Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport
Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport
Lodo Arbitrale
IL COLLEGIO ARBITRALE
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx – Presidente Prof. Xxx Xxxxxx Xxxxxx – Arbitro Pres. Xxxxxxxxxx Xxxxx – Arbitro
nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel procedimento prot. n. 1260 del 2 luglio 2013 promosso da:
A.S.D. Polisportiva Libertas Catania, C.F. 80016240873, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore Sig.ra Xxxx Xxxxxxxx, con sede in Catania, Via Borrello n. 36 e A.S.D. Sport Club Catania, C.F. 93054260877, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore Sig. Xxx. Xxxxx Xxxxxxx, con sede in Catania, Via Medea n. 3, rappresentate e difese dagli Avv.ti Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxxx ed elettivamente domiciliate presso il loro studio in Catania, Viale Xxxxxxxx Veneto n. 151
istanti
CONTRO
Federazione Italiana Atletica Leggera ‐ FIDAL‐ con sede in Roma, Via Flaminia Nuova
n. 830, C.F. 01384571004, in persona del Presidente, Prof. Xxxxx Xxxxxx, rappresentata e difesa dall’Avv. Xxxxx Xxxxxxx ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Xxxx, Xxx Xxxxxxxx x. 000
intimata
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Con atto datato 23 luglio 2012, il Procuratore Federale deferiva, innanzi alla Commissione Giudicante Nazionale, tra gli altri l’A.S.D. Polisportiva Libertas Catania, il suo Presidente Sig.ra Xxxx Xxxxxxxx e l’A.S.D. Sport Club Catania per la violazione degli artt. 1, 7 e 8 dello Statuto Federale, 11 del Regolamento Organico e 1 del Regolamento di Giustizia FIDAl, in quanto «al fine di ottenere il tesseramento degli atleti presso la
Fidal, utilizzavano certificazione anagrafica (attestazione di iscrizione anagrafica) di apparente provenienza del Comune di Catania, che è stato accertato essere falso. Gli atleti, ottenuto il tesseramento da parte della Fidal, prendevano anche parte, per le rispettive società, a manifestazioni di atletica nell’ambito della stagione sportiva 2012».
La Commissione Giudicante Nazionale accertava la responsabilità in capo ai soggetti deferiti comminando, con decisione n. 5 del 6/15 novembre 2012, la sanzione della radiazione a carico della Sig.ra Xxxxxxxx, dell’ammenda di euro 10.000,00 (diecimila) a carico dell’A.S.D. Polisportiva Libertas Catania e dell’esclusione dall’affiliazione alla FIDAL dell’A.S.D. Sport Club Catania.
Successivamente, gli odierni istanti ricorrevano alla Commissione di Appello Federale per la riforma della decisione della Commissione Giudicante Nazionale.
Con decisione del 28 maggio 2013, la Commissione di Appello Federale confermava la decisione della Commissione Giudicante Nazionale, respingendo gli appelli presentati. Parti istanti proponevano, pertanto, istanza di arbitrato (prot. 1260 del 2 luglio 2013), rassegnando le seguenti conclusioni: «Per le ragioni superiormente esposte, i ricorrenti, ut sopra rappresentati e difesi, chiedono e/o domandano all’Xxx.xx Tribunale adito, l’annullamento e/o revoca dei provvedimenti di cui in narrativa».
Veniva nominato quale arbitro di parte il Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxx.
Medio tempore, con comunicazione del 4 luglio 2013, la Sig.ra Xxxxxxxx rinunciava alla propria istanza di arbitrato.
Parte intimata si costituiva nel presente giudizio con atto del 23 luglio 2013, rassegnando le seguenti conclusioni: «Piaccia all’Xxx.xx Collegio Arbitrale adito, disattesa ogni contraria domanda ed eccezione, per tutti i motivi esposti nel presente atto e nei successivi occorrendi dichiarare l’inammissibilità e comunque rigettare l’istanza della Polisportiva Libertas Catania A.S.D., della sig.ra Xxxx Xxxxxxxx e della Sport Club Catania A.S.D. e tutte le domande in essa contenute, con conferma del provvedimento della Commissione di Appello Federale della FIDAL del 28 maggio 2013. Con vittoria di spese, competenze, onorari di difesa, oltre accessori di legge, e vinte le spese e gli onorari della procedura, con refusione delle somme versate e versande dalla FIDAL a tale titolo».
