LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO
LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO
DI APPRENDISTATO DOPO IL JOBS ACT NORMATIVA, DOTTRINA E GIURISPRUDENZA
a cura di
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Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
L’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) è un ente pubblico di ricerca che si occupa di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e, in generale, di tutte le politiche economiche che hanno effetti sul mercato del lavoro. Nato il 1° dicembre 2016 a seguito della trasformazione dell’Isfol e vigilato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’Ente ha un ruolo strategico – stabilito dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 – nel nuovo sistema di governance delle politiche sociali e del lavoro del Paese.
L’Inapp fa parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN) e collabora con le istituzioni europee. Da gennaio 2018 è Organismo Intermedio del PON Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione (SPAO) del Fondo sociale europeo delegato dall’Autorità di Gestione all’attuazione di specifiche azioni ed è Agenzia nazionale del programma comunitario Erasmus+ per l’ambito istruzione e formazione professionale. È l’ente nazionale all’interno del consorzio europeo XXXX-ESS che conduce l’indagine European Social Survey.
Presidente: Xxxxxxxxxx Xxxxx
Direttore generale: Xxxxx Xxxxx Xxxxxx
Riferimenti
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La collana Inapp Report è curata da Xxxxxxxxxx Xxxxxx.
INAPP
La disciplina del contratto
DI APPRENDISTATO DOPO IL JOBS ACT Normativa, dottrina e giurisprudenza
a cura di
Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Il presente report è stato realizzato da Xxxxx in qualità di Organismo Intermedio del PON SPAO con il contributo FSE 2014-2020, Azione 10.1.9.1, Attività 1, nell’ambito della Struttura Sistemi Formativi diretta da Xxxx X’Xxxxxxxxx.
Il rapporto di ricerca presenta un’analisi giuslavoristica della disciplina del contratto di apprendistato, alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015 (c.d. Jobs Act) s.m.i. e dei principali provvedimenti europei a sostegno dell’apprendistato, nel contesto delle riforme del mercato del lavoro dell’ultimo decennio.
Questo testo è stato sottoposto con esito favorevole al processo di peer review interna curato dal Comitato tecnico scientifico dell’Inapp.
Il volume è a cura di Xxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Autori: Xxxxxx Xxxxxxxxx (Introduzione, parr. 1.2, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.3 , 2.4, 2.5, 2.6,
2.7, 2.8, 2.9, 3.2, 4.2, 4.4, 5.1); Xxxxxxxx Xxxxxxx (parr. 1.3, 3.3); Xxxxxx Xxxxxxx
(parr. 1.1, 5.2); Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx (parr. 2.2, 4.3, Conclusioni); Xxxxxxx Xxxxxx (parr.
3.1, 4.1)
Coordinamento editoriale: Xxxxxxxxxx Xxxxxx Editing e correzione bozze: Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx e impaginazione: Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Testo chiuso a ottobre 2021 Pubblicato a dicembre 2021
Alcuni diritti riservati [2021] [INAPP].
Quest’opera è rilasciata sotto i termini della licenza Creative Commons Attribuzione
ISSN 2533-1795
ISBN 978-88-543-0251-8
Indice
1 L’apprendistato nel quadro normativo europeo e nazionale 13
1.1 La strategia europea per l’occupazione: dalla adattabilità alla flexicurity 13
1.2 L’apprendistato nel contesto delle politiche europee per l’istruzione e formazione
1.3 La Raccomandazione del Consiglio UE relativa ad un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità 22
1.4 Natura e causa del contratto di apprendistato 27
1.5 L’evoluzione normativa in materia di apprendistato in Italia 29
1.6 Gli obiettivi della riforma dell’apprendistato introdotta dal D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) 34
2 La disciplina generale del contratto di apprendistato e l’obbligo formativo 39
2.1 Il sistema delle fonti di disciplina dell’apprendistato dopo il D.Lgs. n. 81/2015 39
2.2 Il rapporto Stato-Regioni in materia di apprendistato, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale 42
2.3 La forma del contratto e il piano formativo individuale 47
2.4 L’inquadramento professionale e la retribuzione dell’apprendista 49
2.5 Limiti numerici di assunzione e clausole di stabilizzazione 51
2.6 La disciplina del recesso nel contratto di apprendistato 53
2.7 La durata della formazione in apprendistato e le cause sospensive del rapporto di lavoro 57
2.8 Gli obblighi formativi, il tutor aziendale e il sistema sanzionatorio 59
2.9 Standard professionali e formativi dell’apprendistato e Repertorio delle Professioni 64
3 Le tipologie contrattuali di apprendistato nella legislazione nazionale e regionale 68
3.1 L’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore 68
3.2 L’apprendistato professionalizzante 75
3.3 L’apprendistato di alta formazione e di ricerca 85
4 Gli incentivi, il regime contributivo, le tutele dell’apprendista e gli ammortizzatori sociali 100
4.1 La disciplina degli incentivi economici e normativi per il contratto di apprendistato 100
4.2 Tutele previdenziali e assicurative nel contratto di apprendistato 112
4.3 Il contratto di apprendistato e il diritto alla protezione dei dati personali 115
4.4 L’apprendistato e gli ammortizzatori sociali 121
5 Confronto tra il contratto di apprendistato, i tirocini extracurriculari e le altre
tipologie contrattuali dopo il Jobs Act 129
5.1 Il contratto di apprendistato e i tirocini extracurriculari: analogie e differenze 129
5.2 L’evoluzione della flessibilità contrattuale nelle più recenti forme del mercato del lavoro 138
Conclusioni 142
Bibliografia 154
Introduzione
Il presente rapporto di ricerca contiene un’analisi giuridico-istituzionale della disciplina del contratto di apprendistato, a seguito delle novità introdotte dal X.Xxx. 15 giugno 2015, n. 811 (c.d. Jobs Act) e s.m.i., nel contesto delle riforme del mercato del lavoro dell’ultimo decennio, che hanno investito tale tipologia contrattuale, al fine di trasformarla nella modalità prevalente di inserimento lavorativo dei giovani. Partendo dalla ricostruzione dei più importanti interventi dell’Unione europea (UE) in materia di apprendistato, sono stati analizzati i principali elementi che caratterizzano tale istituto contrattuale e che emergono dalla lettura interpretativa della normativa nazionale e regionale di riferimento, tenuto conto dei recenti orientamenti della dottrina e della giurisprudenza, al fine di mettere in evidenza i punti di forza e le criticità dell’apprendistato, nonché le ragioni che ne hanno impedito il pieno decollo, malgrado gli incentivi economici e normativi, volti a renderlo uno strumento appetibile per le imprese e per gli operatori del mercato del lavoro. L’analisi è stata condotta in una prospettiva giuslavoristica anche sulla base del confronto, sul piano normativo-regolamentare, tra il contratto di apprendistato ed alcune tipologie contrattuali flessibili disciplinate dal D.Lgs. n. 81/2015 e dal D.L. 12 luglio 2018,
n. 872 (c.d. Decreto Dignità) convertito con la L. 9 agosto 2018, n. 96 in considerazione della ‘concorrenza’ tra le diverse forme contrattuali esistenti nel nostro ordinamento per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, che risultano più appetibili dell’apprendistato e maggiormente in linea con le esigenze aziendali.
1 D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81-Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa i n tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
2 D.L. 12 luglio 2018, n. 87-Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.
Inoltre, ad integrazione del quadro normativo ordinario, si è tenuto conto dei provvedimenti normativi finalizzati al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 deliberata dal Governo il 31 gennaio 2020. Infatti, a seguito dell’adozione delle misure volte a fronteggiare l’emergenza sanitaria, che hanno previsto la sospensione delle attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza dei corsi professionali, alcune Regioni, in alternativa alla ricalendarizzazione, hanno autorizzato la possibilità di erogare, in modalità e- learning o formazione a distanza (FAD), le attività formative per l’acquisizione di competenze di base e trasversali nell’apprendistato professionalizzante.
Nel corso dell’ultimo decennio, il contratto di apprendistato è stato oggetto di numerosi interventi riformatori finalizzati al riordino della disciplina generale e alla revisione delle diverse tipologie contrattuali in cui è articolato, nell’ottica di un rilancio del rapporto di apprendistato, inteso come canale privilegiato di accesso dei giovani al mercato del lavoro. Il X.Xxx. n. 81/2015 ha abrogato integralmente il D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 1673 (c.d. Testo Unico dell’apprendistato) e riordinato la disciplina dell’apprendistato (artt. 41-47), collocandola significativamente tra le disposizioni che riguardano i rapporti di lavoro flessibili. La finalità di quest’ultima revisione dell’apprendistato va ricercata nella volontà del legislatore di rafforzare in Italia il ‘sistema duale’ fondato sull’organica integrazione tra il sistema dell’istruzione e formazione professionale e il mondo del lavoro, allo scopo di ridurre sia il tasso di disoccupazione giovanile sia i tempi di transizione dei giovani all’attività lavorativa. Il sistema duale è definito da quell’insieme di percorsi e opportunità formative che coinvolgono l’apprendimento nelle sue diverse forme: apprendistato, alternanza scuola-lavoro, impresa formativa simulata, utili a conseguire un ampio ventaglio di competenze.
L’alternanza scuola-lavoro è stata introdotta nell’ordinamento italiano dalla L. 28 marzo 2003, n. 534 che all’art. 4 l’ha definita quale “modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e
3 D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167-Testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1 , comm a 3 0 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
4 L. 28 marzo 2003 n. 53-Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei
livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
agricoltura, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l’acquisizione
di competenze spendibili nel mercato del lavoro”.
Il rapporto si articola in cinque capitoli. Nel primo capitolo si fornisce una panoramica dei principali interventi dell’UE a sostegno dell’apprendistato, tra i quali la Raccomandazione del Consiglio UE del 15 marzo 2018 relativa ad un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità. L’obiettivo della Raccomandazione europea è aumentare l’occupabilità, favorire lo sviluppo personale degli apprendisti e contribuire alla creazione di una forza lavoro altamente qualificata, in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.
Va evidenziato che la Commissione europea, nel contesto delle azioni messe in atto per rafforzare la qualità dell’apprendistato e fronteggiare la crisi economica e sociale generata dalla pandemia da Covid-19, con la Comunicazione del 1° luglio 2020, ha presentato un ‘pacchetto di misure’ volto a sostenere l’occupazione giovanile e a promuovere l’apprendistato, particolarmente colpito dalle misure di contenimento adottate a seguito dell’emergenza sanitaria, nei settori economici che sono in prima linea nella transizione digitale e verde dell’Unione europea.
Nel primo capitolo si offre, altresì, un’attenta disamina dell’evoluzione normativa del contratto di apprendistato, evidenziando le principali tappe che hanno portato alla definizione del ‘nuovo apprendistato’ con l’approvazione del Testo Unico del 2011 e i successivi sviluppi fino al D.Lgs. n. 81/2015. Si delineano, in particolare, gli obiettivi e i contenuti del Testo Unico dell’apprendistato, del D.L. 20 marzo 2014, n. 345 (c.d. Decreto Poletti) convertito dalla L. 16 maggio 2014, n. 78 che aveva l’obiettivo di semplificarne la disciplina, fino al D.Lgs. n.81/2015 che ha confermato sostanzialmente l’impianto normativo dell’abrogato Testo Unico dell’apprendistato. Nel secondo capitolo si analizza il rapporto Stato-Regioni, alla luce della giurisprudenza costituzionale, fermo restando che la disciplina del contratto di apprendistato è oggetto di più ambiti di competenza legislativa tra Stato e Regioni secondo quanto disposto dall’art. 117 della Costituzione. In tale contesto si riporta l’orientamento della dottrina secondo cui, tra i principali fattori che hanno impedito il pieno decollo dell’apprendistato, vanno segnalati,
5 D.L. 20 marzo 2014, n. 34-Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.
la dispersione del quadro normativo, determinata dalla interferenza tra la disciplina legislativa statale, le normative regionali e la contrattazione collettiva, e i ritardi registrati sul fronte del recepimento a livello regionale delle disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015.
Inoltre, nel secondo capitolo, tenendo conto dei più significativi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, si analizzano i principali elementi che caratterizzano la disciplina generale del rapporto di lavoro in apprendistato, nonché tutti gli aspetti legati alla formazione, nell’ottica dell’attitudine di tale tipologia contrattuale a soddisfare la duplice esigenza di apprendimento e di crescita professionale dei soggetti coinvolti. In particolare, si esaminano i requisiti formali e sostanziali del contratto di apprendistato, il ruolo della contrattazione collettiva alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015, il c.d. ‘sottoinquadramento’ dell’apprendista, la c.d. ‘percentualizzazione’ della retribuzione, forme, modalità e contenuti degli obblighi formativi del datore di lavoro e gli effetti giuridici dell’inadempimento di tali obblighi sotto il profilo sanzionatorio. Infatti, il tratto caratterizzante dell’apprendistato è rappresentato dall’obbligo del datore di lavoro di erogare, come corrispettivo della prestazione di lavoro, non solo la retribuzione, ma anche la formazione necessaria all’acquisizione di una qualificazione professionale.
Inoltre, partendo dal coordinamento tra le regole dettate dagli articoli 41-47 del D.Lgs. n. 81/2015 e le norme generali in materia di lavoro, premesso che l’ art. 41 del D.Lgs. n.81/2015 definisce l’apprendistato come contratto di lavoro a tempo indeterminato, si esaminail rapportotra il contratto di apprendistato e il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (CATUC), introdotto dal D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 236, al fine di analizzare l’applicazione di tale disciplina contrattuale al rapporto di apprendistato e le conseguenze sanzionatorie in caso di licenziamento illegittimo.
Nel terzo capitolo del rapporto si presenta un’analisi della disciplina nazionale e regionale delle tre tipologie contrattuali di apprendistato, evidenziando gli aspetti rilevanti della regolamentazione regionale della formazione, ai sensi del D.Lgs. n.81/2015 e la stretta connessione delle due tipologie a prevalente contenuto formativo (apprendistato di primo e terzo livello) con il sistema dell’istruzione. Il legislatore del Jobs Act ha confermato l’articolazione
6 D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23-Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo i nde terminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
dell’apprendistato in tre diverse tipologie: a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello); b) apprendistato professionalizzante (c.d. apprendistato di secondo livello); c) apprendistato di alta formazione e ricerca (c.d. apprendistato di terzo livello) (art. 41, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).
Nel quarto capitolo si esaminano gli incentivi economici e normativi previsti dal legislatore nazionale per favorire le assunzioni con il contratto di apprendistato da parte dei datori di lavoro. Tali incentivi anche alla luce delle leggi di bilancio relative all’ultimo triennio 2018-2020, hanno lo scopo di rendere economicamente vantaggioso per le aziende il ricorso a tale contratto. Si analizzano, inoltre, le tutele previdenziali e assicurative degli apprendisti, che sono assimilate a quelle di un normale rapporto di lavoro dipendente, la disciplina degli ammortizzatori sociali per gli apprendisti, nonché i profili di protezione dei dati personali nel rapporto di apprendistato, alla luce della più recente normativa di riferimento europea e nazionale (Regolamento UE 679/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
Nel quinto capitolo del rapporto si mettono a confronto l’istituto
dell’apprendistato e quello del tirocinio extracurriculare, ovvero quella tipologia formativa e di orientamento che, in questi ultimi anni, è diventata il canale privilegiato di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, al fine di esaminare analogie e differenze tra i due istituti e comprendere la potenziale ‘concorrenza’ tra i due dispositivi come strumenti di inserimento lavorativo dei giovani.
Inoltre, si è ritenuto opportuno ampliare l’indagine in merito al rapporto tra il contratto di apprendistato ed alcuni contratti di lavoro flessibili disciplinati dal D.Lgs. n. 81/2015: le collaborazioni ‘etero-organizzate’ ricondotte nell’ambito della disciplina del lavoro subordinato e il contratto a tempo determinato, così come riformato dal D.L. n. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità). In particolare, si è proceduto a contestualizzare nel mercato del lavoro gli interventi legislativi diretti verso la ‘flessibilità contrattuale’ (in uscita e in entrata) a partire dalle misure adottate in Italia con le riforme del 2012 (Riforma Fornero) e del 2015 (Jobs Act) che hanno introdotto disincentivi nei confronti di alcune tipologie contrattuali flessibili e incentivi verso il contratto di lavoro a tempo indeterminato con
l'obiettivo, suggerito in sede europea, di contrastare gli effetti negativi della c.d.
‘flessibilità al margine’.
La disamina di tali tipologie contrattuali flessibili è scaturita dall’esigenza di analizzare gli elementi che hanno determinato la scarsa capacità attrattiva dell’apprendistato, rispetto ad altri rapporti contrattuali ritenuti economicamente più convenienti dalle aziende.
In sintesi, come si evince anche dalle considerazioni conclusive, il rapporto di ricerca offre spunti di riflessione e indicazioni di policy utili per i decisori politici e istituzionali, le parti sociali e gli operatori del mercato del lavoro, ai fini di un rilancio dell’apprendistato, in linea con le aspettative in esso riposte a livello europeo, nonché con gli interventi del legislatore nazionale e dei legislatori regionali coinvolti, a vario titolo, in un processo riformatore che contribuisca a rendere effettivamente tale tipologia contrattuale la modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
1 L’apprendistato nel quadro normativo europeo e nazionale
1.1 La strategia europea per l’occupazione: dalla adattabilità alla flexicurity
Sulla disciplina dell’apprendistato, un ruolo rilevante ha giocato il coordinamento europeo delle politiche in favore dell'occupazione inaugurato sul finire degli anni '907. Schematizzando, in tale ambito, si possono distinguere tre stagioni evolutive.
La prima segna, appunto, l’esordio di una politica comune in materia occupazionale. Proprio nella fase di avvio della Strategia europea dell'occupazione (SEO) nel 1997 appare, tra i quattro pilastri su cui essa si basa, la nozione di ‘adattabilità’ (gli altri tre pilastri erano occupabilità, imprenditorialità e pari opportunità). Questo pilastro consisteva in uno stimolo regolatorio rivolto sia alle parti sociali (le parti sociali sono invitate a negoziare accordi volti a modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese formule flessibili di lavoro) che agli Stati (ciascuno Stato membro esaminerà l'opportunità di introdurre nella sua legislazione tipi di contratto più adattabili) a disciplinare nuovi tipi contrattuali, ulteriori e aggiuntivi rispetto al lavoro subordinato a tempo indeterminato. In effetti, già a livello europeo, questa è stata la stagione della regolamentazione concertata di forme di lavoro c.d. atipico: si pensi in particolare alle direttive, rispettivamente del 1997 e del 1999, su part-time e lavoro a tempo determinato, che hanno rappresentato la
vetta più alta raggiunta dal cd. Dialogo sociale macro8. In Italia, in effetti questo arco temporale ha corrisposto ai ‘colpi di coda’ della stagione dei ‘nuovi patti sociali trilaterali’ il cui esplicito obiettivo era l’ingresso nell’Unione monetaria, e che includevano, allo stesso modo, anche misure volte alla flessibilizzazione del mercato del lavoro. Si pensi al Patto per il lavoro del 1996 che ha dato luogo al
c.d. Xxxxxxxxx Xxxx (L. 24 giugno 1997, n. 196)9, comunemente considerato, in ordine di tempo, la prima riforma di modernizzazione del mercato del lavoro italiano che ha condotto, passando per la riforma ‘Biagi’ del 2003 e la ‘Fornero’ del 2012, al Jobs Act del 2015. A riprova che questo approccio di politica del diritto, riconducibile alla prima fase della strategia europea – la regolazione della flessibilità in entrata – è stato abbracciato con vigore dal nostro legislatore, si noti che l’Indice italiano di protezione legale dell’impiego (Indicator of employment protection legislation) dell’Ocse relativo, appunto, alla flessibilità in entrata è, per così dire, in ‘caduta libera’ dal 1998.
In una fase successiva, che corrisponde all’adozione nel 2005 di un approccio integrato nel processo di coordinamento della politica economica ed occupazionale a livello europeo (c.d. Linee guida integrate), si è assistito alla progressiva enfasi sulla nozione di flexicurity10, capace di conciliare l’integrazione economica con la coesione sociale11. Tale processo ha determinato un ribaltamento della strategia regolatoria adottata nella prima fase: dalla adattabilità, che promuoveva la flessibilità in entrata, seppure concertata, si passa a stigmatizzare gli effetti negativi che possono derivare dalla sua stessa adozione.
