ALLA COMMISSIONE DELL’UNIONE EUROPEA
ALLA COMMISSIONE DELL’UNIONE EUROPEA
DENUNCIA RIGUARDANTE GLI INADEMPIMENTI DELLO STATO ITALIANO E DELLA SUA AMMINISTRAZIONE NELL’APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA
1999/70/CE SUL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
********************** Informazioni relative ai denuncianti
I denuncianti:
1. (….),
2. (….),,
3. (….),
4. (….),
5. (….),
6. (….),
*******
ESPOSIZIONE DEI FATTI
1. I ricorrenti (…….) hanno convenuto in giudizio con distinti atti nn. 25173/08-25743/08- 26733/08-26734/08-28754/08-29474/08 R.G.L. dinanzi al Giudice del lavoro del Tribunale di Foggia il MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, dell'UNIVERSITÀ e della RICERCA (d’ora innanzi, MIUR), per chiedere la riqualificazione rapporto di pubblico impiego e/o il risarcimento dei danni per mancata assunzione a tempo indeterminato.
2. Le parti ricorrenti hanno assunto di aver lavorato tutti come dipendenti non di ruolo in Scuole pubbliche come collaboratori scolastici appartenenti all’area professionale A
C.C.N.L. del Comparto scuola, settore del personale amministrativo, tecnico e ausiliario a.t.a.
alle dipendenze formali del MIUR con vari contratti a tempo determinato di durata annuale (dal 1° settembre al 31 agosto dell’anno successivo) o fino al termine delle attività didattiche (dal 1° settembre al 30 giugno dell’anno successivo), in molti casi senza soluzione di continuità l’uno rispetto all’altro, e che attualmente sono in servizio con un ultimo contratto a tempo determinato di durata annuale con scadenza 31 agosto 2012.
3. In particolare, i ricorrenti hanno assunto di aver lavorato alle dipendenze del MIUR per i seguenti periodi di servizio, non contestati dal Ministero:
(….) – dal 19.02.2001 fino al 30.06.2001; dal 22.12.2001 fino al 31.08.2002; dal 01.09.2002
fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal 01.09.2004 fino al 31.08.2005; dal
01.09.2005 fino al 31.08.2006; dal 01.09.2006 fino al 31.08.2007; dal 01.09.2007 fino al
31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al 31.08.2009; dal 01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal
01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal 01.09.2011 fino all’attualità (scadenza 31 agosto 2012);
● (….)– dal 22.10.2000 fino al 30.06.2001; dal 1.10.2001 fino al 21.12.2001; dal 22.12.2001
fino al 31.08.2002; dal 01.09.2002 fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal
01.09.2004 fino al 31.08.2005; dal 01.09.2005 fino al 30.06.2006; dal 01.09.2006 fino al
30.06.2007; dal 01.09.2007 fino al 31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al 31.08.2009; dal
01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal 01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal 01.09.2011 fino
all’attualità (scadenza 31 agosto 2012);
● (….)– dal 14.10.2000 fino al 31.08.2001; dal 1.09.2001 fino al 17.12.2001; dal 22.12.2001
fino al 31.08.2002; dal 01.09.2002 fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal
5.10.2004 fino al 22.12.2004; dal 17.01.2005 fino al 14.02.2005; dal 01.03.2005 fino al
23.03.2005; dal 01.04.2005 fino al 17.06.2005; dal 01.09.2005 fino al 31.08.2006; dal
01.09.2006 fino al 30.06.2007; dal 01.09.2007 fino al 31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al
31.08.2009; dal 01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal 01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal
01.09.2011 fino all’attualità (scadenza 31 agosto 2012);
● (….)– dal 12.10.2000 al 30 giugno 2001; dal 06.09.2001 fino al 19.12.2001; dal 22.12.2001
fino al 31.08.2002; dal 01.09.2002 fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal
01.09.2004 fino al 31.08.2005; dal 01.09.2005 fino al 31.08.2006; dal 01.09.2006 fino al
31.08.2007; dal 01.09.2007 fino al 31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al 31.08.2009; dal
01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal 01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal 01.09.2011 fino
all’attualità (scadenza 31 agosto 2012);
● (….)- dal 05.03.2001 fino al 30.06.2001; dal 22.12.2001 fino al 31.08.2002; dal 01.09.2002
fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal 01.09.2004 fino al 31.08.2005; dal
01.09.2005 fino al 31.08.2006; dal 01.09.2006 fino al 31.08.2007; dal 01.09.2007 fino al
31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al 31.08.2009; dal 01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal
01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal 01.09.2011 fino all’attualità (scadenza 31 agosto 2012);
● (….)- dal 30.11.2000 fino al 31.08.2001; dal 01.09.2001 fino al 05.01.2002; dal 22.10.2002
fino al 31.08.2003; dal 01.09.2003 fino al 31.08.2004; dal 01.09.2004 fino al 31.08.2005; dal
01.09.2005 fino al 31.08.2006; dal 01.09.2006 fino al 31.08.2007; dal 01.09.2007 fino al
31.08.2008; dal 01.09.2008 fino al 31.08.2009; dal 01.09.2009 fino al 31.08.2010; dal
01.09.2010 fino al 31.08.2011; dal 01.09.2011 fino all’attualità (scadenza 31 agosto 2012).
4. Gli istanti, in buona sostanza, hanno assunto di aver ricoperto durante la gran parte dei periodi di lavoro (ad eccezione di rari casi di supplenze temporanee per sostituzione di personale assente su nomina dei Dirigenti scolastici), posti vacanti e disponibili nell'organico di diritto (fino al 31 agosto) o di fatto (fino al 30 giugno), su nomina dell’Ufficio provinciale scolastico (ex Centro servizi amministrativi) di Foggia del MIUR.
5. Hanno precisato gli attori nei ricorsi individuali che per la figura professionale di collaboratore scolastico non è previsto alcun concorso pubblico e quindi non vi sarebbe alcuna violazione di norma imperativa di legge ai sensi dell’art.97, comma 3, della Costituzione, trattandosi di assunzione che avviene riproducendo, nel settore specifico della scuola e per mansioni e qualifiche medio-basse, le modalità di reclutamento sia a tempo indeterminato che a tempo determinato previste dall’art.16 della legge n.56/1987, cioè attraverso lo scorrimento delle graduatorie permanenti provinciali di 1ª fascia (chi ha maturato almeno 24 mesi di servizio nel profilo) e di 2ª fascia, così come previsto dagli artt.581 e 582 D.Lgs. n.297/94, la cui normativa è stata abrogata perché assorbita dall’art.4, commi 1, 2, 3 e 11, della legge n.124/1999 con l’entrata in vigore del Decreto ministeriale n.430/2000, che regola, appunto, la normativa sul reclutamento sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato per il personale a.t.a., compresi i collaboratori scolastici.
6. La legittimità del predetto sistema di reclutamento a tempo determinato e a tempo indeterminato nella scuola, poi, dopo essere stato richiamato dall’art.70, comma 8, D.Lgs. n.165/2001, è riconosciuta anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n.41/2011, seppure relativamente alle graduatorie permanenti ad esaurimento del personale docente, per i quali, diversamente dai collaboratori scolastici, l’accesso alle graduatorie prevede l’allocazione prioritaria del personale dichiarato idoneo nei concorsi per titoli ed esami o nei concorsi abilitanti alla professione di docente.
7. I ricorrenti, avendo prestato servizio a tempo determinato in favore dell'Amministrazione scolastica con contratti successivi per più di 36 mesi in mansioni equivalenti, hanno concluso di aver diritto a che il proprio rapporto di lavoro sia considerato a tempo indeterminato, ai sensi dell'art. 5, commi 3 e/o 4, e/o 4-bis, del Decreto legislativo n. 368/2001, così come sarebbe previsto dalla clausola 5, n.2, dell'accordo quadro comunitario sul contratto a tempo determinato, recepito nella Direttiva 1999/70/CE, di cui il D.Lgs. n.368/2001 è disciplina nazionale attuativa (giusta legge delega comunitaria n. 422/2000).
8. In particolare, secondo le parti ricorrenti, il riconoscimento del diritto alla riqualificazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato sarebbe confermato da quelle disposizioni, come l'art. 1, comma 1, del D.L. n. 134/2009 (che ha aggiunto all’art.4 della legge n.124/1999 un comma 14-bis) e dall’art.9, comma 18, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, (che ha aggiunto all’art.10 del D.Lgs. n.368/2001 il comma 4-bis) che escluderebbero (per il futuro) l’applicazione dell’art.5 D.Lgs. n.368/2001 (nel primo caso) e del comma 4-bis della stessa norma (nel secondo caso) in relazione al settore della scuola, confermando a contrario che l’applicazione della normativa sui contratti a termine successivi anche nel settore pubblico scolastico fino al momento dell’entrata in vigore delle due disposizioni, in relazione alle quali il diritto alla riqualificazione dei singoli rapporti sarebbe già maturato.
9. Secondo le parti ricorrenti, inoltre, l’art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001 riconosce espressamente alla contrattazione collettiva di comparto la possibilità di disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato in applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. n.368/2001, e gli artt. 40, 44 e 60 del C.C.N.L. del 29 novembre 2007 del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2006 – 2009 avrebbero comunque derogato, ai sensi
dell’art.2 D.Lgs. n.165/2001, a precedenti norme di legge ostative, consentendo la trasformazione o conversione a tempo indeterminato dei rapporti a termine successivi.
10. Sempre secondo la prospettazione delle parti ricorrenti, la Corte di Giustizia dell’Unione europea con l’ordinanza del 1° ottobre 2010 nella causa C-3/10 Affatato al punto 48 avrebbe ritenuto adeguata la sanzione prevista dall’art.5, comma 4-bis, D.Lgs. n.368/2001 della riqualificazione del rapporto decorsi 36 mesi di contratti a termine per mansioni equivalenti con lo stesso datore di lavoro, accogliendo sul punto le osservazioni scritte del Governo italiano, che aveva sostenuto adeguato l'ordinamento italiano alla clausola 5, n.1, dell’accordo quadro comunitario recepito nella Direttiva 1999/70/CE proprio in riferimento alla previsione anche nel settore pubblico di una "durata massima totale dei contratti o rapporti dì lavoro a tempo determinato successivi".
11. D’altra parte, hanno evidenziato i ricorrenti negli atti introduttivi, l’art.1, commi 519 e 605, lett.c), della legge n.296/2006 aveva previsto, nell’ambito del processo di stabilizzazione del precariato pubblico che avesse maturato almeno 36 mesi di servizio alle dipendenze della P.A., un piano di assunzioni a tempo indeterminato anche per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola, cui il MIUR non aveva dato seguito per quanto riguarda le posizioni soggettive dei lavoratori attori.
12. Sempre secondo le parti ricorrenti, il combinato disposto dell’art.70, comma 8, del D.Lgs. n.165/2001 e dell’art.4, commi 1 e 2, della legge n.124/1999 sarebbe irrilevante rispetto alla tutela sostanziale richiesta della riqualificazione del rapporto, oppure andrebbe disapplicato per violazione della normativa comunitaria, in caso di contrasto, dal momento che le predette disposizioni non avallerebbero l'operato della P.A. ma confermerebbero che il ricorso a contratti a termine è "eccezionale" (in quanto i posti vacanti devono essere ordinariamente ricoperti con personale di ruolo).
13. Sottolineavano, inoltre, gli attori che i contratti individuali non specificano le causali delle assunzioni, per cui mancano le ragioni oggettive che legittimano il ricorso della pubblica amministrazione all’apposizione del termine contrattuale, in violazione così degli artt. 30 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (d’ora innanzi, Carta di Nizza) del 7 dicembre 2000, degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (d’ora
innanzi, CEDU), nonché dei principi comunitari di necessaria giustificazione causale del recesso, di parità di trattamento, divieto di discriminazione e di tutela giurisdizionale effettiva.
14. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca MIUR, nel costituirsi con memoria difensiva in ogni singolo giudizio, ha affermato nel merito la legittimità dei contratti a tempo determinato stipulati dai ricorrenti con la P.A. scolastica grazie all’inserimento nelle corrispondenti graduatorie permanenti ad esaurimento della provincia di Foggia dei collaboratori scolastici.
15. Secondo il MIUR la conversione del rapporto, attesa la specificità della disciplina di reclutamento, non sarebbe consentita né sussisterebbe alcun «abuso» – inteso come condotta abusiva del datore di lavoro pubblico di reiterare rapporti di lavoro a tempo determinato con la stessa persona - nella successione dei contratti, ciascuno dei quali stipulati in riferimento al singolo anno scolastico sulla base della graduatorie di reclutamento e del tutto estraneo alle ragioni oggettive autonome del contratto a termine dell’anno precedente, così come di quelli “successivi”. Né sarebbe applicabile la disposizione dell’art.5, comma 4-bis, D.Lgs. n.368/2001, introdotta solo dall’art.1, comma 40, della legge n.247/2007.
16. Sussisterebbe, secondo il MIUR, la finalità sociale di assicurare continuità al servizio scolastico (ragioni oggettive) che rende il sistema di reclutamento del personale previsto dall’art.4 della legge n.124/1999 conforme alla normativa comunitaria di cui alla Direttiva 1999/70/CE e sottrae la normativa in materia di conferimento degli incarichi di supplenza temporanea ed annuale in ambito scolastico alle previsioni degli artt.36 del D.Lgs. n.165/2001 e del D.Lgs. n.368/2001, nonché ai successivi meccanismi di stabilizzazione dei contratti del pubblico impiego previsti dalle leggi finanziarie degli anni 2006, 2007 e 2008.
17. In ogni caso, secondo il MIUR, l’inserimento nella graduatoria permanente non sarebbe equiparabile ad un pubblico concorso, per cui continua ad essere operante il divieto di conversione dei contratti a termine nel pubblico impiego, previsto dall’art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001 in relazione all’art.97, comma 3, della Costituzione, la cui legittimità è confermata sul piano costituzionale dalla sentenza n.89/2003 della Corte costituzionale e sotto il profilo della conformità agli obblighi comunitari dalle sentenze del 7 settembre 2006 della Corte di Giustizia nelle cause Marrosu-Sardino e Vassallo.
18. L’art. 1, comma 1, D.L. n.134/2009 e l’art.9, comma 18, D.L. 70/2011 confermerebbero la legittimità del divieto nel comparto scuola di trasformazione del rapporto di impiego, fino all’immissione in ruolo nel rispetto dei contingenti di personale da assumere stabilmente ogni anno, che non viene deciso dal Ministero resistente ma dal Parlamento.
19. Il MIUR sostiene, infatti, che il richiamo dell’art.60, comma 3, CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007 alla possibilità che il rapporto di lavoro a tempo determinato si trasformi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato per specifiche disposizioni normative si riferisca soltanto al piano triennale di assunzione a tempo indeterminato per gli anni 2007/2009, secondo le disposizioni contenute nell’art.1, comma 605, punto c), della legge finanziaria n.296/2006.
20. Pertanto, secondo il MIUR, le domande delle parti ricorrenti sarebbero totalmente prive di fondamento, sia per quanto riguarda la riqualificazione del rapporto sia per il risarcimento dei danni, proprio per la particolarità del sistema di selezione e di reclutamento a tempo determinato del personale scolastico, che non consentirebbe abusi o parzialità. Concludeva per il rigetto dei ricorsi, con vittoria spese.
21. Il Tribunale di Foggia con sentenza del 30 gennaio 2012 n.593/12 ha rigettato le domande di (…….), nei confronti del MIUR. Nel merito il Tribunale ha rigettato sia le domande di riqualificazione dei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione sia le domande subordinate di risarcimento dei danni, ritenendo che il sistema di reclutamento a tempo determinato nel settore della Scuola pubblica costituisca una disciplina speciale e legittima, con cui «lo stesso legislatore ha istituito una relazione di immanenza tra le caratteristiche dell’organizzazione datoriale e le esigenze di flessibilità assoluta, le quali, pertanto, a determinate condizioni, vengono garantite in maniera permanente, e non possono essere sconfessate dal mero fenomeno del reiterarsi con lo stesso prestatore.». A tale disciplina speciale di reclutamento non si applica, secondo il Tribunale, né la disciplina generale contenuta nel D.Lgs. n.368/2001 né l’art.36 del D.Lgs. n.165/2001. Il Giudice di 1° grado ha invocato a conforto della fondatezza del ragionamento di esclusione di ogni tutela le numerose sentenze della Corte di Giustizia “Xxxxxxx”, “Xxxxxxxx”, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx”, “Vassallo”, “Affatato”, “Kücük”, citando le conclusioni di quest’ultima decisione a unico e specifico sostegno delle proprie tesi.
********
§ 1. La normativa europea violata
22. La direttiva 1999/70 si fonda sull’articolo 139, paragrafo 2, CE, e, ai sensi del suo articolo 1, mira ad «attuare l’accordo quadro [CTD], che figura nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».
Come risulta dalla clausola 1, lettera b), dell’accordo quadro CTD, obiettivo di quest’ultimo è, in particolare, quello di «creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».
23. Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro,
«[l]’obiettivo del presente accordo quadro è:
a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;
b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
24. La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro così dispone:
«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».
25. La clausola 3 del medesimo accordo quadro così recita:
«Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
(…)».
26. La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dispone quanto segue:
«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».
27. La clausola 5 dell’accordo quadro così recita:
«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
a) devono essere considerati “successivi”;
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».
28. In merito alla clausola 5, la Corte di Giustizia di Lussemburgo si è più volte pronunciata. Si legge infatti, in generale, nella sentenza Adelener1 ai punti 84-89:
«84. Xxxxxx, si deve constatare al riguardo che una disposizione nazionale che consideri successivi i soli contratti di lavoro a tempo determinato separati da un lasso temporale inferiore o pari a 20 giorni lavorativi deve essere considerata tale da compromettere l’obiettivo, la finalità nonché l’effettività, dell’accordo quadro. 85. Infatti, come hanno rilevato sia il giudice del rinvio sia la Commissione, nonché l’avvocato generale nei paragrafi 67-69 delle sue conclusioni, una definizione così restrittiva del carattere successivo di diversi contratti di lavoro che si susseguono consentirebbe di assumere lavoratori in modo precario per anni, poiché, nella pratica, il lavoratore non avrebbe nella maggior parte dei casi altra scelta che quella di accettare interruzioni dell’ordine di 20 giorni lavorativi nel contesto di una serie di contratti con il suo datore di lavoro. (…). 88. Al datore di lavoro sarebbe quindi sufficiente, al termine di ogni contratto di lavoro a tempo determinato, lasciare trascorrere un periodo di soli 21 giorni lavorativi
1 Corte di Giustizia, Grande Sezione, sentenza Xxxxxxxx 4.7.2006 in causa C-212/04.
prima di stipulare un altro contratto della stessa natura per escludere automaticamente la trasformazione dei contratti successivi in un rapporto di lavoro più stabile, e ciò indipendentemente sia dal numero di anni durante i quali il lavoratore interessato è stato occupato per lo stesso impiego sia della circostanza che i detti contratti soddisfino fabbisogni non limitati nel tempo, ma al contrario “permanenti e durevoli”. Pertanto, la tutela dei lavoratori contro l’utilizzazione abusiva dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, che costituisce la finalità della clausola 5 dell’accordo quadro, viene rimessa in discussione. 89. Tenuto conto delle argomentazioni che precedono, si deve rispondere alla terza questione che la clausola 5 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nella causa principale, la quale stabilisce che soltanto i contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato non separati gli uni dagli altri da un lasso temporale superiore a 20 giorni lavorativi devono essere considerati “successivi” ai sensi di detta clausola.».
29. In merito al carattere temporaneo o permanente e duraturo del fabbisogno alla base della stipula di un contratto a termine, la Corte di Giustizia sempre nella sentenza Xxxxxxxx ha osservato al punto 99 e al punto 105:
«99. Inoltre, dalla decisione di rinvio risulta che, nella prassi, l’art.21 della legge n.2190/1994 rischia di essere distolto dalla sua finalità per il fatto che, invece di servire come base giuridica limitatamente alla stipulazione dei contratti a tempo determinato volti a far fronte a fabbisogni di carattere esclusivamente temporaneo, sembra che esso venga utilizzato per concludere siffatti contratti allo scopo di soddisfare di fatto “fabbisogni permanenti e durevoli”. Anche il Giudice del rinvio, nella motivazione della sua decisione, ha già constatato il carattere abusivo, ai sensi dell’accordo quadro, del ricorso, nella fattispecie di cui alla causa principale, al detto art.21 per giustificare la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato volti, in realtà, a rispondere a “fabbisogni permanenti e durevoli”. Tale giudice si limita pertanto a chiedere se, in una tale ipotesi, il divieto generale stabilito dalla detta disposizione di trasformare in contratti a tempo indeterminato siffatti contratti a tempo determinato pregiudichi lo scopo e l’efficacia pratica dell’accordo quadro. Alla quarta questione si deve di
conseguenza rispondere che, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, l’accordo quadro deve essere interpretato nel senso che, qualora l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato non preveda, nel settore considerato, altra misura effettiva per evitare e, nel caso, sanzionare l’utilizzazione abusiva di contratti a tempo determinato successivi, l’accordo quadro osta all’applicazione di una normativa nazionale che vieta in maniera assoluta, nel solo settore pubblico, di trasformare in un contratto di lavoro a tempo indeterminato una successione di contratti a tempo determinato che, di fatto, hanno avuto il fine di soddisfare “fabbisogni permanenti e durevoli” del datore di lavoro e devono essere considerati abusivi.».
30. Con riferimento alla situazione italiana, la Corte ha poi avuto modo di approfondire la questione nella sentenza Xxxxxxx e Xxxxxxx0:
«38 Con la sua domanda, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’accordo quadro debba essere interpretato nel senso che esso osti ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso risultante dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi ultimi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre una tale trasformazione è prevista per quanto riguarda i contratti e i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato.
39 Al fine di risolvere tale questione, occorre innanzi tutto rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano in udienza, la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro si applicano ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e altri enti del settore pubblico (sentenza 4 luglio 2006, causa C-212/04, Xxxxxxxx e a., Racc. pag. I-6057, punto 54).
40 Infatti, le disposizioni di questi due atti non contengono alcuna indicazione dalla quale possa dedursi che il loro campo di applicazione si limiterebbe ai contratti a tempo determinato conclusi dai lavoratori con i datori di lavoro del solo settore privato (sentenza Xxxxxxxx e a., cit., punto 55).
41 Al contrario, da un lato, come risulta dalla stessa formulazione della clausola 2,
2 Corte di Giustizia, II Sezione, sentenza Xxxxxxx e Xxxxxxx 7.9.2006 in causa C-53/04.
punto 1, dell’accordo quadro, il campo di applicazione di quest’ultimo viene inteso in senso lato, riguardando in maniera generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro». Inoltre, la definizione della nozione di «lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro, enunciata nella clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro (sentenza Xxxxxxxx e a., cit., punto 56).
42 Dall’altro, la clausola 2, punto 2, dello stesso accordo quadro, lungi dal prevedere l’esclusione dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con un datore di lavoro del settore pubblico, si limita a offrire agli Stati membri e/o alle parti sociali la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro i «rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato», nonché i contratti e rapporti di lavoro «definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici» (sentenza Xxxxxxxx e a., cit., punto 57).
43 Occorre ricordare anche che, come risulta dalla clausola 1, lett. b), dell’accordo quadro, l’obiettivo di quest’ultimo è quello di creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
44 A tal fine la clausola 5, punto 1, impone agli Stati membri l’obbligo di introdurre nel loro ordinamento giuridico almeno una delle misure elencate nel detto punto 1, lett. a)-c), qualora non siano già in vigore nello Stato membro interessato disposizioni normative equivalenti volte a prevenire in modo effettivo l’utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza Xxxxxxxx e a., cit., punto 65).».
32. Possiamo dunque ritenere pacifico, quale diritto vivente, il principio consolidato, stabilito dalla Corte europea secondo il quale le misure preventive previste dalla clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva e finalizzate ad evitare abusi attraverso l’utilizzo di contratti a termine successivi, si applicano anche alle pubbliche amministrazioni degli Stati
membri.
**********
§ 2. La normativa italiana in tema di reiterazione di contratti a termine
33. Innanzitutto, le disposizioni normative rilevanti sono gli artt.1, 5 e 10, comma 4-bis, del Decreto legislativo 9 settembre 2001, n.368, che, in base alla legge delega n.422/2000, ha inteso recepire la Direttiva 1999/70/CE, che vengono di seguito riprodotte evidenziando in grassetto le modifiche intervenute
Decreto legislativo 9 settembre 2001, n.3683
Art. 1.
Apposizione del termine
01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato4.
1. È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla attività del datore di lavoro5.
2. L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cin lavorativi dall'inizio della prestazione.
4. La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente o non sia superiore a dodici giorni.
Art. 5.
Scadenza del termine e sanzioni. Successione dei contratti
1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o succe prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavo maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.
2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inf mesi nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il trentesi negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termi
3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un periodo di d dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data d di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeter
4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effett alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato da
3 Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 9 ottobre 2001, n.235, con decorrenza 24 ottobre 2001.
4 Il comma 01 è stato aggiunto dall’art.1, comma 39, della legge 24 dicembre 2007, n.247, con decorrenza 1° gennaio 2008.
5 La parte in grassetto «anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro» è stata aggiunta dall’art.21, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n.112 (convertito con modificazioni dalla legge n.133/2008), con decorrenza dal 25 giugno 2008.
stipulazione del primo contratto.
4-bis6. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precede salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o azien organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il ra lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di in che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo d comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato p volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro comp territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali compar più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca ma organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rapprese piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine st medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.
Art. 10 – Esclusioni e discipline specifiche
1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo in quanto già disc specifiche normative:
a) i contratti di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196 e successive modifi
b) i contratti di formazione e lavoro;
c) i rapporti di apprendistato, nonché le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione il lavoro che, pur caratterizzate dall’apposizione di un termine, non costituiscono rapporti di la
2. Sono esclusi dalla disciplina del presente decreto legislativo i rapporti di lavoro tra i dator dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato così come definiti dall’articolo 12, com decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375.
3…..
4…..
4-bis.7 Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1999, n. 124, s esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipul
6 Il comma 4-bis dell’art.5 D.Lgs. n.368/2001 è stato aggiunto dall’art.1, comma 40, della legge 24 dicembre 2007, n.247, con decorrenza dal 1° gennaio 2008 nella forma in grassetto. La parte della norma sottolineata è stata inserita dall’art.21 D.L. 112/2008, con decorrenza dal 25 giugno 2008. La norma va a regime come misura preventiva/repressiva e si applica soltanto dal 1° aprile 2009, in quanto l’art.1, comma 43, della legge n.247/2007 prevede testualmente:
« In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 40 a 42:
a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in deroga alle disposizioni di cui al comma 4 bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal presente articolo;
b) il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4 bis, decorsi quindici mesi dalla medesima data.»
7 Il comma è stato aggiunto dall’art. 9, comma 18, d.l. 9 maggio 2011, n.64 (“Disposizioni urgenti per l’economia”), con decorrenza dal 9 maggio 2011.
conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di g costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza tempo personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche deter ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto..
34. Altre norme importanti ai fini della procedura sono gli artt.35, 36 e 70, comma 8, del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.
Decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165
Art. 35. Reclutamento del personale 1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertam professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno; b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazio |
per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obblig |
salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità. 2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti p soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della inv le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze ar Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integr assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa. 3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti pri a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l' imp assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni dalle associazioni professionali. 4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale ai sensi dell' articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modifi integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le a compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provincia pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle |
concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'e delle finanze.8
4 bis. L'avvio delle procedure concorsuali mediante l'emanazione di apposito decreto del Pre Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di cui al c applica anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti finanziari, nonché previsti dall'articolo 36.9
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende au espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministr economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei ministri. Per gli uffici a regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizio accesso alle varie professionalità.
5 bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un p inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile da collettivi.10
5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il principio della parità di condizioni per l'accesso uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di res concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non almeno non attuabili con identico risultato.11
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si ap disposto di cui all' articolo 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 3612
Utilizzo di contratti di lavoro flessibile
8 Il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 104, L. 30.12.2004, n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente: "4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell' articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l' avvio delle procedure è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio dei ministri adottata ai sensi dell' articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni.".
9 Il presente comma è stato inserito dall'art. 4 D.L. 10.01.2006, n. 4, con decorrenza dal 12.01.2006.
10 Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 230, L. 23.12.2005, n. 266, con decorrenza dal 01.01.2006.
11 Il presente comma è stato così modificato prima dall'art. 3, c. 87, L. 24.12.2007, n. 244 (G.U. 28.12.2007, n. 300, S.O. n. 285) e poi dall'art. 51 D.Lgs. 27.10.2009, n. 150 (G.U. 31.10.2009, n. 254 - S.O. n. 197) con
decorrenza dal 15.11.2009. Si riporta di seguito il testo previgente.
12 testo così sostituito dall’art.49 del decreto legge 25 giugno 2008, n.112, con decorrenza dal 25 giugno 2008. Le modifiche in grassetto sono state introdotte dall’art.17 decreto legge 1° luglio 2009, n.78, con decorrenza dal 1° luglio 2009.
1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35.
2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla lettera lettera d), del comma 1, dell’articolo 70 del decreto legislativo n.276/2003, e successive modifiche ed integrazioni, in applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dall'articolo 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n.863, dall'articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 per quanto riguarda la somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla lettera d), del comma 1, dell'articolo 70 del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni ed integrazioni nonchè da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile. Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali.
3. Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, le amministrazioni redigono un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.286, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.
4. Le amministrazioni pubbliche comunicano, nell’ambito del rapporto di cui al precedente comma 3, anche le informazioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono responsabili anche ai sensi dell'articolo 21 del presente decreto. Di tali violazioni si terrà conto
in sede di valutazione dell'operato del dirigente ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
5-bis13. Le disposizioni previste dall’articolo 5, commi 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.368 si applicano esclusivamente al personale reclutato secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b).
Art.70 Norme finali
1….2….3….4….
5….
6….
7….
8…Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all' articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni.
Normativa speciale per il reclutamento nel settore scolastico
35. Una serie di disposizioni rilevano nel presente giudizio come normativa speciale per il reclutamento del personale a tempo determinato nel settore scolastico. Le procedure di reclutamento a tempo determinato nella scuola sono state rispettate (si tratta, appunto, di contratti “legittimi”), anzi, come sostiene il MIUR, la condotta abusiva non sussiste perché ogni contratto a tempo determinato nel settore scolastico è stipulato per “ragioni oggettive” connesse e coincidenti con il rigoroso rispetto delle procedure selettive.
29. Dispone l’art.4 della legge n.124/1999
Art.4 Supplenze
1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e semprechè ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo.
2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si
13 Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 17, D.L. 01.07.2009, n. 78 così come modificato dalla legge di conversione, L. 03.08.2009, n. 102 (G.U. 04.08.2009, n. 179 - S.O. n. 140) con decorrenza dal 05.08.2009.
provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario.
3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee.
4. I posti delle dotazioni organiche provinciali non possono essere coperti in nessun caso mediante assunzione di personale docente non di ruolo.
5. Con proprio decreto da adottare secondo la procedura prevista dall'art. 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della pubblica istruzione emana un regolamento per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti.
6. Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all'art. 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'art. 1 della presente legge.
7. Per il conferimento delle supplenze temporanee di cui al comma 3 si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto. I criteri, le modalità e i termini per la formazione di tali graduatorie sono improntati a princìpi di semplificazione e snellimento delle procedure con riguardo anche all'onere di documentazione a carico degli aspiranti.
8. Coloro i quali sono inseriti nelle graduatorie permanenti di cui all'art. 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'art. 1 della presente legge, fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, hanno diritto, nell'ordine, alla precedenza assoluta nel conferimento delle supplenze temporanee nelle istituzioni scolastiche in cui hanno presentato le relative domande. Per gli istituti di istruzione secondaria e artistica la precedenza assoluta è attribuita limitatamente alle classi di concorso nella cui graduatoria permanente si è inseriti.
9. I candidati che nei concorsi per esami e titoli per l'accesso all'insegnamento nella scuola elementare siano stati inclusi nella graduatoria di merito ed abbiano superato la prova facoltativa di accertamento della conoscenza di una o più lingue straniere hanno titolo alla precedenza nel conferimento delle supplenze sui posti i cui titolari provvedono all'insegnamento di una corrispondente lingua straniera.
10. Il conferimento delle supplenze temporanee è consentito esclusivamente per il periodo di effettiva permanenza delle esigenze di servizio. La relativa retribuzione spetta limitatamente alla durata effettiva delle supplenze medesime.
11. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). Per il conferimento delle supplenze al personale della terza qualifica di cui all'articolo 51 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto "Scuola", pubblicato nel supplemento ordinario n. 109 alla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1995, si utilizzano le graduatorie dei concorsi provinciali per titoli di cui all'articolo 554 del testo unico.
12. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano altresì al personale docente ed ATA delle Accademie e dei Conservatori.
13. Restano ferme, per quanto riguarda il Conservatorio di musica di Bolzano, le norme particolari in materia di conferimento delle supplenze adottate in attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
14. Dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 5 sono abrogati gli articoli 272, 520, 521, 522, 523, 524, 525, 581, 582, 585 e 586 del testo unico.
14-bis14 I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n.296, e successive modificazioni.
36. Il regolamento recante norme sulle modalità di conferimento delle supplenze al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, ai sensi dell’art.4, commi 5 e 11, della legge n.124/1999, è stato adottato con D.M. 13.12.2000, n.430.
D.M. 13 dicembre 2000, n. 43015
Art.1
Disponibilità di posti e tipologia di supplenze
1. Ai sensi dell'articolo 4, commi 1, 2, 3 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124, di seguito denominata "legge", nei casi in cui non sia stato possibile assegnare sulle disponibilità di posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, personale soprannumerario in utilizzazione o, a qualsiasi titolo, personale con contratto a tempo indeterminato, si dispone con:
a) supplenze annuali, per la copertura dei posti vacanti, disponibili entro la data del 31 dicembre, e che rimangano presumibilmente tali per tutto l'anno scolastico;
b) supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche, per la copertura di posti non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico;
c) supplenze temporanee, per ogni altra necessità di supplenza diversa dai casi precedenti, secondo quanto specificato all'articolo 6.
Art.2
Graduatorie da utilizzare per il conferimento delle supplenze annuali e temporanee fino al termine "delle attività didattiche.
1. Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche degli assistenti amministrativi, degli assistenti tecnici, dei guardarobieri, dei cuochi e degli infermieri, si utilizzano, ai sensi dell'articolo 4, comma 11, della legge, le graduatorie dei concorsi provinciali per titoli di cui all'articolo 554 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e, in caso di esaurimento, gli elenchi provinciali di cui all'articolo 1, comma 4; per i collaboratori scolastici, si utilizzano le graduatorie permanenti
14 L’allegato alla legge 24 novembre 2009, n.167, di conversione del D.L. 25 settembre 2009, n.134, ha modificato il testo originario dell’art.1, comma 1, D.L. 134/2009, che era il seguente: «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo.».
15 In Gazz. Uff., 24 gennaio, n. 19. - Regolamento recante norme sulle modalità di conferimento delle supplenze al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario ai sensi dell'articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124.
dei concorsi provinciali per titoli e, in caso di esaurimento, le corrispondenti graduatorie |
provinciali ad esaurimento per il conferimento delle supplenze, aggiornate ed integrate con |
l'inserimento del personale che negli ultimi tre anni scolastici ha prestato servizio per almeno |
trenta giorni nelle scuole statali, anche con rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali. |
Contrattazione collettiva del Comparto Scuola
37. L’art. 40, comma 4, del vigente CCNL 2006/09 del contratto scuola del 29 novembre 2007, con riferimento al personale docente, ha confermato che: Il rapporto di lavoro a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetto di specifiche disposizioni normative.”
38. L’art. 60 del vigente CCNL 2006/09, con riferimento al personale ATA, ha esplicitamente richiamato il comma 4 del citato art. 40 nella parte in cui consente la trasformazione del contratto a tempo indeterminato del contratto a tempo determinato, così disponendo: «Al personale di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2,3, e 4 dell’art. 40…3. Il rapporto a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetti di specifiche disposizioni normative.».
Normativa speciale che ostacola la riqualificazione dei rapporti a tempo determinato
39. Le parti denuncianti hanno sostenuto anche davanti al Tribunale di Foggia che si applichi il D.Lgs. n.368/2001, e, in particolare, la normativa prevista dall’art.5 sui contratti successivi, in relazione all’art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001 e alla contrattazione collettiva (artt.44 e 60 CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007). Il MIUR, invece, ha sostenuto nel giudizio davanti al Tribunale di Foggia che la sanzione della riqualificazione non si applicava, perché lo stesso art.36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001 vieta la conversione dei rapporti a termine per violazione di norme imperative di legge.
40. Altra disposizione che impedirebbe la riqualificazione dei rapporti, nella prospettazione del MIUR, è quella contenuta nel c.d. decreto legge 25.09.2009, n. 134, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2009, n.167, con decorrenza dal 25 novembre 2009, che, all’art.1, comma 1, conteneva un comma aggiunto (14-bis) all’art.4 della legge n.124/1999, dal seguente originario tenore: «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso
trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo.».
41. L’allegato alla legge di conversione ha modificato il testo originario dell’art.1, comma 1,
D.L. 134/2009, perché si poneva in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di riconoscimento dell’anzianità di servizio (sentenza Del Cerro Xxxxxx), per cui il vigente testo (dal 25 novembre 2009) dell’art.4, comma 14-bis, della legge n.124/1999 è il seguente: «I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n.296, e successive modificazioni.».
42. La lettera c) dell’art.1, comma 605, della legge 296/2006, richiamata nel comma aggiunto all’art.4 della legge n.124/1999, dispone testualmente:
«605. Per meglio qualificare il ruolo e l'attività dell'amministrazione scolastica attraverso misure e investimenti, anche di carattere strutturale, che consentano il razionale utilizzo della spesa e diano maggiore efficacia ed efficienza al sistema dell'istruzione, con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione sono adottati interventi concernenti:…………….
c) la definizione di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-2009, da verificare annualmente, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, circa la concreta fattibilità dello stesso, per complessive 150.000 unità, al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente. Analogo piano di assunzioni a tempo indeterminato è predisposto per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), per complessive 30.000 unità. Le nomine disposte in attuazione dei piani di cui alla presente lettera sono conferite nel rispetto del regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Contestualmente all'applicazione del piano triennale, il Ministro della pubblica istruzione realizza un'attività di monitoraggio sui cui risultati, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari, anche al fine di
individuare nuove modalità di formazione e abilitazione e di innovare e aggiornare gli attuali sistemi di reclutamento del personale docente, nonché di verificare, al fine della gestione della fase transitoria, l'opportunità di procedere a eventuali adattamenti in relazione a quanto previsto nei periodi successivi. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge le graduatorie permanenti di cui all'articolo 1 del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, sono trasformate in graduatorie ad esaurimento. Sono fatti salvi gli inserimenti nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti già in possesso di abilitazione, e con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione, per i docenti che frequentano, alla data di entrata in vigore della presente legge, i corsi abilitanti speciali indetti ai sensi del predetto decreto-legge n. 97 del 2004, i corsi presso le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SISS), i corsi biennali accademici di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), i corsi di didattica della musica presso i Conservatori di musica e il corso di laurea in Scienza della formazione primaria. La predetta riserva si intende sciolta con il conseguimento del titolo di abilitazione. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), è successivamente disciplinata la valutazione dei titoli e dei servizi dei docenti inclusi nelle predette graduatorie ai fini della partecipazione ai futuri concorsi per esami e titoli. In correlazione alla predisposizione del piano per l'assunzione a tempo indeterminato per il personale docente previsto dalla presente lettera, è abrogata con effetto dal 1° settembre 2007 la disposizione di cui al punto B.3), lettera h), della tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143. E' fatta salva la valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data. Ai docenti in possesso dell'abilitazione in educazione musicale, conseguita entro la data di scadenza dei termini per l'inclusione nelle graduatorie permanenti per il biennio 2005/2006-2006/2007, privi del requisito di servizio di insegnamento che, alla data di entrata in vigore della legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi compilati ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996, è riconosciuto il diritto all'iscrizione nel secondo scaglione delle graduatorie permanenti di strumento
musicale nella scuola media previsto dall'articolo 1, comma 2-bis, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333. Sono comunque fatte salve le assunzioni a tempo indeterminato già effettuate su posti della medesima classe di concorso. Sui posti vacanti e disponibili relativi agli anni scolastici 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010, una volta completate le nomine di cui al comma 619, si procede alla nomina dei candidati che abbiano partecipato alle prove concorsuali della procedura riservata bandita con decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, 0x serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, che abbiano completato la relativa procedura concorsuale riservata, alla quale siano stati ammessi per effetto dell'aliquota aggiuntiva del 10 per cento e siano risultati idonei e non nominati in relazione al numero dei posti previsti dal bando. Successivamente si procede alla nomina dei candidati che abbiano partecipato alle prove concorsuali delle procedure riservate bandite con decreto dirigenziale 17 dicembre 2002, pubblicato nella Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, 0x serie speciale, n. 100 del 20 dicembre 2002 e con il predetto decreto ministeriale 3 ottobre 2006, che abbiano superato il colloquio di ammissione ai corsi di formazione previsti dalle medesime procedure, ma non si siano utilmente collocati nelle rispettive graduatorie per la partecipazione agli stessi corsi di formazione. Detti candidati possono partecipare a domanda ad un apposito periodo di formazione e sono ammessi a completare l'iter concorsuale sostenendo gli esami finali previsti nei citati bandi, inserendosi nelle rispettive graduatorie dopo gli ultimi graduati. L'onere relativo al corso di formazione previsto dal precedente periodo deve essere sostenuto nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. Le nomine, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono conferite secondo l'ordine di indizione delle medesime procedure concorsuali. Nella graduatoria del concorso riservato indetto con il decreto dirigenziale 17 dicembre 2002 sono, altresì, inseriti, ulteriormente in coda, coloro che hanno frequentato nell'ambito della medesima procedura il corso di formazione, superando il successivo esame finale, ma che risultano privi del requisito di almeno un anno di incarico di presidenza.».16.
16 La presente lettera è stata così modificata dall'art. 2, c. 415, L. 24.12.2007, n. 244 (G.U. 28.12.2007, n. 300,
S.O. n. 285), con decorrenza dal 1° gennaio 2008. La presente lettera, e successive modificazioni, si interpreta
43. Infine, rileva l’ art.10, comma 4-bis, D.Lgs.n.368/2001, comma aggiunto dall’art. 9, comma 18, d.l. 9 maggio 2011, n.64 (“Disposizioni urgenti per l’economia”), con decorrenza dal 9 maggio 2011, che (per evitare gli effetti dell’ordinanza Affatato della Corte di Giustizia del 1° ottobre 2010, v. infra) conferma il divieto di riqualificazione dei contratti a termine specificamente nel settore della scuola: «4-bis. Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1999, n. 124, sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto.».
********
§ 3. L’ordinanza Affatato del 1° ottobre 2010 della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-3/10
44. L’importanza di tale pronuncia, oltre che per il suo contenuto decisivo sul punto, si manifesta ancor più in relazione al procedimento di cui ne rappresenta l’esito.
Infatti è stata proprio l’Italia stessa ad ammettere, nelle conclusioni scritte dell’Avvocatura generale dello Stato, l’operatività integrale nel pubblico impiego della disciplina sul contratto a termine di cui al D.Lgs.n.368/2001, quindi, anche dell’intero art.5 in materia di sanzioni e successione di contratti (punti 25-39).
45. Peraltro, nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia nella causa C-3/10 il Tribunale di Rossano ha inserito anche due specifiche questioni di compatibilità (nn.4 e 5) della normativa scolastica di assunzione a tempo determinato che, seppure dichiarate irricevibili dalla Corte di Giustizia perché non attenevano la situazione fattuale e normativa della causa principale concernente contratti a termine stipulati da una Azienda sanitaria pubblica, sono state oggetto di delibazione da parte dell’Avvocatura generale dello Stato nelle sue osservazioni scritte:
«4) se la clausola 5 dell’Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE ed il principio di uguaglianza non discriminazione ostino ad una disciplina per lavoratori nel settore
nel senso di quanto riportato dall'art. 1, comma 4-ter, D.L. 25.09.2009, n. 134 così come modificato dalla legge di conversione, L. 24.11.2009, n. 167 con decorrenza dal 25.11.2009.
scuola (cfr in particolare l’art 4, comma 1, l. 124/99 e l’art 1, comma 1, lett a, del DM n. 430/00), che consenta di non indicare la causalità del primo contratto a termine, prevista in via generale dalla disciplina interna per ogni altro rapporto di lavoro a termine, nonché di rinnovare i contratti indipendentemente dalla sussistenza di esigenze permanenti e durevoli, non preveda la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti, nonché normalmente nessuna distanza tra i rinnovi ovvero, nell’ipotesi delle supplenze annuali, corrispondente alle vacanze estive in cui la attività scolastica è sospesa, ovvero fortemente ridotta;
5) se il corpus di disposizioni normative del settore scuola, come descritto, possa ritenersi complesso di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi».
46. In particolare l’Avvocatura, ai punti 60-73, forniva argomentazioni poi specificatamente richiamate nella stessa ordinanza della Corte:
«60. Come riconosciuto dallo stesso giudice del rinvio, la Corte di giustizia si è già occupata della questione sollevata nelle sentenze coeve e di analogo contenuto del 7 settembre 2006, causa C-53-04, Xxxxxxx e C-180/04, Vassallo.
61. Con tali pronunce, la Corte di giustizia ha ritenuto che l’accordo quadro deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti di lavoro conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un’altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso, a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico.
62. La Corte ha ritenuto quindi che la normativa italiana contenesse tale altra misura effettiva volta a prevenire ed a sanzionare i predetti abusi.
63. Il giudice del rinvio ritiene però che in quell’occasione il quadro normativo era stato rappresentato in maniera parziale e che lo stesso si sarebbe comunque evoluto.
64. In proposito non può non rilevarsi che, nella ponderosa ordinanza di rinvio, il
quadro normativo sia ora stato rappresentato in modo del tutto ultroneo rispetto al perimetro rilevante per la decisione della controversia.
65. Sarebbe stato infatti sufficiente un richiamo al decreto legislativo n. 368 del 2001 e all’art. 36, comma 5 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che - rispondendo così al quesito n. 10 - costituiscono la normativa generale di recepimento della direttiva 1999/70/CE ed eventualmente alla normativa specifica in materia di contratti a termine nel settore sanitario che invece, singolarmente, il giudice del rinvio non esamina affatto, dilungandosi oltremodo nell’analisi di normative, come si è visto, del tutto estranee alla materia del contendere.
66. D’altro canto, l’evoluzione della normativa non può che rafforzare la bontà delle conclusioni già raggiunte dalla Corte di giustizia nelle richiamate sentenze Xxxxxxx e Xxxxxxxx.
67. Infatti, da un lato, i commi 4-bis, 4-quater 4-quinquies e 4-sexies aggiunti all’art. 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001 dalla legge n. 247 del 2007 hanno fissato ulteriori paletti per evitare la reiterazione di contratti a termine, stabilendo una durata massima al di là della quale il contratto si considera a tempo indeterminato e introducendo un diritto di precedenza di chi abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi nelle assunzioni a tempo indeterminato, dall’altro, l’art. 36, comma 5 del decreto legislativo n.165 del 2001, come modificato dal decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge n. 133 del 2008 ha previsto, oltre al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e alla responsabilità per dolo e colpa grave dei dirigenti nei confronti dei quali l’amministrazione deve recuperare le somme erogate a tale titolo, anche due ulteriori conseguenze a carico dei predetti dirigenti, consistenti nell’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale e nella considerazione della predetta violazione nell’ambito della valutazione dell’operato del dirigente medesimo. Inoltre, il comma 3 del predetto art. 36 come modificato dall’art. 17, comma 26 del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 2009 prevede che “al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato”.
68. Sono stati quindi previsti ulteriori elementi dissuasivi, conformemente a quanto disposto dalla clausola 5 dell’accordo quadro, che non prevede affatto come obbligatoria la sanzione della conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato, come riconosciuto anche dal giudice del rinvio a p. 19 dell’ordinanza, ma solo una preferenza di tale misura, che ben può quindi essere esclusa per una determinata categoria di lavoratori, come quelli alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, per i quali vige il principio del concorso pubblico ai sensi dell’art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
69. La clausola 5 dell’accordo quadro rimette infatti agli Stati, previa consultazione con le parti sociali, di stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro a tempo determinato devono essere ritenuti contratti a tempo indeterminato, lasciando quindi ai Stati medesimi la possibilità di prevedere misure alternative alla predetta conversione del rapporto.
70. Pertanto, dal momento che tale disposizione non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi, essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia.
71. Ne consegue che la clausola 5 dell’accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico (sentenza Xxxxxxx, punti 47 e 48).
72. Tuttavia, la Corte di giustizia ha osservato che, affinché una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione (sentenza Vassallo,
punto 34).
73. A tal riguardo una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, che prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, nonché il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, è stata ritenuta dalla Corte di giustizia prima facie soddisfare detti requisiti (sentenza Xxxxxxxx, punto 40).».
47. E così, venendo al contenuto della pronuncia, la Corte di Giustizia ha preliminarmente precisato che trattasi di una scelta discrezionale del legislatore quella di prevedere o meno all’interno dell’ordinamento il divieto di conversione per i contratti a termine, non sussistendo sul punto obblighi né di fonte legislativa né tanto meno costituzionale.
48. Ciò che è richiesto, invece, è la predisposizione di una tutela effettiva contro il ricorso abusivo allo strumento del contratto a termine.
49. Il Tribunale di Rossano, infatti, nell’adire pregiudizialmente la Corte ha evidenziato la sussistenza nel nostro ordinamento di una situazione di confusione normativa caratterizzata dall’assenza o dalla gravissima carenza di effettive tutele per il precariato pubblico.
50. Dunque il Giudice comunitario ha definito i confini della questione, rappresentando la necessità di verificare se il legislatore nazionale avesse rispettato la clausola 5, n.1, dell’accordo quadro comunitario, cioè, in mancanza di norme equivalenti, se ha adottato una o più delle tre misure preventive che la disposizione della Direttiva 1999/70/CE ha previsto come obbligo per gli Stati membri al fine di evitare la precarizzazione (cioè l’uso abusivo) dei contratti a termine, anche nel lavoro pubblico:
«42 Ciò posto, affinché una normativa nazionale che vieta in via assoluta, nel settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione (v. citate sentenze Xxxxxxxx e a., punto 105; Xxxxxxx e Xxxxxxx, punto 49; Xxxxxxxx, punto 34, e Xxxxxxxxxx e a., punti 161 e 184, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e x.,
punto 123; Xxxxxx, punti 67 e 86, e Xxxxxxxxxx e a., punto 11).
43 Occorre ricordare in proposito che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, onde prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti (v. sentenze Xxxxxxxx e a., cit., punti 65, 80, 92 e 101; Xxxxxxx e Xxxxxxx, cit., punto 50; Xxxxxxxx, cit., punto 35; 15 aprile 2008, causa C-268/06, Impact, Racc. pag. I-2483, punti 69 e 70, e Xxxxxxxxxx e a., cit., punti 74 e 151, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punti 80, 103 e 124, e Xxxxxx, punto 53).
44 Le misure così elencate nella citata clausola 5, punto 1, lett. a)-c), in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v. citate sentenze Impact, punto 69, e Xxxxxxxxxx e a., punto 74, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punto 80, e Xxxxxx, punto 54).
45 Del resto, quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (citate sentenze Xxxxxxxx e a., punto 94; Marrosu e Sardino, punto 51; Xxxxxxxx, punto 36, e Xxxxxxxxxx e a., punto 158, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punto 125, e Xxxxxx, punto 64).».
51. Fornire una risposta alla questione è stato per la Corte assai agevole. Essa, infatti, preso atto dei chiarimenti forniti dall’Avvocatura dello Stato italiano in sede di conclusioni, ne ha dichiaratamente ripreso le osservazioni, ponendole alla base della propria ordinanza.
52. Dunque nel rispondere alla domanda relativa alla sussistenza o meno di una norma finalizzata alla prevenzione degli abusi, la Corte ha potuto senza alcun dubbio richiamare l’art. 5 comma 4 bis:
«46 Benché, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, le modalità di attuazione di siffatte norme attengano all’ordinamento giuridico interno degli Stati
membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, citate sentenze Xxxxxxxx e a., punto 95; Marrosu e Sardino, punto 52; Xxxxxxxx, punto 37, e Xxxxxxxxxx e a., punto 159, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punto 000, x Xxxxxx, punto 65).
47 Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (citate sentenze Xxxxxxxx e a., punto 102; Xxxxxxx e Xxxxxxx, punto 53; Xxxxxxxx, punto 38, e Xxxxxxxxxx e a., punto 160, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punto 000, x Xxxxxx, punto 66).
48 A tale proposito, nelle sue osservazioni scritte il governo italiano ha sottolineato, in particolare, che l’art. 5 del d. lgs. n. 368/2001, quale modificato nel 2007, al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, ha aggiunto una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato e ha introdotto, a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un periodo superiore a sei mesi, un diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre, l’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, come modificato nel 2008, prevedrebbe, oltre al diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno subìto a causa della violazione di norme imperative e all’obbligo del datore di lavoro responsabile di restituire all’amministrazione le somme versate a tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave, l’impossibilità del rinnovo dell’incarico dirigenziale del responsabile, nonché la presa in considerazione di detta violazione in sede di valutazione del suo operato.
49 Analogamente a quanto già dichiarato dalla Corte nelle citate sentenze Xxxxxxx e
Sardino (punti 55 e 56), nonché Vassallo (punti 40 e 41), nei confronti dei provvedimenti previsti dal decreto n. 368/2001 nella sua versione originaria (v., altresì, ordinanza Xxxxxxxxxx e a., cit., punto 12817), così come in quelle riguardanti altre disposizioni nazionali paragonabili (v. sentenza Xxxxxxxxxx e a., cit., punto 188, nonché ordinanza Koukou, cit., punto 90), una disciplina nazionale siffatta potrebbe soddisfare i requisiti ricordati nei punti 45-47 della presente ordinanza.
50 Spetta tuttavia al giudice del rinvio, l’unico competente a pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno, accertare se le condizioni di applicazione nonché l’attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare l’utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (v. citate sentenze Marrosu e Xxxxxxx, punto 56; Xxxxxxxx, punto 41, e Xxxxxxxxxx e a., punti 164 e 188, nonché citate ordinanze Xxxxxxxxxx e a., punto 135; Xxxxxx, punti 69, 77 e 90, e Xxxxxxxxxx e a., punto 11).».
53. Al fine di non prestarci ad equivoco alcuno, la Corte non pone – lo si ribadisce – a carico del legislatore italiano un obbligo di non prevedere nel pubblico impiego un divieto di conversione nell’ipotesi di successione di contratti di lavoro a temine illegittimi, purché siano previste altre misure equivalenti di tutela ma, individuando la misura richiesta, in quanto espressamente invocata e ritenuta applicabile al settore del pubblico impiego dalla stessa Avvocatura generale dello Stato italiano, proprio nell’art. 5 comma 4 bis e ritenendola rispondente ai predetti principi, non ha potuto che valutarla e ritenerla congrua.
54. Dunque, seppure limitatamente alle ipotesi in cui l’utilizzo del contratto a termine si sia protratto per oltre 36 mesi, viene legittimata dalla Corte di Giustizia la sanzione della riqualificazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato.
55. Pare evidente, peraltro, la radicale differenza di trattamento nell’ipotesi dell’impiego
17 Ordinanza Xxxxxxxxxx, punto 128: «128 La normativa nazionale di cui trattasi, nei citati casi Marrosu e Xxxxxxx e Xxxxxxxx prevedeva delle norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, così come il diritto al risarcimento per i danni subiti dal lavoratore a causa del ricorso abusivo da parte dell’amministrazione pubblica a dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi. Mentre la Corte ha lasciato al giudice di rinvio il compito di valutare, in tali casi, in quale misura le condizioni di applicazione e l'attuazione di tale regolamentazione ne fanno una misura adeguata ai fini della clausola 5, paragrafo 1, dell'accordo quadro, tuttavia, ha indicato che, a prima vista, la detta regolamentazione sembrava soddisfare le esigenze richiamate ai punti da 125 a 127 della presente ordinanza.»
privato, dove la conversione è diretta conseguenza sia dell’illegittimità (anche) del (primo ed unico) contratto, che della reiterazione protratta per oltre 36 mesi, mentre nell’impiego pubblico la riqualificazione avviene solo nella seconda ipotesi.
56. In tal contesto la Corte europea rileva altresì che una siffatta soluzione non si pone in contrasto con alcun principio fondamentale del nostro ordinamento (sul punto torneremo, con riferimento all’art. 97 Costituzione italiana) e che dunque, laddove si versi nell’ipotesi di contratti nel pubblico impiego che siano stati stipulati nel rispetto delle norme che regolamentano le assunzioni ma relativi a fattispecie ipoteticamente escluse dall’ambito di applicazione della norma, la trasformazione non è comunque da ritenersi preclusa.
*******
§ 4. L’applicazione “distorta” da parte della Cassazione e della Corte costituzionale dei principi di tutela enunciati dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza Affatato
57. Alla luce dei principi e delle indicazioni contenuti nell’ordinanza Affatato della Corte di Giustizia dell’Unione europea, la giurisprudenza nazionale, in particolare per il settore scolastico, si è divisa. Secondo alcune pronunce (seppure con tesi diverse e variamente articolate18), nessun ostacolo sembrerebbe frapporsi alla riqualificazione dei rapporti di lavoro a termine stipulati nel settore scolastico in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
58. Come sottolineato in detta ordinanza al punto 48, sarebbe stato lo stesso Governo italiano ad evidenziare che nel nostro ordinamento, al fine di evitare l’utilizzo abusivo del contratto a termine nel settore pubblico, è stata prevista una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato, per cui proprio la previsione dell’art. 5, comma 4 bis, D.Lgs. n. 368/2001 consentirebbe la sanzione della riqualificazione del rapporto di lavoro quando si realizzano le condizioni ivi previste, anche perché, si sostiene, le osservazioni scritte dell’Avvocato generale dello Stato italiano nella causa Affatato sarebbero espressione e applicazione dell’obbligo di leale cooperazione tra gli Stati membri e l’Unione europea, sancito dall’art. 4, punto 3, del Trattato TUE, e corrisponderebbero al quadro normativo nazionale innanzi descritto.
00 X. Xxxx. Xxxxxx, sent. 16 giugno 2011; Trib. Trani, sent. 18 giugno 2011; Trib. Livorno, sent. 25 gennaio 2011; Trib. Milano, sent. 22 dicembre 2010; Trib. Siena, sent. 27 settembre 2010; Cassazione, sentenza n.9555/2010.
59. Altre pronunce19, invece, richiamando la sentenza n.89/2003 della Corte costituzionale, ma anche le sentenze Marrosu-Sardino e Vassallo della Corte di Giustizia, a prescindere da quanto precisato nell’ordinanza Affatato dalla stessa CGUE, ritengono che, anche nel settore scolastico, continui ad operare il divieto di conversione di cui all’art.36, comma 5, D.Lgs. n.368/2001, riconoscendo soltanto il diritto al risarcimento dei danni, diversamente quantificato nelle sentenze in mancanza nella norma di uno specifico criterio di determinazione del pregiudizio economico subito dal lavoratore in caso di abusi nella successione dei contratti a termine.
60. Altre pronunce20 ritengono che «è l'integrale sistema di reclutamento degli insegnanti e del personale non docente ad essere sottratto alla disciplina generale dettata dal codice civile, dalle norme speciali del lavoro nell'impresa e dallo stesso art, 36 T.U. in ragione della sua intrìnseca specialità, al punto che, sul piano ontologico, può senza dubbio essere affermato che le assunzioni nella scuola pubblica in regime di precariato (o di preruolo) non sono assunzioni a termine in senso tecnico, ma si configurano come speciale e progressivo sistema di «reclutamento», destinato a concludersi fisiologicamente con l'assunzione «in ruolo» e la ricostruzione della carriera.».
61. Peraltro, pende davanti alla Corte costituzionale anche il giudizio di costituzionalità interna delle norme del settore scolastico di cui si controverte nella causa principale. Il Tribunale di Trento, prendendo spunto dall’ordinanza Affatato della Corte di Giustizia e dall’intervento del legislatore d’urgenza21, con ordinanza del 30 settembre 2011 n.284/2011 Reg.ord. ha sollevato questione di legittimità costituzionale «dell’art. 4 co. 1 L. 3.5.1999, n.
124 e dell’art. 93 co.1 e 2 della legge della Provincia di Trento 7.8.2006, n. 5, nella parte in cui - in violazione degli artt. 11 e 117 co.1 Cost., in riferimento alla clausola 5, punto 1, lett.
a) dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP su lavoro a tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28.6.1999 ha dato attuazione – consentono la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento
00 X. Xxxx. Xxxxxxx, sent. 28 maggio 2011; Trib. Genova, sent. 24 maggio 2011; App. Perugia, sent. 8 marzo 2011; Trib. Torino, sent. 2 marzo 2011; Cassazione, sent. n. 14350/2010.
20 V. in particolare, Corte di appello di Perugia, sentenza 1° dicembre 2010 n.510/10.
delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo, così da determinare l’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte dell’Amministrazione datrice, di uno scopo (il contenimento della spesa pubblica) non riconducibile ad una “finalità di politica sociale di uno Stato membro” secondo l’accezione desumibile dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.».
62. Viceversa, la Cassazione nella sentenza n.392/2012 ha interpretato in modo diametralmente opposto l’ordinanza Affatato del 1° ottobre 2010 della Corte di Giustizia nella causa C-3/10, sia affermando il divieto assoluto di conversione dei rapporti di lavoro nel pubblico impiego sia negando il risarcimento dei danni effettivi, affidati ad una prova diabolica e impossibile a carico del lavoratore: «I compiti di nomofilachia devoluti a questa Corte di Cassazione inducono ad enunciare - ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 1, ed in sintesi di quanto statuito nel corso della motivazione - i seguenti principi diritto: - il Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 36, nel riconoscere il ricorso al contratto a termine e ad altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico, ha valorizzato il ruolo della contrattazione collettiva con l'attribuire alla stessa una più accentuata rilevanza rispetto al passato, ma nello stesso tempo ha rimarcato l'innegabile differenza esistente tra forme contrattuali nell'area del pubblico impiego seppure privatizzato ed in quella del lavoro privato. Ne consegue che la suddetta norma si configura come speciale in ragione di un proprio e specifico regime sanzionatorio, che - per escludere la conversione in un contratto a tempo indeterminato e con il risultare funzionalizzato a responsabilizzare la dirigenza pubblica nel rispetto delle norme imperative in materia nonchè a risarcire i darmi che il lavoratore dimostri di avere subito per la violazione delle suddette norme - risulta alternativo a quello disciplinato dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, articolo 5, escludendone in ogni caso l'applicazione. La giurisprudenza costante della Corte di giustizia europea - di recente ribadita da una ulteriore pronunzia (Corte giust. 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato) - porta ad escludere nell'area del pubblico impiego seppure privatizzato l'applicazione del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 368, articolo 5, dal momento che nel nostro assetto ordinamentale si rinviene, con le disposizioni di cui al Decreto Legislativo 5
21 Art.9, comma 18, D.L. 70/2011.
settembre 2001, n. 165, articolo 36, un sistema sanzionatorio capace - in ragione di una più accentuata responsabilizzazione dei dirigenti pubblici e del riconoscimento del diritto al risarcimento di tutti i danni in concreto subiti dal lavoratore - di prevenire, dapprima, e sanzionare, poi, in forma adeguata l'utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato.». La sentenza del Tribunale di Foggia si è adeguata a questo orientamento, che nega ogni forma di tutela effettiva antiabusiva.
63. Autorevole dottrina22 ha commentato con durezza, ma invano, la pronuncia n.392/2012 della Cassazione, nell’aderire al diverso orientamento della citata giurisprudenza di merito che, in applicazione del principio di uguaglianza e non discriminazione, ha riqualificato i rapporti di lavoro a tempo determinato nella Scuola pubblica: «Le norme interne che legittimano i contratti a tempo determinato pur in presenza di occasioni di lavoro palesemente stabili, pongono i lavoratori in una situazione, per quanto concerne la stabilità (sempre relativa) del rapporto di lavoro, ingiustificatamente peggiore di quella in cui sono posti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Questi ultimi godono della disciplina limitativa dei licenziamenti che, nel lavoro alle dipendenze della p.a., comprende sempre il sistema della reintegra. Per parificare le due situazioni ed applicare il principio europeo di uguaglianza e non discriminazione, il giudice interno, di fronte al ripetuto utilizzo di contratti a termine in presenza di occasioni stabili di lavoro e magari di posti previsti in organico, ma scoperti, deve convertire i rapporti a termine in un rapporto a tempo indeterminato, con conseguente applicazione a tutti della medesima disciplina dei licenziamenti. D’altra parte, anche se ci potessero essere indicazioni ermeneutiche in senso contrario, l’interpretazione qui proposta va preferita perché è l’unica coerente con le clausole 4 e 5 dell’accordo quadro. Tutti questi argomenti non sono stati considerati da una ben strana sentenza della Cassazione di qualche settimana fa che decidendo su un caso di unico ed isolato contratto ha espresso un principio di diritto concernente, invece, una successione di contratti, nel quale si ribadisce che l’art. 36 del d. lg. n. 165/2001 è alternativo rispetto all’art. 5 del d.lg. n. 368/2001,
22 X. Xxxxxxxx, art.2097 Contratto a termine¸ in Commentario al codice civile, Del lavoro, a cura di X.Xxxxxxxxx, Utet, 2012, in xxxxx xx xxxxxxxxxxxxx, xxx. 000 xxx xxxxxxxxxxx. Dell’Autore si allega “La conversione giudiziale dei rapporti precari con le p.a.: cadono molte barriere”, su Il lavoro nella giurisprudenza, n.12/2011, pp.1238-1249.
escludendone l’applicazione, e si esprime il giudizio che le disposizioni dell’art. 36 diano vita ad un sistema sanzionatorio che, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia, appare adeguato a prevenire e poi sanzionare l’utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della p.a., basandosi su “una più accentuata responsabilizzazione dei dirigenti pubblici” e sul “risarcimento di tutti i danni in concreto subiti dal lavoratore”. Non penso che i giudici della Cassazione non sappiano che la responsabilizzazione dei dirigenti non li ha frenati dall’effettuare migliaia e migliaia di assunzioni abusive e che il risarcimento “di tutti i danni in concreto subiti” rimane un sogno irrealizzabile. Capisco che le sentenze qui considerate possano aver messo in fibrillazione le varie amministrazioni, ma gli argomenti vanno discussi e si deve contare sulla propria capacità di persuasione. Calando dall’alto, invece, principi di diritto del tutto ciechi nei confronti della realtà e del principio dell’effettività delle norme non si contribuisce al chiarimento dei nodi interpretativi: l’autorità priva di capacità di convinzione non va molto lontano.». La Suprema Corte di Cassazione, peraltro, ha confermato il suo orientamento sul divieto assoluto di conversione dei contratti a termine nel pubblico impiego con la sentenza n.4417/2012, che richiama il precedente della decisione n.392/2012.
64. Nella sentenza n.303/2011 la Corte costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale del Collegato lavoro (art.32, commi 5, 6 e 7, della legge n.183/2010), nel negare il contrasto con il diritto comunitario e con la Direttiva 1999/70/CE e l’art.6 Cedu della normativa contenente nuove sanzioni in materia di contratto a tempo determinato incidenti sui processi in corso, ha così precisato rigettando di fatto incidenter tantum la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Trento e confermando l’orientamento già espresso con la sentenza n.89/2003: «Sicché, essa non favorisce selettivamente lo Stato o altro ente pubblico (o in mano pubblica), perché le controversie su cui essa è destinata ad incidere non hanno specificamente ad oggetto i rapporti di lavoro precario alle dipendenze di soggetti pubblici, ma tutti i rapporti di lavoro subordinato a termine. Xxxx, a ben vedere, lo Stato-datore di lavoro pubblico a termine, cui la regola della conversione del contratto a termine non si applica ai sensi dell’art. 36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), non figura neppure tra i destinatari delle disposizioni censurate.».
*******
§ 5. La Corte di Giustizia e il divieto di conversione nel pubblico impiego “italiano” prima dell’ordinanza Affatato
65. D’altra parte, l’Avvocato generale Xxxxxxxxx presso la Corte di Giustizia nelle conclusioni del 1° giugno 2006 aveva già contestato le tecniche di “distinguishing” sul concorso pubblico come conditio sine qua per accedere a rapporti stabili nella pubblica amministrazione, che, a partire dalla sentenza n.89/2003 della Corte costituzionale (ribadite incidentalmente dalla sentenza n.303/2011 della stessa Consulta) per finire alla sentenza n.392/2012 della Corte di Cassazione, hanno caratterizzato la difesa dello Stato italiano anche nella causa C-371/04, decisa con sentenza del 26 ottobre 2006 dalla stessa Sezione (II) e dallo stesso Collegio della Corte di Giustizia che, un mese e mezzo prima con le sentenze Xxxxxxx-Xxxxxxx e Xxxxxxxx, aveva espresso un giudizio di “compatibilità condizionata”23, del divieto di conversione dei rapporti a termine nel settore pubblico rispetto alla Direttiva 1999/70/CE.
66. Riferisce l’Avvocato generale Xxxxxxxxx nelle conclusioni del 1° giugno 2006 ai punti 21- 29: «21. Nei ricorsi per inadempimento solitamente lo Stato membro interessato fornisce alla Corte informazioni comprensibili sulla sua normativa rilevante. Nella causa in esame, la situazione in Italia non era interamente chiara neppure dopo l’udienza. …..Per un verso, in udienza l’Italia ha affermato che, ai sensi di una legge approvata nel 2004, tali persone non saranno più trattate diversamente (il che, di per sé, sembra confermare che precedentemente lo erano). Per l’altro verso, la sua precedente affermazione (sempre all’udienza) secondo cui essa non ha «prima facie escluso la possibilità di tener conto dell’impiego» in Francia è poco incoraggiante. 23. È palesemente insoddisfacente per la Corte essere informata in modo così inadeguato in questa fase del procedimento…… 25. Il rifiuto da parte di uno Stato membro di
23 X. Xx Xxxx, Xxxxxxx e pubblico nei rapporti di lavoro privatizzati, in Atti del Convegno nazionale del Centro studi “D. Napoletano” del 9-10 marzo 2007 all’Unical di Arcavacata di Rende, in Lav. prev. oggi, Supplemento
n. 6, 2008, 261. che sottolineava testualmente: «La prospettata compatibilità condizionata - tra garanzia del principio costituzionale del pubblico concorso (art. 97, comma 3, Cost.), appunto, e ordinamento comunitario risulta gerarchicamente sovraordinato rispetto alle fonti - anche costituzionali - degli ordinamenti nazionali degli Stati membri, fatta esclusione per i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale ed i diritti inalienabili della persona».
riconoscere l’attività lavorativa prestata nel settore pubblico di un altro Stato membro tende palesemente ad essere applicato più ai lavoratori migranti che a quelli nazionali. L’unica questione che rimane da decidere è quindi se tale divieto sia giustificato. 26. Sebbene l’Italia non sollevi esplicitamente tale punto come una giustificazione (dato che non ammette - neppure in subordine - di aver violato i suoi obblighi), essa fa riferimento, in particolare, all’importanza di garantire che l’esperienza pregressa nel settore pubblico di un altro Stato membro sia riconosciuta solamente ove la persona interessata sia stata assunta dopo aver superato un concorso pubblico…. 27. Ritengo che tale fattore non costituisca una giustificazione accettabile per una discriminazione. 28. In linea di massima, non tutti gli Stati membri assumono il personale per tutti gli impieghi pubblici mediante concorso pubblico. In tale contesto, è possibile evitare una discriminazione solo se si tiene adeguatamente conto dei periodi di impiego nel settore pubblico di un altro Stato membro da parte di una persona assunta nel rispetto dei requisiti prescritti in tale Stato (qualunque essi siano). 29. Più precisamente, anche se (come sembra nel caso COASCIT) una persona è occupata nel settore pubblico di un altro Stato membro in base a condizioni diverse da quelle che si applicherebbero altrimenti (ad esempio tramite un contratto con un ente esterno anziché previo superamento di un concorso pubblico), il rifiuto assoluto di prendere minimamente in considerazione la relativa esperienza lavorativa può significare solo che l’Italia ritiene che l’esperienza maturata nel settore pubblico di un altro Stato membro prima del superamento di un concorso pubblico per un posto nel pubblico impiego italiano non possa avere alcuna rilevanza nei confronti dell’impiego successivo. Non vedo come tale impostazione possa costituire una giustificazione valida per un trattamento discriminatorio..».
67. La Corte di Giustizia con la sentenza del 26 ottobre 2006 in causa C-371/04 ha accolto integralmente le conclusioni dell’Avvocato generale Xxxxxxxxx, come evidenziato in dottrina24: «La Repubblica italiana, non avendo tenuto conto dell’esperienza professionale e dell’anzianità acquisite nell’esercizio di un’attività analoga presso una pubblica amministrazione di un altro Stato membro da un lavoratore comunitario impiegato nel settore
24 X. Xx Xxxx, Xxxxxxx e pubblico nei rapporti di lavoro privatizzati, in Lav. prev. oggi, Supplemento n. 6, 2008, cit., 261, nt. 39, cit.: «Il principio del pubblico concorso, tuttavia, non ha precluso - con riferimento a lavoratore comunitario impiegato nel settore pubblico italiano un'attività analoga presso una pubblica amministrazione di un altro Stato membro, ancorchè non assunto a seguito di pubblico concorso.».
pubblico italiano, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 39 CE e 7, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità».».
68. Inoltre, con sentenza del 12 maggio 2005 in causa C-278/03, la Corte di Giustizia, II Sezione (la stessa delle successive sentenze Marrosu-Sardino e Xxxxxxxx, la stessa della sentenza del 26 ottobre 2006), aveva accolto il ricorso di codesta Commissione e aveva già dichiarato: «La Repubblica italiana, non tenendo conto o, quantomeno, non tenendo conto in maniera identica, ai fini della partecipazione dei cittadini comunitari ai concorsi per l’assunzione di personale docente nella scuola pubblica italiana, dell’esperienza professionale acquisita da questi cittadini nelle attività di insegnamento a seconda che queste attività siano state svolte nel territorio nazionale o in altri Stati membri, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 39 CE e 3, n. 1, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità».
69. Di particolare significato nella sentenza (sulla base delle informazioni fornite dal Governo italiano) è la ricostruzione del sistema di reclutamento stabile scolastico, al punto 10: «10. Per quanto riguarda, più in particolare, il settore dell’insegnamento, lo stesso Governo fa presente che l’assunzione degli insegnanti avviene, in Italia, in base a tre distinte modalità, ossia, per il 50% dei posti disponibili in ogni anno scolastico, mediante concorso per titoli ed esami, ai sensi dell’art. 400 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (Supplemento ordinario alla GURI n. 115, del 19 maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»), e, per il residuo 50%, mediante graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del medesimo decreto legislativo; apposite graduatorie per il conferimento di supplenze, contenenti i nomi degli insegnanti abilitati ad effettuare sostituzioni, vengono infine utilizzate per coprire i posti disponibili temporaneamente vacanti».
70. La Corte europea è categorica nell’affermare il diritto dei docenti comunitari ad accedere al reclutamento stabile nell’amministrazione scolastica nazionale, richiamando la propria sentenza sui lettori universitari, ai punti 16 - 18: «16. Orbene, nel caso di specie, non si può
negare che questi diritti vengono violati dalla Repubblica italiana per quanto riguarda l’accesso dei cittadini comunitari ai concorsi per l’assunzione di personale docente nella scuola pubblica di tale Stato membro. 17. Per quanto riguarda, infatti, l’assunzione di personale docente effettuata sulla base di graduatorie permanenti le quali, come è stato rilevato al punto 10 della presente sentenza, riguardano la metà dei posti disponibili per anno scolastico, il Governo italiano, nel controricorso, ha riconosciuto che ai cittadini comunitari veniva applicato un trattamento diverso a seconda che l’esperienza professionale presa in considerazione ai fini dell’iscrizione in tali graduatorie fosse stata acquisita nel territorio nazionale o in altri Stati membri, giustificando tale disparità con l’assenza di equivalenza tra i contenuti e i programmi dell’insegnamento italiano e quelli dell’insegnamento svolto al di fuori dell’Italia. 18. Xxxxxx, dalla giurisprudenza menzionata al punto 14 della presente sentenza risulta che un rifiuto assoluto di prendere in considerazione l’esperienza acquisita grazie ad attività d’insegnamento svolte in altri Stati membri, il quale sarebbe basato sull’esistenza di differenze tra i programmi d’insegnamento di detti Stati non può essere giustificato. Infatti, non si può negare che un’esperienza d’insegnamento specifica quale quella richiesta dalla normativa italiana, in particolare nel settore dell’insegnamento artistico o nell’insegnamento prestato ai portatori di handicap, può essere acquisita anche in altri Stati membri».
71. Anche l’Avvocato generale Xxxxxxx Xxxxxx, ai punti 39-45 delle sue conclusioni25 nelle cause Marrosu-Sardino C-53/04 e Vassallo C-180/04, aveva sottolineato che la misura della riqualificazione in rapporto a tempo indeterminato può essere esclusa solo nel caso in cui l’obiettivo da tutelare sia quello dell’accesso attraverso il concorso. Se l’accesso avviene nel rispetto del concorso pubblico o ricorrendo a procedure selettive e regimi di reclutamento diversi dal concorso (come nel caso di specie), conformemente all’art. 97, comma 3, Cost., la discriminazione tra lavoratori privati e pubblici per quanto riguarda il sistema sanzionatorio non ha nessun senso:
««39. Il governo italiano e il giudice del rinvio nella causa Vassallo giustificano tale differenza di trattamento in base alla necessità di rispettare talune esigenze costituzionali, vale a dire le condizioni che garantiscono l’imparzialità e l’efficacia dell’amministrazione.
25 Depositate il 20 settembre 2005.
Essi traggono argomento da una pronuncia con cui la Corte Costituzionale in data 27 marzo 2003 ha statuito in tal senso.
40. Quale sorte va riservata a tale giustificazione? Indubbiamente, alle autorità nazionali, e in particolare ai giudici costituzionali, deve riconoscersi la responsabilità di definire la natura delle caratteristiche nazionali particolari che possono giustificare tale differenza di trattamento. Esse si trovano difatti nella posizione migliore per definire l’identità costituzionale degli Stati membri che l’Unione europea si è imposto di rispettare. Resta peraltro il fatto che la Corte ha il dovere di verificare che tale valutazione sia conforme ai diritti e agli obiettivi fondamentali di cui essa assicura il rispetto nell’ambito comunitario.
41. Con sentenza 27 marzo 2003, n. 89, la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sulla conformità dell’art. 36, n. 2, del decreto n. 165 con la Costituzione italiana e, in particolare, con i suoi artt. 3 e 97. La sentenza è stata pronunciata nell’ambito di una controversia analoga alle dispute che sono all’origine delle due cause principali. In tale occasione, il giudice costituzionale ha ricordato che «il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è quello, del tutto estraneo alla disciplina del lavoro privato, dell’accesso mediante concorso, enunciato dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione». Infatti, la Costituzione italiana individua nel concorso «lo strumento di selezione del personale in linea di principio più idoneo a garantire l’imparzialità e l’efficienza della pubblica amministrazione». Pertanto, «l’esistenza di tale principio, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, di cui al primo comma dello stesso art. 97 della Costituzione, di per sé rende palese la non omogeneità – sotto l’aspetto considerato – delle situazioni [dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e quelle dei dipendenti del settore privato] e giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego dei lavoratori da parte delle amministrazioni pubbliche conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione (in rapporto) a tempo indeterminato».
42. È evidente che detta decisione intende tutelare il regime dell’accesso all’impiego tipico delle pubbliche amministrazioni italiane. Vi sarebbe infatti motivo di temere che la trasformazione sistematica di alcuni contratti a tempo determinato stipulati con la pubblica
amministrazione in contratti a tempo indeterminato abbia per effetto la riduzione della portata della regola costituzionale secondo la quale l’accesso al pubblico impiego avviene, in linea di principio, tramite concorso.
43. A mio avviso, il diritto comunitario non osta a che venga tenuto in considerazione un sistema di questo tipo. Da un lato, mi pare che esso non intenda interferire con la scelta, da parte degli Stati membri, delle procedure di selezione e di reclutamento dei dipendenti della pubblica amministrazione. Dall’altro lato, non si può escludere che una generalizzazione del processo di riqualificazione metta in discussione il principio dell’occupazione dei posti permanenti nella pubblica amministrazione da parte di funzionari reclutati in base a concorso. Pertanto, la necessità di preservare il sistema dei concorsi come specifica via d’accesso all’impiego nelle pubbliche amministrazioni può essere considerato come un obiettivo legittimo che giustifica, in tale settore, l’esclusione della trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
44. Tuttavia, non basta riconoscere che la differenza tra i regimi di assunzione persegue un obiettivo legittimo, ma occorre ancora verificare se l’attuazione del regime applicabile alle pubbliche amministrazioni rispetti il principio di proporzionalità. Difatti, una misura che determina una distinzione giustificata è conforme al principio comunitario della parità di trattamento soltanto se utilizza strumenti necessari e adeguati per raggiungere lo scopo legittimo perseguito.
45. In linea di principio, spetta ai giudici del rinvio verificare che ciò avvenga nelle cause sottoposte al loro esame. Tuttavia la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari affinché il giudice nazionale possa valutare la conformità della legislazione interna con il diritto comunitario. L’analisi dei dati delle cause in oggetto, come emergono dalle ordinanze di rinvio, rende necessaria la precisazione seguente. La differenza rilevata può essere ammessa solo entro i limiti della giustificazione dedotta, ossia nel caso in cui prevalga il principio del concorso. Dal momento che la legge, conformemente all’art. 97, terzo comma, della Costituzione, ammette eccezioni a tale principio, è chiaro che nell’ambito di tali eccezioni, la differenza tra i regimi perde qualunque ragion d’essere.»».
*******
§ 6. La Corte di Giustizia e la riqualificazione dei rapporti di lavoro nel pubblico
impiego “italiano” a partire dall’ordinanza Affatato
72. Di diverso avviso rispetto all’Avvocato generale Xxxxxxx Xxxxxx è stato invece l’Avvocato generale Xxxxxxxxx nelle conclusioni depositate in data 15 settembre 2011 nella causa C-313/10 nei confronti della lavoratrice pubblica tedesca ex xxxxxxxx Xxxxxx. hanno dato ragione alla posizione della lavoratrice tedesca su un unico contratto a tempo determinato giustificato da ragioni oggettive per esigenze finanziarie erariali ai sensi dell’art.14, par.1, 2° periodo, n.7, del TzBfG26 (disposizione astratta e generale ritenuta inidonea dall’avvocato generale a giustificare le ragioni oggettive di apposizione del termine nella nozione comunitaria), dipendente pubblica che, in 1° grado (la pregiudiziale comunitaria è stata proposta dal Tribunale distrettuale del lavoro di 2° grado del Land), appellante l’amministrazione pubblica giudiziaria del Land Nordrhein-Westfalen, si era già vista accogliere la domanda di riqualificazione stabile dei tanti rapporti a termine successivi tutti giustificati da ragioni oggettive sostitutive (tranne uno, appunto, quello dichiarato invalido perché privo di ragioni oggettive).
73. La vicenda “processuale” Xxxxxx in Corte di Giustizia, pertanto, si appalesa di particolare importanza ai fini della compatibilità delle norme interne con la disciplina europea, perché l’Avvocato generale esclude una differenziazione “ontologica” tra settore pubblico e settore privato ai fini dell’applicazione delle tutele preventive di cui alla clausola 5, n.1, dell’accordo quadro comunitario recepito dalla Direttiva 1999/70/CE, così come esclude che ragioni di carattere “finanziario” e non legate alla natura specificamente temporanea del rapporto di lavoro, come quelle sostanzialmente poste a fondamento della “legittimità” del sistema nazionale italiano di reclutamento del personale scolastico di cui all’art.4 della legge n.124/1999, possano costituire idonee ragioni oggettive nella nozione comunitaria di cui alla predetta clausola 5, n.1, lett.a) dell’accordo quadro.
74. Sostiene l’Avvocato generale Xxxxxxxxx nelle conclusioni nella causa C-313/10 Xxxxxx ai punti 46-65 al punto B in ordine alla “possibilità di ricorrere ad una ragione obiettiva per rinnovare contratti a tempo determinato in successione tra loro offerta unicamente ai
26 L’art. 14, par. 1, del TzBfG, che disciplina i contratti a tempo determinato in Germania, dispone:
«L’apposizione di un termine ad un contratto di lavoro è consentita quando sia giustificata da una ragione obiettiva. In particolare, una ragione obiettiva sussiste qualora:….7. il lavoratore venga remunerato con risorse di bilancio finanziariamente destinate per un’occupazione a tempo determinato ed assunto in conformità a tale destinazione».
datori di lavoro appartenenti al settore pubblico”, possibilità che l’Avvocato generale finlandese esclude, richiamando in nota 36 le conclusioni dell’Avvocato generale Xxxxxxx Xxxxxx nelle cause “italiane” senza aderirvi:
«46. Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia possibile per uno Stato membro, alla luce delle disposizioni della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, prevedere una ragione obiettiva per ricorrere ad una successione di contratti a tempo determinato fondata su una messa a disposizione di risorse di bilancio limitata nel tempo, e la cui utilizzazione sia offerta ai soli datori di lavoro appartenenti al settore pubblico.
47. In xxx xxxxxxxxxxx xx deve ricordare che, tanto dalla formulazione della direttiva 1999/70 e da quella dell’accordo quadro, quanto dall’economia e dalla finalità di tali due atti, risulta che le prescrizioni ivi contenute sono destinate ad applicarsi ai contratti a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e altri organismi del settore pubblico, così come a quelli conclusi con i datori di lavoro appartenenti al settore privato (33).
48. La Corte ha ammesso che un trattamento differenziato di queste due categorie di posti è possibile nel contesto dell’interpretazione della clausola 5 di detto accordo quadro, in questi termini: «[la clausola di cui trattasi] non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi una sorte diversa all’abuso di ricorso a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che i detti contratti o rapporti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico» (34). Essa ha così deciso tenuto conto del potere discrezionale lasciato agli Stati membri nella materia dalla clausola in parola (35), ma senza indicare i motivi che giustificano una siffatta differenziazione tra i settori privato e pubblico (36).
49. Rilevo che la Corte ha utilizzato una formula generale, che non precisa chiaramente se tale considerazione si applichi al punto 1 o al punto 2 della clausola 5 dell’accordo quadro, ovvero ad entrambi. Orbene, se l’una e l’altra di queste disposizioni riguardano misure dirette ad evitare l’utilizzazione abusiva di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (37), esse hanno tuttavia un oggetto distinto, in quanto il primo punto è relativo a misure di prevenzione, mentre il secondo verte su misure sanzionatorie. Inoltre, esse prevedono regimi diversi, in quanto nel primo di questi punti si afferma che gli Stati membri devono introdurre uno dei tipi di misure legali elencate
50. Questa giurisprudenza anteriore non consente direttamente di risolvere la questione posta nel caso di specie, in quanto le sentenze pronunciate dalla Corte riguardavano le sanzioni giuridiche applicabili in uno Stato membro quando è stata effettuata un’utilizzazione eccessiva di contratti a tempo determinato in successione, mentre la presente causa verte su una problematica che si presenta a monte, e cioè la specificazione di ragioni obiettive per le quali il ricorso rinnovato a contratti del genere può essere autorizzato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. In altri termini, nei casi sino ad ora presentati dinanzi ad essa, la Corte si è pronunciata sulla sorte speciale che può essere riservata al settore pubblico per le conseguenze di un abuso, mentre nella fattispecie si tratta di considerare tale sorte sotto il profilo dell’esistenza eventuale di un abuso (39).
2. Sulla formulazione letterale della norma
51. Al fine di interpretare la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, occorre innanzitutto esaminare la sua formulazione letterale. Per sostenere che una differenziazione tra gli impieghi del settore pubblico e quelli del settore privato è esplicitamente autorizzata, il governo tedesco fa valere che detta clausola invita gli Stati membri a tener conto «des besoins de secteurs spécifiques [delle esigenze di settori specifici]», secondo la formula adottata nella versione francese di questa norma. Tale governo aggiunge che il punto 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro (40) e il terzo comma del preambolo dell’accordo quadro (41) vanno anch’essi in questo senso.
52. Vero è che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro autorizza chiaramente gli Stati membri a tener conto delle caratteristiche proprie a taluni settori, che sono inerenti alle attività specifiche che essi producono. La flessibilità prevista dalla menzionata clausola è destinata a consentire alle misure nazionali di restare in contatto con le realtà concrete di un ambiente lavorativo determinato. Tuttavia, la norma non prevede espressamente che i posti di lavoro del settore pubblico possano rientrare in un regime di favore di questo tipo.
53. Alla luce di varie versioni linguistiche della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (42), rilevo che il testo tedesco utilizza una formula, «bestimmter Branchen», vicina a
quella dei testi in finlandese ed in svedese, che può tradursi in lingua italiana con
«determinati rami», e non «settori specifici» come nel testo italiano. Come precisato dalla Commissione nel corso dell’udienza, in risposta alla questione che ho posto al riguardo, tale terminologia rinvia più a suddivisioni professionali quali l’industria, l’industria automobilistica, la siderurgia, la banca, le assicurazioni, o ancora a mio parere la metallurgia, la navigazione, il commercio al dettaglio, la sanità, ecc., piuttosto che ad una ramificazione che permetta di opporre il settore privato e il settore pubblico.
54. Mi sembra che la nozione utilizzata in tale clausola 5 debba altresì essere interpretata con riferimento ai criteri pertinenti del diritto del lavoro collettivo, sapendo che il concetto economico di «ramo» è in particolare utilizzato per determinare l’ambito di applicazione professionale di contratti collettivi di lavoro. A mio avviso una differenziazione fondata soltanto su disposizioni di diritto finanziario o di diritto amministrativo non soddisfa siffatti criteri.
55. Sono dunque del parere che la qualificazione giuridica del datore di lavoro, sia esso una persona di diritto privato o una persona di diritto pubblico, poco importi nell’ambito dell’applicazione della clausola in discussione.
3. Sulla finalità della norma
57. Come sottolinea il giudice del rinvio, che ricorda il tenore del punto 6 delle considerazioni generali dell’accordo quadro (44), quest’ultimo assume come premessa fondamentale che il contratto a tempo indeterminato sia la forma di contratto a cui i rapporti di lavoro devono in linea di principio corrispondere. Tale orientamento traduce una riserva certa delle parti firmatarie dell’accordo nei confronti del lavoro a tempo determinato, riserva confermata dalle principali disposizioni dell’accordo stesso (45), contrariamente all’ottica prevalsa nell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, che tende a favorire quest’ultima forma di impiego (46). Certo è possibile concludere o rinnovare un contratto a tempo determinato. Tuttavia tale possibilità, che deroga alla regola generale, va intesa in maniera restrittiva, come indicato dal punto 8 delle dette considerazioni generali (47) e dal secondo
comma del preambolo dell’accordo quadro (48), che sono messi in rilievo nella giurisprudenza della Corte (49).
58. Spetterà al giudice a quo accertarsi che, nella fattispecie, le disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, punto 7, del TzBfG non conducano in pratica a vanificare il principio guida secondo il quale i contratti a tempo indeterminato devono predominare, né a mettere a repentaglio l’equilibrio tra gli interessi in gioco quale concepito dal diritto dell’Unione, in quanto tali disposizioni concederebbero ai datori di lavoro del settore pubblico una troppo grande facilità di accesso ad una successione di contratti a tempo determinato (50).
59. A mio parere non vi è alcun motivo valido perché, ad esempio, un impiegato comunale sia posto in una posizione diversa, per quanto riguarda la possibilità di lavorare con un contratto a tempo indeterminato, rispetto a quella di un impiegato che lavori per una società privata, o addirittura per una persona giuridica senza fini di lucro, qualora le mansioni degli interessati siano equivalenti. Pertanto, il settore pubblico, come è implicitamente considerato dall’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, punto 7, del TzBfG, non dovrebbe rientrare nella nozione di «settori specifici» ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, poiché mansioni perfettamente identiche possono essere espletate dai dipendenti del settore pubblico e da quelli che lavorano nel settore privato. Non è dunque giustificato che circostanze economiche analoghe a quelle previste da detto articolo non siano riconosciute come ragioni obiettive relativamente a datori di lavoro appartenenti al settore privato.
60. Per giunta, un’interpretazione della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro che riservi una sorte particolare agli impieghi rientranti nel settore pubblico potrebbe condurre ad un livello di tutela dei lavoratori abbastanza variabile tra gli Stati membri, tenuto conto delle differenze esistenti per quanto riguarda segnatamente il ruolo rispettivo dei soggetti pubblici e dei soggetti privati nella prestazione di servizi di interesse generale (51). Pertanto, sarebbe poco opportuno, alla luce dell’obiettivo del diritto dell’Unione relativo al ravvicinamento delle legislazione nazionali, autorizzare una distinzione tra il settore privato e il settore pubblico quanto alle ragioni obiettive di ricorrere a contratti a tempo determinato in successione, poiché la portata della nozione di settore pubblico varia in maniera troppo ampia in relazione alle concezioni adottate nei vari Stati membri, come la Corte ha già messo in rilievo (52).
61. Inoltre, mi appare chiaro che i datori di lavoro del settore pubblico beneficiano, in forza di una normativa come quella controversa nella causa principale, di un potere in grado di condurli ad abusare della conclusione di contratti a tempo determinato, in quanto, fissando le loro priorità di bilancio, tali datori di lavoro potrebbero precostituirsi il motivo che giustifica il ricorso a tale forma di contratto autodispensandosi così dal rispetto di principi essenziali del diritto del lavoro. Orbene, tale rischio d’abuso ha una conseguenza tanto maggiore in quanto è stato osservato un netto aumento del ricorso ai dipendenti assunti a contratto, e non a dipendenti che fruiscono di contratti a tempo indeterminato o dello status di impiegato pubblico di ruolo, per sopperire ad esigenze del settore pubblico, e ciò non soltanto in Germania ma nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea (53).
62. Il governo tedesco oppone a tale analisi il fatto che non esisterebbe alcun vantaggio concesso ai datori di lavoro del settore pubblico, quanto alla definizione di ciò che può rappresentare una ragione obiettiva, dato che la situazione di questi ultimi non sarebbe di natura analoga a quella dei datori di lavoro del settore privato (54). Dal canto suo, il Land Nordrhein-Westfalen ritiene che il riconoscimento di un vantaggio del genere nei confronti dei datori di lavoro del settore pubblico sarebbe giustificato in quanto ciò risponderebbe in maniera appropriata ai vincoli di bilancio particolari che graverebbero su questi ultimi e che renderebbero necessaria una compensazione attraverso una maggiore elasticità nell’assunzione di lavoratori. Il giudice del rinvio si pone interrogativi al riguardo, osservando che un datore di lavoro del settore pubblico ha unicamente il diritto di contrarre obblighi previsti dal bilancio e che i bilanci sono abitualmente redatti solo per un periodo limitato.
63. Tuttavia, osservo che dalla proposta che ha portato all’adozione della direttiva 1999/70 (55) risulta che la flessibilità derivante dalla presa in considerazione delle «esigenze di settori specifici» di cui alla clausola 5 dell’accordo quadro dev’essere collegata all’«attenzione particolare» di cui ha chiaramente formato oggetto «la situazione specifica delle piccole e medie imprese» (PMI) al momento dell’elaborazione del testo dell’accordo quadro, conformemente all’articolo 137, paragrafo 2, CE (divenuto articolo 153 TFUE) (56). Nella proposta in parola la Commissione afferma che le diverse disposizioni dell’accordo quadro che essa menziona, tra cui quelle della clausola 5, «indicano la volontà delle parti
64. Per contro, i lavori preparatori non fanno alcun cenno di una sorte speciale che sia stata prevista a beneficio del settore pubblico, nell’ambito della redazione della clausola 5 dell’accordo quadro. Non mi pare che i posti di lavoro da coprire nel settore di cui trattasi siano per tradizione o addirittura per natura temporanei, al contrario di quanto può avvenire per taluni rami di attività.
65. Da tutte queste considerazioni risulta che, a mio parere, la clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione nazionale in forza della quale la conclusione di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato è autorizzata per motivi di bilancio che sono riservati esclusivamente al settore pubblico.».
75. Non è un caso che lo Stato tedesco (il Land appellante nel giudizio principale) abbia accettato le conclusioni dell’avvocato generale Xxxxxxxxx e la causa C-313/10 è stata cancellata con ordinanza del 25 ottobre 2011 del Presidente della II Sezione della Corte di Giustizia: infatti, su iniziativa del Tribunale distrettuale di Colonia con istanza del 6 ottobre 2011 per cessazione della materia del contendere, avendo rinunciato la pubblica amministrazione tedesca a coltivare l’appello.
76. Peraltro, il 9 novembre 2011 era stata fissata l’udienza di trattazione orale, sempre davanti alla stessa Sezione della Corte di Giustizia (la II), relativa ad altra questione pregiudiziale sul precariato pubblico tedesco simile (causa C-586/10 Kücük), ma non identica rispetto a quella “cancellata” della lavoratrice Xxxxxx, che la Corte di Lussemburgo non aveva riunito, nonostante si trattasse della stessa amministrazione giudiziaria tedesca (Land Nordrhein- Westfalen) parte nei due giudizi principali nazionali, che, secondo le informazioni riferite dall’avvocato generale Xxxxxxxxx nelle conclusioni della causa Xxxxxx, rappresentavano solo due situazioni soggettive rispetto alle circa 100.000 posizioni similari di lavoratori precari nel pubblico impiego tedesco, utilizzati con molti contratti successivi per ragioni oggettive (in Germania la normativa sui contratti successivi di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 368/2001 è strutturata
solo quando mancano le ragioni oggettive tipizzate, ai sensi dell’art. 14, par. 2, del TzBfG).
77. La questione pregiudiziale nella causa X-000/00 Xxxxx era stata sollevata dalla Cassazione tedesca come Giudice di ultima istanza (la scelta era obbligata dopo la questione pregiudiziale nella precedente causa Xxxxxx C-313/10) nel giudizio principale proposto dalla lavoratrice, dopo che il Tribunale di 1° grado, prima, e il Tribunale distrettuale di 2° grado di Colonia, successivamente, avevano rigettato la domanda giudiziale di riqualificazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a termine sulla base dell’illegittimità dell’ultimo contratto di lavoro, stipulato il 12 dicembre 2006 e che scadeva il 31 dicembre 2007.
78. La sig.ra Kücük, infatti, aveva lavorato come dipendente presso il Land dal 2 luglio 1996 al 31 dicembre 2007, in forza di tredici contratti di lavoro a tempo determinato. La lavoratrice occupava un posto di assistente di cancelleria presso il segretariato della Sezione delle cause civili dell’Amtsgericht Köln (Tribunale distrettuale di Colonia, cioè lo stesso Xxxxxxx che aveva sollevato questione pregiudiziale nella causa Xxxxxx). Questi contratti a tempo determinato venivano conclusi a fronte di congedi temporanei, compresi i congedi parentali di educazione, e di congedi speciali fruiti da assistenti assunti a tempo indeterminato, ed erano diretti a garantire la sostituzione di questi ultimi. In caso di invalidità di ogni singolo contratto di lavoro a tempo determinato, quest’ultimo, conformemente all’art. 16 del TzBfG, è riqualificato come contratto di lavoro a tempo indeterminato (come avviene nell’ordinamento interno italiano per i lavoratori a termine alle dipendenze di datori di lavoro “privati”, ai sensi dell’art.1, commi 1 e 2, D.Lgs. n.368/2001).
79. In particolare, diversamente da quanto era avvenuto per la lavoratrice Xxxxxx, l’ultimo contratto a tempo determinato della lavoratrice Xxxxx era stato stipulato, come quelli precedenti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 14, par. 1, n. 327, del TzBfG, e dell’art. 21, par. 1, della legge sull’indennità e sul congedo parentali28.
80. Dopo la trattazione orale della causa il 9 novembre 2011, senza le conclusioni scritte dell’avvocato generale Xxxxxxxxx (che nelle conclusioni della causa Xxxxxx aveva richiamato la pendenza della questione Kücük ed aveva esaminato anche le questioni pregiudiziali
27 «una ragione obiettiva sussiste qualora … il lavoratore venga assunto per sostituire un altro lavoratore».
28 L’art. 21, par. 1, del Gesetz zum Elterngeld und zur Elternzeit del 5 dicembre 2006 così dispone: «Un rapporto di lavoro a tempo determinato è giustificato da una ragione obiettiva qualora il/la dipendente sia assunto/a in sostituzione di un altro/a dipendente per la durata totale o parziale di un divieto di lavoro in applicazione della legge sulla tutela della maternità, di un congedo parentale o di un congedo speciale per assistenza ai figli
specificamente sollevate nella ordinanza di rinvio Kücük), con la sentenza del 26 gennaio 2012 la II Sezione della Corte di Giustizia (v. allegato 15) ha così statuito nella causa Kücük C-586/10, citata dal Tribunale di Foggia nella sentenza del giudizio di 1° grado su ricorso proposto dalle attuali parti denuncianti: «La clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che l’esigenza temporanea di personale sostitutivo, prevista da una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale, può, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi di detta clausola. Il solo fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni temporanee in modo ricorrente, se non addirittura permanente, e che si possa provvedere a tali sostituzioni anche attraverso l’assunzione di dipendenti in forza di contratti di lavoro a tempo indeterminato non comporta l’assenza di una ragione obiettiva in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), di detto accordo quadro, né l’esistenza di un abuso ai sensi di tale clausola. Tuttavia, nella valutazione della questione se il rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato sia giustificato da una ragione obiettiva siffatta, le autorità degli Stati membri, nell’ambito delle loro rispettive competenze, devono prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e la durata complessiva dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro».
81. Così commenta la sentenza Kücük della Corte di Giustizia autorevole dottrina29:
«L’ultima sentenza dei giudici lussemburghesi sulla clausola 5 affronta il particolare, ma frequente, caso del pubblico dipendente precario che sostituisce per molti anni (nel caso deciso più di 10) lavoratori assenti per ragioni di maternità o congedi parentali, ecc. con una serie di contratti a termine (13 nel caso considerato) per ragioni oggettive di carattere sostitutivo30. La signora Xxxxx, dipendente del Land Nordrhein-Westfalen quale assistente di cancelleria presso il Tribunale di Colonia, aveva sostenuto in due gradi di giudizio, ma invano, che in una simile fattispecie i tredici contratti stipulati senza soluzione per tanto
accordato sulla base di un contratto collettivo, di un accordo d’impresa o di un accordo individuale».
29 X. Xxxxxxxx, art.2097 Contratto a termine¸ in Commentario al codice civile, Del lavoro, a cura di X.Xxxxxxxxx, Utet, 2012, cit., in xxxxx xx xxxxxxxxxxxxx, xxxx.00-00 xxx xxxxxxxxxxx, cit.
tempo non potevano essere considerati ad uno ad uno e ritenuti tutti giustificati da ragioni obiettive, con conseguente rispetto del § 1, lett. a), della clausola 5 dell’accordo europeo, ma dovevano essere valutati nel loro insieme e configurati come un’ipotesi di abusiva successione di contratti che mascherava l’esigenza di un ulteriore posto in organico. Giunta in cassazione, il Tribunale federale del lavoro ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia e nel relativo giudizio il Land ha sostenuto che ciò che conta è la presenza di una ragione obiettiva in ogni singolo contratto, anche se le esigenze di sostituire personale assente conducono ad assunzioni permanenti, frequenti e ripetute, dato che non si può imporre al datore di lavoro di costituire una riserva permanente di personale; i governi tedesco e polacco hanno aggiunto anche il rilievo del potere discrezionale di cui godono gli Stati nel perseguire l’obiettivo della prevenzione e repressione degli abusi derivanti dalla successione di contratti. Per la Commissione, invece, la successione così intensa di contratti per un periodo tanto lungo dimostra che la prestazione richiesta al lavoratore non mira a soddisfare una semplice esigenza temporanea.
