UNIVERSITARI
UNIVERSITARI
Xxxxx Xxxx
IL CONTRATTO IN GENERALE
Principi e problemi
Seconda edizione ad uso degli studenti
CAPITOLO I INTRODUZIONE
SOMMARIO: 1. La rappresentazione del contratto. — 2. Gli indirizzi metodologici. — 3. Similitudini e differenze. — 4. La struttura delle regole. — 5. Il contratto bifronte: contratti civili e atti di commercio. — 6. Riconoscere il contratto. — 7. Governare il contratto. — 8. Il contratto, la legge del contratto, la teoria del contratto. — 9. L’emergere del nazionalismo contrattuale.
1. La rappresentazione del contratto.
La rappresentazione del “contratto”, inteso come istituto, come strumento di operazioni (economiche e non), come complesso di regole destinate a governare l’autonomia dei privati, come mezzo di controllo dell’attività dei privati, e soprat- tutto come mezzo di cooperazione interpersonale e di coordinamento dei rapporti sociali è organizzata da Xxxxxx xxx Xxxxxx nella voce ad hoc della International Enciclopedia of Comparative Law in una prospettiva tipica dell’epoca in cui essa fu concepita e redatta. La voce risale al febbraio del 1980, in un’epoca in cui la globalizzazione dei rapporti commerciali e finanziari era solo agli albori, la sepa- razione tra i Paesi socialisti e i Paesi democratici e liberisti dell’Occidente era ancora netta, l’informatica e le biotecnologiche erano in fase di sviluppo, e, dog- maticamente, il mondo giuridico della civil law e del common law erano separati da confini apparentemente invalicabili. La voce quindi risente dell’epoca in cui fu scritta, anche se l’intelligenza dell’Autore ne fa un saggio prospettico.
La rappresentazione prende avvio dalla distinzione di contratto e illecito (contract e tort). Pur essendo un notissimo comparatista, l’A. non si preoccupa più di tanto di distinguere semanticamente l’impiego del termine — come invece, in modo molto accurato, aveva proposto Xxxxxxx Xxxxx nel suo vasto trattato in materia (1) — mentre si preoccupa di collocare l’istituto nel suo contesto storico, economico e sociale. I cardini della voce si articolano, oltre che nella descrizione del contesto, nei limiti alla autonomia contrattuale, nella “giustizia contrattuale” e nei rimedi. Alle fasi del rapporto sono dedicate voci ad hoc, che però rilevano nella discussione dei singoli argomenti. In una visione generale, quella che in Inghil- terra era stata anticipata da Xxxxxxxx Xxxxxxxxx in Law in a Changing Society (2) e negli Stati Uniti da Xxxxxxxx Xxxxxxxxx in Contract Law in America (3), il contratto è visto come paradigma costituito da un rapporto di scambio a base individuale
(1) X. XXXXX, Il contratto, Torino, 1972.
(2) X. XXXXXXXXX, Law in a Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000.
(3) X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxx xx Xxxxxxx, Xxxxxxx, 0000.
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istituito inter praesentes, a cui si aggiungono varianti (o deviazioni) costituite dalla imposizione di vincoli apportati nelle economie dirigistiche dall’autorità statale, oppure dalle tecniche economicamente più efficienti, cioè dalla standardizzazione dei modelli contrattuali oppure dalle tradizioni culturali risalenti, che si riverbe- rano sulle concezioni della causa, considerata in astratto o in concreto, o più in generale dalle prove necessarie per documentare l’insorgenza di un vincolo giu- ridico.
È una concezione del contratto che si colloca in una posizione mediana tra quella ancorata nella tradizione, e quindi nell’incontro delle volontà e nella con- cezione soggettiva del rapporto contrattuale, e quella oggi prevalente, che enfa- tizza da un lato l’autonomia contrattuale e dall’altro il controllo giudiziale, allon- tanandosi il più possibile dal controllo amministrativo in virtù della osservanza delle regole di concorrenza. Certo, la voce è datata, perché ignora l’evoluzione del diritto del lavoro, del diritto dei consumatori, del contratto informatico, e del diritto comunitario come modello paradigmatico di alcuni aspetti del diritto con- trattuale nell’intera orbita europea. E tuttavia ancor oggi essa merita una rifles- sione, perché al suo apparire conteneva tratti originali e coinvolgenti. Von Meh- ren si preoccupa anche degli effetti pratici delle regole e dei concetti, e dedica la sua analisi in particolare alle clausole contrattuali più diffuse e al rapporto tra autonomia privata e regole di giurisdizione, trattando in particolare l’arbitrato, materia in cui egli era particolarmente versato.
La sua prospettiva risente della distanza che il mondo moderno ha preso dal paradigma tradizionale: egli sposa in pieno la tesi di Xxxxxx (4), che illustra l’ascesa e il declino della libertà contrattuale, rilevando come fosse diminuita (ai suoi tempi) l’importanza economica e il ruolo del contratto come istituto, si registrasse l’espansione dei vincoli non negoziali in una società che tende a deprimere le scelte espresse dalla libertà individuale e per contro tendessero ad accentuarsi le obbli- gazioni che nascono da rapporti non convenzionali, e come si profilasse una ridotta efficacia del contratto come strumento di allocazione dei rischi. Von Meh- ren si avvede che il contratto viene piegato a raggiungere scopi anche non neces- sariamente economico-patrimoniali, ad esempio nei rapporti familiari e nei rap- porti sociali fondati sulle convenzioni morali (e qui, evidentemente, non distingue tra “contratto” e “accordo”) e richiama l’attenzione del lettore sulla distinzione tra ius cogens e ius dispositivum.
Quanto ai fondamenti del vincolo, egli considera in particolare tre principi: l’autonomia, la corrispettività, l’affidamento. Nel suo svolgimento storico la concezione del contratto — vista in una prospettiva comparata, ma senza scendere nei dettagli
— mostra un percorso ondulatorio, passando da una visione oggettiva ad una visione soggettiva (l’incontro delle volontà dei Pandettisti) e poi nuovamente ad una visione oggettiva, in cui la standardizzazione e la rilevanza del comporta- mento rilevato dall’esterno indipendentemente dalla volontà dei soggetti sono strumenti delle operazioni economiche. È l’analisi economica del diritto ad orien- tare i legislatori e i giudici. Sono diverse quindi le ragioni che rendono vincolante
(4) P.S. XXXXXX, The rise and fall of freedom of contract, Xxxxxx, 0000.
INTRODUZIONE
la promessa (è evidente qui la concezione tipica del common law inglese e nord- americano di contratto come promessa accettata piuttosto che come incontro delle volontà dei paciscenti). L’osservanza della parola data e la buona fede, l’affida- mento suscitato, il ruolo economico giocato dagli attori dell’operazione sono i fondamenti del contratto (ma noi diremmo del rapporto contrattuale). Questa con- cezione, che può apparire un po’ angusta agli occhi del civilian, emerge dalla trattazione dei limiti della libertà contrattuale. Limiti che riguardano gli atti gratuiti, sviliti dall’ordinamento, e i rapporti di natura sociale. La trattazione comprende perciò gli accordi familiari e gli accordi fondati sull’onore, i contratti atipici (unico aspetto in cui l’A. richiama esplicitamente il codice civile italiano), i contratti contrari all’ordine pubblico politico ed economico, gli accordi che impli- xxxx abuso di dipendenza economica o violazione di diritti fondamentali.
Particolarmente significativa è la rassegna delle tecniche con cui le parti cercano di sottrarsi al modello tradizionale di contratto e di rafforzare il loro vincolo mediante clausole che prevedono rimedi specifici in materia di inadempi- mento, clausole penali, clausole arbitrali che tendono a sottrarre l’operazione economica alla giurisdizione domestica, tecniche che vorrebbero disancorare il vincolo da una causa esplicitata.
E altrettanto significativa è la trattazione della giustizia contrattuale.
Xxx Xxxxxx distingue tra la giustizia “procedimentale” e la “giustizia sostan- ziale”. La prima, che affronta ancor oggi in modo diretto il problema nelle tratta- zioni di civil law, si occupa della formazione del vincolo e delle sue vicende, investendo le problematiche dell’errore, della violenza e del dolo, mentre la seconda investe il rapporto tra le prestazioni e l’equilibrio contrattuale. In questo secondo senso il passaggio da una società liberista ad una società attenta ai risvolti sociali delle operazioni economiche è fondamentale. Xx è fondamentale capire che la giustizia procedimentale si confonde nelle società liberiste con quella so- stanziale, essendo sufficiente per l’ordinamento giuridico accertare che il vincolo si è formato senza alterazioni o vizi. Mentre nelle società moderne si registrano tensioni all’interno della disciplina del contratto, spesso non immediatamente percepibili, come aveva già notato Xxxxxxxxx Xxxxxxx nell’affrontare le problema- tiche dei contratti per adesione all’inizio degli anni Quaranta (5). È proprio questo il problema che rimane aperto: “come ridistribuire i profitti del commercio?” In questa prospettiva von Xxxxxx vede la coincidenza di sistemi di controllo dell’ope- razione economica espressi nei diversi ordinamenti con formule proprie. Si pensi alla unconscionability nord-americana, alla lésion francese, alla presupposizione te- desca, a cui aggiungeremmo la presupposizione italiana.
Infine, i rimedi all’inadempimento.
Nella prospettiva tendenzialmente “xxxxxxx-centrica” dell’A. sono rilevanti le conclusioni cui è pervenuta l’analisi economica del diritto, rivolta ad assicurare efficienza all’operazione contrattuale conclusa dalle parti e quindi alle ragionevoli aspettative delle parti piuttosto che non all’affidamento di realizzare profitti senza
(5) X. XXXXXXX, Contracts of Adhesion-Some Thoughts About Freedom of Contract, 43 Colum L. Rev., 629 (1943).
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calcolare i costi ordinari e ragionevoli per acquisire le informazioni e per eseguire la prestazione. Molto acuta è la critica di von Xxxxxx alla posizione di Xxxxxx e Xxxxxx (6) che avevano proposto di privilegiare, all’opposto, gli interessi delle parti connessi all’affidamento sui profitti.
2. Gli indirizzi metodologici.
L’origine di ogni discorso sul contratto è assai istruttiva: essa costituisce una sorta di “spia”, di segnale luminoso che attira l’attenzione del lettore sulle pre- messe, non esplicitate, da cui muove il narratore. E così ne consente di compren- dere la provenienza culturale, l’epoca nella quale egli si trova a scrivere, l’ambiente in cui si trova a vivere, gli scopi che vuole raggiungere. Anche l’incipit — come peraltro tutti i testi — implica una “precomprensione”, ma proprio perché di lì inizia il discorso, ha, più degli altri risvolti del discorso, una funzione ed una rilevanza notevoli. In altri termini, ne segna i caratteri, il ritmo, e crea le aspetta- tive sui contenuti. Certo, la scelta dell’incipit dipende da tante altre ragioni, non solo oggettive: le “scuole” di appartenenza, le urgenze scientifiche, le esigenze contingenti, ma anche i gusti, le mode, le vaghezze letterarie. Si può partire dunque in tanti modi, persino descrivendo quei modi, perché appunto essi stessi costituiscono una ragione di comprensione della materia che ci si accinge a trat- tare.
In senso sincronico, possiamo registrare tre approcci tendenzialmente ripe- titivi, che si differenziano per effetto dei due mondi che convenzionalmente dividono la cultura giuridica occidentale: la civil law e il common law, a cui si è aggiunto da mezzo secolo un altro mondo, quello comunitario. Dico “convenzio- nalmente” perché è questo uno dei modi più usuali di affrontare i problemi, anche se la contrapposizione è in via di superamento, e i problemi sono innumerevoli, a cominciare dall’uso degli articoli al femminile (per la civil law) e al maschile (per il common law). L’avvicinamento dei due mondi è effetto di una convergenza natu-
(6) X X. XXXXXX e W.R. XXXXXX, Xx., The Reliance Interest in Contract Damages, 46 Yale Law Journal (1936) 52-96. Questo saggio ha dato luogo ad una discussione pressoché infinita: v. ad esempio D.W. XXXXXX, The Net Expectation Interest in Contract Damages, (1999) 49 Xxxxx Xxx Journal 11; R. E. XXXXXXX, The Death of Reliance, (1996) 46 Journal of Legal Education 518; X. XXXXXXXXXX, Notes on the Reliance Interest, (1985) 60 Washington Law Review 217; X. XXXXX, Contract Damages, Xxxxxx, and the Performance Interest, (1997) 56(3) Cambridge Law Journal 537; X. XXXXXXXX, Against Xxxxxx and Perdue, (2000) 67 The University of Chicago Law Review 99; X. XXXXXXX, Beyond Foreseeability: Consequential Damages in the Law of Contract, (1989) 18 The Journal of Legal Studies 105; X. XXXXXXXXX, The Performance Interest in Contract Damages, (1995) 111 Law Quarterly Review 628; X. XXXXXX and W.R. Jr. PERDUE, The Reliance Interest in Contract Damages, (1936) 46 Yale Law Journal 52 and 373; X. XXXXX, Remedial Rights and Substantive Rights in Contract Law, (2002) 8 Legal Theory 313; X. XXXXXXXX, The Reliance Interest and the World Outside the Law Schools Doors, (1991) Wisconsin Law Review 247; X. XXXX, Some Aspects of the Recovery of Reliance Damages in the Law of Contract, (1984) 4(3) Oxford Journal of Legal Studies 393; T.D. XXXXXX, Xxxxxx and
Perdues the Reliance InterTeset arsma WinorkeofeLsegtarlaScthtoolarschaip,p(1i9t9o1l)oWisconsin Law Review 203; X. XXXXXXX,
Promise, Expectation and Agreement, (1988) 47(2) Cambridge Law Journal 193; X. XXXX, Performance and Compensation: An Analysis of Contract Damages and Contractual Obligation, (2006) 26 Oxford Journal Of Legal Studies 41; C.T. WONNELL, Expectation, Reliance, and the Two Contractual Wrongs, (2001) 38 San Xxxxx Xxx Review 53.
