GLI EFFETTI DEL NUOVO ACCORDO COLLETTIVO SUL RAPPORTO DI LAVORO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA. PRIMI COMMENTI E PRINCIPALI INNOVAZIONI RISPETTO AL TESTO 1989/1992*
RIVISTA DI ISSN 1825-6678
DIRITTO ED ECONOMIA DELLO SPORT Vol. II, Fasc. 1, 2006
GLI EFFETTI DEL NUOVO ACCORDO COLLETTIVO SUL RAPPORTO DI LAVORO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA. PRIMI COMMENTI E PRINCIPALI INNOVAZIONI RISPETTO AL TESTO 1989/1992*
di Xxxxx Xxxxx** e Xxxxxxx Xxxxxxx***
SOMMARIO: Introduzione – 1. Profili di diritto sindacale. – 2. La struttura dell’AC: spunti di riflessione. – 3. Il contratto intercorrente tra società e calciatore. – 4. La disciplina del rapporto di lavoro. In particolare l’obbligo di diligenza, obbedienza e fedeltà. – 5. Segue: il potere direttivo, di controllo e disciplinare della società. – 6. Le obbligazioni principali delle parti: la prestazione lavorativa. – 7. Segue: il diritto alla retribuzione e il trattamento di fine rapporto. – 8. Norme di carattere previdenziale. – 9. Tutela sanitaria e infortunio. – 10. Clausola compromissoria e funzionamento del CA. – 11. Le misure previste per la violazione degli obblighi contrattuali. – 12. Segue: le ipotesi di risoluzione del contratto. – Conclusioni.
Introduzione
Il nuovo accordo collettivo, per i calciatori di serie A e B (di seguito AC), è stato firmato il 4 ottobre 2005 tra Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito FIGC), Lega Nazionale Professionisti (di seguito LNP) e Associazione Italiana Calciatori (di seguito AIC), con effetti retroattivi dal
* L’articolo è frutto di una collaborazione tra XXXXX XXXXX e XXXXXXX XXXXXXX; nello specifico sono da attribuire al primo la redazione scientifica dell’articolo con cura della ricerca bibliografica, mentre è riferibile al secondo un primo commento tecnico-pratico dell’accordo che ha costituito la base di partenza per la stesura dell’elaborato.
** Avvocato praticante e membro del comitato di redazione della Rivista di Diritto ed Economia dello Sport.
*** Responsabile Relazioni Sindacali per l’AIC.
1° luglio 2005 sino al 30 giungo 2006.1
Il precedente accordo, a seguito della disdetta delle parti interessate (FIGC e LNP), era scaduto nel 1992 e da allora aveva operato soltanto in regime di prorogatio, ovvero attraverso un tacito rinnovo ogni tre anni.2 Tra le parti firmatarie non è presente la Lega di serie C e, pertanto, ai calciatori tesserati con le società ad essa affiliate si continuerà ad applicare lo status normativo precedente.
L’AC ha sostanzialmente mantenuto l’impianto della versione precedente, anche se in alcuni punti sono state apportate delle significative modifiche ed aggiustamenti.
Il riferimento all’efficacia retroattiva, a far data dal 1° luglio 2005, nonostante l’accordo sia stato firmato successivamente, non pone particolari difficoltà interpretative né tanto meno applicative.
L’efficacia retroattiva dei contratti collettivi di lavoro, pacificamente ammessa da dottrina3 e giurisprudenza,4 vale a rendere applicabili soltanto gli aspetti migliorativi a beneficio dei lavoratori, mentre le eventuali clausole peggiorative incontrano il limite dell’intangibilità dei diritti quesiti, cioè di quei diritti maturati dal lavoratore nell’arco temporale che va dalla data di decorrenza retroattiva sino al momento della stipula del nuovo contratto.
Essa si estende, pertanto, a tutte le clausole, migliorative e peggiorative, dell’AC, con l’eccezione dell’intangibilità dei diritti già acquisiti dal lavoratore; al tal proposito si deve ricordare che il contratto collettivo ha natura immediatamente precettiva sui rapporti di lavoro in corso al momento della sua entrata in vigore, e che il suo tipico effetto è di abrogare la precedente disciplina che, pertanto, non potrà più ritenersi operante.
In considerazione dell’abrogazione dell’accordo previgente, l’art. 24, co. 2, AC, fa salvi i contratti, i patti e gli accordi precedentemente stipulati, purché redatti e depositati prima dell’entrata in vigore dell’AC; la norma, tuttavia, non deve essere interpretata nel senso di attribuire efficacia all’accordo precedente, a meno che si voglia ammettere la possibile coesistenza di due contratti collettivi applicabili allo stesso rapporto.
L’entrata in vigore dell’AC inevitabilmente presenta, poi, delle ripercus-
1 L’accordo è disponibile su xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xxx.xxx/Xxxxxxxxx?XxxxXxxx (dicembre 2005).
2 Vedi al riguardo X. XXXXXXXX, Il nuovo accordo collettivo tra Lega e Associazione Italiana Calciatori, disponibile su xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxx_xxxxxxxxxxxxx_000000.xxx/ (dicembre 2005).
3 Sull’efficacia dei contratti collettivi vedi X. XXXXXXXXX, Diritto sindacale, X. Xxxxxxxxxxxx editore, Torino, 2005, 138.
4 Vedi Cass. 12 febbraio 2000, n. 1576, disponibile su xxx.xx-xxxx.xx/ (marzo 2006).
sioni sul rapporto di lavoro sportivo, sia dal punto di vista statico, ovvero nella formazione del contratto di lavoro, sia dinamico, ossia nello svolgimento dello stesso.
Nei paragrafi che seguono sarà dato un commento alle norme che compongono l’accordo, con l’obiettivo, volta per volta, di raffrontare le stesse con i principi posti a base del lavoro subordinato e che trovano applicazione, come vedremo, anche ai rapporti intercorrenti tra società di calcio e sportivi professionisti.
1. Profili di diritto sindacale.
L’A. C. nasce dall’esigenza di dare attuazione all’art. 4, co. 1, l. 23 marzo 1981, n. 915 (di seguito l. n. 91), nella parte in cui devolve alla contrattazione collettiva la predisposizione del contratto-tipo per la disciplina del rapporto di lavoro del calciatore professionista.
La configurazione dello sportivo professionista come un lavoratore subordinato determina, dunque, l’applicabilità allo stesso delle norme di diritto sindacale e, in particolare, del principio di libertà sindacale sancito dall’art. 39 Cost., che attiene alla libertà di iniziativa,di scelta, di adesione e di partecipazione alle attività dell’associazione sindacale da parte dl singolo lavoratore.6
La costituzione e l’attività delle associazioni sindacali, nel rapporto di lavoro sportivo, consente altresì di assicurare, per il tramite della contrattazione collettiva, livelli minimi ed inderogabili di tutela delle condizioni di lavoro; tale affermazione trova riscontro pratico nella costituzione, datata 1968, dell’AIC7. la cui attività ha anche contribuito all’emanazione della l. n. 91/19818, alla tutela e all’assistenza dei calciatori
5 Pubblicata in G.azz. Uff. 27 marzo 1981, n. 86, e disponibile su xxx.xxxx.xx/ (Febbraio 2006).
6 X. XXXXXXXXX, Breviario di diritto del lavoro, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, Torino, 2005, 48.
7 L’AIC «tutela ed assiste, ogni anno, oltre 2500 calciatori professionisti di serie A, B, C1 e C2, e dal 2000 anche i calciatori del settore dilettanti (compresi il calcio femminile ed il calcio a 5) sia direttamente, attraverso gli interventi dalla sede di Vicenza, sia avvalendosi della collaborazione di una rete di avvocati fiduciari che danno assistenza legale ai calciatori iscritti, nelle vertenze economiche contro le società, nel disbrigo delle pratiche di infortunio ed altro. Ma l’AIC svolge soprattutto un’importante opera di confronto con la FIGC e le Leghe per la gestione di tutta la normativa che riguarda il rapporto calciatori/società. Quindi l’Accordo Collettivo e il Contratto tipo, ma anche la disciplina del tesseramento dei calciatori stranieri, il regolamento degli Agenti dei calciatori, il funzionamento dei Collegi Arbitrali che devono decidere sulle controversie tra i calciatori e società, la disciplina dei rapporti calciatori/società in tema di diritti pubblicitari» da «Il ruolo dell’AIC», disponibile su xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx (febbraio 2006).
