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Giappichelli Formazione
CORSO DI PREPARAZIONE AL CONCORSO IN MAGISTRATURA 2021-2022
GIAPPICHELLI EDITORE
Responsabile scientifico Xxxxxxxx Xxxxxxxx
LEZIONE DEL 18 DICEMBRE 2021
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Diritto civile
CONTRATTO AREE TEMATICHE
CAUSA – RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE
Omissis.
Argomento 3
TRACCIA
Negozio fiduciario: causa e forma del patto fiduciario con oggetto immobiliare. A. Schema per punti
1. Nozione di negozio fiduciario: definizione e rapporti con il mandato. 2. Modi di costituzione: fiducia statica e dinamica. 3. Finalità: fiducia “cum amico” e “cum creditore”. 4. Effetti: fiducia romanistica e germanica. 5. La causa del negozio fiduciario. 6. La forma del patto fiduciario. 8. Promesse unilaterali e negozio ricognitivo del patto di fiducia. 9. Le forme di tutela del fiduciante nei confronti del fiduciario. 10. La tutela nei confronti dei creditori del fiduciario. 11. Raffronto con istituti affini.
Nota. Si rinvia alla lezione per lo sviluppo della traccia.
B. Giurisprudenza
1. La forma del patto fiduciario: Xxxx. civ., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459.
Omissis…
Fatto
1. - D.B., con atto di citazione notificato il 16 luglio 2002, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, il fratello A. e la di lui coniuge, P.P., e M.V., vedova di un altro fratello, deducendo che in data 18 giugno 1984 D.A. e M.V. avevano con denaro di esso esponente acquistato da un terzo, per porzioni separate e per parti comuni, il primo in comunione legale con la moglie, un compendio immobiliare in (OMISSIS). L'attore deduceva che tra le parti in causa si era concordato che i beni oggetto della compravendita sarebbero stati trasferiti a lui, vero dominus dell'affare, o ad altra persona da lui indicata. A riprova di quanto affermato, produceva due scritture private a firma di P.P. e di M.V., del medesimo tenore, entrambe del 28 marzo 2002, nelle quali le scriventi davano atto che il vero proprietario del fabbricato era D.B. e si impegnavano al trasferimento, a semplice richiesta, in favore del D. o di persona da lui indicata. Lamentando che i convenuti non avevano onorato il patto fiduciario, chiese accertarsi e dichiararsi la loro interposizione reale nella intestazione degli immobili descritti in citazione, con contestuale emissione di sentenza di trasferimento in proprio favore.
I convenuti si costituirono in giudizio, resistendo.
Nel corso del processo di primo grado la lite venne transatta tra l'attore e i convenuti D.A. e P.P., con trasferimento, senza corrispettivo, degli immobili oggetto di causa (ed a questi ultimi intestati) in capo all'attore e contestuale riconoscimento, in favore dei convenuti predetti, dell'importo di Euro
25.000 a fronte di spese e miglioramenti dagli stessi sostenute ed eseguiti.
Quanto al rapporto tra D.B. e M.V., la domanda venne accolta dall'adito Tribunale che, con sentenza
n. 13 in data 11 gennaio 2008, dichiarata l'interposizione reale della M., dispose il trasferimento dei beni immobili alla stessa formalmente intestati in favore dell'attore (o di persona da nominare ad opera dello stesso).
Il Tribunale rilevò:
che i fatti posti a fondamento della domanda proposta nei confronti della M. avevano trovato ampia conferma sia nell'istruttoria espletata nel corso del giudizio, sia nella documentazione prodotta in atti;
che, in particolare, con la dichiarazione in data 28 marzo 2002 la M. aveva riconosciuto che il cognato D.B. era l'unico proprietario dell'intero complesso immobiliare sito in (OMISSIS), intestato alla stessa dichiarante e ad D.A. in forza dell'atto per notaio Ma. del (OMISSIS), e che l'attore aveva versato tutte le relative tasse e spese, e nel contempo si era impegnata a ritrasferire detto complesso immobiliare a semplice richiesta di D.B., affinchè quest'ultimo lo intestasse a lui o a persona da designare.
Il primo giudice richiamò inoltre il principio secondo cui il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento tra due negozi, l'uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l'altro di carattere interno ed obbligatorio, pure effettivamente voluto, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio. Osservò quindi che l'esistenza del negozio fiduciario ben può ritenersi nella scrittura privata con la quale l'acquirente di un immobile, riconoscendo la natura fiduciaria dell'intestazione e, conseguentemente, la relativa proprietà a favore di un terzo, assuma contestualmente l'obbligo di trasferirgli il diritto; e rilevò che ciò era quello che era avvenuto nel caso di specie tra la M. e il cognato, risultando l'esistenza della interposizione reale dimostrata dalle espresse ed inequivocabili dichiarazioni rese dalla convenuta nella scrittura privata del 28 marzo 2002.
2. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria del 17 aprile 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado, rigettando il gravame della M..
La Corte territoriale ha premesso che il negozio fiduciario, richiedendo la forma scritta ad substantiam, è nullo quando manchi tale requisito, e che se dunque realmente vi fu, tra le parti in causa, all'epoca della stipula della compravendita, un accordo fiduciario per il trasferimento dell'immobile in capo a D.B., questo è da dichiararsi nullo per difetto di forma.
La Corte partenopea ha poi esaminato la scrittura privata in data 28 marzo 2002 a firma della M., del seguente tenore: "Io sottoscritta M.V. in D., nata a (OMISSIS), riconosco che mio cognato D.B. è l'unico proprietario dell'intero complesso immobiliare sito in (OMISSIS), alle vie (OMISSIS), nel suo attuale stato intestato a mio cognato D. A. ed a me medesima, giusta atto del notaio Ma. del (OMISSIS), ma acquistato e poi completato dallo stesso D.B.. Riconosco che mio cognato D.B. mi ha versato tutte le tasse e spese da me sostenute. M'impegno, per la mia quota, a ritrasferirlo a semplice richiesta a lui o a persona da lui designata".
In particolare la Corte di Napoli - esclusa la possibilità di annettere rilevanza giuridica al riconoscimento del cognato quale unico proprietario dell'immobile in contestazione; assegnata xxxxxxx confessoria al riconoscimento che il cognato aveva completato il fabbricato e versato tutte le tasse e spese; e collocato sul piano volitivo, piuttosto che su quello ricognitivo, l'ultimo inciso, contenente l'impegno di trasferimento - ha osservato quanto segue:
- l'operazione posta in essere dalle parti, sia pure non contestuale e frazionata nel tempo, consta di un negozio di compravendita in cui è acquirente M.V. e di una scrittura unilaterale con cui la M. si impegna a ritrasferire il bene acquistato al cognato B.;
- tale impegno non costituisce un negozio autonomo ma è un elemento dell'operazione fiduciaria;
- il collegamento negoziale, connaturato al negozio fiduciario, sostanzialmente sussiste tra l'atto di compravendita del 1984 e la scrittura privata del 2002;
- a tale ricostruzione non sono di ostacolo nè il lungo lasso temporale tra i due atti, non essendo richiesta la contestualità tra i due negozi, nè la unilateralità della scrittura, e neppure che non sia intervenuta un'accettazione formale, atteso che la produzione in giudizio del documento con la dichiarata intenzione di valersene equivale ad accettazione.
In definitiva, secondo la Corte partenopea, l'operazione economica realizzata dalle parti configura effettivamente un negozio fiduciario.
3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello M.V. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati con memorie.
Ha resistito, con controricorso, D.B.. Anch'egli ha depositato memorie.
4. - I motivi di ricorso possono essere così compendiati.
Con il primo motivo (violazione o falsa applicazione dell'art. 1325 x.x., xxxxx 0, x. 0, artt. 1418,1324 e 2697 c.c., nonchè dell'art. 115 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e
Con il secondo motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 1174 e 1346 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3) si lamenta la nullità della scrittura del 28 marzo 2002 per carenza di elemento causale e, in ogni caso, per non contenere essa la specifica ed analitica descrizione degli immobili da trasferire. Sostiene la ricorrente che quando, come nel caso di specie, non sussista un sottostante accordo fiduciario tra le parti, non potrebbe riconoscersi validità ed efficacia all'atto unilaterale contenente l'impegno a trasferire l'immobile; sottolinea, poi, che la scrittura a firma della M. risulterebbe priva del requisito essenziale consistente nella indicazione precisa dei confini e dei dati catastali relativi agli immobili oggetto dell'impegno a trasferire. Inoltre, la scrittura in questione, contenente l'assunzione dell'impegno generico a trasferire la propria quota, anzichè le specifiche e individuate porzioni immobiliari di pertinenza esclusiva della M., sarebbe inidonea a costituire valida fonte dell'obbligazione a trasferire per carenza assoluta del requisito della specifica determinazione della prestazione oggetto dell'impegno così formalmente dichiarato.
Il terzo motivo (omesso esame circa un fatto decisivo ai fini del giudizio che è stato oggetto di disamina tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) concerne la censura di completa pretermissione, ad opera della Corte territoriale, della valenza probatoria di un'altra dichiarazione unilaterale, del 22 marzo 2002, con cui il D. dichiarava di aver versato al fratello X. (il quale si era assunto l'obbligo di ripartire la somma in parti uguali con gli altri fratelli, X., marito della M., e X.) l'ammontare degli affitti indebitamente percepiti dall'ottobre 1988 al febbraio 2002 dagli inquilini del fabbricato di (OMISSIS). Deduce la ricorrente che un tale documento, più volte segnalato, nel contraddittorio, all'esame del giudice, ove esaminato, avrebbe smentito la presupposta esistenza di un accordo fiduciario.
Sotto la rubrica "violazione o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46, e L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, nonchè dell'art. 2932 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4", il quarto motivo censura l'avvenuto trasferimento operato dal giudice del merito senza la indicazione degli estremi della licenza edilizia e/o della concessione edilizia ad edificare legittimante la realizzazione dei beni oggetto della sentenza costitutiva. Sostiene la ricorrente: che nell'atto del 1984, al momento dell'acquisto effettuato dalla M. e dal cognato A., il compendio compravenduto era costituito dal terreno e dal sovrastante edificio al rustico, realizzato con licenza del 1973 e successive varianti del 1975; che quando fu stipulato l'atto di compravendita i titoli edilizi erano
ampiamente decaduti; che le successive opere di edificazione - che avevano consentito, tra l'altro, le suddivisioni interne e tutto quanto necessario alla ultimazione delle diverse unità residenziali, poi accatastate in proprietà esclusiva della M. e del cognato A. - necessitavano inderogabilmente di una nuova concessione edilizia finalizzata a legittimare l'esecuzione di tutte le opere di completamento. Ad avviso della ricorrente, il trasferimento giudiziale non avrebbe potuto essere disposto senza l'esatta indicazione dei titoli edificatori.
5. - Fissata originariamente l'adunanza camerale e disposta, all'esito di questa, la rimessione della trattazione alla pubblica udienza, la Seconda Sezione di questa Corte, con ordinanza interlocutoria 5 agosto 2019, n. 20934, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza sulla questione, sollevata con il primo motivo di impugnazione, concernente la forma dell'impegno di trasferimento assunto dal fiduciario.
L'ordinanza di rimessione segnala che ad un orientamento di gran lunga prevalente che richiede per il negozio fiduciario, ove involga diritti immobiliari, la forma scritta a pena di nullità, si è andato da ultimo contrapponendo un indirizzo che ritiene sufficiente, a fronte di un pactum fiduciae concluso oralmente, una dichiarazione unilaterale scritta con cui il fiduciario si impegna, in maniera attuale e precisa, a trasferire al fiduciante (ovvero ad un terzo da questo indicato) la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di detto precedente accordo fiduciario, dichiarazione che, nel realizzare la conservazione del preesistente rapporto, costituirebbe autonoma fonte di obbligazione per il soggetto che la sottoscrive, suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., purchè contenga l'esatta individuazione dell'immobile, con l'indicazione dei confini e dei dati catastali.
Il più recente indirizzo, ad avviso del Collegio rimettente, presterebbe il fianco ad alcune critiche: in primo luogo perchè il patto fiduciario, ove incida su diritti reali immobiliari, non potrebbe sfuggire alla forma scritta; in secondo luogo perchè la dichiarazione unilaterale del fiduciario non potrebbe avere funzione ricognitiva retrospettiva e ancor meno ridursi alla confessione di un diritto reale altrui, dovendo "apparire, e nitidamente, attraverso il compiuto esame della vicenda fattuale (nel quale anche il dato temporale assume un significato niente affatto secondario), il precipitato della causa fiduciaria concreta".
6. - Il Primo Presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Diritto
1. - La questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite concerne la forma del patto fiduciario con oggetto immobiliare. Premesso che il patto fiduciario dà luogo ad un assetto di rapporti sul piano obbligatorio in forza del quale il fiduciario è tenuto verso il fiduciante a tenere una certa condotta nell'esercizio del diritto fiduciariamente acquistato, ivi compreso il ritrasferimento del diritto al fiduciante o a un terzo da lui designato, l'interrogativo sollevato dall'ordinanza interlocutoria è se possa ritenersi rispettato il requisito della forma scritta del patto fiduciario coinvolgente diritti reali immobiliari da una dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario che risulti espressione della causa fiduciaria esistente in concreto, pur se espressa verbalmente tra fiduciante e fiduciario; più in particolare, se valida fonte dell'obbligazione di ritrasferire sia soltanto un atto bilaterale e scritto, coevo all'acquisto del fiduciario, o se sia sufficiente un atto unilaterale, ricognitivo, posteriore e scritto del fiduciario, a monte del quale vi sia un impegno espresso oralmente dalle parti.
2. - Si impongono, preliminarmente, alcune premesse di inquadramento.
3. - Il fenomeno fiduciario consiste in una operazione negoziale che consente ad una parte (il fiduciante) di far amministrare o gestire per finalità particolari un bene da parte di un'altra (il fiduciario), trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l'acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo che il fiduciario rispetti un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferisca il bene al fiduciante o a un terzo da lui designato. Attraverso il negozio fiduciario la proprietà del bene viene trasferita da un soggetto a un altro con l'intesa che il secondo, dopo essersene servito per un determinato scopo, lo ritrasferisca al fiduciante, oppure il bene viene acquistato dal fiduciario con denaro fornito dal fiduciante, al quale, secondo l'accordo, il bene stesso dovrà essere, in un tempo successivo, ritrasferito.
3.1. - Il negozio fiduciario si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica: all'unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti. Innanzitutto perchè l'investitura del fiduciario nella titolarità del diritto può realizzarsi secondo distinti moduli procedimentali: le parti possono dare origine alla situazione di titolarità fiduciaria sia attraverso un atto di alienazione dal fiduciante al fiduciario, sia - come nel caso da cui è sorta la presente controversia - mediante un acquisto compiuto dal fiduciario in nome proprio da un terzo con denaro fornito dal fiduciante.
In secondo luogo perchè l'effetto traslativo non è essenziale per la configurabilità di un accordo fiduciario. Accanto alla fiducia dinamica, caratterizzata dall'effetto traslativo strumentale, un modo di costituzione della titolarità fiduciaria è rappresentato dalla fiducia statica, che si ha quando manca del tutto un atto di trasferimento, perchè il soggetto è già investito ad altro titolo di un determinato diritto, e il relativo titolare, che sino a un dato momento esercitava il diritto nel proprio esclusivo interesse, si impegna a esercitare le proprie prerogative nell'interesse altrui, in conformità a quanto previsto dal pactum fiduciae. Nello schema del negozio fiduciario - afferma Xxxx., Sez. II, 7 agosto 1982, n. 4438 - rientra, oltre quello di tipo traslativo, anche la fiducia statica, i cui estremi sono appunto rappresentati dalla preesistenza di una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto che venga poi assunto come fiduciario e si dichiari disposto ad attuare un certo disegno del fiduciante mediante l'utilizzazione non già di una situazione giuridica all'uopo creata (come nel negozio fiduciario di tipo traslativo), ma di quella preesistente, che viene così dirottata dal suo naturale esito, a ciò potendosi determinare proprio perchè a lui fa capo la situazione giuridica di cui si tratta.
3.2. - La dottrina ha a lungo dibattuto alla ricerca di una sistemazione appagante del fenomeno fiduciario sotto il profilo del suo fondamento causale.
Vi è chi, riducendo il negozio fiduciario ad un tipo negoziale, seppure innominato, lo costruisce come un contratto unitario, avente una propria causa interna, la causa fiduciae, consistente in un trasferimento di proprietà, da un lato, e nell'assunzione di un obbligo, dall'altro. In questa prospettiva, l'effetto obbligatorio non costituisce un limite dell'effetto reale, ma si trova con esso in un rapporto di interdipendenza, non già nel senso di corrispettività economica, ma nel senso che l'attribuzione patrimoniale è il mezzo per rendere possibile al fiduciario quel suo comportamento in
ordine al diritto trasferitogli: l'effetto obbligatorio rappresenta dunque la causa giustificatrice dell'effetto reale.
Da parte di altri si ritiene che nell'operazione de qua siano destinati a venire in rilievo singoli negozi tipici, con causa diversa da quella fiduciae, relativamente ai quali la fiducia non opera o non è in grado di operare sul terreno della causa in senso oggettivo, ma su quello dei motivi o su quello delle determinazioni accessorie di volontà.
Altri ancora - dopo avere qualificato il contratto fiduciario come il negozio mediante il quale si persegue uno scopo diverso dalla causa del contratto prescelto, avendo il pactum fiduciae la funzione di piegare il contratto prescelto alla realizzazione dello scopo perseguito - ritengono impossibile ricondurre il fenomeno pratico ad una unitaria categoria giuridica e considerano il contratto traslativo e il patto fiduciario come contratti separati, tra loro collegati, nei quali la causa fiduciae esprime il collegamento fra i due contratti. Tale orientamento costruisce il fenomeno in forma pluralistica, vedendovi un collegamento funzionale tra trasferimenti e obblighi, in attuazione del programma fiduciario: di talchè l'interno vincolo obbligatorio (con il quale il fiduciario si obbliga, nel rispetto della fiducia, al compimento del negozio che ne costituisce adempimento), non autonomamente isolabile, interagisce con l'effetto reale esterno.
3.3. - Anche in giurisprudenza non mancano prese di posizione sulla natura giuridica del negozio fiduciario.
Così, talvolta le pronunce di questa Corte vedono nel contratto fiduciario un caso di negozio indiretto: un negozio, cioè, con cui le parti perseguono risultati diversi da quelli tipicamente propri del negozio impiegato, e corrispondenti a quelli di un negozio diverso. Il negozio fiduciario - si afferma - rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta: il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente in sostanza alla funzione di un negozio diverso. L'intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti inter partes, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae (Xxxx., Xxx. III, 2 aprile 2009, n. 8024; Cass., Sez. IL 9 maggio 2011, n. 10163; Cass., Sez. I, 17 settembre 2019, n. 23093).
2015, n. 17785).
4. - Il fondamento causale e l'inquadramento teorico del negozio fiduciario possono rimanere in questa sede soltanto accennati, perchè il quesito posto dall'ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione pone in realtà un problema pratico relativo alla individuazione di una regola di dettaglio la cui soluzione prescinde dall'adesione all'una o all'altra tra le tesi appena esposte.
La questione sollevata, infatti, concerne, come si è visto, la forma dell'impegno con cui il fiduciario si obbliga nei rapporti interni verso il fiduciante, in forza del pactum fiduciae, a ritrasferirgli l'immobile.
In considerazione del già rilevato multiforme atteggiarsi del fenomeno fiduciario, tale interrogativo viene esaminato dalle Sezioni Unite nei limiti della sua rilevanza, ossia avendo riguardo all'orizzonte di attesa della fattispecie concreta, la quale si caratterizza per essere il fiduciario divenuto titolare del diritto avendolo acquistato in nome proprio da un terzo con mezzi somministratigli dal fiduciante.
5. - Conviene, allora, passare in rassegna gli indirizzi giurisprudenziali che si sono manifestati sulla specifica questione.
5.1. - Quando l'impegno all'ulteriore trasferimento ad opera del fiduciario riguardi un bene immobile, l'orientamento dominante condiziona la rilevanza del patto fiduciario alla circostanza che i soggetti abbiano consegnato in un atto scritto il pactum. Tale indirizzo, infatti, assimila, quoad effectum, il patto fiduciario, sotto il profilo dell'assunzione dell'obbligo a ritrasferire da parte del fiduciario, al contratto preliminare, con la conseguente necessità di osservare la forma vincolata per relationem prevista dall'art. 1351 c.c..
In base a tale orientamento, il negozio fiduciario, nel quale sia previsto l'obbligo di una parte di modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da quest'ultimo designato, richiede la forma scritta ad substantiam qualora riguardi beni immobili, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare - per il quale l'art. 1351 c.c., prescrive la stessa forma del contratto definitivo - in relazione all'obbligo assunto dal fiduciario di emettere la dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto voluto dal fiduciante (Xxxx., Xxx. II, 18 ottobre 1988, n. 5663; Cass., Sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024; Cass., Sez. II, 19
luglio 2000, n. 9489; Cass., Sez. II, 7 aprile 2011, n. 8001; Cass., Sez. I, 26 maggio 2014, n.
11757; Cass., Sez. II, 25 maggio 2017, n. 13216; Cass., Sez. I, 17 settembre 2019, n. 23093).
In questa prospettiva, la valida fonte dell'obbligazione di ritrasfe-rire del fiduciario può essere solo un atto negoziale avente struttura bilaterale e dispositiva.
Onere del fiduciante - si legge in Cass., Sez. II, 7 aprile 2011, n. 8001, cit. - è quello "di dimostrare l'esistenza dell'accordo scritto fiduciario, che (ha) preceduto o accompagnato la stipula del contratto di acquisto, con l'assunzione, da parte del fiduciario, dell'obbligo di retrocessione... del bene immobile".
La dichiarazione unilaterale del fiduciario non è ritenuta sufficiente allo scopo, giacchè una ricognizione ex post di un atto solenne ab origine perfezionato informalmente non vale a supplire al difetto della forma richiesta dalla legge ai fini della validità dell'atto (Cass., Sez. I, 18 aprile 1994, n. 3706): ai fini del trasferimento della proprietà immobiliare (e relativi preliminari), il requisito della forma scritta prevista ad substantiam "non può essere sostituito da una dichiarazione confessoria dell'altra parte, non valendo tale dichiarazione nè quale elemento integrante il contratto nè - quando anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto - come prova del medesimo; pertanto, il requisito di forma può ritenersi soddisfatto solo se il documento costituisca l'estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall'altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall'art. 2725 c.c." (Cass., Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163).
Nel ribadire la necessità dell'atto bilaterale scritto, talvolta la giurisprudenza ne mitiga le conseguenze applicando il principio secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura, contro la parte dalla quale proviene, equivale a perfezionamento dell'accordo bilaterale. E' ben vero - afferma Xxxx., Sez. II, 1 aprile 2003, n. 4886 - che l'unilateralità della dichiarazione resa dal fiduciario "contrasta con la necessaria bilateralità del negozio fiduciario, ma, poichè ad avvalersene in giudizio è il contraente del quale manca la sottoscrizione", trova applicazione il consolidato principio per cui "quando... la parte che non abbia sottoscritto l'atto a forma vincolata la produca
in giudizio, invocandone a proprio favore gli effetti e così dando la propria adesione, se l'altra parte non abbia nel frattempo revocato il consenso prima manifestato, il requisito della necessaria consensualità deve ritenersi validamente esistente".
5.2. - Un indirizzo minoritario, inaugurato da Cass., Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633, ritiene invece che l'accordo fiduciario non necessiti indefettibilmente della forma scritta a fini di validità, ben potendo la prescrizione di forma venire soddisfatta dalla dichiarazione unilaterale redatta per iscritto e sottoscritta con cui il fiduciario si impegni a trasferire determinati beni al fiduciante, in attuazione esplicita (ossia con expressio causae) del medesimo pactum fiduciae.
Secondo questo orientamento, a monte della dichiarazione unilaterale con cui il soggetto, riconoscendo il carattere fiduciario dell'intestazione, promette il trasferimento del bene al fiduciante, può stare anche un impegno orale delle parti, e la dichiarazione unilaterale, in quanto volta ad attuare il pactum preesistente, ha una propria "dignità", che la rende idonea a costituire autonoma fonte dell'obbligazione del promittente, purchè contenga la chiara enunciazione dell'impegno e del contenuto della prestazione.
Il nuovo indirizzo muove dalla constatazione della prassi, nella quale "non è infrequente che l'accordo fiduciario non sia scritto, ma che il soggetto in quel momento beneficiario della intestazione si impegni unilateralmente a modificare in un futuro la situazione" secondo gli accordi presi con l'altro soggetto; e dalla considerazione che "una dichiarazione unilaterale non costituisce necessariamente ed esclusivamente una semplice promessa di pagamento, di valore meramente ricognitivo rispetto ad un impegno ad essa esterno". Più precisamente, anche "un impegno che nasce come unilaterale... ha una propria dignità atta a costituire fonte di obbligazioni in quanto è volto ad attuare l'accordo fiduciario preesistente": "la fiducia è la causa dell'intera operazione economica posta in essere, che si articola in diversi negozi giuridici e che colora di liceità e di meritevolezza l'impegno di ritrasferimento assunto (dal fiduciario) con la sottoscrizione del suo impegno unilaterale".
La pronuncia che ha innovato l'orientamento tradizionale richiama, intravedendovi profili di affinità, la svolta di giurisprudenza realizzatasi, con la sentenza 2 settembre 2013, n. 20051, della Terza Sezione, in relazione al mandato senza rappresentanza all'acquisto di beni immobili, per il quale la Corte ha escluso la necessità della forma scritta e ha affermato che si può fare ricorso al rimedio dell'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto nei casi in cui ci sia una dichiarazione unilaterale scritta del mandatario, anche successiva all'acquisto, che contenga un preciso impegno e una sufficiente indicazione degli immobili da trasferire.
L'orientamento inaugurato dalla sentenza 15 maggio 2014, n. 10633, è compendiato nella seguente massima: "La dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario non costituisce semplice promessa di pagamento ma autonoma fonte di obbligazioni se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, e, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell'impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., purchè l'atto unilaterale contenga l'esatta individuazione dell'immobile, con l'indicazione dei confini e dei dati catastali".
5.3. - Nel complessivo panorama giurisprudenziale non possono essere tralasciate altre due pronunce.
Dalla prima - si tratta di Xxxx., Sez. III, 30 gennaio 1985, n. 560 - si ricava il principio secondo cui deve rivestire ad substantiam forma scritta il negozio traslativo di beni immobili dal fiduciario al fidu-ciante in esecuzione del pactum fiduciae, ma non anche quest'ultimo. La motivazione della sentenza contiene infatti il seguente passaggio argomentativo: "Quanto, poi, all'assunto del ricorrente, secondo cui non solo il negozio traslativo di beni immobili dal fiduciario al fiduciante in esecuzione del pactum fiduciae, ma anche quest'ultimo deve rivestire ad substantiam forma scritta, basterà ricordare che siffatta tesi... non trova (...) riscontro nella costruzione dogmatica del negozio fiduciario".
Cass., Sez. IL 27 agosto 2012, n. 14654, a sua volta, pronunciando in un caso riguardante l'intestazione fiduciaria di somme in un conto corrente, si preoccupa tuttavia, in generale, non solo di offrire la definizione di negozio fiduciario, ma anche, in quest'ambito, di dare indicazioni sulla sua forma, nei seguenti termini: la fattispecie del negozio fiduciario "si sostanzia in un accordo tra due soggetti, con cui il primo trasferisce (o costituisce) in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva (reale o personale) per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, ed il fiduciario, per la realizzazione di tale risultato, assume l'obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, e di porre in essere un proprio comportamento coerente e congruo. Trattandosi di fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il pactum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà della forma".
6. - L'indirizzo dominante, nel richiedere la forma scritta ad validitatem del patto fiduciario con oggetto immobiliare, muove da un'equiparazione del patto al contratto preliminare: sia per la somiglianza strutturale (obbligatorietà del futuro contrahere) tra l'uno e l'altro negozio, sia per la similitudine effettuale, che si risolverebbe nell'eadem ratio del requisito di forma imposto dall'art. 1351 c.c.. In sostanza, si riconosce l'esistenza di un collegamento tra l'art. 1351 x.x., x x'xxx. 0000 x.x., xxx xxxxx che, riferendosi l'art. 2392 c.c., a tutti i contratti produttivi di un obbligo a contrarre, anche l'art. 1351 c.c., dovrebbe estendersi a tutti i contratti che obblighino i contraenti a stipulare un ulteriore negozio formale, con la conseguenza che la norma non riguarderebbe soltanto il contratto preliminare, ma ogni negozio fonte di successivi obblighi a contrarre, e tra questi il patto fiduciario.
6.1. - Questo orientamento - dalla dottrina talvolta condiviso o ritenuto plausibile, talaltra considerato frutto di forti e patenti approssimazioni - deve essere rimeditato.
Nel rapporto che si realizza per mezzo di un acquisto compiuto dal fiduciario, per conto del fiduciante, direttamente da un terzo, il pac-tum fiduciae - con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica di cui è investito secondo modalità predeterminate e a ritrasfe-rire la stessa al fiduciante - è assimilabile, ad avviso del Collegio, al mandato senza rappresentanza, non al contratto preliminare.
In questo senso convergono le indicazioni della giurisprudenza e le analisi della dottrina.
Quando pone l'accento sulla struttura e sulla funzione del pactum fiduciae, la giurisprudenza (Cass., Sez. I, 20 maggio 1976, n. 1798) non esita a ricondurre al mandato senza rappresentanza (in particolare, ai rapporti interni tra mandante e mandatario) il patto di ritrasferire al fiduciante il diritto acquistato dal fiduciario. "L'eventualità che la fiducia si estrinsechi attraverso il patto di ritrasferire al fiduciante il diritto acquisito dal fiduciario e che, quindi, venga ad atteggiarsi come un mandato senza rappresentanza (...) è da ritenere (...) perfettamente conforme alla potenziale estensione ed articolabilità del patto relativo": "il mandato senza rappresentanza, infatti, costituendo lo strumento tipico dell'agire per conto (ma non nel nome) altrui, non solo può piegarsi alle esigenze di un pactum fiduciae che contempli l'obbligo del fiduciario di ritrasferire al fiduciante un diritto, ma si pone anzi come la figura negoziale praticamente meglio idonea ad assorbire, senza residui e senza necessità di ulteriori combinazioni, (...) quel determinato intento".
La dottrina, dal canto suo, evidenzia come mandato (in nome proprio) e negozio fiduciario si presentino entrambi come espressioni della interposizione reale di persona: in particolare, con specifico riguardo all'ipotesi, che qui viene in rilievo, del soggetto che abbia acquistato un bene utilizzando la provvista di altri e per seguire le istruzioni ricevute, essa perviene alla conclusione che tale posizione può essere qualificata come mandato o come fiducia, ma che le norme applicabili sono comunque le stesse.
Sul versante del rapporto tra preliminare e patto fiduciario - al di là della affinità legata al fatto che anche nel pactum fiduciae, come nell'obbligo nascente dal contratto preliminare, è ravvisabile un momento iniziale con funzione strumentale rispetto ad un momento finale - la riflessione in sede scientifica mette in luce la diversità degli assetti d'interessi perseguiti dall'una e dall'altra figura.
Nel preliminare, infatti, l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale, e lo precede; nel contratto fiduciario l'effetto reale viene prima, e su di esso s'innesta l'effetto obbligatorio, la cui funzione non è propiziare un effetto reale già prodotto, ma conformarlo in coerenza con l'interesse delle parti. Ne consegue che, mentre l'obbligo di trasferire inerente al preliminare di vendita immobiliare è destinato a realizzare la consueta funzione commutativa, la prestazione traslativa stabilita nell'accordo fiduciario serve, invece, essenzialmente per neutralizzare il consolidamento abusivo di una situazione patrimoniale vantaggiosa per il fiduciario a danno del fiduciante.
Inoltre, l'obbligo nascente dal contratto preliminare si riferisce alla prestazione del consenso relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita), con la conseguenza che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria ed è perciò improntato ad una funzione negoziale tipica; diversamente, nell'atto di trasferimento del fiduciario - analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza (art. 1706 c.c., comma 2) - si ha un'ipotesi di pagamento traslativo, perchè l'atto di trasferimento si identifica in un negozio traslativo di esecuzione, il quale trova il proprio fondamento causale nell'accordo fiduciario e nella obbligazione di dare che da esso origina.
Le differenze esistenti tra il contratto preliminare e il pactum fidu-ciae escludono, dunque, la possibilità di equiparare le due figure ai fini di un eguale trattamento del regime formale.
Quanto, poi, al collegamento tra la natura immobiliare del bene acquistato dal fiduciario e l'esecuzione specifica dell'obbligo di trasferimento rimasto inadempiuto, si è chiarito che il rimedio dell'esecuzione in forma specifica non è legato alla forma del negozio da cui deriva l'obbligo di contrattare, potendo l'art. 2932 c.c., trovare applicazione anche là dove l'obbligo di concludere un contratto riguardi cose mobili e si trovi pertanto contenuto in un contratto non formale, perchè volto, appunto, al trasferimento di beni mobili.
6.2. - La riconduzione allo schema del mandato senza rappresentanza del pactum fiduciae che s'innesta sull'intestazione in capo al fiduciario di un bene da questo acquistato utilizzando la provvista fornita dal fiduciante, orienta la soluzione del problema della forma dell'impegno dell'accordo fiduciario con oggetto immobiliare.
Invero, al fine di stabilire se un contratto atipico sia o meno soggetto al vincolo di forma, occorre procedere - secondo l'insegnamento di autorevole dottrina - con il metodo dell'analogia, ed accertare se il rapporto di somiglianza intercorra con un contratto tipico a struttura debole (tale essendo quello strutturato dal legislatore sui tre elementi dell'accordo, della causa e dell'oggetto, senza alcun requisito di forma) o con un contratto tipico a struttura forte (nel quale invece il requisito della forma concorre ad integrare la fattispecie), perchè soltanto nel secondo caso anche per il negozio atipico è configurabile il requisito di forma.
6.3. - Ora, il mandato senza rappresentanza che abbia per oggetto l'acquisto di beni immobili per conto del mandante e in nome del mandatario, è un contratto a struttura debole.
Superando l'orientamento, che risaliva a una pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1954, n. 3861), che, considerato l'esito reale mediato, garantito da un meccanismo legale munito di forte effettività, estendeva al mandato il vincolo di forma prescritto per il contratto traslativo immobiliare, la giurisprudenza di questa Corte - a partire dalla citata sentenza della Terza Sezione 2 settembre 2013, n. 20051, alla quale ha fatto seguito Xxxx., Sez. III, 28 ottobre 2016, n. 21805 - ha infatti statuito che, in ossequio al principio di libertà della forma, il mandato senza rappresentanza per l'acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta e che il rimedio dell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferire al mandante l'immobile acquistato dal mandatario è esperibile anche quando il contratto di mandato senza rappresentanza sia privo di forma scritta.
A tale approdo la giurisprudenza di legittimità è pervenuta rilevando che:
- tra il mandante e il mandatario senza rappresentanza trova applicazione il solo rapporto interno, laddove la necessità della forma scritta si impone per gli atti che costituiscono titolo per la realizzazione dell'effetto reale in capo alla parte del negozio;
- le esigenze di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell'atto, sottese all'imposizione della forma scritta quale requisito di validità del contratto traslativo del diritto reale sul bene immobile, non si pongono con riferimento al mandato ad acquistare senza rappresentanza, dal quale non sorgono effetti reali, ma meramente obbligatori;
- i requisiti di forma scritta concernono esclusivamente l'acquisto che il mandatario effettua dal terzo (rapporto esterno) e per quello di successivo trasferimento in capo al mandante del diritto reale sul bene immobile a tale stregua acquistato;
l'art. 1351 c.c. è norma eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica, e neppure di applicazione estensiva, attesa l'autonomia e la netta distinzione sussistente tra mandato e contratto preliminare.
6.4. - Analogamente a quando avviene nel mandato senza rappresentanza, dunque, anche per la validità dal pactum fiduciae prevedente l'obbligo di ritrasferire al fiduciante il bene immobile intestato al fiduciario per averlo questi acquistato da un terzo, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio.
L'accordo concluso verbalmente è fonte dell'obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare.
Se le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, ma lo hanno concluso verbalmente, potrà porsi un problema di prova, non di validità del pactum.
L'osservanza del requisito della forma scritta è invece imposta, in base all'art. 1350 c.c., per gli atti traslativi: per il contratto, iniziale, di acquisto dell'immobile da parte del fiduciario e per il successivo atto di ritrasferimento ad opera del medesimo.
6.5. - L'esclusione della necessità della forma scritta per il pactum fiduciae con oggetto immobiliare riconcilia la soluzione giurisprudenziale con la storia e con l'esperienza pratica del negozio fiduciario.
La dottrina italiana sulla teoria generale del negozio giuridico ha infatti consegnato alla comunità degli interpreti l'affermazione che non è necessario che l'intesa fiduciaria, rivolta a limitare i poteri del fiduciario, risulti dal tenore documentale del negozio. Questo insegnamento - che corrisponde ad un'idea risalente, ossia al rilievo che il pactum fiduciae è soggetto ad una intesa segreta - non è rimasto privo di riscontro negli svolgimenti giurisprudenziali. Si è infatti statuito (Cass., 13 gennaio 1941, n. 90) che il contratto fiduciario è perfettamente configurabile nel diritto vigente, in quanto con esso si ponga in essere, effettivamente, il contratto che appare dallo scritto, ma con un vincolo o con una limitazione o condizione non espressa ed affidata alla fiducia dell'altro contraente. In questa stessa prospettiva, si è ribadito (Cass., Sez. I, 22 maggio 1947, n. 794) che si ha negozio fiduciario quando, oltre ai patti risultanti dallo scritto, si ponga in essere un patto non espresso affidato alla fiducia di uno dei contraenti.
D'altra parte, la dimensione pratica del fenomeno fiduciario, quale emerge dal contesto complessivo delle controversie venute all'esame dei giudici, offre un quadro variegato di accordi fiduciari verbali tra coniugi, conviventi e familiari relativi alla intestazione di immobili acquistati in tutto o in parte con denaro di uno solo di essi, nel quale le parti, per motivi di opportunità, di lealtà e di fiducia reciproca, sono restie a consegnare in un atto scritto il pactum tra di esse intervenuto. Proprio rivolgendo l'analisi all'esperienza e ai modi di attuazione dei comportamenti, un'autorevole dottrina è giunta alla conclusione che condizionare all'osservanza della forma scritta la validità del patto fiduciario significherebbe praticamente escludere la rilevanza pratica della fiducia in molte ipotesi di fiducia cum amico, dato che la formalità del patto finirebbe quasi sempre per incidere sulla dimensione pratica del comportamento, escludendone la fiduciarietà dal punto di vista della morfologia del fenomeno empirico.
7. - Fissato il principio secondo cui non è richiesta la forma scritta per la validità del patto fiduciario avente ad oggetto l'obbligazione del fiduciario di ritrasferire al fiduciante l'immobile dal primo
acquistato da un terzo in nome proprio, si tratta di stabilire la rilevanza della posteriore dichiarazione scritta con cui l'interposto, riconosciuta l'intestazione fiduciaria, si impegna ad effettuare, in favore del fiduciante o di un terzo da lui indicato, il ritrasferimento finale.
7.1. - Le Sezioni Unite ritengono che la dichiarazione ricognitiva dell'interposizione reale e promissiva del ritrasferimento non rappresenta il vestimentum per mezzo del quale dare vigore giuridico, con la forma richiesta dalla natura del bene, a quello che, altrimenti, sarebbe un nudo patto.
Infatti, una volta ammessa la validità del patto fiduciario immobiliare anche se stipulato verbis, il fiduciario dichiarante è già destinatario di una obbligazione di ritrasferimento, e tale patto non scritto è il titolo che giustifica l'accoglimento della domanda giudiziale di esecuzione specifica dell'obbligo di ritrasferimento su di lui gravante.
7.1.1. - D'altra parte, non sussistono ostacoli ad ammettere, a tutela del fiduciante deluso, il particolare rimedio di cui all'art. 2932 c.c.: avendo questa Corte chiarito che l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad altro negozio, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere ex lege (Cass., Sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160); ed avendo la dottrina riconosciuto la possibilità di ricorrere al meccanismo che l'art. 2932 c.c., tipicamente configura per ottenere in forma specifica l'esecuzione dell'obbligo, che il fiduciario si è assunto con la stipulazione del pactum, di ritrasferire al fidu-ciante - o a un terzo da lui designato - il bene o la posizione di titolarità.
7.2. - Il fiduciante deluso che si affidi ad un patto stipulato verbis, tuttavia, potrebbe avere difficoltà di dimostrare in giudizio l'intervenuta stipulazione dell'accordo e di ottenere la sentenza costitutiva nei confronti del fiduciario infedele.
7.3. - Si spiegano, allora, il ruolo e il significato della dichiarazione scritta del fiduciario.
La dichiarazione ricognitiva dell'intestazione fiduciaria e promissiva del ritrasferimento è infatti un atto unilaterale riconducibile alla figura della promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., la cui funzione è quella di dispensare "colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale", l'esistenza di questo presumendosi fino a prova contraria.
Da tale dichiarazione non dipende la nascita dell'obbligo del fiduciario di ritrasferire l'immobile al fiduciante: essa non costituisce fonte autonoma di tale obbligo, che deriva dal pactum, anche se stipulato soltanto verbalmente, ma è produttiva dell'effetto di determinare la relevatio ab onere probandi e di rafforzare così la posizione del fiduciante destinatario della dichiarazione stessa, il quale, in virtù di questa, è esonerato dall'onere di dimostrare il rapporto fondamentale.
Si è dunque in presenza di una astrazione processuale, perchè il rapporto fondamentale deve bensì sempre esistere (in tal senso non vi è astrazione sostanziale o materiale), ma la sua esistenza, a seguito della dichiarazione ricognitiva e promissiva del fiduciario, è presunta iuris tantum, risolvendosi così la vicenda in un'inversione dell'onere della prova. In altri termini, rendendo la dichiarazione, il fiduciario non assume l'obbligazione di ritrasferimento, essendo egli già obbligato in forza del pactum fiduciae, ancorchè stipulato verbalmente; assume, piuttosto, l'onere di dare l'eventuale prova contraria dell'esistenza, validità, efficacia, esigibilità o non avvenuta estinzione del pactum, così come dei suoi limiti e contenuto, ove difformi da quanto promesso o riconosciuto.
Tale soluzione si pone in linea con l'insegnamento di questa Corte (Cass., Sez. I, 13 ottobre 2016, n. 20689), secondo cui la promessa di pagamento non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della causa debendi, da cui deriva una semplice relevatio ab onere probandi che dispensa il destinatario della dichiarazione dall'onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, venendo, così, meno ogni effetto vincolante ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero
che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento o dalla promessa.
Occorre evidenziare che dall'art. 1988 c.c., non è richiesto che promessa di pagamento e ricognizione di debito contengano un riferimento al titolo dell'obbligazione, e che le dichiarazioni titolate sono tuttavia ammissibili e riconducibili alla disciplina dettata da tale disposizione. Si è infatti affermato che la ricognizione di debito titolata, che comporta la presunzione fino a prova contraria del rapporto fondamentale, si differenzia dalla confessione, che ha per oggetto l'ammissione di fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli all'altra parte: ne consegue che la promessa di pagamento, ancorchè titolata, non ha natura confessoria, sicchè il promittente può dimostrare l'inesistenza della causa e la nullità della promessa (Xxxx., Xxx. III, 5 luglio 2004, n. 12285; Cass., Sez. III, 31 luglio 2012, n. 13689; Cass., Sez. H, 5 ottobre 2017, n. 23246).
8. - Preme sottolineare che una prospettiva analoga è stata delineata, nell'udienza di discussione, dall'Ufficio della Procura Generale, parte pubblica chiamata, nel processo civile di cassazione, a collaborare all'attuazione dell'ordinamento in maniera indipendente rispetto agli interessi concreti delle parti.
Il pubblico ministero ha infatti messo in luce che "non sussistono nè principi generali dell'ordinamento, nè disposizioni di legge che consentano di negare la possibilità di attribuire efficacia all'atto scritto unilaterale ricognitivo di un precedente negozio fiduciario tra le parti, che in esecuzione di tale accordo, raggiunto nel rispetto del principio di libertà delle forme, contenga l'impegno a trasferire un immobile": "non i principi in materia di forma, dominati dal principio della libertà delle forme, le cui deroghe non sono suscettibili di applicazione analogica ex art. 14 preleggi"; "non la necessaria liceità causale e meritevolezza dell'impegno negoziale assunto dalle parti, poichè la prospettiva più favorevole alla libertà delle forme non impedisce tale apprezzamento da parte del giudice chiamato a dirimere le relative controversie".
9. - Conclusivamente, a risoluzione del contrasto di giurisprudenza sollevato con l'ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione, le Sezioni Unite enunciano i seguenti principi di diritto:
"Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s'innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario";
"La dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile e promissiva del suo ritrasfe-rimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell'art. 1988 c.c., un'astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell'onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria".
10. - Alla luce degli enunciati principi di diritto, il primo motivo di ricorso va dichiarato infondato, anche se deve essere corretta la motivazione in diritto della sentenza impugnata.
La Corte di Napoli è giunta alla conclusione che tra le parti in causa è intervenuto, con riguardo alla compravendita di cui all'atto del notaio Ma. del (OMISSIS), un accordo fiduciario per il trasferimento dell'immobile a D.B.: immobile intestato alla M. e ad altro fratello del fiduciante, D.A., ma acquistato e poi completato dallo stesso D.B..
Nell'accertare con logico e motivato apprezzamento, alla stregua delle risultanze processuali, che l'operazione economica realizzata dalle parti configura effettivamente un negozio fiduciario, la Corte partenopea ha però collegato il diritto di D.B. ad ottenere la pronuncia ex art. 2932 c.c., non al patto concluso verbalmente - avendolo dichiarato nullo per difetto di forma, sulla premessa che "il negozio fiduciario, richiedendo la forma scritta ad substantiam, (è) nullo laddove difetti tale requisito formalistico" -, ma alla successiva dichiarazione fiduciaria della M., cogliendo in tale impegno "non... un negozio autonomo ma un... elemento dell'operazione fiduciaria". In sostanza, secondo la
Corte territoriale, alla sussistenza di un collegamento negoziale, connaturato al negozio fiduciario, tra l'atto di compravendita del 1984 e la scrittura privata del 2002 non è di ostacolo nè il lungo lasso temporale tra i due atti, non essendo richiesta la contestualità dei due negozi, nè la unilateralità della scrittura successiva, atteso che la produzione in giudizio con la dichiarata intenzione di valersene equivale ad accettazione.
Ora, le premesse da cui ha preso avvio la sentenza impugnata vanno corrette, una volta che queste Sezioni Unite hanno riconosciuto la validità del patto fiduciario immobiliare stipulato verbalmente ed hanno escluso la necessità di individuare nella posteriore dichiarazione scritta resa dal fiduciario la fonte dell'obbligazione di ritrasferire il bene al fiduciante.
Così emendata la motivazione in diritto della sentenza della Corte d'appello, la statuizione dalla stessa resa si sottrae alle censure articolate con il motivo, ben potendo la prova dell'intervenuta stipulazione del pactum ravvisarsi nella dichiarazione scritta della M., promissiva del pagamento traslativo sulla base della ricognizione della disgiunzione, nel rapporto interno, tra titolarità formale del complesso immobiliare e appartenenza economica sostanziale dello stesso.
D'altra parte, va anche escluso, per completezza, che ci si trovi di fronte ad una promessa priva di titolazione, giacchè il dichiarato impegno della M. a ritrasferire la porzione del complesso immobiliare al cognato D. trova, appunto, la sua premessa giustificativa nella ricognizione del rapporto sotteso alla dissociazione tra la titolarità giuridica formale del bene in capo all'interposta e la situazione di appartenenza economica sostanziale dello stesso in capo al fidu-ciante (essendo stato l'edificio "acquistato e poi completato dallo stesso D.B.", che ha provveduto anche a rimborsare "tutte le tasse e spese... sostenute" dall'intestataria).
10. - Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
10.1. - Là dove denuncia il difetto, nella scrittura privata del 2002, del requisito della determinatezza o della determinabilità dei beni immobili oggetto della promessa di trasferimento, il motivo prospetta per la prima volta in cassazione una questione non esaminata con la sentenza qui impugnata e il cui scrutinio presuppone un'indagine di fatto che non risulta essere stata sollecitata con l'atto di appello. E' invero pacifico che già la sentenza di primo grado ritenne dimostrata, sulla base delle "espresse ed inequivocabili dichiarazioni rese dalla convenuta nella scrittura privata del 28 marzo 2002", l'esistenza della interposizione reale intervenuta tra la M. e il D. nella intestazione "dei beni immobili oggetto dell'atto stipulato per notaio Xx.Xx. in data (OMISSIS)", e, in accoglimento della domanda ai sensi dell'art. 2932 c.c., dichiarò pertanto trasferiti tali beni immobili in favore del D. o di persona da lui nominata.
Risulta per tabulas, dalla sentenza della Corte di Napoli e dalla stessa sommaria esposizione dei fatti di causa compiuta dalla odierna ricorrente, che con l'atto di gravame la M. ha impugnato la pronuncia del Tribunale sotto i seguenti profili:
- in primo luogo, là dove era stata ritenuta provata l'esistenza del pactum fiduciae in assenza di patto scritto, mancanza non sopperibile con la scrittura privata del 28 marzo 2002, la quale, avendo carattere confessorio, sarebbe stata inidonea;
- in secondo luogo, là dove si era tenuto conto della transazione intervenuta con D.A. e P.P., nonostante si trattasse di res inter alios acta;
- in terzo luogo, in relazione all'erronea interpretazione della scrittura del 2002, dall'appellante ritenuta non idonea a sostenere le ragioni dell'attore, e alla circostanza che tale atto era intervenuto quando oramai il diritto dell'attore era prescritto;
- infine, con riguardo all'equivocità della formula utilizzata nel dispositivo della sentenza (apparentemente di accertamento, in realtà con effetti costitutivi ai sensi dell'art. 2932 c.c.) e alla mancanza di statuizioni concernenti le annotazioni nei pubblici registri immobiliari.
Nessuna doglianza è stata articolata con l'atto di appello con riferimento alla questione, che qui viene dedotta, della mancanza, nella dichiarazione del marzo 2002, dell'indicazione precisa dei confini e dei dati catastali relativi agli immobili oggetto dell'impegno a trasferire, e della discrasia tra l'impegno, risultante dalla predetta scrittura, a trasferire il complesso immobiliare per la "quota"
di pertinenza e la circostanza che, in realtà, la M. è proprietaria esclusiva di quattro unità residenziali, mentre gli unici beni in proprietà comune sono la corte pertinenziale e i locali cantinati. Si tratta, evidentemente, di questione nuova (la ricorrente non indica i luoghi del processo di merito dove la stessa sia stata posta o trattata): questione che, presupponendo indagini in fatto, non può essere sollevata per la prima volta in cassazione.
10.2. - Priva di fondamento è, poi, la censura, con cui, reiterando un profilo di doglianza già dedotto con il primo motivo, si lamenta che sia stato riconosciuto sussistente, in capo alla M., un obbligo di trasferimento privo di giustificazione causale, mancando un sottostante rapporto fiduciario.
11. - Il primo e il secondo motivo sono rigettati.
Ai sensi dell'art. 142 disp. att. c.p.c., la causa va rimessa alla Seconda Sezione per la decisione, con separata sentenza, del terzo e del quarto motivo, il cui esame non dipende dalla soluzione del contrasto di giurisprudenza.
PQM
La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso e rimette la causa alla Seconda Sezione per la decisione, con separata sentenza, del terzo e del quarto motivo.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2020. Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020
Omissis…
C. Dottrina
1. Le Sezioni Unite sulla forma del pactum fiduciae con oggetto immoniliare di X. Xxxxxxxxx in
Contratti, 2020, 3, 257.
Sommario: Premessa - L'indirizzo giurisprudenziale tradizionale sulla forma scritta del pactum fiduciae immobiliare - La sentenza delle Sezioni Unite - La dichiarazione del fiduciario di ricognizione del pactum fiduciae e promissiva del trasferimento al fiduciante - Pactum fiduciae e requisito formale dei contratti traslativi immobiliari - Pactum fiduciae e obbligo di contrarre - Conclusioni: le conseguenze pratiche del principio affermato dalle Sezioni Unite Premessa
La sentenza in commento ricorda opportunamente che il negozio fiduciario si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica, perché all'unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per effetti pratici(1).
Diventa allora importante definire la casistica propriamente interessata dal principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite in tema di libertà della forma del pactum fiduciae immobiliare, dal momento che questo patto può presentare diversi aspetti ed assolvere a svariate funzioni secondo quelli che sono gli interessi del fiduciante e gli obblighi da lui imposti al fiduciario.
Il principio che le Sezioni Unite hanno pronunciato, overruling una consolidata giurisprudenza che imponeva l'osservanza della forma scritta del patto, riguarda specificamente i casi in cui il fiduciario acquista e s'intesta un immobile con denaro fornito dal fiduciante, desideroso di celare ai terzi la consistenza del proprio patrimonio, e si impegna a trasferire a quest'ultimo l'immobile stesso non appena ne sia richiesto. Si tratta di casi che vengono inquadrati nella categoria della fiducia "statica", mentre appartengono alla categoria della fiducia "dinamica" i casi in cui il fiduciante trasferisce un bene di sua proprietà al fiduciario per gli scopi concordati nel pactum fiduciae.
Invece anche prima dell'intervento delle Sezioni Unite la forma scritta del pactum fiduciae non sempre era richiesta per i casi in cui il fiduciario acquistava un immobile con denaro fornito dal fiduciante e si obbligava a farne un qualunque uso diverso dal trasferimento di esso al fiduciante(2): ad esempio, vendere il bene e retrocedere al fiduciante la somma conseguita, vendere il bene per pagare i creditori del fiduciante e retrocedergli l'eventuale residuo, trasferire a un terzo il bene (eventualmente dopo la morte del fiduciante)(3), ecc.
Dopo la sentenza delle Sezioni Unite il principio della libertà delle forme vale per qualunque pactum fiduciae immobiliare, quali che siano gli obblighi imposti dal fiduciante al fiduciario in relazione al bene immobile a lui intestato.
L'indirizzo giurisprudenziale tradizionale sulla forma scritta del pactum fiduciae immobiliare L'indirizzo giurisprudenziale precedente si era consolidato attraverso una numerosa serie di sentenze, richiamate con precisione dalla sentenza delle Sezioni Unite(4) e relative all'obbligo del fiduciario di trasferire al fiduciante l'immobile acquistato con la provvista fornita da quest'ultimo, le quali avevano tralatiziamente argomentato sulla base sostanzialmente di due considerazioni. La prima considerazione riguardava la ratio della essenzialità della forma scritta prevista dall'art. 1350 c.c. per i contratti da esso elencati, che era vista nella certezza come requisito indispensabile data la rilevanza economico-sociale dei contratti stessi. La seconda considerazione si richiamava all'art. 1351 c.c. per il contratto preliminare, da ritenersi applicabile anche al pactum fiduciae in quanto sostanzialmente assimilabile al preliminare in virtù dell'obbligo di emettere una dichiarazione di volontà di concludere il contratto voluto dal fiduciante.
Il medesimo iter argomentativo era stato percorso dalla altrettanto consolidata giurisprudenza di legittimità, con l'eccezione di una breve parentesi nei primi Xxxx Xxxxxxxxx, che si era pronunciata in merito al mandato senza rappresentanza ad acquistare beni immobili, figura la cui affinità al pactum fiduciae immobiliare è sottolineata dalle Sezioni Unite. Anche per questo mandato si riteneva necessaria la forma scritta e anche per questo mandato la necessità della forma scritta era argomentata dall'analogia con il preliminare rafforzata dal richiamo all'art. 2932
c.c. contenuto nell'art. 1706, comma 2, c.c.(5). Anche per il mandato senza rappresentanza ad acquistare beni immobili questo consolidato indirizzo tradizionale è stato overruled nel 2013 da una sentenza della Sezione Terza della Corte richiamata dalle Sezioni Unite e sulla quale si tornerà più avanti.
La sentenza delle Sezioni Unite
L'iter argomentativo delle Sezioni Unite si fonda essenzialmente su due pilastri.
Il primo pilastro consiste nel rigetto dell'equiparazione del patto al contratto preliminare. Osserva la sentenza che, mentre il preliminare obbliga alla conclusione di un contratto traslativo qualificato da una causa propria, invece l'atto del mandatario di trasferimento del bene al fiduciante configura un caso di pagamento traslativo che trova il proprio fondamento causale nello stesso pactum fiduciae e nell'obbligazione di dare che ne deriva, e quindi non presuppone un obbligo alla conclusione di alcun contratto aventi effetti reali immediati o differiti. Le differenze esistenti tra contratto preliminare e pactum fiduciae escludono pertanto, secondo la Corte, la possibilità di equiparare le due figure sotto l'aspetto formale.
Il secondo pilastro consiste nel richiamo al mandato senza rappresentanza quale figura negoziale meglio idonea a realizzare l'intento del fiduciante. A tale riguardo la sentenza, sulla scorta di una altrettanto innovativa sentenza del 2013 in tema di forma del mandato ad acquistare beni immobili(6), distingue il lato interno tra mandante e mandatario (cioè tra fiduciante e fiduciario) e il lato esterno tra mandatario e terzo (cioè tra fiduciario e terzo). Il rapporto interno crea solo effetti obbligatori (e non reali) tra le parti, dal momento che il mandante (fiduciante) non ha alcun rapporto con i terzi (art. 1705, comma 2, c.c.), sicché esso non è soggetto alla forma scritta. Il requisito formale riguarda invece solo il lato esterno tra mandatario e terzo (cioè tra fiduciario e terzo) ed è essenziale per un valido acquisto immobiliare in capo al mandatario (fiduciario) tale per cui quest'ultimo possa validamente adempiere al successivo trasferimento del bene al mandante (fiduciante)(7).
La sentenza conclude nel senso che "l'accordo concluso verbalmente è fonte dell'obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare".
La dichiarazione del fiduciario di ricognizione del pactum fiduciae e promissiva del trasferimento al fiduciante
Corollario della decisione delle Sezioni Unite è il richiamo all'onere della prova: "se le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, ma lo hanno concluso verbalmente, potrà porsi un problema di prova, non di validità del pactum".
Xxxxx restando che l'onere della prova del patto verbale incombe al fiduciante, la sentenza passa ad esaminare la rilevanza di quelle dichiarazioni ricognitive del pactum e promissive del trasferimento al fiduciante che spesso quest'ultimo si fa rilasciare prudenzialmente dal fiduciario, come appunto era avvenuto nella fattispecie concreta oggetto di valutazione delle Sezioni Unite.
A questo riguardo la sentenza della Corte n. 10633/2014(8) aveva giudicato, in relazione alla dichiarazione del fiduciario ricognitiva del pactum fiduciae e contenente il preciso impegno al trasferimento del bene al fiduciante, che una siffatta promessa unilaterale costituiva un'autonoma fonte dell'obbligazione del fiduciario al trasferimento al fine di attuare l'accordo fiduciario preesistente e poteva essere azionata con il ricorso all'art. 2932 cc., superando così la forma orale del patto.
La dottrina ha avuto buon gioco a mettere in rilievo la insostenibilità di questa tesi, sia perché le promesse unilaterali sono tipiche nel senso che non producono effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge (art. 1987 c.c.) e la promessa de qua è atipica, sia perché l'obbligo del fiduciario al trasferimento sorge già dal pactum fiduciae, perciò delle due l'una: o il patto orale è valido, e allora l'obbligo di trasferimento non può sorgere una seconda volta autonomamente dalla dichiarazione unilaterale del fiduciario, che sarebbe semmai solo la ricognizione in forma scritta dell'impegno sorto con il patto orale; oppure il patto orale è nullo, e allora l'impegno unilaterale del fiduciario al trasferimento sarebbe privo di causa(9). Si è parlato al riguardo con franchezza di una giurisprudenza chiaramente contra legem(10).
La sentenza in commento non si è dovuta esprimere in merito a questo imbarazzante precedente perché ha avuto buon gioco nell'affermare che una siffatta dichiarazione non costituisce fonte autonoma di trasferimento dell'immobile al fiduciante per la ragione che una volta ammessa la validità del patto fiduciario anche se stipulato verbalmente il fiduciario dichiarante è già destinatario di una valida obbligazione di trasferimento e il patto fiduciario non scritto è un titolo che giustifica il ricorso all'art. 2932 c.c. La dichiarazione ricognitiva del patto fiduciario e promissiva del trasferimento del bene al fiduciante è - afferma la sentenza - una promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c. la cui funzione è quella di dispensare il fiduciante di dare la prova del patto fiduciario stipulato verbalmente, questo presumendosi fino a prova contraria così come riconosciuto nella dichiarazione de qua, e di addossare al fiduciario dichiarante l'onere di provare che il patto fiduciario non è mai stato concluso o che è invalido, modificato o è estinto, con la precisazione che la promessa di pagamento ancorché titolata non ha natura confessoria, sicché il promittente (il fiduciario) può sempre dimostrare l'inesistenza della causa e la nullità della promessa ovvero che il rapporto fondamentale (patto fiduciario) poneva regole diverse da quelle risultanti dalla dichiarazione ricognitiva.
Pactum fiduciae e requisito formale dei contratti traslativi immobiliari
L'indirizzo giurisprudenziale tradizionale ora superato dalle Sezioni Unite ha mostrato che il punto nodale della controversia in merito alla forma del patto fiduciario immobiliare sta nel discusso rapporto tra questo patto e l'art. 1351 c.c. stabilito per il preliminare.
Prima di addentrarci nell'esame del suddetto rapporto è opportuno soffermarsi sulle ragioni che solitamente si adducono per giustificare l'onere della forma scritta ad substantiam che l'art. 1350, n. 1, c.c., impone, tra gli altri contratti, per i contratti traslativi immobiliari e valutare se tali ragioni ricorrono anche nel caso di pactum fiduciae immobiliare.
Si afferma sovente che la forma scritta dei suddetti contratti traslativi è imposta per una adeguata riflessione resa opportuna dal particolare valore economico di una transazione immobiliare. Non ci sembra che una siffatta ragione ricorra anche nel caso del pactum fiduciae immobiliare sì da imporre la forma scritta. Infatti un patto fiduciario verbale, sicuramente valido, potrebbe avere, e spesso ha, per oggetto l'affidamento al fiduciario di somme ingenti per la loro gestione finanziaria di gran lunga superiori al valore di un bene immobile, il quale rappresenta un valore sicuro che comunque resta acquisito al patrimonio del fiduciante e non è soggetto alle alterne sorti di una gestione finanziaria. Si afferma, inoltre, che la forma scritta è funzionale ad una responsabilizzazione del consenso, nel senso che serve a prevenire decisioni poco ponderate dalle quali potrebbero derivare conseguenze patrimoniali negative ormai irreversibili. Nei casi in esame questa ratio non ricorre perché il fiduciante-mandante rimane dominus dell'operazione affidata al fiduciario-mandatario, nel senso che egli può in ogni momento modificare le istruzioni date a quest'ultimo e al limite può sempre revocare il mandato fiduciario (art. 1722, n. 2, c.c.).
Si afferma, ancora, che la forma scritta ad substantiam per i contratti traslativi immobiliari è prescritta nell'interesse dei terzi. Anche questa ragione non ricorre per il pactum fiduciae immobiliare perché esso, avendo effetti meramente obbligatori e non reali, non è minimamente in grado di pregiudicare i terzi, tanto che non è ammissibile la trascrizione di un pactum fiduciae scritto non rientrando esso nella categoria degli atti trascrivibili nei pubblici registri immobiliari. Infatti, se il fiduciario abusa della sua posizione di proprietario e vende a un terzo l'immobile che avrebbe dovuto trasferire al fiduciante, il terzo ne acquista la proprietà, anche se è in mala fede e perfino se è complice del fiduciario. In quest'ultimo caso il terzo complice potrà solo essere chiamato dal fiduciante a risarcire il danno in solido con il fiduciario.
Se il fiduciante, subodorando il pericolo di un comportamento abusivo del fiduciario, agisce in giudizio contro costui per ottenere una sentenza costitutiva che ai sensi dell'art. 2932 c.c. gli trasferisca l'immobile oggetto del patto fiduciario, la sua domanda giudiziale è trascrivibile ai sensi dell'art. 2652, comma 1, n. 2, c.c. e in questo modo sono salvaguardati gli interessi dei terzi.
In conclusione, non vi sono plausibili ragioni per affermare che la ratio sottesa all'onere della forma scritta richiesta dall'art. 1350, n. 1, c.c. per i contratti traslativi immobiliari sia estensibile al pactum fiduciae.
Ulteriore conferma che la forma scritta stabilita per i contratti di cui all'art. 1350, n. 1, c.c. non è richiesta per il patto fiduciario sta nel fatto che esso, a differenza di quelli, non produce nei rapporti interni effetti immobiliari traslativi ancorché il fiduciario abbia l'incarico di acquistare un immobile con il denaro fornito dal fiduciante. Infatti nel mandato senza rappresentanza "i terzi non hanno alcun rapporto con il mandante" (art. 1705, comma 2, c.c.) e pertanto il negozio gestorio immobiliare compiuto dal fiduciario produce effetti solo tra lui e il terzo senza ripercuotersi con effetti reali diretti nei confronti del fiduciante.
Pactum fiduciae e obbligo di contrarre
Venendo dunque all'art. 1351 c.c. stabilito per il preliminare, la sentenza mette in luce la diversità degli assetti d'interessi perseguiti dall'una e dall'altra figura. Nel preliminare di vendita - osserva la sentenza - l'obbligo di trasferire è destinato a realizzare la funzione commutativa della vendita, mentre nel patto fiduciario la prestazione traslativa serve a neutralizzare il consolidamento di un acquisto in capo al fiduciario che altrimenti resterebbe ingiustificato. Inoltre - prosegue la sentenza - l'obbligo nascente dal preliminare è finalizzato alla conclusione di un contratto traslativo dotato di una causa propria mentre l'atto di trasferimento del fiduciario configura un pagamento traslativo che trova il proprio fondamento causale nello stesso patto fiduciario e nell'obbligo di dare che ne consegue.
Ad avviso di chi scrive, il primo dei due argomenti sopra menzionati mette bensì in luce una innegabile diversità di funzioni tra l'effetto obbligatorio del preliminare e l'effetto obbligatorio del patto fiduciario, ma evita lo scoglio determinato dall'effetto reale immobiliare che discende dall'adempimento da parte del fiduciario dell'obbligo di trasferimento al fiduciante.
È il secondo argomento, quello del pagamento traslativo, che a nostro avviso convince del fondamento del principio deciso dalle Sezioni Unite(11). Questo secondo argomento supera il tradizionale richiamo, peraltro inficiato da contraddizioni interne, all'art. 1351 c.c., e lo supera anche se tale norma viene sganciata dal contratto preliminare e sulla base di una interpretazione estensiva viene riferita a "qualunque atto di volontà negoziale con il quale ci si impegni a contrarre richiede la stessa forma del contratto che ci si obbliga a concludere"(12).
Sembra invero plausibile ritenere che l'indirizzo giurisprudenziale tradizionale si fosse formato sulla base del seguente ragionamento: stipulando il pactum fiduciae il fiduciario si obbliga ad acquistare un immobile con il denaro fornito dal fiduciante e nello stesso tempo s'impegna a contrarre con il fiduciante al fine di ritrasferirgli l'immobile così acquistato, di qui l'applicabilità dell'art. 1351
c.c. interpretato come sopra.
Si tratta di un ragionamento privo di fondamento per più ragioni.
Invero, al momento della conclusione del pactum fiduciae il fiduciario non è in grado di manifestare una valida volontà di contrarre con il fiduciante finalizzata al trasferimento dell'immobile per la ragione che in quel momento il fiduciario non ha ancora acquistato, mediante la provvista fornita dal fiduciante, la proprietà dell'immobile da trasferire al fiduciante stesso e pertanto sarebbe una volontà di trasferire "vuota", priva di oggetto(13). Inoltre non può essere configurato un impegno del fiduciario a contrarre con il fiduciante per la ragione che non vi è una duplicità di contratti, uno attuale e l'altro futuro, bensì vi è un solo contratto, cioè il patto fiduciario(14). Infine il trasferimento dell'immobile al fiduciante - tanto nella fiducia "statica" quanto in quella "dinamica" - non dipende da un impegno negoziale del fiduciario dichiarato con il pactum fiduciae, bensì è imposto da una obbligazione contrattuale che origina ex lege dal patto fiduciario (art. 1706, comma 2, c.c.), e l'atto del fiduciario che trasferisce il bene al fiduciante non è adempimento di un contratto distinto dal pactum fiduciae, bensì configura un pagamento traslativo che trova la sua causa giustificativa nello stesso pactum fiduciae(15).
Conclusioni: le conseguenze pratiche del principio affermato dalle Sezioni Unite
Il principio della validità del pactum fiduciae orale, oltre a non essere in contrasto con quanto disposto dagli artt. 1350 e 1351 c.c., presenta importanti ricadute pratiche.
Un primo rilevante aspetto è quello di mettere a disposizione del fiduciante un efficace mezzo di contrasto del rifiuto del fiduciario di trasferire l'immobile, cioè il ricorso alla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.(16).
Un terzo aspetto riguarda la situazione giuridica che si viene a creare con l'avvenuto trasferimento dell'immobile al fiduciante. Se il patto fiduciario fosse nullo per difetto della forma scritta, questo pagamento traslativo sarebbe privo di causa e il fiduciario potrebbe sempre pentirsi e rivendicarne la proprietà (pur restando tenuto alla restituzione al fiduciante delle somme ricevute per l'esecuzione dell’incarico)(18). Anche i creditori del fiduciario potrebbero far valere, come terzi interessati, la nullità del patto fiduciario e procedere a soddisfarsi sul bene stesso.
Oltre a questi aspetti derivanti dalla validità/invalidità di un pactum fiduciae orale, la forma libera del patto consente al fiduciante di gestire con l'opportuna flessibilità le istruzioni al fiduciario ancorché riguardino direttamente o indirettamente beni immobili. Si pensi al caso in cui il fiduciante affida al fiduciario dei capitali o degli strumenti finanziari per la loro gestione e dopo qualche tempo gli dà disposizione di alienare parte del gestito, di acquistare un immobile e di intestarselo in vista di un futuro ritrasferimento: secondo l'indirizzo tradizionale il patto fiduciario orale sarebbe sorto validamente non avendo oggetto immobiliare, ma poi il fiduciante non avrebbe potuto impartire al fiduciario le istruzioni relative all'acquisto immobiliare e al trasferimento del bene, pena la nullità del trasferimento stesso. Xxxxxx si pensi al caso in cui il fiduciante attribuisce somme al fiduciario con
l'incarico di acquistare un immobile, di intestarselo e poi di trasferirglielo, ma in seguito sopravvengono altri suoi interessi e dà istruzioni al fiduciario di vendere l'immobile e di retrocedergli il prezzo conseguito: secondo l'indirizzo tradizionale il patto fiduciario non sarebbe sorto validamente a causa dell'impegno al ritrasferimento del bene, e la nullità non sarebbe sanata dal successivo mutamento di programma del fiduciante.
Last but not least va sottolineato che il nuovo indirizzo giurisprudenziale consente di valorizzare, sotto l'importante aspetto della prova del pactum fiduciae, quelle dichiarazioni ricognitive e promissive del trasferimento del bene che in via prudenziale il fiduciante si fa spesso rilasciare dal fiduciario. Invece alla stregua del precedente indirizzo giurisprudenziale quelle dichiarazioni non erano in grado di superare la nullità del patto fiduciario orale e risultavano perciò prive di ogni rilevanza giuridica. E il fiduciante, oltre al danno, si prendeva anche le beffe.
2. La "ricognizione" degli accordi fiduciari di X. Xxxxxxx in Notariato, 2020, 3, 282. Nota a sentenza: Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 6459/2020, stabiliscono il principio che l'accordo tra fiduciante e fiduciario, che abbia ad oggetto immobili, non deve necessariamente essere redatto per iscritto e può quindi essere provato anche per testimoni o risultare da una dichiarazione unilaterale scritta dei fiducianti anche successiva all'acquisto, che vale come ricognizione ex art. 1988 c.c. Si accoglie così un indirizzo minoritario della Cassazione. L'orientamento sin ora maggioritario, com'è noto, era nel senso di ritenere necessario l'accordo sottoscritto da entrambe le parti in relazione all'art. 1351 c.c. La nota di commento riassume l'iter logico dell'importante sentenza e formula alcune considerazioni, sottolineando che la prova negli accordi fiduciari deve comunque riguardare la causa in concreto dell'intera operazione (quindi anche le ragioni che giustificano l'intestazione fiduciari).
Sommario: Il caso: le decisioni di 1° e 2° grado - Accertamento di un contrasto di giurisprudenza. La remissione alle Sezioni Unite e la decisione - Le decisioni delle Sezioni Unite: argomentazioni e soluzioni proposte - Le nostre osservazioni. Un'analisi approfondita degli importanti temi trattati non può certo essere svolta in questa sede, ci limitiamo quindi ad alcune considerazioni
Il caso: le decisioni di 1° e 2° grado
La recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite in epigrafe ci porta a riflettere sugli accordi di carattere fiduciario che hanno ad oggetto la gestione di immobili da parte del fiduciante, nell'interesse di un fiduciario, per finalità concordate.