Veniva nominato, quale arbitro di parte, il Pres. Xxxxxxxxxx Xxxxx.
Entrambi gli Arbitri nominati formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5, del Codice; successivamente, veniva designato, di comune accordo tra gli Arbitri, quale Presidente del Collegio Arbitrale, il Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx che formulava l’accettazione ex art. 6, comma 5, del Codice.
Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx (Presidente del Collegio Arbitrale), Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxx (Arbitro), Pres. Xxxxxxxxxx Xxxxx (Arbitro).
Veniva, quindi, fissata la prima udienza per il giorno 3 dicembre 2013 presso la sede dell’Arbitrato, nel corso della quale veniva esperito, infruttuosamente, il tentativo di conciliazione. All’esito, il Collegio si riservava.
Medio tempore, il Presidente del Collegio Arbitrale Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx veniva sostituito con il Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx.
Pertanto, il nuovo Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx (Presidente del Collegio Arbitrale), Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxx (Arbitro), Pres. Xxxxxxxxxx Xxxxx (Arbitro).
Veniva così fissata una nuova udienza per il giorno 24 marzo 2014, nel corso della quale veniva di nuovo esperito, infruttuosamente, il tentativo di conciliazione. All’esito della discussione, dopo una breve camera di consiglio, il Collegio rigettava le istanze istruttorie richieste, disponeva l’acquisizione di informazioni da parte della FIDAL aventi ad oggetto la disciplina e il procedimento di tesseramento degli atleti, nonché disponeva l’acquisizione d’ufficio della Relazione d’Indagine Grafica depositata agli atti del procedimento arbitrale n. 1364 dell’11 luglio 2013 e, infine, concedeva alle parti termini, rispettivamente sino all’11 e 30 aprile 2014, per il deposito di memorie e di repliche, fissando per il 5 maggio 2014 l’udienza di discussione.
In data 5 maggio 2014, rinviata poi al 26 maggio 2014, presso la sede dell’Arbitrato si svolgeva la terza udienza; nel corso della stessa le parti procedevano alla discussione riportandosi ai propri argomenti svolti e sviluppati nei rispettivi scritti difensivi. All’esito della discussione, il Collegio arbitrale si riservava, trattenendo la causa in decisione.
MOTIVI
1.
Le istanti osservano, preliminarmente, come il procedimento che le ha viste coinvolte sia viziato da irregolarità, attesa la mancata applicazione delle norme del codice di rito penale.
La Commissione di Appello Federale ha errato nel non applicare quanto disposto dal suddetto codice di rito nel momento in cui si riscontri «la mancanza di specifica regolamentazione della fattispecie da parte delle norme emanate dalla Federazione», dal momento che non è possibile lasciare un «vuoto del regolamento dell’ordinamento sportivo».
Per altro aspetto, la difesa delle A.S.D. istanti eccepisce come sia nullo «il provvedimento oggi impugnato, per violazione dell’esercizio del diritto di difesa garantito e salvaguardato da norme di rango costituzionale».
Infatti, proseguono nel proprio ragionamento le istanti, la Commissione di Appello Federale ha errato la propria motivazione, non tenendo in debito conto quanto disposto ex art. 19, comma 3, del Regolamento di Giustizia, a mente del quale «il termine per comparire dinanzi all’Organo di Giustizia non può essere inferiore a sette giorni liberi, decorrenti dalla data di ricezione della convocazione».
Inoltre, anche il richiamo di quanto disposto ex art. 3, punto 3, del Regolamento di Giustizia è stato disatteso dalla Commissione di Appello Federale; «in caso di mancata specifica regolamentazione della fattispecie procedurale da parte delle norme federative, altro non è consentito se non l’applicazione delle norme cogenti del codice di procedura penale, che prevedono che “qualora il giudice provvede al rinvio dell’udienza al di fuori della stessa e non nel contraddittorio delle parti i termini a comparire vanno rispettati”».