Esemplificativo di questo ribaltamento è stato il Libro Verde sulla modernizzazione del diritto del lavoro del 200612 ove la Commissione europea ha criticato le riforme avviate in molti Paesi europei a partire dagli anni ’90. Quelle riforme, secondo la Commissione, si erano, infatti, esclusivamente concentrate sulla promozione della ‘flessibilità marginale’, ovvero sulla disciplina di “forme di occupazione (…) con una minore tutela contro il licenziamento, al fine di facilitare l’accesso di nuovi venuti e di soggetti alla ricerca di un lavoro”, implicando tuttavia lo sviluppo di “mercati del lavoro (…)
8 Quelle direttive consistono nella trasposizione in atto giuridico comunitario vincolante, hard law, degl i accordi collettivi in materia raggiunti dalle parti sociali.
9 L. 24 giugno 1997, n. 196-Norme in materia di promozione dell'occupazione.
10 Su questa nozione e la sua evoluzione nel tempo si rinvia, tra gli altri, a Xxxxxx (2011).
11 In merito, si veda Xxxxxxxxx (2009).
12 COM(2006) 708.
sempre più segmentati”, con il rischio, per una parte dei lavoratori di cadere nella trappola della flessibilità senza protezione sociale.
Allo stesso modo, in uno dei documenti di lavoro che accompagnava la Comunicazione del 2007 della Commissione ‘Verso principi comuni di flessicurezza: posti di lavoro più numerosi e migliori grazie alla flessibilità e alla sicurezza’13, contenente il rapporto finale per la valutazione della prima fase di applicazione della flexicurity relativa al periodo 2007-2010 erano espressamente formulati alcuni rilievi critici nei confronti del nostro Paese.
L’Italia era stata inserita nei sistemi mediterranei (insieme a Spagna, Grecia, Cipro e Malta) caratterizzati dai seguenti elementi: una ‘severa legislazione di protezione dei lavoratori’ in favore degli insider (lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato); una bassa protezione in favore degli outsider (lavoratori part-time e temporanei), concentrati tra le donne, le minoranze etniche e i giovani; una spesa pubblica polarizzata sulle pensioni di anzianità e una scarsa copertura delle prestazioni di disoccupazione. Nel documento si osservava che l’Italia, nonostante gli sforzi compiuti, continuava a presentare ‘una forte enfasi sulla protezione del lavoro’. Non appariva, dunque, sufficientemente perseguito l’obiettivo della strategia europea volta a mitigare questa enfasi, spostando invece l’accento sulle protezioni ‘nel’ mercato del lavoro (ammortizzatori sociali e politiche attive).
In sostanza, la soluzione proposta a livello europeo – fin dal Libro Verde del 2006 – è consistita in uno scambio tra “una normativa di tutela dell’occupazione più flessibile e una ben congegnata assistenza per i disoccupati” (una combinazione tra politiche passive e attive), per realizzare, appunto, una ‘traslazione delle tutele’ dal rapporto al mercato del lavoro.
La terza fase della SEO, il cui inizio è coinciso con il periodo della crisi economica del 2008 non ha segnato un cambiamento di contenuto della strategia regolatoria raccomandata, ma è stata caratterizzata dall’inclusione di quella stessa strategia in un nuovo assetto procedurale europeo che ne ha rafforzato il grado di vincolatività. Ci si riferisce al rafforzamento dei meccanismi di sorveglianza finanziaria, la c.d. nuova Governance economica europea e, in particolare, ai nuovi strumenti di crisis prevention, finalizzati al coordinamento macroeconomico e al controllo preventivo delle politiche nazionali di bilancio. Ai nostri fini rilevano, in particolare, le Raccomandazioni
13 COM(2007) 359 def.
Specifiche Paese (Country Specific Raccomandations, CSR), adottate nell’ambito del c.d. Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche che possono dar luogo a penali in caso di mancato adeguamento14.
1.2 L’apprendistato nel contesto delle politiche europee per l’istruzione e formazione professionale
Nell’ambito della Strategia europea per l’occupazione (SEO)15 l’istruzione e la formazione professionale giocano un ruolo fondamentale per lo sviluppo della società della conoscenza e il miglioramento delle possibilità occupazionali in una prospettiva di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Lo sviluppo di una forza lavoro qualificata rispondente alle esigenze del mercato del lavoro, il miglioramento della qualità e dell’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione e la promozione dell’apprendimento permanente hanno costituito, a partire dal 2010, con il varo della strategia ‘Europa 2020’, orientamenti integrati per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, al fine di promuovere un mercato del lavoro più inclusivo.
Come è noto, l’Unione europea, ai sensi degli artt. 153 e 166 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)16, in un’ottica di sussidiarietà, ha il compito di rafforzare e integrare le azioni degli Stati membri in materia di formazione professionalee di tutela delle condizioni di lavoro, al fine di elaborare una politica comune di formazione professionale17. Per sviluppare l’azione di coordinamento delle competenze nazionali in materia di formazione professionale l’Unione europea agisce, essenzialmente, attraverso strumenti di soft law18 (ad. es. le Raccomandazioni), con le quali incide direttamente o indirettamente sull’andamento delle politiche formative degli Stati membri.
14 In tal senso Fantacci e Xxxxxxx (2013).
15 La Strategia europea per l’occupazione (SEO) è stata formalizzata dal Consiglio europeo di Lussemburgo del 20 e 21 novembre 1997.
16 Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) entrato i n vi gore il 1 ° di ce mbre 2 009 raccoglie tutte le disposizioni volte a regolare le competenze e a delimitare il campo di azione dell’Unione europea.
17 Per approfondimenti in merito alla formazione professionale nel contesto delle strategie europee per
l’occupazione si xxxx Xxxxxxxxxxx (2013).
18 Per strumenti di soft law si intendono gli atti di diritto europeo (ad es. i pareri o le raccomandazioni) il cui tratto comune è costituito dal carattere ‘non vincolante’ delle regole che i n esso ve ngono poste benché a essi vengano riconosciuti effetti giuridici.
La politica europea in materia di istruzione e formazione professionale ha acquisito una particolare importanza con l’adozione della Strategia di Lisbona19 che è stata formalizzata nell’ambito del Consiglio europeo di Lisbona del 200020 con l’obiettivo finale di fare dell’Europa “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva al mondo” e “dei sistemi di istruzione e formazione dell’Unione europea un punto di riferimento di qualità a livello mondiale entro il 2010” (Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002) al fine di conciliare coesione sociale e competitività sulla base della correlazione positiva tra il miglioramento dei livelli di istruzione della popolazione e la crescita economica21 dei Paesi che investono nell’istruzione e formazione professionale. Per l’attuazione degli obiettivi di Lisbona22, il Consiglio Istruzione, Gioventù e Cultura ha approvato il 12 novembre 2002 una risoluzione sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale, il cui contenuto è stato successivamente recepito e ampliato dalla dichiarazione approvata a Copenaghen il 29-30 novembre 200223. Successivamente, il comunicato di Bruges del 2010, che contiene il programma europeo di cooperazione rafforzata per il periodo 2010-2020 nel campo dell’istruzione e formazione professionale, ha definito una visione per l’Istruzione e la formazione professionale (IFP) moderna e attraente basata su cinque priorità chiave, tra cui lo sviluppo dell’apprendimento basato sul lavoro per favorire l’occupazione dei giovani.
La diffusione di forme di apprendimento basato sul lavoro, al fine di adattare le competenze dei lavoratori ai fabbisogni professionali del mercato del lavoro, rappresenta uno dei pilastri della strategia ‘Europa 2020’24, approvata dalla Commissione europea nel 2010, che ha incluso tra le sue priorità la crescita intelligente, inclusiva e sostenibile, nonché lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione25.
19 In merito, si xxxx Xxxxxxx (2017a).
20 Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 Marzo 2000.
21 Per una ricostruzione del piano nazionale per lagaranzia di qualità dell’istruzione e formazione professionale si veda Gentilini (2011).
22 Per approfondimenti in merito alla Strategia di Lisbona si veda Deidda (2010).
23Dichiarazione dei Ministri europei dell’istruzione e formazione professionale e dell a Commissi one europea, riuniti a Copenaghen il 29 e 30 novembre 2012 su una maggiore cooperazi one e u ropea i n materia di istruzione e formazione professionale.
24Commissione europea 3 marzo 2010 ‘Europa 2020’, Una Strategia per una crescita i ntel lige nte, sostenibile e inclusiva’.
25 In merito si veda Isfol (2015).
Sul fronte dell’istruzione, la Commissione europea nella Comunicazione ‘Ripensare l’istruzione’ del 2012 ha stabilito che “l’apprendimento sul lavoro e in particolare l’apprendistato e altri modelli duali, che contribuiscono a un passaggio più agevole dallo studio al lavoro, richiedono un quadro normativo chiaro, ruoli definiti per i diversi attori e devono costituire parte integrante del sistema di istruzione complessivo”.
Su impulso dell’Unione europea si è quindi cercato di promuovere la diffusione dell’apprendistato in Italia, quale strumento essenziale dei sistemi di istruzione e formazione professionale, in grado di rafforzare il legame tra il mondo del lavoro e dell’istruzione e di ridurre i tempi di transizione alla vita lavorativa assicurando benefici sia agli apprendisti che ai datori di lavoro.
A dimostrazione dell’efficacia dimostrata nell’agevolare l’accesso dei giovani al mercato del lavoro e nel migliorarne la possibilità di carriera, l’apprendistato26 è considerato una delle priorità politiche dell’Unione europea, tenuto conto che nel 2019 il tasso di disoccupazione giovanile nell’Unione europea era pari al 14,2%27 e si attestava ad un livello notevolmente superiore al tasso di disoccupazione complessivo che era pari al 6,2%. In Italia, invece, nel 2019 il tasso di disoccupazione giovanile era pari al 27,1%28 e registrava un valore quasi triplo rispetto al tasso di disoccupazione generale pari al 9,5%. Inoltre, a conferma dell’utilità dell’apprendistato come strumento per facilitare l’inserimento lavorativo dei giovani, va segnalato che nel 2016 nell’Unione europea l’83,7% dei giovani che hanno avuto un contratto di apprendistato ha trovato un’occupazione29.
Sul fronte dell’occupazione giovanile, il Consiglio europeo dei Ministri dell’Istruzione, all’interno del Quadro strategico per la cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione e formazione per il decennio 2010-202030 (ET 2020), in linea con il programma di lavoro ‘Istruzione e Formazione 2010’ e con la Comunicazione della Commissione europea ‘Nuove competenze per nuovi lavori’ del 200831, aveva previsto, tra gli obiettivi europei, il conseguimento
26 In merito si veda Xxxxxx (2015).
27 Dati Eurostat ad agosto 2019.
28 Dati Istat ad agosto 2019.
29 Sul punto si veda la Rinnovata Alleanza europea per l’apprendistato, Piano di azione 2020-2021.
30 Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’Istruzione e della formazione (ET 2020) (2009/C/119/02).
31 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni del 16 dicembre 2008 ‘Nuove competenze per
entro il 2020 di una quota di occupati pari all’82% tra i diplomati o universitari di età compresa tra i 20 e i 34 anni. Per incentivare gli Stati membri a rafforzare le loro politiche e gli interventi per l’occupazione giovanile la Commissione europea ha promosso l’iniziativa ‘Xxxxxxxx Xxxxxxx’ che si è concretizzata in un programma europeo attivato dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 aprile 201332. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea hanno incluso l’apprendistato nei loro ‘Piani per l’attuazione della Xxxxxxxx Xxxxxxx’. In Italia, il Programma ‘Xxxxxxxx Xxxxxxx’33 è stato avviato il 1° maggio 2014 e si rivolge ai giovani tra i 15 e i 29 anni disoccupati o inattivi, al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET34). Una delle misure di politica attiva, finanziate dal programma Xxxxxxxx Xxxxxxx, è dedicata all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale e all’apprendistato di alta formazione e ricerca.
La strategia europea in materia di istruzione e formazione professionale ha previsto, accanto alla Xxxxxxxx Xxxxxxx, altri strumenti e misure per combattere la disoccupazione giovanile, tra i quali la costituzione di una ‘Alleanza europea per l’apprendistato’, varata il 2 luglio 2013 a Lipsia mediante una dichiarazione congiunta delle parti sociali europee, della Commissione europea e della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea35. L'Alleanza europea per l'apprendistato (EAfA) è una piattaforma gestita dalla Commissione europea che ha l’obiettivo di rafforzare la qualità, l'offerta e l'immagine complessiva dell'apprendistato in Europa e avviare uno scambio continuo di esperienze e buone prassi non solo tra Governi, ma anche tra imprese, sindacati ed esperti del mercato del lavoro, al fine di stimolare le istituzioni e le parti sociali a collaborare nella valorizzazione delle potenzialità del contratto di apprendistato, promuovendo al contempo la mobilità degli apprendisti36.
nuovi lavori. Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e risponde rvi ’
COM (2008) 868.
32 Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 Aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani (2013/C/120/01).
33 Si rimanda al portale xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx e al Rapporto quadrimestrale n. 1/2020 di ANPAL.
34 L’acronimo NEET riassume la definizione inglese Not in Education, Employment and Training giovani che non studiano né lavorano e non sono neppure impegnati in attività di formazione e apprendistato. I dati più recenti dell’Eurostat dimostrano come in Italia la dimensione del fenomeno NEET continui ad essere più elevata rispetto alla media europea, seppur con un andamento decrescente tra il 2014 e il 2017.
35 In merito si veda Xxxxxxxxxx e Xxxxxxx (2014).
36 L’Alleanza europea per l’apprendistato ha avuto nel mese di Giugno 2015 l’adesione di oltre quaranta imprese ed altre organizzazioni, nuovi membri che si uniscono ai privati e ai governi che hanno aderito al progetto.
L’attenzione dell’Unione europea per l’apprendistato è stata ulteriormente rafforzata dalle Conclusioni del Consiglio europeo di Riga del 22 giugno 2015 che hanno inserito tra le priorità specifiche per l’istruzione e formazione professionale e per l’apprendimento degli adulti per il periodo 2015-2020 la promozione dell’apprendimento basato sul lavoro in tutte le sue forme, con particolare attenzione all’apprendistato, coinvolgendo le parti sociali, le imprese e le camere di commercio e i fornitori di IFP, nonché stimolando l’innovazione e l’imprenditorialità.
Per sostenere lo sviluppo dell’apprendistato il Consiglio Europeo, sulla scia della ‘Nuova agenda per le competenze per l'Europa’37 e della comunicazione Investire nei giovani d'Europa38, accogliendo la proposta della Commissione europea del 5 ottobre 201739, ha approvato il 15 marzo 2018 la Raccomandazione40 relativa ad un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità41, al fine di promuovere la qualità, l’offerta, l’attrattività e l’inclusività degli apprendistati e dell’apprendimento basato sul lavoro.
Nell’ottica di rafforzare la qualità dell’apprendistato in Europa e di fronteggiare la crisi economica e sociale generata dalla pandemia da Covid-19, la Commissione europea, con la Comunicazione del 1° luglio 202042, ha presentato un ‘pacchetto di misure’ volto a sostenere l’occupazione giovanile e rafforzare l’apprendistato che è stato duramente colpito dalle misure adottate a seguito della pandemia. La Commissione, nel fornire un quadro delle iniziative a sostegno dell’occupazione giovanile, ha ribadito la necessità di rinnovare l’iniziativa dell’Alleanza europea per l’apprendistato istituita nel
37 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, 10 giugno 2016 ‘Una nuova age nda per l e competenze per l’Europa. Lavorare insieme perpromuovere il capitale umano, l ’ occupabi li tà e l a competitività’ COM (2016) 381.
38 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, 7 dicembre 2 01 6 ‘ Inve st ire nei gi ovani d’Europa’ COM (2016) 940.
39Commissione europea, 5 ottobre 2017 ‘Proposta di raccomandazione del Consigl io rel at iva a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità’ COM (2017) 563.
40 Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (2018/C/153/01)
41 Per un’analisi del quadro europeo degli standard di qualità ed efficacia dell’apprendistato si ri nvi a al contributo di Xxxxxxxxx (2017).
42 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, 1 luglio 2 020 ‘ Soste gno al l’ occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione’ COM (2020)276.
2013, al fine di promuovere l’apprendistato nei settori economici43 che sono in
prima linea nella transizione digitale e verde dell’Unione europea.
In particolare, secondo le intenzioni della Commissione, la rinnovata Alleanza europea per l’apprendistato dovrà investire sulle seguenti sei priorità:
• promuovere apprendistati efficaci e di qualità e incentivare gli Stati mem- bri e le aziende a impegnarsi in questo senso, rafforzando le coalizioni per l’apprendistato a livello nazionale;
• incentivare il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI44) per garantire
un’offerta stabile di apprendistati efficaci e di qualità;
• mobilitare le autorità locali e regionali affinché fungano da catalizzatori per
gli apprendistati all’interno del contesto imprenditoriale locale;
• rafforzare il dialogo sociale attraverso un coinvolgimento più attivo delle organizzazioni nazionali delle parti sociali;
• promuovere la partecipazione attiva dei comitati di dialogo sociale setto- riale europei ai programmi di apprendistato, al fine di raggiungere un ac- cordo su impegni settoriali congiunti;
• sostenere la rappresentanza degli apprendisti negli Stati membri rilancian- do la rete europea degli apprendisti.
In questa prospettiva, va segnalato il Piano d’azione 2020/2021 della rinnovata Alleanza Europea per l’Apprendistato (EAfA), nel quale sono programmati gli obiettivi, i destinatari, e le attività che l’Alleanza dovrà realizzare nell’ambito delle sei priorità indicate dalla Commissione europea nella Comunicazione del 1° luglio 2020.
La rinnovata Alleanza dovrà realizzare i seguenti obiettivi:
1) rafforzare la qualità e l’offerta di apprendistati in un’economia verde e digi-
tale;
2) aumentare l’attrattività e l’immagine degli apprendistati;
3) promuovere la mobilità degli apprendisti.
43 Ad esempio, i settori legati all’economia circolare, all’economia blu, alla costruzione e alla ristrutturazione sostenibili degli edifici, all’agricoltura, alla mobilità intelligente e all’energia.
44 L’Istat ha pubblicato alcuni dati sul censimento delle piccole e medie imprese (PMI) in Italia per l'anno 2019. Sono state censite circa 280.000 imprese con 3 e più addetti, rappresentative di più di un milione di unità, quasi un quarto delle imprese italiane. I due terzi delle imprese (821.000 , pari al 7 9, 5% del totale) sono microimprese (con 3-9 addetti in organico), 187.000 (pari al 18,2%) sono di piccole dimensioni (10-49 addetti), mentre le medie (con 50-249 addetti) e le grandi imprese (con 250 addetti e oltre) rappresentano il 2,3% delle imprese osservate (24.000 unità), di cui 3.000 grandi.
La rinnovata Alleanza sarà integrata nel ‘Patto per le competenze’, nel quadro dell'Agenda europea per le competenze per la competitività sostenibile, l'equità sociale e la resilienza45, per rispondere alle sfide generate dalla pandemia da Covid-19 e affrontare la ripresa economica dopo l’emergenza epidemiologica. L’obiettivo principale del patto è incentivare tutte le parti interessate ad intraprendere azioni concrete per il miglioramento delle competenze e la riqualificazione della forza lavoro creando partenariati nazionali per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, sostenendo così anche le transizioni verdi e digitali come strategie di crescita locali e regionali.
La Raccomandazione relativa ad un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità si inserisce nell’ambito della dichiarazione del Consiglio sull'Alleanza europea per l'apprendistato quale misura per affrontare la disoccupazione giovanile e l'esclusione sociale.
La Raccomandazione del 2018 si pone come obiettivo generale l’accrescimento dell’occupabilità e la promozione dello sviluppo personale degli apprendisti, in modo da contribuire alla creazione di una forza lavoro altamente preparata e qualificata, in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro (Considerando n. 26).
Dalle disposizioni della Raccomandazione emerge la rilevanza del
miglioramento della qualità dei percorsi formativi e lavorativi svolti in apprendistato, al fine di agevolare l’accesso a lavori altamente qualificati, fornire benefici ai datori di lavoro e agli apprendisti, contribuendo altresì alla promozione della cittadinanza attiva e dell’inclusione sociale, mediante l’integrazione nel mercato del lavoro di persone provenienti da contesti sociali e personali diversi.
La Raccomandazione richiama l’attenzione sia sull’esigenza di promuovere apprendistati efficaci e di qualità attraverso l’istituzione di partenariati strutturati che coinvolgano tutti i soggetti interessati (Considerando n.3) sia
45 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, 1 luglio 2020 ‘Un’agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza’ COM (2020)274.
sulla necessità di promuovere la mobilità di lunga durata degli apprendisti in tutta l’UE attraverso i programmi Erasmus+ ed ErasmusPro (finalizzato a sostenere i tirocini all’estero di lunga durata).