Capitolo II
GLI ISTITUTI DEL CODICE CIVILE FORMAZIONE ED ELEMENTI
SOMMARIO: 1. Formazione del contratto. — 1.1. Offerta e accettazione. — 1.2. Altri modi di formazione del contratto. — 1.3. Il silenzio. — 1.4. Il mutuo dissenso. — 1.5. L’esperienza del common law. Offerta, invito a trattare, offerta al pubblico. Durata. Accettazione. Rifiuto dell’offerta e revoca dell’accettazione. Revoca dell’offerta. — 1.6. L’esperienza del common law. La formazione del contratto « sotto sigillo ». — 1.7. Le clausole abusive nei contratti dei consumatori. — 1.8. L’esperienza del common law. L’Unfair Contract Terms Act. — 1.9. Come redigere un contratto in forma scritta. — 1.10. La conclusione del contratto telematico. — 2. La causa e il tipo. — 2.1. La causa. Nozione e caratteri. — 2.2. Teorie sulla causa. — 2.3. L’esperienza del common law. Consideration. — 2.4. Il tipo. — 2.5. La qualificazione. — 2.6. La simulazione. — 2.7. Causa e figure negoziali. — 2.8. Negozio illecito. — 2.9. Negozio in frode alla legge. — 2.10. Negozio fiduciario.
— 2.11. Negozio indiretto. — 2.12. Negozio misto e negozio complesso. — 2.13. Negozi collegati.
— 2.14. Negozi familiari. — 2.15. Negozi processuali. — 2.16. Negozi fondamentali e di attribu- zione. — 2.17. Negozi costitutivi e di accertamento. — 3. L’oggetto. — 3.1. Nozione. — 3.2. La nozione codicistica. — 3.3. Dall’oggetto al contenuto. — 3.4. La determinazione dell’oggetto da parte del terzo. L’arbitraggio. — 3.5. Il prezzo. — 3.6. L’esperienza del common law. L’“oggetto” del contratto. — 4. La forma. — 4.1. Nozione. — 4.2. Forma legale e forma convenzionale. — 4.3. Atti che devono farsi per iscritto. — 4.4. La forma in alcuni negozi particolari.
1. Formazione del contratto.
Tra i requisiti del contratto, essenziale è l’accordo, cioè il consenso, l’incontro delle volontà delle parti; le parti possono essere due o più con obbligazioni a carico di tutte (contratto bilaterale, contratto plurilaterale); il contratto può però preve- dere obbligazioni a carico di una sola parte (contratto unilaterale).
Il consenso si forma con l’incontro di una promessa e di una accettazione; la promessa contrattuale prende il nome di offerta (1).
1.1. Offerta e accettazione.
L’offerta è un atto unilaterale che crea vincoli a carico del dichiarante anche prima del momento in cui è accettata dalla controparte: la controparte che ne è destinataria, infatti, può appropriarsene, può rifiutarla, può non dare alcun corso all’offerta; l’offerente è vincolato finché l’offerta non sia revocata, o accettata, o rifiutata. Anche l’accettazione è un atto unilaterale; essa deve pervenire all’offe- rente, perché il contratto si possa considerare formato.
(1) XXXXXXX, I profili della conclusione del contratto, Milano, 1968; BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969.
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Ma in che momento avviene la formazione del contratto, in che momento si può dire che il contratto è concluso? Le soluzioni possono essere diverse, in astratto. Si può scegliere la soluzione che vincola i contraenti nel momento in cui è semplicemente emessa l’accettazione (teoria della emissione). Si può stabilire che il contratto si concluda nel momento in cui avviene la spedizione dell’accettazione (è questa la regola della conclusione del contratto nel diritto inglese e nord- americano). Si può stabilire che il momento sia quello della recezione della accet- tazione, cioè il momento in cui l’offerente poteva essere a conoscenza della accet-
tazione; infine, il momento in cui l’offerente ha effettivamente conosciuto l’accettazione.
Il legislatore ha scelto una via intermedia tra le ultime due: « il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accetta- zione dell’altra parte » (art. 1326 c.c.). Si presume comunque che l’offerente abbia conoscenza nel momento in cui la comunicazione è giunta al suo indirizzo (art. 1335 c.c.). È però possibile riconoscere efficacia alla accettazione tardiva, che giunge all’offerente oltre il termine da lui indicato, se l’offerente dà notizia imme- diatamente alla controparte di volerla riconoscere (art. 1326 c.c.).
Se il proponente stabilisce una determinata forma dell’accettazione, l’accetta- zione non è valida se non perviene nella forma indicata (ad esempio perviene verbalmente, anziché in forma scritta). Indifferente è il mezzo adoperato (tele- fono, telegrafo, telex, lettera, ecc.), anche se l’offerente ne ha previsto uno speci- fico.
Perché il contratto si concluda occorre che l’accettazione sia conforme alla propo- sta (A chiede a B se gli interessa l’acquisto di 10.000 polli al prezzo di L. 1.000 l’uno; B risponde « accetto »). Se invece l’accettazione è difforme dalla proposta (B risponde: compro 5.000 polli, al prezzo di L. 900 l’uno), l’accettazione non vale come tale, ma si trasforma in nuova offerta; spetterà all’offerente originario, ora diventato accettante, rispondere, accettando o rifiutando; se accetta, il contratto è formato (art. 1326, ult. co., c.c.) quando l’acquirente ha notizia dell’accettazione.
1.2. Altri modi di formazione del contratto.
L’accettazione può anche non esprimersi mediante una dichiarazione espli- cita ma mediante comportamento concludente: l’accettante inizia a svolgere la presta- zione, e da questo suo comportamento inequivoco, che indica chiaramente che ha accolto l’offerta, si inferisce che il contratto si è concluso. In questo caso, se vi è richiesta del proponente, o se la natura dell’affare lo consente, o se così dispon- gono gli usi, il contratto, senza una preventiva risposta, è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione; l’accettante, però, deve dare avviso all’altra parte (non della accettazione, ma) della esecuzione iniziata: in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno (art. 1327 c.c.).
Se l’accettante ha iniziato a svolgere la prestazione prima che l’offerente revocasse la proposta, l’offerente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite (art. 1328 c.c.); l’accettante può revocare l’accettazione; ma la revoca ha effetto solo se giunge al proponente prima dell’accettazione; altrimenti, il contratto è concluso, e la mancata esecuzione da parte dell’accettante che voleva revocare l’accettazione si considera inadempimento (art. 1328, ult. co., c.c.).
GLI ISTITUTI DEL CODICE CIVILE
L’offerente può anche obbligarsi a mantenere ferma la proposta per un certo tempo invitando ad esempio la controparte ad esprimersi in un certo periodo di tempo, senza poter fare offerte ad altri; in tal caso l’offerta non può essere revocata fino allo spirare del termine (proposta irrevocabile: art. 1329 c.c.). Se la irrevoca- bilità della proposta per un certo periodo è frutto di una dichiarazione unilaterale dell’offerente si ha appunto proposta irrevocabile; da questa figura si distingue l’opzione (più esattamente: patto d’opzione), con la quale le parti si accordano perché una di esse resti vincolata dalla proposta, finché l’altra non si decida (art. 1331 c.c.). Una volta fatta la dichiarazione di accettazione, il contratto è concluso. La proposta o l’accettazione perdono efficacia in caso di morte o sopravvenuta incapacità dell’offerente o, rispettivamente, dell’accettante; ma se la proposta o l’accettazione è fatta dall’imprenditore, l’esigenza della prosecuzione dell’attività d’impresa richiede che esse rimangano ferme; esse non perdono efficacia (e la regola vale anche se l’imprenditore diventi incapace), a meno che si tratti di piccoli imprenditori, o che diversamente risulti dalla natura dell’affare o da altre circo-
stanze (art. 1330 c.c.).
Il contratto può essere aperto ad altre adesioni: se non sono stabilite le moda- lità dell’adesione, questa deve essere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione del contratto, o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari (art. 1332 c.c.). Questa possibilità ricorre, spesso, nel diritto societario, per il contratto di società (c.d. contratto aperto).
Queste norme valgono per i contratti bi o plurilaterali; per i contratti unila- terali, si stabilisce che la proposta diretta a concludere un contratto unilaterale è irrevo- cabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata (art. 1333 c.c.). Gli atti unilaterali (ad esempio la procura) producono effetti dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati (art. 1334 c.c.). Le esigenze dell’economia moderna hanno imposto regole pratiche molto semplici e rapide di conclusione del contratto. Si pensi al self-service, dove la conclusione del contratto avviene nel modo più semplice: il cliente si serve da sé, scegliendo il prodotto, e poi si presenta « alla cassa » per pagarne il prezzo; manca una dichiarazione espressa di voler acquistare; tutto avviene tacitamente; quel che rileva è il comportamento, che appare inequivoco: scegliendo il prodotto e pre-
sentandosi alla cassa il cliente manifesta l’intenzione di volerlo acquistare.
È questo uno dei casi nei quali si ha comportamento concludente. La medesima situazione si registra quando il cliente sale sull’autobus per tornare a casa: chi sale sul mezzo, manifesta l’intenzione di avvalersi del mezzo pubblico per il trasporto; risponde così all’offerta al pubblico, costituita dalla circolazione degli autobus, che offrono appunto quel servizio alla collettività.
Anche in altri casi, si ha una conclusione rapida del contratto. Ad esempio, quando ci si avvale di un mezzo tecnico come il telefono, il telegrafo, il telex: è anche questo un contratto « tra assenti », come si dice; ma l’ordinamento non considera distanti e assenti le parti; le considera presenti, per comodità di disciplina e semplicità di rapporto. Anche nell’uso di moduli o formulari, già predisposti, si ha conclusione rapida del contratto: la società di assicurazioni esibisce al cliente un modulo per l’assicurazione obbligatoria della sua vettura: il modulo è predisposto dall’impresa; il cliente può solo accettare le « condizioni », cioè le singole clausole,
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oppure rifiutare la prestazione; di solito, accetta, sottoscrivendo il modulo predi- sposto. La semplice sottoscrizione non ha però la formazione del contratto, perché nella prassi si invertono le parti: è il cliente che fa la proposta.
Il contratto può essere concluso mediante il ricorso alle tecniche telematiche: si parla perciò di contratto informatico. Alcune direttive comunitarie, attuate dal legislatore nazionale, si occupano dei contratti conclusi in via telematica dai con- sumatori: se ne farà cenno a proposito dei contratti dei consumatori; i rapporti telematici tra imprenditori sono disciplinati dalle regole di attuazione della diret- tiva sul commercio elettronico.
1.3. Il silenzio.
Che rilievo ha il silenzio? La regola « chi tace acconsente » non ha alcun significato nell’ordinamento. Chi tace non fa alcun atto che sia giuridicamente rilevante; il cliente cui l’impresa invia tramite posta un libro, senza che l’abbia richiesto, con l’impegno di doverlo acquistare, se lo trattenga senza restituirlo per più di una settimana, non è obbligato a rispondere; deve restituire la merce, perché non l’ha acquistata; ma non è obbligato a comperarla, perché non l’ha sollecitata, né ha approvato con il suo comportamento la clausola predisposta dall’impresa.
Il silenzio è giuridicamente rilevante solo quando la legge così disponga: come avviene per l’accettazione tacita dell’eredità (art. 476 c.c.); per la proroga di un contratto oltre la scadenza (proroga automatica, nel contratto di locazione di alloggi: art. 3 della l. n. 392 del 1978), e così via.
Vi sono casi invece in cui il silenzio è comportamento omissivo, e rileva dal punto di vista del danno che arreca: se una parte è reticente, l’altra può chiedere l’annullamento del contratto (è il caso dell’assicurazione, con l’assicurato reticente, che ha dolosamente celato alcune circostanze del rischio assicurato: art. 1892 c.c.); oppure, può chiedere il risarcimento del danno (interesse negativo) se ha taciuto l’esistenza di vizi che inficiavano la validità del contratto (art. 1338 c.c., nelle trattative); e può — se riesce a dimostrare la colpa della controparte — ricorrere all’azione generale di risarcimento del danno, se dimostra che il silenzio gli ha arrecato pregiudizio (si pensi al caso di A che fa credito a B, su sollecitazione di C e non riesce a recuperare la somma mutuata perché C gli ha taciuto che B è un debitore insolvente, o prossimo al fallimento, o disonesto).
1.4. Il mutuo dissenso.
Una volta concluso il contratto, le parti possono anche tornare sulla propria decisione, e decidere di disfarsene. In questo caso si ha mutuo dissenso; il mutuo dissenso è un vero e proprio contratto il cui contenuto è l’esatto opposto del contratto concluso; è un contratto liberatorio perché cancella i vincoli sorti dal
precedente accordoTe(2r)m.
ine estratto capitolo
(2) Sul punto x. XXXXXXX, Il mutuo dissenso nella pratica notarile, in Vita not., 1993, 635.
Capitolo III
EFFETTI E FIGURE CONTRATTUALI
SOMMARIO: 1. L’efficacia. — 1.1. Gli effetti del contratto. — 1.2. Il contratto e i terzi. — 1.3. I principi sul diritto contrattuale della “Commissione Lando”. — 1.4. Elementi accidentali. — 1.5. La condi- zione. — 1.6. Il termine. — 1.7. Il modo. — 2. La rappresentanza. — 2.1. Rappresentanza legale e rappresentanza volontaria. — 2.2. La procura. — 2.3. I vizi della volontà nella rappresentanza.
— 2.4. Rappresentanza diretta e rappresentanza indiretta. — 3. L’interpretazione. — 3.1. L’in- terpretazione soggettiva e oggettiva. — 3.2. L’interpretazione secondo buona fede. — 3.3. Regimi speciali. — 3.4. Il controllo del procedimento interpretativo in Cassazione. — 3.5. L’esperienza del common law. Interpretation e construction. — 4. L’integrazione. — 4.1. Le fonti dell’integrazione.
— 5. La modificazione e l’estinzione del contratto. — 5.1. La modificazione del contratto. — 5.2. Modificazione esplicita. — 5.3. Il negozio novativo. — 5.4. Negozio riproduttivo. — 5.5. Modifi- cazione per comportamento concludente. — 5.6. La prova. — 5.7. L’estinzione. — 6. Figure e fattispecie contrattuali. — 6.1. Il contratto preliminare. — 6.2. L’esperienza del common law. Il “contract to make a contract”. — 6.3. Trascrizione del contratto preliminare. — 6.4. La tutela degli acquirenti di immobili da costruire. — 6.5. Contratto a favore di terzi. — 6.6. L’esperienza del common law. Privity of contract. Il contratto e i terzi. — 6.7. Contratto per persona da nominare.
— 6.8. Contratto per conto di chi spetta. — 6.9. Cessione del contratto. — 6.10. Sub-contratto. —
6.11. Successione nel contratto. — 6.12. Contratto-tipo. Contratto normativo. — 6.13. Contratto per relazione.
1. L’efficacia.
1.1. Gli effetti del contratto.
I requisiti o elementi indicati nei capitoli precedenti (accordo, causa, oggetto, forma) sono denominati essenziali perché l’assenza anche di uno solo di essi, o la loro illiceità, cioè la contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume (art. 1418 c.c.) determina la nullità del negozio: se non vi è accordo, non vi è valido negozio; così se l’oggetto fosse illecito o impossibile, così se la causa fosse contraria all’ordine pubblico, e così via.
Quando il contratto si è perfezionato, presenta tutti gli elementi essenziali, non ha alcun vizio (aspetto di cui si tratterà infra), il contratto produce i suoi effetti, cioè gli effetti giuridici che le parti intendevano realizzare concludendolo. Ma — attesa la distinzione tra accordo delle parti e regolamento contrattuale — il contratto produce anche gli effetti che l’ordinamento prevede, e ciò anche in contrasto con la volontà delle parti.
L’efficacia può essere istantanea, se gli effetti di esauriscono immediatamente con l’esecuzione delle prestazioni delle parti, oppure differita, se le parti hanno stabilito che gli effetti comincino a prodursi in periodo successivo al momento della conclusione del contratto; continuativa o periodica, a seconda che vi sia una
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permanenza degli effetti oppure essi siano circoscritti in determinati periodi dell’anno.
Le parti possono stabilire che gli effetti si producano solo se si avvera una condizione, oppure a decorrere da una determinata scadenza, oppure solo se si compiano determinate prestazioni. Si tratta di pattuizioni additive, accidentali.
1.2. Il contratto e i terzi.
« Comme les conventions se forment par le consentement, personne ne peut eri faire pour un autre, s’il n’a pouvoir de lui; et on peut encore moins faire préjudice par des conventions à des tiers personnes »: così, icasticamente, Xxxx Xxxxx apre (e chiude) il discorso sugli effetti delle “convenzioni” nei confronti dei terzi nelle Loix civiles (1). Nella traduzione, per la verità imprecisa, curata a Napoli (2) la frase suona: « siccome le convenzioni ricevono la loro forza dal consenso, xxxxx può farle per altri, quando non ne abbia la facoltà. E molto meno si può con una convenzione pregiudicare ad un terzo ».
Nell’universo giansenista e giusnaturalista di Domat la ragione del divieto è fondata sulla libertà individuale: solo il consenso obbliga, solo il potere attribuito ad un soggetto dalla legge o dalla volontà dell’interessato può consentire che dalla sua volontà scaturiscano effetti incidenti sulla sfera giuridica altrui.
Libertà e autodeterminazione: ciascuno si impegna per sé ma non può impe- gnare altri; ciascuno agisce nell’ambito della propria sfera, e non può incidere sulla sfera altrui. Solo una persona in balìa di un’altra può subire gli effetti della sua volontà.
Il rigore è massimo, perché la regola potrebbe giustificare l’improduttività di effetti negativi, ma non l’improduttività di effetti positivi.
Più articolata, ma solo in apparenza, è la trattazione di Xxxxxxx nel Traité des Obligations (3). Xxxxxxx dedica infatti un ampio paragrafo alla stipulazione e alla promessa per sé, nell’ambito dell’oggetto dei contratti (4). Ma include in questo paragrafo e quindi nell’espressione indicata tutte le figure di contratti conclusi da un soggetto per conto di un altro, sia in nome altrui, sia in nome proprio, cioè i contratti dei curatori, dei tutori, degli amministratori, i contratti conclusi dal socio per la società, i contratti conclusi dal marito in comunione di beni con la moglie. La questione del divieto di effetti verso i terzi è affrontata nel paragrafo successivo, e con modi sbrigativi: la ragione del divieto, osserva Xxxxxxx (5), è “evidente” ed è fondata sul consenso: “il terzo non può essere vincolato da una volontà che non ha concorso a formare”.
Domat e Xxxxxxx, senza citarli, riprendono considerazioni di Xxxxxx e Pufen- dorf; citano le fonti romane, ma le riducono per così dire “alla ragione”. Alle soglie dell’Ottocento è diffusa la credenza che la tradizione romana o vieti qualsiasi
(1) XXXX (a cura di), Oeuvres complètes, nuova ed., t. I, Paris, 1835, 129. (2) 3ª ed., Napoli 1796, 238.
(3) Nuova ed., t. I, Paris, 1768, 70. (4) Op. cit., 70-100.
(5) Op. cit., 108.
EFFETTI E FIGURE CONTRATTUALI
stipulazione a favore di terzi, o consideri indifferenti eventuali effetti nocivi in danno ai terzi, stante il principio che il contratto può produrre effetti solo nei confronti delle parti, considerandosi “parti” i soggetti contraenti.
In ogni caso, quando nel corso dell’Ottocento nelle esperienze a diritto civile codificato ci si chiede se il contratto possa avere un qualche effetto nei confronti di terzi, si compiono almeno tre operazioni logico-argomentative: (i) si muove dalla regola generale che è per la negativa; (ii) si individuano le eccezioni; (iii) si prescinde da ciò che avviene nella prassi. In altri termini, tra le fonti del diritto, finisce per prevalere la fonte scritta codificata, anche se le prassi, sia quella nego- ziale, sia quella commerciale, sia quella giurisprudenziale, dimostrano che il di- vieto è ormai circoscritto e che il novero delle eccezioni è diventato cospicuo. Ancora. Nelle esperienze continentali si tende a considerare la formula “effetti del contratto nei confronti dei terzi” in modo restrittivo, quasi che essi si possano riscontrare solo nella figura del contratto a favore (o in danno) del terzo e nella promessa del fatto del terzo. Nelle esperienze di “common law”, in particolare nell’esperienza inglese, non è neppur concepibile che un contratto possa espri- mere effetti nei confronti di soggetti non direttamente vincolati.
A rinsaldare queste convinzioni si elaborano due principi: il principio in base al quale il contratto ha forza di legge per le parti (e quindi solo per esse), e il principio della relatività del contratto, che appunto stabilisce che gli obblighi contratti riguardano solo coloro che li hanno assunti e non altri. Omologo a questi principi in “common law” è il principio di “privity of contract”.
Una analisi dei testi dei diversi codici, e uno sguardo fuggevole alla dottrina e alla giurisprudenza che li vivificano, ci può persuadere del contrario, ci può cioè persuadere che le credenze e i principi restrittivi si sono espansi e si sono proiettati molto al di là di quanto, nella realtà delle cose, fosse concesso, e che ancor oggi essi continuano ad esercitare il loro fascino catturante, sicché il ragionamento comune degli interpreti è ancora quello di considerare l’area degli effetti in modo assolu- tamente restrittivo e le fattispecie in cui si producono effetti positivi o negativi del tutto marginali ed eccezionali.
Molteplici sono le ragioni di questo modo di procedere. Si può far riferimento al peso culturale (e didascalico) della tradizione; si può far riferimento alla comune analisi positiva dei fenomeni, per cui si tende a vedere solo ciò che è espressamente menzionato nei testi normativi, in particolare nei codici civili, piuttosto che partire dalla realtà per poi sussumere i fatti nelle norme; si può far conto su una posizione ideologica, fondata sulla volontarietà degli obblighi e sulla libertà della loro assun- zione, e così via.
Tuttavia, anche una considerazione di natura storica — circoscritta agli ultimi due secoli e assolutamente semplificata — ci può indurre a rivedere, qualunque fosse la natura di quelle credenze, la fondatezza dei principi indicati e, se si vuol mantenere l’impostazione tradizionale, ci può portare a constatare la loro pro- gressiva erosione.
L’avvio del discorso pare quindi condurci ad una alternativa: o si muove dal presente per risalire al passato, oppure si compie il percorso inverso. Poiché le regole del presente si fondano necessariamente su quelle del passato, e non solo per la loro dizione letterale, ma per la costruzione culturale che presupponevano
84 IL CONTRATTO IN GENERALE
quando furono introdotte e per quella che presuppongono quando oggi sono applicate, sembra utile prendere le mosse dal passato per scendere al presente. Dal punto di vista comparatistico si possono, in limine al discorso, formulare alcuni interrogativi e proporre ulteriori osservazioni. Quando nelle diverse espe- rienze si fa riferimento agli effetti del contratto riguardo ai terzi si ha in mente lo stesso tipo di problemi, si delinea la medesima area di fattispecie, si investono questioni identiche o simili tra loro? È persino ovvio premettere che ogni inter- prete, essendo lo specchio della propria cultura e dell’esperienza cui appartiene, tende a dare alla formula “effetti del contratto verso i terzi” un significato che è modellato su quella cultura e su quella esperienza. Sicché le risposte agli interro-
gativi annunciati divergono a seconda degli interlocutori.
Qualche esempio può sovvenirci nella illustrazione di questi problemi lingui- stico-concettuali. In uno dei manuali di diritto comparato più recenti, Xxxx Xxxx e Xxxx Xxxxxxxx considerano la formula in modo assai ampio, tanto da ricompren- dervi l’“agency” e la rappresentanza, il contratto a favore di terzi e la cessione del contratto (6). In un manuale in lingua inglese scritto da P.D.V. Xxxxx, la proble- matica illustrata sotto la formula “contract and third parties” nei sistemi inglese, francese e tedesco, è intesa solo sotto il profilo della responsabilità (7). Ben più ampia è la portata della prospettazione che Xxxxxx Xxxxxx offre in un saggio di comparazione tra diritto tedesco e diritto inglese nel volume curato da Xxxxx Xxxxxxxxxx sulla convergenza graduale dei due mondi, del “common law” e del continente (8). Vi si accenna non solo alle regole del BGB, ma anche al contratti relativi ai fondi pensione, ai contratti di consulenza o di trattamento medico conclusi dai genitori per i loro figli, ai contratti di deposito di somme di danaro con designazione di un intestatario diverso dal depositante, ai contratti di trasporto, di persone e di merci, alle garanzie nella vendita di beni fornite dal produttore, ai “restrictive covenants” nella vendita immobiliare, ai beneficiari del “lease”, ai bene- ficiari di un “trust”, ai contratti di mantenimento, all’assicurazione, come ad alcune figure topiche riconducibili alla nostra materia. Più circoscritta, ma non così tanto, è l’area delle materie considerate dallo stesso Xxxxxx, con Xxxxxxxxx e Marke- sinis nella comparazione dei casi inglesi e tedeschi in materia di contratti (9). Ancora diversa è la posizione di G.H. Xxxxxxx, autore di uno dei più acuti e fortunati manuali inglesi di “contract law”, ove la tematica è articolata intorno alla “privity”, all’“assignment”, all’“agency”, all’“interference with contractual relations”, per una estensione notevole (10) pari quasi ad un sesto dell’intera trattazione del diritto contrattuale. Mentre poche sollecitazioni sembra suscitare la problematica agli occhi di Xxxx Xxxxxxxxx (11) che al tema dedica solo poche considerazioni, ancorché
(6) (Trad. Xxxx), European Contract Law, vol. 1, Oxford 1997, 217 ss.