Conseguentemente, la Commissione di Appello Federale ha errato nel non dare applicazione ai principi generali che regolano il giudizio penale e, inoltre, ha errato sia
«nel rigettare la richiesta di apertura del dibattimento, in quanto la nullità eccepita (mancato rispetto dei termini a comparire) costituisce grave violazione al diritto alla difesa», sia «nel non ritenere tempestiva la comunicazione dell’impedimento a partecipare all’udienza del 6/11/2012 poiché i soggetti interessati hanno
immediatamente comunicato alla Segreteria della commissione giudicante l’impedimento nel momento in cui lo stesso si è verificato».
Sotto altro profilo, la difesa delle istanti eccepisce la nullità della Commissione Giudicante Nazionale dal momento che il Presidente della stessa, avv. Xxxx, non si trovava in una posizione di imparzialità rispetto alle parti in lite, atteso che lo stesso è risulta «alle volte difensore della Fidal e alle volte giudice terzo».
Inoltre, le istanti lamentano che la Commissione di Appello Federale, prima di entrare nel merito della vicenda e giudicare le condotte poste in essere, avrebbe espresso una valutazione soggettiva sulle stesse Associazioni contestando loro la recidiva.
1.1.
Le A.S.D. istanti osservano come la Commissione di Appello Federale abbia errato «nel ritenere che la CGN abbia graduato le sanzioni. Infatti non solo la CGN non ha analiticamente valutato la responsabilità dei soggetti sottoposti al procedimento disciplinare, ma ha applicato, in presenza di una responsabilità oggettiva, la pena massima prevista dal Regolamento di Giustizia e dallo Statuto Federale».
La difesa delle istanti lamenta la circostanza che alle A.S.D. sarebbe stata riconosciuta una responsabilità oggettiva, senza tener conto che «il soggetto che ha inficiato i certificati di residenza, l’autore della lettera di accompagnamento degli stessi, nulla ha a che vedere con gli odierni istanti, che conseguentemente nessuna prova potevano fornire in merito alla mancata esecuzione dei fatti loro addebitati».
E non può essere condivisa l’argomentazione offerta dalla Commissione di Appello Federale secondo cui gli organi apicali delle Associazioni avrebbero dovuto controllare ogni attività posta in essere dalle stesse; tra l’altro, come già esposto nei precedenti gradi di giudizio, il certificato di residenza non era necessario per il tesseramento degli atleti.
Per altro aspetto, le A.S.D. istanti osservano come gli atleti coinvolti negli accadimenti per cui oggi è lite «erano in Italia solo per prestazioni occasionali. Si erano obbligati, dietro il pagamento di un compenso, a disputare solo alcune manifestazioni (art.3 L.91/81). Il loro rapporto, che poteva qualificarsi di tipo autonomo, in virtù del disposto di cui all’art. 3 comma 2 L.91/81 (vedi documentazione agli atti prodotte dagli esponenti) non richiedeva l’obbligo di residenza sul territorio italiano».
Ebbene, male interpretando il combinato disposto dell’art. 3 L.91/81 e dell’art. 6 del D.lgs. n. 30 del 2007, quest’ultimo richiamato anche dalla normativa federale (art.5, punto 1, lettera d), la Commissione di Appello Federale non ha recepito quanto ivi disposto: infatti, solo nei casi in cui gli atleti si trovino nel territorio nazionale da più di 3 (tre) mesi, «è richiesta la documentazione che provi la sussistenza della residenza in Italia».
Le A.S.D., in ogni caso, osservano come le stesse non possano conoscere le motivazioni per cui soggetti a loro estranei (il CUS di Catania e il Sig. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx) avessero spedito la documentazione risultata poi falsa.