La Raccomandazione ha fornito agli Stati membri la definizione di apprendistato inteso come “un programma di istruzione e formazione professionale formale”, caratterizzato dai seguenti elementi: integrazione dell’apprendimento acquisito in istituti di istruzione e formazione con quello conseguito in un luogo di lavoro; possibilità di conseguire le qualifiche riconosciute a livello nazionale; accordo volto a definire i diritti e gli obblighi dell’apprendista, del datore di lavoro e degli istituti di istruzione e formazione professionale; retribuzione o compenso per l’attività lavorativa svolta dall’apprendista.
Sulla scia di tale definizione, l’atto europeo ha individuato 14 criteri a cui gli
Stati membri, in conformità alla legislazione nazionale e in stretta cooperazione con le parti interessate, dovrebbero attenersi per sviluppare apprendistati efficaci e qualitativamente validi, al fine di aumentare l’occupabilità e lo sviluppo personale degli apprendisti, suddividendoli in due categorie: 1) Criteri per le condizioni di apprendimento e di lavoro; 2) Criteri per le condizioni quadro, così come riportati nelle tabelle sottostanti.
1) CRITERI PER LE CONDIZIONI DI APPRENDIMENTO E DI LAVORO | |
1. Accordo scritto | Prima dell’inizio dell’apprendistato, dovrebbe essere concluso un accordo scritto per definire i diritti e gli obblighi dell’apprendista, del datore di lavoro e, secondo quanto previsto, dell’istituto di istruzione e formazione professionale, relativamente alle condizioni di apprendimento e lavoro. |
2. Risultati di apprendimento | I datori di lavoro, gli istituti di istruzione e formazione professionale e, se del caso, i sindacati, dovrebbero concordare il conseguimento di un insieme di risultati di apprendimento globali definiti conformemente alla legislazione nazionale. Ciò dovrebbe garantire un equilibrio tra competenze professionali specifiche, conoscenze e competenze fondamentali per l’apprendimento permanente, che sostengano lo sviluppo personale degli apprendisti e le loro opportunità di carriera lungo tutto l’arco della vita, affinché siano in grado di adattarsi all’evoluzione del percorso professionale. |
3. Supporto pedagogico | È opportuno che siano designati formatori interni alle imprese con l’incarico di collaborare strettamente con gli istituti di istruzione e formazione professionale e con gli insegnanti per fornire un orientamento agli apprendisti e garantire un riscontro reciproco e regolare. Gli insegnanti, i formatori e i tutor, in particolare nelle microimprese e nelle piccole e medie imprese, dovrebbero essere assistiti nell’aggiornare le proprie abilità, conoscenze e competenze al fine di formare gli apprendisti seguendo i metodi di insegnamento e di formazione più recenti e le esigenze del mercato del lavoro. |
4. Componente del posto di lavoro | Una parte sostanziale dell’apprendistato, vale a dire almeno la metà dello stesso, dovrebbe essere effettuata in un luogo di lavoro che preveda, se possibile, l’opportunità di svolgere una parte dell’esperienza di lavoro all’estero. Tenendo conto della diversità dei programmi nazionali, l’obiettivo è progredire gradualmente verso una situazione in cui tale quota di apprendistato consista nell’apprendimento sul luogo di lavoro. |
5. Retribuzione e/o compenso | Gli apprendisti dovrebbero ricevere una retribuzione e/o un compenso di altro tipo in linea con i requisiti nazionali o settoriali o con i contratti collettivi ove esistano, e tenendo presente le modalità di ripartizione dei costi tra i datori di lavoro e le autorità pubbliche. |
6. Protezione sociale | Gli apprendisti dovrebbero avere diritto alla protezione sociale, compresa l’assicurazione richiesta dalla legislazione nazionale. |
7. Condizioni di lavoro, di salute e di sicurezza | Il luogo di lavoro ospitante dovrebbe rispettare le norme e la regolamentazione pertinenti in materia di condizioni di lavoro, in particolare le norme in materia di salute e di sicurezza. |
2) CRITERI PER LE CONDIZIONI QUADRO | |
8. Quadro di regolamentazione | Dovrebbe essere istituito un quadro di regolamentazione chiaro e coerente basato su un approccio di partenariato giusto ed equo che comprenda un dialogo strutturato e trasparente fra tutte le parti interessate. Potrebbe comprendere procedure di accreditamento per le imprese e i luoghi di lavoro che offrono apprendistati e/o altre misure di garanzia della qualità. |
9. Coinvolgimento delle parti sociali | Le parti sociali, se del caso anche a livello settoriale e/o di organismo intermedio, dovrebbero essere coinvolte nella progettazione, nella gestione e nell’attuazione dei programmi di apprendistato, in linea con i sistemi nazionali di relazioni industriali e le pratiche in materia di istruzione e formazione. |
10. Sostegno alle imprese | Dovrebbe essere previsto un sostegno finanziario e/o non finanziario, in particolare alle microimpresee alle piccole e medie imprese, che consenta alle imprese di offrireapprendistati efficaci in termini di costi tenendo conto, se del caso, dellemodalità di ripartizione dei costi tra i datori di lavoro e le autorità pubbliche. |
11. Percorsi flessibili e mobilità | Per agevolare l’accesso, i requisiti di ammissione all’apprendistato dovrebbero tenere conto dell’apprendimento informale e non formale pertinente e/o, secondo quanto previsto, del completamento di programmi preparatori. Le qualifiche acquisite attraverso gli apprendistati dovrebbero essere incluse nei quadri delle qualifiche riconosciute nell’ordinamento nazionale e stabiliti in riferimento al quadro europeo delle qualifiche. Gli apprendistati dovrebbero consentire di accedere ad altre opportunità di apprendimento, tra cui livelli di istruzione e formazione superiori, percorsi professionali e/o, secondo quanto previsto, la raccolta di unità di risultati dell’apprendimento. La mobilità transnazionale degli apprendisti, a livello di luogo di lavoro o di istituti di istruzione e formazione, dovrebbe essere promossa progressivamente come una delle componenti delle qualifiche dell’apprendistato. |
12. Orientamento professionale e sensibilizzazione | Dovrebbero essere forniti orientamento professionale, tutoraggio e sostegno al discente prima e durante l’apprendistato al fine di garantire risultati positivi, prevenire e ridurre l’abbandono. Occorrerebbe sostenere i discenti a reimpegnarsi nei pertinenti percorsi di istruzione e formazione. Gli apprendistati dovrebbero essere promossi quali percorsi di apprendimento invitanti attraverso attività di sensibilizzazione ampiamente mirate. |
13. Trasparenza | La trasparenza delle offerte di apprendistato e l’accesso alle stesse all’interno e tra gli Stati membri dovrebbero essere garantiti anche con il sostegno dei servizi per l’impiego pubblici e privati nonché di altri organismi pertinenti e, ove opportuno, usando gli strumenti dell’Unione quali EURES (European employment services) come previsto nel Regolamento EURES. |
14. Garanzia della qualità e monitoraggio degli apprendistati | Dovrebbero essere adottati approcci adatti ad assicurare la qualità tenendo conto del quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (EQAVET), compreso un processo che consenta una valutazione corretta e attendibile dei risultati dell’apprendimento. Dovrebbe essere perseguito il monitoraggio dell’occupazione e dei progressi degli apprendisti nel percorso professionale, conformemente alla legislazione nazionale ed europea in materia di protezione dei dati. |
Ai fini dell’attuazione a livello nazionale di quanto sopra riportato, la Raccomandazione ha invitato gli Stati membri a realizzare i seguenti interventi:
• promuovere il coinvolgimento attivo delle parti sociali nella progettazione, nella gestione e nell’attuazione dei programmi di apprendistato, in linea con i sistemi nazionali di relazioni industriali e le pratiche in materia di istruzione e formazione;
• garantire la parità di accesso, promuovere l’equilibrio di genere e contra- stare la discriminazione nei programmi di apprendistato;
• includere le pertinenti misure di attuazione nei programmi nazionali di ri- forma (PNR) nell’ambito del semestre europeo;
• tenere conto di tale quadro nell’avvalersi dei fondi e degli strumenti dell’Unione europea a sostegno dell’apprendistato.
A fronte dell’invito agli Stati membri, la Raccomandazione ha elencato le azioni mediante le quali la Commissione dovrebbe fornire il necessario sostegno all’applicazione delle indicazioni sopra citate.
In particolare, tali azioni si dovrebbero sostanziare nelle seguenti attività:
• servizi di sostegno: sviluppo di un insieme di servizi per la condivisione delle conoscenze, le attività di rete e l’apprendimento reciproco per aiutare gli Stati membri e le parti interessate ad attuare i programmi di apprendistato in linea con tale quadro;
• sensibilizzazione: promozione dell’eccellenza e dell’attrattività degli ap- prendistati, con la diffusione di un’immagine positiva tra i giovani, le loro famiglie e i datori di lavoro, attraverso campagne come la settimana euro- pea delle competenze professionali;
• finanziamento: sostegno all’attuazione della Raccomandazione attraverso idonei finanziamenti46 dell’Unione, in conformità con il quadro giuridico di riferimento;
46 Gli apprendistati ricevono sostegno dai fondi strutturali e di investimento europei (2014-2 0 20), i n particolare il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo di sviluppo regi onale (FESR), nonché Erasmus+, il programma dell’Unione per la competitività delle imprese e delle PMI (COSME), il programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI) e l’iniziativa a favore dell ’occupazi one giovanile (IOG).
• monitoraggio: controllo dell’attuazione della Raccomandazione anche me- diante l’assistenza del comitato consultivo tripartito per la formazione pro- fessionale.
1.4 Natura e causa del contratto di apprendistato
La normativa vigente definisce l’apprendistato “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani” (art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015) confermando la sua natura di contratto ‘a causa mista’47 nel quale al normale scambio tra attività lavorativa e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, l’obbligo del datore di lavoro di impartire la formazione necessaria ai fini dell’acquisizione di una qualificazione professionale da parte dell’apprendista48. Nel contratto di apprendistato il sinallagma contrattuale tra impresa e giovane assunto si sostanzia, infatti, in uno scambio multiplo: formazione e remunerazione erogati dall’impresa, in cambio di lavoro prestato dall’apprendista49.
La componente formativa costituisce elemento qualificante ed essenziale del contratto di apprendistato che si pone come obiettivo non tanto il risultato produttivo della prestazione lavorativa, quanto il conseguimento di una qualificazione professionale che richiede che la prestazione lavorativa sia diretta da un lavoratore qualificato in veste di tutor. Pertanto, la violazione dell’obbligo formativo implica che il rapporto di lavoro debba essere qualificato ab initio come contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il X.Xxx. n. 81/2015 ha confermato l’articolazione dell’apprendistato in tre tipologie contrattuali denominate: a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore; b) apprendistato professionalizzante; c) apprendistato di alta formazione e ricerca (art. 41,
47 La Corte di Cassazione ha precisato che “l’apprendistato è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l’imprenditore è obbligato a impartire all’apprendista l’insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualifi cato, occorrendo a tal fi ne l o svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente, sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di l avoro l a quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto di apprendistato entrando a far parte del la causa negoziale” (cfr. Cass. civ., 10 maggio 2013, n. 11265, Cass. Civ. 3 giugno 2014, n. 14754).
48 Per un’analisi della natura del contratto di apprendistato si rinvia a Varesi (2001).
49 In merito, si veda, tra gli altri, X’Xxxxxxxx (2014).
comma 2). Tali tipologie di apprendistato hanno l’obiettivo di soddisfare esigenze formative diverse e di favorire la diffusione dell’apprendistato in tutti i settori economici realizzando, al contempo, il collegamento tra il sistema dell’istruzione (scolastica e universitaria) e il mondo del lavoro.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza50 il contratto di apprendistato si configura come un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a ‘struttura bifasica’ nel quale la prima fase formativa è contraddistinta da una ‘causa mista’ (accanto allo scambio tra attività lavorativa e retribuzione si aggiunge la finalità formativa) mentre, nella seconda, soltanto residuale, perché condizionata al mancato esercizio della facoltà di recesso ex art. 2118 c.c., il rapporto continua con la causa tipica del lavoro subordinato. Ne consegue che il contratto di apprendistato è disciplinato da regole speciali per il periodo in cui il rapporto di lavoro e il rapporto di formazione coesistono. Solo al termine del periodo di formazione, qualora il datore di lavoro non abbia esercitato la facoltà di dare disdetta, queste regole speciali vengono meno, e il rapporto di lavoro in essere diventa integralmente soggetto alla disciplina ordinaria del contratto a tempo indeterminato.
Nell’apprendistato il fine formativo e il fine occupazionale sono congiuntamente richiamati e posti sullo stesso piano51. Questa duplice funzione formativa e occupazionale del contratto di apprendistato emerge da vari aspetti della sua disciplina, che si divide in una maggiormente occupazionale (apprendistato professionalizzante) e in un’altra con maggiori elementi formativi (le altre due tipologie di primo e terzo livello)52. Peraltro, secondo la giurisprudenza, nel contratto di apprendistato l’elemento formativo assume carattere prevalente rispetto all’attività lavorativa “ponendosi quale strumento per la realizzazione di finalità considerate di alto valore sociale già dalla Costituzione (art. 35, comma 2) e l’attività formativa risulta determinante a fronte dell’importanza che viene data ai percorsi formativi da parte della politica sociale europea” 53 . Sul punto, la dottrina ha osservato che “l’elemento formativo gioca un duplice ruolo, sia debitorio, che creditorio penetrando nello schema causale e ampliando bilateralmente il vincolo obbligatorio standard
50 Cfr. Cass. Xxxxxx, xxx. lav. n. 20394/18, n. 17373/17, n. 5051/16.
51 In tal senso, Xxxxxxxxxxx (2012).
52 In merito, si veda Xxxxxxxx (2016).
53 Cfr. Cass. 11 maggio 2002, n. 6787 con nota di Xxxxxxxxx X., La centralità del momento formativo nel contratto di apprendistato anche alla luce dellapolitica sociale europea.
relativo allo scambio lavoro contro retribuzione”54. Da una parte, il datore di lavoro si obbliga a corrispondere all’apprendista, a fronte della prestazione lavorativa, non solo una controprestazione retributiva, ma anche la formazione necessaria ai fini dell’acquisizione di una qualificazione professionale. Dall’altra, il lavoratore ha diritto a ricevere la formazione, ma al tempo stesso è tenuto a formarsi non potendo sottrarvisi.
1.5 L’evoluzione normativa in materia di apprendistato in Italia
Il contratto di apprendistato, attualmente disciplinato dagli artt. 41 ss. del D.Lgs. n. 81/2015, è stato uno dei primi contratti di lavoro speciali disciplinati dal Codice civile (artt. 2130-2134) e dalla L. 19 gennaio 1955 n. 2555. La L. n. 25/1955 all’art. 2 definiva l’apprendistato come uno “speciale rapporto di lavoro in forza del quale il datore di lavoro si obbliga ad impartire o fare impartire all’apprendista assunto alle sue dipendenze l’insegnamento necessario per diventare un lavoratore qualificato, utilizzando la propria opera nella sua impresa”56.
La disciplina dell’apprendistato si è modificata profondamente durante il lungo iter della sua ‘riforma permanente’57 iniziata con la L. n. 196/1997 (c.d. ‘Pacchetto Treu’) che gli ha conferito la sua essenziale finalità formativa. In particolare, la legge Treu ha stabilito il principio dell’alternanza tra formazione sul lavoro e formazione esterna all’impresa prevedendo un monte ore minimo annuo di 120 ore per la formazione esterna. A seguito della legge del 1997 l’istituto è stato oggetto di numerosi interventi riformatori58 finalizzati al riordino della disciplina riguardante le tipologie contrattuali di apprendistato e al rilancio dell’apprendistato come canale privilegiato di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro59. Ne risulta un quadro normativo complesso60 e
54 Così Xxxx (2013).
55 L. 19 gennaio 1955 n. 25-Disciplina dell’apprendistato.
56 In merito, si veda Xxxxxxx e Xxxxxxxxx (2001).
57 In proposito, cfr. Xxxxxxxx (2016).
58 Per una ricostruzione degli interventi legislativi in materia di apprendistato si xxxx Xxxxxxx, Varesi (2015).
59 In merito, si veda D’Onghia (2014).
60 Per una ricostruzione degli interventi legislativi sul contratto di apprendistato successi vi al T. U. del 2011 si veda Xxxxxxxx (2014).
stratificato che ha tratto impulso anche dalle indicazioni provenienti
dall’Unione europea.
Limitandoci a ricordare le successive tappe di riassetto strutturale della disciplina occorre segnalare gli artt. da 47 a 53 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 27661 (c.d. Riforma Xxxxx) a cui va riconosciuto il merito di aver colto la complessità della condizione giovanile, attraverso l’innalzamento della soglia di età di accesso fino a 29 anni, e di aver articolato l’apprendistato in tre tipologie contrattuali62 connesse sia al sistema dell’istruzione che a quello delle qualificazioni professionali. Un impulso importante al rilancio dell’apprendistato è stato dato dal X.Xxx. n. 167/2011 (c.d. Testo Unico dell’apprendistato) che ha riunito e armonizzato la disciplina dell’apprendistato, abrogando non solamente la L. n. 25/1955 e l’art. 16 della legge n. 196/1997, ma anche gli artt. da 47 a 53 del D.Lgs. n. 276/2003, al fine di semplificare e razionalizzare un istituto considerato burocraticamente complesso e poco confacente alle esigenze aziendali e introducendo regole chiare e garanzie uniformi su tutto il territorio nazionale.
In coerenza con l’impianto complessivo della L. n. 30/2003 (c.d. Xxxxx Xxxxx) il Testo Unico del 2011 ha confermato la tripartizione dell’apprendistato in tre tipologie contrattuali, che, pur con diverse e significative declinazioni, sono state mantenute sino all’attuale D.Lgs n. 81/201563. Il Testo Unico (TU) ha introdotto un “sistema di governance multilivello dell’apprendistato attraverso la costituzione di un network di cooperazione tra Governo centrale, Regioni e parti sociali”64. Inoltre, il TU ha attribuito un ruolo centrale alla contrattazione collettiva cui è stata rimessa la disciplina del contratto di apprendistato sia per quanto riguarda gli aspetti relativi al rapporto di lavoro sia per quelli relativi alla formazione nel rispetto di ‘determinati principi’ definiti dalla normativa nazionale. Per l’apprendistato professionalizzante è stato disposto che la disciplina degli aspetti formativi fosse contenuta esclusivamente nei contratti collettivi oppure negli accordi interconfederali. Alle Regioni è stata attribuita, in
61 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276-Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e me rcato de l lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.
62 Il D.Lgs. n. 276/2003 all’art. 47 aveva previsto tre tipologie di apprendistato: 1) contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione; 2) contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; 3) contratto di apprendistato specializzante per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
63 In merito si veda Xxxxxxxx (2015).
64 In tal senso, Cefalo (2015).
via esclusiva, la disciplina dell’offerta formativa pubblica finalizzata all’acquisizione delle competenze di base e trasversali per un monte ore complessivo non superiore a 120 ore per la durata del triennio65.
Solo per le altre due tipologie di apprendistato (apprendistato di primo e terzo livello) il Testo Unico richiamava le prerogative costituzionali delle Regioni in materia di disciplina degli aspetti formativi.
Il ciclo dei provvedimenti legislativi, successivi al Testo Unico, è proseguito con
altri tre significativi interventi: la L. 28 giugno 2012, n. 9266 (c.d. Riforma Fornero), il D.L. n. 34/2014 (c.d. Decreto Poletti) convertito con la L. 16 maggio 2014 n. 7867 e il X.Xxx. n. 81/2015 di attuazione della L. 10 dicembre 2014, n. 18368 (c.d. Jobs Act). Sintetizzando le principali novità contenute nei citati interventi legislativi, va evidenziato che la L. n. 92/2012, a seguito dell’abolizione del contratto di inserimento69, ha identificato l’apprendistato come “modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”. La riforma Fornero ha, inoltre, innovato la disciplina del Testo Unico prevedendo una durata minima del contratto di apprendistato, una rimodulazione del rapporto numerico tra apprendisti e lavoratori qualificati in servizio, l’obbligo a carico delle imprese di stabilizzareun certo numero di apprendisti al termine della formazione impartita e la tutela della disoccupazioneattraverso l’estensione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI)70 agli apprendisti.