(7) Comparative Contract Law-England, France, Germany, Xxxxx 1994, 268 ss.
Termine estratto capitolo
(8) Contracts and third. Party Rights in German and English Law, in MARKESINIS, The Gradual Conver- gence, Oxford, 1994, 65 ss.
(9) The German Law of Obligations, vol. I, The Law of Contracts and Restitution: A Comparative Introduction, Oxford 1997, 257 ss.
(10) The Law of Contract, IX ed., Londra 1995, 534 ss.
(11) Contract Law in Perspective, Londra 1982, 96 e 97.
Capitolo IV
INVALIDITÀ, RISOLUZIONE, RESCISSIONE E DANNO
SOMMARIO: 1. L’invalidità. — 1.1. Validità e invalidità del negozio. — 1.2. Nullità e annullabilità. Disciplina. — 1.3. Nullità e annullabilità. Categorie concettuali. — 1.4. Le novità del codice civile del 1942. — 1.5. Nullità e inesistenza. — 1.6. Contrarietà a norme imperative. — 1.7. L’esperienza del common law. Il contratto illecito. — 1.8. Nullità parziale. — 1.9. Nullità del contratto plurila- terale. — 1.10. Nullità speciali. — 1.11. Conseguenze della nullità. — 1.12. L’annullabilità. I vizi della volontà negoziale. — 1.13. L’errore. — 1.14. La violenza. — 1.15. Il dolo. — 1.16. La reticenza. — 1.17. I vizi della volontà nei negozi unilaterali. — 1.18. L’esperienza del common law. I vizi del consenso. — 1.19. Conseguenze dell’annullabilità. — 2. La risoluzione. Adempimento, inadempimento, responsabilità contrattuale. — 2.1. Gli effetti dell’inadempimento. — 2.2. Riso- luzione giudiziale. — 2.3. Risoluzione di diritto. — 2.4. Impossibilità sopravvenuta. — 2.5. Eccessiva onerosità sopravvenuta. — 2.6. La teoria della presupposizione. — 2.7. Gli effetti della risoluzione del contratto. — 2.8. Segue. L’informazione e i costi transattivi. — 2.9. Segue. Il rischio contrattuale. — 2.10. Segue. La scelta tra adempimento e inadempimento. Le aspettative ragio- nevoli. — 2.11. Segue. La doctrine of frustration. — 2.12. Segue. Discharge. — 2.13. Segue. Anticipatory breach. — 3. La rescissione. — 3.1. La rescissione del contratto. — 3.2. Contratto concluso in stato di pericolo. — 3.3. Azione generale di rescissione per lesione. — 4. Il risarcimento del danno e il danno contrattuale. — 4.1. Il risarcimento del danno. — 4.2. Il danno contrattuale. — 4.3. L’esperienza del common law. Il danno contrattuale.
1. L’invalidità.
1.1. Validità e invalidità del negozio.
Nel linguaggio comune il termine di validità indica una qualificazione posi- tiva, un “pregio”, un “valore”. Nel linguaggio giuridico, questo termine, e il suo contrario (invalidità) ha un significato tecnico preciso: il contratto, e, più in gene- rale, il negozio — in questo capitolo i termini sono interscambiabili — non è valido quando non risponde ai requisiti indicati dalla legge (ad esempio, requisiti di forma); in tal caso si dice che il contratto è nullo; oppure quando è stato concluso in particolari circostanze che hanno viziato la formazione o la dichiarazione di volontà (errore materiale, violenza subita dalla parte che non intendeva accettare le condizioni proposte dall’altra, raggiro subito da una delle parti); in tal caso si dice che il contratto è annullabile.
Il negozio invalido è nullo se contrario a un interesse pubblico; annullabile se contrario a un interesse privato dei contraenti tutelato dal diritto. Le categorie della invalidità sono appunto: nullità, annullabilità.
Si è setto sopra degli effetti del negozio e della sua possibile inefficacia. Le due categorie: invalidità/inefficacia sono concettualmente assai nette.
140
IL CONTRATTO IN GENERALE
Il negozio è inefficace quando non produce effetti, non opera cioè quei risultati che le parti volevano; ad esempio la nave non arriva dall’Asia e il negozio, sottoposto a condizione sospensiva, non produce effetto; arriva la nave dall’Asia, e, con l’avverarsi della condizione, il negozio produce effetto (A paga B).
Se è chiara la distinzione concettuale di queste diverse categorie, non sempre è chiara la lettera della legge: il negozio concluso dal rappresentante senza potere (art. 1398 c.c.) è invalido o semplicemente inefficace? La legge parla di validità; alcuni ritengono che si tratti di contratto inesistente, cioè mai sorto; altri di contratto inefficace.
Si tratta di problemi assai complessi che la dottrina non ha risolto in modo univoco. Anzi. Talvolta là dove la legge parla di “inefficacia” qualche Autore ritiene che avrebbe dovuto parlare di nullità: è il caso dell’art. 36 del Codice del consumo, a proposito delle clausole vessatorie inserite nei contratti dei consuma- tori.
Si discute anche se sia possibile considerare un negozio inesistente: inesistente non perché non sia mai stato concluso, ma perché privo a tal punto degli elementi richiesti da potersi considerare come non esistente nel diritto (ad esempio la vendita verbale di un bene immobile).
Il negozio nullo, si dice tradizionalmente, non produce effetti: tuttavia vi sono casi in cui il negozio nullo produce effetti ridotti rispetto al negozio valido (per esempio il matrimonio putativo, artt. 128, 129 c.c.). Inoltre, il negozio che con- tiene clausole nulle può essere sanato, mediante conferma o mediante esecuzione (si veda la donazione o le disposizioni testamentarie, artt. 590, 799 c.c.). Infine, il negozio nullo o annullabile, se preceduto da trattative, comporta la responsabilità precontrattuale della parte che, conoscendone le cause di invalidità, non le ha comunicate all’altra parte (art. 1338 c.c.).
1.2. Nullità e annullabilità. Disciplina.
(a) Interessi sottostanti. — L’ordinamento giuridico riconosce rilevanza agli atti dei privati quando essi sono meritevoli di tutela, non sono contrari ai principi fondamentali, sono diretti a realizzare scopi leciti. In queste ipotesi, l’interesse che si vuol tutelare è un interesse che trascende la posizione delle parti, è un interesse pubblico, sotteso alla funzione della giuridicità del vincolo.
Vi sono però altri casi nei quali l’ordinamento tutela una parte nei confronti dell’altra; in questi casi, l’interesse tutelato è solo in senso lato pubblico (ad esempio, sanzione della violenza morale), perché lo scopo è quello di comporre le diverse situazioni nelle quali si trovano le parti e di tutelare un interesse privato di una parte contro l’altra.
Nella prima serie di ipotesi, la sanzione è molto grave: produce la nullità del negozio; il negozio perde qualsiasi valore, non è vincolante, e si considera tale sin dal momento in cui fu concluso. Nella seconda serie di ipotesi, invece, la sanzione è meno grave: il negozio può essere annullato su domanda di chi vi ha interesse, e non tutti gli effetti che esso ha prodotto possono essere cancellati.
(b) Tassatività delle cause dell’invalidità. — Le ipotesi di nullità sono tassative, e riguardano; a) la mancanza di un elemento essenziale (accordo, causa, oggetto,
INVALIDITÀ, RISOLUZIONE, RESCISSIONE E DANNO
forma quando è prescritta ad substantiam) (artt. 1321, 1343, 1351, 1346 c.c.); b) la illiceità della causa, dei motivi, dell’oggetto, della condizione (artt. 1343, 1345, 1346, 1354 c.c.); c) la impossibilità dell’oggetto e la impossibilità della condizione sospensiva (artt. 1346, 1354 c.c.); indeterminabilità dell’oggetto (artt. 1346, 1349 c.c.); d) tutti gli altri casi espressamente indicati dalla legge (art. 1418 c.c.) (xxxxx xxxxxxxx, simulazione, negozio concluso dal rappresentante senza potere).
In generale il negozio è nullo quando è contrario a norme imperative. Anche le cause di annullabilità (o di annullamento) sono tassative; esse riguar-
dano: a) l’incapacità legale (artt. 414 ss. e 1425 c.c.); b) l’incapacità naturale, se ricorrono le condizioni previste dal Codice (art. 428 c.c.); c) i vizi della volontà (errore, violenza morale, dolo) (artt. 1427 ss. c.c.).
Le differenze fondamentali di scopo sotteso alla nullità e all’annullabilità giustificano le radicali differenze di disciplina dei due istituti.
(c) Nullità parziale. — La nullità può essere parziale, riguardare solo singole clausole (art. 1419 c.c.). La nullità di singole clausole non importa la nullità dell’intero negozio quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative (sostituzione automatica: art. 1339 c.c.); la nullità di singole clausole si estende all’intero negozio se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità (art. 1419, 1º co., c.c.). Ad esempio, se un Comune affida ad un collegio di progettisti l’incarico di elabo- rare il progetto di un istituto scolastico, e, concluso il progetto, si scopre che uno di essi non è iscritto all’albo (e non può quindi svolgere attività professionale com- parendo con il proprio nome), la nullità della singola clausola si estende all’intero contratto, se risulta che il Comune intendeva affidare l’elaborazione del progetto soltanto a progettisti abilitati all’esercizio della professione (1). Il principio che il negozio non si salva, anche in presenza di una singola (rilevante) clausola nulla, è una eccezione al principio della conservazione del negozio (art. 1367 c.c.).
Ma come si accerta la volontà delle parti? Non si può ricostruire autonoma- mente una volontà che non esisteva: il giudice deve quindi apprezzare l’affare in modo oggettivo, senza aggiungere arbitrariamente clausole alla pattuizione pri- vata, e accertare se nel contemperamento degli opposti interessi il negozio può stare anche senza la clausola colpita da nullità.
(d) Legittimazione a far valere l’invalidità. — Chi può invocare la nullità, e chi l’annullabilità? Cioè chi è legittimato all’azione di nullità, e all’azione di annulla- bilità? La nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse (art. 1421 c.c.); l’annullabilità può essere domandata solo dalla parte nel cui interesse è stabilita dalla legge (art. 1441 c.c.). La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice; se, nel corso di un giudizio, il giudice si accorge che il negozio è nullo, deve imme- diatamente pronunciare la nullità, anche se non ne è richiesto da una delle parti; l’annullabilità, invece, può esser pronunciata solo su domanda della parte interes- sata (artt. 1421, 1441 c.c.).
Anche questa differenza è giustificata dai diversi principi sui quali si fondano le due categorie di invalidità: nel caso di nullità, è interesse pubblico che i negozi
(1) Cass. n. 451/1973.
142
IL CONTRATTO IN GENERALE
contrari alla legge siano subito fulminati, e quindi si estende a tutti gli interessati il potere di chiederla.
Occorre segnalare che, nel caso di nullità, anche se la categoria degli interes- sati è più ampia, non vi si ricomprendono « tutti » in assoluto, o coloro che hanno un interesse semplicemente morale, ma coloro che possono esser pregiudicati dal negozio, o hanno aspettative che possono essere deluse dal negozio: è il caso, ad esempio, del terzo che, intendendo acquistare il fondo di A, fa dichiarare la nullità nella ipoteca accesa su quel fondo da B (2). Invece, in caso di annullabilità, l’interesse da tutelare riguarda solo la persona che è caduta in errore, la persona che ha subìto la violenza morale o il dolo, la persona che è incapace legale o naturale; la controparte non può far valere la causa di annullabilità, perché essa stessa vi ha dato luogo; i terzi non sono interessati, e non possono agire in giudizio per l’annullamento.
(e) Sanatoria. Convalida e conversione. — Il negozio nullo non può essere convalidato; solo il negozio annullabile può esser convalidato; la convalida può esser fatta dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del negozio, il motivo di annullabilità, e la dichiarazione che si intende convalidarlo (art. 1444 c.c.); la convalida, anzi che espressa, può essere tacita, quando il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione, conoscendo il motivo di annullabilità; ma la conva- lida non ha effetto se chi la esegue non è in condizione di concludere validamente il negozio.
Si può invece avere conversione del negozio nullo, quando il negozio (nullo) sia in grado di produrre gli effetti di un negozio diverso (valido) del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma; anche in questo caso, però, deve risultare che le parti lo avrebbero voluto, conoscendo la nullità del primo negozio; a questo proposito, occorre tener conto dello scopo perseguito dalle parti (art. 1424 c.c.).
