 ore annue di permessi retribuiti per i servizi di pubblica emergenza (Croce Bianca-Rossa-Verde) prestati dal Collaboratore. | Autogerma 2006 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
caso in cui tali patologie riguardino coniuge, figli o genitori, ovvero in cui vi sia necessità di assistere un convivente invalido al 100%, un figlio di età inferiore ai 13 anni, o un fi- glio portatore di handicap. Anche in questo caso, i contratti aziendali possono ampliare il novero di coloro che hanno diritto a tale trasformazione, includendo tra i presupposti an- che la nascita di un figlio, nonché possono vincolare l’azienda a valutare positivamente le domande di trasformazione pervenute entro una certa percentuale rispetto al totale degli occupati nell’impresa58. Una politica sindacale che tenda a favorire la diffusione del lavoro a orario ridotto e il buon funzionamento del mercato introaziendale del tempo di lavoro implica però che le previsioni dei contratti collettivi lascino il maggiore spazio possibile alla negoziazione individuale e si astengano dal regolare rigidamente il part-time. In tale ambito lo spazio d’intervento del sindacato dovrebbe essere quello di negoziare con gli im- prenditori l’adattamento dell’orario alle esigenze dei singoli lavoratori, ottenendo sul piano della contrattazione collettiva ciò che il singolo non è in grado di ottenere con la contrat- tazione individuale, e negoziando contemporaneamente anche le modifiche organizzative e gli interventi formativi che permettono all’azienda di sopperire alla riduzione di orario dei dipendenti già in forza (Xxxxxx 2004).
Tabella 26: La contrattazione del Part-Time
Vengono valutate positivamente, compatibilmente con le esigenze produttive, le situazioni dei dipendenti che abbiano l’oggettiva necessità di assistere familiari o conviventi gravemente ammalati. Le richieste di part-time possono essere valutate in sede di Commissione Paritetica che fornirà il proprio parere in occasione del successivo incontro. | Rai 2006 (Telecomunicazioni) |
L’Azienda si dichiara disponibile ad acconsentire alla trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per il periodo successivo al parto e fino al 36° mese di età del bambino nonché per 12 mesi in caso di adozione di minori di età fino a 8 anni. | Autogrill 2001 (Turismo) |
Fonte: AFI-IPL
Sempre per quanto riguarda il part-time, la contrattazione collettiva è chiamata in causa dal legislatore relativamente alle clausole finalizzate ad un incremento della flessibilità ri- chiesta dalle imprese. Tali clausole, se non prevedono la volontarietà da parte del singolo lavoratore, rischiano di incidere negativamente sulla conciliabilità tra esigenze di vita e di lavoro. Si tratta in primo luogo del lavoro supplementare, per il quale i contratti collettivi di categoria oppure aziendali devono prevedere il numero massimo delle ore effettuabili e le relative causali in base alle quali è consentito richiedere la prestazione eccedente l’orario ridotto previsto dal contratto individuale59. Solo in alcuni casi la contrattazione nazionale di categoria è intervenuta in modo puntuale60, mentre negli altri si è limitata ad indicare limiti
58 Una previsione simile è prevista dal CCNL Gomma Plastica industria, che subordina però la valutazione positiva alla compatibilità con le esi- genze aziendali.
59 Cfr. Art. 3, co. 2, D.Lgs. 61/2000.
60 CCNL Calce e Gesso Confindustria e Confapi.
molto alti o causali alquanto generiche61, talvolta, invece, non si è espressa in alcun modo62. Un possibile strumento disincentivante l’utilizzo da parte dell’azienda di tale istituto può essere la previsione, da parte del contratto aziendale, di un incremento delle maggiorazio- ni salariali, rispetto a quelle già previste dai contratti nazionali di categoria63. Per quanto riguarda l’obbligatorietà della prestazione supplementare, essa è prevista in alcuni contratti di categoria64, esclusa in altri65 o esplicitamente demandata alla contrattazione aziendale66. Il requisito della volontarietà, contemplato in un contratto aziendale, contribuirebbe co- munque a ridurre il rischio di compromettere l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa del personale con tale tipologia contrattuale. Altre clausole rilevanti sono quelle elastiche e flessibili, in base alle quali è possibile rispettivamente aumentare la durata della prestazio- ne e modificare la sua collocazione rispetto a quanto previsto dal contratto individuale. Il ricorso a tali clausole prevede un preavviso di almeno 5 giorni lavorativi 67 ed è sottoposto ad un doppio filtro negoziale:
• un accordo individuale (c.d. patto di elasticità e/o flessibilità, spesso sottoscritto al mo- mento dell’assunzione),
• una disciplina da parte della contrattazione collettiva.
Come per il lavoro supplementare, anche nel caso delle clausole in questione la disciplina di categoria prevede ipotesi giustificatrici generiche e quindi scarsamente selettive68. Talvolta non ne prevede affatto69 o rinvia a livello decentrato, anche in funzione integrativa70. Alcuni contratti di categoria prevedono, inoltre, limiti quantitativi all’aumento della durata della prestazione71.
Un contratto aziendale potrebbe prevedere che l’erogazione della maggiorazione non sia legata solo all’effettiva prestazione lavorativa, bensì, in misura da definire, alla semplice manifestazione di disponibilità da parte del lavoratore; potrebbe infine reintrodurre il pre- zioso “diritto di ripensamento”, previsto in origine dalla legge e successivamente soppres-
61 CCNL Turismo Federturismo e Aica, Edili Confindustria, Confapi e Cooperative, Tessili Confindustria, Giornalisti, Metalmeccanici Confindustria.
62 CCNL Calzaturieri Confindustria e Alimentaristi Confapi.
63 CCNL Telecomunicazioni, Giornalisti, Edili.
64 CCNL Alimentaristi Confapi, Metalmeccanici Confindustria.
65 CCNL Tessili Confindustria, Calzaturieri Confindustria, Turismo Federturismo.
66 CCNL Edili Cooperative.
67 Cfr. Art. 3, co. 8, X.Xxx. 61/2000 come modificato dalla L. 247/2007.
68 CCNL Edili Cooperative.
69 CCNL Alimentaristi Confapi, Edili Confindustria e Confapi, Tessili Confindustria.
70 CCNL Calce e gesso Confindustria e Confapi, Turismo Federturismo, Telecomunicazioni.
71 CCNL Turismo Federturismo, Edili Confindustria, Confapi, Cooperative, Tessili Confindustria e Telecomunicazioni.
so, ma tuttora esistente in alcuni contratti di categoria72. In altri casi, l’accordo aziendale replica norme contrattuali valide per talune categorie73 che permettono una sospensione delle clausole elastiche e flessibili in presenza di alcune ragioni, quali un secondo lavoro con orario incompatibile con le variazioni, un’attività d’assistenza e/o studio, un ciclo di terapia (Cnel 2010).
Tabella 27: La variazione della collocazione oraria.
La collocazione temporale della prestazione lavorativa può essere modificata, rispetto a quella prevista dal con- tratto individuale, nel caso di esigenze di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo; - a fronte dell’effettivo svolgimento delle variazioni temporali di orario di lavoro richieste a seguito dell’applicazione di clau- sole flessibili, per ogni ora di lavoro ordinaria prestata al di fuori degli orari giornalieri o settimanali concordati, verrà riconosciuta una maggiorazione sulla retribuzione differente a seconda del preavviso concesso al lavoratore. Le maggiorazioni previste nell’accordo aziendale per la prestazione di lavoro part-time, a seguito della modifica della collocazione da parte dell’azienda, spettano al lavoratore anche in caso di successiva revoca alla comuni- cazione di modifica. La variazione della collocazione oraria della prestazione non può comportare uno spostamento verso giornate festive, nonché verso fasce orarie notturne, in cui non sia già previsto dall’orario contrattuale di lavoro. | Rinascente e Upim 2003 (Commercio) |
Per la reperibilità notturna, così come per quella del fine settimana, è prevista l’erogazione di un ammontare pari a 5,63 euro lordi all’ora, a prescindere dall’esecuzione effettiva dell’intervento. Nel caso d’intervento è prevista invece un’indennità (d’intervento) pari a 56 euro lordi per coloro che abitano nel raggio di 10 km dal luogo di lavoro e a 62 euro lordi per coloro che abitano al di fuori di tale raggio. | Iprona 2009 (Alimentari) |
Fonte: AFI-IPL
Alcuni contratti nazionali prevedono una quota minima di rapporti di lavoro a tempo par- ziale rispetto all’organico aziendale74. La contrattazione aziendale può integrare tale quota e porre una quantità minima di ore settimanali che un contratto individuale part-time deve necessariamente avere.
Tabella 28: La contrattazione del Part-Time
La percentuale complessiva dei lavoratori a tempo parziale non deve essere inferiore al 15% e l’orario di lavoro individuato non deve essere inferiore alle 24 ore settimanali. | Xxxxxxxx 1999 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
Un ulteriore spazio di intervento della contrattazione aziendale potrebbe riguardare la fles- sibilità oraria, ovvero la possibilità di gestire con un determinato margine di autonomia, ove possibile, il proprio orario di lavoro. Come dimostrato da alcuni studi e da una impor- tante ricerca comparativa condotta a livello europeo (Xxxxxx e Sanoussi 2009), in Italia
72 CCNL Edili Cooperative, Turismo Federturismo.
73 CCNL Metalmeccanici Confindustria e Alimentaristi Confapi.
74 CCNL Gomma Plastica industria 2010, che prevede che l’azienda è tenuta ad accettare, compatibilmente con le esigenze produttive, le richie- ste di trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale entro la soglia del 3%.
meno della metà delle aziende permette ai propri dipendenti di variare l’orario di entrata e di uscita (almeno in un giorno della settimana) e soltanto una quota minima permette di accumulare crediti orari per poter fruire di una giornata libera. Ancora, il periodo di vali- dità dei crediti orari è tendenzialmente molto limitato, mentre in altre realtà (come quella tedesca) tale periodo copre tutta la vita lavorativa del dipendente e permette perfino di anticipare il periodo di pensionamento.
Tabella 29: Flessibilità orario di lavoro in entrata e in uscita.