In particolare, la L. 92/2012, allo scopo di prevenire eventuali abusi del contratto di apprendistato, ha previsto che lo stesso dovesse avere una durata minima di almeno sei mesi, ad eccezione dell’assunzione di apprendisti effettuata per lo svolgimento di attività stagionali, per i quali la durata del rapporto di lavoro poteva anche essere inferiore. Tale previsione è apprezzabile poiché intesa ad impedire l’utilizzo dell’apprendistato per soddisfare esigenze
65 In merito, si veda Xxxxxxxxxx (2014).
66 L. 28 giugno 2012, n. 92-Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.
67 L. 16 maggio 2014, n. 78-Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 20 marzo 2014, n. 34, recante ‘Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplifi cazi one degli adempimenti a carico delle imprese’.
68 L. 10 dicembre 2014 n. 183-Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, de i servizi per il lavoroe delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.
69 Il contratto di inserimento era stato introdotto per favorire l’inserimento e i l rei nse r imento nel
mercato del lavoro di soggetti inoccupati o disoccupati socialmente svantaggiati.
70 In base all’art. 2, comma 2 della L. n. 92/2012 dal 1° gennaio 2013 si applica anche agli apprendisti l a tutela economica per la perdita dell’occupazione in base all’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI).
temporanee del datore di lavoro, tali da non consentire alcuna attività formativa.
La L. n. 78/2014 di conversione del D.L. n. 34/201471 nell’ottica della semplificazione dell’istituto dell’apprendistato e delle sue modalità di attuazione, ha introdotto alcune modifiche al D.Lgs. n. 167/2011, concernenti il Piano formativo individuale (PFI), le clausole di stabilizzazione, la formazione pubblica nell’apprendistato professionalizzante e la retribuzione per il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, pur conservando quella delega alla contrattazione collettiva a scapito della competenza regionale che ha caratterizzato sin dalle origini il contratto di apprendistato. In particolare, la L. n. 78/2014, nell’ottica di semplificare le procedure burocratiche a carico dell’impresa, ha mantenuto l’obbligo di formalizzare per iscritto il piano formativo individuale prevedendo però la possibilità di indicarlo ‘in forma sintetica’ anche sulla base di moduli o formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva. Inoltre, a seguito della L. n. 78/2014, l’applicazione della disciplina della stabilizzazione degli apprendisti è risultata circoscritta alle sole imprese con più di 50 dipendenti e la relativa percentuale di stabilizzazione degli apprendisti ridotta al 20%.
Inoltre, è opportuno richiamare le ‘Linee guida per la disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante’ approvate in sede di Conferenza Stato- Regioni il 20 febbraio 2014 (in attuazione dell’art. 2 del D.L. 28 giugno 2013 n. 76)72 che dovevano essere recepite nelle regolamentazioni regionali per essere operative. Tali disposizioni avevano l’obiettivo di rendere più uniforme la disciplina dell’offerta formata pubblica per l’apprendistato professionalizzante sull’intero territorio nazionale.
L’ultimo intervento legislativo in materia di apprendistato è rappresentato dal D.Lgs. n. 81/2015 che ha abrogato integralmente il D.Lgs. n. 167/2011 e riordinato la disciplina del contratto di apprendistato (Capo V artt. 41-47)73 collocandola, significativamente, tra le disposizioni che riguardano i rapporti di lavoro flessibili. Il X.Xxx. n. 81/2015, attuativo della L. n. 183/2014 (c.d. Jobs Act) è incentrato sul rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro al fine di
71 Per una attenta disamina del D.L. n. 34/2014 si veda Carosielli e Xxxxxxx (2014).
72 D.L. 28 giugno 2013 n. 76- Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in partico lare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e alt re misure finanziarie urgenti.
73 Per i contratti già vigenti al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 continua a t rovare applicazione la previgente disciplina del Testo Unico del 2011 con le successive modifiche.
agevolare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Con tale provvedimento sono state poste le basi di un ‘sistema duale’ in cui il conseguimento dei titoli, rispettivamente del livello secondario di istruzione e formazione, e del livello terziario, può avvenire anche attraverso l’apprendimento presso l’impresa74. Al 31 dicembre 2019 la quasi totalità delle Regioni e Province autonome aveva completato il processo di recepimento delle disposizioni normative nazionali introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015, attraverso l’emanazione di specifici provvedimenti legislativi regionali (Inapp e Inps 2021). In attuazione dell’art. 46, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, è stato approvato il Decreto interministeriale del 12 ottobre 201575 avente ad oggetto la definizione degli standard formativi e dei criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato di primo e terzo livello. Tale decreto ha introdotto un quadro omogeneo di regole comuni per l’attivazione dei percorsi di apprendistato di primo e terzo livello.
Va segnalato, inoltre, che il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 15076 all’art. 32, ha previsto, in via sperimentale, l’applicazionedi incentivi, in termini di sgravi fiscali e di risorse aggiuntive, per le assunzioni con il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di alta formazione e ricerca, al fine di promuovere la diffusione del contratto di apprendistato di primo e terzo livello. Infine, va evidenziato che il D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 18577 ha modificato alcune disposizioni normative contenute nel D.Lgs. n. 81/2015, tra le quali l’art. 45, commi 4 e 5 che disciplina l’apprendistato di alta formazione e ricerca.
74 In merito, si veda X’Xxxxxxxx e Xxxxxxx (2020).
75 D.I. 12 ottobre 2015-Definizione degli standard formativi dell'apprendistato e criteri general i per l a realizzazione dei percorsi di apprendistato, in attuazione dell'articolo 46, comma 1, del dec reto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
76 D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150-Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
77 D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185-Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 gi ugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, a norma dell’articolo 1, comma 13, della legge
10 dicembre 2014, n. 183.
1.6 Gli obiettivi della riforma dell’apprendistato introdotta dal D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act)
Il X.Xxx. n. 81/201578 è intervenuto al fine di semplificare il ricorso all’apprendistato e promuovere una via italiana al più noto e funzionante ‘sistema duale tedesco’79 al fine di farlo diventare il principale strumento di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro80. La finalità della nuova riforma dell’apprendistato va ricercata nella volontà del legislatore di rafforzare un ‘sistema duale italiano’81 fondato sull’organica integrazione tra il sistema dell’istruzione e il mondo del lavoro, al fine di ridurre sia il tasso di disoccupazione giovanile sia i tempi di transizione alla attività lavorativa. Il sistema duale è definito da quell’insieme di percorsi e opportunità formative fondati sull’apprendimento nelle sue diverse forme: apprendistato, alternanza scuola-lavoro, impresa formativa simulata, utili a conseguire un ampio ventaglio di competenze.
Il legislatore del Jobs Act ha inteso percorrere due strade per attuare il modello duale: l’una, attraverso i percorsi in alternanza scuola-lavoro, regolati nella L. 13 luglio 2015, n. 10782 (c.d. Legge sulla Buona Scuola), l’altra, attraverso il rilancio dell’apprendistato di primo e terzo livello, tipologie attualmente poco utilizzate, ma in realtà essenziali per una concreta attuazione ed un reale coordinamento del lavoro con i percorsi formativi scolastici o di perfezionamento post-lauream, ponendosi quindi in controtendenza rispetto alle precedenti riforme che avevano prevalentemente interessato la tipologia del contratto di apprendistato professionalizzante83 slegato dai sistemi dell’istruzione.
Come anticipato, l’alternanza scuola-lavoro introdotta dalla L. 28 marzo 2003 n. 53, costituisce la direttrice principale di tutta l’opera di regolamentazione dell’apprendistato e si pone in continuità con la L. n. 107/2015, così come
78 La parte III del D.Lgs. n. 81/2015 (artt. 41-47) è dedicata al contratto di apprendistato.
79 In merito si veda Xxxxxxx (2015).
80 Per una analisi delle novità introdotte dal X.Xxx. n. 81/2015, tra gli altri, si veda Gentilini (2017).
81 In merito si veda Bobba (2015).
82 La legge delega 13 luglio 2015, n. 107-Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazi one e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti- è stata attuata dal legislatore delegato con i l X.Xxx. 13 aprile 2017 n. 61-Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’art icolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazio ne profe ssi onale , a norma dell’articolo 1, comma 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107.
83 Per una attenta disamina del contratto di apprendistato professionalizzante si veda Xxxxxxx (2014).
attuata dal D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 6184, che ha reso obbligatoria per tutti gli studenti del triennio conclusivo dell’istruzione secondaria superiore la partecipazione ai percorsi di alternanza scuola-lavoro.
L’alternanza scuola-lavoro è stata definita dall’art. 4 della L. n. 53/2003 come “modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”.
Come osservato in dottrina85 “l’art. 4 non ha voluto inserire nell’ordinamento italiano un nuovo strumento, ma una innovativa metodologia didattica denominata ‘alternanza formativa’ che consente di realizzare un percorso formativo coerente nel quale si integrano organicamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze di lavoro svolte nella concreta realtà di impresa”.
Al fine di garantire un maggior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, il X.Xxx.
n. 61/2017, nell'ambito della riforma della ‘Buona Scuola’ avviata con la L. n. 107/2015, ha ridisegnato l'assetto organizzativo e la didattica degli istituti professionali.
In merito è intervenuto anche il Protocollo d'Intesa siglato l'8 marzo 2018 tra i Ministeri del Lavoro, dell'istruzione e dell'economia che ha previsto il potenziamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro prevedendo da un lato un monte ore di alternanza di 264 ore per gli istituti professionali e dall’altro la possibilità, per gli istituti scolastici di ampliare e differenziare l'offerta formativa anche attraverso il ricorso a professionalità esterne da acquisire in relazione alle esigenze territoriali.
Previsioni queste ultime fortemente ridimensionate dalla L. 30 dicembre 201886 (Legge di Bilancio 2019). In essa (art. 1, commi 784-787), i percorsi in alternanza scuola-lavoro, di cui al D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 7787, sono stati rinominati ‘percorsi
84 D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 61- Revisione dei percorsi dell'istruzione professionale nel rispettodell'articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazi one professi onale, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107.
85 In tal senso si veda Massagli (2016).
86 L. 30 dicembre 2018-Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.
87 D.Lgs. 15 aprile 2005 n. 77-Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-l avoro, ai sensi dell'articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n.53.
per le competenzetrasversali e per l’orientamento’, con la contestuale revisione, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019 delladurata88 complessiva nel triennio terminale del percorso di studi degli istituti professionali, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi degliistitutitecnici e nel quinto anno dei licei. Da un punto di vista sistematico il D.Lgs. n. 81/2015 mantiene una disciplina comune per tutte le tipologie di apprendistato (artt. 42, 46 e 47) e una regolamentazione specifica per ognuna di esse (artt. 43, 44 e 45). Il decreto di riordino delle tipologie contrattuali contiene alcune novità89 che riguardano l’articolazione interna dell’apprendistato di primo e di terzo livello90 che si integrano secondo la logica del sistema duale fondato sull’alternanza scuola- lavoro.
Secondo quanto contenuto nell’art. 41, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 l’apprendistato di primo e terzo livello integrano organicamente in un ‘sistema duale’ formazione e lavoro con riferimento a tutti i titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 13/2013.
La novità di maggior rilievo, introdotta dal D.Lgs. n. 81/2015, si evince dalla lettura dell’art. 43, comma 1, contenente la nuova definizione dell’apprendistato di primo livello che acquista il nome di ‘apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore’ e sostituisce la precedente definizione di ‘apprendistato per la qualifica e il diploma professionale’. Come si desume dalla nuova denominazione, risulta ampliata la sfera di applicazione dell’apprendistato di primo livello, che riguarda non più solo i percorsi di istruzione e formazione professionale triennali e quadriennali di competenza regionale (IeFP), ma anche quelli di scuola secondaria superiore, nonché i percorsi di Istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS). Il nuovo apprendistato di primo livello è strutturato in modo da coniugare la formazione
88 Nello specifico la L. n. 145/2018 (art. 1, commi 784-787) ha rimodulato la durata dei percorsi per l e competenze trasversali e per l’orientamento: 120 ore nel triennio terminale del percorso di studi de gli istituti professionali; 150 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi degl i i st ituti tecnici; 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei licei.
89 Per un’analisi delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015, tra gli altri, si veda Buratti (2015) i l qual e sostiene che “le principali novità introdotte dal X.Xxx. n. 81/2015 si evincono dal l’ art. 4 1, comma 3 , secondo il quale l’apprendistato di primo e terzo livello sono strutturati per i ntegrare i n un si stema duale, formazione e lavoro e vengono pensati come via italiana al più noto e funzi onante model lo tedesco”.
90 In merito, Xxxxxxxxx (2015).
aziendale con la formazione professionale regolamentata dalle discipline regionali91. Punto cardine del nuovo apprendistato di primo livello è l’introduzione del ‘protocollo’ tra istituzione formativa e azienda. La finalità del protocollo è quella di rendere agevole e immediata l’instaurazione del rapporto di lavoro, e quindi la diffusione dell’apprendistato in alternanza scuola-lavoro92. Mentre l’apprendistato di primo livello amplia le proprie finalità ed estende il campo di applicazione, l’apprendistato di alta formazione e ricerca disciplinato dall’art. 45 del D.Lgs. n. 81/2015 subisce un ridimensionamento nell’ambito di applicazione del contratto. Tale tipologia di apprendistato, infatti, pur confermandosi destinata ai soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di titoli di studi universitari (lauree triennali e specialistiche, master, dottorati di ricerca, diplomi relativi ai percorsi tecnici superiori, per attività di ricerca, nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche) perde ogni collegamento con i titoli di istruzione secondaria superiore, ricondotti nell’ambito dell’apprendistato di primo livello.
Un altro elemento innovativo inserito dal legislatore del Jobs Act riguarda la valorizzazione del ruolo formativo dell’impresa. Il D.Lgs. n. 81/2015 nell’intento di rafforzare il rapporto tra istituzione formativa e impresa, ha reso possibile l’attivazione dell’apprendistato di primo e terzo livello, solo a seguito della stipula di un protocollo con l’istituzione formativa di appartenenza dell’apprendista, nel quale vengono stabiliti il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore di lavoro. Sul punto, la dottrina ha osservato che “il legislatore del Jobs Act, abbandonando l’impostazione dell’apprendistato come leva del placement in grado di far dialogare il mondo della formazione e il mondo produttivo propria del Testo Unico del 2011, ha ridotto la costruzione del raccordo scuola-lavoro ad una serie di adempimenti burocraticiquali i protocolli richiesti per il I e il III livello, fortemente presidiati dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e senza il necessario apporto delle parti sociali”93.
Un’altra novità rilevante introdotta dal D.Lgs n. 81/2015 riguarda la possibilità di assumere senza limiti di età, in apprendistato professionalizzante, i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale (art. 47, comma 4). In sintesi, è stata ampliata la platea dei soggetti adulti che possono essere assunti
91 Per approfondimenti in merito all’apprendistatodi primo livello, si veda Xxxxxx (2015).
92 In merito, Balsamo (2015).
93 In tal senso, Xxxxxxxxxx (2015a).
in apprendistato professionalizzante includendo i beneficiari di trattamenti di disoccupazione, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale94.
Inoltre, nell’ottica di una riduzione dei costi dell’apprendistato per le aziende il D.Lgs. n. 81/2015 ha previsto l’esonero per le tipologie di apprendistato di primo e terzo livello dall’obbligo retributivo per le ore di formazione esterna svolte nell’istituzione formativa e il riconoscimento del 10% della retribuzione che sarebbe dovuta al lavoratore per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. È evidente come il legislatore del Jobs Act per incentivare le imprese all’utilizzo dell’apprendistato di primo e terzo livello, abbia voluto incidere sulla struttura del costo del personale ritenendo che una consistente riduzione di una componente importante dei costi potesse aumentare la propensione delle imprese ad assumere giovani ricorrendo a tali tipologie contrattuali.
Infine, occorre evidenziare che la riforma del Jobs Act accompagnata da una politica di incentivi volti ad incrementare il ricorso al contratto di apprendistato da parte dei datori di lavoro, ha iniziato a produrre i primi effetti a partire dall’anno 2017 in cui si osservano gli incrementi più significativi del numero di attivazioni con contratto di apprendistato, specie con riferimento alla tipologia professionalizzante e a quella di primo livello (Inapp e Inps 2021), che ne hanno determinato un maggior peso rispetto al complesso delle attivazioni95 con contratto di lavoro dipendente nel mercato del lavoro (Mlps 2020).
94 In tal senso, Fiorelli (2019).
95 Il numero dei rapporti di lavoro in apprendistato attivati nel corso del 2019 è pari a 400.268 unità, con un’incidenza del 3,4% sul totale dei contratti di lavoro dipendente (11.757.137). Sebbene l’inc re me nto più significativo del contratto di apprendistato si sia registrato nel periodo 2016 /20 17 (+ 2 2, 4%), nei bienni successivi tale contratto ha mantenuto discreti livelli di crescita (+12,4% nel 2017/2018 e + 7, 7% nel 2018/2019) anche rispetto alle altre tipologie contrattuali. Infatti, nonostante il contratto a tempo determinato rimanga la tipologia contrattuale più utilizzata dai datori di lavoro (8.016.231 unità pari al 68,2% del totale), nel 2019 registra solo un minimo incremento (+0,4), mentre i l contratto a te mpo indeterminato, che rappresenta il 15,1% del totale dei rapporti di lavoro (1.770.319 unità), successivamente al decremento nel biennio 2016/2017 (-7,5%), ha registrato un trend in crescita ne lle annualità successive (+8,3 nel 2017/2018 e +6,8 nel 2018/2019), presumibilmente imputabile agli effetti delle politiche di incentivazione destinate negli ultimi anni a tale rappor to di lavoro, dive nendo l a tipologia contrattuale più concorrenziale con l’apprendistato (Mlps 2020).
2 La disciplina generale del contratto di apprendistato e l’obbligo formativo
2.1 Il sistema delle fonti di disciplina dell’apprendistato dopo il D.Lgs. n. 81/2015
Come è noto la disciplina del contratto di apprendistato è caratterizzata da una pluralità di fonti regolatorie e di ambiti di competenza legislativa tra Stato e Regioni, secondo quanto disposto dall’art. 117 della Costituzione, in ragione della interferenza tra diverse materie per le quali la riforma costituzionale del 2001 ha previsto competenze diverse. Infatti, il contratto di apprendistato, per la complessità dovuta alla commistione delle regole inerenti al mercato del lavoro, all’istruzione e alla formazione professionale, nonché alla sicurezza sul lavoro, ‘taglia’ in senso trasversale materie che appartengono a competenze attribuite dalla Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e a quella concorrente e residuale delle Regioni. L’intreccio di fonti statali e regionali nella regolamentazione della formazione ha generato rilevanti conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni relativi all’apprendistato, spesso sottoposti alla valutazione della Corte Costituzionale96. Secondo la dottrina, la dispersione del quadro normativo in materia di apprendistato, determinata dalla intersezione tra la disciplina legislativa statale, le normative regionali e la contrattazione collettiva, nonché i ritardi registrati sul fronte del recepimento, a livello regionale, delle disposizioni normative nazionali introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015 hanno contribuito ad impedire all’apprendistato di fuoriuscire dalla
96 Per una ricostruzione dei conflitti di attribuzione Stato-Regioni in materia di apprendistato sottoposti al vaglio della Corte Costituzionale si veda, tra gli altri, Xxxxxxxx (2010).
nicchia di una percentuale di utilizzo poco significativa per i modelli appartenenti al c.d. sistema duale97.
Vale la pena evidenziare che il D.Lgs. n. 81/2015 ha modificato il sistema delle fonti di regolamentazione dell’apprendistato e ha ridimensionato il ruolo della contrattazione collettiva rispetto alla disciplina previgente del Testo Unico dell’apprendistato. Il Testo Unico, infatti, aveva affidato alla contrattazione collettiva il ruolo di definire gli aspetti gestionali del rapporto di lavoro in tutte le tipologie di apprendistato, nel rispetto dei principi fissati dalla normativa nazionale, ampliandone la competenza rispetto al passato, al fine di coinvolgere maggiormente le parti sociali, semplificare e uniformare la disciplina a livello nazionale, favorendone quindi la piena attuazione.