A tal proposito, la difesa delle istanti deduce come «il certificato, poi risultato contraffatto, rappresenta in virtù dei principi adottati da costante giurisprudenza e dottrina amministrativa e penale e della Corte Costituzionale, per i motivi sovra esposti (in quanto non necessario al tesseramento) un falso innocuo, stante che le società esponenti nessun beneficio hanno e/o avrebbero conseguito dalla documentazione, a loro insaputa, inviata».
Sulla scorta di tale argomentazione, «la non veridicità della documentazione prodotta» non ha in alcun modo influito sul tesseramento degli atleti e, conseguentemente, le esponenti non hanno tratto alcun vantaggio dalle dichiarazioni non veritiere.
1.2.
Da ultimo, la difesa delle A.S.D. istanti osserva come nel caso di specie non sia ravvisabile alcuna responsabilità oggettiva in capo alle stesse.
Infatti, secondo l’argomentazione posta in essere dalle Associazioni, poiché l’atto non è stato posto in essere da un componente l’associazione sportiva, non è stato posto in essere da un sostenitore della stessa e comunque dalla sua commissione l’associazione non ha tratto alcun vantaggio, non è possibile sanzionare coloro che rivestano qualifiche apicali per non aver sorvegliato e posto in essere i dovuti rimedi.
Continuando nel proprio ragionamento la difesa delle A.S.D., si osserva come «non è applicabile nella nostra fattispecie il principio della responsabilità oggettiva, in quanto non vi è alcun rapporto eziologico tra il soggetto che ha posto in essere i fatti contestati nel presente giudizio, e le società e/o i dirigenti esponenti, i quali nessun potere, nemmeno di controllo, potevano esercitare nei confronti di un soggetto non facente parte della loro associazione sportiva».
Infine, le istanti eccepiscono l’illegittimità della sanzione inflitta per un duplice motivo. Il primo. L’articolo 3 dello Statuto Federale dispone «che la esclusione delle società dalla Fidal produce il suo effetto solo con il passaggio in giudicato del provvedimento giudiziario che lo dispoen»; inoltre, per le associazioni sportive è prevista la sola pena pecuniaria.
Conseguentemente, la sanzione inflitta, per la parte in cui dispone l’esclusione dall’affiliazione alla FIDAL dell’A.S.D. Sport Club Catania deve ritenersi illegittima.
2.
Con atto del 23 luglio 2013 (prot. 1462), parte intimata si costituisce nel presente procedimento arbitrale.
La difesa della Federazione, dopo aver brevemente ripercorso i fatti che hanno portato al deferimento delle istanti, osserva preliminarmente come la decisione della Commissione di Appello Federale sia stata oggetto anche di altre istanze arbitrali, chiedendo «la riunione del presente procedimento con tutti i suddetti per evidenti ragioni di connessione oggettiva/soggettiva, se non anche di litisconsorzio necessario». Per altro aspetto, e con riferimento all’istanza proposta dalla Sig.ra Xxxxxxxx, tanto in proprio quanto nella qualità di presidente e legale rappresentante della A.S.D. Polisportiva Libertas Catania, la Federazione deduce quanto segue.
Con riferimento all’istanza presentata in proprio, seppur la stessa sia stata rinunciata dalla stessa Sig.ra Xxxxxxxx, atteso il mancato versamento della tassa di arbitrato e la proposizione della stessa quando già era pendente altra domanda proposta con il patrono di un diverso avvocato, la Federazione non accetta la rinuncia e chiede la condanna della stessa al pagamento delle spese di giudizio.
Con riferimento, poi, all’istanza proposta come presidente e legale rappresentante dell’Associazione, la Federazione eccepisce l’inammissibilità della stessa perché proposta «quando era già pendente altra domanda di arbitrato proposta dalla medesima nella medesima qualità con l’avv. Pastore», dichiarando di non accettare il contraddittorio con la Sig.ra Xxxxxxxx e con l’A.S.D. Polisportiva Libertas Catania.
2.1.