Si stabilisce che la flessibilità giornaliera in entrata ed uscita rispetto al modello di orario predefinito potrà av- venire nell’ambito dei 30 minuti con compensazione a minuto e non potrà in alcun caso interessare l’intervallo di mensa. | Candy 2007 (Metalmeccanico) |
Si stabilisce un orario centrale rigido durante il quale il collaboratore deve essere sempre presente sempre che non sia in trasferta oppure in permesso accordato. Si stabilisce inoltre una fascia di orario flessibile indicante i termini entro i quali un collaboratore può iniziare prima alla mattina e terminare dopo la sera. Durante l’orario flessibile il dipendente, in accordo con il preposto e gli eventuali collaboratori per garantire la funzionalità del reparto o ufficio, può decidere liberamente l’orario di inizio e fine lavoro. | Torggler Chimica 2001 (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
3.3 L’INQUADRAMENTO
È unanimemente riconosciuto che i mutamenti dell’organizzazione del lavoro richiedo- no nuovi sistemi di valutazione delle conoscenze professionali dei lavoratori. Nelle singole realtà aziendali il sistema d’inquadramento definito dai contratti nazionali di categoria, risalente agli anni Settanta, ovvero all’epoca della grande fabbrica fordista, appare obsole- to. Risultano, quindi, sempre più necessari nuovi e specifici sistemi d’inquadramento, che recepiscano l’evoluzione tecnologico-produttiva e siano in grado di evidenziare i punti di forza e di debolezza professionale del lavoratore, in funzione della sua formazione e dei suoi futuri percorsi di carriera (Xxxxxxxxxxx 2002).
Riconoscendo l’inadeguatezza del tradizionale sistema d’inquadramento, le parti sociali hanno manifestato esplicitamente nei contratti collettivi la volontà di riformare il sistema. Tuttavia, tali dichiarazioni d’intenti si sono tradotte in semplici “restyling” che hanno inciso solo marginalmente sul sistema.
L’obiettivo è comunque quello di rafforzare il rapporto tra organizzazione del lavoro, cre- scita professionale e inquadramento del personale, superando la logica degli automatismi e costruendo un nuovo sistema fondato sul concetto di ruolo, in cui assumono rilevanza criteri quali competenza richiesta e acquisita, autonomia, efficienza, responsabilità, interdi- pendenza con altre funzioni, partecipazione ai processi e a specifiche iniziative formative. Diversi rinnovi hanno istituito o confermato commissioni bilaterali, a volte aperte alla parte-
cipazione di esperti, alle quali vengono attribuiti compiti spesso strettamente collegati alla specificità della categoria. In taluni casi, alle commissioni si è attribuito una funzione pro- positiva, con l’impegno da parte dei soggetti stipulanti l’accordo di recepire e trasferire nel contratto le proposte individuate. In genere gli interventi di manutenzione della disciplina contrattuale riguardano integrazioni e/o modificazioni del sistema di classificazione previsto dal CCNL con la specificazione di profili e qualifiche (esemplificazioni) o con l’ampliamento ed arricchimento delle declaratorie. Ciò consente di dare riconoscimento contrattuale - e, conseguentemente, anche retributivo - all’accresciuto grado di specializzazione sempre più pressantemente richiesto dall’organizzazione del lavoro e alla necessaria integrazione tra sapere tecnico e capacità operative.
La negoziazione aziendale è talvolta intervenuta nell’istituzionalizzare il confronto tra azien- da e RSU in materia di inquadramenti dei lavoratori; può inoltre integrare o modificare le
Tabella 30: Esempi di contrattazione dell’inquadramento
E’prevista l’istituzione a livello locale di commissioni bilaterali al fine di esaminare la sussistenza dei presupposti che, qualora venissero individuate effettive e significative innovazioni tecnologiche e organizzative, conducano all’identificazione di nuovi profili professionali, sulla base della polivalenza e polifunzionalità. Le commissioni bilaterali procedono alla valutazione comparativa di tali nuovi profili con quelli già esistenti e al loro riflesso sull’organizzazione locale. La verifica degli eventuali effetti sull’inquadramento contrattuale sarà oggetto di con- fronto con le Rsu in sede locale. | Xxx Xxxxxxxxxx 0000 (Alimentari) |
Per alcune qualifiche professionali sono previsti anche fino a due scatti di livello, in funzione dell’anzianità azien- dale e in seguito al superamento di un test d’idoneità all’avanzamento di carriera. | Elektrisola 2000 (Metalmeccanico) |
L’inquadramento aziendale produce i suoi effetti retributivi sull’ammontare del premio di produzione. Il premio è parametrato su tre livelli d’inquadramento aziendale, ai quali corrispondono tre diversi gradi di respon- sabilità, anzianità e professionalità. Per il singolo dipendente, il passaggio al livello superiore (e/o l’aumento del premio) viene negoziato una volta l’anno tra azienda e RSU. Il premio e la categoria restano poi fissi per un anno intero e sono possibili trattative intermedie solo in caso di cambio di incarico. La RSU e il dipendente in questione propongono l’aumento di livello (e/o del premio) dimostrando su chiare basi l’acquisita capacità dello stesso. | Ninz 2000 (Metalmeccanico) |
Annualmente l’azienda informa le RSA sulla politica adottata per la gestione degli inquadramenti. Relativamente ai lavoratori inquadrati al 4° livello viene istituita una “Commissione Inquadramento” paritetica, la quale prov- vede ad attivare, ai fini della progressione di carriera, tutti quegli strumenti (es. la formazione) volti a superare la permanenza in tale livello per periodi superiori ai 17 anni; ovvero a riconoscere soluzioni equivalenti. Nell’ambito dell’attività della Commissione rientra anche l’analisi e la formulazione di proposte atte a favorire la progressione professionale nelle varie posizioni organizzative a prescindere dal regime d’orario e/o dalla sede lavorativa del lavoratore interessato. | Axa 2005 (Credito) |
Il raggiungimento del livello B1 può essere raggiunto dal Capo Macchina il quale, oltre ai requisiti previsti dal livello B2, sia in grado di condurre in piena autonomia almeno due rotative raggiungendo, i seguenti obbiettivi: riduzione dei tempi di avviamento e degli scarti; coordinamento e formazione del personale di macchina al fine di accrescerne la professionalità, il senso di responsabilità e gli aspetti etico/comportamentali (abbigliamento, rispetto delle norme interne relative ad igiene, disciplina, sicurezza, etc.); raggiungimento e mantenimento degli standard di ordine e pulizia nell’area di competenza (tale aspetto viene monitorato tramite audit interni); comple- ta autonomia nella correzione dei colori in macchina. | Huhtamaki 2004 (Grafica) |
Fonte: AFI-IPL
declaratorie e/o le esemplificazioni previste dai contratti nazionali di categoria. In altri casi, il contratto aziendale si spinge fino a regolamentare i passaggi di livello (mobilità verticale). La scelta dell’azienda di accordare ad un lavoratore un livello d’inquadramento superiore ha senza dubbio nell’immediato un effetto estremamente positivo sulla motivazione e/o il commitment del lavoratore, ma nel medio-lungo periodo, tale scelta potrebbe divenire insostenibile a causa di un calo della redditività e/o produttività aziendale. Alcuni contratti hanno affrontato tali problematiche in modo estremamente innovativo, arrivando a lega- re il passaggio di livello al superamento di un test e/o definendo meccanismi reversibili di mobilità verticale.
Una possibile riforma del sistema d’inquadramento
Una riforma efficace dei sistemi d’inquadramento potrebbe valorizzare il livello decentrato di contrattazione, ma le associazioni datoriali hanno sempre temuto che una soluzione simile potesse portare nelle aziende un aumento della conflittualità e/o un aggravio dei costi per le imprese.
Una soluzione adottabile già oggi, con gli attuali sistemi di classificazione del personale è quella di introdurre mediante un accordo aziendale, diverse “posizioni organizzative” per ciascun livello di inquadramento, in modo simile a quanto già previsto dal contratto na- zionale di categoria dei chimici75. A tali “posizioni organizzative”, andrebbero poi associati premi di risultato a carattere collettivo e/o individuale che, essendo variabili, non incidereb- bero sulla paga base prevista dal CCNL, consentendo passaggi di livello sia verso l’alto che verso il basso, senza intaccare il principio dell’irriducibilità della retribuzione. In tal modo verrebbero valorizzati gli spazi della contrattazione collettiva aziendale. Questo modello di sistema d’inquadramento avrebbe il merito di valorizzare non solo i risultati collettivi e/o individuali ottenuti, ma anche le competenze e l’apprendimento dei singoli lavoratori. In questo modo, con l’erogazione del premio di risultato, verrebbero premiati non solo i risultati collettivi ottenuti, ma anche l’apprendimento e le competenze del singolo lavora- tore. Periodicamente, il singolo dipendente, assistito dalla RSU, rinegozierebbe la propria posizione organizzativa e, conseguentemente, il livello parametrale del premio di risultato e/o del superminimo. Tale negoziazione consentirebbe di valutare non solo le mansioni esercitate, la qualifica e la responsabilità richiesta, ma anche le capacità di risolvere i pro- blemi, la partecipazione a iniziative di aggiornamento e il tutto, in funzione della strategia organizzativa che l’impresa intende perseguire. Ovviamente, affinché il sistema sia percepi-
75 Quest’esigenza di flessibilità (mobilità verticale verso l’alto e/o verso il basso) è già stata affrontata in modo molto innovativo ed efficace con il contratto collettivo nazionale dei chimici del 1994 (CCNL 19 marzo 1994). Tale contratto rivede completamente il sistema classificatorio delle mansioni, prevedendo un’unica scala suddivisa in sei categorie. In ogni categoria sono classificate le professionalità aventi mansioni contrattualmente equivalenti; esse sono poi articolate in diverse “posizioni organizzative”. Volendo sintetizzare, tale sistema permette pas- saggi a “posizioni organizzative” superiori ed inferiori senza modificare in alcun modo il livello d’inquadramento del lavoratore. Viene così salvaguardato, in modo indiretto ma quanto mai ingegnoso, il principio dell’irriducibilità della retribuzione. (Xxxxxxxxxxx 2002)
to come realmente incentivante, è necessario che l’importo del premio di risultato e/o del superminimo sia cospicuo (Xxxxxxxxxxx 2002).
