TRIBUNALE DI PALERMO
Accoglimento parziale del 08/11/2016
RG n. 15433/2014
TRIBUNALE DI PALERMO
Sezione I Civile Verbale di udienza
All’udienza del 08/11/2016 innanzi al GOT dr. Xxxxxxx Xxxx’Xxxx, nel procedimento iscritto al n° 15433 / 2014 r.g. pendente
tra
KEDERA MAOUDO
e
MINISTERO DELL’INTERNO - COMMISSIONE TERRRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TRAPANI
E’ presente per parte ricorrente l’avv. Xxxxxxx Xxxxxx in sostituzione dell’avv. XXXXXXXX XXXXX il quale insiste in ricorso e chiede che la causa venga decisa.
Il Giudice
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
Decide la causa in corso di udienza, dando lettura, alle ore 13:30, della seguente decisione.
Accoglimento parziale del 08/11/2016
RG n. 15433/2014
TRIBUNALE DI PALERMO
I SEZIONE CIVILE
Visto l’art. 702 bis c.p.c..
Il G.O.T. dott. Xxxxxxx Xxxx’Xxxx in funzione di Giudice Unico della I Sezione Civile, in corso di udienza, alle ore 13:30, dà lettura della seguente:
ORDINANZA
Nel procedimento iscritto al Ruolo Generale n. 15433/14.
PROMOSSO
da Xxxxxx Xxxxxx, nato il 01.01.1995 in Senegal, elettivamente domiciliato in Palermo, via Xxxxxxxx Xx Xxxxx n. 41 presso lo studio dell’Avv. Xxxx Xxxxxxx, rappresentato e difeso dall’Avv. Xxxxx Xxxxxxxx giusta procura prodotta in atti;
Ricorrente
CONTRO
Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di TRAPANI;
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: XXXXXXXX XX0 Serial#: 677ae
Resistente
E
Con l’intervento del P.M. presso il Tribunale di Palermo.
AVVERSO E PER L’ANNULLAMENTO
Del provvedimento Prot. Est. TP. n. 111/14, emesso della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale nella seduta del 17.09.2014 e notificato il 29.10.2014, in cui si decideva di non riconoscere la protezione internazionale.
PERTANTO
La parte ricorrente chiedeva - oltre all’annullamento del provvedimento emesso dalla Commissione – il riconoscimento dello status di rifugiato ai
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sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e ratificata in Italia con Legge n. 722/54 e del D.Lgs. n. 251 del 2007.
In via subordinata il riconoscimento della protezione sussidiaria prevista dall’art. 14 del D.Lgs. n. 251/2007.
Visti gli atti;
OSSERVA
Con ricorso iscritto il 04.11.2014 veniva chiesto, ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 25/2008, di annullare la delibera indicata in epigrafe e, per l’effetto il riconoscimento della protezione internazionale.
Parte resistente, regolarmente evocata in giudizio, non si costituiva e neppure provvedeva al deposito della relativa documentazione.
Il ricorrente racconta innanzi alla Commissione che lasciava il paese per motivi privati; in particolare, a causa di problemi con la propria famiglia.
Infatti, voleva convertirsi al cristianesimo.
In caso di rimpatrio, non sarebbe libero di professare la religione che ha scelto di seguire.
Innanzi tutto si precisa che il Giudice che aveva trattato il procedimento in epigrafe veniva sostituito dal sottoscritto.
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
Pertanto la causa perveniva al nuovo Giudice solo all’udienza del 15.03.2016.
Preliminarmente occorre osservare che il ricorrente, nel proprio atto introduttivo chiede la protezione internazionale nelle due forme riconosciute – status di rifugiato e sussidiaria - e, in ulteriore subordine reitera nuovamente il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Pertanto, in ulteriore subordine deve considerarsi che nulla chiede.
Ancora preliminarmente occorre soffermarsi sul rilievo formulato dalla parte ricorrente circa la nullità del provvedimento per “motivazione insufficiente” da parte della Commissione Territoriale.
Quanto ritenuto, appare del tutto privo di pregio.
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Infatti, occorre evidenziare come eventuali difetti di motivazione del provvedimento della commissione non comportano come conseguenza l’annullamento dell’atto, atteso che il sindacato di questo tribunale è sul rapporto e non meramente sull’atto, dovendo in ogni caso essere valutato il merito del diritto alla protezione internazionale.
Entrando nel merito, la richiesta formulata in via principale, dalla documentazione versata in atti, nonché dai fatti narrati alla Commissione, si rileva che non sussistono i presupposti per il riconoscimento dello Status di rifugiato.
Al riguardo, per rifugiato politico deve intendersi qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide rispondente ai criteri stabiliti dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra, quali specificati nella direttiva 2004/83/CE.
In particolare, secondo l’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28/07/1951, si può chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato soltanto se nel Paese di origine si hanno subito persecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche. Nessuna delle elencate cause possono essere riferite al caso di specie.
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
Lo status di rifugiato politico presuppone che il richiedente sia un perseguitato politico in patria e, nel caso de quo, la vicenda esula da tale contesto.