La riforma del 2015 ha ridefinito il rapporto tra le fonti nella regolamentazione dell’apprendistato, affidando alla legislazione nazionale ambiti di intervento relativi alla disciplina generale del contratto di apprendistato che, nella regolazione previgente, erano attribuiti alla legislazione regionale o alla contrattazione collettiva98. Il X.Xxx. n. 81/2015, all’art. 42 comma 5, ha stabilito che, salvo quanto disposto dai commi da 1 a 4, la disciplina del contratto di apprendistato sia rimessa agli accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro, nel rispetto di una serie di principi a cui gli stessi devono attenersi. Tra essi si evidenziano i seguenti: il divieto di retribuzione a cottimo; la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del CCNL ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto, o, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio; la presenza di un tutor o referente aziendale; la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti tramite i fondi paritetici interprofessionali anche attraverso accordi con le Regioni e Province autonome; la possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti nel percorso di formazione, esterna e interna all’impresa, della qualificazione professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi, nonché nei percorsi di istruzione degli adulti; la registrazione della formazione effettuata e della qualificazione professionale
97 In tal senso, tra gli altri, Del Punta (2019).
98 In merito, tra gli altri, si veda Xxxxxxxx (2016).
acquisita nel libretto formativo del cittadino99; la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio e altra causa di sospensione involontaria del lavoro di durata superiore a 30 giorni; la possibilità di definire forme e modalità per la conferma in servizio, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato.
La regolamentazione degli aspetti formativi dell’apprendistato, in osservanza dell’art. 117 Cost., è rimessa alla legislazione regionale e, a seconda della tipologia di apprendistato, alla contrattazione collettiva, fatti salvi i criteri stabiliti dalla legge. La riforma del Jobs Act, in chiave di sussidiarietà verticale, ha determinato uno ‘sbilanciamento’ della legislazione regionale a vantaggio di quella nazionale nei modelli di apprendistato ‘duali’ disciplinati dagli artt. 43 e
45 del D.Lgs. n.81/2015, con la previsione di un potere sostitutivo del legislatore statale in caso di inerzia regionale. Infatti, in coerenza con tale impostazione, l’art. 43, comma 3, nel regolamentare l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, ha previsto che, in assenza di regolamentazione regionale, la disciplina per l’attivazione del contratto di apprendistato sia rimessa al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Inoltre, a conferma dello sbilanciamento della legislazione regionale a vantaggio di quella nazionale attuato con la riforma del Jobs Act, l’art. 46, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2015 ha rinviato ad un apposito decreto interministeriale la definizione degli standard formativi dell’apprendistato che costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. n. 226/2005. Infatti, in data 12 ottobre 2015 è stato emanato, previa intesa con le Regioni e Province autonome, il decreto interministeriale frutto dell’azione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministero dell’Economia e delle finanze, che ha definito gli standard formativi dell’apprendistato di primo e terzo livello.
99 Il Libretto formativo del cittadino, introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 2 7 6/2 003 , è stato abrogato dall’art. 34, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 150/2015 e sostituito dal Fascicolo elettronico del lavoratore, istituito dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2015, che conti ene l e i nformazi oni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche e ai versamenti contributivi ai fini della fruizione di ammortizzatori sociali. Il fascicolo è liberamente accessibile, a titolo gratuito, mediante metodi di lettura telema t ica, da parte de i si ngol i sogge tt i interessati.
L’attuale definizione di apprendistato ha mantenuto la formula del Testo Unico, in particolare per ciò che concerne, la natura: ‘contratto di lavoro a tempo indeterminato’ e la duplice finalità, ossia la formazione e l’occupazione dei giovani100.
Peraltro, come è già stato sottolineato nelle parti precedenti di questo rapporto, la disciplina normativa di tale contratto risale nel tempo e, più precisamente, alla L. n. 55/1955 (e relativo regolamento di esecuzione, il D.P.R.
n. 1618/1956) che ha rappresentato, in confronto al precedente R.D.L. n.
1906/1938 sulla stessa disciplina, una puntualizzazione in senso evolutivo della natura dell'istituto.
Del resto, già nel Codice Civile, artt. 2130-2134, si trova un riferimento
all’apprendistato, denominato ‘tirocinio’. Si tenga altresì presente come la definizione della figura dell’apprendista debba essere fatta risalire al sistema corporativo medievale e come già da allora essa sia stata caratterizzata da un nesso indissolubile tra lavoro e formazione101. In uno dei primi studi 102 inerenti all’analisi normativa degli istituti di diritto del lavoro, a finalità formativa, si era evidenziato come l’insegnamento professionale di cui si avvaleva il lavoratore apprendista per diventare lavoratore qualificato, costituisse elemento essenziale del rapporto. Infatti, nella definizione contenuta nella legge del 1955 l’apprendistato era stato qualificato come un rapporto di lavoro ‘speciale’103 perché, oltre all’ordinario scambio tra attività del lavoratore e retribuzione, scambio che sta alla base di un ordinario rapporto di lavoro, prevedeva un elemento aggiuntivo: lo scambio tra lavoro retribuito e addestramento
100 La Corte di Cassazione Sez. Lavoro, nella sentenza n. 5375 del 7 marzo 2018, ha richiamatoil principio generale per il quale il contratto di apprendistato deve prevedere un’attività di insegnamento da par te del datore di lavoro, oltre allo svolgimento delle mansioni tipiche del profi lo profe ssionale , data l a natura a causa mista con finalità formative (consistente appunto nello scambio del l’ addestrame nto professionale con la prestazione di lavoro) del contratto di apprendistato.
101 In tal senso, tra gli altri, Varesi (2017). Con riferimento all’evoluzione nel corso dei secoli dell’istitu to contrattuale, l’autore sostiene che “se la finalità principale è rimasta inalterata, sono profondamente mutate nel corso dei secoli, in raccordo con l’evoluzione della legi sl azione soc ial e e del l avoro, l e disposizioni che regolano il contratto di lavoro ed in particolare l’intreccio tra formazione e lavoro”.
102 In tal senso, tra gli altri, Occhiocupo (2001).
103 Sulla natura ‘speciale’ del rapporto si rinvia alla sentenza della Corte Costi tuzi onale n. 1 4 /19 70, richiamata, tra gli altri, da Xxxxxxxxxxx (2019).
impartito o fatto impartire dall’imprenditore all’apprendista assunto e finalizzato all’acquisizione della professionalità necessaria per immettersi nel mondo del lavoro. Un rapporto di lavoro complesso, caratterizzato da elementi che, componendosi, non perdono la loro individualità104..
La legge del 1955 è però da collocarsi in un contesto costituzionale antecedente alla riforma del 2001105 che ha ridisegnato l’attribuzione di competenze tra Stato e Regioni.
Nella nuova cornice costituzionale così delineata sono state emanate le normative nazionali di riforma dell’apprendistato citate nelle sezioni precedenti.
In particolare, il Jobs Act, anche al fine di favorire il ricorso a questo istituto contrattuale, ha inteso realizzare un sistema duale di apprendimento che integri istruzione, formazione e lavoro, soprattutto per quanto riguarda le due tipologie di apprendistato finalizzate all’ottenimento di un titolo di studio di livello secondario o terziario. La costruzione di un tale sistema richiede però la leale collaborazione106 tra Stato, Regioni e Province autonome e autonomie locali, oltreché un forte raccordo tra datori di lavoro e istituzioni formative, dato che ci si trova in presenza di una duplice particolarità: un’inevitabile ‘interferenza di materie’ ed una ‘concorrenza di competenze’. Attualmente, la collaborazione istituzionale si concretizza nelle sedi istituzionali preposte, quali la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Unificata. Peraltro, i rapporti istituzionali tra Stato, Regioni e Province autonome, anche nelle materie che contraddistinguono le diverse tipologie del contratto di apprendistato, sono stati caratterizzati da una stagione di ricorsi per conflitto di attribuzione, sollevati davanti alla Corte Costituzionale. La Corte, infatti, dal 2001 è stata chiamata a dirimere questioni interpretative, in merito alla regolazione del riparto di competenze tra Stato e Regioni e ai non ancora risolti problemi applicativi generati dalla revisione costituzionale del 2001107.
Dalla lettura di alcune delle più significative pronunce della giurisprudenza costituzionale si possono quindi ricavare elementi utili a comprendere le
104 In tal senso, già, la Sentenza della Corte Costituzionale n. 14/1970 op.cit.
105 Vent’anni fa è infatti intervenuta l’ormai nota legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3-Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione-che ha apportato revisioni alla parte della Carta costituzionale dedicata a Regioni, Province e Comuni.
106 In merito, tra gli altri, Xxxxxxxxxx (2005).
107 In merito, anche la ‘Relazione sull’attività della Corte Costituzionale nel 2020’ presentata il 13 maggio 2021
(Corte Costituzionale 2021).
principali questioni giuridico-istituzionali che hanno influenzato e che tuttora hanno un peso nella messa a punto delle policy e nella regolamentazione nazionale e regionale delle materie che caratterizzano il contratto di apprendistato: istruzione, formazione professionale e lavoro.
Per quanto riguarda la materia dell’istruzione, occorre fare riferimento ad una pluralità di competenze contenute nell’art. 117 della Costituzione.
In sintesi, nella carta costituzionale, a fronte di una competenza concorrente
regionale (art. 117, comma 3), che comunque fa salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, è stata mantenuta una potestà legislativa statale per tre ordini di interventi: norme generali sull’istruzione, livelli essenziali delle prestazioni108 e principi fondamentali in materia di istruzione.
La materia dell’istruzione e formazione professionale è stata rimessa alla competenza piena delle Regioni (art. 117, comma 3), salva la determinazione statale – oltre che di eventuali norme generali in materia (ad es. per il riconoscimento nazionale dei titoli) – dei livelli essenziali delle prestazioni109. Da quanto appena esposto, appare con evidenza la complessità di governo del sistema formativo che vede come soggetti protagonisti, a vario titolo, lo Stato, le Regioni e Province autonome, unitamente alle parti sociali110..
All’importanza del ruolo delle parti sociali nella gestione degli strumenti che compongono il sistema formativo fa riferimento anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 176/2010 che, pronunciandosi su questioni sollevate dalle Regioni in materia di contratto di apprendistato, ha affermato come, in caso di formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante debbano essere ‘rimessi ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali’. Peraltro, la stessa sentenza ha precisato come la disciplina dei profili formativi dell’apprendistato non possa essere rimessa
108 In materia, tra gli altri, D'Xxxxx (2003) ed ivi ampi riferimenti dottrinali.
109 Per una ricostruzione del quadro ordinamentale e legislativo inerente alla materia dell’istruzione, si rimanda alla nota sentenza n. 200/2009 della Corte Costituzionale che, pronunciandosi su questi oni di costituzionalità sollevate da alcune Regioni in ordine all’art. 64 del D.L. n.112/2008, convertito con l a L .
n. 133/2008, recante norme sull’organizzazione scolastica, ha individuato le linee di demarcazione tra le ‘norme generali’ e i ‘principi fondamentali’ dell’istruzione, confermando come le prime siano espressive di competenza legislativa esclusiva dello Stato e i secondi di competenza statale, ma nel quadro di una competenza concorrente con quella regionale.
110 In merito, tra gli altri, Xxxxxxxxxx (2011).
‘integralmente’ ai contratti collettivi, poiché in essa si incrociano più materie e quindi più competenze, statali e regionali.
In ogni caso, le norme contenute nella Carta costituzionale in materia di istruzione, così come avvalorato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 13 gennaio 2004111, hanno comportato un ruolo di maggior rilievo per le Regioni, gli Enti locali e le istituzioni scolastiche. In particolare, nella pronuncia della Corte, facendo riferimento al ‘complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche’, si è configurata come certa la competenza legislativa regionale anche nell’ambito della programmazione della rete scolastica.
La materia del lavoro, in base ad un delicato processo interpretativo di giurisprudenza e dottrina, viene attribuita alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, con riguardo alla formula ‘tutela e sicurezza del lavoro’ (art. 117, comma 3) e all’esclusiva competenza statale, con riferimento all’ ‘ordinamento civile’ (art. 117, comma 2), relativamente ai profili privatistici e, in particolare, ai contratti di lavoro.
Peraltro, il processo innescato dalla riforma del 2001, ha fatto sì che anche i legislatori regionali dessero effettività alla competenza legislativa loro attribuita tramite l’emanazione di atti normativi di riordino o revisione dei rispettivi sistemi formativi e del lavoro112.
Tra le varie pronunce della Corte Costituzionale che si sono susseguite per dirimere questioni relative a settori caratterizzati da una oggettiva ‘concorrenza di competenze’, quali quello delle politiche formative e del lavoro, occorre segnalare la ormai ‘storica’ sentenza n. 50/2005.
Si tratta di una sentenza significativa, con la quale la Corte ha focalizzato la propria attenzione sulla definizione degli ambiti di riferimento di alcune materie, tra le quali: la formazione professionale (di competenza esclusiva regionale), la ‘tutela e sicurezza del lavoro’, in cui deve essere inserita la disciplina dei servizi per l’impiego (di competenza concorrente Stato-Regioni), e l’ordinamento civile’ (di esclusiva competenza statale).
Per ciò che concerne specificamente la formazione professionale in apprendistato, la Corte, pur ribadendo la competenza esclusiva delle Regioni,
111 Tra gli altri, Poggi (2004).
112 In particolare, la Toscana è stata la prima ad aver approvato una legge, la n.32/2002, di revisione de l proprio sistema educativo, formativo e del lavoro.
ha distinto da essa la formazione aziendale, ossia quella somministrata dai datori di lavoro ai propri dipendenti in ambito aziendale. Per essa, in quanto rientrante nel ‘sinallagma contrattuale’ (ossia nello stesso contratto di apprendistato), la Corte ha invocato la competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto la valorizzazione dell’attività formativa svolta in azienda, anche nella prospettiva di ‘una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi dell’istruzione e della formazione’, rappresenta un principio di carattere generale estraneo alla competenza esclusiva regionale e, come tale, rientrante nella materia dell’ ‘ordinamento civile’.
In particolare, la Corte, con riferimento alla determinazione dei profili formativi del contratto di apprendistato, nella previsione dell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003 (abrogato dal D.Lgs. n. 167/2011), ha invocato il ricorso al principio della ‘leale collaborazione tra Stato e Regioni’ (pt. 16 di dir.). Un principio, quest’ultimo, che è stato richiamato anche in altre pronunce della Corte, tra le quali la sentenza n. 384/2005.
La sentenza del 2005 ha sostenuto come il contratto di apprendistato, comportando sia la formazione interna all’azienda (la cui disciplina rientra nella competenza statale) sia la formazione esterna, finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale (la cui regolamentazione spetta invece alla competenza regionale), sia caratterizzato da una ‘commistione di materie’ tale per cui, la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato da parte delle Regioni, d’intesa con i Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, non solo non lede le competenze regionali, ma, al contrario, costituisce ‘una corretta applicazione del principio di leale collaborazione’.
Del resto, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni è stato invocato dalla Corte Costituzionale in occasioni e tempi diversi. Peraltro, si è da più parti rilevata113 la ridotta operatività di tale principio sul piano legislativo, essendo stato sollevato anche dalla stessa Corte il problema della sua non vincolatività nel procedimento di formazione delle leggi.
113 In merito, tra gli altri, Xxxxxxx (2013).
Tuttavia, nel contesto di un sistema formativo caratterizzato da una governance multilivello in cui si ravvisano interferenze114 tra le competenze legislative relative all’attività formativa, cosiddetta aziendale (che spetta allo Stato e per la quale le Regioni hanno un ruolo di stimolo e di controllo) e quelle inerenti alla formazione professionale, cosiddetta extra aziendale o pubblica (che spetta in via esclusiva alle Regioni), oltreché una differenziazione tra le relative fonti di finanziamento, si sottolinea come una legislazione ed una regolamentazione, frutto della leale collaborazione tra i livelli istituzionali di governo e della più ampia convergenza tra i diversi attori sociali, porterebbe ad un duplice vantaggio. Da un lato, renderebbe più coerente il livello decisionale con la dimensione dei mercati nell’era della globalizzazione e con le conseguenti necessità di regolamentazione e, dall’altro, arrecherebbe indubbi vantaggi anche ai destinatari finali – giovani e adulti – che potrebbero ricavarne benefici sia in termini di acquisizione di conoscenze e di competenze professionali sia di accesso e miglioramento delle proprie condizioni di lavoro.
2.3 La forma del contratto e il piano formativo individuale
Il X.Xxx. n. 81/2015, all’art. 42, comma 1, stabilisce che “il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della prova”. La forma scritta del contratto di apprendistato è dunque, richiesta ad probationem e non come requisito di validità del contratto. Sul punto, la dottrina ha evidenziato che “la scelta operata dal Jobs Act di prevedere che la forma scritta del contratto di apprendistato sia richiesta ai soli fini della prova risponde all’intenzione di rendere più flessibile la disciplina dell’istituto, introducendo una semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”115.
Il legislatore del Jobs Act, in continuità con il D.L. n. 34/2014 (c.d. Decreto
Xxxxxxx) nell’ottica della semplificazione degli adempimenti burocratici a carico delle imprese, ha stabilito che il piano formativo individuale possa essere definito in forma sintetica anche sulla base di moduli e formulari previsti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali (art. 42, comma 1). Il piano formativo individuale (PFI) è parte integrante del contratto di apprendistato e
114 Sull’interferenza di competenze tra Stato e Regioni in materia di formazi one azi endal e e d extra aziendale, si veda, tra le altre, la sentenza n. 176/2010 della Corte Costituzionale citata nel testo.
115 In merito, si veda Brisciani e Xx Xxxxxx (2016).
deve essere redatto in forma scritta a fini probatori. Dall’analisi della norma si evince che il piano formativo individuale non debba più essere definito entro 30 giorni dalla stipula del contratto, come aveva previsto il Testo Unico del 2011, ma vada compilato contestualmente all’assunzione del lavoratore con un contratto di apprendistato.
Al riguardo la dottrina ha sottolineato che “l’inclusione del piano formativo individuale nel contratto di apprendistato sembrerebbe determinare una sottovalutazione di tale piano come riferimento e metro di misura dell’impegno formativo del datore di lavoro, privando così il datore di lavoro di quel mese di tempo che, nella disciplina previgente, poteva utilizzare per farlo redigere dagli Enti formativi cui aveva iscritto l’apprendista”116.
Il datore di lavoro che intende assumere un apprendista deve stipulare e sottoscrivere il contratto di lavoro, che contiene il piano formativo individuale, e inviare la comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego competente (modello UniLaV)117. Il piano formativo individuale deve indicare in forma esplicita il percorso formativo finalizzato all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche richieste da ciascuna qualifica professionale. Tale piano è particolarmente importante, perché su di esso si misura la peculiarità del contratto di apprendistato e, quindi, la possibilità, da parte del lavoratore, di comprendere la differenza tra un contratto di lavoro ordinario e quello di apprendistato. Ed è proprio in ragione della sua importanza che l’art. 42, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 ha previsto l’adozione della forma scritta per il piano formativo individuale, anche se ne è ammessa la redazione “in forma sintetica anche sulla base di moduli e formulari previsti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali”. Di conseguenza, in assenza del piano formativo, il contratto di apprendistato è invalido e si converte in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto118. La Circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 18 del 30 giugno 2014 ha chiarito che, conformemente a quanto previsto nelle ‘Linee guida sull’apprendistato professionalizzante’ del 20 febbraio 2014 il piano formativo individuale possa limitarsi a contenere la sola formazione finalizzata all’acquisizione delle
116 Sul punto si veda Carinci (2015).
117 Il modello ‘UniLaV’ è il modulo mediante il quale i datori di lavoro adempiono, direttamente o tramite i soggetti abilitati, all'obbligo di comunicazione relativo alla instaurazione del rapporto di lavoro.
118 Cfr. Tribunale Milano sez. lav., 26 luglio 2018, n. 2146.
competenze tecnico-professionali e specialistiche sul rispetto dei cui contenuti si concentra l’attività di vigilanza esercitata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL).
Il X.Xxx. n. 81/2015 ha previsto, inoltre, che, nel caso di apprendistato di primo e terzo livello, la compilazione del piano formativo spetti all’istituzione formativa di provenienza dello studente, con il coinvolgimento dell’impresa (art. 42, comma 1). In merito, la dottrina ha osservato che “l’attività di coordinamento tra l’istituzione formativa e l’impresa nella definizione del piano formativo dell’apprendistato di primo e terzo livello è la chiave per la migliore riuscita del contenuto formativo del contratto, dal momento che solo attraverso di esso è possibile realizzare quelle sinergie che rendono interessante il contratto di apprendistato e sulle quali risiede il vero elemento caratterizzante del c.d. modello duale”119.
Per quanto riguarda l’apprendistato di terzo livello, la disposizione normativa ha stabilito che la redazione del piano formativo individuale, in cui vengono indicati i soggetti coinvolti, gli interventi formativi (interni ed esterni all’azienda) e le modalità di erogazione degli stessi, sia a cura dell’Istituzione formativa, con il coinvolgimento del datore di lavoro. La dottrina, inoltre, ha sottolineato che “è condivisibile la scelta di affidare all’istituzione formativa il compito di declinare il percorso formativo dell’apprendista in quanto soggetto idoneo a contemperare, da un lato, il diritto dell’apprendista a ricevere una formazione adeguata al titolo di studio o professionale che si appresta a conseguire e, dall’altro, l’esigenza dell’impresa a che l’apprendista riceva una formazione aderente il più possibile al settore per il quale è stato assunto”120.
2.4 L’inquadramento professionale e la retribuzione dell’apprendista
La riforma del Jobs Act ha confermato il sistema del ‘sotto-inquadramento’ dell’apprendista, già previsto dal Testo Unico dell’Apprendistato. L’art. 42, comma 5, lett. b. del D.Lgs. n. 81/2015, infatti, prevede “la possibilità di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in
119 In merito si veda Brisciani e Xx Xxxxxx (2016).
120 Così, Xxxxxxx et al. (2015).
applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto”. Ne consegue l’attribuzione alla contrattazione collettiva della facoltà di definire i livelli di inquadramento professionale, i passaggi di livello e i conseguenti trattamenti economici spettanti all’apprendista, in base alla categoria di inquadramento. Una conferma di tale previsione va rinvenuta nella Circolare n. 30 del 15 Luglio 2005 con la quale il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha precisato che “unitamente al livello di inquadramento iniziale dell’apprendista, spetta alla contrattazione collettiva nazionale stabilire la progressiva elevazione del livello di inquadramento, con riferimento al maturare dell'anzianità dell'apprendista”. Con riferimento alle modalità di calcolo della retribuzione dell’apprendista, vale la pena evidenziare che il legislatore del Jobs Act, in linea di continuità con il Testo Unico del 2011, ha previsto in alternativa al ‘sottoinquadramento’121 la
c.d. ‘percentualizzazione’ della retribuzione122. In particolare, il D.Lgs. n. 81/2015 all’art. 42, comma 5, lett. b, prevede la possibilità di definire la retribuzione dell’apprendista ‘in misura percentuale’ e ‘proporzionale’ all’anzianità di servizio, in ragione del presumibile miglioramento della prestazione lavorativa.
Come evidenziato nel XIX Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato dell’Inapp, numerosi contratti collettivi hanno stabilito, per quanto riguarda il metodo di calcolo della retribuzione, quote percentuali che possono essere associate in modo diverso in base ad alcune variabili, quali: la tipologia di apprendistato, la durata, il periodo (annualità e/o mensilità), i livelli di inquadramento. Le percentuali fissate nei CCNL presentano una grande variabilità che va da un minimo del 50-60%, nelle prime annualità o periodi, ad un massimo del 90-100% nelle ultime annualità (Inapp e Inps 2021).
In materia di retribuzione, l’art. 42, comma 5, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2015 ha confermato per tutte le tipologie di apprendistato il divieto del cottimo, già presente nella disciplina del Codice Civile ex art. 2131123, poiché tale forma di compenso, imponendo un determinato ritmo di lavoro ed essendo ancorata a
121 Nel caso di sottoinquadramento l’apprendista percepisce una retribuzione commisurata al livel lo di inquadramento generalmente di progressiva elevazione con il passare del tempo.
122 In proposito, si veda Facello e Xxxxxx (2014).
123 L’art. 2131 del c.c. stabilisce: “La retribuzione dell’apprendista non può assumere la forma del salario a cottimo”.
criteri di produttività, ostacolerebbe la piena realizzazione della funzione formativa del contratto. Con riferimento alla retribuzione per festività, ferie e gratifica natalizia, la norma ha previsto l’applicazione dei criteri in essere per la generalità dei lavoratori.
Secondo la giurisprudenza l’apprendista non può svolgere lavoro ‘straordinario’ dato il carattere ‘ausiliario’ della prestazione lavorativa resa. Ne consegue che lo svolgimento regolare di lavoro straordinario comporta la trasformazione del contratto di apprendistato in ordinario rapporto di lavoro subordinato124.
Nell’apprendistato di primo e terzo livello, in considerazione della marcatafunzione formativa del rapporto di lavoro e dell’esigenza di incentivare l’utilizzo di tali tipologie contrattuali da parte delle aziende, la normativa vigente prevede l’esonero per il datore di lavoro da ogni obbligo retributivo per le ore di formazione svolte nell’istituzione formativa, mentre per ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe dovuta, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (art. 43, comma 7 e art. 45, comma 3).
2.5 Limiti numerici di assunzione e clausole di stabilizzazione
In base alla normativa vigente, gli apprendisti possono essere assunti in via diretta, o tramite agenzie di somministrazione di lavoro, ma soltanto nell’ambito di una somministrazione a tempo indeterminato (art. 42, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015).
Il contratto di apprendistato, essendo soggetto ad incentivi pubblici, è soggetto a limiti quantitativi. Con riferimento ai limiti numerici di assunzione degli apprendisti il legislatore del Jobs Act, confermando l’impianto normativo dell’abrogato Testo Unico del 2011 ha disposto che “il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente tramite agenzie di somministrazione autorizzate, non può superare il rapporto di 3 a 2, rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro” (art. 42, comma 7). Tale norma ha specificato che “tale rapporto non possa superare il 100% per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità”. Inoltre, ha
124 Cfr. Tribunale Monza 28 luglio 2004.
precisato che “il datore di lavoro che non ha dipendenti qualificati o specializzati, o ne ha al massimo 2 può assumere sino a 3 apprendisti”.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con la Circolare n. 5 del 21 gennaio 2013, ha chiarito che “per maestranze specializzate devono intendersi i soci o i coadiuvanti familiari che prestano attività con carattere di continuità e abitualità a condizione che abbiano adeguate competenze accertate dagli ispettori in base a parametri certi”.
Al fine di promuovere il ricorso al contratto di apprendistato, il D.Lgs. n. 81/2015 ha stabilito che gli apprendisti siano esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi o contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti, fatte salve le diverse previsioni di legge o di contratto collettivo (art. 47, comma 3). Ne consegue che gli apprendisti non vengono computati nell’organico aziendale, a meno che non lo preveda espressamente una norma di legge o una disposizione contrattuale.
Va evidenziato che per le imprese artigiane non vale la disposizione contenuta nell'art. 42, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2015 e, pertanto, per i criteri di computo dei dipendenti e degli apprendisti si applicano le regole speciali previste dall’art. 4 della L. n. 443/1985.
Occorre, comunque, tenere conto che, ai fini della classificazione dell’impresa artigiana sulla base del numero dei dipendenti, non devono essere computati gli apprendisti che hanno conseguito la qualifica cui era finalizzata la formazione (e sono stati confermati in servizio) nel biennio precedente.
Per quanto riguarda gli obblighi di stabilizzazione il legislatore del Jobs Act ha ribadito le condizioni dettate dalla L. n. 78/2014 per l’assunzione di nuovi apprendisti, limitando l’ambito di applicazione all’apprendistato professionalizzante. La clausola di stabilizzazione prevista dalla L. n. 92/2012 (c.d. Riforma Xxxxxxx) obbligava il datore di lavoro interessato ad assumere nuovi apprendisti e a far proseguire a tempo indeterminato almeno il 50% dei rapporti di lavoro intercorsi nei 36 mesi precedenti. La L. n. 78/2014 ha ridotto i vincoli di stabilizzazione introdotti dalla L. n. 92/2012 prevedendo l’obbligo per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, di stabilizzare almeno il 20% degli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, fatte salve le differenti previsioni della contrattazionecollettiva.
Il X.Xxx. n. 81/2015 all’art. 42, comma 8, confermando la precedente disciplina introdotta dalla L. n. 78/2014, ha stabilito che “ferma restando la possibilità per i contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative di individuare limiti diversi, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante, è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, restando esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, dimissioni o licenziamento per giusta causa”.
Come evidenziato nel XIX Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato dell’Inapp, numerosi contratti collettivi non hanno stabilito scostamenti significativi dalle percentuali di stabilizzazione fissate nella normativa vigente, che prevedono per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, l’obbligo di assumere il 20% degli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante (Inapp e Inps 2021).
2.6 La disciplina del recesso nel contratto di apprendistato
La disciplina del recesso nel contratto di apprendistato presenta alcune peculiarità. Infatti, occorre evidenziare che la particolarità del contratto di apprendistato, rispetto ad un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a cui si applica a partire dal 7 marzo 2015 la disciplina del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (CATUC)125, consiste nella facoltà di recesso riconosciuta al datore di lavoro al termine del periodo formativo.
Ferma restando la possibilità del recesso ad nutum durante il periodo di prova, è necessario distinguere la disciplina del recesso durante il periodo formativo da quella prevista al termine del periodo di formazione126. La nuova disciplina nazionale ha confermato il divieto di recesso dal rapporto di apprendistato durante il periodo formativo. Ne consegue, secondo la giurisprudenza127, l’inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento
125 Per approfondimenti in merito al rapporto tra il contratto di apprendistato e il contratto di l avoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (CATUC) si veda Xxxxxxx (2016).
126 Sul punto, si veda Xxxxxxx (2014).
127 Cfr. Cass. Civ. sez. lav. n. 20394/18.
intervenuto nel corso del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a tempo determinato.
Per quanto riguarda la disciplina del licenziamento in costanza di apprendistato, il legislatore ha riaffermato l’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo nel corso del contratto a tempo indeterminato (art. 42, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015). Come è noto, il datore di lavoro può recedere per giusta causa, ai sensi dell’art. 2119 c.c., o giustificato motivo ai sensi dell’art. 3 L. 15 luglio 1966, n. 604128. Il licenziamento è nullo se intimato per motivi discriminatori o per altre cause di nullità previste dalla legge oppure se intimato in forma orale129. Per quanto riguarda l’apprendistato di primo livello la novità introdotta dal D.Lgs. n. 81/2015 concerne la possibilità di licenziare l’apprendista per giustificato motivo nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi formativi sulla base di quanto attestato dall’istituzione formativa (art. 42, comma 3). Sul punto, la dottrina ha osservato che “si tratta di un’ipotesi di giustificato motivo di licenziamento che opera già nel corso del contratto di apprendistato e che consente al datore di lavoro di recedere in caso di c.d. bocciatura”130.
La Corte di Cassazione131 si è pronunciata di recente sulla disciplina del licenziamento nel contratto di apprendistato precisando che al rapporto di apprendistato si applicano le garanzie procedimentali dettate dall'art. 7, L. 20 maggio 1970 n. 300132, in ipotesi di licenziamento disciplinare nel quale il datore di lavoro addebita all'apprendista un comportamento negligente ovvero in senso lato colpevole.
Al termine del periodo di apprendistato entrambi i contraenti possono recedere dal contratto, ai sensi dell’art. 2118 c.c., con preavviso decorrente dal termine indicato nel contratto collettivo applicato133 (art. 42, comma 4, D.lgs. n.
128 L. 15 Xxxxxx 1966, n. 604- Norme sui licenziamenti individuali.
129 In merito si veda Carinci e Tursi (2015).
130 In tal senso, Brisciani e Xx Xxxxxx (2016).
131 Cfr. Cass. Civ. Sez. Lav. 3 febbraio 2020 n.2365. La Corte ha cassato con rinvio la sentenza di me ri to che aveva ritenuto superflua l’applicazione delle garanzie procedimentali all’apprendistato, be nché i l recesso datoriale fosse motivato da numerose lamentele dei clienti e dunque da comportamento negligente e dunque colpevole dell’apprendista.
132 L. 20 maggio 1970, n. 300-Norme sulla tutela della libertà e dignità dei l avoratori, del la l ibertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (c.d. Statuto dei lavoratori).
133 Cfr. Cass. civ., sez. lav., 19 settembre 2016, n. 18309.
81/2015). Si tratta di un recesso libero ad nutum senza motivazione134. Sul punto, la dottrina ha precisato che “qualora il datore di lavoro non eserciti la facoltà di disdetta alla scadenza del periodo formativo, il rapporto si trasforma automaticamente da rapporto di lavoro ‘speciale’ in contratto di lavoro ‘standard’ (contratto di lavoro a tempo indeterminato) portando all’assunzione stabile dell’apprendista”135. La disdetta deve essere comunicata in forma scritta e deve essere comunicata prima che sia scaduto il termine di preavviso previsto dal contratto collettivo applicato. Durante il periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Pertanto, in tale periodo la retribuzione è calcolata in base al criterio del ‘sottoinquadramento’ o in alternativa della ‘percentualizzazione’ della retribuzione, sulla base di quanto previsto dall’art. 42, comma 5, lett. b, D.Lgs. n. 81/2015.
Come già anticipato, qualora nessuna delle parti eserciti la facoltà di recesso al termine del periodo formativo il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 42, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015). Si assiste, pertanto, nel caso di conferma in servizio dell’apprendista, al ‘consolidamento’ del rapporto di lavoro, che prosegue come un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, perdendo i caratteri di specialità che caratterizzano il periodo formativo136.
Vale la pena evidenziare che la disciplina relativa ai licenziamenti illegittimi introdotta dal X.Xxx. n. 23/2015 si applica anche ai contratti di apprendistato convertiti in contratti a tempo indeterminato successivamente al 7 marzo 2015 (art. 1, comma 2)137. La dottrina138 ha sottolineato l’improprietà della terminologia usata dal D.Lgs. n. 23/2015 che rinvia alla figura della conversione, senza tenere conto che l’apprendistato è già definito dal D.Lgs. n. 81/2015 un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
134 In merito, si veda Del Punta (2019) il quale sostiene che “il datore di l avoro che r it ie ne d i non confermare l’apprendista può licenziarlo al termine dell’apprendistato, senza dover motivare e giustificare tale licenziamento. È un licenziamento ad nutum che si innesta i n un rapporto a te mpo indeterminato altrimenti assoggettato, prima e dopo quel momento alla disciplina limitativa comune”. 135 In tal senso si rinvia a Xxxxxxxx (2016).
136 In tal senso Cauduro (2016).
137 L’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n.23/2015 stabilisce: “Le disposizioni del presente decreto si appl icano anche nei casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del presente decreto di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato”.
138 In merito, si veda Xxxxxxx (2016).
Vale la pena segnalare che, a seguito dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, il D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia)139, ha previsto, all’art. 46, il divieto di procedere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/1966 nel periodo compreso dal 17 marzo 2020 al 15 maggio 2020. Si evidenzia come la logica sottesa al blocco dei licenziamenti, risieda nel fatto che le ragioni economiche e organizzative dei licenziamenti non siano state dettate dalle ordinarie logiche di mercato, ma da una emergenza sanitaria nazionale, che ha reso necessaria la chiusura delle attività commerciali e delle attività produttive definite non essenziali da parte del Governo140.
Peraltro, stante la prosecuzione della fase emergenziale da Covid-19, tale termine è stato prorogato da due successivi provvedimenti, il D.L. 19 maggio 2020, n. 34141 (c.d. Decreto Rilancio) e il D.L. 14 agosto 2020, n. 104142 (c.d. Decreto Agosto). Infatti, l'articolo 80 del D.L. n. 34/2020 ha modificato l'art. 46 del D.L. n. 18/2020, prorogando fino al 17 agosto 2020 il divieto di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ex art. 3, L. n. 604/1966 ed il divieto di avviare procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24 L. 23 luglio 1991, n. 223143. Sono stati esclusi dal divieto, di cui all’art. 80 del D.L. n. 34/2020, i licenziamenti individuali intimati agli apprendisti al termine del periodo di apprendistato, in quanto la norma ha disposto che, all’esito di tale periodo, il datore di lavoro possa recedere ad nutum dal rapporto (art. 42, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015). Viceversa, secondo quanto previsto dall’art. 80 del Decreto Rilancio, il datore di lavoro non può licenziare l'apprendista per giustificato motivo oggettivo durante l'apprendistato in quanto gli apprendisti sono equiparati ai lavoratori a tempo indeterminato ai sensi dell'art. 41, D.Lgs. n. 81/2015.
L’art. 14 del D.L. n. 104/2020 ha disposto la proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo
139 D.L. 17 marzo 2020, n.18- Misure di potenziamento del servizio sanitario nazional e e di soste gno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19.
140 In merito alla sospensione delle procedure di licenziamento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, si veda Xxxxxxxx e Piglialarmi (2020).
141 D.L. 19 maggio 2020, n. 34-Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e al l’ economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19.
142 D.L. 14 agosto 2020, n. 104-Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia.
143 L. 23 luglio 1991, n. 223-Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.
senza l’indicazione di un termine certo, ancorando tale termine alla “integrale fruizione dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19” (art. 14, comma 1).
Successivamente, il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137144 (c.d. Decreto Ristori) ha prorogato il blocco delle procedure di licenziamento collettivo e individuale, nonché la facoltà di recesso da parte del datore di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/1966 fino al 31 gennaio 2021 (art. 12, commi 9 e 10). Termine che è stato ulteriormente prorogato fino al 31 marzo 2021 dalla L. 30 dicembre 2020 n. 178145 (Legge di Bilancio 2021).
Il D.L. 22 marzo 2021, n. 41146 (c.d. Decreto Sostegni) ha prorogato il blocco dei licenziamenti individuali e collettivi per giustificato motivo oggettivo, per tutti i datori di lavoro privati fino al 30 giugno 2021 (art. 8, comma 9). Infine, il D.L. n. 41/2021 ha prorogato il blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, dal 1° luglio al 31° ottobre 2021, per i datori di lavoro che hanno sospeso o ridotto l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19, destinatari della Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD), dell’Assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (FIS) e della Cassa integrazione speciale operai agricolo (CISOA) (art. 8, comma 10).
2.7 La durata della formazione in apprendistato e le cause sospensive del rapporto di lavoro
Il contratto di apprendistato, pur essendo un contratto a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 41, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2015, ha una durata del periodo formativo fissata, nei termini minimi e massimi, dal legislatore o dalla contrattazione collettiva. La disciplina vigente, infatti, prevede una durata minima del contratto di apprendistato di sei mesi, salvo le attività stagionali (l’art. 42, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2015). Sul punto, la dottrina147 ha sottolineato che “il termine di durata minima del periodo di apprendistato è
144 D.L. 28 ottobre 2020, n. 137-Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della sal ute, sost egno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19.
145 L. 30 dicembre 2020, n. 178-Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bil ancio pluriennale per il triennio 2021-2023.
146 D.L. 22 marzo 2021, n. 41-Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da Covid-19.
147 In tal senso, Xxxxxxxx (2001).
necessario in quanto altrimenti non si realizzerebbe la finalità formativa del contratto”.
La durata massima del periodo formativo, che delimita temporalmente il periodo di apprendistato, affinché il giovane non permanga sine die in un contesto lavorativo in formazione percependo di fatto una retribuzione ridotta, va considerata un elemento di flessibilità del rapporto di lavoro, vista la peculiare disciplina del recesso ad esso collegata. La durata massima varia in base alla tipologia di apprendistato. Per il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore la durata del periodo di apprendistato è determinata in considerazione della qualifica e del diploma da conseguire e non può in ogni caso essere superiore a tre anni o a quattro anni nel caso di diploma professionale quadriennale (art. 43, comma 2). Per il contratto di apprendistato professionalizzante la durata del periodo di apprendistato è rimessa agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi con un limite massimo di tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento (art. 44, comma 2). Per il contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca la regolamentazione della durata del periodo di apprendistato è rimessa alle Regioni e Province autonome per i profili formativi, sentite le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori, le Università, gli Istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative e di ricerca (art. 45, comma 4).
Connesso al tema della durata del periodo di formazione è quello relativo al contratto di apprendistato a tempo determinato per attività stagionali. L’art. 43, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2015 prevede espressamente la possibilità di stipulare un contratto di apprendistato di primo livello anche a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali. Con riferimento all’apprendistato professionalizzante per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali resta in vigore il rinvio ai contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentat ive sul piano nazionale, che possono prevederespecifichemodalità di svolgimento del contratto di apprendistato anche a tempo determinato (art. 44, comma 5).
La normativa vigente dispone che il periodo di apprendistato possa essere prolungato in caso di malattia, infortunio, o altra causa di sospensione involontaria del lavoro di durata superiore a 30 giorni (art. 42, comma 5, lett.
g). Infatti, la disciplina legale dell’apprendistato implica che il percorso di apprendimento professionale e di qualificazione sia effettivo e non meramente formale. Pertanto, le interruzioni dal lavoro di durata inferiore a 30 giorni sono ininfluenti rispetto al computo dell’apprendistato, perché di fatto irrilevanti rispetto al pregiudizio dell’addestramento148. Secondo la giurisprudenza, laddove il periodo di sospensione dal lavoro sia superiore a 30 giorni il termine finale del contratto di apprendistato può essere prorogato per la durata del periodo di sospensione stessa nei casi disciplinati dal contratto collettivo applicato dalla singola impresa149. In tale caso, il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare in forma scritta al lavoratore, prima della scadenza, lo spostamento del termine finale, spiegando le ragioni e indicando la nuova scadenza o il periodo di apprendistato che deve essere detratto.
La Corte Costituzionale già nel 1993 aveva ammesso che il termine dovesse essere sospeso o differito in tutti i casi in cui si fossero verificati fatti oggettivamente impeditivi della formazione professionale che, mentre non producono un automatico effetto estintivo del rapporto, ne devono consentire la proroga, per un periodo pari a quello della sospensione, ai fini del completamento della formazione150.
Il X.Xxx. n. 81/2015, art. 43, comma 4 e il D.I. 12 ottobre 2015, art. 4, comma 2, hanno previsto, inoltre, che la durata del contratto di apprendistato di primo livello possa essere prorogata fino ad un anno, per iscritto e previo aggiornamento del piano formativo individuale, nel caso in cui al termine dei percorsi l’apprendista non abbia conseguito la qualifica, il diploma, il certificato di specializzazione tecnica superiore o il diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.
2.8 Gli obblighi formativi, il tutor aziendale e il sistema sanzionatorio
Il contratto di apprendistato è essenzialmente volto a consentire il conseguimento delle competenze tecnico-professionali per l'esecuzione della
148 In tal senso, la risposta del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ad interpel lo n. 34 del 15 ottobre 2010, xxx.xxxxxx.xxx.xx.
149 Cfr. Cass. Civ., sez. lav. n. 20357/2010.
150 Cfr. Corte Cost. 8 aprile 1993, n. 149.
prestazione professionale. L’obbligo formativo è un elemento essenziale del contratto di apprendistato che si affianca a quello retributivo ‘specializzando’ la causa contrattuale. Il datore di lavoro, infatti, è obbligato a corrispondere all’apprendista, a fronte della prestazione lavorativa, non solo una controprestazione retributiva, ma anche la formazione necessaria ai fini dell’acquisizione di una qualificazione professionale. L’onere di provare lo svolgimento dell’attività formativa grava sul datore di lavoro151.
Il contratto di apprendistato non può avere ad oggetto attività ‘elementari e routinarie’ che non richiedono un effettivo periodo di formazione. Infatti, secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione152 “nel contratto di apprendistato il dato essenziale è rappresentato dall'obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all'acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale, sicché il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all'attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme a tale speciale figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica”.
Le attività formative devono essere modulate in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione. Si può prevedere l’anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa, sempre che lo svolgimento dell’attività di formazione sia idoneo a consentire l’inserimento effettivo del lavoratore nell’impresa mediante l’acquisizione di una professionalità adeguata153.
Come già anticipato, la disciplina della formazione nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore è rimessa alle Regioni e alle Province autonome. In assenza di regolamentazione regionale il legislatore ha attribuito l’attivazione dell’apprendistato di primo livello al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che ne disciplina l’esercizio con propri decreti (art. 43, comma 3).
151 Cfr. Trib. Roma, sez. lav., n. 3286 del 5 aprile 2017.
152 Cfr. Cass. Civ. n. 14754 del 2014, n. 11265 del 2013, n. 6787 del 2002.
153 Cfr. Cass. Civ., sez. lav. n. 2015 del 13 febbraio 2012.
Nell’apprendistato professionalizzante la disciplina della formazione finalizzata all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche è, rimessa agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi nazionali di lavoro, che in ragione del tipo di qualificazione professionale da conseguire, ne stabiliscono la durata e le modalità di erogazione (art. 44, comma 2). La formazione di tipo professionalizzante a carico del datore di lavoro è integrata da quella pubblica di base e trasversale, disciplinata dalle Regioni e Province autonome, per un monte complessivo non superiore a 120 ore per la durata del triennio (art. 44, comma 3).
Nell’apprendistato di alta formazione e ricerca compete alle Regioni e Province autonome la disciplina dei profili formativi sentite le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le Università, gli Istituti tecnici superiori e altre istituzioni formative e di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico (art. 45, comma 4).
Ai fini dell’effettività della funzione formativa la normativa vigente conferma l’obbligo per il datore di lavoro di garantire agli apprendisti la presenza di un tutor o referente aziendale (art. 42, comma 5, lett. c, D.Lgs. n. 81/2015). Come è noto, la figura del tutor aziendale è stata introdotta dalla L. n. 196/1997 che gli ha attribuito il duplice compito di promuovere il successo formativo degli apprendisti e di favorire il raccordo didattico e organizzativo tra l’istituzione formativa e l’impresa154. Con il D.M. 28 febbraio 2000 n. 22155, che ha regolato la figura del tutor aziendale per l’apprendistato, sino alla sua abrogazione per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 167/2011, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha stabilito che il ruolo del tutor156 possa essere ricoperto dallo stesso datore di lavoro, se in possesso delle competenze adeguate, o da una persona che svolge attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista
154 Per un’attentadisaminadella disciplina del tutor aziendale per l’apprendistato si veda D’Arista (2013).
155 D.M. 28 febbraio 2000 n. 22-Disposizioni relative alle esperienze profe xxx xxxxx x xxxx este pe r l o svolgimento delle funzioni di tutore aziendale ai sensi dell'art. 16 comma 3 della l egge n. 1 96 del 24 giugno 1997 recante "Norme in materia di promozione dell'occupazione”.
156 Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n. 5/2013, ha precisato che “il tutor o referente aziendale, in ragione della capacità di autodeterminazione delle parti soci ali pre vista dal legislatore, deve essere in possesso esclusivamente dei requisiti individuati dalla contrattazione collettiva essendo sostanzialmente abrogato il D.M. 28 febbraio 2000”.
e che abbia un’adeguata esperienza lavorativa nel settore (almeno tre anni) e sia inquadrato ad un livello contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista consegue alla fine del periodo di apprendistato. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la risposta all’interpello n. 49/2009, ha precisato che l’attività del tutor rimane, nei suoi tratti fondamentali, quella descritta nel richiamato D.M. 28 febbraio 2000 secondo il quale “il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro”. Successivamente, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n. 5/2013, ha precisato che “le competenze del tutor aziendale sono disciplinate dagli accordi interconfederali ovvero dai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionali dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Da ultimo, il legislatore, con il D.I del 12 ottobre 2015, nel definire le finalità della funzione tutoriale nei percorsi di apprendistato di primo e terzo livello, ha ribadito che il compito del tutor è quello di affiancare l’apprendista nel percorso di apprendimento e nel monitoraggio del suo corretto svolgimento.
Relativamente agli aspetti sanzionatori per omessa formazione e ai criteri di attribuzione della responsabilità datoriale, la disciplina vigente stabilisce che “in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, di cui egli sia esclusivo responsabile e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formativedi cui agli artt. 43, 44 e 45, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione” (art. 47, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015)157. Tale disposizione evidenzia l’esigenza, ai fini della configurazione dell’inadempimento formativo, del duplice requisito della esclusiva
157 In merito, si veda Xxx Xxxxx (2019) il quale sostiene che “per quanto la normativa non lo sancisca i n modo espresso, si ritiene comunemente che il datore di lavoro gravemente inadempiente al l’ obbli go formativo sia esposto ad un’azione giudiziaria del lavoratore al fine di far accertare che non si è trattato di vero apprendistato, e richiedere, di conseguenza le differenze retributive non percepite a causa de l sottoinquadramento dell’apprendista e/o impugnare il licenziamento ad nutum disposto dal datore di lavoro al termine del periodo di apprendistato”.
responsabilitàdel datore di lavoroe della gravità della violazione tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo158.
Come osservato in dottrina159 “il D.Lgs. n. 81/2015, in continuità con la disciplina previgente in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione, ha fissato la pesante sanzione economica indicata nell’art. 47, comma 1, ma non ha contemplato la stabilizzazione quale conseguenza a carico del datore di lavoro”160. Tuttavia, pur in assenza di una specifica indicazione del legislatore, la giurisprudenza161 ha ritenuto che “in caso di inadempimento degli obblighi di formazione da parte del datore di lavoro, si determina la trasformazione ab initio di tale rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con il conseguente riconoscimento ex tunc ai lavoratori del trattamento giuridico ed economico previsto dagli accordi collettivi, qualora l'inadempimento abbia un'oggettiva rilevanza, concretizzandosi nella assenza totale di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasposti nel contratto”.
L’art. 47, comma 2 prevede, inoltre, un regime sanzionatorio per i casi di violazione della disciplina generale delle tre tipologie di apprendistato di cui all’art. 42, comma 1, nonché delle previsioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all’art. 42, comma 5, lett. a), b), c)162. Tale regime si sostanzia nella contestazione di sanzioni amministrative da parte degli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale nei modi e nelle forme di cui all'articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004, previa trasmissione del relativo rapporto alla Direzione territoriale del lavoro (DTL).
158 In merito si veda Toscano (2015).
159 In merito, si veda Xxxxxxx (2016) il quale precisa che “pur in assenza di una specifica indicazi one del legislatore del D.Lgs. n. 81/2015, la giurisprudenza, per l’inottemperanza degli obblighi formativi ritiene che ricorrano, sulla base delle regole di diritto comune (art. 1419 c.c.) la nullità del patto formativo e l a definitiva ‘stabilizzazione’ del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
160 Sul punto si veda Xxxxxx 2016 il quale afferma che “la sanzione economica di cui all’art. 47, comma 1 è ascrivibile alla categoria delle c.d. sanzioni civili, in quanto inci dente sul la mi sura de i contributi previdenziali dovuti”.
161 Cfr. Trib. Roma, Sez. Lav., n. 6696 del 2 settembre 2019, Cass. Civ., sez. VI, n. 3344 del 19 febbraio 2015.
162 In merito, si veda Rausei (2016) il quale precisa che “l’art. 47, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2015 colpisce la violazione del disposto normativo che pone l’obbligo della forma scritta ai fini della prova del contratto di apprendistato contenente in forma sintetica il piano formativo individuale (art. 42, comma 1) nonché la violazione delle previsioni contrattuali collettive che attuano i principi relativi al l’ art. 4 2, comma 5, lett. a), b) e c).
In relazione agli aspetti sanzionatori per inadempimento nell’erogazione della formazione, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n. 5/2013, ha chiarito che “rispetto a ciascuna tipologia di apprendistato occorre mettere in evidenza quali siano i ‘margini’ della responsabilità datoriale in ordine agli obblighi formativi in quanto solo rispetto a tali ‘margini’ è possibile un intervento ispettivo volto a ripristinare un corretto svolgimento del rapporto di apprendistato ovvero l’applicazione del regime sanzionatorio”.
2.9 Standard professionali e formativi dell’apprendistato e Repertorio delle Professioni
Il D.Lgs. n. 81/2015 contiene alcune novità in materia di standard formativi e professionali e di certificazione delle competenze che vanno interpretate alla luce delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13163. Per rendere pienamente operativo il sistema nazionale di certificazione delle competenze con il D.I. del 5 gennaio 2021164 sono state emanate le ‘Linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze’ la cui adozione era prevista dall’art. 3, comma 5 del D.Lgs. n. 13/2013165.
La prima novità introdotta dal X.Xxx. n. 81/2015 riguarda l’attribuzione ad un apposito decreto interministeriale della definizione degli standard formativi dell’apprendistato intesi come ‘livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’ art. 16 del D.Lgs. n. 226/2005’ (art. 46, comma 1). In attuazione di tale norma, in data 12 ottobre 2015, è stato emanato il Decreto interministeriale che ha definito gli ‘standard formativi’ e i ‘criteri generali’ per l’attivazione delle due tipologie di apprendistato di primo e terzo livello. Secondo la dottrina il legislatore del Jobs Act, con l’art. 46 del D.Lgs. n. 81/2015 e il D.I. del 12 ottobre 2015, ha determinato una
163 D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13-Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell'articolo 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
164 D.I. 5 gennaio 2021-Disposizioni per l'adozione delle linee guida per l'int eroperatività degl i e nti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze (G.U. 18 gennaio 2021 n. 13).
165 Per un approfondimento sul sistema nazionale di certificazione delle competenze si rinvia al contributo di Xxxxxx (2020).
‘burocratizzazione’ degli standard formativi dell’apprendistato di primo e terzo livello senza il coinvolgimento delle parti sociali166.
Il D.I. del 2015 ha stabilito l’articolazione dei percorsi di formazione in apprendistato, concordati tra l’istituzione formativa e il datore di lavoro e attuati sulla base dello schema di protocollo allegato al decreto, in periodi di formazione esterna e interna intesi come periodi di apprendimento formale ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett.b, del D.Lgs. n. 13/2013. Inoltre, l’atto normativo ha previsto dei limiti alla durata della formazione esterna e, in via indiretta, a quella interna alleggerendo il carico amministrativo per le imprese, attraverso la modellizzazione del protocollo tra il datore di lavoro e l’istituzione formativa, del piano formativo individuale e dei supporti strumentali per la valutazione.
Un’altra novità introdotta dal X.Xxx. n. 81/2015, riguarda la registrazione della formazione che deve essere effettuata secondo le indicazioni contenute nel D.Lgs. n. 13/2013. In particolare, l’art. 46, comma 2, prevede che l’onere della registrazione nel libretto formativo del cittadino, che è stato sostituito dal Fascicolo elettronico del lavoratore167, debba essere assolto:
a) dal datore di lavoro, nel contratto di apprendistato professionalizzante, per quanto riguarda la formazione effettuata per il conseguimento della qualifi- cazione professionale ai fini contrattuali;
b) dall’istituzione formativa o ente di ricerca di appartenenza dello studente nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica su- periore e nel contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca.
Va evidenziato che il D.Lgs. n. 81/2015, in continuità con il D.Lgs. n. 167/2011 (art. 6, comma 3), prevede l’istituzione di un Repertorio delle Professioni con lo “scopo di armonizzare le diverse qualifiche professionali acquisite secondo le diverse tipologie di apprendistato e consentire una correlazione tra standard formativi e standard professionali sulla base dei sistemi di classificazione del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro” (art. 46, comma 3). Il Repertorio delle professioni concorre a costituire il Repertorio nazionale168 dei
166 Sul punto, si veda Tiraboschi (2016).
167 L’art. 34, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 150/2015 ha abrogato l’art. 2, comma 1, lett. i)del D.Lgs. n. 276/2003 che riguardava il libretto formativo del cittadino sostituendolo con il Fascicolo elettronico del lavoratore, istituito dall’art. 14 dello stesso X.Xxx. n. 150/2015.
168 Il Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, di cui
all’art. 8 del D.Lgs. n. 13/2013, è costituito da tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazi one, i vi
titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali previsto dall’art. 8 del D.Lgs. n. 13/2013, in vista della creazione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze.
L’obiettivo finale del Repertorio delle Professioni dovrebbe essere quello di indirizzare i percorsi formativi per renderli coerenti con le qualifiche professionali rilasciate all’esito dei percorsi di apprendistato169. Il compito di predisporre il Repertorio delle Professioni è stato assegnato ad un apposito ‘Organismo tecnico’, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali il 29 gennaio 2013 con D.D. 54/Segr.DG/2013, composto da rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, delle Regioni designate dalla Conferenza Stato-Regioni, delle Organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, con il supporto tecnico-scientifico dell’Isfol (ora Inapp).
L’Inapp ha svolto, a supporto dell’Organismo tecnico, nel quadriennio 2013-2016, un lavoro di mappatura e referenziazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante estratti dai contratti collettivi nazionalidi lavoro di tutti i settori della classificazione CNEL, ai fini della costruzione del Repertorio nazionale delle Professioni di cui all’art. 46, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nel mese di dicembre 2019, ha
istituito un ‘Tavolo tecnico nazionale’ 170 di supporto all’Organismo tecnico per la predisposizione del Repertorio nazionaledelle professioni, finalizzato ad affrontare le principali questioni interpretative che limitano la piena applicabilità del contratto di apprendistato di primo livello ex art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015.
Con riferimento alla certificazione delle competenze171 acquisite dall’apprendista, un’altra novità rilevante è stata introdottadall’art. 46, comma 4, che stabilisce che esse siano certificate dall’istituzione formativa di appartenenza secondo le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 13/2013.
compresi quelli di istruzione e formazione professionale, quello delle qualificazioni professionali nonché quello dei profili formativi dell’apprendistato.
169 In merito, si veda Xxxxxxxxxxx (2013) secondo la quale “il censimento delle qualificazioni professionali rilasciate all’esito dei percorsi di apprendistato è molto complesso perché interferisce con la classificazione professionale quale terreno elettivo dell’autonomia collettiva”.
170 Il ‘Tavolo tecnico nazionale’ è composto da rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, dell’Anpal, della Conferenza Stato- Regioni, dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, dell’Inail, dell’Inps, delle Organizzazi oni si ndacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, della Fondazione Consulenti per il Lavoro, dell’Inapp e di Anpal Servizi. 171 La certificazione delle competenze è una procedura di formale riconoscimento, da parte del l’ Ente titolato delle competenze acquisite dalla persona in contesti formali, anche in caso di interruzi one de l percorso formativo, o di quelle validate acquisite in contesti non formali e informali.
Nuova è, infine, la disciplina della registrazione sul libretto formativo del cittadino che stabilisce che, a seconda delle tipologie di apprendistato, questo onere, debba essere assolto, secondo le indicazioni del D.Lgs. n. 13/2013 dal datore di lavoro nel contratto di apprendistato professionalizzante e dall’istituzione formativa e ente di ricerca nel contratto di apprendistato di primo e terzo livello.
La normativa vigente prevede inoltre la possibilità di assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale (art. 47, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015). Il legislatore del Jobs Act ha, dunque, ampliato la platea dei soggetti che possono essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante inserendovi i titolari di trattamento di disoccupazione, a prescindere dall’età anagrafica, con la finalità di favorirne la qualificazione e la riqualificazione professionale attraverso l’acquisizione di competenze ulteriori rispetto a quelle già possedute. Tale norma ha disposto, inoltre, che ad essi siano applicabili le disposizioni in materia di licenziamenti individuali, in deroga alle previsioni di cui all’art. 42, comma 4 (possibilità di recesso delle parti al termine dell’apprendistato) e che, ai lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, siano applicabili il regime contributivo agevolato, di cui all’art. 25, comma 9, L. n. 223/1991, e l’incentivo di cui all’art. 8, comma 4, della medesima legge.
Per quanto riguarda il regime transitorio vale la pena evidenziare che “per le Regioni e Province autonome e per i settori ove la disciplina delineata non sia immediatamente operativa, continuano a trovare applicazione le regolazioni vigenti” (art. 47, comma 5). Il legislatore ha scelto, quindi di omettere l’indicazione di un termine massimo entro il quale le Regioni e Province autonome avrebbero dovuto garantire l’attuazione della nuova disciplina del contratto di apprendistato.
Infine, va segnalato che l’art. 47, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2015 ha operato una semplificazione della disciplina del contratto di apprendistato, prevedendo che le imprese con sedi in più Regioni possano fare riferimento al percorso formativo della Regione dove è ubicata la sede legale e accentrare le comunicazioni obbligatorie presso la stessa sede.
3 Le tipologie contrattuali di apprendistato nella legislazione nazionale e regionale
Il ‘corpus normativo’ dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello) è costituto dalle disposizioni contenute nell’art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015 e da quelle contemplate nel D.I. del 12 ottobre 2015 che ha definito gli standard formativi e i criteri generali per la realizzazione dei percorsi in apprendistato di primo e terzo livello.
Pertanto, per effetto del combinato disposto di tali atti normativi sono declinate la struttura e le caratteristiche dell’apprendistato di primo livello e fissati gli standard formativi per ciascuna tipologia di percorso a livello nazionale.
In particolare, tali disposizioni hanno definito i seguenti elementi: i titoli conseguibili in esercizio di apprendistato; la durata del contratto per ciascuna tipologia di percorso e, a garanzia di una sostanziale quota di apprendimento sul luogo di lavoro nei differenti percorsi, i limiti della durata della formazione esterna; i requisiti delle imprese che possono erogare formazione; gli strumenti volti ad una maggior formalizzazione dei contenuti e della durata degli obblighi formativi del datore di lavoro; il presidio costante dell’apprendimento con la presenza di un tutor formativo ed un tutor aziendale ed i criteri generali entro cui deve essere effettuata la valutazione e la certificazione delle competenze.