3.4 LA FORMAZIONE
La formazione rappresenta una delle aree tematiche nelle quali imprese e lavoratori hanno la minore contrapposizione di interessi, o meglio tale tematica sintetizza una larga con- vergenza tra le parti sociali. Da una parte, le imprese chiedono crescenti professionalità e competenze ai propri dipendenti per aumentare la propria competitività, mentre i lavo- ratori vedono nella formazione una crescita della propria autonomia e soddisfazione e, in definitiva, una sorta di salario differito nel tempo, aspettandosi dalla formazione benefici economici, sebbene in modo non automatico e normalmente tangibili solo nel medio ter- mine (Giovannacci 2008).
Lo Statuto dei Lavoratori prevede espressamente il diritto allo studio in scuole di istruzione primaria, secondaria, universitaria o di qualifica professionale abilitate al rilascio di titoli di studio legali. Per gli studenti lavoratori si prevede il diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione degli esami, l’esonero dall’obbligo di prestare lavoro straordinario o durante i riposi settimanali, nonché il diritto a permessi giornalieri retribui- ti76, quantificati dalla contrattazione collettiva77.
Per quanto riguarda la promozione dell’attività formativa svolta nell’interesse dei lavoratori (e quindi slegata dalle iniziative poste in essere dall’azienda), la legge prevede, per i dipen- denti con almeno 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro, la possibilità di fruire di un congedo della durata di 11 mesi, continuativi o frazionati, per conseguire un titolo di studio di primo e/o di secondo grado ovvero di livello universitario78. Il congedo in questio- ne non dà diritto alla retribuzione e alla maturazione delle ferie e di istituti analoghi, né è
76 L. 300/1970, art. 10i.
77 Il CCNL Metalmeccanici industria (sez. 4, titolo 6, art. 7, par. A e art. 8) prevede un monte ore individuale di 150 ore di permesso retribuito per triennio (subordinato al rispetto di un rapporto di almeno 1/2 tra ore di permesso retribuito e ore di frequenza complessiva) elevato a 250 ore (con un rapporto di almeno 2/3 tra ore di permesso retribuito e ore di frequenza complessiva) qualora si tratti di corsi sperimentali per il recupero della scuola dell’obbligo oppure di alfabetizzazione degli adulti o infine di lingua italiana per stranieri. Qualora i lavoratori frequen- tino l’ultimo biennio per il conseguimento del diploma di scuola media superiore essi hanno diritto a 40 ore annue di permesso retribuito per non più di due anni, cumulabili con permessi retribuiti di un giorno per ogni esame sostenuto. Qualora si tratti di lavoratori che frequentino l’università, alle 150 ore di permesso retribuito possono essere cumulati ulteriori permessi retribuiti di tre giorni per ogni esame sostenuto. Il CCNL Gomma Plastica industria (art. 44, par. B, co. 6) prevede un monte ore individuale di 150 ore di permesso retribuito per triennio (sempre subordinato al rapporto di 1/2 di cui si è detto prima). Qualora i lavoratori frequentino le scuole medie superiori e le scuole medie professio- nali (art. 44, par. A, co. 3), essi hanno diritto a tanti giorni di permessi giornalieri retribuiti quanti sono le prove di esame, oltre a 15 giorni di permesso non retribuito (compatibilmente, questi ultimi, alle esigenze aziendali) nel corso dell’anno (25 per la preparazione dell’esame di diploma). Qualora i lavoratori frequentino l’università, essi hanno diritto, oltre ad un giorno di permesso retribuito per ogni esame sostenuto, a 4 giorni di permesso retribuito per l’esame di laurea, oltre a 25 giorni di permesso non retribuito (compatibilmente, questi ultimi, con le esigenze aziendali).
78 L. 53/2000, art. 5 co. 1, 2.
computabile nell’anzianità di servizio, ma garantisce la conservazione del posto di lavoro e la possibilità di ottenere il riconoscimento del periodo ai fini pensionistici mediante il ver- samento di contributi volontari79. La norma legale rinvia ai contratti collettivi la previsione delle modalità di fruizione del congedo e la disciplina del respingimento o del differimento da parte del datore di lavoro80. La domanda deve essere presentata con congruo anticipo (secondo alcuni contratti, ad es., almeno 30 ovvero 60 giorni prima a seconda che la durata del periodo sia compresa oppure ecceda le 5 giornate81 o le 10 giornate82) e l’azienda può respingerla o differirla nel tempo a fronte di esigenze tecnico organizzative che devono essere esplicitate83 e, in alcuni casi, rientrare in picchi produttivi e/o difficoltà o impossibilità di sostituzione84. Secondo la norma di legge, i contratti hanno il compito di individuare la percentuale massima dei lavoratori che può avvalersi del congedo85, e che talvolta è indivi- duata nell’1% arrotondato per eccesso86.
La legge prevede anche il diritto dei lavoratori a seguire dei percorsi per il miglioramento delle proprie competenze professionali (anche in relazione alle attività dell’azienda) duran- te tutto l’arco della vita lavorativa, mediante la frequenza di percorsi formativi articolati sul territorio, personalizzati, certificati e riconosciuti e rientranti in piani aziendali e territoriali concordati tra le parti sociali87. La legge affida alla contrattazione collettiva, “nazionale e decentrata”, la definizione delle modalità per rendere effettivo tale xxxxxxx00. In particolare, il contratto definisce il monte ore da destinare alla frequenza dei corsi di formazione con- tinua89, i criteri per l’individuazione dei lavoratori90, le modalità di orario e la retribuzione spettante durante la partecipazione91.
79 L. 53/2000, art. 5 co. 3, 5.
80 L. 53/2000, art. 5 co. 4.
81 CCNL Metalmeccanici industria (parte IV, titolo VI, art. 9).
82 CCNL Gomma Plastica industria (parte II, art. 44, paragrafo C).
83 CCNL Metalmeccanici industria (art. 9) i.
84 CCNL Gomma Plastica industria (art. 44, co. 19).
85 L. 53/2000, art. 5 co. 4.
86 CCNL Gomma Plastica industria e Metalmeccanici industria.87 L. 53/2000, art. 6 co. 1.
87 L. 53/2000, art. 6 co. 1.
88 L. 53/2000, art. 6 co. 2.
89 Il CCNL Metalmeccanici industria (art. 7, sez. 4, titolo 6) calcola il monte ore triennale moltiplicando 7 ore annue per 3 e per il numero totale dei lavoratori occupati nell’unità produttiva; il CCNL Gomma Plastica industria (art. 44 par. B, co. 7) moltiplicando 15 per il numero dei dipen- denti occupati nell’unità produttiva.
90 Il CCNL Metalmeccanici industria (par. B dell’art. cit.) stabilisce che i lavoratori che si assentano per frequentare i corsi di formazione profes- sionale non devono superare il 3% del totale della forza lavoro occupata, e la stessa quota è prevista dal CCNL Gomma Plastica industria (art. 44, co. 9), che sottolinea come deve comunque essere garantita nei reparti la regolare attività lavorativa. Il dipendente interessato deve presentare domanda scritta (specificando il corso che intende frequentare) entro i mesi di giugno e dicembre di ogni anno (CCNL Metalmec- canici industria) ovvero entro i termini concordati a livello aziendale e di norma non inferiori al trimestre (CCNL Gomma Plastica industria, art. 44 co. 11-12); il superamento del monte ore così come per ogni problema applicativo è esaminato congiuntamente dalla Direzione e dalla Rappresentanza sindacale unitaria.
91 Il CCNL Metalmeccanici industria (par. B dell’art. cit.), così come il CCNL Gomma Plastica industria (art. 44, co. 10) prevede la fruizione di un massimo di 150 ore retribuite nel triennio purché la durata del corso sia doppia rispetto al numero delle ore per le quali si richiede il permesso retribuito. Il pagamento delle ore è comunque subordinato alla regolare frequenza all’intero corso.
Accanto alle norme che hanno stabilito il diritto alla formazione, il legislatore ne ha poste altre dedicate al sostegno alla formazione, passando in breve tempo da una richiesta di un parere positivo delle Parti sociali92, all’obbligatorietà di un accordo tra di esse93, fino alla previsione di una gestione congiunta dei Fondi paritetici interprofessionali per gli interventi formativi94. Le disposizioni legislative degli ultimi anni hanno imposto un sempre maggiore coinvolgimento delle parti sociali, sia nella fase di definizione delle strategie di formazione dei lavoratori, che nella fase della loro concreta attuazione. In altri termini si è creato uno spazio ideale per lo sviluppo di una cultura partecipativa in un ambito in cui vi è una lar- ga convergenza tra gli interessi dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori. Tale cultura ha moltiplicato i luoghi di confronto bilaterale e trilaterale per l’analisi dei fabbisogni, l’indivi- duazione delle tematiche formative ed i criteri per la distribuzione delle risorse pubbliche, sia nazionali che comunitarie. Gli interventi del legislatore non hanno affatto mortificato il ruolo della contrattazione collettiva, ma l’hanno resa un requisito fondamentale per l’asse- gnazione dei finanziamenti da destinare agli interventi di formazione continua, costringen- do spesso le organizzazioni sindacali ad inseguire le novità legislative. Negli ultimi anni, la contrattazione nazionale ha enfatizzato il tema della formazione, attribuendo ad essa l’o- biettivo di migliorare il livello professionale degli occupati, adeguare l’offerta di prestazione lavorativa alle richieste delle aziende e rafforzare la competitività del sistema economico. Praticamente tutti i contratti collettivi di settore ribadiscono l’importanza strategica della formazione e prevedono la costituzione di Enti bilaterali95 con compiti di indirizzo. Strate- gici risultano inoltre i rapporti con le istituzioni pubbliche con responsabilità in materia di istruzione e formazione, e con i fondi interprofessionali, al fine di elaborare Piani formativi e monitorare gli interventi realizzati. Se di tali aspetti si è occupata la contrattazione na- zionale, è la contrattazione decentrata, territoriale e aziendale, ad occuparsi di applicare e rendere efficaci tali dichiarazioni di intenti. (Xxxxxxxxxxx 2002)
Data la struttura dimensionale ridotta delle aziende altoatesine, è spesso la contrattazione territoriale a giocare un ruolo prevalente nello stabilire regole e modalità per l’esercizio del diritto alla formazione continua. In tale contesto assume rilievo il ruolo degli enti bilaterali nei settori del commercio (Ebk), del turismo (Cassa turistica) e del settore artigianato-edile (Cassa edile).