Con riferimento all’eccezione di mancata applicazione delle norme di procedura penale nel corso del procedimento disciplinare, la Federazione condivide il
ragionamento della Commissione di Appello Federale secondo cui «il codice di procedura penale è fonte normativa residuale applicabile solo ove la fattispecie non sia regolamentata dall’ordinamento sportivo».
Atteso il principio di autonomia della giustizia sportiva, la Corte Costituzionale ha avuto modo di osservare come «le questioni attinenti all’ambito tecnico e disciplinare esulano – in forza dell’art. 2, comma 1, lett. a) e b), L. n. 280/2003 – dall’area di rilevanza giuridica dell’ordinamento statale».
Per altro aspetto, la Federazione osserva come la disposizione contenuta nell’art 19, comma 3, del Regolamento di Giustizia FIDAL, il termine di sette giorni entro cui le parti devono ricevere la convocazione si riferisce alla sola prima udienza: «il suddetto termine decorre <<dalla data di ricezione della convocazione>> per la prima udienza. Tale norma non si applica ai rinvii successivi. Tanto è vero che l’art. 19.5 del Regolamento di Giustizia prevede la possibilità (invero residuale) di rinvio ad altra udienza senza prevedere alcun termine a comparire».
Con riferimento alla mancata apertura del dibattimento ex art. 492 c.p.c., la FIDAL osserva come detta eccezione «appare oscura dal momento che la norma in questione disciplina l’apertura del dibattimento penale esauriti gli atti introduttivi del processo». Le doglianza mosse dalle istanti con riferimento all’errore posto in essere dalla Commissione di Appello Federale nell’aver ritenuto non tempestiva la comunicazione delle stesse Associazioni a partecipare all’udienza del 6 novembre 2012, è infondata perché le stesse hanno omesso «di fornire evidenza documentale di ciò che affermano».
Ripercorrendo le date che hanno preceduto il procedimento disciplinare, la Federazione osserva come «non si comprende dunque come controparti possano affermare di aver tempestivamente comunicato tale impedimento se hanno atteso ben
12 giorni dalla notizia della concomitanza dell’impegno, peraltro in prossimità dell’udienza di cui richiedevano il rinvio».
2.2.
La difesa della Federazione, con riferimento all’eccezione di nullità della decisione della Commissione Giudicante Nazionale per mancanza di imparzialità dell’avv. Rosa,
osserva come sia il Presidente che la stessa Commissione non abbiano giustamente ravvisato l’esistenza di ipotesi tali da doversi astenere dal giudicare.
Inoltre, le istanti non hanno proposto alcuna istanza di ricusazione all’organo giudicate di grado superiore rispetto al destinatario dell’istanza stessa; conseguentemente
«sono decaduti dalla possibilità di proporre tale istanza».
Inoltre, priva di pregio è l’argomentazione offerta da controparte secondo cui la Commissione Giudicante Nazionale non avrebbe dovuto decidere nel merito perché in via cautelare aveva già esaminato i fatti posti alla base del procedimento disciplinare. Sul punto, osserva la Federazione, «è infatti la normativa CONI e quella federale a prevedere l’adozione di ogni misura cautelare da parte dell’organo giudicante competente per il merito».
Con riferimento, poi, all’eccezione delle A.S.D. di aver la Commissione di Appello Federale contestato alle stesse la recidiva delle condotte poste in essere, la difesa dell’intima osserva come «la Commissione Giudicante ha esclusivamente contestato la recidiva infraquinquennale sulla scorta dei precedenti disciplinari dei soggetti deferiti […]. Avendo la contestazione ad oggetto illeciti disciplinari della stessa natura di quelli già giudicati in passato a carico della Sport Club Catania, la Commissione Giudicante non ha effettuato un giudizio preventivo soggettivo dei deferiti»; al contrario, v’è stato solo un «raffronto oggettivo di circostanze».
Sotto un diverso profilo, la Federazione contesta quanto ex adverso argomentato circa l’errore in cui sia incorsa la Commissione di Appello Federale nel «aver omesso di graduare le sanzioni nei loro confronti applicando la pena massima prevista dalla Carte Federali».