La Corte ha risolto la questione nell’unico modo possibile. Ha ribadito, cioè, che in linea di principio, la sostituzione di un assente per soddisfare esigenze provvisorie del datore di lavoro costituisce una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, 1, lettera a) dell’accordo quadro, precisando che trattandosi di assenze per maternità e congedi parentali vi sono in ballo anche obiettivi di politica sociale (n.30-33). Ha aggiunto, però, che siccome ciò che conta è il raggiungimento delle finalità antifraudolente, tale clausola vieta il rinnovo di contratti che soddisfano, di fatto, esigenze non provvisorie, ma durevoli e permanenti (nn.36, 37). Spetta, dunque, alle varie autorità dello Stato membro garantire l’osservanza della clausola stessa, verificando se di fatto regole nazionali come quella in questione siano concretamente utilizzate per soddisfare esigenze provvisorie di personale oppure permanenti e durevoli (n. 39). Per verificare se le ripetute assunzioni volte a sostituire personale assente ed a garantire la funzionalità dei servizi configurino un abuso la Corte invita a guardare alla vicenda nel suo insieme, e cioè al numero dei contratti e soprattutto alla loro durata complessiva in un dato arco temporale (n. 40). Il giudice nazionale deve, dunque, distinguere: un conto, in vero, è che un lavoratore in 10 anni sia chiamato a sostituire lavoratrici in maternità o congedo parentale con 13 contratti della durata media di 3,4
00 X. Xxxxx xx Xxxxxxxxx, (Xxxxxxx Sezione), 26.1.2012, C-586/10, Xxxxxx Xxxxx.
mesi; un altro conto è se tale durata media è 10 mesi, con un impiego quasi permanente in attività sostitutive: in questo secondo caso la clausola è violata. In fondo la Corte suggerisce di usare lo stesso criterio che i giudici italiani impiegavano per verificare se la successione di contratti era da considerarsi fraudolenta ai sensi dell’ultimo periodo del co. 2° dell’art. 2 della l. 230/1962: guardare al numero dei contratti, all’arco temporale in cui si sono succeduti e la durata dell’utilizzo complessivo del lavoratore in base ai contratti stessi. Si parlava, allora, di frode oggettiva: i singoli contratti, come quelli considerati dalla Corte, erano legittimi in quanto diretti, singolarmente presi, a soddisfare esigenze temporanee (quali tipizzate dell’elenco dell’art. 1 di quella legge), ma il loro ripetuto utilizzo per periodi consistenti in un ampio arco di tempo dimostrava che di fatto le prestazioni richieste soddisfacevano esigenze permanenti di lavoro.
Questa conclusione, per me abbastanza scontata, riveste grande importanza nel nostro diritto interno, è molto importante per le reiterate assunzioni a termine nel lavoro pubblico, specie nel settore della scuola. La Corte lo aveva già detto nei confronti del diritto greco con la sentenza Xxxxxxxx, ma ora ripete che per evitare una successione di assunzioni abusiva non basta che ciascuna di esse sia giustificata dal diritto interno né che soddisfi l’esigenza di sostituire personale assente: il giudice nazionale deve sempre verificare che tali assunzioni, pur legittime se singolarmente considerate come sono le supplenze nella scuola, non evidenzino, nel loro complesso, l’uso abusivo di contratti a termine invece che di un unico contratto a tempo indeterminato. E’ facile capire come per la scuola italiana la situazione può diventare esplosiva, vista la frequenza di ripetute assunzioni precarie per moltissimi anni e per periodi estesi nell’anno.».
82. La sanzione della riqualificazione in contratto a tempo indeterminato nel pubblico impiego è, poi, esplicitamente riconosciuta dalla Corte di Giustizia nella sentenza “Angelidaki” del 23 aprile 2009 nelle cause riunite da C-378/07 a C-380/07, in relazione alla seguente normativa della legislazione greca - molto simile a quella introdotta dall’art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001 -, l’art.11, comma 131, D.P.R. n.164/2004, finalizzata alla stabilizzazione
31 «1. I contratti successivi ai sensi dell’art. 5, n. 1, del presente decreto, stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso e ancora in corso a tale data, si considerano per il futuro quali contratti di lavoro a tempo indeterminato qualora sussistano cumulativamente le seguenti condizioni:
a) che la durata complessiva dei contratti successivi sia stata di almeno ventiquattro mesi fino all’entrata in vigore del presente decreto, indipendentemente dal numero dei rinnovi contrattuali, oppure che vi siano stati
del precariato pubblico.
83. Sulla adeguatezza della sanzione della riqualificazione in rapporto a tempo indeterminato nel pubblico impiego alle condizioni previste dall’art.11, comma 1, D.P.R. 164/2004, la Corte di Giustizia nella sentenza Xxxxxxxxxx risponde affermativamente al punto 87 (le conclusioni sono riprese nell’ordinanza Lagoudakis), così come risponderà affermativamente nella ordinanza Affatato in riferimento all’art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001:
«87. La clausola 5, n. 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta all’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa nazionale quale il decreto presidenziale 164/2004, che, al fine di recepire la direttiva 1999/70 specificamente nel settore pubblico, prevede l’applicazione delle misure preventive dell’utilizzo abusivo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi indicate al n. 1, lett. a)-c), di detta clausola, qualora nel diritto interno esista già una «norma equivalente» ai sensi della medesima clausola, come l’art. 8, n. 3, della legge 2112/1920, circostanza che compete al giudice del rinvio verificare, a condizione però che detta normativa, da un lato, non comprometta l’effettività della prevenzione dell’utilizzo abusivo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, come derivante dalla suddetta norma equivalente, e, dall’altro, rispetti il diritto comunitario ed in particolare la clausola 8, n. 3, di detto accordo.».
84. Precisa la Corte di Giustizia nella sentenza Angelidaki al punto 170 che, solo qualora l’art.11, comma 1, D.P.R. n.164/2004 non sia applicabile, si può far ricorso alla norma “equivalente” in precedenza applicata, l’art.8, n.3, della legge n.2112/1920 (simile al meccanismo dell’art.1, commi 1 e 2, D.Lgs. n.368/2001 della conversione sin dal 1° contratto per mancanza di ragioni oggettive):
«170. Quanto alla circostanza fatta valere dalle ricorrenti nel procedimento principale secondo cui, stanti le condizioni cumulative poste dall’art. 11 del decreto presidenziale
almeno tre rinnovi successivi al contratto originario ai sensi dell’art. 5, n. 1, [del presente decreto] per una durata complessiva dell’attività lavorativa di almeno diciotto mesi in un arco di tempo complessivo di ventiquattro mesi, calcolato a decorrere dal contratto originario;
b) che il periodo complessivo dell’attività lavorativa di cui alla lett. a) sia stato effettivamente svolto presso il medesimo ente, con la stessa o simile qualifica professionale e con condizioni di lavoro identiche o simili a quanto indicato nel contratto originario (…);
c) che oggetto del contratto siano attività direttamente e immediatamente riconducibili ad esigenze permanenti e durevoli dell’ente interessato, così come definiti dal pubblico interesse la cui tutela sia rimessa a tale ente;
164/2004, determinati contratti di lavoro a tempo determinato stipulati o rinnovati abusivamente nel settore pubblico prima dell’entrata in vigore di detto decreto eluderebbero ogni sanzione, occorre ricordare che, in una siffatta situazione, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tali abusi e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Di conseguenza, qualora l’ordinamento giuridico dello Stato membro in questione non comporti, per il periodo considerato, altre misure efficaci a tale scopo, ad esempio perché le sanzioni previste all’art. 7 di detto decreto non sono applicabili ratione temporis, la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti di lavoro a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 8, n. 3, della legge 2112/1920 potrebbe rappresentare una misura in tal senso, come sostenuto dalla ricorrente nel procedimento principale nella causa C-379/07 (v., in tal senso, sentenza Xxxxxxxx e a., cit., punti 98-105, nonché ordinanza Vassilakis e a., cit., punti 129-137).».
85. Nelle osservazioni scritte nella causa C-3/10 del Sig. Xxxxxx Xxxxxxxx, lavoratore precario di una Azienda sanitaria e ricorrente nel giudizio principale davanti al Tribunale di Rossano, ai punti 37-41 è stato precisato che non vi è nessuna finalità di politica sociale o nessun principio fondamentale dell’ordinamento interno da rispettare (come, ad esempio, il pubblico concorso), che possa giustificare nel mantenere precaria la posizione lavorativa di dipendenti pubblici nelle condizioni del Sig. Affatato.
86. Vi sono, anzi, due precisi – e connessi - obiettivi, entrambi contrari alla normativa dell’Unione e in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia: negare effettività di tutela contro gli abusi in caso di successione di contratti; disconoscere i diritti economici e normativi (anzianità di servizio e connessi miglioramenti retributivi, ricostruzione previdenziale dei servizi prestati) per un risparmio di spesa pubblica, che la CGUE32 ha già ritenuto in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro comunitario recepito dalla Direttiva
d) che il periodo complessivo dell’attività lavorativa ai sensi delle lettere precedenti sia stato svolto a tempo pieno o a tempo parziale e con funzioni identiche o simili a quelle indicate nel contratto originario (…).».
32 X. xxxxxxxx 00 xxxxxxxxx 0000 (XX Xxxxxxx), Xxx Xxxxx Xxxxxx in causa C-307/05; 15 aprile 2008 (Grande Sezione), Impact in causa C-268/06; 22 aprile 2010 (I Sezione), Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols in causa C-486/08.
1999/70/CE e con il principio di non discriminazione, in guisa tale da consentire al Giudice interno la diretta disapplicazione delle norme illegittime.
87. Tutte le assunzioni a tempo determinato del Sig. Affatato (e tutte le assunzioni degli attuali denuncianti) sono state effettuate sulla base dei minimi retributivi contrattuali della posizione economica iniziale, senza nessun riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata (e senza l’accredito contributivo).
88. Questa prassi dell’Amministrazione sanitaria (e di tutte le Amministrazioni pubbliche, compresa quella scolastica), basata su precise disposizioni di leggi interne e della contrattazione collettiva di comparto, realizza un evidente risparmio nella spesa pubblica in riferimento alle centinaia di migliaia di lavoratori precari impegnati.
89. E’ questo il vero motivo della mancata stabilizzazione di quei rapporti di lavoro flessibili nella pubblica amministrazione, quando, come nel caso di specie, vi sia continuità di utilizzo del personale precario.
90. Lo stipendio è inferiore rispetto a quanto riconosciuto ai lavoratori a tempo indeterminato “comparabili”, non vi è accredito della contribuzione “figurativa” perché non vi è una posizione previdenziale “aperta” presso l’I.N.P.D.A.P., l’Istituto previdenziale dei lavoratori del pubblico impiego, anche se dal 1° gennaio 1996 (legge n.335/1995) le pubbliche amministrazioni dovrebbero tutte versare all’Ente previdenziale una contribuzione mensile pari al 32,5% della retribuzione percepita, di cui l’8,25% a carico del lavoratore pubblico, anche precario.
91. La riprova di questa “prassi” normativa-amministrativa sta nel fatto che la stessa Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare, nei confronti dello Stato italiano e dell’I.N.P.D.A.P. nella sentenza del 13 novembre 2008 nella causa C-46/07, che il regime pensionistico italiano nel pubblico impiego va considerato a “retribuzione differita” proprio perché lo Stato italiano e le pubbliche amministrazioni non hanno mai versato a se stesso (cioè all’I.N.P.D.A.P.), almeno fino al 31 dicembre 1995, i contributi per i lavoratori pubblici.
92. Sta di fatto che, dopo la sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di Giustizia e dopo la decisione della causa C-3/10 Affatato con l’ordinanza del 1° ottobre 2010, il legislatore nazionale, contestualmente alla sentenza n.303/2011 della Corte costituzionale e alla sentenza n.392/2012 della Cassazione, con l’art. 21 del D.L. 6 dicembre 2011, n.201, ha
previsto, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, l’incorporazione dell’I.N.P.D.A.P. nell’INPS.
93. Sta di fatto che a nessuno degli attuali denuncianti risultano accreditati neanche presso l’INPS nel conto assicurativo individuale i periodi di servizio precario presso la pubblica amministrazione scolastica.
94. La Corte di Giustizia nell’ordinanza Affatato ha ribadito che è responsabilità del legislatore interno inserire o non inserire il divieto di conversione dei contratti a termine, e ciò può riguardare sia il settore pubblico che il settore privato, o il 1° rispetto al 2°; quindi, non vi è alcuna problema di pregiudizio dei principi fondamentali dell’ordinamento nazionale o di origine costituzionale del divieto. Il problema è garantire l’effettività della tutela contro gli abusi, che la Corte passa subito ad esaminare, dal momento che il Tribunale di Rossano nell’ordinanza pregiudiziale ha prospettato una situazione nazionale di confusione normativa con assenza o gravissima carenza di tutele effettive per il precariato pubblico, anche nel settore scolastico.
******
§ 7. La sanzione adeguata applicabile nell’ordinamento interno al precariato pubblico italiano alla luce dell’ordinanza Affatato e della sentenza Huet della Corte di Giustizia
96. Alla luce dei principi affermati e ribaditi nell’ordinanza Affatato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, che costituisce ius superveniens, (cfr. ordinanza n.252/2006 della Corte costituzionale) per l’ordinamento interno, nessun ostacolo avrebbe dovuto frapporsi alla riqualificazione dei rapporti di lavoro a termine stipulati nel settore scolastico in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
97. Come sottolineato in detta ordinanza al punto 48, è stato lo stesso Governo italiano ad evidenziare che nel nostro ordinamento, al fine di evitare l’utilizzo abusivo del contratto a termine nel settore pubblico, è stata prevista una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato, per cui proprio sulla base di quanto previsto dall’art.5, comma 4 bis, D.Lgs.n.368/2001 si impone la sanzione della riqualificazione del rapporto di lavoro quando si realizzano le condizioni ivi previste.
98. D’altra parte, le osservazioni scritte dell’Avvocato generale dello Stato nella causa Affatato non rappresentano certamente un errore o una furbizia processuali, ma sono
espressione e applicazione dell’obbligo di leale cooperazione tra gli Stati membri e l’Unione europea, sancito dall’art.4, punto 3, del Trattato TUE, e, salvo alcune non significative omissioni della legislazione applicabile al precariato pubblico anche in relazione alle particolarità del sistema di reclutamento scolastico, corrispondono al quadro normativo e giurisprudenziale nazionale, innanzi descritto.
99. In buona sostanza, se (come sostenuto dalla Corte di Giustizia) al legislatore italiano – in base alla normativa comunitaria - non è precluso prevedere nel pubblico impiego un divieto di conversione nell’ipotesi di successione di contratti di lavoro a temine illegittimi, purchè siano previste altre misure equivalenti di tutela che, in particolare, presentino i caratteri della proporzionalità, efficacia ed effettività - come sottolineato nelle sentenze Marrosu-Sardino, Vassallo ed Xxxxxxxx -, con la ordinanza Affatato la Corte di Giustizia ha individuato nella misura di cui all’art.5, comma 4 bis, D.Lgs.n.368/2001, espressamente invocata e ritenuta applicabile al settore del pubblico impiego dalla stessa Avvocatura generale dello Stato italiano, una misura rispondente ai predetti principi.
100. Inoltre, il punto 49 dell’ordinanza Affatato della Corte di Giustizia richiama espressamente come sanzione adeguata ed effettiva, confrontandola positivamente con l’art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001 (punto 48), la soluzione indicata nella sentenza Angelidaki al punto 188 (e nell’ordinanza Koukou al punto 90), cioè la riqualificazione dei rapporti a termine di durata complessiva almeno pari a due anni per mansioni equivalenti con lo stesso datore di lavoro pubblico greco, come previsto dall’art.11, comma 1, D.P.R. n.164/2004.
101. Precisa, infatti, la sentenza Xxxxxxxxxx ai punti 187 – 188:
«187 Nel caso di specie, occorre rilevare che la normativa nazionale oggetto della causa principale prevede norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato volte a garantire l’applicazione delle tre misure preventive enumerate alla clausola 5, n. 1, lett. a)-c), dell’accordo quadro. Detta normativa prevede altresì che, qualora sia stato accertato un ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, il lavoratore danneggiato ha diritto al pagamento della retribuzione dovuta e dell’indennità di licenziamento, mentre l’autore della violazione può essere sanzionato in via penale e disciplinare. D’altronde, detta normativa prevede che taluni contratti di lavoro a tempo
determinato in corso alla sua data di entrata in vigore, oppure scaduti poco prima di tale data, possono essere convertiti, a certe condizioni, in contratti a tempo determinato.
188 Sebbene una normativa siffatta parrebbe poter soddisfare i requisiti richiamati ai punti 158-160 della presente sentenza (v., in tal senso, le precitate sentenze Marrosu e Sardino, punto 55, e Vassallo, cit., punto 40; nonché ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 128), spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare in quale misura le condizioni di applicazione nonché l’attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto interno ne facciano uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare l’utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, come risulta dai punti 162-176 della presente sentenza (v. le precitate sentenze Vassallo, punto 41, e Xxxxxxx e Sardino, punto 56, nonché ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 135).».
102. Come sottolineato nei giudizi principali davanti al Tribunale di Foggia, il legislatore nazionale con la descritta decretazione di urgenza (art.9, comma 18, D.L. n.70/2011, che ha aggiunto all’art.10 del D.Lgs. n.368/2001 il comma 4 bis; ma già con l’art.1, comma 1, D.L. n.134/2009, che ha aggiunto all’art.4 della legge n.124/1999 il comma 14 bis) ha tentato di alterare il rapporto di leale cooperazione con l’Unione europea e il suo massimo organo giurisdizionale.
103. Seppure limitatamente alle ipotesi in cui l’utilizzo “abusivo” del contratto a termine si sia protratto per oltre 36 mesi (così come è avvenuto per tutti i denunzianti), è stata legittimata dalla Corte di Giustizia la sanzione della riqualificazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato e viene, altresì, evidenziato che non esiste alcun principio fondamentale nel nostro ordinamento che possa essere leso da una soluzione del genere anche nelle restanti ipotesi di abusivo utilizzo del contratto a termine da parte di una P.A., cioè anche quando la fattispecie non ricada nell’ambito di operatività del citato art.5, comma 4 bis, D.Lgs.n.368/2001, se la trasformazione in contratto a tempo indeterminato è prevista dalla norma e i contratti flessibili siano stati stipulati nel rispetto delle disposizioni in materia di assunzione nel pubblico impiego.
104. A tal proposito, va evidenziato quanto precisato dalla VI Sezione (la stessa Sezione dell’ordinanza Affatato, stesso Giudice Relatore) della Corte di Giustizia nella recentissima sentenza dell’8 marzo 2012 nella causa C-251/11 tra Martial Huet e Université de Bretagne
occidentale, in merito ai termini e alle condizioni del contratto di lavoro da lui concluso con detta università, quale risultante dalla trasformazione del suo ultimo contratto di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato.
105. La vicenda Huet è molto interessante, perché consente di confrontare la normativa interna – art.5, commi 3, 4 e 4 bis, D.Lgs. n.368/2001 in materia di contratti a tempo determinato “successivi” – con una normativa nazionale “analoga” (rispetto quantomeno all’art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001) come quella francese in materia di specifica misura interna idonea a prevenire gli abusi in caso di successione di contratti a termine in applicazione della clausola 5, n.1, lett.b), dell’accordo quadro comunitario sul contratto a tempo determinato.
106. Infatti, l’articolo 13, paragrafo 1, della legge francese n. 2005-843, del 26 luglio 2005, recante varie misure di recepimento del diritto comunitario nella funzione pubblica, prevede quanto segue: «In applicazione delle disposizioni del decreto menzionato all’articolo 7 della legge n. 84-16, dell’11 gennaio 1984, recante disposizioni statutarie relative alla funzione pubblica statale, il contratto con il quale un agente, in funzione alla data di pubblicazione della presente legge o che a tale data benefici di un congedo, è assunto a copertura di un impiego permanente, può essere rinnovato subordinatamente alle condizioni previste all’articolo 4, quarto, quinto e sesto comma, della medesima legge. Il contratto di un agente il quale, alla data di pubblicazione della presente legge, sia in funzione da almeno sei anni in via continuativa, può, alla scadenza, essere rinnovato solo per espressa decisione e a tempo indeterminato (...)».
107. Ebbene, nella causa Huet la Corte di Giustizia al punto 33 chiarisce il problema interpretativo che è stato sottoposto dal Giudice del rinvio: «33. Alla luce delle indicazioni contenute nella decisione di rinvio e considerato il fatto che l’articolo 13, paragrafo 1, della legge n. 2005-843 costituisce una misura di prevenzione degli abusi ai sensi della clausola
5 dell’accordo quadro, occorre considerare che il giudice del rinvio intende sapere sostanzialmente se quest’ultima clausola debba essere interpretata nel senso che uno Stato membro, la cui normativa nazionale prescriva la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando i contratti di lavoro a tempo determinato abbiano raggiunto una determinata durata, è tenuto a imporre
che, nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, vengano mantenute immutate le clausole principali contenute nel contratto precedente.».
108. Risponde la Corte di Giustizia nella sentenza Huet al punto 37 che, diversamente da quanto sostanzialmente “opina” una parte della giurisprudenza di merito rispetto all’art.5, comma 4 bis, D.Lgs. n.368/2001 (compresa la Cassazione nella “strana” sentenza n.392/2012), «come risulta dal punto 33 della presente sentenza e contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la trasformazione di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato non può essere considerata estranea all’ambito di applicazione dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Xxxxxx Xxxxxxx, C-177/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 41-44). Infatti, nel caso di specie, la legge nazionale che ha indotto l’UBO a trasformare l’ultimo contratto a tempo determinato del ricorrente nel procedimento principale in un contratto a tempo indeterminato rientra effettivamente nelle misure di prevenzione di cui alla clausola 5, punto 1, lettera b), dell’accordo quadro.».
109. In buona sostanza, laddove la legislazione nazionale abbia previsto sia la misura preventiva della durata massima complessiva dei contratti a tempo determinato (anche o soltanto) nel pubblico impiego (tre anni nella legislazione italiana; sei anni nella legislazione francese), sia la “sanzione” una volta superato il limite massimo di durata, tale sanzione – trasformazione del contratto a tempo indeterminato – è parte integrante delle misure interne di recepimento della clausola 5, n.1, lett.b), dell’accordo quadro.
*********
§ 8. La riqualificazione a tempo indeterminato del lavoro pubblico scolastico e il principio di uguaglianza e non discriminazione
110. La conferma che la riqualificazione del rapporto sia l’unica sanzione conforme al diritto comunitario alla luce della normativa generale e speciale del settore scolastico italiano, peraltro, la si ricava dai principi affermati in precedenza dalla stessa Corte di Giustizia europea nella sentenza Vitari33 (ove ha deciso per l’applicazione della Legge n.230/1962 – all’epoca vigente - anche ai contratti a termine stipulati in Italia dalle Istituzioni europee nei confronti degli agenti locali) e nella sentenza sui lettori universitari34 (ove ha consentito ai
33 Corte di Giustizia – Sezione V – sentenza 9.11.2000, causa C-129/99.
34 Corte di Giustizia, sentenza 26.6.2001, causa C-212/99.
lettori universitari in Italia, nei confronti dei propri datori di lavoro pubblici, l’applicazione della Legge n.230/62 – all’epoca vigente - e la riqualificazione in contratti a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro).
111. Infatti, una applicazione restrittiva di detta sanzione non sarebbe possibile, anche nel caso in cui la si volesse escludere per il settore pubblico scolastico in ragione della specialità delle forme di reclutamento, interpretazione questa in contrasto con tutte le decisioni della Corte di Giustizia in materia di precariato pubblico nazionale, che presuppone sia nelle sentenze Marrosu-Sardino e Vassallo sia nell’ordinanza Affatato l’applicazione della normativa generale del D.Lgs. n.368/2001 a tutti i contratti a termine anche nel lavoro pubblico.
112. Del resto, la 1ª parte dell’art.70, comma 8, del D.Lgs. n.165/2001 dispone l’applicazione di tutte le norme del testo unico sul pubblico impiego anche alla scuola e, espressamente, l’art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001, nel testo in vigore dal 25 giugno 2008, modificando la precedente formulazione dello stesso art.36 D.Lgs. n.165/2001 che faceva riferimento alla legge n.230/1962 (e successive modifiche ed integrazioni), dispone che la regolamentazione di tutti i contratti a tempo determinato sia quella prevista dal D.Lgs. n.368/2001.
113. Pertanto, escludere l’applicazione al settore scolastico delle norme contenute nel D.Lgs.n.368/2001 appare in contrasto con la stessa normativa del testo unico sul pubblico impiego e, in ogni caso, si traduce inevitabilmente in una violazione del principio di uguaglianza e non discriminazione (anche per ragioni legate alla nazionalità/cittadinanza) di cui all’art.3 della Costituzione, principio affermato negli artt.20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
114. In questo modo, cittadini dell’Unione, ma non italiani come nel caso dei lettori universitari, ai quali, tuttavia, si applica la disciplina italiana sul contratto a termine in ragione della nazionalità del proprio datore di lavoro pubblico o della propria sede di lavoro, verrebbero a beneficiare di un trattamento normativo privilegiato rispetto ai cittadini italiani, senza che tale diversità di trattamento sia sorretta da alcuna valida ragione giustificatrice.
115. Addirittura, il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea con sentenza del 13 aprile 2011 in causa F-105/99 Xxxxxxxx Xxxxxxxx ha richiamato l’applicazione dei principi di tutela dell’accordo quadro comunitario recepito nella Direttiva 1999/70/CE anche per quanto
riguarda i rapporti di lavoro flessibile con le Istituzioni dell’Unione, arrivando a sanzionare “in forma specifica” il Parlamento europeo per non aver ottemperato all’obbligo di riqualificare dopo il 2° rinnovo contrattuale annuale l’agente temporaneo medico.
116. Così come cittadini italiani, come nel caso Xxxxxx, assunti a tempo determinato come agenti locali in Italia presso Istituzioni comunitarie, verrebbero ad essere privilegiati rispetto ad altri cittadini italiani, assunti a termine presso datori di lavoro pubblici nazionali, che non beneficerebbero della stessa tutela “stabile”, sempre senza alcuna giustificazione oggettiva.
117. Il principio di non discriminazione, infatti, è diffusamente riconosciuto come manifestazione del più generale principio di eguaglianza. Sulla base di quest’ultimo, situazioni simili devono essere trattate in modo eguale mentre situazioni diverse in modo differente. In caso contrario, in assenza di ragionevoli giustificazioni, il trattamento deve considerarsi discriminatorio. Tali principi rappresentano elementi fondamentali della normativa internazionale relativa alla tutela dei diritti umani. In particolare, il principio di non discriminazione si ritrova nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 all’art.7 come nel Patto internazionale sui Diritti Civili e Politici all’art.26, e risulta puntualmente riaffermato in tutti gli strumenti universali e regionali di tutela.
118. Anche in ambito comunitario il principio di non discriminazione rappresenta una manifestazione del più generale principio di uguaglianza. Quest’ultimo, riaffermato dalla Carta di Nizza all’art.20, è stato considerato dalla Corte di Giustizia europea come uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione europea in una molteplicità di sentenze35.
119. La stessa Corte di Lussemburgo ha più volte chiarito che il divieto di discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in modo eguale, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato36.
120. Come ribadito, inoltre, dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea nella sentenza Kukukdeveci C-555/07 del 19.1.2010 (afferente una fattispecie di violazione del principio di non discriminazione per ragioni legate all’età), spetta al Giudice nazionale chiamato a dirimere una controversia tra privati, nella quale la normativa nazionale appaia
35 Corte di Giustizia, Xxxxx, sentenza 13.11.1984, causa 283/83; XXXX, sentenza 17.4.1997, causa C-15/95; Xxxxxxxx, sentenza 13.4.2000, causa C-292/97.
contraria al diritto dell’Unione, assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dell’Unione e garantirne la piena efficacia.
121. Nell’applicare il diritto interno il Giudice nazionale deve procedere per quanto possibile alla luce della lettera e dello scopo di tale direttiva, onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art.288, terzo comma, TFUE. Pertanto, è compito del Giudice nazionale, investito di una controversia in cui è messo in discussione il principio di non discriminazione in ragione dell’età, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78, assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la tutela giuridica che il diritto dell’Unione attribuisce ai soggetti dell’ordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando, ove necessario, ogni contraria disposizione di legge nazionale.
122. Sotto questo profilo, le sentenze n.89/2003 (che riguardava proprio contratti a termine dei collaboratori scolastici) e n.303/2011 della Corte costituzionale, la sentenza n.392/2012 della Cassazione, l’art.4, commi 1, 2 e 14 bis, della legge n.124/1999, l’art.9, comma 18, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, (che ha aggiunto all’art.10 del D.Lgs. n.368/2001 il comma 4-bis) rappresentano norme di legge o pronunce delle Corti superiori nazionali finalizzate esclusivamente ad impedire la riqualificazione dei rapporti a termine del personale scolastico fino alla formale immissione in ruolo, riqualificazione che rimane a discrezione assoluta della pubblica amministrazione, privando le parti ricorrenti di ogni forma di tutela preventiva e sanzionatoria contro gli abusi nella successione dei contratti a tempo determinato, in aperta violazione della normativa comunitaria di cui all’accordo quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, le cui argomentazioni risultano totalmente stravolte o neglette.
123. D’altro canto, la stessa Corte costituzionale italiana, con la sentenza 41 del 2011, ha sostanzialmente equiparato i concorsi effettuati per l’accesso alle graduatorie per l’assunzione a termine del precari della scuola (dichiarando l’illegittimità della norma che imponeva il loro posizionamento in coda alle graduatorie in caso di trasferimento ad altra provincia) ai concorsi per l’accesso al pubblico impiego.
124. Insomma, come si vede, la difesa del pubblico concorso rischia di rimanere una battaglia di retroguardia che ha l’unico effetto quello di porre l’Italia al di fuori del sistema europeo (e
36 Corte di Giustizia Europea, Xxxxxxxx Cigarettenfabriken GmbH c. Ministero delle Finanze, sentenza
creare un esercito di lavoratori precari). Lo stesso art. 97 Cost. stabilisce l’obbligo del concorso salvi, però, i casi stabiliti dalla legge.
*********
§ 9. La violazione della Direttiva 1999/70 UE
125. I fatti descritti, i comportamenti contraddittori tenuti dallo Stato italiano e dalle sue Amministrazioni, avanti alla Corte europea e alla magistratura nazionale, nonché in sede legislativa, gli interventi che non esitiamo a dire irrituali da parte dei massimi organi giurisdizionali italiani a cui competono la uniforme applicazione del diritto sul territorio italiano e la verifica di conformità della normativa interna con la disciplina dell’Unione europea, indicono a ritenere che lo Stato italiano, considerato nel complesso del sue strutture37 stia ponendo in essere comportamenti finalizzati a sottrarre il personale alle dipendenze, sue e delle amministrazioni che da esso dipendono, all’applicazione della clausola 5 della Direttiva, con la conseguenza della privazione di tutele in capo ai denuncianti e, più in generale, a tutti i lavoratori pubblici italiani.
126. Pare infatti evidente che privare la norma preventiva di cui all’art. 5, comma 4 bis del Decreto legislativo 368/2001, della possibilità di convertire il contratto per il solo settore pubblico scolastico significa privare di ogni misura preventiva e repressiva la successione di contratti e, quindi, rendere priva di effettività la norma dispositiva circa la durata massima dei contratti, tanto più che lega la residua misura del risarcimento del danno previsto dall’art. 36, comma 5, del Decreto legislativo 165/2001 ad un onere della prova tanto pregnante da rendere diabolico per il dipendente oggetto della reiterate assunzioni provare i danni conseguenti.
P.Q.M.
si chiede che la Commissione, in forza dei suoi poteri, voglia aprire una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano per violazione della clausola 5 dell’Accordo quadro 18.3.1999 allegato alla Direttiva 1999/70/CE del 28.6.1999 per tutti i motivi esposti nella presente denuncia.
Si autorizza l’indicazione dell’identità degli scriventi e dei denuncianti nei rapporti con lo Stato italiano e gli altri Stati membri.
Questa denuncia viene presentata contestualmente mediante spedizione alla Segreteria
15.3.2007, causa C-35/05, par.44.
generale della Commissione Europea, B-1049 Belgio, e mediante consegna diretta alla Rappresentanza della Commissione Europea a Roma, via IV Novembre 149.
Si allegano i seguenti documenti:
1. ordinanza di legittimità costituzionale del 30 settembre 2011 n.284/2011 Reg.ord. del Tribunale di Trento sull’art.4 della legge n.124/1999;
2. sentenza n.392/2012 della Corte di Cassazione;
3. saggio di X.Xxxxxxxx, “La conversione giudiziale dei rapporti precari con le p.a.: cadono molte barriere”, su Il lavoro nella giurisprudenza, n.12/2011, pp.1238-1249;
4. sentenza n.4417/2012 della Cassazione;
5. sentenza n.303/2011 della Corte costituzionale;
6. sentenza n.89/2003 della Corte costituzionale;
9. osservazioni scritte dell’Avvocatura generale dello Stato nella causa C-3/10 Affatato in Corte di Giustizia;
10. ordinanza del Tribunale di Rossano ex art.267 X.X.X.X. contenente le questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia nella causa C-3/10 Affatato;
11. lettera circolare del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca del 25 settembre 2008;
12. ricorso (………) Xxxx contro MIUR n. 25173/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
13. ricorso (………) Michelina contro MIUR n. 25743/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
14. ricorso (………) Xxxxxxx contro MIUR n. 26733/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
15. ricorso (………) Xxxxxxxx contro MIUR n. 26734/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
16. ricorso (………) Xxxx contro MIUR n. 28754/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
17. ricorso (………) Xxxx contro MIUR n. 29474/08 R.G.L. Tribunale di Foggia;
18. memoria difensiva del MIUR nei 6 giudizi riuniti davanti al Tribunale di Foggia;
19. sentenza del 30 gennaio 2012 n.593/12 del Tribunale di Foggia;
20. estratti del conto assicurativo previdenziale Inps dei denunzianti. Foggia, 2 maggio 2012
Xxxxxxxx De Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx
37 Corte di Giustizie, sentenza Xxxxxxx Xxxxxxx 22.11.2011 in causa C-449/09, punto 72 ed ivi ulteriori richiami.