8 M. T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, X. Xxxxxxxxxxxx Editore, Torino, 2004, 154.
professionisti e, per l’appunto, alla stesura dell’A.C. oggetto del nostro esame. Essa, in seguito, ha aderito alla Confederazione Italiana dello Sport (di seguito CIDS), fondata nel 1984 con lo scopo di tutelare gli interessi delle categorie rappresentate e di costituire un punto di raccordo tra le diverse associazioni ad essa appartenenti.9
L’esistenza di un solo sindacato, dal lato degli sportivi, non deve portare, però, alla conclusione affrettata dell’unicità della rappresentanza sindacale nel mondo del calcio.
Sicuramente l’omogeneità delle categorie, e degli interessi tutelati, rende verosimile tale evenienza; ma sia la formulazione del principio di libertà sindacale che l’indicazione degli artt. 4, 7, 9, l. n. 91/1981, nella parte in cui si riferiscono ad una pluralità di «rappresentanti delle società e degli sportivi», non precludono affatto la possibilità che in futuro possano costituirsi più organizzazioni, anche attraverso uno schema giuridico diverso da quello associativo.
Naturalmente, come si può ben comprendere, il sistema di relazioni sindacali nello sport presenta delle peculiarità.
Innanzitutto, l’interesse degli atleti e delle società al regolare svolgimento delle competizioni sportive ha portato ad un sistema di partecipazione comune nella gestione dell’attività sportiva, tanto nell’ambito del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (di seguito CONI) che nelle Federazioni nazionali.
L’art. 4, co. 1, l. n. 242/1999, ha previsto, infatti, il diritto degli atleti e dei tecnici ad avere una rappresentanza nel Consiglio Nazionale del CONI, mentre il successivo art. 16, co. 2, ha stabilito la necessità che gli organi direttivi federali siano composti da rappresentanti di atleti e tecnici.
La FIGC, pertanto, si caratterizza come un’associazione portatrice di interessi comuni, volti alla corretta organizzazione dell’attività sportiva, costituendo il contesto nel quale la parte datoriale ha dato vita ad organizzazioni, le Leghe10, rappresentative dei propri interessi; in funzione di ciò sono le Leghe (di Serie A, B e C), e non la Federazione, a farsi portatrici delle richieste societarie nell’ambito della contrattazione collettiva, non potendo la Federazione sostituirsi ad esse nella stipula dell’AC.
Un ulteriore spunto di riflessione può essere tratto dall’art. 10, co. 4,
l. n. 91, che prevede la necessaria affiliazione delle società alle Leghe istitutite presso le Federazioni competenti (riconosciute dal CONI).
9 M. T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, cit., 155.
10 In Base all’Art. 1, Reg. LNP, «La Lega Nazionale Professionisti associa in forma privatistica le società affiliate alla FIGC che partecipano ai campionati di Serie A e B e che, a tal fine, si avvalgono delle prestazioni di calciatori professionisti».
La norma in esame potrebbe configurare, di fatto, un limite alla libertà sindacale delle società, posto che la mancata iscrizione comporta l’esclusione automatica dall’ordinamento sportivo. Parte della dottrina, infatti, ha da tempo evidenziato come l’obbligatoria affiliazione porta ad una restrizione della libertà sindacale, intesa come diritto di aderire o meno ad un sindacato o di costituire più sindacati per una medesima categoria.11
La tesi, però, non sembra condivisibile, in quanto la sostanziale unicità della rappresentanza sindacale è riconducibile, più che altro, all’omogeneità degli interessi di ciascuna categoria e non a ragioni di natura giuridica.
In ultimo, dalla formulazione della norma di cui all’art. 4, l. n. 91, si desume che debbano partecipare alla contrattazione collettiva esclusivamente le rappresentanze nazionali delle parti interessate; anche in questo caso, però, nulla esclude che in futuro possa esservi lo spazio per un secondo livello di contrattazione territoriale o aziendale, con cui integrare le disposizioni dell’accordo stipulato a livello nazionale.
2. La struttura dell’AC: spunti di riflessione.
L’AC, come predetto, nasce dall’esigenza di disciplinare il contenuto dei contratti individuali di lavoro tra i singoli professionisti e le società di calcio, per regolare i reciproci rapporti di natura economica e normativa, al fine di garantire un livello minimo di protezione.
L’accordo svolge, altresì, l’importante compito di predisporre il contratto-tipo, ex art. 4, l. n. 91, cui le parti dovranno uniformarsi, nella costituzione del rapporto di lavoro, ai fini dell’approvazione prevista dalla legge da parte della Federazione competente.
Nel contratto-tipo è presente, poi, una clausola di rinvio, che necessariamente deve essere sottoscritta dalle parti, contenente l’obbligo, a carico dei contraenti, di dare totale ed incondizionata attuazione alle disposizioni normative contenute nell’AC; naturalmente alla mancata indicazione della clausola predetta corrisponde il diniego all’approvazione del contratto da parte della Federazione, per contrarietà al contratto-tipo.
In relazione a quanto predetto possono già essere fatte due riflessioni inscindibilmente interconnesse tra di loro: la prima è che l’accordo trae forza di legge direttamente dal contratto tipo; la seconda riguarda la relazione giuridica intercorrente tra Accordo e contratto-tipo.
11 Così X. XXXXXXX, X’XXXX, X. XXXXXX, La Nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., vol. 33, n. 6, 1982, 16, secondo cui «l’obbligatoria iscrizione delle Società alla Federazione è espressione del monopolio contrattuale da questa instaurato ed impedisce, di fatto, la formazione di una pluralità di sindacati».
Per il primo aspetto, l’obbligatorietà dell’inserimento nel contratto di una clausola di rinvio alle norme dell’AC, risolve l’annosa questione dell’efficacia soggettiva dei contratti collettivi12: in forza di essa le parti si impegnano al rispetto integrale delle pattuizioni contenute nell’AC.
Dal lato dell’atleta, invero, l’efficacia dell’accordo potrebbe essere ricondotta anche all’art. 93, NOIF (norme organizzative interne alla FIGC), dove si legge che «i calciatori professionisti sono tenuti all’ottemperanza degli accordi collettivi e di ogni legittima pattuizione contenuta nei contratti individuali».
Naturalmente l’adesione attraverso il rinvio, avente natura negoziale, non consente il recesso unilaterale ed è maggiormente incisiva dell’adesione attraverso affiliazione sindacale, da cui il lavoratore, invece, può tranquillamente recedere.13
Dal lato delle società, invece, la mancata sottoscrizione dell’accordo da parte della Lega professionisti di C comporta l’inefficacia dello stesso nei confronti delle società ad essa affiliate e dei calciatori che svolgono attività agonistica nei campionati di C.
Per quanto attiene al secondo aspetto, le clausole contenute nell’accordo entrano, automaticamente, nel contratto-tipo, che in tal modo va a costituire la parte normativa dell’accordo;14 sicché i due atti, pur essendo formalmente distinti, finiscono per divenire un tutt’uno, essendone identici la natura giuridica, l’efficacia e i soggetti contraenti.
Un’ultima considerazione riguarda l’efficacia nel tempo del contratto, fissata in tre anni dall’art. 23, AC; essa risulterebbe giustificabile solo ove il contratto fosse stato predisposto unilateralmente, magari dalla Federazione, non potendo limitare la libertà delle parti di accordarsi per una durata diversa da quella prevista dalla legge, anche prima della scadenza del termine previsto, o per ripristinare il regime della tacita rinnovabilità propria dell’accordo precedente.
3. Il contratto intercorrente tra società e calciatore.
Il contratto di lavoro del calciatore professionista, disciplinato dagli artt. 2 e 3, AC, della l. n. 91, va redatto in forma xxxxxxx00, a pena di nullità, e depositato
12 AC, contratto-tipo allegato, punto 3, disponibile su xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/ (marzo 2006).
13 Vedi al riguardo X. XXXXXXXXX, Breviario di diritto del lavoro, cit., 95.
14 Sulla natura del contratto collettivo e sulla parte normativa vedi X. XXXXXXX, X. XX XXXX XXXXXX,
X. XXXX, X. XXXX, Diritto del lavoro. Il diritto sindacale, UTET, Torino, 1997, 279 e X. XXXXXXXXX,
Diritto sindacale, cit., 125.