Infatti, con riferimento alla tesi secondo cui non sia necessaria la certificazione apocrifa prodotta ai fini del tesseramento, la Federazione, dopo aver fatto riferimento alla normativa federale operante in materia, osserva coma al caso di specie non possa applicarsi la teoria del c.d. “falso innocuo”.
Inoltre, alcun pregio può avere la circostanza che l’autore materiale della trasmissione del fax contenente la falsa certificazione sia un soggetto estraneo agli affiliati.
Sul punto, la Federazione osserva come «la trasmissione del fax da utenza di altra associazione risulta chiaramente un espediente finalizzato alla precostituzione di una giustificazione nel caso di accertamento dell’illecito».
Le A.S.D. sono state beneficiarie della condotta fraudolenta posta in essere: «non potevano ignorare l’illecito perpetrato a proprio favore».
Conseguentemente, «bene ha fatto la CAF a riconoscere la responsabilità oggettiva degli affiliati istanti in virtù di quello che, se non può considerarsi un vero e prorpio consilium fraudis, è senz’altro una forma di sostegno da parte dell’autore materiale della condotta in contestazione».
2.3.
Con riferimento alle doglianze mosse dalle istanti circa la severità delle sanzioni inflitte, la Federazione osserva come tra la stessa e il singolo affiliato esista un vincolo fiduciario quale presupposto dell’affiliazione.
Le condotte poste in essere, quindi, rappresentano «una frattura insanabile del suddetto vincolo fiduciario, anche in considerazione della recidiva specifica infraquinquennale».
Con riferimento alla condotta ascritta all’A.S.D. Sport Club Catania, la sua reiterata condotta fraudolenta «non può che determinare l’esclusione dalla affiliazione alla Federazione».
Quanto poi alla condotta dell’A.S.D. Polisportiva Libertas Catania, la massima sanzione pecuniaria inflitta trova ragione nella «episodicità della violazione».
E la sanzione comminata ai danni della Sig.ra Xxxxxxxx trova il suo fondamento nell’art. 6 del Regolamento Organico FIDAL; e sulla scorta di quanto «stabilito dall’art. 40 cpv. c.p. (questo sì applicabile alla fattispecie in oggetto), non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo».
Infine, è errata l’argomentazione di controparte nel momento in cui eccepisce l’illegittimità della sanzione dell’esclusione dall’affiliazione alla FIDAL dell’A.S.D. Sport Club Catania.
«Ebbene, proprio l’art. 3 co. 3 lett. d) dello Statuto, richiamato dagli appellanti, prevede la cessazione dell’appartenenza delle società alla FIDAL <<per esclusione a seguito di accertate violazione da parte degli Organi di Giustizia>>».
3.
Nel rispetto dei termini concessi dal Collegio nel corso dell’udienza del 24 marzo 2014, le parti hanno provveduto al deposito delle proprie memorie e delle repliche, nel corso delle quali entrambe le difese hanno illustrato nuovamente le diverse ragioni, riportandosi a quanto dedotto ed argomento nei rispetti scritti difensivi.
Inoltre, sono stati acquisiti agli atti le informazioni da parte della FIDAL aventi ad oggetto la disciplina e il procedimento di tesseramento degli atleti, nonché la Relazione d’Indagine Grafica depositata agli atti del procedimento arbitrale n. 1364 dell’11 luglio 2013
4.
Preliminarmente, il Collegio prende atto della rinuncia all’istanza di arbitrato, presentata in proprio dalla Sig.ra Xxxx Xxxxxxxx, e, contrariamente a quanto osservato dalla Federazione, dichiara la stessa Sig.ra Xxxx Xxxxxxxx estranea al presente giudizio. Infatti, atteso il procedimento arbitrale n. 1246/2013, il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport ha già avuto modo di esprimersi sull’istanza presentata in proprio dalla stessa SIg.ra Xxxx Xxxxxxxx con riferimento alla medesima sanzione inflitta.