Per il riconoscimento dello status di rifugiato politico occorre che l’interessato provi la sussistenza di un pericolo reale. Quindi dimostrare, anche in via indiziaria, la sussistenza di un pericolo di persecuzione nel Paese da cui egli proviene.
Infatti la prova, anche indiziaria, deve essere fornita a mezzo di elementi seri, precisi e concordanti, desumibili da documenti, testimonianze ed altro.
Per un tale riconoscimento, occorre fornire la prova che il richiedente possa essere perseguitato in ragione delle proprie idee o della propria e specifica situazione personale (Cass. n. 2091 del 2005).
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Sul punto - secondo l’insegnamento della Suprema Corte - nell’ambito dei procedimenti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non può prescindersi dall’individuazione di un preciso collegamento tra il contesto del paese di origine e la situazione individuale del richiedente.
In particolare, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che ”Presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato politico sono la condizione socio politica normativa del Paese di provenienza e la correlazione di questa con la specifica posizione del richiedente, senza che la prima possa fondarsi sul ricorso al notorio e che possa ricavarsi sillogisticamente la seconda dalla prima, rilevando, invece la situazione persecutoria di chi (per l’appartenenza ad etnia, associazione, credo politico o religioso, ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita) rischi verosimilmente specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità fisica o libertà personale” (Cass. n° 26822 del 2007).
Pertanto, nel caso di specie, dalle circostanze evidenziate non sussiste alcuna persecuzione che possa giustificare il riconoscimento della protezione internazionale, così come previsto dalla Convenzione di Ginevra.
Infatti espatriava per motivi meramente privati.
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
In subordine veniva chiesto il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Secondo quanto disposto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 251/2007, il richiedente è ammesso alla predetta protezione se sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel proprio Paese, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
In particolare, la lett. f) del richiamato articolo dispone che si può accedere a tale tipo di protezione se il cittadino “di un Paese non appartenente all’Unione Europea o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un “grave
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danno” come definito dall’art. 14 del decreto legislativo 19.11.2007, n° 251, il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese”.
A tale proposito sono considerati danni gravi: “a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” (art. 14 D.Lgs. n. 251/2007).
Il caso di specie rientra nella lett. c) della richiamata norma.
Dalla documentazione versata in atti e dalle notizie estrapolate dalle fonti di informazioni, sussiste per il ricorrente, in caso di rimpatrio “la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” così come statuito alla lettera c) della norma sopra riportata.
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
Secondo recenti informazioni estrapolate dagli appositi siti internet, si rileva che negli anni si è combattuta una guerra per l’indipendenza del Casamance, striscia di terreno (rectius: enclave) senegalese diviso quasi del tutto dalla madrepatria del Gambia, ex colonia inglese. E’ suddivisa in tre regioni amministrative: Ziguinchor, Sèdhiou e Kolda.
Da informazioni estrapolate da Amnesty International, “il conflitto è circoscritto in un’area abbastanza limitata: il teatro degli scontri, la bassa Casamance, costituisce una piccola parte della regione verso la quale si rivolge la rivendicazione”.
Tuttavia, con le elezioni avvenute nel marzo del 2012 si sta assistendo a un lento ritorno alla normalità.
Ancora, il capo del Movimento delle Forze Democratiche della Casamance (Mfdc), Xxxxx Xxxxx, ha affermato di voler rispettare l’accordo firmato il 22.02.2014 a Sant’Xxxxxx, relativo alle “misure di fiducia reciproca”, che impegnano le parti a “tenere un comportamento che possa favorire i
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negoziati per il ritorno della pace in Casamance e ridurre le sofferenze della popolazione”.
Quindi, l’applicazione degli impegni presi da ambo le parti procede in modo incoraggiante.
Dai siti internet si legge che “nel territorio del Senegal le condizioni di sicurezza sono in progressivo miglioramento”, ciò “a seguito dell’accordo di pace del febbraio 2014 tra MFDC e Governo Senegalese e al cessate il fuoco unilaterale imposto ad aprile 2014 dal leader Xxxxx Xxxxx ai suoi combattenti”.
Dai nuovi elementi sopra evidenziati - in parte esposti dal ricorrente, altri estratti autonomamente da Amnesty international dallo stesso Xxxxxxxxxx – occorre osservare quanto segue: considerando che è stato stipulato l’accordo di pace, si dovrebbe concludere per il rigetto della domanda di protezione sussidiaria.
Infatti il rischio per un eventuale rimpatrio apparirebbe affievolito. Xxxxxxxxx, non può non considerarsi che lo stipulato accordo di pace è alquanto recente, comportando che nel paese ancora sussistono disordini e che, effettivamente non si è raggiunto uno stato di sicurezza che, attualmente, risulta essere in itinere.
Firmato Da: DELL'UTRI XXXXXXX Xxxxxx Da: POSTECOM CA3 Serial#: 677ae
In definitiva, nel caso di specie, si riscontrano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria poiché appare effettivo il rischio – come stabilisce la normativa internazionale – in caso di rimpatrio, di subire violenza.
Compensa le spese di lite.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando.
Riconosce lo status di protezione sussidiaria; compensa le spese del giudizio;
Così deciso all’udienza del 08.11.2016
Il Giudice Dott. Xxxxxxx Xxxx’Xxxx
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