Come è stato sottolineato, la leva fondamentale per riuscire a coniugare flessibilità per l’impresa e sicurezza per i lavoratori consiste nel rafforzamento dell’occupabilità e cioè
92 L. 236/1993.
93 L. 196/1997, art. 17.
94 L. 338/2000.
95 Denominati “Commissione nazionale/territoriale per la formazione professionale e l’apprendistato” (Metalmeccanici industria), oppure “Or- ganismo bilaterale nazionale per la formazione” (Gomma Plastica industria), ecc.
delle possibilità di trovare occupazione e di poter passare con facilità da un posto di lavoro ad un altro. L’occupabilità è una diretta conseguenza della preparazione del lavoratore a svolgere le diverse mansioni, e cioè del livello di competenze professionali possedute. In tale contesto diventa fondamentale la stipula di contratti aziendali sulla formazione continua. Come già evidenziato, la normativa vigente, che ha previsto la costituzione di Fondi interprofessionali per la formazione continua, rappresenta un validissimo incentivo allo sviluppo di un confronto costruttivo tra sindacato e datore di lavoro sulla scelta del personale da formare, sulle modalità e sulle tempistiche degli interventi. Per attingere al finanziamento mediante i citati fondi, è infatti, necessaria la condivisione del “Piano forma- tivo” che si intende realizzare, che si formalizza mediante la sottoscrizione di uno specifico accordo sindacale. Il sindacato assume così un significativo potere contrattuale, derivante dalla facoltà di impedire l’accesso ai fondi da parte del datore di lavoro, se questi non sono impiegati per finalità concordate. Ad esempio, per quanto riguarda i destinatari degli inter- venti formativi, il sindacato può decidere di intervenire:
• pretendendo l’impegno dell’azienda ad evitare che la formazione si concentri su deter- minate figure professionali a scapito di altre. È il caso del datore di lavoro che privilegia i fabbisogni formativi delle categorie dei quadri o degli impiegati e tralascia di rafforzare la formazione della categoria operaia;
• pretendendo che una quota delle ore di formazione sia destinata al miglioramento dell’occupabilità del personale temporaneo96, che rappresenta la fascia meno protetta e più debole e che, anche grazie a tale strategia, potrebbe aumentare le chance di una stabilizzazione, all’interno della stessa azienda, ovvero delle altre presenti sul mercato.
96 Per quanto riguarda il personale in somministrazione, è previsto uno specifico fondo “Formatemp” (Fondo nazionale delle agenzie di lavoro temporaneo), che è “ad oggi utilizzato quasi esclusivamente per offrire al cliente dell’agenzia, al momento dell’invio in missione brevi in- terventi di adeguamento del lavoratore alle situazioni dell’impresa nella quale viene inserito. Un utilizzo alternativo nella direzione indicata potrebbe essere quello di utilizzare tale strumento al momento del termine della missione per rafforzare quelle conoscenze, competenze, e abilità professionali che rendono il lavoratore più facilmente avviabile ad una mansione successiva, allargando il range delle mansioni per le quali esso si ritenga idoneo” (Giudici 2004).
72
Figura 4: La contrattazione della formazione
Fonte: AFI-IPL
Tabella 31: Esempi di contrattazione della formazione
I lavoratori studenti universitari possono fruire, a giornate intere o a semiturni, di 5 giorni di permesso annuale da recuperare entro il 31 dicembre dell’anno solare di fruizione. I lavoratori che abbiano superato almeno 3 su 5 esami, sostenuti nel corso di ciascun anno solare, saranno esonerati dal recupero di due giorni di permesso fruiti. | Telecom Italia 2008 (Telecomunicazioni) |
Le parti convengono di costituire un Comitato paritetico di Pilotaggio con il compito di: indirizzo e valutazione dei contenuti dei programmi formativi previsti dal progetto e di proposta su nuovi titoli; pianificazione sugli sviluppi delle attività formative per le successive fasi del progetto; monitoraggio sull’andamento delle attività previste ed - al termine - valutarne i risultati. | Telecom Italia 2004 (Telecomunicazioni) |
Le parti istituiscono la commissione bilaterale per la formazione professionale. La commissione, su richiesta di una delle parti, dovrà riunirsi di norma entro il 1° trimestre dell’anno. Nell’ambito della commissione saranno affrontati i seguenti argomenti: informazione sui consuntivi del piano di formazione dell’anno precedente in termini di tipologia di corsi erogati, numero di ore e numero di risorse umane interessate; esame del piano di for- mazione previsto per l’anno in corso in termini di tipologia di corsi da erogare, numero di ore previste e risorse da coinvolgere; esame delle tendenze evolutive tecnologiche e i possibili impatti sui fabbisogni formativi; valutazione sulle iniziative di formazione rivolte ai rappresentanti dei lavoratori; esame della possibilità di favorire l’accesso a percorsi formativi aziendali. | Piaggio 2004 (Metalmeccanico) |
Entro i primi tre mesi dell’anno nel confronto con la RSU sono presentati piani formativi che prevedono il coinvol- gimento, per un numero di ore pro-capite non inferiore a 16, di tutto il personale nei seguenti ambiti: - formazione d’aula; training on the job; job rotation; e-learning. La formazione è volta a creare competenze organizzative, percorsi funzionali di inserimento professionale e piani individuali concordati sulla base dell’assessment di com- petenze, anche attraverso un utilizzo mirato dei fondi previsti. Sono previsti affiancamenti/formazione per facili- tare il rientro dalle lunghe assenze. | Coca Cola XXX 0000 (Alimentari) |
Le parti ritengono prioritario realizzare una approfondita analisi dei bisogni formativi. Pertanto entro sei mesi dalla stipula del presente accordo si darà avvio ad un’iniziativa strutturata in grado di mettere in relazione obiet- tivi aziendali, necessità organizzative, percezione della missione aziendale, consapevolezza e partecipazione agli obiettivi aziendali. L’analisi dei bisogni si attuerà attraverso la realizzazione di focus group. Successivamente verranno individuati gli interventi formativi, i soggetti interessati e le modalità di intervento. Le Parti si impegnano a realizzare almeno un’iniziativa formativa congiunta per ognuno degli anni di validità dell’accordo. | Benetton 2009 (Tessile-Abbigliamento) |
Le parti concordano di organizzare corsi di lingua italiana per il personale straniero. Le spese di iscrizione o di docenza e organizzative per i gruppi saranno a carico dell’azienda, mentre la frequenza avverrà fuori orario di lavoro e il tempo impegnato sarà a carico del personale stesso. | Baxi 2004 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
3.5 OCCUPAZIONE E SERVIZI PER L’IMPIEGO
Le tematiche occupazionali, intendendo con tale espressione quelle connesse alle diverse forme di costituzione del rapporto di lavoro come quelle della sua cessazione, rappresen- tano un ambito di estrema rilevanza per la contrattazione collettiva.
Per quanto riguarda il rapporto a tempo determinato, l’intervento della contrattazione collettiva si concentra prevalentemente nell’adempiere ai rinvii previsti dalla legislazione vigente in materia97. Alcuni contratti nazionali di categoria regolano i profili dell’accesso al contratto a termine , attraverso un’esemplificazione non esaustiva dei casi di legittima apposizione del termine98. In particolare, l’attenzione si è concentrata sull’utilizzo del con- tratto a tempo determinato per sostituire i lavoratori assenti anche per congedo, che può prevedere anche un inserimento anticipato rispetto all’assenza del lavoratore da sostitui- re99. Dando seguito ai rinvii espressamente previsti dalla legge100, la contrattazione nazio- nale ha spesso previsto delle clausole:
• di contingentamento, individuando delle soglie massime di utilizzo dei contratti a ter- mine101;
• di modifica del limite dei 36 mesi quale tempo massimo per il ricorso a contratti tem- poranei con il medesimo lavoratore attraverso un’estensione del periodo102 e/o l’esclu- sione di talune specifiche ipotesi da tale limite103.
Tabella 32: Esempi di contrattazione dei limiti all’assunzione con contratti atipici
L’Azienda si impegna a contenere, per ogni unità produttiva, nel limite del 25% annuo rispetto al personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato i rapporti con contratto a termine. | Gucci 2007 (Commercio) |
L’Azienda non può stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per una quota di personale eccedente il 10%. | Hypo Tirol Bank Raiffeisen (Credito) |
Fonte: AFI-IPL
97 D.Lgs. 368/2001, L. 247/2007, d.l. 112/2008.
98 Ad es., si tratta del CCNL Enti culturali, turistici e sportivi, il CCNL Giornalisti, e del CCNL Gomma Plastica Industria a seguito del rinnovo del 18 marzo 2010.
99 L’accordo non unitario dei Metalmeccanici Confindustria del 2009 consente, nelle ipotesi di sostituzione per congedo di maternità, paternità o parentale, la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato un sostituto fino a due mesi prima dell’assenza del sostituito al fine di garantire un adeguato passaggio di consegne.
100 D.Lgs. 368/2001, art. 10 co. 7 e art. 5 co. 4-bis e d.l. 112/2008 art. 21, co. 2.
101 Ad es., il CCNL Gomma Plastica Industria prevede che la quota complessiva di lavoratori assunti con contratti temporanei (subordinato a tempo determinato oppure in somministrazione a tempo determinato) non possa eccedere il limite del 25% (rinnovo del 18 marzo 2010).
102 CCNL Chimici industria, che fissa il limite dei 48 mesi nell’arco di 5 anni per i contratti a tempo determinato e il limite dei 54 mesi nell’arco di 69 mesi per i contratti di somministrazione.
103 CCNL Giornalisti.
Per quanto riguarda il contratto di lavoro in somministrazione, l’intervento della contratta- zione nazionale di categoria si concentra sugli adempimenti individuati dalla legislazione vigente in materia104 e si concreta nella previsione di clausole:
• di contingentamento attraverso l’individuazione di soglie massime di utilizzo dei con- tratti di somministrazione;
• di obbligo di comunicazione alle organizzazioni sindacali sull’utilizzo dei contratti di somministrazione.