(f) Prescrizione. — Quanto alla prescrizione, l’azione diretta a far valere la nullità è imprescrittibile (art. 1422 c.c.); l’azione diretta a far valere l’annullamento si prescrive in un termine abbreviato rispetto alla prescrizione ordinaria, cioè in cinque anni (art. 1442 c.c.); la sentenza che pronuncia la nullità, dovendo sempli- cemente accertare che il negozio è nullo, non modifica la situazione preesistente (perché il negozio nullo non produce alcun effetto), è una sentenza dichiarativa. Mentre la sentenza che pronuncia l’annullamento, modificando la situazione preesistente, creata dal negozio annullabile, è una sentenza costitutiva.
(g) Effetti. — Sia il negozio nullo sia il negozio annullabile non producono effetti tra le parti.
Termine estratto capitolo
Più esattamente, il negozio annullabile produce effetti finché non è richiesto l’annullamento, e in questo caso gli effetti prodotti dal negozio annullabile sono cancellati fino al momento in cui il negozio è concluso; si ha in questo caso retroattività dell’annullamento. Si tratta di retroattività reale, nel senso che travolge anche gli acquisti fatti dai terzi, a meno che non siano a titolo oneroso e in buona fede.
Gli interessi dei terzi si debbono contemperare con gli interessi della parte che ha
(2) Cass. n. 3127/1968.
Capitolo V
L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO CONTRATTUALE
SOMMARIO: 1. Le direttrici dell’evoluzione e i modelli espositivi. — 2. Le periodizzazioni dell’evoluzione.
— 3. Continuità e novità nella definizione del sistema del diritto civile. — 4. Primi fermenti culturali nella concezione del contratto. — 5. Il problema della causa del contratto. — 6. La revisione dei dogmi contrattuali. — 7. Le clausole generali e il nuovo realismo giuridico. — 7.1. Esempi di formule aperte. Natura, circostanze. — 8. I nuovi confini del diritto privato. — 9. Politica, economia, dimensione sociale del “privato”. — 10. Interrogativi sulla categoria del negozio giuridico. — 11. L’analisi critica del diritto privato. — 12. Il contratto tra monosistema e polisistema e la “decodificazione”. — 13. La critica dei dogmi: il negozio giuridico come “pro- blema”. — 14. Nuovi modi di concepire il contratto. — 15. La “parte generale” e la “parte speciale” della disciplina del contratto. — 16. Un itinerario complesso. — 17. Dal contratto allo status. Impresa e consumatori. — 18. Nuovi tentativi di coerenza sistematica. I rimedi. — 19. I principi generali. — 20. I primi settant’anni del codice civile: il ruolo del contratto.
1. Le direttrici dell’evoluzione e i modelli espositivi.
Il mondo del contratto è immenso, variegato, affascinante. Quel mondo si è costruito lentamente per stratificazioni successive, sulla base di vicende che, nel corso del Novecento, si possono individuare — un pò arbitrariamente — con varie intitolazioni e con diverse cadenze temporali: il consolidamento delle categorie concettuali riflesse dal codice, la elaborazione delle dottrine generali del diritto civile e il rimodellamento degli istituti di diritto civile; la teorizzazione del negozio giuridico inteso come atto privato funzionale alla realizzazione di interessi pubblici oppure come autoregolamento di interessi privati; la teorizzazione del contratto come atto volitivo e come atto normativo; la oggettivazione del contratto quale effetto della commercializzazione del diritto civile; la individuazione del processo di eterointegrazione; il fenomeno dell’incidenza del diritto pubblico sulla autono- mia privata e dello Stato nei rapporti contrattuali; l’apporto della comparazione; la scoperta delle clausole generali; la costituzionalizzazione del contratto; l’inseri- mento dei valori nella concezione del contratto; il controllo sociale delle attività private; la scoperta del contraente debole; l’uso alternativo del diritto; l’interpre- tazione ideologica degli istituti del diritto privato; la percezione e poi la teorizza- zione della decodificazione e della frammentazione del codice; la scoperta del- l’analisi economica del diritto; la concezione del contratto come operazione economica, come tecnica di distribuzione dei rischi e di controllo delle sopravve- nienze; l’esplosione dei contratti atipici, la loro tipizzazione sociale, la loro talvolta parziale normazione; la rivisitazione dei dogmi, il superamento delle forme, l’in- troduzione delle categorie di giustizia/equità; l’erompere del diritto comunitario, l’ingresso di nuovi termini, nuovi concetti, nuove tecniche, nuovi rimedi; l’emer-
206
IL CONTRATTO IN GENERALE
xxxx delle figure di professionista e di consumatore, dei contratti dei consumatori e dei contratti d’impresa; l’introduzione dei codici di settore quali nuove epifanie della codificazione; l’imporsi di nuove fonti e quindi di nuovi modi di pensare il contratto (il contratto trasparente, il “terzo contratto”, il contratto “ammini- strato”); la elaborazione di nuovi principi di derivazione comunitaria e la loro applicazione ai rapporti tra privati, l’affermarsi di nuove clausole generali quali la proporzionalità, la sussidiarietà, la ragionevolezza, la trasparenza, la completezza, inven- tate dal legislatore o costruite dall’interprete, e applicate alla disciplina dei rap- porti tra privati; la comparsa di nuovi attori del mercato: i professionisti, i consu- matori, le ONG, le PMI; l’incidenza delle tecnologie informatiche, telematiche, biomediche e la conformazione di nuovi rapporti familiari e sociali; i fenomeni della globalizzazione, l’applicazione sempre più estesa della lex mercatoria (1) e l’affermarsi del contratto “alieno” (2); l’europeizzazione del contratto e l’unifor- mazione dei principi, i modelli uniformi, le clausole uniformi, le tecniche di redazione uniformi; l’avvento della stagione dei diritti fondamentali portatrice di nuovi limiti all’autonomia privata; l’introduzione di controlli amministrativi delle clausole contrattuali, l’introduzione di obblighi concernenti i documenti prepara- tori, e la comunicazione di informazioni anteriori alla conclusione.
L’evoluzione della disciplina del contratto si colloca in un contesto ampio, in cui si devono considerare sia le connessioni con gli altri istituti — le interferenze di cui avevo fatto cenno in altra opera introduttiva allo studio del contratto (3) — sia le connessioni con le prassi e soprattutto con l’evolvere dei mercati globalizzati (4). Ma la sua analisi potrebbe anche ridursi ad un discorso tutto interno alla disci- plina. È la linea del discorso che seguono alcuni Autori nel dipingere le immagini del contratto nel Duemila (5): essi spiegano come sia cambiato il rapporto tra il codice e le leggi speciali, come sia cambiato il ritmo della circolazione transfron- taliera dei modelli, come si sia affermata la dominanza delle norme imperative su quelle dispositive, come si siano moltiplicate le fonti, come si siano ampliati i poteri delle Autorità amministrative indipendenti, come siano proliferate le tecniche di formazione, come siano cambiate le categorie ordinanti e quale sia stato l’influsso del diritto comunitario nella definizione delle regole contrattuali.
Da quando ha ampliato i suoi orizzonti formalistici, la dottrina italiana ha continuato a coltivare congiuntamente le due prospettive di analisi, quella per così dire interna, che si affida alla descrizione dei fenomeni con il microscopio descri- vendo i cambiamenti con le categorie logico-normative, e quella per così dire
(1) X. XXXXXXXX, La nuova lex mercatoria. Principi Unidroit ed usi dei contratti del commercio interna- zionale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Xxxxxxxxx Xxxxxxx, XX xx., XXX, Xxxxxx, 0000.
(2) X. XX XXXX, Il contratto alieno, 2ª ed., Torino, 2010.
(3) X. XXXX, Introduzione alla giurisprudenza, ne I contratti in generale, a cura di X. Xxxx e X. Xxxxxxx, 9 voll., Torino, 1990.
(4) X. XXXXXXX, I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Torino, 1995; M. R. FERRARESE, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Roma-Bari, 2006; P. GROSSI, Crisi delle fonti e nuovi orizzonti per il diritto, Napoli, 2009.
(5) X. XXXXX, Xx xxxxxxxxx xxx Xxxxxxx, XXX xx., Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXX, Il contratto, Padova, 2007;
X. XX XXXX, Contratto: per una voce, in Rivista di diritto privato, 2000, 636.
L’EVOLUZIONE DEL DIRITTO CONTRATTUALE
esterna, che guarda ai fenomeni con il telescopio registrando i fattori che incidono sulla concezione del contratto per effetto dell’economia e delle trasformazioni sociali. Si tratta di due dimensioni complementari, coltivate dagli stessi studiosi, che sanno svolgere l’uno e l’altro discorso, e talvolta invece da Xxxxxx diverse che coltivano indirizzi culturali diversi, tra loro in contrapposizione o in concorrenza. Non così si può dire di altre esperienze, che appaiono, da questo punto di vista, certamente meno ricche e meno affascinanti della nostra. Mi riferisco, in particolare, all’esperienza francese, ancora legata alla codificazione napoleonica e ora avvitata in un lungo processo preparatorio diretto al suo ammodernamento. Più che nei trattati o nei saggi di grande respiro, qui le novità si possono rintrac- ciare nella creazione di riviste non tradizionali, come la Révue des contrats; nella creazione di istituzioni, come la Fondation pour le droit continental, che si incarica di diffondere il modello della civil law in contrapposizione e in concorrenza con il modello di common law; nella costituzione di centri di ricerca come l’European Private Law Institute di Parigi che indagano le radici e la realtà dei modelli giuridici del vecchio continente in rapporto alle altre esperienze europee del mondo occi-
dentale.
La Revue è interessante perché offre, nella ripartizione delle materie e degli ambiti di ricerca, un quadro innovativo rispetto ai periodici più tradizionali. Intanto, perché è dedicata al settore del contratto e non all’intero diritto civile. Poi, perché, nella parte dedicata alla cronaca, si fa carico delle nuove fonti del contratto (il diritto comunitario e il diritto costituzionale), considerate — ancora, diremmo noi — come fonti “esterne” al diritto civile e tuttavia incidenti su di esso. Le novità giurisprudenziali sono concentrate, oltre che nella sezione delle “fonti”, nella sezione del “diritto comune”. L’accezione è simile a quella utilizzata in Italia per alludere alle regole contrattuali che si rivolgono sia agli accordi conclusi tra privati sia agli accordi conclusi con la pubblica Amministrazione (e che siano qualificati come contratti di diritto privato). Le ripartizioni non sono ortodosse, nel senso che concernono sotto-sezioni avvertite come particolarmente significative nell’ottica del diritto contrattuale francese, come, ad es., il rapporto tra contratto e respon- sabilità e il regime delle obbligazioni contrattuali (categoria dogmaticamente cu- riosa, perché dal nostro punto di vista le obbligazioni comprendono non solo i contratti, ma anche gli atti unilaterali, l’illecito, l’arricchimento ingiusto, il paga- mento dell’indebito, le obbligazioni naturali). Vi si trova poi la rubrica del diritto contrattuale speciale, che allude alle regole sul contratto contenute in leggi speciali al di fuori del codice civile; in particolare si tratta della disciplina della concorrenza e del diritto del consumo. Seguono la rubrica sui contratti speciali, intesi come categorie particolari di contratti traslativi, di organizzazione, di godimento, di materie processuali, o riguardanti le persone e la famiglia, e i rapporti internazionali; e ancora le rubriche sul diritto “europeo” dei contratti (inteso qui come “comuni- tario”), il diritto comparato e il diritto “vivente”. Lo spazio residuo è dedicato agli studi di dottrina e ai dibattiti. Insomma, un repertorio sulle novità che si traduce in un progetto culturale mirato all’ammodernamento della cultura e delle prassi del settore.
Il metodo del percorso “interno” è privilegiato anche dai giuristi inglesi —
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IL CONTRATTO IN GENERALE
esemplare in questo senso l’opera di Xxxx Xx Xxxxxxxx (6) — salva qualche eccezione che si rivolge alla storia per comprendere l’evoluzione dell’istituto — come ha proposto Xxxxxxx X. Xxxxxx (7) — o si preoccupa della dimensione sociale dell’istituto e della sua connessione con il sistema economico e l’intervento delle autorità regolative — indirizzo seguito da Xxxx Xxxxxxx (8) — o si immerge nella comparazione, studiata e illustrata sia nelle sue componenti teoriche sia nelle sue componenti pratiche, soprattutto nella comparazione dei modelli di sentenza (9). A questo riguardo sono rimarchevoli le opere di Xxxxx Xxxxxxxxxx ed esemplare è il suo trattato su The German Contract Law (10), in cui, nonostante il titolo, si rappresenta la disciplina del contratto inglese confrontata con quella tedesca, francese e nord-americana.
È impressionante “toccar con mano” la vicinanza degli ordinamenti, dettata dalle leggi del capitalismo temperato da finalità sociali, e dagli indirizzi invalsi un po’ ovunque volti a tutelare la parte debole. Ciò anche se il diritto contrattuale è il diritto della “produzione” e non della “protezione” (11). In ogni esperienza si assiste alla moltiplicazione delle regole imposte dal legislatore che si affiancano a quelle emerse dalla case law, fino al punto da chiedersi, come fa XxXxxxxxxx, se valga ancora la pena di parlare di principi generali di diritto contrattuale, posto che la gran parte dei contratti è affidata alla disciplina di leggi speciali e le regole generali sono da considerarsi perciò default rules.
Anche l’esperienza tedesca è particolarmente stimolante. Tramontata la di- mensione ideologica del diritto privato (in realtà, una breve stagione) ora la dottrina è rivolta soprattutto ad apprezzare le prospettive aperte dalla interpre- tazione costituzionale e dall’incidenza del diritto comunitario. I nostri civilisti e i nostri comparatisti sono assai agguerriti in materia (12): la riforma del BGB con cui si è aperto il nuovo millennio è stata seguita puntualmente e così pure la costru- zione dei Principles of European Contract Law (PECL) e del Draft Common Frame of Reference (13).
In questo quadro risulta più chiara sia l’originalità del modello italiano, di origine francese, corretto da dottrina e giurisprudenza fino alla adozione del
(6) X. XXXXXXXXXX, Contract Law, Houndmills and London, 1990.
(7) P. S. ATYAH, Rise and Fall of Freedom of Contract, Xxxxxx, 0000.
(8) X. XXXXXXX, The Law of Contract, IV ed., Cambridge, 2003; Xxxx XXXXXXX, Regulating contracts, Xxxxxx, 0000.
(9) X. XXXXXXXXXX, Contract law: themes for the twenty-first century, Xxxxxx, 0000; X. XXXXX, Cases, materials and text on contract law, Xxxxxx, 0000.
(10) A Treatise of Comparative Law, in collaborazione con X. UNBERATH e X. XXXXXXXX, Oxford e Xxxxxxxx, 0000.
(11) X. XXXX, citato in MARKESINIS, UNBERATH e XXXXXXXX, The German Law of Contract, cit., 2.
Termine estratto capitolo
(12) X. XXXXX, Diritto privato e codificazioni europee, 2 ed., Milano, 2007. A. SOMMA, Modernizzare l’ordinamento privatistico: liberismo e solidarismo nella riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, in X. XXXX (a cura di), La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti?, Padova, 2004, 137-159; C. W. XXXXXXX, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, trad. it. a cura di X. Xx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
(13) Con le Scuole di Xxx Xxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx e tanti altri Colleghi prestigiosi. In particolare v. X. XXXXX e X. XXXXX, I principi del diritto contrattuale europeo, trad. it., a cura di X. Xxxxxxxxxx, Milano, 2000.
Capitolo VI
LA RIVOLUZIONE DELLE FONTI
SOMMARIO: 1. La Costituzione. — 2. Le esperienze comparatistiche. — 3. Le leggi « speciali ». — 4. I codici di settore. — 5. Il diritto privato regionale. — 6. Le deliberazioni delle Autorità ammini- strative indipendenti. — 6.1. Un inventario della normativa sui poteri regolamentari delle Autorità amministrative indipendenti afferenti i contratti. — 6.2. La disciplina sostanziale e le categorie di destinatari (rilevanza interna, rilevanza esterna). — 6.3. Legittimazione e rappresen- tatività. — 7. Autodisciplina e codici di condotta. — 8. Le prassi.
1. La Costituzione.
In piena fase di transizione si percepisce la fallacia della architettura kelse- niana e sembra doverono elaborare una nuova teoria delle fonti del diritto (1). Ci sono voluti anni per rimuovere l’impalcatura al tempo stesso concettuale e dogmatica con cui si assorbiva nella fattispecie “contratto” ogni fenomeno nego- ziale. È una sorta di “tenaglia” che schiaccia, comprime, sgretola la solida crisalide nel quale si voleva proteggere la libertà contrattuale: dall’alto il diritto sovrana-
zionale, dal basso il diritto regionale.
La svolta si è registrata con la riscoperta della Costituzione, e dei suoi valori,
dopo i primi esperimenti tentati negli anni Sessanta.
Come si è anticipato, la tutela costituzionale del contratto ha incontrato molti ostacoli sul suo cammino: offrire tutela costituzionale significa rafforzare ciò che il contratto rappresenta, cioè l’autonomia contrattuale, ed è evidente che, a seconda di come sia orientato ideologicamente l’interprete, la garanzia gioca a favore degli interessi liberistici, se l’autonomia è considerata espressione della libertà della persona che negozia, oppure gioca a favore della libertà dal contratto, se l’orien- tamento è volto a tutelare la parte che subisce l’imposizione di condizioni dettate dal contraente più forte. Non è quindi rivendicandone una tutela costituzionale che si ottiene un rafforzamento dell’istituto, se esso dovesse essere utilizzato per ledere gli interessi della parte socialmente più debole.
In un saggio famoso Xxxxx Xxxxxxx spiega perché l’area del contratto deve includersi non nell’ambito di applicazione dell’art. 2 ma in quello dell’art. 41 Cost., e come non sia possibile da parte del giudice ordinario applicare direttamente l’art. 41 Cost. per sindacare la libertà contrattuale o, peggio, i contenuti del contratto, nel caso in cui si avvedesse che esso, come atto di autonomia privata, si pone in contrasto con la Costituzione. E ribadisce che le clausole generali, come
(1) X. XXXXXX, Le fonti del diritto, Milano, 2008.
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IL CONTRATTO IN GENERALE
correttezza e buona fede, incorporate negli artt. 1175, 1337, 1366, 1375 c.c., l’ordine pubblico e il buon costume, non hanno bisogno di una “copertura” costituzionale per poter indurre le parti a comportarsi in modo da cooperare secondo canoni di solidarietà (2).
La “costituzionalizzazione” del contratto, nonostante gli auspici di molti civi- listi, non si è mai compiuta. Anche di recente, nell’esaminare il processo di forma- zione della “costituzione economica”, sulla base della lettura dell’art. 41 Cost. nelle diverse epoche che hanno contraddistinto la giurisprudenza della Corte di legit- timità e l’evolvere della dottrina costituzionalistica, Xxxxxxx Xxxxxxx (3) ha posto in luce il collegamento tra l’art. 41 e l’art. 3 Cost., non coinvolgendo nel discorso l’art. 2 Cost.. La libertà economica è vista dunque come espressione sì delle libertà individuali, ma come una libertà da esercitare secondo i canoni della concorrenza e della utilità sociale e quindi in una dimensione collettiva, tale da non incidere sulle forme di espressione della persona (4).
In altri termini, un conto è la valutazione dei diritti fondamentali che sono coinvolti nell’operazione contrattuale, altro conto è la possibilità di concludere in sé e per sé quell’operazione come espressione di esercizio di un diritto fondamen- tale. In questo secondo aspetto non si può scorgere la via per giungere alla protezione costituzionale del contratto. Anche di recente Xxxxxx Xxxxxxxx (5) lo ha ribadito in modo netto, chiamando a confronto il modello tedesco, per sottoli- nearne le differenze con il modello italiano. Né si può giungere a quel risultato considerando il contratto come il momento fondativo della libertà di associazione e la libertà matrimoniale. Peraltro il disposto dell’art. 41 Cost. funziona come limite alla libertà contrattuale, piuttosto che non come suo sostegno.
Se si collega la meritevolezza al dovere di solidarietà si rischia di lambire la funzionalizzazione del contratto, ma “basta spostare la mira (come del resto è naturale) dall’art. 2 all’art. 41 Cost. perché la soluzione si presenti in termini più equilibrati. Se non forse al contratto in genere, al contratto d’impresa come strumento essenziale di attività economica può essere imposto il rispetto dell’utilità sociale (del bene economico comune) non come dovere di attuarla o di promuo- verla, ma come dovere di non contrastarla (6).
Diversa è invece la problematica della Drittwirkung delle norme costituzionali ai rapporti tra privati, ma di questo si parlerà tra poco (7).
Non si deve cadere nell’equivoco che le due prospettive siano unificate: più che di costituzionalizzazione del contratto si può parlare in questo caso di controllo dell’atto di autonomia privata secondo i valori costituzionali al fine di tutelare il contraente che subisce la lesione di quei diritti attraverso l’accettazione del con-
(2) V. già X. XXXXXX, Il principio di correttezza e la vigenza dell’art. 1175 c.c., in Banca, borsa e tit. cred., 1965, I, 149.
(3) X. XXXXXXX, Unità nazionale e struttura economica. La prospettiva della Costituzione repubblicana, relazione al Convegno AIC, Torino, 27-29 ottobre 2011, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
(4) X. XXXXXXX, Unità nazionale e struttura economica. La prospettiva della Costituzione repubblicana, cit.
(5) X. XXXXXXXX, Premessa al Trattato dei contratti, vol. I, Torino, 2006.
(6) X. XXXX, Note sulla contrattazione d’impresa, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, 000.
(7) X. XXXXXXXX, Premessa al Trattato, cit., XLIII ss.
LA RIVOLUZIONE DELLE FONTI
tratto: è, in altri termini, la prospettiva qualificata in termini di “legalità costitu- zionale” (8) la quale consente al giudice di applicare direttamente al contratto le regole costituzionali, sia utilizzando le clausole generali, sia qualificando il con- tratto come illegale (se in contrasto con la normativa costituzionale), sia utilizzando i parametri derivanti dalla legislazione comunitaria ove applicabili (in particolare, il principio di proporzionalità e il principio di eguaglianza). Più difficile accogliere la tesi di chi ritiene che la libertà contrattuale risieda anche nella connessione con i valori della tutela dell’ambiente o della tutela del lavoro dipendente che vieta sfruttamento dei minori da parte delle imprese fornitrici (9): non è tanto la tutela costituzionale che può legittimare la scelta dei consumatori, che è già libera secondo il disposto del codice civile. E se si dovesse proiettare questa problematica sul recesso dal contratto, si dovrebbe pervenire ad una risposta negativa. Il recesso
— così come contemplato nel codice civile — non consente lo scioglimento unila- terale del rapporto per ragioni che non incidono direttamente sulla persona che esercita il diritto; e come contemplato nel codice del consumo potrebbe essere comunque esercitato senza motivazione alcuna, purché nei limiti di tempo e secondo le modalità prescritte da questo testo.
La giurisprudenza costituzionale, come dicevo, non è approdata a decisioni particolarmente rilevanti e copiose in materia di disciplina del contratto, se si fa eccezione per i casi di legittimazione dei limiti connessi ai prezzi imposti o ai casi in cui si è valutata la legittimità della normativa sulla tutela del consumatore (10).
Le novità, di cui si dirà più oltre, riguardano: le limitazioni dovute alla tutela di diritti fondamentali; le limitazioni previste nei progetti di uniformazione della disciplina in sede europea; le limitazioni considerate dal punto di vista della valutazione “sociale” dei progetti europei.
2. Le esperienze comparatistiche.
a) L’esperienza tedesca e olandese. — Nell’esperienza tedesca il principio di libertà contrattuale non è stato codificato in modo espresso nel BGB, in quanto la convinzione della sua esistenza e tutelabilità era accolta in modo indefettibile e universale posto che tale principio è proprio di ogni economia di mercato; fu però inserito nella Costituzione di Weimar del 1919, al § 152; tale previsione, attesa la concezione del tempo, aveva un valore debole, perché le norme di tal fatta erano considerate non prescrittive ma meramente programmatiche (11). La legge fon- damentale di Bonn del 1949 non menziona espressamente la libertà contrattuale, anche se nella letteratura privatistica ad essa (e alla autonomia privata) si dà
(8) X. XXXXXXXXXXX, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 223; X. XXXXXXX, Il diritto dei contratti fra Costituzione, codice civile e codici di settore, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 751.
(9) X. XXXXXXX, Costituzione e autonomia contrattuale, in Il corriere giuridico, 2008, 155
(10) Sul punto v. X. XXXXXXX e X. XXX, Commentario breve alla Costituzione, II ed., Padova, 2008, sub art. 41, 406, 424; Commentario alla Costituzione, a cura di X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx, Milano, 2006, 858.
(11) X. XXXXXXXX, German Report, presentato al convegno di Gerusalemme, 1994, organizzato dal xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 1 datt.
272
IL CONTRATTO IN GENERALE
grande rilievo; vi si trovano però regole che si dicono collegate alla libertà con- trattuale, quali la garanzia della proprietà (par. 14), la libertà di occupazione lavorativa (par. 12), la libertà di associazione (par. 9) e la clausola generale di protezione della persona (par. 2).