Pertanto, il Collegio è chiamato oggi a valutare la domanda di arbitrato presentata nell’interesse dell’A.S.D. Polisportiva Libertas Catania e dell’A.S.D. Sport Club Catania. Sul punto, il Collegio osserva come l’istanza di arbitrato sia stata presentata per eccepire plurimi vizi procedurali verificatesi nel corso del precedente procedimento endofederale.
Detti vizi sono stati oggetto di un’attenta analisi da parte della Commissione di Appello Federale che, con argomenti che anche il Collegio oggi condivide, ne ha respinto la loro ammissibilità e fondatezza.
Tra l’altro, attesa la natura devolutiva del giudizio dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, anche ove tali censure fossero in tutto o in parte fondate, il Collegio sarebbe, comunque, chiamato a valutare il merito della controversia.
4.1.
Nel merito, il Collegio osserva quanto segue.
Le Associazioni hanno dedotto l’assenza di responsabilità in capo alle stesse dal
momenti che all’epoca dell’invio dei falsi certificati la normativa vigente non porrebbe come requisito la certificazione di residenza. E non può esservi alcun addebito di responsabilità oggettiva atteso che le figure apicali delle Associazioni non possono essere a conoscenza di ciò che accade nello specifico per il tesseramento degli atleti e, soprattutto, non possono essere sanzionate per fatti posti in essere da soggetti estranei alle Associazioni stesse.
L’argomentazione – pur pregevolmente esposta con eleganti richiami alla normativa sovranazionale ‐ non può essere condivisa.
Il Collegio reputa che le conclusioni alle quali sono pervenuti tanto la Commissione Giudicante Nazionale quanto la Commissione di Appello Federale siano legittime.
Sulla scorta anche di quanto è stato stabilito nel procedimento arbitrale n. 1246/2013, e in linea di continuità con la giurisprudenza ormai formatasi del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, il Collegio condivide quanto già precedentemente statuito dalla Commissione di Appello Federale nel momento in cui si sottolinea che le società e i dirigenti, soprattutto quelli che assumo ruoli e cariche apicali, hanno l’obbligo di sorvegliare l’andamento dell’attività sportiva e amministrativa e porre in essere tutti quei rimedi necessari, o anche solo opportuni, per contrastare quelle condotte che si concretizzano in atti e attività contrarie ai principi e alle norme che regolano l’attività federale e, più in generale, contrarie ai valori principali dello Sport.
Tanto nel corso del procedimento arbitrale, quanto nei precedenti giudizi endofederali, le Associazioni non hanno svolto alcuna difesa nel merito, se non quella relativa al valore del certificato di residenza, sviluppando ed argomentando il tema del falso innocuo.
Tuttavia, in linea con il procedimento arbitrale n. 1246/2013, anche qualora si volesse considerare i certificati di residenza per cui oggi è causa un’ipotesi di falso innocuo, resterebbe, comunque, il grave disvalore della condotta della Associazioni istanti e la loro responsabilità disciplinare.
Pertanto, il Collegio ritiene che le motivazioni poste alla base della decisione emessa dalla Commissione di Appello Federale siano sostanzialmente corrette, tenuto conto delle risultanze procedimentali indicate ed esaminate, valutate sia sul piano fattuale che su quello logico‐giuridico.
5.
Tutte le altre domande, eccezioni e deduzioni debbono reputarsi assorbite.
Si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese legali e di funzionamento del Collegio Arbitrale liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. rigetta la domanda di arbitrato;
2. compensa le spese di lite;
3. pone, fermo restando il vincolo di solidarietà, a carico delle parti istanti, in solido tra loro, il 50% degli onorari del Collegio arbitrale ed il restante 50% a carico della parte intimata; liquida gli onorari del Collegio arbitrale in complessivi € 5.000,00 oltre accessori di legge;
4. pone, fermo il vincolo di solidarietà, a carico delle parti istanti, in solido tra loro, il 50% dei diritti amministrativi per il Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport ed il restante 50% a carico della parte intimata;
5. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport i diritti amministrativi versati dalle parti.
Così deliberato, all’unanimità, in data 30 luglio 2014 e sottoscritto in numero di quattro originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati.