COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) XXXXXXXX Presidente
(NA) XXXXXXXXX DE XXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia (NA) GATT Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) GENOVESE Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(NA) GIGLIO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXXX
Seduta del 17/11/2020
FATTO
In relazione ad un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, sottoscritto in data 06.08.2015 ed estinto anticipatamente, in corrispondenza della 54^ rata di rimborso, previa emissione di conteggio estintivo rilasciato in data 27.03.2020, il ricorrente, insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario nella fase prodromica al presente ricorso, si rivolgeva all’Arbitro al quale chiedeva, previo richiamo della sentenza C-383/18 della Corte di Giustizia UE, la condanna del resistente al pagamento della somma complessiva di € 1.930,90, a titolo di commissioni non maturate a seguito dell’estinzione anticipata del rapporto contrattuale, oltre interessi legali, le spese di presentazione del ricorso e le spese di assistenza legale.
In particolare, il ricorrente, applicando per tutte le voci di costo il criterio pro rata temporis, chiedeva, al netto dell’importo di € 3.175,76 già decurtato in sede di conteggio estintivo, il rimborso: i) della commissione per il perfezionamento del contratto di cui alla lett. a) dello stesso contratto per € 410,85; ii) della commissione di gestione (lett. b) per € 410,85; iii) delle provvigioni per l’intermediario del credito di cui alla lett. c) per € 334,52; iv) delle imposte e tasse (lett. d) per € 32,51; v) degli interessi corrispettivi per € 1.396,86.
Costituitosi, l’intermediario si opponeva alle pretese del ricorrente, deducendo che: a) il contratto oggetto di ricorso, redatto in conformità alle previsioni di legge, specificava analiticamente le voci di costo up front, vale a dire - oltre a imposte e tasse - le commissioni per il perfezionamento del contratto e le provvigioni all’intermediario, che – anche in caso di estinzione anticipata del rapporto - rimangono interamente a carico del
cliente perché sostenute a fronte di attività esauritesi già al momento della conclusione dell’accordo, precisando sul punto che le provvigioni all’intermediario sono state fatturate dall’intermediario stesso non appena concluso il contratto ed erogato il finanziamento; b) la correttezza dei rimborsi già effettuati a favore del cliente per quanto attiene alle voci di costo recurring; c) l’infondatezza della richiesta di rimborso degli interessi corrispettivi calcolati sulla base del criterio pro rata temporis, posto che gli interessi maturano nel tempo secondo il piano di ammortamento sottoscritto dal cliente e che, di conseguenza, sulla base del medesimo piano devono essere stornati; d) la non rimborsabilità delle spese di assistenza tecnica.
Parte resistente sosteneva inoltre la inapplicabilità della sentenza Lexitor al caso in esame sul rilievo che: i) le direttive europee non hanno efficacia fra privati, come confermato, con specifico riguardo alla sentenza Lexitor, dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 10489/2019; ii) la Direttiva 2008/48/CE, pure nell’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor, può trovare applicazione diretta nei soli rapporti verticali, non già in quelli fra privati; iii) l’obbligo di interpretazione conforme è preclusa nel caso in cui la norma interna, come nel caso di specie, sia confliggente con la norma sovranazionale e che pertanto deve ritenersi erronea l’interpretazione data dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 26529/2019; iv) l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di quello italiano, quali la certezza del diritto, la tutela del legittimo affidamento, la ragionevolezza, determinando distorsioni della concorrenza nel mercato unico europeo, considerato che l’applicazione retroattiva dell’interpretazione di cui alla sentenza Lexitor si rifletterebbe in maniera ineguale sui rapporti in essere nei paesi comunitari, a tutto svantaggio degli operatori italiani in ragione del più lungo termine di prescrizione dell’azione di ripetizione (10 anni) rispetto agli altri Paesi europei (5 anni per la Spagna e la Francia, 3 anni per la Germania, la Slovacchia e la Repubblica Ceca); v) la sentenza Lexitor, in considerazione del suo tenore testuale, è applicabile solo ai costi unilateralmente determinati dal finanziatore e che, diversamente, l’obbligo per lo stesso finanziatore di rimborsare al cliente costi fatturati da terzi, si porrebbe in palese contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento civilistico italiano; vi) l’applicazione della sentenza Lexitor produrrebbe conseguenze paradossali dagli effetti imponderabili.
Nonostante ciò, l’intermediario metteva comunque in atto i principi derivanti dalla sentenza Lexitor, rimborsando volontariamente al cliente gli importi degli oneri non goduti, anche con riferimento a quelli ritenuti come costi di tipo up front, seguendo il medesimo criterio previsto per la restituzione degli interessi corrispettivi.
Il resistente chiedeva pertanto il rigetto del ricorso, ritenendo le pretese del ricorrente infondate.
Con successive repliche il ricorrente insisteva per l’accoglimento della domanda come formulata nel ricorso, riportandosi nuovamente alla sentenza Lexitor, nonché alla decisione n. 26525/2019 del Collegio di Coordinamento.