Nel caso esaminato dai giudici delle Sezioni Unite, si trattava dell'acquisto di immobili con un atto stipulato nel 1984, debitamente registrato e trascritto da parte di un fratello A e della moglie di un altro fratello (B) con somme messe a disposizione dal terzo fratello (C).
Le parti A, B e C, non avevano redatto nessuna dichiarazione scritta al momento in cui gli immobili furono acquistati.
Molto tempo dopo (nel 2002) i fiduciari (A e B) avevano sottoscritto due separate scritture del medesimo tenore, nelle quali davano semplicemente atto che il vero proprietario degli immobili da loro acquistati era C e si impegnavano quindi a trasferire gli immobili di cui erano divenuti titolari a sua richiesta(1).
Qualche anno dopo, tuttavia nel 2006, i fiduciari rifiutavano di trasferire al fiduciante gli immobili acquistati.
Si apriva quindi una controversia fra le parti con i seguenti esiti(2).
i) Il Tribunale di Napoli, con Sentenza 11.1.2008 ritenne valide le due scritture come atti di ricognizione di un'operazione fiduciaria e i giudici stabilirono che i fiduciari dovevano trasferire al fiduciante che ne aveva fatto richiesta, i beni immobili acquistati a suo tempo da terzi(3).
ii) Anche la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 17 aprile 2014 decise nello stesso modo, specificando che gli atti sottoscritti da A e B costituivano un elemento dell'operazione fiduciaria ed erano chiaramente collegati agli atti di acquisto, ritenendo che il lasso di tempo intercorso dall'acquisto (18 anni) non fosse rilevante perché la contestualità fra i due negozi non è richiesta e
comunque la produzione in giudizio da parte di C (fiduciante) equivaleva ad accettazione. Nel suo complesso i giudici ritennero quindi che si trattasse di un effettivo e valido negozio fiduciario.
iii) La sentenza della Corte d'Appello di Napoli è stata impugnata in Cassazione, soprattutto perché il patto fiduciario (equiparabile ad un contratto preliminare) avrebbe dovuto essere provato per iscritto (ex art. 1351 c.c.(4)). Non essendo stata rispettata la forma richiesta, l'atto ricognitivo successivo "avente natura confessoria", non era idoneo a provare il patto fiduciario. Si sarebbe potuto aggiungere che l'atto ricognitivo non menzionava la causa dell'accordo in modo specifico: il fratello A o la cognata B si limitavano infatti a dichiarare per iscritto che C era il "vero proprietario" dell'immobile. Su questi principi si affermava comunque che esisteva una giurisprudenza della Cassazione da tempo consolidata.
Accertamento di un contrasto di giurisprudenza. La remissione alle Sezioni Unite e la decisione
La Sez. II della Cassazione non ha tuttavia ritenuto di decidere secondo questo indirizzo, ritenendo che sul problema della forma che deve avere l'impegno del fiduciante di trasferire i beni al fiduciario quando questi ne faccia richiesta, vi sia (nella sostanza) un contrasto di giurisprudenza(5) e, segnatamente, vi sia un orientamento (prevalente) che richiede la forma scritta a pena di nullità dell'accordo fiduciario relativo a beni immobili ed un orientamento (sia pure minoritario ma in fase di consolidamento) che ritiene sufficiente un accordo verbale, confermato eventualmente da una dichiarazione scritta successiva, dove il fiduciario si impegna a trasferire al fiduciante gli immobili acquistati.
Affermata quindi l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza che deve essere risolto, le Sezioni Unite dichiarano la loro competenza e accolgono il secondo orientamento, meno formale, con le argomentazioni che si indicano qui di seguito.
Le decisioni delle Sezioni Unite: argomentazioni e soluzioni proposte
In primo luogo si riassumono brevemente alcuni aspetti dell'orientamento, allo stato prevalente, che ritiene essenziale la forma scritta a pena della nullità dell'accordo fiduciario quando abbia ad oggetto beni immobili.
L'accordo ha gli stessi effetti di un contratto preliminare e quindi, se ha per oggetto immobili, deve essere redatto per iscritto a pena nullità, ex art. 1351 c.c.: questa è la norma che viene di solito richiamata.
Tuttavia, in un quadro che si riteneva ormai consolidato, è stata di recente affermata la possibilità di ritenere valida anche una dichiarazione unilaterale scritta dove il fiduciario si impegna a trasferire determinati beni al fiduciante in attuazione esplicita (expressio causae) di un patto fiduciario concordato solo verbalmente.
Questo indirizzo troverebbe il suo fondamento nell'affermazione che anche nel mandato senza rappresentanza, dove si sia attribuito al mandatario l'incarico di acquistare degli immobili, se il mandatario si rifiuta di trasferire al mandante gli immobili acquistati per suo conto, in adempimento all'incarico che gli è stato attribuito, il mandante può comunque chiedere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferire (ex art. 2932 c.c.) nonostante manchi uno specifico accordo scritto(7).
Per contro, l'incarico che il mandatario ha ricevuto, anche solo verbalmente, gli attribuisce comunque una facoltà (authority) di acquisire beni, anche immobili, con la possibilità di richiederne il trasferimento al mandante, se ritiene che l'incarico affidato sia stato da lui correttamente eseguito(8). Nel contratto preliminare, si osserva ancora, l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale e quindi lo precede; nel contratto fiduciario l'effetto reale avviene prima e su di esso si innesta l'effetto obbligatorio "in conformità agli accordi delle parti e ai loro interessi".
Ovviamente, se vi è un accordo scritto chiaro (valido ex art. 1351 c.c.) l'azione esecutiva può essere avviata senza problemi (ex art. 2932 c.c.), se invece si apre una discussione sull'obbligo di trasferire
determinati immobili in base ad accordi verbali, occorrerà prima accertare l'obbligo e poi chiederne l'esecuzione (operazione quasi sempre complessa e costosa).
Le conclusioni dunque. Il pactum fiduciae che prevede l'obbligo del fiduciario di trasferire al fiduciante beni immobili (acquistati dallo stesso fiduciante o da terzo su suo incarico) non richiede la forma scritta ad substantiam e può quindi essere dimostrato con ogni genere di prova trattandosi di un atto "meramente interno" tra fiduciante e fiduciario. Un'eventuale dichiarazione scritta e ricognitiva del fiduciario che promette il trasferimento dell'immobile al fiduciante, anche se successiva all'acquisto, semplicemente facilita la dimostrazione in giudizio degli accordi (già comunque validi anche se stipulati solo verbalmente) e può valere come promessa di pagamento (ex 1988 c.c.), dispensando colui a favore del quale la dichiarazione scritta è stata comunicata dall'onere di provare il rapporto fondamentale(9). Questa dunque la decisione delle SS.UU.
Le nostre osservazioni. Un'analisi approfondita degli importanti temi trattati non può certo essere svolta in questa sede, ci limitiamo quindi ad alcune considerazioni
i. Ricordiamo innanzitutto che l'evoluzione della dottrina e della prassi sulle operazioni fiduciarie "riservate" restituisce un quadro di riferimento più articolato di quello che le SS.UU. hanno delineato (pur comprendendo la necessità di una sintesi). In primo luogo, le operazioni fiduciarie che si sono definite da tempo nella giurisprudenza e nella prassi, non possono limitarsi, alla fiducia amministrazione (fiducia cum amico) e alla fiducia a scopo di garanzia (fiducia cum creditore). Si sono infatti consolidate da tempo anche altre operazioni che è possibile tuttavia verificare nella dottrina, nella giurisprudenza e nella prassi e che hanno dato luogo a contratti fiduciari "riservati" sufficientemente definiti e anzi ormai da tempo tipizzati(10). Basterà ricordare oltre alla fiducia liberalità, le operazioni fiduciarie con i creditori, a scopo di liquidazione; gli accordi fiduciari in relazione al controllo e all'utilizzo di somme depositate presso terzi anche nel quadro di acquisizione del controllo di società per azioni (Escrow agreements). In tutti questi casi i problemi relativi alla prova degli accordi fiduciari si sono posti ampiamente in un quadro certamente più complesso di quello indicato dalla SS.UU.(11).
iii. Un punto importante è anche la verifica della legittimità di determinate operazioni fiduciarie.
iv. Di conseguenza un atto scritto con l'indicazione delle finalità che le parti si propongono di conseguire con l'affidamento fiduciario, rende certamente più difficile il sostanziale occultamento delle ragioni effettive che sono alla base dell'operazione fiduciaria di cui si discute e facilita quindi l'accertamento della causa in concreto dell'operazione compiuta (che non può nascondersi dietro ad una dichiarazione generica come quella di cui si discuteva nel caso deciso dalle Sezioni Unite "vero proprietario è ..." (già, ma perché?).
Certo, la prova della causa effettiva dell'operazione, che (lo ripetiamo), e comunque in ogni caso necessaria, potrebbe anche essere data nel quadro di accordi verbali o in base a ricognizioni scritte parziali (come quelle di cui si discuteva nel caso deciso dalle SS.UU.).
Tuttavia, ove si richiedesse un accordo scritto completo dal quale si possano desumere le finalità dell'accordo fiduciario, il quadro di riferimento complessivo sarebbe alla fine molto più chiaro.
Ricordiamo anche che in Francia, come è noto, dopo l'approvazione della Loi sur la fiducie (L. 9 febbraio 2007, n. 211), il contratto di fiducia deve essere "espresso" e risultare da un atto scritto debitamente registrato. Se riguarda immobili occorre un atto pubblico notarile ovviamente registrato e trascritto (art. 2012, Code Civil). Si richiede anche la comunicazione alle autorità di controllo competenti per la lotta al riciclaggio (blanchissement des capitaux), all'amministrazione finanziaria (in ogni caso anche se riguarda beni mobili) e all'Autorità Giudiziaria(17).
Questa esigenza si è rafforzata anche in Italia negli ultimi anni in ordine al complesso sistema delle norme antiriciclaggio e di contrasto all'evasione fiscale(18).
Un minore formalismo, anche nelle operazioni fiduciarie che riguardino immobili, secondo le linee guida indicate dalle SS.UU., può essere comunque alla fine condiviso(19). Tuttavia, quando si debbano provare gli accordi fiduciari che sono stati raggiunti, le finalità che le parti intendono conseguire debbono necessariamente venire in evidenza, perché la causa che giustifica le attribuzioni fiduciarie resta in ogni caso un elemento essenziale, specie nell'attuale evoluzione del sistema. La prova dell'accordo fiduciario deve comunque riguardare la causa in concreto dell'operazione nel suo complesso(20).
Omissis.