15 La forma scritta e il deposito si giustificano nella necessità di consentire i controlli, da parte delle federazioni, sulle esposizioni finanziarie delle società ed assicurare una più celere risoluzione
dalla Società presso la Federazione competente, entro cinque giorni dalla stipula, per la relativa approvazione. Nel caso in cui la società non vi provveda direttamente, il calciatore, entro sessanta giorni, può depositarlo direttamente e, in base all’art. 3, co. 6, richiedere un indennizzo, che potrà essere fissato sulla base di un accordo tra le parti, in caso in cui la mancata approvazione derivi da causa imputabile alla società.
L’approvazione della Federazione, come già detto in parte nel paragrafo precedente, è condizione necessaria per la validità del contratto e può essere definita, oltre che come controllo di legittimità per la valutazione della compatibilità del contratto con la legge, come un provvedimento di valutazione di opportunità16, dunque di merito, sulle reali possibilità della Società di adempiere agli obblighi assunti contrattualmente.
Come evidenziato dallo stesso art. 4, l. n. 91 e dall’art. 2, co. 1, AC, la costituzione del rapporto di lavoro sportivo deriva dalla stipula di un contratto che, a pena di nullità, deve essere redatto secondo il contratto-tipo17 allegato all’AC18, tant’è che le eventuali clausole peggiorative delle condizioni in esso previste sono sostituite ipso iure dalle disposizioni normative contenute nell’AC.19
La Cassazione, tuttavia, ha fornito un’interpretazione diversa precisando che il contratto dello sportivo professionista, quindi anche del calciatore, non può prevedere deroghe, nemmeno migliorative rispetto al contratto tipo, al fine di rendere possibili i controlli della Federazione sulle esposizioni finanziarie delle società sportive.20
Altra parte della giurisprudenza21, e la dottrina maggioritaria22, hanno
delle eventuali controversie tra società e sportivi, X. XXXXXX, La disciplina del lavoro sportivo autonomo e subordinato, in Giust.civ., II, 1993, 207.
16 Xxxx al riguardo M. S. Xxxxxxxx, Istituzioni di diritto amministrativo, Xxxxxxx, Milano, 1981, 50.
17 Il contratto-tipo, nella pratica, viene predisposto da entrambe le parti, nella fattispecie Associazione dei datori e dei lavoratori sportivi, per regolare in modo uniforme il contenuto di una pluralità di rapporti, ovvero i rapporti di lavoro aventi natura sportiva. Trabucchi, Istituzioni di diritto privato, cit.
18 Il contratto tipo è disponibile sul sito xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx (febbraio 2006).
19 Vedi al riguardo l’art. 93, NOIF, che prevede che i contratti che regolano i rapporti economici e normativi tra le società ed i calciatori «professionisti» o gli allenatori devono essere conformi a quelli «tipo» previsti dagli accordi collettivi con le associazioni di categoria e redatti su appositi moduli forniti dalla Lega di competenza.
20 Cass., 4 marzo 1999, n. 1855, in Giust. civ., VI, 1999.
21 La Cass., Sez. III Civ., con sentenza del 29 settembre 2005, n. 19140, ha precisato come in un contratto concluso mediante moduli o formulari il contrasto tra una clausola facente parte delle condizioni particolari allegate al contratto e una clausola vessatoria specificamente sottoscritta va risolta attraverso il criterio interpretativo di cui all’art. 1370, ovvero secondo l’interpretazione più favorevole al soggetto che non ha utilmente predisposto il contratto stesso.
22 Xxxx X. XXXXXXX (a cura di), Lo sport e il diritto. Profili istituzionali e regolamentazione giuri-
sottolineato, invece, che la nullità debba investire soltanto la mancanza della forma scritta e non anche la difformità, soprattutto se migliorativa, rispetto al contratto-tipo. Esso, infatti, rappresenta soltanto una base normativa che le parti possono liberamente integrare, seppur nei limiti di cui dall’art. 4, co. 3, l. n. 91/1981, in cui si legge che «le clausole contenenti eventuali deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo».
Particolare attenzione meritano le c.d. altre scritture (di seguito scritture) che, secondo la definizione dell’art. 3, co. 5, possono «integrare o modificare il contenuto del contratto» e che, alla pari di quest’ultimo, devono essere depositate, per l’approvazione, presso la Federazione competente. La ratio della norma in esame è probabilmente quella di offrire alle parti la possibilità di modellare il contratto, successivamente al suo deposito, e durante l’arco dello svolgimento del rapporto di lavoro, in base alle proprie esigenze.
Le parti non possono eccedere i limiti del contratto in peius, incorrendo nel divieto di cui all’art. 4, co. 3, l. n. 91, né possono derogare alle clausole predisposte dall’AC.
Le scritture, dunque, pur rappresentano un atto negoziale autonomo e indipendente rispetto al contratto di lavoro, ne costituiscono un’appendice, in forza dell’art. 3, co. 5, che obbliga le parti ad inserire una clausola dichiarante che la scrittura appartiene al contratto, costituendone elemento inscindibile.
L’AC ammette anche patti di opzione23, a favore della società e del calciatore, in presenza di due condizioni: che sia previsto un corrispettivo specifico a favore di chi concede l’opzione e che il limite di durata complessiva non ecceda la durata massima prevista dalla legge.
Non sono, invece, consentiti patti di prelazione24, né il contratto può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.
4. La disciplina del rapporto di lavoro. In particolare l’obbligo di diligenza, obbedienza e fedeltà.
Il rapporto di lavoro subordinato è caratterizzato dalla «eterodeterminazione
dica, Xxxxxx, Napoli, 2004, 29, in cui si legge che soltanto dall’art. 3, l. n. 91/81 può essere desunta la nullità di eventuali patti aggiuntivi peggiorativi per il calciatore lasciando intendere come eventuali clausole migliorative siano comunque ammissibili.
23 Il patto di opzione è un contratto in cui una parte si obbliga a rimanere vincolata alla propria dichiarazione mentre l’altra ha facoltà di accettarla o meno.
24 Il patto di prelazione consiste in una facoltà che il venditore si riserva, qualora il compratore decida di rivendere la cosa, di ricomprarla, a parità di condizioni, con preferenza rispetto ad altri
dell’attività lavorativa», ovvero dall’obbligo, a carico del prestatore, di osservare le direttive impartite dal datore di lavoro o dai collaboratori da cui dipende gerarchicamente, usando la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta.25
L’art. 2104 c.c., in combinato con le disposizioni di cui all’art. 2094 c.c., stabilisce due requisiti fondamentali: la diligenza e l’obbedienza, che possono essere trasposti anche al lavoro sportivo in virtù del rinvio operato dall’art. 4, l. n. 91, ult. co..
L’obbligo di diligenza è la misura della prestazione lavorativa dovuta e va parametrato a due elementi fondamentali: l’interesse dell’impresa e il livello di mansioni svolte. La diligenza, infatti, va proporzionata al livello di qualificazione professionale del prestatore26; la prestazione lavorativa, pertanto, si configura come un’obbligazione di mezzi e non di risultato.27
Una specificazione dell’obbligo predetto, anche se con portata marginale, è rinvenibile nell’art. 10, co. 5, dove si richiede che il calciatore custodisca con diligenza gli indumenti e i materiali forniti dalla Società, pena il rimborso degli stessi. Sicuramente vi rientra anche la disposizione di cui all’art. 9, co. 1, che obbliga il calciatore a curare la propria integrità psico- fisica e ad astenersi da ogni forma di attività che possa mettere a rischio la sua incolumità e la migliore condizione, in funzione della prestazione sportiva, determinando una particolare forma di diligenza preparatoria.
Il calciatore è tenuto, quindi, ad assumere tutti quei comportamenti che siano idonei a soddisfare l’interesse principale dell’impresa, ovvero il raggiungimento dei risultati agonistici prefissati ad inizio stagione.
A tal fine l’art. 10, co. 1, AC, ripropone la formulazione dell’art. 4, co. 3, l. n. 91, investendo il calciatore del dovere di adempiere la propria prestazione sportiva nell’ambito «dell’organizzazione predisposta dalla società e con il rispetto delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici». Essa è esplicazione del generico dovere d’obbedienza, rientrante nell’art. 2104 c.c., rimodellato in funzione del conseguimento dell’interesse primario della società.
Di particolare interesse è, al riguardo, la norma di cui all’art. 10, co. 3, che va ad incidere sul comportamento del calciatore, al fine di evitare che
altri eventuali acquirenti.
25 Sull’obbligo di diligenza con particolare riferimento alla qualifica professionale vedi Cass., Sez. Lav., 22 maggio 2000, n. 6664, disponibile su xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxx/ giurisprudenza.html (aprile 2006).
26 X. XXXXXXX, R. DE XXXX XXXXXX, X. XXXX, X. XXXX, Diritto del lavoro. Il diritto sindacale, cit., 236.
27 X. XXXXXXXXX, Breviario di diritto del lavoro, cit., 173.
egli possa assumere una condotta lesiva dell’immagine della società; l’art. 10, co. 4, attribuisce alla stessa il potere di emanare prescrizioni sul
«comportamento di vita del calciatore», che saranno vincolanti, oltre che legittime, solo nell’ipotesi in cui esse attengano ad «esigenze proprie della dell’attività professionale da svolgere».
Se così non fosse, o se tali direttive incidessero negativamente sulla dignità della persona, il calciatore potrebbe senza dubbio disattenderle.
Le norme appena citate incontrano un limite, ispirato ad un criterio di ragionevolezza, nella necessità di non ledere la sfera privata del calciatore con prescrizioni, che vadano al di là delle esigenze organizzative della società.28
In ultimo l’art. 10, co. 6, pone il divieto al calciatore di «interferire nelle scelte tecniche, gestionali e aziendali della società», in ottemperanza al vincolo di subordinazione, e di dipendenza tecnico-funzionale29, nei confronti della Società ex artt. 2094 e 2082 c.c.. La previsione di tale norma poteva, in ogni caso, essere omessa se si considera che gli articoli predetti trovano diretta applicazione anche al rapporto di lavoro sportivo.
L’art. 10, co. 2, AC, si apre con una norma di principio che sancisce il dovere di fedeltà del calciatore nei confronti della società, riferendosi al divieto di svolgere attività, per conto proprio o a favore di terzi, in concorrenza con la stessa e di divulgare notizie, attinenti all’organizzazione e ai metodi di lavoro, o di farne uso pregiudizievole.
Il divieto di concorrenza si traduce nel divieto di prestare attività agonistica per conto di terzi; per i calciatori, tuttavia, sussistono delle eccezioni rappresentate dall’impegno con le squadre nazionali, alle cui convocazioni tutti gli atleti hanno l’obbligo di rispondere positivamente30, contribuendo, secondo alcuni31, all’aumento del prestigio e della notorietà della società di appartenenza.
Tale divieto è destinato, inderogabilmente, ad avere efficacia soltanto in pendenza del rapporto di lavoro, così come precisato dall’art. 4, co. 6, l.
n. 91 e dall’art. 2, co. 2, AC, che, escludendo l’applicabilità dell’art. 2125 c.c., vietano alle parti di concludere patti di non concorrenza, tra datore e datore e prestatore, per il periodo successivo alla fine del rapporto.
28 Vedi al riguardo X. XXXXXXX, R. DE XXXX XXXXXX, X. XXXX, X. XXXX, Diritto del lavoro. Il diritto sindacale, cit., 240; sull’argomento vedi anche X. XXXXXX, Vicende private e incidenza sul rapporto «fiduciario» di lavoro, in LPO, n. 7, 2001, 859.
29 Che a sua volta discende dall’art. 2086 c.c. che pone l’imprenditore come «capo» dell’impresa da cui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.
30 Vedi al riguardo X. XXXXXXXX, Problema di qualificazione della prestazione atletica degli
«azzurri», in Dir. lav., vol. 65, n. 2, 1991, 14.
31 X. XXXXXX, Diritto sportivo, Cedam, Padova, 2002, 270.
Il divieto di divulgazione di notizie «sensibili» per la società, si riferisce, invece, a tutte le informazioni che attengono all’organizzazione del gioco (ad es. pratiche di allenamento, scelta dell’allenatore, tattica di gioco), o alle strategie commerciali dell’azienda (tipico esempio ne sono la campagna acquisti e contratti di sponsorizzazione).
In sintesi l’obbligo di fedeltà nel calcio, come nello sport in generale, è sicuramente finalizzato a creare un rapporto di fiducia reciproca tra atleta e società, ma è anche espressione di un generico dovere di correttezza e buona fede, finalizzato ad evitare tutta quella serie di comportamenti che possano essere lesivi dell’immagine del sistema calcistico, nel tentativo di conferire allo sport un’immagine improntata a valori sociali, oltre che economici, che rappresentano il vero sub-strato di ogni attività sportiva.
5. Segue: il potere direttivo, di controllo e disciplinare della società.
L’inquadramento del calciatore professionista come lavoratore subordinato determina l’assoggettamento dello stesso al potere direttivo della società, finalizzato a garantire il corretto svolgimento dell’attività lavorativa, e al potere di controllo, volto a verificare l’attuazione delle direttive impartite.
L’art. 10, co. 1, AC, prevede, in attuazione di tale principio, «l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici», che corrisponde al diritto della società di organizzare discrezionalmente l’attività lavorativa attraverso l’emanazione di direttive necessarie al raggiungimento degli obiettivi sportivi prefissati.
Nello specifico, espressione del potere direttivo sono, ad esempio, le disposizioni dell’AC riguardanti il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa; sintomatico è l’art. 7, co. 2, che prevede l’obbligo per il calciatore di partecipare agli allenamenti, secondo quanto prescritto dall’allenatore o dalla società, nonché a tutte le gare ufficiali e amichevoli in cui essa è impegnata, salvo i casi di malattia e infortunio accertati secondo le modalità previste dalla legge e dall’AC.
Rientra in tale filone anche il diritto della società di sottoporre il calciatore alle cure che ritiene necessarie in caso di infortunio o malattia, salvo il legittimo rifiuto del calciatore, per il caso in cui non ritenga adeguate le strutture mediche indicate dalla società; il diniego dovrà essere motivato e comunicato tempestivamente alla società (art. 14, co. 3, AC).
Naturalmente l’atleta è tenuto a disattendere le disposizioni che siano lesive della propria integrità psicofisica o che si presentino illegittime, in
quanto contrarie a disposizioni normative; a tal fine si pensi all’ipotesi deplorevole in cui la società obblighi il calciatore all’assunzione di farmaci
«dopanti», dannosi per la salute dell’atleta oltre che vietati dalla legge.
Il potere direttivo implica, naturalmente, anche il potere di controllo sull’attuazione delle disposizioni impartite. La base normativa di tale potere è composta dagli artt. 2, 3, 6 e 8, l. 20 maggio 1970, n. 30032 (di seguito Statuto dei lavoratori), che disciplinano il divieto di utilizzo di guardie giurate, la individuabilità del personale di vigilanza, il limite alle visite personali di controllo sul posto di lavoro e il divieto di indagini sulle opinioni del lavoratore.
Per espressa esclusione dell’art. 4, l. n . 91, non trova invece applicazione l’art. 4, Statuto dei lavoratori, che risponde all’esigenza di tutela della privacy del lavoratore e limita l’impiego di impianti audiovisivi. L’atipicità del rapporto di lavoro sportivo, contraddistinto da una notevole esposizione mediatica del lavoratore, avrebbe reso superflua l’applicazione della norma predetta.
Con riguardo alle norme dell’AC, assume rilievo l’obbligo dell’atleta di sottoporsi periodicamente ai controlli medico-sanitari, disposti dalla società per il contrasto del fenomeno del doping e per avere un costante monitoraggio dello stato psico-fisico dell’atleta, al fine di valutare l’idoneità dello stesso all’impiego in squadra. La violazione dell’obbligo, ex art. 9, co. 2, è sanzionata secondo quanto previsto dall’AC e dai regolamenti vigenti.33 Per quanto concerne il potere disciplinare, che consegue alle violazioni degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore non trova applicazione la
norma di cui all’art. 7, Statuto dei lavoratori.34
6. Le obbligazioni principali delle parti: la prestazione lavorativa.
L’aspetto più importante dell’AC, anche più della parte relativa alla retribuzione (che rappresenta il fulcro della contrattazione collettiva), è quello dei diritti e doveri reciproci delle parti, in cui si innesta anche il dibattito sulla sussistenza o meno di un diritto del calciatore alla prestazione lavorativa. Le obbligazioni principali del rapporto di lavoro subordinato sono sostanzialmente due: la prestazione lavorativa, oggetto dell’obbligazione principale del lavoratore e la retribuzione, oggetto dell’obbligazione
32 Pubblicata in Gazz. Uff. del 27 maggio 1970, n. 131.
33 Reg. antidoping disponibile su xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxxx.xx/ (marzo 2006).
34 Interpretazione riconducibile a X. XXXXXXX, L’attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. dir. lav., vol. 83, n. 1, 1983, 89; X. XXXXXXXX, Una legge per lo sport? Il lavoro sportivo, in Foro it., vol. 106, n. 5, 1981, 305.
principale del datore di lavoro. Ad esse si affiancano tutta una serie di diritti e doveri reciproci, variamente correlati alle obbligazioni principali, in parte già trattati nei paragrafi precedenti.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’art. 7, co. 2, impegna l’atleta a partecipare a tutti gli allenamenti, nelle ore e nei luoghi fissati dalla società, nonché a tutte le competizioni, siano esse ufficiali o amichevoli, cui la società partecipa.
Allo stesso tempo, egli ha diritto a partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo il caso in cui l’esclusione derivi da una precisa scelta sanzionatoria della società, ex art. 11, co. 2, 3 e 10 AC, a seguito della rilevazione dell’inadempimento di norme contrattuali.
La formulazione dell’art. 7, quindi, non lascia dubbi al riguardo: non è rinvenibile in alcun modo il diritto del calciatore alla prestazione lavorativa, intesa come partecipazione del calciatore alle competizioni agonistiche in cui la società è impegnata. Secondo alcuni35 vi sarebbe, tuttavia, un generico diritto dello sportivo alla prestazione medesima, limitato soltanto dalle scelte di ordine tecnico assunte dall’allenatore in quanto unico responsabile della conduzione tecnico-sportiva della società.36
Il tema del diritto alla prestazione lavorativa del calciatore non è nemmeno riconducibile all’ipotesi di demansionamento, intesa come il divieto per il datore di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori, o diverse da quelle di assunzione, per ragioni di ordine aziendale, (art. 2103 c.c.), che non trova applicazione nel rapporto di lavoro sportivo per espressa esclusione dell’art. 4, l. n. 91.
Se non è possibile individuare un diritto al prestazione dell’atleta è pur sempre possibile valutare il problema da una diversa angolatura, ovvero come ipotesi di danno professionale37 o biologico.38
35 A favore della tesi proposta vedi M. DELL’OLIO, Il lavoro sportivo nell’ottica dell’art. 2239 c.c., in AA.VV., Il rapporto di lavoro sportivo, Maggioli, Rimini, 1989, 84; X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Nozioni di diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1983, 180.
Contra X. XXXXXXX, L’attività sportiva come prestazione di lavoro, cit., 718, che esclude un diritto dell’atleta a partecipare alle gare, e X. XXXXXXX X’XXXX, Una sentenza annunciata in tema di libera circolazione dei calciatori nell’Unione Europea, in Dir. Lav., vol. 70, n. 1, 1996, 23.
36 Per un approfondimento del tema vedi X. XXXXX, Il mobbing nel mondo del calcio professionistico, in Riv. Dir. Ec. Sport., vol. 1, n. 3, 2005, 39-66.
37 Per il risarcimento del danno da dequalificazione spettante al lavoratore subordinato vedi Cass. 14 novembre 2001, n. 14199 in For. it., Rep., voce Lavoro, n. 751, 2001; Cass. 18 aprile 1996, n. 3686, in Riv. giur. lav., II, 1996, 33; App. Milano, 11 maggio 2001, in Or. giur. lav., I, 2001, 256.
38 Sul danno biologico vedi da ultimo Cass., S.U., 4 maggio 2004, n. 8438, disponibile su xxx.xxxxxx.xx/ (aprile 2006), Cass. Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, disponibile su
Sarebbe stato auspicabile, pertanto, che l’AC avesse inciso maggiormente su questo aspetto, data la frequenza con cui si verificano casi di esclusione di giocatori dalla prima squadra, non essendo previsto alcun rimedio certo.
Fatto questo breve inciso, che meriterebbe maggiori approfondimenti, l’art. 7 prevede, poi, che la società debba fornire al calciatore attrezzature idonee alla preparazione atletica e un ambiente di lavoro consono alla propria dignità professionale, tenendo conto della peculiarità del rapporto di lavoro sportivo, che necessita di una preparazione atletica adeguata, ai fini dell’ottimale adempimento della prestazione lavorativa.
Rientra negli obblighi della società anche il dovere di tutelare le condizioni di lavoro, ex. art. 2087 c.c.; la norma vincola il datore ad adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro e l’esperienza tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. Tale obbligo assume una valenza particolare se si pensa che, per il lavoro sportivo, non esiste una normativa di tutela specifica, eccezion fatta, come vedremo, per le norme poste a tutela della salute dell’atleta.39
La società, ad esempio, deve garantire che i campi in cui si svolgono gli allenamenti, le attrezzature messe a disposizione per gli allenamenti e i locali adibiti all’attività sportiva presentino caratteristiche tali da prevenire infortuni e salvaguardare l’integrità fisica dello sportivo40; viceversa, la società sarebbe responsabile per l’ipotesi di infortunio incorso a causa dell’inadeguatezza di tali strutture.
Il calciatore ha diritto alla formazione culturale cui provvede la società, in relazione alle sue aspirazioni, attraverso iniziative volte al miglioramento e all’incremento della cultura; l’AC delega la FIGC e l’AIC ad indicare le condizioni cui le Società dovranno attenersi, compatibilmente con le esigenze dell’attività sportiva, per consentire all’atleta la frequenza a corsi di studio che ne consentano la formazione professionale.
La natura itinerante della prestazione lavorativa del calciatore, posta in essere in luoghi sempre diversi e provvisori, ha determinato la necessità di garantire al calciatore adeguati mezzi di trasporto, con conseguente assunzione delle spese da parte della società. Tuttavia, l’AC non ha previsto nessuna indennità di trasferta, in quanto l’elevata remunerazione che il calciatore professionista mediamente percepisce rende secondaria la necessità
xxx.xxxxxxx.xxx/ (aprile 2006); sul danno esistenziale vedi Cass., Sez. Lav., 3 luglio 2001, n. 9009, disponibile su xxx.xxxxxxx.xxx/ (aprile 2006).
39 Sull’applicazione dell’art. 2087 al lavoro sportivo vedi X. XXXXXXX X’XXXX, X. XXXXXX, La nuova disciplina del lavoro sportivo, cit., 31.
40 M. T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, cit., 125.
di compensare la sua disponibilità allo spostamento.
Per quanto concerne l’obbligazione del datore alla retribuzione della prestazione lavorativa dello sportivo, si rinvia al paragrafo successivo.
7. Segue: il diritto alla retribuzione e il trattamento di fine rapporto.
La retribuzione costituisce, come suddetto, il corrispettivo dell’obbligazione di lavoro del prestatore, secondo la tipica causa di scambio del contratto di lavoro subordinato.41
La funzione tipica del contratto collettivo, al riguardo, è quello di fissare un salario minimo garantito che, oltre ad essere inderogabile in peius, tenga conto delle esigenze di vita del lavoratore (art. 36 Cost.); tuttavia i problemi legati alla retribuzione minima passano in secondo piano nel calcio, data l’elevata retribuzione che gli atleti mediamente percepiscono, per lasciare posto a questioni legate, alle modalità di adempimento o alla fissazione di premi ulteriori legati al raggiungimento di risultati sportivi prefissati ad inizio stagione.
Per quanto concerne l’ambito calcistico, l’art. 4, AC, definisce la retribuzione come il «compenso convenuto tra il calciatore e la società e indicato, a pena di nullità, nel contratto e/o nelle scritture».42 Essa si compone di una quota fissa, che può essere convenuta in misura diversa a seconda del campionato o della competizione internazionale cui la società partecipa, e di una quota variabile, che non potrà superare il 50 per cento della parte fissa ed è legata al conseguimento dei risultati sportivi. I premi previsti dall’AC potranno avere portata:
- individuale: derivanti dal numero delle presenze, dal numero delle reti segnate, dal numero delle reti incassate;
- di squadra o collettivi: relativi al conseguimento di piazzamenti in classifica, alla conquista di titoli, al diritto di accedere alle Coppe Europee, dalla permanenza nella Serie di appartenenza.
Ai sensi del co. 2, art. 5, AC, la somma corrisposta al calciatore deve comprendere, con possibilità di deroga da specificare nel contratto o nelle scritture, «ogni emolumento, indennità od assegno cui il calciatore abbia diritto a titolo di corrispettività anche per gare notturne e ritiri» oltre ad ogni altra «indennità o trattamento che possa spettare al calciatore in forza di legge o contratto».
41 X. XXXXXXXXX, Breviario di diritto del lavoro, cit., 292.
42 L’art. 6, A.C. 1989, specifica che «La retribuzione si compone del compenso lordo, eventuali premi lordi e premi collettivi lordi».
La società può altresì stipulare scritture integrative aventi ad oggetto i premi collettivi, legati al conseguimento di risultati da parte dell’intera squadra (art. 4, co. 7, AC); per ciascuna competizione agonistica è consentita l’attribuzione di più premi specifici; i premi previsti per la medesima competizione non sono cumulabili.
La pattuizione deve essere stipulata nel rispetto delle seguenti condizioni:
- deve intercorrere tra un rappresentante della società munito dei necessari poteri e i calciatori della società o, in alternativa, da almeno tre calciatori muniti di procura redatta in forma scritta;
- la procura deve conferire il potere di negoziare e pattuire i risultati, l’importo complessivo del premio e i criteri di assegnazione delle quote tra i singoli calciatori o la volontà dei calciatori di procedere alla suddivisione delle quote, con criteri concordati direttamente tra loro.
Rientrano tra gli introiti del calciatore i proventi allo sfruttamento dell’immagine del calciatore che, pur non facendo parte della retribuzione in senso tecnico, costituiscono un aspetto rilevante dal punto di vista economico. L’art. 4, co. 8, AC prevede la possibilità che siano stipulati accordi di natura commerciale, aventi ad oggetto prestazioni di carattere promo-pubblicitario o di testimonial, nel rispetto della Convenzione sulla pubblicità.
Il calciatore ha altresì diritto al trattamento di fine rapporto (di seguito TFR), ovvero a alla parte di retribuzione differita, con finalità previdenziale, che ha sostituito la precedente indennità di anzianità. Essa è definita dall’AC come «indennità di fine rapporto» e consegue all’accantonamento, da parte della stessa società, di un contributo sulla retribuzione annua al Fondo di accantonamento istituito presso la FIGC.43 L’indennità è versata al verificarsi dell’interruzione definitiva del rapporto di lavoro con la società di appartenenza.
8. Norme di carattere previdenziale.
A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 366 del 197344, soggetto competente per le prestazioni previdenziali è l’Ente di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo (di seguito ENPALS), cui va effettuato il versamento dei contributi45; l’obbligo contributivo è posto a carico della società per i 2/3 e dello sportivo per la restante parte (art. 9, co. 4, l. n.
43 X. XXXXXXX, L’attività sportiva come prestazione di lavoro, cit., 717.
44 Dal 1973 ad oggi la normativa a subito diverse modifiche, in particolare con X.Xxx. 30 dicembre 1992, n. 566, e X.Xxx. 30 aprile 1997, n. 166.
45 X. XXXXXXXXXX, La previdenza dei calciatori, in Informaz. Prev., 1997, n. 7, 661.
91/1981).
A tal fine, l’art. 17, AC prevede che la società debba effettuare i versamenti previsti dalla legge agli Enti previdenziali competenti, per l’assicurazione contro le invalidità, per le ipotesi di vecchiaia, a vantaggio dei superstiti e per l’ipotesi di malattia, attraverso la ritenuta degli importi alla retribuzione corrisposta al calciatore.
Rientra tra i diritti previdenziali del calciatore il diritto al riposo settimanale, per i primi due giorni della settimana, e il riposo annuale della durata di quattro settimane, comprensive dei giorni festivi e di riposo settimanale.
In ultimo, l’atleta ha diritto al congedo matrimoniale di cinque giorni consecutivi, a decorrere dal giorno precedente l’evento, tenuto conto delle esigenze sportive della società. La norma si riferisce alla eventuale necessità di posticipare tale periodo per consentire alla società di usufruire delle prestazioni dell’atleta in gare ufficiali che si tengano contemporaneamente al periodo di congedo.
9. Tutela sanitaria e infortunio.
L’aspetto della tutela della salute del calciatore investe due aspetti in particolare: il primo riguarda i controlli medici cui lo stesso è tenuto a sottoporsi con funzione preventiva, mentre il secondo attiene all’ipotesi di infortunio e malattia.
In primis, ai sensi dell’art. 9, co. 2, AC, gli atleti sono tenuti alla stretta osservanza delle disposizioni di legge, emanate dal CONI e della FIGC, in materia di salute e di lotta al doping; la norma si pone in attuazione dell’art. 7, l. n. 91, nella parte in cui stabilisce che l’attività sportiva debba essere svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle Federazioni sportive, a livello nazionale, ed approvate con decreto del Ministero della salute.46 La norma in esame si prefigge l’obiettivo di realizzare un sistema di prevenzione, con il fine di porre in essere un costante monitoraggio della salute del calciatore, per preservarne l’efficienza fisica durante l’intero svolgimento della prestazione lavorativa.47
Ogni atleta deve munirsi di apposito certificato medico di idoneità ed
46 X. XXXXXXX X’XXXX, X. Xxxxx, La nuova disciplina del lavoro sportivo, cit., 30; X. XXXXXXXXXXX,
Profili previdenziali del lavoro sportivo, la legge 23 marzo 1981 n. 91, in Dir. lav., I, 1988, 289;
X. XXXXXXXX, Tutela della salute nelle attività motorie e sportive, in Quaderni di Diritto delle Attività Motorie e Sportive, n. 1, Maggioli editore, 2004.
47 X. XXXXXXXX, La tutela della salute nell’attività sportiva: aspetti previdenziali e prevenzionali, in Riv. dir. sport., vol. 36, n. 6, 1985.
è dotato di una scheda sanitaria, istituita con D.M. 13 maggio 1995, in attuazione della legge 26 ottobre 1971 n. 109948, che ne riporta le condizioni psico-fisiche. Responsabile dell’esercizio dei controlli sulla salute del calciatore è il medico sociale, il quale può disporre ogni accertamento che ritenga opportuno al fine di valutare l’idoneità del calciatore alla prestazione lavorativa.49
In ogni caso, il ruolo del medico sociale non esclude la responsabilità civile della società, per danni provocati della condotta dello stesso, secondo quanto disposto ex. art 2087 c.c. responsabile della violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria, da parte del medico sociale, nei cui confronti potrà eventualmente esercitare azione di rivalsa.
Di fondamentale importanza, per la salute del calciatore, è la normativa antidoping, basata sulla legge 14 dicembre 2000, n. 37650, che ha classificato il doping come reato, demandando ad un apposito D.M. l’indicazione dei farmaci proibiti (ex. art. 2) e l’istituzione di un’apposita commissione di vigilanza e di controllo (ex. art. 3). La legge si è conformata ai principi contenuti nella Convenzione europea di Strasburgo contro il doping, in cui è previsto che esso, oltre ad arrecare un danno alla salute dell’atleta, determina un alterazione dei risultati sportivi, incidendo sulla regolarità delle competizioni agonistiche.
Per quanto concerne il calcio, la FIGC ha adottato un «regolamento antidoping» entrato in vigore il 1° gennaio 2004, in attuazione dell’art. 6, l.
n. 376/2000; l’articolo aveva previsto la necessità che il CONI, le Federazioni, le Società, le Associazioni e gli Enti di promozione sportiva adeguassero i loro regolamenti alle disposizioni contenute negli articoli della medesima legge, prevedendo in particolare sanzioni e procedure disciplinari a carico dei tesserati.
L’art. 9, co. 2, AC, ha così previsto che il calciatore debba sottoporsi ai prelievi e ai controlli medici predisposti dalla società, dal CONI e dalla FIGC, per «l’implementazione dei controlli antidoping» e per una «maggiore tutela della propria salute».
La violazione degli obblighi predetti comporta, ex. art. 9, co. 3, A.C. l’applicazione delle sanzioni previste dai regolamenti vigenti.51 La società
48 Legge sulla tutela sanitaria nelle attività sportive pubblicata in Gazz. Uff., 23 dicembre 1971, n. 324.
49 Sul ruolo del medico sociale vedi Xxxx. Sez. Lav. 8 gennaio 2003 n. 85, disponibile su xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xxxx_0000/00xxx_00.xxx (marzo 2006), Cass. 8 maggio 2000, n. 11404, disponibile su xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxx/Xxxxxxx_xxxxxxxx/xxxxxx.xxx (marzo 2006).
50 Pubblicata in Gazz. Uff., 18 dicembre 2000, n. 294.
51 L’art. 15, Reg. FIGC, prevede che «l’atleta risultato positivo sia sospeso dall’attività sportiva con provvedimento da adottarsi d’urgenza; la sospensione cautelare viene revocata, con annulla-
potrà anche adottare, per violazione degli obblighi contrattuali, la sanzione che ritiene adeguata, sino a richiedere la risoluzione del contratto ex art. 11, AC.
Il secondo aspetto della tutela della salute del calciatore riguarda l’ipotesi di malattia e infortunio, che dovranno essere accertate dal medico sociale, o da una struttura medica competente, nominati, su istanza della società, dal C.A..
A tal fine l’art 15, AC, ha predisposto una differenziazione, a seconda dell’intensità della patologia, tra:
- inabilità, condizione xxxxxxx del calciatore che, pur non implicando l’impossibilità totale di rendere la prestazione, è comunque tale da non consentirgli di partecipare ad allenamenti che non siano esclusivamente di recupero funzionale;
- inidoneità, intesa come la condizione morbosa del calciatore (certificata dalla competente ASL equivalente struttura pubblica ai sensi delle leggi e dei provvedimenti amministrativi applicabili) che ne rende totalmente impossibile la prestazione lavorativa a titolo definitivo o temporaneo.
Qualora l’inabilità, o l’inidoneità, si protragga oltre sei mesi, la società potrà richiedere la riduzione alla metà della retribuzione fino alla cessazione dell’inabilità; mentre per le ipotesi più gravi, la società potrà anche richiedere la risoluzione del contratto.
10. Clausola compromissoria e funzionamento del CA.
La risoluzione di tutte le controversie nascenti dall’applicazione del contratto, nonché dalla violazione di regolamenti federali, fonti normative (statuali o federali) che siano rilevanti o integrative della disciplina contrattuale, oltre all’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 11, è devoluta alla competenza del CA, istituito presso la LNP, con sede in Milano.
L’obbligatorietà del ricorso al CA è sancita dall’art. 21, AC, impone alle parti d’inserire nel contratto una apposita clausola compromissoria che contenga la devoluzione di tutte le controversie derivanti dal rapporto di lavoro, al collegio arbitrale predetto.
E’ importante, a questo punto, precisare che la deroga alla giustizia ordinaria, derivante dall’apposizione di tale clausola, è cosa distinta dal c.d.
«vincolo di giustizia sportiva». Esso, infatti, si configura in virtù dell’art. 27,
mento delle relative sanzioni, se le controanalisi danno risultato negativo». Qualora, invece, all’esito dell’istruttoria risultino accertate violazioni della normativa antidoping, è prevista l’apertura di un procedimento disciplinare che può concludersi con la comminazione della sanzione della squalifica.
Statuto FIGC, che trova applicazione soltanto per l’ipotesi di violazioni di norme tecnico-sportive, e non anche quando la controversia abbia ad oggetto la violazione di diritti soggettivi o di interessi legittimi, secondo la riformulazione del sistema di giustizia sportiva , a seguito dell’entrata in vigore della l. 17 ottobre 2003, n. 80.52
L’art. 21, A.C., seguendo le indicazioni della dottrina53 e della giurisprudenza54, ha precisato, inoltre, che l’arbitrato dinanzi al CA ha natura irrituale. Da ciò deriva che il lodo emesso è inappellabile e può essere annullato solo mediante l’utilizzo dei rimedi predisposti dall’ordinamento per i vizi degli atti di autonomia privata.55
Il funzionamento del CA è disciplinato da un apposito regolamento, allegato all’AC (di seguito regolamento CA), che ne definisce la struttura, le funzioni, e la competenza.
Al CA possono ricorrere i calciatori, tesserati presso una società associata alla LNP, nonché le società ad essa affiliate, con l’esclusione dei calciatori e società afferenti alla Lega di C.
Il regolamento prevede due tipi di procedimenti: il procedimento arbitrale ordinario, disciplinato dall’art. 7, e il procedimento accelerato, disciplinato dall’art. 8. E’ condizione di procedibilità, per il solo rito ordinario, l’esperimento del tentativo di conciliazione previsto dall’art. 6, regolamento CA.
Il rito accelerato deve essere richiesto ad istanza di parte ed è concesso dal CA per le sole ipotesi in cui sussista un pericolo di un grave pregiudizio, per una delle parti, derivante dall’attesa dei tempi necessari all’espletamento del rito ordinario. La scelta del rito accelerato comporta, la deroga all’obbligo del tentativo di conciliazione e la riduzione alla metà dei termini previsti per il rito ordinario.
Ai sensi dell’art. 11, regolamento CA, è consentito, alle parti, la ricusazione dei componenti il collegio per motivi che attengono ad infrazioni deontologiche, alla mancanza dei requisiti di imparzialità, indipendenza e neutralità (in presenza di qualsiasi legame oggettivo, personale o lavorativo, con una delle parti o dei loro difensori), o di qualsiasi circostanza sopravvenu-
52 Sulla giustizia sportiva vedi X. XXXXXX, L’arbitrato nelle controversie tra società e sportivi professionisti nell’ambito della Federazione italiana giuoco calcio, in X. XXXXXXX, Lo sport e il diritto, cit., 296.
53 X. XXXXX, Le clausole arbitrali nell’ordinamento sportivo, in Riv. dir. sport., vol. 37, n. 9, 1986, 175; X. XXXXXX, Arbitrato irrituale, federazioni sportive nazionali e D.Lgs. 23 luglio 1999 n. 142, in Riv. dir. sport., vol. 51, n. 6, 2000, 668.
54 Cass. Civ., 18 dicembre 1990, n. 12002, disponibile su xxx.xxxxxx.xx/Xxxxxxxx/ (aprile 2006). 55 X. XXXXXXXX, L’inappellabilità dei lodi arbitrali, in Riv. Dir. Ec. Sport., vol. 1, n. 1, 2005, 55- 66.
ta, anche di carattere non economico, che potrebbe interferire con lo svolgimento dell’incarico. In presenza di tali condizioni è contemplata altresì l’eventualità che sia lo stesso Xxxxxxx a rinunziare all’incarico.
Il lodo che conclude il procedimento è deliberato dal Collegio a maggioranza dei voti, ha efficacia vincolante tra le parti, ed è redatto per iscritto in tante copie quante sono le parti, più una da depositare presso la segreteria del collegio.
11. Le misure previste per la violazione degli obblighi contrattuali.
L’art. 11, AC disciplina, nello specifico, le sanzioni previste per l’ipotesi di violazione degli obblighi contrattuali nascenti dal contratto. Tali sanzioni saranno applicabili anche in caso di violazione dei regolamenti federali, di fonti normative statuali o federali che siano rilevanti, come già detto, per la disciplina contrattuale.
L’accordo opera, così, una apertura alle fonti di natura extra- contrattuale che possano incidere sui rapporti tra società e calciatore, in difformità con l’art. 15, AC del 1989, che sanzionava i soli casi di violazione di obblighi contrattuali.
Le misure sanzionatorie previste, secondo un grado di intensità crescente, sono le seguenti:
- ammonizione scritta;
- multa;
- riduzione della retribuzione;
- esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra;
- risoluzione del Contratto.
L’irrogazione delle sanzioni passa attraverso un procedimento unico, innanzi al CA, secondo quanto previsto dal co. 3, art. 11, AC; in particolare la domanda della società deve contenere la proposta di provvedimento, ed essere notificata al calciatore e al collegio arbitrale (di seguito CA) entro il termine perentorio di dieci giorni dalla data in cui è stato accertato l’inadempimento.
L’ammonizione scritta consiste nell’intimazione al calciatore di non ricadere in futuro del medesimo inadempimento contestatogli.
La multa è una penalità contrattuale, il cui importo non può superare il 30 per cento di un dodicesimo della sola parte fissa della retribuzione annua (lorda) e, per l’ipotesi di cumulo di più infrazioni commesse nello stesso mese, non può comunque eccedere il 60 per cento del dodicesimo della retribuzione fissa annua (lorda).
La riduzione della retribuzione, invece, è una sanzione avente natura risarcitoria e di riequilibrio del sinallagma contrattuale e, in ogni caso, non può superare il 50 per cento della quota di retribuzione annua (lorda) relativa al periodo per il quale si chiede la riduzione stessa.
Nel caso di squalifica da parte degli organi di giustizia sportiva nazionale, o internazionale, la società potrà altresì proporre una riduzione della retribuzione per il periodo corrispondente alla durata della squalifica. A tal fine il CA dovrà tener conto della natura del comportamento posto in essere dal calciatore e della misura del pregiudizio arrecato alla società.
L’esclusione temporanea dagli allenamento o dal ritiro, che costituisce un’eccezione al diritto di cui all’art. 7, AC, può essere promossa anche in via provvisoria dalla società, qualora il comportamento inadempiente del calciatore sia incompatibile con la continuazione delle attività da cui lo si esclude (art 12, co. 6, AC). La società, ciò nonostante, dovrà garantire al calciatore attrezzature idonee alla sua preparazione atletica nonché un ambiente consono alla dignità professionale dell’atleta, salvo che quest’ultimo vi rinunci espressamente.
La risoluzione deriva dalla violazione degli obblighi previsti dal contratto, o dalle altre fonti normative elencate dall’art. 11, co. 1, e trascina con tutte le pattuizioni intervenute tra le parti.
E’ da notare come essa differisca dalle altre cause di invalidità del contratto, poiché colpisce il sinallagma del rapporto contrattuale, e non l’atto stesso, per cui all’inadempimento delle obbligazioni di una parte, consegue la richiesta di risoluzione per inadempimento della controparte.56
12. Segue: le ipotesi di risoluzione del contratto.
Le ipotesi di risoluzione del contratto vanno ricercate nei diversi articoli che compongono l’accordo, in relazione all’evento che determina l’interruzione del sinallagma contrattuale.
Innanzitutto la risoluzione consegue, come detto nel paragrafo precedente, alla violazione dei rispettivi obblighi da parte della società e del calciatore.
Nello specifico, una dei casi più importanti è l’estromissione illegittima del calciatore dal ritiro precampionato o dagli allenamenti, in violazione del diritto di cui all’art. 7, co. 1, AC o per il caso in cui la società non predisponga attrezzature idonee o un ambiente di lavoro adeguato. Il calciatore, in
56 Sulla nozione di sinallagma contrattuale e di risoluzione per inadempimento contrattuale vedi
X. XXXXXXXXX, Istituzioni di diritto privato, cit., 686.
entrambi i casi dovrà diffidare la società ad adempiere, pena la risoluzione del contratto.
Il calciatore, se la società non dà seguito alla diffida, può richiedere al CA la reintegrazione in squadra o la risoluzione del contratto, ferma restando la facoltà di richiedere sempre il risarcimento del danno. La richiesta di reintegrazione, potrà altresì innestarsi sul procedimento, ex. art. 11, co. 11, promosso dalla società proprio per l’esclusione del calciatore.
Un ulteriore ipotesi di risoluzione è data dal ritardo della società nel pagamento del rateo mensile, relativo alla parte fissa della retribuzione.
Il procedimento prevede che qualora l’inadempimento si protragga oltre il ventesimo giorno successivo al termine previsto per il versamento della mensilità, il calciatore può mettere in mora la società, attraverso lettera raccomandata (A.R.), inviata in copia alla Lega competente, con cui si invita la parte ad adempiere pena la risoluzione del contratto.
Anche la morosità nel pagamento della parte variabile costituisce motivo di risoluzione del contratto, qualora l’inadempimento si protragga oltre il ventesimo giorno successivo al termine convenuto dalle parti, a patto che il calciatore abbia già messo in mora la società secondo il procedimento appena riportato.
Naturalmente, in entrambi i casi, l’interessato dovrà inoltrare la richiesta di risoluzione al CA, non oltre il 20 giugno della stagione sportiva in corso al momento della richiesta di risoluzione. La società ha il diritto di costituirsi, in quanto litisconsorte necessario, nei modi e nei tempi previsti dal regolamento del CA.
Per i calciatori ceduti temporaneamente, la pronuncia di risoluzione del contratto determina il ripristino dell’originario rapporto con la società cedente a condizione che la società interessata ne dia comunicazione alla Lega competente e provveda all’integrale pagamento di tutte le competenze già maturate dal calciatore ( previste a carico della società cessionaria).
In caso di sussistenza di un diritto di compartecipazione sul contratto del calciatore, la risoluzione comporta la riconduzione del rapporto di lavoro in capo alla società titolare della comproprietà.
Conclusioni.
Il contratto di lavoro dello sportivo professionista si caratterizza per la peculiarità dei contenuti, dovuta alla natura del rapporto che ne consegue, dovendo tener conto di esigenze particolari sia dal lato dell’atleta che della società. In primis, in contraddizione con il principio di libertà della forma, il
contratto in oggetto deve essere redatto con forma scritta ad substantiam ed essere predisposto secondo lo schema-tipo allegato all’accordo collettivo di categoria.
Per quanto concerne il contenuto, lo stesso deve contenere una clausola che investa lo sportivo dell’obbligo di rispettare le istruzioni tecniche e le prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici nonché una clausola compromissoria che consenta di devolvere tutte le controversie del contratto ad un apposito collegio arbitrale, istituito presso la Lega competente. Il contratto va poi depositato presso la Federazione competente per la relativa approvazione, con valore costitutivo oltre che di controllo, al fine di valutare la conformità dello stesso al contratto-tipo, nonché la reale possibilità della società di adempiere alle obbligazioni assunte.
Dall’indagine svolta risulta che il contratto dello sportivo professionista può essere definito come una fattispecie progressiva, composta di fasi successive, in cui le parti non godono dell’autonomia tipica dei contraenti dovendo includere in esso determinati elementi indicati dalla legge.
L’inserimento di una clausola di rinvio, in particolare, determina una sovrapposizione tra la parte normativa dell’accordo e il contenuto del contratto, che finisce per identificarsi con il primo per quanto concerne la disciplina del rapporto che ne deriva. Per l’eventualità che le parti non sottoscrivano tale clausola, al di là della nullità cui il contratto può essere o meno ricondotta, il provvedimento di approvazione, da parte della Federazione competente, avrà certamente un esito negativo, determinando l’inefficacia del contratto stesso.
Il sistema delle relazioni industriali nello sport, inoltre, è caratterizzato da una maggiore certezza nell’individuazione dei soggetti che partecipano alla contrattazione; al riguardo assume una posizione particolare la FIGC che, pur essendo un’associazione rappresentativa, contestualmente, degli interessi della parte datoriale e degli sportivi, partecipa egualmente alla stipula dell’accordo, favorendo la composizione degli interessi contrapposti che ne sono alla base, attraverso una funzione di mediazione tra Lega e AIC.
Tale sistematicità risolve, di per sé, il problema dell’efficacia dell’AC, rispetto alla parte datoriale, nel momento in cui prevede che le società devono affiliarsi alla Lega di riferimento che, a sua volta, partecipa alla stipula dell’accordo in nome e per conto delle società stesse. Dal punto di vista degli sportivi, il problema dell’efficacia è risolto dalla clausola di rinvio, contenuta nel contratto-tipo, che obbliga il calciatore a rispettare in modo pieno ed incondizionato le disposizioni contenute nell’accordo. Tale rimedio presenta, inoltre, una maggiore stabilità rispetto all’adesione mediante affilia-
zione, tipica della contrattazione collettiva nei rapporti di lavoro extrasportivi.
Da segnalare è l’assenza, tra le parti firmatarie, della Lega professionisti di C, che preclude ai calciatori tesserati con le società ad essa affiliate i benefici delle norme contenute nell’accordo. A tal fine è auspicabile che le parti interessate riaprano le trattative, consentendo di uniformare lo status normativo dei calciatori professionisti, secondo il sistema che aveva caratterizzato l’accordo precedente.
In ultimo, sarebbe stato auspicabile l’inserimento, nell’accordo, di una norma che riformulasse il diritto dell’atleta a partecipare, oltre agli allenamenti e al ritiro precampionato, anche alle competizioni, amichevoli o ufficiali, in cui la squadra è impegnata, tenuto conto della misura del danno professionale che il calciatore subisce per le ipotesi in cui è escluso illegittimamente.
Per quanto concerne l’aspetto retributivo, invece, il fallimento di diverse squadre di calcio ha dimostrato come le spese da esse sostenute difficilmente tengono conto dell’andamento economico e degli introiti che la società percepisce durante l’arco della stagione. Ancorare attraverso l’AC, gli stipendi dei calciatori al reale andamento economico, che a sua volta deriva dai risultati sportivi ottenuti, avrebbe sicuramente contribuito alla riduzione dei costi di gestione e alla tenuta dell’intero sistema economico calcistico.