Dall’analisi della documentazione contrattuale prodotta, risultano essere state corrisposte dal ricorrente, quali costi del credito, la commissione mandataria per il perfezionamento del finanziamento per € 747,00, la commissione gestione per € 747,00 e le provvigioni per l’intermediario per € 1.494,00.
Risulta inoltre che la resistente, in sede di conteggio estintivo, abbia già decurtato l’importo di € 654,69 a titolo di commissioni mandataria per il perfezionamento/gestione, l’importo di
€ 487,02 a titolo di provvigioni per l’intermediario e quello di € 2.033,89 per interessi corrispettivi.
DIRITTO
La domanda proposta dal ricorrente è relativa all’accertamento del diritto alla restituzione di quota parte delle voci commissionali relative al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso di cui all’art. 125 sexies T.U.B.
Occorre ricordare che la norma appena citata dà attuazione, nell’ordinamento italiano, all’art. 16 della direttiva n. 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (che ha abrogato la direttiva 87/102/CEE del Consiglio). L’interpretazione di questa disposizione è stata recentemente offerta dalla Corte di Giustizia UE, con la sentenza dell’11 settembre 2019 n. C-383/18 (c.d. sentenza Lexitor), con la quale la CGUE ha affermato che: “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”, per tali intendendosi – alla luce della definizione recata dall’art. 3, lett. g), della stessa direttiva – “tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte”.
È utile far rilevare che tale principio di diritto – sancito dalla Corte europea previa applicazione di canoni di interpretazione testuali e sistematici, nonché tenuto conto dell’esigenza di scongiurare pratiche elusive del diritto di rimborso anticipato riconosciuto al consumatore – è risultato incompatibile con l’orientamento assunto precedentemente da questo Arbitro, che aveva applicato la norma di equa riduzione del costo del finanziamento quale obbligo di restituzione secondo il criterio proporzionale del pro rata temporis della sola quota delle commissioni e dei costi soggetti a maturazione nel tempo (costi recurring), al fine di evitare, a causa dell’estinzione anticipata del prestito, un’ingiustificata attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore, con esclusione delle voci di costo relative alle attività preliminari alla concessione del prestito (costi up front).
Alla luce della suddetta pronuncia della Corte europea, il Collegio di Coordinamento, investito della questione relativa agli effetti della stessa derivanti, ha statuito che “(…) l’art.125 sexies T.U.B. deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front” (decisione n. 26525/2019).
D’altro canto, non sembra condivisibile l’interpretazione data con la sentenza n. 10489/2019 dal Tribunale di Napoli, che, proprio con riguardo alla questione qui in esame, è stato incline a negare efficacia diretta alla sentenza pregiudiziale e, di riflesso, a reputarla irrilevante per il diritto interno, poiché interpretativa della sola norma della direttiva, non anche di quella nazionale, ossia dell’art. 125 - sexies T.U.B.
Non può trascurarsi, infatti, la natura dichiarativa che suole attribuirsi alle sentenze emesse in sede di rinvio pregiudiziale, con conseguente applicabilità anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza, come appunto quello oggetto di decisione.
Tra l’altro, sempre il Tribunale di Napoli, con la recente sentenza n. 1340/2020, è tornato ad occuparsi di questi temi, giungendo alla conclusione, quanto alla efficacia della sentenza n. C-383/18 della Corte di Giustizia UE, “(…) che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in base al rimborso anticipato del finanziamento
include tutti i costi posti a carico del consumatore, senza distinguere tra costi up front e recurring.”
Muovendo dalla duplice premessa che le sentenze interpretative della CGUE, per opinione unanime (v., ex multis, Cass. n. 2468/2016; Cass.,n. 5381/2017), hanno natura dichiarativa e di conseguenza hanno valore vincolante e retroattivo per il Giudice nazionale e che si dà prevalenza al diritto europeo rispetto a quello nazionale secondo quanto previsto dall’art. 11 della Costituzione, questo Collegio condivide l’interpretazione data CGUE con la sentenza Lexitor, poi recepita dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 26525 del 17 dicembre 2019, in base alla quale il diritto alla riduzione del costo del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento coinvolge non solo i costi recurring, ma anche quelli up front.
Ciò, con la precisazione che - come statuito dallo stesso Collegio di Xxxxxxxxxxxxx nella decisione citata - il criterio per la riduzione dei costi up front, in mancanza di una diversa previsione pattizia comunque fondata su di un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità ex art. 1374 c.c., mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi permane il criterio del pro rata temporis. Premesso quanto sopra, va rilevato che lo schema contrattuale riporta distintamente due componenti di costo, entrambe dovute a titolo di corrispettivo alla società mandataria e, precisamente, la commissione per il perfezionamento del contratto relativa ad attività istruttorie e preparatorie [lett. a) del contratto] e la commissione di gestione relativa a prestazioni ricorrenti nel corso dell’intera durata del rapporto di cui alla lett. b dello stesso. Secondo la regola contrattuale, è dovuta la retrocessione pro quota solo della seconda componente in caso di estinzione anticipata, in quanto la commissione per il perfezionamento ha natura up front, come confermato dai consolidati orientamenti dei Collegi.