Tabella 33: Altro esempio di contrattazione dei limiti all’assunzione con contratti atipici
L’Azienda si impegna a contenere, per ogni unità produttiva, nel limite del 20% annuo rispetto al personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato i rapporti con contratto di somministrazione. | Gucci 2007 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
Le clausole di contingentamento prevedono talvolta un limite cumulativo di utilizzo di contratti di somministrazione di lavoro e di lavoro subordinato a tempo determinato105 e si accompagnano occasionalmente a limiti relativi alla durata o alla successione di contratti di somministrazione in capo al medesimo lavoratore106. La contrattazione aziendale può introdurre un percorso di stabilizzazione dell’occupazione temporanea o vincolare il datore di lavoro all’assunzione di determinate figure in situazioni di particolare necessità.
Tabella 34: Esempi di contrattazione della “stabilizzazione”
Si concorda su un percorso di stabilizzazione dell’occupazione temporanea che prevede: a) in caso di assunzioni a tempo indeterminato, a parità di competenze professionali richieste, l’azienda privilegerà i lavoratori che abbiano intrattenuto con la medesima rapporti di lavoro a tempo determinato e/o mediante contratti di somministrazione a tempo determinato; b) viene istituito il cosiddetto “Credito lavorativo” intendendo per tale la somma di periodi diversi di attività a termine maturati e da maturare anche non continuativi, purché detti periodi riguardino attività professionali equivalenti; c) si procederà all’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato dei lavora- tori che hanno maturato un “Credito Lavorativo” secondo i seguenti criteri: 1) maturazione di 156 settimane utili ai fini previdenziali, anche non continuativa, 2) carichi familiari. Si conviene inoltre che qualora l’Azienda dovesse procedere ad assunzioni con contratto a tempo determinato e/o con contratti di somministrazione a tempo deter- minato, costituiranno titolo preferenziale precedenti rapporti di lavoro con la medesima. | Candy 2007 (Metalmeccanico) |
In caso di sopravvenuto decesso di un dipendente in pendenza di rapporto di lavoro, accertate le condizioni di disagio economico della famiglia in quanto il deceduto rappresentava l’unica forma di sostentamento per la famiglia stessa, l’azienda si impegna ad assumere con contratto a termine di sei mesi, con il livello e la categoria ritenuti opportuni dall’azienda, la moglie/marito o il figlio/figlia del defunto. | Fiorucci 2004 (Alimentari) |
Fonte: AFI-IPL
104 D. Lgs. 276/2003, art. 20, co. 4, e art. 24, co. 4.
105 Il CCNL Piastrelle e Refrattari stabilisce il limite del 18% dei lavoratori in servizio nell’anno precedente, il CCNL Edili stabilisce il limite cumu- lativo con i contratti a termine del 25%.
106 Il CCNL Chimici prevede un limite massimo cumulativo con i contratti a termine di 54 mesi in un arco temporale di 69 mesi.
Le clausole relative all’obbligo di comunicazione alla rappresentanza sindacale unitaria ri- calcano quelle previste dalla legge e riguardano il numero, i motivi e la durata dei contratti di somministrazione, nonché la qualifica dei lavoratori interessati; in alcuni casi tali clausole introducono anche l’obbligo di confronto preventivo107.
Se il ruolo della contrattazione collettiva aziendale, nella costituzione del rapporto di lavoro, o più precisamente nella regolamentazione delle tipologie contrattuali menzionate, è per la maggior parte integrativa o comunque derivata e secondaria rispetto a quella nazionale di categoria, nella fase della cessazione del rapporto di lavoro, o più correttamente nel caso di un licenziamento collettivo, essa assume un ruolo maggiore, perché il coinvolgimento del sindacato è un passaggio obbligato. La normativa legale vigente in materia di licenziamen- to collettivo108 definisce infatti una rigida procedura da seguire qualora si voglia dare corso al licenziamento di più di 5 lavoratori in un arco di 120 giorni. La procedura prende avvio con una comunicazione scritta da parte del datore di lavoro alla rappresentanza sindacale (RSA o RSU), riportante una serie di informazioni sul progettato licenziamento collettivo. La comunicazione permette al sindacato di essere informato e di richiedere un esame congiunto. Gli incontri che ne seguono devono concludersi entro 75 giorni, al termine dei quali le parti ridiventano libere di agire. La legge incentiva l’accordo tra le parti, riducendo sensibilmente, in caso di esito positivo, il contributo che il datore di lavoro deve pagare per la messa in mobilità del personale. Il datore di lavoro avrà quindi l’interesse a raggiungere tale accordo, e a tal fine fare delle concessioni, per ottenere risparmi in termini sia econo- mici (passando da 9 a 3 mensilità per ogni lavoratore da licenziare, ovvero da 6 a 3 qualora vi sia stato ricorso alla CIGS) sia temporali (procedendo con i licenziamenti senza dover attendere i 75 giorni previsti dalla legge per l’espletamento della procedura sindacale). Il sindacato in azienda potrà quindi negoziare:
• una riduzione dei licenziamenti inizialmente prospettati dall’impresa,
• il trasferimento di parte del risparmio di cui usufruisce l’imprenditore ai lavoratori licen- ziati (ad esempio, l’equivalente di 3 mensilità sotto forma di incentivo all’esodo),
• specifici servizi per favorire la ricollocazione dei lavoratori in esubero (ad esempio, me- diante l’intervento di una società specializzata nell’attività di outplacement109).
107 Il CCNL Gomma Plastica Confapi prevede che siano discusse anche le ricadute occupazionali del ricorso al contratto di somministrazione di manodopera.
108 L. 223/1991.
109 L’outplacement è un servizio specialistico nell’ambito della gestione delle risorse umane in cui un’azienda (cliente) offre a proprie spese ad un proprio dipendente dal quale intende separarsi (candidato) un servizio personalizzato per aiutarlo a trovare un nuovo lavoro. Il servizio è fornito da una società specializzata ed accreditata dal Ministero del Lavoro a svolgere questa attività.
Tabella 35: La contrattazione della mobilità
A favore dei lavoratori posti in mobilità che accetteranno il licenziamento e rinunceranno ad ogni pretesa nei confronti dell’azienda, con sottoscrizione di apposito verbale la società riconoscerà in unica soluzione un importo netto pari all’80% della differenza tra la retribuzione netta mensile al momento del licenziamento e l’assegno mensile di mobilità, per il numero di mesi di mobilità ad ognuno spettanti. | Saint Gobain (Chimico) |
Ai lavoratori che risolvono il contratto di lavoro con la società è garantito un servizio di outplacement per la ricollocazione nel mercato del lavoro. | Yogalat (Alimentare) |
Per contenere le conseguenze occupazionali della mobilità ai lavoratori interessati si concorda la possibilità di derogare attraverso l’assegnazione dei lavoratori in esubero a mansioni diverse da quelle svolte. | Xxxxxxx Automotive 2006 (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
Un possibile spazio di intervento per la contrattazione collettiva aziendale può essere indi- viduato nella messa a disposizione, da parte dell’impresa, di specifici servizi per il reimpiego del personale assunto con contratti d estinati alla risoluzione. Strumenti di questo tipo, già utilizzati da parte di aziende che intendono liberarsi di lavoratori occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato attraverso soluzioni tese a rendere meno traumatico e conflittuale l’interruzione del rapporto (è il caso dell’outplacement110), potrebbero essere utilizzati anche per favorire il reinserimento dei lavoratori assunti con contratti temporanei (Giudici 2004). Un servizio di questo tipo potrebbe essere previsto da una apposita clau- sola che andrebbe ad affiancare quella recante l’apposizione del termine: il finanziamento potrebbe provenire, ad esempio, da una quota degli elementi retributivi aziendali, erogati in misura ridotta al lavoratore assunto a tempo determinato.
Un altro strumento a disposizione della contrattazione può essere individuato nei con- tratti di solidarietà. Si tratta di accordi collettivi aziendali, previsti dagli articoli 1 e 2 del
D.L. 726/1984, stipulati con i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, aventi ad oggetto una diminuzione dell’orario di lavoro finalizzata ad affrontare le situazio- ni di riduzione di personale in caso di crisi aziendale, ed evitare in tutto o in parte la ridu- zione o la dichiarazione di esubero del personale (ci riferiamo qui in particolare ai contratti di solidarietà interna o difensivi). Si possono avere due situazioni diverse:
• una per i lavoratori rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione gua- dagni straordinaria (più di 15 dipendenti), dove i lavoratori avranno diritto al 60% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione dell’orario.
• Per i lavoratori non rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione gua- dagni straordinaria (meno di 15 dipendenti), il contributo ammonta al 25% del tratta- mento retributivo non dovuto a seguito della riduzione di orario.
110 L’utilizzo dello strumento dell’outplacement è richiesto dal Ministero del Lavoro quale requisito irrinunciabile per le aziende che intendono fare ricorso all’intervento biennale di cassa integrazione straordinaria.
Tabella 36: Un esempio altoatesino: il contratto di solidarietà alla Würth
22.12.08 | viene firmato il contratto di solidarietà tra l’azienda Würth e le XX.XX. |
280 | il numero di lavoratori, con esclusione del personale addetto alla vendita, che accederanno al contratto di solidarietà di cui alla Legge 863/84 e successive modifiche ed integrazioni. |
12 | mesi è l’arco temporale del contratto di solidarietà a partire dal 12 gennaio 2009, con possibilità di proroga di altri 12. |
25% | delle ore settimanali è la riduzione dell’orario di lavoro dei lavoratori interessati sino all’11 gennaio 2010. |
90% | è il totale di retribuzione spettante ai lavoratori, per via dell’integrazione del 60% del trattamento retributivo perso (25%) a seguito della riduzione d’orario. |
02.03.09 | l’azienda ha manifestato la sua intenzione di estendere quanto convenuto con l’accordo del 22 dicembre 2008 a tutto il personale in organico (part time e tempo determinato nei limiti di legge) con esclusione del personale preposto alla vendita, dirigenti, apprendisti e gestanti. |
325 | I lavoratori complessivamente interessati dal contratto di solidarietà dopo l’ultima integrazione avvenuta il 2 marzo 2009. |
Fonte: AFI-IPL 2009
3.6 WELFARE AZIENDALE
All’interno della categoria del welfare aziendale rientrano tutti quei servizi e quelle facilita- zioni rivolte ai lavoratori ovvero alle loro famiglie.
Per quanto riguarda la materia previdenziale, le ripetute riforme del sistema pensionistico pubblico hanno generato una situazione nella quale il differenziale tra l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore e la sua pensione futura assumerà dimensioni davvero preoccu- panti. Negli ultimi anni sono stati attivati degli interventi di previdenza integrativa che consentono di integrare il valore delle pensioni obbligatorie ad un livello vicino al reddito finale dei lavoratori. La soluzione adottata dalle parti sociali a livello nazionale è stata quella di istituire fondi pensione contrattuali111 ad adesione volontaria del lavoratore e con finanziamento paritetico tra lavoratori ed imprese, mettendo in gioco anche le quote del trattamento di fine rapporto. A livello nazionale, le parti sociali dovranno affrontare il tema dell’accorpamento di tali fondi al fine di garantire economie di gestione e maggiore quota di capitale investibile sui mercati finanziari112, nonché il tema dell’obbligatorietà dell’ade- sione a tali fondi, per superare le resistenze di lavoratori e piccole imprese, che vedono nel fondo accantonato a titolo di TFR una importante fonte di autofinanziamento.
111 Si tratta dei fondi “chiusi”, distinti da quelli “aperti” presenti sul mercato dei servizi finanziari.
112 Un minore frazionamento dei fondi pensione di origine contrattuale potrebbe essere auspicabile anche tenuto conto della probabile mag- giore mobilità intersettoriale dei lavoratori.
Premesso ciò, è evidente che la materia previdenziale riguarda quasi esclusivamente il livel- lo nazionale di contrattazione. A livello aziendale è possibile tuttavia aumentare le quote di contribuzione a tali fondi pensione negoziando anche diversi carichi contributivi tra lavo- ratori e datori di lavoro rispetto a quanto stabilito dal CCNL. Rispetto al TFR un contratto aziendale può ampliare la fattispecie per la quale la legge prevede il diritto, da parte del lavoratore, di ottenerne un anticipo.
Tabella 37: Contrattazione anticipo TFR
L’azienda concede l’anticipo del TFR anche per periodi di congedo parentale, per interventi edilizi di ristruttura- zione dell’abitazione principale, in caso di adozione o affidamento di bambini, in caso di congedo per formazione continua. | Sileasud (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
Per quanto riguarda la materia assistenziale, soprattutto sanitaria, l’allungamento della vita espone le persone al rischio di dover affrontare con coperture ridotte i momenti più delicati della propria vita. La tematica si sta infatti affacciando nel corso delle recenti contrattazioni nazionali di categoria113 e vi sono importanti esperienze anche a livello decentrato: “la stra- da perseguibile può essere quella della mutualità, che consente ai lavoratori di recuperare uno dei valori originari fondanti la loro esperienza associativa ed apre alle imprese un ter- reno di collaborazione con le rappresentanze dei lavoratori che non può che avere influssi positivi sul complesso delle relazioni sindacali” (Giudici 2004).
Tabella 38: Contrattazione del Welfare assistenziale
L’azienda si impegna a stipulare una polizza assicurativa che copra spese odontoiatriche, protesi, visite speciali- stiche ed esami di laboratorio, invalidità, rischio morte. | Axa 2005 (Credito) |
Le Parti costituiscono un Fondo di Assistenza Sanitaria la cui gestione sarà partecipata fra azienda e rappresen- tanti dei dipendenti e il cui finanziamento avverrà tramite un contributo obbligatorio a carico di entrambe le parti. | Barilla 2007 (Alimentare) |
Le Parti concordano di attivare una polizza per l’assistenza sanitaria integrativa a favore del personale dipenden- te. La polizza prevede la possibilità di estensione ai familiari con contributo a totale carico del lavoratore che sarà anticipato dalla Società e trattenuto allo stesso in 12 mensilità. | Autostrade (Trasporti) |
In caso di morte di un dipendente in costanza di rapporto di lavoro, viene trattenuto dall’azienda ad ogni dipen- dente un contributo di 2,50 euro per la costituzione di un indennità destinata ai familiari. | Birfield 1997 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
Ulteriori facilitazioni che possono essere previste dalla contrattazione aziendale riguardano la concessione del servizio mensa, ovvero il contributo al costo dell’abbonamento ai mezzi di tra- sporto pubblici.
113 Anche in questo caso la prima categoria ad adottare un fondo sanitario integrativo è stata quella dei dirigenti.
Tabella 39: Contrattazione spese di trasporto e vitto
L’azienda contribuisce con una quota pari al 50% del prezzo del pasto applicato dal gestore del servizio mensa. | Defranceschi 2008 (Metalmeccanico) |
L’azienda contribuisce con una quota pari al 50% del costo dell’abbonamento al servizio pubblico di trasporto necessario per recarsi sul posto di lavoro, mediante rimborso della relativa quota. | Cantarelli (Tessile) |
Fonte: AFI-IPL
Alcune iniziative che possono essere sostenute dal sindacato in azienda sono l’allestimento di un asilo aziendale o interaziendale o il sostegno all’assistenza di bambini, anziani, malati.
Tabella 40: Contrattazione altre facilitazioni e benefits
L’azienda mette a disposizione dei propri dipendenti delle proposte di finanziamento individuale e familiare più convenienti rispetto alla media di mercato, essendo in grado di concordare con gli istituti di credito condizioni più favorevoli, in considerazione delle dimensioni del Gruppo. L’Azienda, altresì, mette a disposizione dei dipendenti, degli “accordi quadro” stipulati con società ed enti eroga- tori di servizi privati e collettivi (telefonia, energie ecc.), al fine di offrire ulteriori opportunità di risparmio, nonché di scelte qualitativamente valide in tema di servizi (assistenziali ecc.), per un miglioramento della qualità della vita personale e familiare. | Bofrost 2007 (Commercio) |
L’azienda partecipa alle spese di frequenza di asili nido con un importo massimo rimborsabile di 100 € mensili sino al terzo anno di vita del bambino e complessivamente non superiore a 1.500 € annui per nucleo familiare. | Adecco 2007 (Commercio) |
L’azienda mette a disposizione dei dipendenti una convenzione con un’associazione di assistenza per supporto domiciliare a persone ammalate o anziane. | Unicredit 2009 (Credito) |
Fonte: AFI-IPL
3.7 AMBIENTE E SICUREZZA
Negli ultimi anni si sono succeduti numerosi interventi legislativi in materia di sicurezza sul lavoro, fino a giungere all’emanazione di un Testo Unico.
E’proprio con tale provvedimento114 che il legislatore ha posto in particolare rilievo l’im- portanza delle c.d. buone prassi quali “soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica”, adottate volontariamente e la cui finalità è quella di promuovere la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso la ridu- zione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro.
114 D.Lgs. 81/2008.
Tabella 41: Esempi di contrattazione in tema “ambiente e sicurezza”
I Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza possono avvalersi di un contributo consulenziale esterno da ri- cercare tra i professionisti sul mercato. L’azienda si impegna a concorrere alle spese su presentazioni di regolari fatture ad avanzamento lavori. | Speedline 2000 (azienda non più esistente) (Metalmeccanico) |
Le parti concordano di effettuare annualmente un incontro specifico sui temi relativi ad ambiente e sicurezza, in cui siano analizzati gli andamenti infortunistici delle singole unità, studiati per gravità e per frequenza, confrontati con gli andamenti in essere nell’azienda, nel comparto in Italia ed in Europa, indagate le cause di infortunio di maggior frequenza, studiate e proposte soluzioni e miglioramenti alle metodiche di prevenzione in atto, nonché individuate eventuali aree di miglioramento sulle quali vi è condivisione per un più celere e rapido intervento. | Buzzi Unicem 2005 (Edile) |
L’azienda si impegna a perseguire la certificazione ISO 14001 relativa alla gestione del sistema ambientale. | Cementi X. Xxxxx 2005 (Edile) |
L’azienda si impegna a perseguire la certificazione OHSAS 18001 relativa al Sistema di Gestione della Sicurezza e della Salute sul luogo di lavoro. Nella definizione delle procedure inerenti la certificazione verrà previsto quanto segue: “Rapporto interno d’in- fortunio”, per singolo infortunio con coinvolgimento delle RLS; mensilmente verrà effettuato un incontro tra il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione - RSPP e RLS per analizzare le cause degli infortuni avvenuti nel mese precedente e per verificare possibili accorgimenti e/o soluzioni tecniche atti ad evitare il ripetersi degli stessi. Viene inoltre introdotta la seguente procedura informativa-formativa sulla sicurezza per neo-assunti: 1) Primo giorno di lavoro: formazione di base prima dell’inizio dell’attività lavorativa fornita attraverso la consegna del regolamento aziendale e del libretto “Sicurezza sul lavoro e tutela ambientale”. Con il regolamento aziendale vengono descritti i comportamenti da tenere e quelli “da non tenere” all’interno dello stabilimento. Con il libretto sulla sicurezza sul lavoro e tutela ambientale viene fornita una conoscenza di base della normativa in materia, dei D.P.I. e del loro utilizzo e del comportamento da tenere in caso di infortunio. Vengono inoltre fornite le indicazioni di base da seguire in caso di emergenza e/o evacuazione. 2) Arrivo nel reparto: il neo-assunto viene debitamen- te istruito dal capo reparto interessato sulle problematiche inerenti la propria attività, sui rischi specifici, sulla prevenzione dei rischi, sulle modalità di evacuazione ed emergenza mediante visione e consultazione del piano di emergenza e riceve, sempre dal capo reparto, i D.P.I. previsti per la mansione occupata. 3) A 1 -2 settimane circa dall’assunzione: incontro formativo della durata di 3 ore con RLS con il seguente programma: A) Sicurezza: rischi del posto di lavoro e della mansione; cosa sono i danni (a cose e persone); misure di prevenzione colletti- va; - diritti e doveri dei lavoratori; cenni di tecnica di comunicazione impersonale; nozioni varie su regolamento aziendale, come è costituito il Servizio di Prevenzione e Protezione, chi sono i R.L.S.; antincendio; segnaletica aziendale; procedura di emergenza. B) Ambiente:- introduzione (storia del sito, dell’azienda, del gruppo)- intera- zione delle attività con l’ecosistema;- tutela delle acque; emissioni in atmosfera;- disciplina sui rifiuti;- disciplina sulle sostanze pericolose;- la norma ISO 14001. | Baxi 2004 (Metalmeccanico) |
L’azienda identifica e dà ampia diffusione all’utilizzo delle metodologie OCRA e NIOSH intese rispettivamente come sistemi di valutazione e monitoraggio dei rischi da sovraccarico biomeccanico agli arti superiori e da mo- vimentazione manuale dei carichi. In questa attività l’azienda si avvale della collaborazione dei più autorevoli esperti del settore. | Whirlpool Europe 2007 (Metalmeccanico) |
L’azienda fornirà una specifica visita oculistica con intervalli di 12 mesi per i lavoratori e le lavoratrici che operano in modo continuativo su apparecchiature elettroniche con video. Le lavoratrici in gravidanza che lo richiedessero potranno essere esentate, per il periodo di gravidanza, dall’utilizzo quantitativamente significativo delle apparec- chiature elettroniche con video. | Ina Assitalia 2008 (Assicurativo) |
Fonte: AFI-IPL
Nel corso delle riunioni periodiche indette nelle aziende e nelle unità produttive con più di 15 dipendenti - a cui partecipano il datore di lavoro o un suo rappresentante, il responsabi- le del servizio prevenzione e protezione dai rischi, il medico competente, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
Fondamentale è anche il contributo della contrattazione collettiva. Quest’ultima rafforza ed integra i livelli di protezione dei lavoratori, favorendo un miglioramento continuo delle condizioni di lavoro
e di tutela dell’ambiente, attraverso una gestione preventiva e sistemica dei fattori di ri- schio (Salvato 2009).
Va inoltre tenuto presente che la normativa legale in vigore ha introdotto115, ad integra- zione del documento di valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori, anche la va- lutazione dei rischi da stress lavoro-correlato. Il rischio da stress può essere definito come quella condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in gra- do di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro all’interno dell’ambiente di lavoro. La predisposizione di specifiche misure di gestione di tale dinamiche e la predispo- sizione di codici etici, eventualmente definiti in modo congiunto da azienda e RSU o RSL può essere di grande importanza per la riduzione di tale tipologia di rischio.
Tabella 42: Altri esempi di contrattazione in tema “ambiente e sicurezza”
Al fine di diffondere i valori condivisi l’azienda è impegnata a mettere a punto un codice etico di riferimento per tutta la popolazione aziendale, di buone pratiche comportamentali verso se stessi, i colleghi, l’azienda e il territorio. | Saras 2004 (Chimico) |
Le parti prendono atto che il fenomeno del mobbing, inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro, va prevenuto, rilevato e contrastato efficacemente. In quest’ambito le Direzioni dei singoli stabilimenti d’intesa con le RSU favoriranno l’emersione di eventuali situazioni che potrebbero essere ricondotte alle ipotesi sopraindicate. | Michelin 0000 (Xxxxx Xxxxxxxx) |
Xxxxx: AFI-IPL
115 D.Lgs. 81/2008, art. 6 co. 8 e art. 28 co.1 - bis.
3.8 PARI OPPORTUNITÀ, POLITICHE DI CONCILIAZIONE E DIVIETI DI DISCRIMINAZIONE
Alcune recenti ricerche in tema di contrattazione di secondo livello evidenziano che la con- trattazione sulle pari opportunità ha uno spazio del tutto marginale116, mentre la normativa legale vigente117 affida ai contratti collettivi di lavoro la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni attraverso l’utilizzo di misure specifiche, codici di condotta, di linee guida e buone prassi.
Gli stessi interventi in materia di conciliazione richiedono sempre un’ottica trasversale. E’opportuno ricordare come interventi sui tempi di lavoro (orario flessibile, banca delle ore, telelavoro, part-time, autonomia nella gestione delle attività) abbiano sempre un impatto determinante sulle persone che affiancano al lavoro nell’impresa anche la cura della casa e della famiglia.
Tabella 43: Politiche di conciliazione
“Banca ore” a sostegno della maternità e paternità: i genitori che prevedano una maternità nei successivi 3 anni avranno la possibilità di conferire alla “banca ore” permessi, ore di straordinario o giorni di ferie, in vista di una futura fruizione alla nascita del bambino. | Luxottica 2011 (Occhialeria) |
“Permessi di paternità”: possibilità da parte dei neo-padri di assentarsi sino a 5 giorni lavorativi interamente retribuiti in occasione della nascita del bambino. | Luxottica 2011 (Occhialeria) |
“Job sharing familiare”: sono introdotti tre casi applicativi, tutti finalizzati alla tutela della capacità reddituale complessiva del nucleo familiare del dipendente e alla creazione o protezione di capacità professionali dei suoi componenti lavorativamente più deboli (coniuge e figli disoccupati / inoccupati): • Job sharing tra il dipendente ed il coniuge disoccupato o in CIG, • Job sharing tra il dipendente e il figlio prossimo alla conclusione degli studi o che ha terminato gli studi, • Job sharing tra il dipendente impossibilitato a recarsi al lavoro e il coniuge / figlio inoccupati. | Luxottica 2011 (Occhialeria) |
Fonte: AFI-IPL
Una politica contrattuale che persegue realmente le pari opportunità deve essere finaliz- zata alla riduzione dei differenziali salariali di genere (c.d. “gender pay gap”) che nascono da tali problematiche, evitando ad esempio misure che premino eccessivamente il tempo dedicato all’azienda, o che escludano dagli scatti di anzianità i periodi dedicati alla mater- nità o alla paternità, ovvero alla cura dei figli. Come appare evidente, ogni misura adottata è suscettibile di avere delle implicazioni perverse, determinando un impatto differenziato (disparate impact), un effetto sperequato a seconda del genere del lavoratore.
116 Nelle imprese piemontesi solo il 17,5% dei contratti di secondo livello censiti dall’osservatorio IRES tratta del tema delle pari opportunità.
117 D.Lgs. 5/2010, art. 50-bis.
Tabella 44: Maternità ed erogazione del PdR
L’astensione obbligatoria per maternità è da considerarsi a tutti gli effetti periodo valido al conseguimento del premio di risultato. | Xxxxxxxx 1997 (Commercio) |
Fonte: AFI-IPL
La normativa vigente118 vieta non solo le discriminazioni dirette, determinate da tutto ciò che comporta, per ragioni riconducibili al sesso, un trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra persona in situazione analoga, ma anche le discriminazioni indirette, che si realizzano quando una persona è messa in condizioni di svantaggio rispetto ad altra di sesso diverso, da norme, prassi, criteri, atti o comportamenti, apparentemente neutri. In proposito, è importante ricordare che gli accordi sindacali che hanno un contenuto discri- minatorio sono nulli119 (Ichino 2004).
La predisposizione, da parte dell’azienda, eventualmente con il contributo dei rappresen- tanti sindacali di un codice etico ovvero di procedure specifiche può avere un valore simbo- lico e pratico importante per sostenere le pari opportunità nel mondo del lavoro.
Tabella 45: Contrattazione pari opportunità
Le parti, riconoscendo come indispensabile la tutela della dignità degli uomini e delle donne sul posto di lavoro, si impegnano ad effettuare incontri periodici allo scopo di individuare, analizzare e contrastare ogni forma di possibile discriminazione e molestia sessuale. | Q8 Kuwait Petroleum Italia 2004 (Chimico) |
Fonte: AFI-IPL
Va inoltre tenuto presente che le imprese pubbliche e private che occupano oltre 100 di- pendenti sono tenute a redigere e a trasmettere alle RSU e alla consigliera provinciale di parità, con cadenza almeno biennale, il rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile120.
3.9 RELAZIONI INDUSTRIALI: I DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
La materia dei diritti di informazione e consultazione è rimasta fino a pochissimi anni fa disciplinata in maniera frammentaria dalla norme di legge, e solo l’impulso del legislatore europeo121 ha vincolato il legislatore nazionale122 ad intervenire per riconoscere tali diritti all’interno di un quadro più organico di riconoscimento del ruolo del sindacato.
La disciplina di tali diritti prevede che i datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di 50 dipendenti sono tenuti ad informare (per “informazione”, si intende ogni forma di
118 D.Lgs. 198/2006.
119 L. 300/1970, art. 15.
120 D.Lgs. 198/2006, art. 46.
121 Direttiva 2002/14/CE.
122 D.Lgs. 25/2007.
trasmissione di informazioni) e consultare (per “consultazione”, si intende ogni forma di dialogo, confronto, scambio di opinioni) i rappresentanti dei lavoratori, ovvero le RSU pre- senti in azienda, sui seguenti temi:
• l’andamento recente e prevedibile dell’impresa e la sua situazione economica;
• la situazione e l’andamento prevedibile dell’occupazione nell’impresa, gli eventuali ri- schi per i livelli occupazionali e le relative misure di contrasto;
• le decisioni suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del la- voro e dei contratti di lavoro (es. esternalizzazioni dell’attività)123.
La consultazione richiede e presuppone un’adeguata informazione fornita dal datore di lavoro con tempi e modalità appropriati e deve consentire ai rappresentanti dei lavoratori di formulare un parere, incontrare il datore di lavoro ed ottenere una risposta motivata al parere eventualmente espresso124.
La legge rinvia alla contrattazione collettiva125 la definizione di sedi, tempi, modalità e con- tenuti dei diritti di informazione e consultazione riconosciuti ai lavoratori126 e prevede un obbligo di riservatezza127 sulle informazioni espressamente fornite in via riservata e qualifi- cate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti, nel legittimo interesse dell’im- presa. Tale divieto permane per un periodo di tre anni successivo alla scadenza del termine previsto dal mandato, indipendentemente dal luogo in cui si trovino128.
La violazione degli obblighi di informazione e consultazione in capo al datore di lavoro, così come degli obblighi di riservatezza in capo ad eventuali esperti incaricati dai rappresentanti
123 Il CCNL Metalmeccanici (Sez. 1, art. 7) distingue tra informazioni che devono essere fornite secondo modalità non specificate (andamento recente e prevedibile dell’impresa e situazione, struttura e andamento dell’occupazione ed eventuali misure previste in caso di rischio per i livelli occupazionali) e informazioni che devono essere fornite “nel corso di un apposito incontro” (le sostanziali modifiche del sistema produttivo e le operazioni di scorporo o decentramento di importanti fasi dell’attività produttiva). Il CCNL Gomma Plastica (parte 1, titolo 1) elenca dettagliatamente le informazioni che l’azienda è tenuta a comunicare, facendovi rientrare anche le azioni in materia di pari opportu- nità e quelle formative e di addestramento, le problematiche connesse all’impiego dei lavoratori disabili, l’entità e la tipologia dei contributi pubblici a fondo perduto e dei finanziamenti a tasso agevolato; su alcune delle materie il contratto prevede l’esame congiunto tra azienda e sindacati.
124 Il CCNL Metalmeccanici (Sez. 1, art. 7) stabilisce una procedura che prevede l’esaurimento della procedura dopo 15 giorni dalla data del primo incontro di consultazione, il quale a sua volta deve essere richiesto dal sindacato entro 5 giorni dal recepimento delle informazioni; i sindacati potranno formulare un proprio parere al quale il datore di lavoro è tenuto a dare una risposta motivata.
125 D.Lgs. 25/2007, art. 4.
126 Il CCNL Metalmeccanici (Sez. 1, art. 7) distingue tra aziende con più di 50 dipendenti, per le quali le informazioni saranno trasmesse “an- nualmente” ma “su richiesta” delle RSU e delle XX.XX., e le aziende con più di 150 dipendenti, per i quali la trasmissione delle informazioni deve avvenire anche in assenza di specifiche richieste da parte del sindacato. Il CCNL Gomma Plastica (parte 1, titolo 1), distingue invece tra Gruppi industriali (caratterizzati da più stabilimenti sul territorio nazionale ed aventi influente rilevanza sul settore), per i quali è prevista la trasmissione delle informazioni nel corso di specifici incontri “promossi dalle parti stipulanti”, e Aziende con oltre 50 dipendenti, per le quali non è specificata la modalità di comunicazione delle informazioni.
127 D.Lgs. 25/2007, art. 5.
128 Sia il CCNL Metalmeccanici che quello Gomma Plastica prevedono la costituzione di una commissione di conciliazione che si occupa della risoluzione delle controversie in materia, nonché della determinazione delle informazioni che possono essere escluse dall’obbligo di comuni- cazione poiché suscettibili di arrecare danno all’impresa.
dei lavoratori, comporta l’irrogazione, da parte della Direzione Provinciale del Lavoro, di sanzioni amministrative129.
I contratti collettivi anche a livello aziendale, fatte salve le disposizioni di legge, possono estendere le disposizioni di legge anche alle aziende di dimensioni minori, possono amplia- re le materie di consultazione e meglio precisare quanto previsto a livello nazionale, soste- nendo l’importanza di un più incisivo coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori nelle decisioni rilevanti per le attività dell’azienda e dei lavoratori. Occorre inoltre tenere presente che nelle pieghe dei contratti nazionali sono già previste norme sulla base delle quali è il datore di lavoro è tenuto ad informare o consultare le RSU su diverse materie ovvero a tenere a disposizione delle informazioni.
Un esempio è il diritto di informazione sui dati a consuntivo riferiti al ricorso al lavoro stra- ordinario e alle ragioni giustificatrici dello stesso130.
Tabella 46: Contrattazione “diritti di informazione”
Si stabilisce un incontro annuale dedicato alla consegna alla RSU, da parte dell’azienda, del bilancio completo di allegati, e alla sua illustrazione, insieme alle evoluzioni previste per l’anno in corso. L’azienda fornisce inoltre un documento riportante: il numero dei lavoratori per livello d’inquadramento e per tipologia di contratto di lavoro ed i valori medi delle retribuzioni per livello professionale. Viene istituita una prassi informativa preventiva verso le RSU nei casi di riorganizzazione di reparti e di uffici che comportino delle ricadute sul singolo lavoratore. | Mandarina Duck 2009 (Tessile) |
Si stabilisce che Direzione e RSU si incontrano mensilmente, di norma il secondo giovedì del mese, per esami- nare problematiche relative alla organizzazione del lavoro; delle riunioni in questione sarà redatto un verbale riassuntivo. | Gran Soleil (Tessile) |
Fonte: AFI-IPL
La contrattazione aziendale può inoltre istituire delle apposite commissioni bilaterali parite- tiche per la gestione congiunta di alcune questioni, quale ad esempio quella riguardante i tempi di lavoro nelle aziende industriali.
Tabella 47: Istituzione di organismi paritetici
E’istituita una Commissione Tempi di Lavoro per affrontare tutti gli aspetti relativi alla rilevazione tempi e carichi di lavoro. Essa ha il compito di analizzare i risultati dati dai criteri di rilevazione: i tempi, gli stazionamenti e la saturazione determinata sulla prestazione del singolo lavoratore, i reclami proposti dai singoli lavoratori nel periodo di assestamento, le eventuali contestazioni di lavoratori ai tempi già assegnati. Al fine di sviluppare le competenze su queste tematiche, l’azienda attiverà un corso di formazione con docenza esterna condivisa per la RSU in materia di organizzazione del lavoro. | Piaggio 2004 (Metalmeccanico) |
Fonte: AFI-IPL
129 D.Lgs. 25/2007, art. 7.
130 E’quanto prevede il CCNL Gomma Plastica industria, art. 8, par. B, co. 12.
L’informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori su specifiche materie sono inoltre previste e rigidamente disciplinate per quanto riguarda le operazioni societa- rie ed i trasferimenti di azienda131, le procedure per il ricorso all’intervento straordinario di cassa integrazione guadagni132, nonchè per le imprese e i gruppi di imprese di dimensioni comunitarie133. Ricordiamo inoltre che l’informazione concernente la situazione occupazio- nale con specifico riferimento alle pari opportunità è prevista dalla legge134 che prevede, per le aziende con più di 100 dipendenti, la trasmissione anche alle RSU del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile da inviare alla consigliera provinciale di parità.
131 L. 428/1990.
132 L. 223/1991.
133 D.Lgs. 74/2002.
134 D.Lgs. 198/2006, art. 46.
4. CONCLUSIONI
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4. CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
Già negli anni Ottanta, in un periodo ancora segnato dal modello fordista di produzione e dall’assoluta predominanza di relazioni sindacali conflittuali con un approccio distributivo alla contrattazione collettiva, alcune ricerche condotte in Italia avevano evidenziato l’esistenza di rapporti diretti ed informali tra azienda e lavoratori. Vi era la tendenza, da parte di sindacati e di imprese, a definire congiuntamente i problemi e ad adattarsi pragmaticamente alle esigenze della controparte (Regalia 1995). Come è stato sottolineato (Regini 1989), se a livello nazionale le relazioni industriali sono state caricate di un notevole valore simbolico che ha enfatizzato una netta distinzione dei ruoli delle parti, a livello periferico ha potuto prevalere un certo pragma- tismo volto alla soluzione dei problemi concreti e alla promozione di una necessaria flessibilità del lavoro. In presenza di un mercato instabile, la ristrutturazione cessa di essere una fase stra- ordinaria e transitoria e la necessità di riaggiustamento diviene ordinaria e costante.
Negli ultimi anni si sono verificate notevoli trasformazioni della struttura economica, con il declino dei settori più tradizionali e maggiormente sindacalizzati e la crescita del terziario e lo sviluppo di nuovi settori più innovativi. L’incremento dei lavori non standard (a tempo parziale, determinato, interinale, autonomo o pseudo-autonomo) a scapito di quello standard (Xxxxxxx 2005) ha rivoluzionato il mercato del lavoro. Il risultato di tutti i processi menzionati è quello di estendere le logiche competitive anche alla regolazione del lavoro, spingendo il sistema verso una maggior flessibilità e la struttura contrattuale verso un maggior decentramento a livello di singola impresa. Tali fenomeni sembrano indebolire il ruolo del sindacato quale controparte negoziale a livello nazionale ma lasciano intatto il suo ruolo di importante attore a livello azien- dale. La presenza di un interlocutore stabile nei luoghi di lavoro, capace di coordinare e di dare coerenza a una pluralità di spinte rivendicative, è interesse condiviso sia da parte dei lavoratori che delle imprese (Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx, Zeppa 2001).
Anche alla luce di quanto sopra, il presente Manuale si propone di migliorare la preparazione dei Rappresentanti dei lavoratori nelle aziende e la loro capacità di partecipare proattivamente alla regolazione dei rapporti di lavoro. Allo stesso tempo il manuale ha cercato di seguire una logica “bipartisan” nella convinzione che i contratti hanno bisogno della firma di entrambe le parti per cui è necessaria e assolutamente propedeutica una visione oggettiva delle proble- matiche connesse all’organizzazione del lavoro. Come abbiamo già sottolineato, l’utilità delle buone prassi illustrate nel terzo capitolo è tale a patto che si liberi il campo da un possibile equi- voco, e cioè che con tale raccolta si pretenda di offrire una serie di modelli che possono o do- vrebbero essere semplicemente replicati nei diversi contratti, a prescindere dai diversi contesti
e dai fattori che sono determinanti nelle relazioni industriali e nel caratterizzare una soluzione contrattuale come “buona” o meno.
Un sindacato capace di rappresentare pienamente l’“intelligenza collettiva dei lavoratori”, tanto da interagire alla pari e senza complessi di inferiorità verso il datore di lavoro, e che si propone proattivamente al tavolo della contrattazione sarà in grado di difendere al meglio gli interessi di tutti i lavoratori e dell’impresa stessa. Un sindacato che non si limita a giocare “di rimessa”, in risposta alle mosse della controparte135, potrà finalmente svolgere un ruolo deter- minante nello stimolare l’innovazione e il progresso del mondo economico, e sarà una garanzia per uno sviluppo eticamente sostenibile del nostro territorio.
135 Ne sono un esempio clamoroso le scelte di “rottura” cui si è assistito negli ultimi mesi, in particolare per quanto riguarda il “caso Fiat” (Xxxxxxx et al. 2011).
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