La dottrina tedesca ritiene che, attesi questi appigli normativi, ancorché indiretti, la libertà contrattuale abbia copertura contrattuale. Ciò perché — os- serva Xxxxxxxx — (i) la garanzia della proprietà implica il riconoscimento e la tutela dell’esercizio della facoltà di disposizione, che avviene attraverso strumenti nego- ziali quali ad es. le vendite, le locazioni, il trasporto, le garanzie del credito (ma si potrebbe obiettare che una cosa è la garanzia della titolarità del bene, altra cosa la garanzia costituzionale dello strumento negoziale utilizzato per disporne); (ii) la garanzia dell’occupazione implica tutela del lavoro e quindi del contratto di lavoro, così come dei rapporti contrattuali che si istituiscono tra imprese, e tra impresa e consumatori (ma si potrebbe obiettare che la tutela dell’occupazione riguarda il diritto-dovere del lavoro o di intrapresa piuttosto che non gli strumenti negoziali con cui esso si esplica); (iii) la libertà di associazione implica la libertà negativa di non associarsi (ma si potrebbe obiettare che la garanzia copre l’asso- ciazione, non lo strumento negoziale, quale è il contratto associativo); (iv) la libertà generale posta a garanzia della persona (qui il discorso è più complesso perché anche presso di noi vi sono autori e decisioni che ricollegano la libertà contrattuale al principio generale di autodeterminazione e quindi alla esplicazione della libertà personale; in Svizzera, ad esempio, la connessione è servita per ritenere illegittimo il divieto di ingresso in un cinema opposto dal gestore ad un giornalista [Trib. fed. 80, 11, 26]).
In ogni caso, la dottrina prevalente ritiene che in Germania la libertà contrat- tuale goda di copertura costituzionale.
Si pone quindi il problema dei limiti all’azione legislativa diretta a compri- merla o a circoscriverla. Si segue, anche in questo, come in altri casi simili, il principio di proporzionalità (12), secondo il quale il potere legislativo può limitare i diritti fondamentali solo per perseguire fini legittimi e con mezzi legittimi. Questo principio è applicato in modo alternato: talvolta la Corte costituzionale controlla gli scopi di natura pubblica che hanno animato l’intervento legislativo, altra volta guarda nei dettagli il testo supposto in contrasto con il dettato costitu- zionale. Esempio del primo orientamento è la decisione del 20 luglio 1954 riguar- dante la disciplina dei finanziamenti coatti che gli imprenditori di ogni settore dovevano versare a sostegno dell’industria del carbone e dell’acciaio, avendo in cambio azioni e obbligazioni delle società estrattive e metallurgiche.
Termine estratto capitolo
La Corte ritenne legittimo il provvedimento, attesi gli scopi apprezzabili perseguiti dal legislatore. La discrezionalità del legislatore ha fatto da paravento a interventi della Corte in materia di controllo dei prezzi (17 novembre 1958), di fissazione dei prezzi dei medicinali (31 ottobre 1984), di adesione coattiva a sistemi previdenziali per la vecchiaia (da ultimo sent. 31 maggio 1988) e così via, ivi compresa la legislazione in materia di locazioni abitative e di tutela dei consuma- tori (8 gennaio 1985; 4 giugno 1985; 12 febbraio 1989; 14 febbraio 1989).
(12) X. XXXXXXXX, op. cit., 5.
Capitolo VII
I DIRITTI FONDAMENTALI
SOMMARIO: 1. I diritti fondamentali come principi generali: la Carta europea e la Convenzione europea, due percorsi distinti. — 2. I diritti fondamentali come principi generali di diritto contrattuale nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. — 3. Il dilemma del legislatore moderno.
1. I diritti fondamentali come principi generali: la Carta europea e la Convenzione europea, due percorsi distinti.
La Carta europea dei diritti fondamentali, la giurisprudenza della Corte europea di Giustizia e le pronunce delle Corti costituzionali nazionali sono la base di diritto positivo che ha accreditato la tesi secondo la quale i diritti fondamentali sono principi generali.
Dal punto di vista formale, se ci arrestassimo a considerare solo la lettera della Carta, si potrebbe discutere se i diritti fondamentali della persona siano da inten- dersi come “principi” di diritto in quanto tali. Leggendo il Preambolo della Carta sembrerebbe di capire che i diritti fondamentali sono valori che si fondano sui principi di democrazia e dello Stato di diritto (1). Così recita il testo:
« Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadi- nanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia ».
In un altro passo del Preambolo i valori e i principi sembrano tramutati in diritti fondamentali: « A tal fine è necessario rafforzare la tutela dei diritti fonda- mentali, alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli svi- luppi scientifici e tecnologici, rendendo tali diritti più visibili in una Carta ».
Ma il passo più rilevante riguarda la natura di questi valori/principi/diritti:
« Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future. Pertanto, l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi enunciati in appresso ».
Non si tratta dunque di enunciazioni enfatiche che esauriscono la loro fun- zione nel dipingere l’immagine ideale della Carta: i diritti fondamentali sono o esprimono principi che hanno valore giuridico, che fanno sorgere responsabilità e doveri nei confronti dello Stato o dell’Unione e nei confronti degli altri.
(1) RODOTÀ, La Carta come atto politico e come atto giuridico, in Riscrivere i diritti in Europea, Bologna, 2001.
312
IL CONTRATTO IN GENERALE
Nel 2007 con una Risoluzione del Parlamento europeo si è conferito valore giuridico alla Carta, anche se da tempo la Corte di Giustizia e le Corti nazionali si erano determinate autonomamente a considerare vincolante la Carta e ad ispirarsi ad essa per risolvere le questioni e decidere le controversie (2). La Carta è entrata subito nel corpo di “diritto vivente”, e ha assommato al suo valore politico anche un valore giuridico.
Di più. Il Trattato dell’unione europea è stato modificato dal Trattato di Lisbona con l’aggiunta dell’art. 1-bis che recita:
« L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. ».
E l’art. 6 recita:
« L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati ».
Se si ribadisce il valore giuridico della Carta — acquisito per così dire sul campo nell’applicazione giurisprudenziale delle Corti, poi affermato con la riso- luzione del 2007, ed ora nuovamente sancito dal Trattato — ciò significa che quelle disposizioni hanno natura cogente, devono essere applicate dai giudici comunitari e nazionali, e si possono applicare non solo nei rapporti verticali (cioè nei confronti degli Stati), ma anche nei rapporti orizzontali. Sul punto si tornerà tra poco.
Per parte loro i diritti umani come riconosciuti e classificati nella Convenzione europea hanno ricevuto un ulteriore riconoscimento nel Trattato di Lisbona.
Recita infatti l’art. 6, co. 3:
« I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguar- dia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali ». Questa formula chiarisce meglio il testo del Trattato di Maastricht del 1992, secondo il quale « l’Unione rispetta i diritti fondamentali (...) in quanto principi generali del diritto comunitario ».
Si potrebbe osservare che ormai principi della Carta e principi della Conven- zione formano un tutt’uno, sulla base di questo doppio riconoscimento formale.
Ma la problematica è più complessa di come talvolta la si rappresenta.
La questione aveva ricevuto echi anche nel corso del convegno dei Lincei sopra citato. Xxxxxxx Xxxxx ne aveva parlato — a proposito dei principi in generale
— citando il Trattato istitutivo della CEE (l’allora art. 215 co. 2), che per tabulas
inscriveva i principi tra le fonti del diritto comunitario (i principi sono regole
(2) CELOTTO e XXXXXXXX, L’efficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
(rassegna giurisprudenziale 2001-2004), in Giur. it., 2004.
I DIRITTI FONDAMENTALI
giuridiche di secondo grado fondative dell’ordinamento comunitario) (3); Xxxxxx Xxxxxx aveva sottolineato l’elevata assiologicità dei principi fondamentali (4) che “pur con la loro forte idealità sono regole di diritto positivo”; Xxxxxx Xxxxxxxx a proposito dei principi inseriti nella Costituzione della Repubblica italiana, e nella misura in cui erano riconosciuti dalla comunità internazionale, aveva teorizzato che essi potevano persino costituire un limite alla sovranità nazionale (5). Ma soprattutto avevano riconosciuto nei diritti fondamentali il rango e il ruolo di principi generali Xxxxxxx Xxxx e Xxxxx Xxxxxxx. Oppo aveva sottolineato che i principi generali governano i comportamenti anche nell’ambito dell’autonomia privata: « i sommi valori sono (...) quelli della libertà, uguaglianza e solidarietà (“politica, economica, sociale”) [citando per l’appunto l’art. 3 della Carta costitu- zionale italiana] e i primi principi che ne discendono sono quelli di pari autonomia dei consociati e dell’imputazione all’agente delle conseguenze, attive e passive, del comportamento” (6). Xxxxxxx aveva identificato i diritti inviolabili con i principi generali, precisando però che essi sono da coordinare con le altre norme-princi- pio, perché la Costituzione è una tavola di valori che hanno spesso opposto significato, e quindi tra loro devono essere bilanciati. Ne veniva riaffermata la distinzione di Xxxxxx Xxxxxxx tra regole e principi effettuata in ordine alla loro funzione: le regole ammettono solo una pedissequa osservanza, i principi orien- tano l’interprete (7); questi e quelle sono norme che differiscono non per la struttura ma per i loro effetti.
Tutti gli Autori citati ritenevano che i principi dovessero essere applicati anche orizzontalmente, si potessero applicare cioè non solo nei rapporti tra il citta- dino e lo Stato, o tra il cittadino e le istituzioni dell’Unione europea, ma anche nei rapporti tra privati e quindi anche alla disciplina del contratto. Questa conclusione non è univoca nella dottrina di diritto comunitario, e neppure nell’orientamento degli interpreti del diritto civile e in generale, del diritto europeo.
Per ragionare sulla produzione di effetti orizzontali dai diritti fondamentali/ principi generali occorre procedere per segmenti successivi.
Ha ragione Xxxx Xxxxxxx quando sostiene che si possono capire meglio queste problematiche quando si viene da esperienze in cui la distinzione tra diritto privato e diritto pubblico ha perso il suo rilievo plurisecolare, e quando in quelle esperienze si è affermato il processo di costituzionalizzazione del diritto privato (8).
Non si possono fare generalizzazioni.
(3) XXXXX, I principi generali nei sistemi giuridici europei, in Atti, cit., 163.
(4) FALZEA, Relazione introduttiva, ivi, 25.
(5) XXXXXXXX, Relazione conclusiva, ivi, 341.
(6) OPPO, L’esperienza privatistica, ivi, 227.
(7) XXXXXXX, I principi generali del diritto e la scienza giuridica, ivi, 325.
(8) XXXXXXX, The Impact of Human Rights Law on Contract Law in Europe (a cura di Xxxxxxx, Xxxxxx x Xxxxxxxx), Legal Studies Research. Paper Series, University of Cambridge, Paper No. 13/2011, ma
v. anche Constitutional Values and European Contract Law, a cura di Xxxxxxxxx, Alphen aan den Rijn, 2008; HESSELINK, MAK, XXXXXXX, Constitutional Aspects of European Private Law: Freedoms, Rights and Social Justice in the Draft Common Frame of Reference, Center for the Study of European Contract Law Working Papers Series No. 2009/05
314
IL CONTRATTO IN GENERALE
Un conto sono le esperienze in cui si è verificato, prima ancora della forma- zione di un diritto europeo comune, il fenomeno della costituzionalizzazione del diritto privato. I modelli trainanti di questo modo di costruire il nuovo diritto civile e di ammodernarlo alla luce dei valori fondanti della società sono stati appunto il modello italiano, con il processo di costituzionalizzazione del diritto privato che inizia non dall’entrata in vigore della costituzione repubblicana (1948), ma dai primi anni Sessanta; il modello tedesco, che anch’esso si delinea nello stesso torno d’anni (la Legge di base è del 1949), e il modello spagnolo che si avvia subito dopo la introduzione della nuova costituzione del 1978.
Altro conto sono le esperienze in cui i diritti umani/principi della Conven- zione europea sono stati accolti dapprima sotto il profilo della efficacia delle convenzioni internazionali e poi come parte integrante dell’ordinamento costitu- zionale, oppure sotto forma di norma interna come è avvenuto con lo Human Rights Act in Inghilterra, tanto per richiamare le prime esemplificazioni che vengono in mente.
Altro conto ancora sono le esperienze in cui i valori sociali hanno consentito di superare la concezione borghese, formalmente egalitaria, dei rapporti tra privati, per dare accesso ai valori della persona, e non solo dunque alla tutela del consu- matore, del lavoratore o del risparmiatore (che richiamano sempre un universo di natura economico-patrimoniale) ma anche alle discriminazioni e alle differenze di sesso, lingua, religione, etnia, etc.
2. I diritti fondamentali come principi generali di diritto contrattuale nella giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Proprio le pronunce delle Corti dimostrano che i diritti fondamentali sono intesi come principi generali, di volta in volta presentati sotto forma di valori della persona.
L’esperienza ci insegna che, al di là delle formule più o meno rigorose e tecnicamente corrette, la funzione del diritto si esprime attraverso valori-principi- diritti e che la legittimazione di un principio può essere effettata dai giudici nella loro attività di ius dicere sì che essi in cosi fare i diritti fondamentali diventano “diritto vivente”.
Il mercato del lavoro, e quindi il contratto di lavoro, è stato il bersaglio più frequentemente colpito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla base di principi generali quali il principio di eguaglianza (qui sotto forma di parità tra uomo e donna nel trattamento pensionistico), diritto fondamentale riconosciuto
Mi occupo qui dei diritti fondamentali contenuti nella Carta, ma ovviamente il discorso involge tutto il dibattito sul riconoscimento in ambito europeo dei principi comuni riguardanti la persona diffusi e riconosciuti nelle Carte costitu- zionali dei Paesi Membri. Ed involge anche il rapporto tra la Carta dell’Unione e la Carta europea dei diritti dell’uomo, nonché il c.d. dialogo tra le Corti, la tutela multilivello dei diritti fondamentali, e il coordinamento delle pronunce delle Corti le quali con diversa competenza e con un raggio d’azione diverso si occupano della materia dei diritti fondamentali.
Termine estratto capitolo
CAPITOLO VIII PROSPETTIVE ATTUALI
SOMMARIO: 1. I caratteri della transizione. — 2. Il contratto asimmetrico. — 3. Il contratto giusto. — 4. Il contratto trasparente. — 5. Il contratto amministrato. — 6. Il controllo giudiziale del contratto.
— 7. La giustizia contrattuale.
1. I caratteri della transizione.
Il tornante del nuovo millennio è l’occasione per una nuova riflessione su concetto, significati e funzioni del contratto.
Innanzitutto si prende atto che lo scenario è molto cambiato rispetto non solo alle origini del modello normativo racchiuso nel codice civile, ma persino rispetto a quello che si era delineato mezzo secolo dopo. La velocità di trasformazione della dimensione globale dei fenomeni politici, economici e sociali è tale per cui ci si chiede, da un lato, se non sia ormai il contratto ad aver soggiogato la legge, e le regole del mercato internazionale a superare i confini della sovranità, via via erosa all’Unione europea, e affidata a istituzioni internazionali che vigilano e dirigono il settore bancario e finanziario, agli accordi tra Stati, alle attività contrattuali delle grandi società multinazionali, il cui fatturato è superiore al PIL di molti Stati, anche di non piccole dimensioni. Il contratto diviene dunque l’istituto principe, come teorizzano Xxxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, insieme con nu- merosi giuristi che si sono occupati degli effetti della globalizzazione (1).
Il codice civile è innanzitutto esaminato nel suo cuore: l’idea di codice è ancora vitale? Il codice civile, o un codice civile sono ancora fruibili nella società esposta alla globalizzazione? A Firenze in un convegno che vede schierati su opposti versanti giuristi di diversa formazione e di diverse aree culturali il codice civile sembra resistere agli attacchi dei post-modernisti (2).
Ma altri attacchi — per dir meglio, altri interrogativi — provengono da chi guarda le cose al di sopra dei confini nazionali.
La ricodificazione in Germania, con la riforma del Libro delle Obbligazioni del 2000 offre il destro ad una ampia, approfondita, entusiasmante discussione: se si debba seguire il modello tedesco, incorporando nel codice civile (inteso sempre
(1) Da Xxxxx Xxxxxx a Xxxxxxx Xxxxxx, a Xxxxxxxx Xxxx, da Xxxxxx Xxxxxx a Xxxxxxxx Xxxxx, da Xxxxxxxx Xxxxxxx a Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, a Xxxxx Xxxxxxxxxx e molti altri prestigiosi Xxxxxxxx, che non menziono per non ridurre questa pagina ad un mero elenco di nomi.
(2) X. XXXXXXXXXX e X. XXXXX, Codici, Una riflessione di fine millennio, Atti dell’incontro di studio di Firenze 26-28 ottobre 2000, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, Milano, 2000.
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IL CONTRATTO IN GENERALE
come la tavola dei valori dell’autonomia privata) i nuovi protagonisti del mercato, il professionista e il consumatore, se sia il caso di includere le regole sulle clausole abusive e le altre regole di derivazione comunitaria che afferiscono alla disciplina del contratto in generale e dei contratti speciali, oppure lasciare le cose come stanno, e creare un ponte, una connessione tra le vecchie e le nuove regole.
La complessità del sistema — una complessità non solo sociale ed economica, ma fondamentale per la stessa società e per le categorie del sapere (3) lascia intendere che occorre rimboccarsi le maniche e con coraggio procedere ad una nuova rivisitazione dell’intero apparato di termini, concetti, categorie. La com- plessità implica il rinnovamento della scienza civilistica sotto la tensione della modernità che ne vorrebbe travolgere la tradizione e pure il suo insegnamento. Temi che sono discussi in un memorabile convegno organizzato a Messina (4), e qualche anno dopo a Crotone (5).
La dottrina torna a rimeditare i contratti d’impresa: contratti non solo conclusi dalle imprese perché ad essi riservati, ma proposti dalle imprese al pubblico nel- l’esercizio della loro attività. La contrattazione d’impresa ripropone dunque sia la legittimazione di una categoria concettuale (6), sia la descrizione dei contratti di impresa sotto il profilo degli interessi configgenti nel mercato e sotto il profilo degli scambi di massa (7), sia sotto il profilo dell’eguaglianza sostanziale delle parti con- trattuali nell’ottica della tutela costituzionale della contrattazione d’impresa (8), sia sotto il profilo della fattispecie e del suo perfezionamento, della classificazione degli atti, delle invalidità e dei rimedi.
La categoria dei contratti d’impresa — definititi contratti commerciali o ad- dirittura transazioni commerciali — si ripropone infine all’attenzione dei civilisti con l’approvazione della direttiva 2000/35/CE che introduce rimedi per la lotta contro i ritardi nei pagamenti (9).
I problemi affrontati dalla dottrina si sono estesi enormemente.
2. Il contratto asimmetrico.
Ormai non si può più pretendere di ricondurre tutto a sistema, anche se non è necessario abbandonarsi a tentazioni nichilistiche. I codici di un tempo hanno vissuto in gloria, oggi si propone una nuova codificazione concepita come un
(3) X. XXXXXX, Complessità giuridica, in Enciclopedia del diritto, Annali, Milano, 2007.
(4) AA.VV., Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia. Convegno di studio in onore del xxxx. Xxxxxx Xxxxxx, Messina, 4-7 giugno 2001, a cura di X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
(5) AA.VV., Il nuovo diritto dei contratti, a cura di X. Xx Xxxxxx, Xxxxxx, 0000.
(6) X. XXXXXX, Introduzione, in il diritto europeo dei contratti d’impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato, a cura di X. Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, 3 ss.
(7) X. XXXX, I contratti di impresa tra codice civile e legislazione speciale, in Il diritto europeo dei contratti d’impresa, cit., 16 ss.
(8) X. XXXXXXXX, I contratti d’impresa e la Costituzione, in Il diritto europeo dei contratti d’impresa, cit., 27
ss.
(9) Nella letteratura amplissima v. per tutti X. XXXXXXX, La direttiva 2000/35/CE in tema di “mora
debendi” nelle obbligazioni pecuniarie, in Europa e dir. priv., 2001, 73 ss. e G. DE NOVA-S. DE NOVA, I ritardi di pagamento nei contratti commerciali, Milano, 2003.
PROSPETTIVE ATTUALI
nuovo modo di aggregare regole di autonomia privata. I tentativi consumati in ambito accademico e poi ripresi in ambito comunitario sono oggetto di ampio dibattito.
Siamo distanti anni luce dal dibattito nella cultura giuridica francese o in quella anglo-americana, nel senso che il nostro tempo ha superato il loro, le nostre stagioni si sono moltiplicate molto di più delle loro, ma corriamo un doppio rischio: che quella straordinaria esperienza sia conchiusa in sé, rimanendo com- pressa entro i confini nazionali, visto che siamo più inclini ad importare che non ad esportare le idee, i modelli, le stesse “mode” che si radicano e ramificano all’estero; che l’affermarsi del contratto globalizzato, tecnicamente perfetto e (in apparenza) neutrale dal punto di vista ideologico e dei valori che racchiude soppianti, attra- verso le codificazioni di settore, l’applicazione dei principi internazionali, la giu- risprudenza arbitrale, il contratto costruito sulle fondamenta del codice del 1942. Quelle fondamenta corrono il rischio di diventare ceneri, e il contratto del codice anch’esso un monumento storico come è accaduto per il negozio giuridico.
Nell’avvicendarsi di queste stagioni, nel sovrapporsi delle epoche, nella vita parallela di indirizzi interpretativi, si delineano anche nuove metodologie che affiancano all’analisi formale l’analisi sociologica, quella antropologica, quella let- teraria.
Si affermano nuove clausole generali, prima tra tutte l’abuso di potere con- trattuale. Si affermano nuove classificazioni (B2C, B2B, B2b o “terzo contratto”, o contratto asimmetrico) (10). Si introducono nuovi principi, come la trasparenza intesa come tecnica di negoziazione mediante l’adempimento di obblighi informa- tivi precontrattuali, nuovi adempimenti documentali, come i modelli imposti dalle direttive comunitarie. Si congegnano nuovi rimedi, quali la rinegoziazione e la revisione del contratto, la nullità di protezione, la rilevanza dei comportamenti che ridonda in vizi del contratto. E pertanto si assegnano nuovi compiti al giudice, espandendosi perciò i confini del controllo giudiziale degli atti di autonomia privata.
La tripartizione classificatoria di contratti tra contraenti formalmente eguali, contratti tra imprese e contratti con i consumatori si arricchisce di una nuova categoria, il contratto asimmetrico, in cui l’asimmetria (informativa, di potere negoziale, di potere impositivo) non riguarda solo il consumatore, ma riguarda anche la piccola impresa, e più in generale la parte esposta all’abuso di potere economico della controparte (11).
(10) X. XXXXXXXXX, Il “terzo” contratto, in I Contratti, 2009, n. 5 493; AA.VV., Il terzo contratto, a cura di X. Xxxxx e G. Villa, Bologna, 2008; X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, in Riv. dir. priv., 2007, 669; X. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, ne Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, a cura di X. Xxxxxxxxxx, Milano, 2007; E. DEL PRATO, La minaccia di far valere un diritto, Padova, 1990, 95 ss.
(11) X. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico, cit.
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IL CONTRATTO IN GENERALE
3. Il contratto giusto.
L’equità intesa come clausola generale, come criterio, come modalità di de- terminazione del risarcimento del danno o di composizione di interessi contrap- posti investe tutte le esperienze occidentali: si rifrange nella sua definizione, nelle sue qualificazioni, nelle sue modalità di applicazione, nella costruzione di rimedi, nella individuazione di limiti all’interprete, nella identificazione di principi gene- rali di riferimento. L’esame e le possibili soluzioni di questo problema non com- portano soltanto una analisi di testi normativi, ma anche una analisi delle prassi giurisprudenziali (12).
Si può qualificare come “normativa” l’equità che è richiamata in disposizioni di legge.
Il legislatore del 1942 ha ritenuto di richiamare l’equità in una ventina di disposizioni, rispetto alle quasi tremila di cui si compone il codice civile: già questa notazione numerica indica che il riferimento all’equità non è ricorrente, anzi, è del tutto eccezionale nel codice civile.
Ciò nonostante, si tratta di rinvii assai più numerosi di quelli presenti nel Codice abrogato, il quale vi faceva ricorso solo in alcune disposizioni: l’art. 463, ove, in materia di accessione, si fa riferimento ai principi dell’equità naturale; l’art. 1224, in materia di esecuzione ed effetti del contratto, ove si dispone che il contratto obbliga anche « a tutte le conseguenze che secondo l’equità, l’uso o la legge ne derivano »; l’art. 1652, in materia di mezzadria, ove si precisa che lo scioglimento del contratto può domandarsi fuori tempo, qualora vi siano giusti motivi, inabilità del massaro, ecc. e, a questo proposito, l’apprezzamento dei motivi è lasciato « alla prudenza ed all’equità dell’autorità giudiziaria »; l’art. 1718, in materia di società, e di determinazione dei criteri con cui si devono ripartire i guadagni e le perdite, ove si precisa che qualora i soci abbiano demandato al giudizio di uno di essi o di un terzo la determinazione delle porzioni, la determi- nazione non può impugnarsi a meno che sia « evidentemente contraria al- l’equità ». Nulla si prevede in materia di criteri di risarcimento del danno.
Il Code civil è ancora più restrittivo (art. 565, in materia di accessione, e art.
1135, in materia di effetti delle conventions).
Nelle disposizioni del codice civile vigente, l’equità non è richiamata sempre alludendo al medesimo significato, sicché si può procedere ad una aggettivazione che rende sistematico il riferimento. Si possono infatti distinguere:
Termine estratto capitolo
(i) l’equità interpretativa, che, in caso di impossibilità di chiarire il significato del contratto, demanda al giudice, in via residuale, il compito di interpretarlo operando un equo contemperamento degli interessi delle parti (art. 1371 c.c.); il giudice non può quindi fare ricorso all’equità se non nei casi marginali, proprio quando sia stato esperito ogni tentativo di applicazione delle altre regole interpre- tative; per rimarcarne la residualità, la rubrica della disp. cit. reca appunto la
(12) A questo riguardo, nella doviziosa letteratura v. X. XXXXXXXX, La proporzione tra le prestazioni contrattuali. Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXXXX, La giustizia del contratto, in Rass. dir. civ., 2008, 625; U. PERFETTI, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2005; X. XXXXX, L’equità nel diritto privato. Individualità, valori e regole nel prisma della contemporaneità, Milano, 2010.