Anche le provvigioni dell’intermediario devono ritenersi una voce di costo up front, posto che si riferiscono ad attività inerenti alla fase di instaurazione del rapporto contrattuale, come si evince dalle definizioni contrattuali.
In considerazione della natura up front delle suddette voci di costo, e che il contratto di finanziamento in esame non prevede uno specifico criterio di rimborso delle stesse, questo Collegio deve necessariamente procedere ad una integrazione secondo equità del contratto ex art. 1374 c.c. “per determinare l’effetto imposto dalla rilettura dell’art. 125 sexies TUB, con riguardo ai costi up front, effetto non contemplato dalle parti né regolamentato dalla legge o dagli usi” (in questi termini, Collegio di coordinamento, n. 26525/2019).
Sul punto, aderendo ancora una volta al condivisibile orientamento del Collegio di Coordinamento n. 26525/2019, il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile appare, nella specie, analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata per via negoziale. Ciò significa che l’importo della riduzione dei costi up front può quantificarsi secondo il metodo di riduzione proporzionale pattuito per gli interessi corrispettivi (c.d. curva degli interessi).
Per quanto concerne, invece, le imposte e gli oneri erariali, sulla base del più recente orientamento condiviso dai Collegi, si ritiene che non siano rimborsabili, trattandosi di un costo non ristorabile per sua intrinseca natura (considerato anche l’art. 14 della Direttiva sul credito ai consumatori). Voci di costo queste non dirette a remunerare l’intermediario, né oggetto di quantificazione unilaterale da parte di quest’ultimo.
Infine, in merito alla richiesta di restituzione degli interessi, si osserva che lo schema contrattuale in esame, con disposizione controversa (cfr. punto 4 di pag. 3 del modulo SECCI), prevede espressamente che “il Cliente avrà diritto al rimborso della quota di
interessi e di oneri non ancora maturata; tale quota viene calcolata in proporzione al tempo che rimane tra la richiesta di estinzione e la scadenza naturale del contratto, dividendo ciascun importo massimo per il numero di quote previste dal finanziamento e moltiplicandolo per il numero di rate residue”, alludendo ad una distribuzione lineare degli interessi nel tempo, senza relazione con il capitale che li genera.
Tale disposizione contrasta però con altra previsione contenuta nel medesimo SECCI, dove, invece, viene specificato che il rimborso avverrà secondo un piano di ammortamento alla francese con rate che hanno, lungo la durata del rapporto, quote interessi decrescenti e sorte capitale crescente.
Tale antinomia contrattuale, configura un “dubbio giuridico” sul senso da assegnare alla disposizione negoziale che appunto regola la retrocessione degli interessi in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il quale dubbio, derivando da un contratto standard (perché concluso mediante il ricorso a condizioni generali e/o moduli e formulari), è destinato ad essere sciolto in via ermeneutica mediante l’applicazione dell’art. 1370 c.c. recante il canone “interpretatio contra stipulatorem”.
Ciò, tenendo anche in considerazione l’orientamento condiviso dai Collegi ABF, che, nel caso di clausole contrasti, ritengono necessario da parte dell’intermediario lo storno degli interessi nella misura più favorevole per il cliente, riconoscendo a quest’ultimo l’integrazione dello storno già operato, fino a concorrenza di quanto dovuto secondo il criterio pro rata temporis.
Sulla base di ciò, si rileva che l’intermediario in sede di conteggio estintivo ha correttamente decurtato l’importo di € 654,69 a titolo di commissioni mandataria per il perfezionamento/gestione e l’importo di € 487,18 a titolo di provvigioni per l’intermediario. Nulla era dovuto a titolo di imposte e tasse.
Per quanto concerne invece la richiesta di rimborso degli interessi corrispettivi, l’intermediario avrebbe dovuto decurtare in sede di conteggio estintivo la quota di interessi pari ad € 3.430,75, calcolata secondo il criterio pro rata temporis, anziché mediante applicare il criterio c.d. della curva degli interessi.
Per tale motivo, è diritto del ricorrente ottenere il pagamento della somma di € 1.396,37 a titolo di restituzione degli interessi corrispettivi, al netto dell’importo già decurtato pari ad € 2.033,89
La somma riconosciuta è inferiore rispetto a quella richiesta dal ricorrente in quanto l’ulteriore importo di € 534,53 è stato da quest’ultimo determinato erroneamente mediante l’applicazione del criterio pro rata temporis in relazione a tutte le voci di costo, anche quelle avventi natura up front.
Non può trovare accoglimento, infine, la domanda di rifusione delle spese legali, in considerazione del fatto che le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, che regolano il presente procedimento, non contemplano alcuna espressa previsione al riguardo, considerata la natura alternativa del procedimento instaurabile. Inoltre, le spese di assistenza professionale non hanno carattere di accessorietà rispetto alla domanda principale, con la conseguenza che non sono automaticamente rimborsabili nel caso di accoglimento della medesima. Infine, non è stata allegato e men che meno provato il fatto della funzionalità dell’intervento del professionista coinvolto ai fini della decisione del presente procedimento avente, tra l’altro, natura seriale.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto alla restituzione dell’importo complessivo di € 1.396,37, oltre interessi legali dalla data del reclamo.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1