Inoltre, hanno previsto misure di carattere economico e finanziario a favore del datore di lavoro.
L’apprendistato di primo livello, destinato ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 25 anni, consente di acquisire cinque tipologie di titoli in esito ai percorsi di apprendistato: la qualifica ed il diploma professionale (IeFP); il diploma di istruzione superiore; il certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS) e il corso annuale integrativo finalizzato al conseguimento del diploma di maturità. Ciascun percorso fa riferimento a specifici elementi che lo caratterizzano, quali: gli standard formativi, la durata massima del contratto, l’articolazione tra formazione interna ed esterna all’azienda intesa come periodo di apprendimento formale da svolgersi rispettivamente sul posto di lavoro e presso l’istituzione formativa.
I percorsi finalizzati all’acquisizione di una qualifica e di un diploma professionale, come previsto nell’Accordo approvato in Conferenza Stato- Regioni del 15 marzo 2012, si inseriscono nel quadro normativo di riferimento definito nel D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226172, che ne ha declinato l’articolazione in:
• percorsi di durata triennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale173, che costituisce titolo per l’accesso al quarto anno del sistema dell’istruzione e formazione professionale – qualifi- ca di operatore;
• percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il consegui- mento di un titolo di diploma professionale – diploma di tecnico.
Con un successivo Accordo, approvato in Conferenza Stato-Regioni del 27 luglio 2011, è stato istituito il Repertorio nazionale delle figure professionali della IeFP nel quale sono ricompresi 22 profili per la qualifica e 21 profili per il diploma professionale174. Tale Accordo ha disciplinato gli standard formativi
172 D.Lgs. 17 ottobre 2005, n.226-Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53.
173 Le qualifiche e i diplomi professionali conseguibili ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005 sono parte integrante del Quadro Nazionale della Qualificazioni (QNQ)/National Qualification Framework (NQF), che ricomprende l’insieme dei titoli, diplomi e certificati rilasciati dal II e III ciclo del sistema di Istruzione e formazione.
174 Tale Accordo è stato recepito con il D.I. dell’11 novembre 2011 e integrato dall'Accordo approvato in Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio 2012, recepito con il D.M. del 23 aprile 2012. Con il D. I. n. 5 6 del 7 luglio 2020 è stato recepito l’Accordo, in Conferenza Stato-Regioni, del 1° agosto 2019 riguardante l’integrazione e la modifica del Repertorio nazionale delle figure nazionali di riferimento per le qualifiche
minimi relativi alle competenze di base delle figure comprese nel Repertorio nazionale delle Qualifiche e dei diplomi della IeFP175, nonché i modelli e le modalità per il rilascio degli attestati.
Gli standard formativi relativi alle competenze tecnico professionali comuni nelle aree qualità, sicurezza, igiene e salvaguardia ambientale delle figure nazionali della IeFP sono stati definiti nel D.I. del 15 giugno 2010 previa intesa in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010. Gli elementi sopra richiamati rappresentano il minimo comune denominatore dei sistemi territoriali di apprendistato di primo livello. Permane in capo alle Regioni e Province autonome l’ulteriore declinazione e regolamentazione dei profili formativi regionali basati sulle esigenze del tessuto produttivo locale.
La durata massima dei contratti di apprendistato di primo livello volti all’acquisizione di una qualifica professionale è stata fissata in tre anni, mentre per quelli rivolti al conseguimento del diploma professionale è stata definita in quattro anni (art. 4, comma 1, D.I. 12 ottobre 2015). È stata prevista, inoltre, la proroga di un ulteriore anno, nel caso in cui gli obiettivi formativi non siano stati raggiunti nel periodo massimo fissato. La medesima estensione contrattuale è stata contemplata anche ai fini del “consolidamento e acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, utili anche ai fini dell'acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale”176, a seguito del conseguimento della qualifica o del diploma professionale177. È stato altresì disposto che la proroga sia formulata per iscritto e che il Piano formativo individuale (PFI) debba essere aggiornato (art. 4, comma 2). Inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 6 dello stesso decreto nei percorsi di apprendistato di primo livello la formazione esterna non può essere superiore al 60% del monte ore complessivo per la prima e la seconda annualità e al 50% per il terzo e quarto anno.
e i diplomi professionali, l’aggiornamento degli standard minimi formativi relativi alle competenze di base e dei modelli di attestazione intermedia e finale dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Il Nuovo Repertorio prevede 26 figure per le qualifiche di Operatore - arti colate i n 3 6 indirizzi - e 29 diplomi di Tecnico, articolati in 54 indirizzi.
175 Le figure professionali ricomprese nel repertorio nazionale sono allineate al Quadro nazionale de ll e qualifiche (QNQ).
176 Per il diploma di maturità è prevista la frequenza del corso annuale integrati vo di cui al l'art . 1 5, comma 6, del D.Lgs. n. 226/2005.
177 Art. 4, comma 2, lettere a) e b) del D.M. 12 ottobre 2015.
Il quadro regolamentare delle specializzazioni tecniche superiori è stato definito dagli artt. 9 e 10 del D.P.C.M. n. 71 del 25 gennaio 2008178 e dal decreto
interministeriale del 7 febbraio 2013179.
Nel primo, sono stati indicatisia gli standard dei percorsi, in termini di durata, titolo in esito ed individuazione dei soggetti attuatori, sia le modalità di accesso ovvero il possesso di determinati requisiti in ingresso, e la certificazione dei percorsi. Nel secondo, sono state declinate le figure nazionali di riferimento (20 specializzazioni IFTS) e definiti gli standard formativi. Il sistema IFTS è stato strutturato tenendo conto delle competenze in esito ai percorsi triennali e quadriennali del s istema di istruzione e formazione professionalee degli apprendimenti in uscitadalla scuola secondaria superiore, con particolareriferimentoagli indirizzi degli istituti tecnici e professionali di secondo ciclo, al fine di delineare un continuum tra i diversi percorsi, IeFP e IFTS, della filiera lunga di istruzione e formazione. Anche le specializzazioni tecniche superiori possono articolarsi in ulteriori profili a livello regionale, legati alle specificità del mercato del lavoro territoriale.
Il D.I del 2015 ha previsto, inoltre, per i percorsi di istruzione e formazione tecnica
superiore (IFTS) in esercizio di apprendistato una duratamassimadel contratto di un anno, prorogabile di un ulteriore anno nel caso in cui gli obiettivi formativi non siano stati raggiunti e ha stabilito che l’attività di apprendimento presso l’istituzione formativa non possa esseresuperioreal 50% della durata complessiva.
L’art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015 ha annoverato tra i titoli di studio acquisibili nel rapporto di apprendistato, l’anno integrativo. Tale tipologia di percorso viene disciplinato dalla normativa nazionale nell’ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale180 edè finalizzato a far acquisire, previafrequenza di un apposito corso annuale, un titolo di istruzione secondariasuperioreai giovani che hanno conseguito il diploma professionale di tecniconei percorsi di IeFP181.
178 D.P.C.M. 25 gennaio 2008 n. 71-Linee guida per la riorganizzazi one del Si ste ma di i struzion e e formazione tecnica superiore e la costituzione degli Istituti tecnici superiori.
179 D.I. 7 febbraio 2013-Definizione dei percorsi di specializzazione tecnica superiore di cui al Capo III del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008.
180 Art. 15 del D.Lgs. n. 226/2005 e Capo III del D.M. 18 gennaio 2011, n. 4-Adozione delle Linee Guida, di cui all’allegato A dell’Intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 16 dicembre 2010, riguardan t i l a realizzazione di organici raccordi tra i percorsi degli Istituti Professionali e i percorsi di Istruzione e For- mazione Professionale.
181 Nel rispetto della normativa vigente in materia di esami di Stato, la regolamentazione del l’ offe rta
formativa è stata rimessa alle Regioni che, attraverso specifici accordi con gli Uffici scolastici regi onal i, definiscono anche gli standard formativi e di erogazione del corso annuale, le modali tà attuati ve, le istituzioni che erogano l’offerta, i criteri per la determinazione dei crediti scolastici e formativi.
L’anno integrativo prevede una durata massima del contratto di apprendistato di due anni ed un impegno formativo presso le istituzioni formative non superiore al 65%.
I percorsi di istruzione secondaria superiore182 sono stati disciplinati dai decreti di riordino del II ciclo di istruzione, D.P.R. nn. 87, 88 e 89, emanati nel 2010183, che fissano i profili culturali, educativi e professionali, nonché i quadri orario – ovvero l’articolazione delle ore dedicate alle discipline previste – o piani di studio, rinviando ad ulteriori atti la generale definizione dei risultati o obiettivi di apprendimento184.
Il contratto di apprendistato per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore ha una durata massima di quattro anni ed è prevista la proroga di un anno nel caso in cui non sia stato conseguito il titolo nel periodo previsto.
La formazione da realizzarsi presso le Istituzione scolastiche non può essere superiore al 70% dell’orario obbligatorio per il secondo anno e al 65% per il terzo, quarto e quinto anno.
Successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale, nonché del diploma di scuola secondaria superiore, il datore di lavoro ha la possibilità di trasformare il contratto di primo livello in apprendistato professionalizzante, al fine di consentire all’apprendista di acquisire anche la qualificazione professionale ai fini contrattuali, a condizione che la durata massima dei due periodi di apprendistato non superi quella individuata dalla contrattazione collettiva (art. 43, comma 9, D.Lgs. n. 81/2015).
Il D.I. del 2015 ha contemplato ulteriori aspetti dell’apprendistato di primo livello volti a favorirne un’ampia ed omogenea regolamentazione a livello
182 Con l’entrata in vigore D.Lgs. n. 81/2015 sono state abrogate le norme sulla sperimentazione dell’apprendistato per le classi quarte e quinte della scuola secondaria di I I grado (c. d. Sperimentazioni ENI/ENEL) e sulla definizione dello status degli studenti in apprendistato (D.L. n. 104/13, art. 8-bis, comma 2,
c.d. Decreto Carrozza) e la relativa norma applicativa, ossia il Decreto interministeriale n.473/14.
183 D.P.R. n. 87 del 15 marzo 2010, Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti pro- fessionali ai sensi; D.P.R. n. 88 del 15 marzo 2010, Regolamento recante norme per il riordino degli i st i- tuti tecnici; D.P.R. n. 89 del 15 marzo, Regolamento recante revisione dell'assetto ordinamentale, orga- nizzativo e didattico dei licei.
184 L’articolazione oraria degli istituti professionali e degli istituti tecnici è equivalente ed è pari a 1 . 05 6 ore annue. L’orario annuale dei licei, invece, si differenzia significativamente in base al percorso i ntra- preso e all’annualità considerata. Cfr. Linee Guida per il passaggio a nuovo ordinamento per gli I st it ut i Professionali; Linee Guida per il passaggio a nuovo ordinamento per gli Istituti Tecnici; Indicazioni nazio- nali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compre- si nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali.
territoriale e a garantire una standardizzazione degli strumenti e l’introduzione di misure di controllo di qualità dei percorsi formativi185.
Lo stesso decreto all’art. 6, comma 1 ha indicato chiaramente i diritti ed i doveri dell’apprendista. Tra i diritti che il decreto ha inteso assicurare all’apprendista si evidenzia quello alla validazione delle competenze, parziale e finale, nonché alla certificazione finale delle stesse, secondo i criteri fissati dalla norma (art. 8, comma 2). Gli apprendisti hanno l’obbligo di osservare le regole comportamentali dell’istituzione formativa e dell’impresa e, in particolare, le norme in materia di igiene, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché gli obblighi di frequenza delle attività di formazione interna ed esterna. All’istituzione formativa, invece, è stato attribuito il compito di informare l’apprendista, in accordo con il datore di lavoro (e nel caso di minorenni i titolari della responsabilità genitoriale) circa gli aspetti educativi, formativi e contrattuali del percorso di apprendistato.
In ottica di assicurazione della qualità della formazione erogata presso l’azienda, il decreto (art. 3, comma 1) ha definito i requisiti che il datore deve possedere per stipulare il contratto di apprendistato186 e, al fine di garantire l’efficacia della formazione, ha affidato un ruolo chiave al tutor formativo ed aziendale nell’intero processo formativo, definendone il ruolo ed attribuendo loro il compito di guidare l’apprendista e trasmettergli le competenze necessarie, favorendone l’apprendimento e accompagnandolo nell’inserimento lavorativo.
Il decreto del 2015, al fine di facilitare e uniformare la gestione degli aspetti amministrativi dei percorsi in apprendistato da parte delle imprese, ha previsto l’inserimento in allegato degli schemi relativi al Protocollo tra il datore di lavoro e l’istituzione formativa, al PFI e al dossier individuale dell’apprendista.
All’interno della cornice normativa fissata a livello nazionale le Regioni e le Province autonome hanno operato per recepire nei propri sistemi la disciplina dell’apprendistato di primo livello, definendone la regolamentazione di
185 Gli ulteriori standard formativi fissati dal D.I. del 2015 sono comuni all’apprendistato di terzo li vell o (cfr. par. 3.3).
186 Nello specifico, si fa riferimento alle capacità strutturali, che riguardano la messa a disposizi one di spazi adeguati per consentire lo svolgimento della formazione interna e, in caso di studenti con disabilità, il superamento o abbattimento delle barriere architettoniche; alle capacità tecniche ine re nt i la disponibilità strumentale, che deve essere conforme alle norme vi genti i n materi a di ve ri fi ca e collaudo tecnico, anche se reperita all'esterno dell'unità produttiva; e alle capacità formative, rel ati v e alla disponibilità di uno o più tutor aziendali, per lo svolgimento dei compiti pre vi st i dal l’ art. 7 del decreto, dedicato alla disciplina dell’attività di tutoraggio nei percorsi di apprendistato.
dettaglio e rendendo operativa l’offerta formativa dedicata ai diversi percorsi, attraversol’emanazione di avvisi o bandi.
A partire dall’approvazione del D.Lgs. n. 81/2015 le disposizioni fissate a livello nazionale sull’apprendistato di primo livello sono state recepite con specifiche deliberazioni dai due terzi delle Amministrazioni regionali e provinciali: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Xxxxxx-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia e le Province autonome di Trento e Bolzano. Altre Regioni (Valle d’Aosta, Liguria, Umbria, Calabria e Molise) hanno predisposto un’offerta formativa destinata ad apprendisti assunti con contratto di primo livello, anche nell’ambito del sistema duale, in base alle regolazioni vigenti, in attuazione dell’art. 47, comma 5 del D.Lgs. n. 81/2015.
La presenza di una puntuale ed organica disciplina a livello nazionale, condivisa con le Regioni e Province autonome in sede di Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Unificata, ha favorito una omogeneità dei contenuti delle regolamentazioni territoriali dell’apprendistato di primo livello, a fronte di una maggiore disomogeneità relativa alla programmazione dell’offerta formativa sul territorio. Infatti, allo stato attuale, risultano essere 13 le Amministrazioni regionali che hanno provveduto a predisporre cataloghi per la formazione degli apprendisti assunti con contratto di primo livello. Le Regioni che offrono il ventaglio più ampio, garantendo la formazione in esercizio di apprendistato per tutti i titoli previsti dall’art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015, sono Piemonte e Lombardia. Quest’ultima ha disciplinato anche l’anno integrativo in esercizio di apprendistato. Alcune Regioni (Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lazio e Calabria) e le Province autonome di Trento e di Bolzano, invece, hanno scelto di attuare l’apprendistato di primo livello puntando sui percorsi di qualifica e di diploma professionale. Diversamente, Toscana e Umbria hanno coinvolto gli apprendisti nei soli percorsi per l’acquisizione del diploma di istruzione superiore. In Xxxxxx-Romagna e nelle Marche sono attivi sia i percorsi di qualifica e diploma professionale, sia quelli per il diploma di istruzione superiore.
Oltre a riformare il quadro normativo, i decisori politici hanno scelto di dedicare specifiche e consistenti risorse per finanziare le attività formative e per promuovere il ricorso al contratto di apprendistato di primo livello e hanno introdotto forme di incentivazione di tipo economico, oltre a quelle di carattere normativo previste nel D.Lgs. n. 81/2015 (cfr. par. 4.1). Ciò nonostante,
sebbene il numero di apprendisti inseriti nei percorsi formativi dedicati presenti un trend in crescita, costante ma contenuto, l’apprendistato di primo livello continua a rappresentare una piccola quota – poco più del 4% – sul totale degli apprendisti in formazione e comunque prevalentemente presente nelle regioni del Settentrione187 (Inapp e Inps 2021).
L’apprendistato di primo livello rappresenta uno strumento complesso nella sua attuazione che presuppone la presenza di reti tra i diversi attori coinvolti (soggetti istituzionali, istituzioni formative e scolastiche, imprese, parti sociali, soggetti intermediari, giovani e famiglie) sulle quali si basa l’intero impianto attuativo. Si ritiene quindi che un pieno sviluppo di tale tipologia contrattuale debba partire dalla costituzione e dal sostegno di reti a livello territoriale che richiedono un ruolo più attivo delle parti sociali e dei soggetti intermediari finalizzato ad una gestione più efficace delle procedure amministrative e burocratiche in capo all’istituzione formativa ed al datore di lavoro che attualmente disincentivano il ricorso al contratto di apprendistato di primo livello188.
Inoltre, appare necessaria un’attività di promozione dell’apprendistato di primo livello, finalizzata a diffonderne le potenzialità, in termini di innalzamento educativo ed occupabilità.
3.2 L’apprendistato professionalizzante
Il X.Xxx. n. 81/2015 ha revisionato la disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante (c.d. apprendistato di secondo livello) ed eliminato l’ulteriore definizione di ‘contratto di mestiere’, confermando sostanzialmente le previsioni contenute nell’abrogato Testo Unico del 2011 e modificate dal D.L.
n. 34/2014 (c.d Decreto Poletti). Come ampiamente evidenziato nei paragrafi
187 Nel 2018 il numero degli apprendisti inseriti nei percorsi formativi dell’apprendistato di primolivell o è pari a 6.570 unità, ovvero il 4,4% del totale degli apprendisti in formazione. La maggi oranza, 3 .9 94 unità pari al 60,8%, frequenta percorsi per acquisire un diploma professionale, il 32, 4% (2 . 130 uni tà) frequenta corsi per la qualifica professionale, mentre sono 375 (5,7%) gl i apprendi st i del le scuole secondarie superiori e 71 (1,1%) quelli iscritti ai percorsi IFTS.
188 A tale riguardo, il Ministero del Lavoro e delle politiche social i, n el l’ ambito dell a r i att iv azi one dell’Organismo tecnico, ha istituto un Tavolo tecnico per l’apprendistato di primolivello, coinvol gendo diversi stakeholder, volto ad esaminare questioni di carattere burocratico, a colmare vuoti di natura normativa e contrattuali che limitano la piena applicabilità del contratto di apprendistato e ad individuare linee comuni di intervento tra le amministrazioni territoriali (cfr. par. 2.9).
precedenti, con la riforma introdotta dal Jobs Act, le Regioni e le Province autonome, hanno mantenuto un ruolo centrale nella formazione degli apprendisti, assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante, provvedendo alla programmazione e all’attuazione dell’offerta formativa pubblica finalizzata all’acquisizione delle competenze di base e trasversali.
La disciplina nazionale dell’apprendistato professionalizzante, che rappresenta la tipologia di apprendistato di gran lunga più utilizzata dalle imprese 189 è contenut a nell’art. 44 del D.Lgs. n. 81/2015. L’apprendistato professionalizzante, utilizzabile da tutti i datori di lavoro pubblici e privati, consenteai giovani di età compresatra i 18 (17 se in possesso di qualifica professionale, conseguita ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005) e i 29 anni di conseguire una qualificazione professionale ai fini contrattuali, tramite la formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze tecnico-professionali specialistiche.
La dottrina190 ha sottolineato che “la qualificazione a fini contrattuali non va confusa con la qualifica professionale rilasciata dalle Regioni, poiché ha un rilievo meramente interno al rapporto di lavoro e può ritenersi vincolante, soltanto, per l’inquadramento contrattuale del lavoratore al termine del periodo di apprendistato”.
La qualificazione professionale ai fini contrattuali deve essere intesa quale
acquisizione da parte del lavoratore delle competenze necessarie a divenire un lavoratore professionale qualificato ed è “determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (art. 44, comma 1)191.
Il legislatore del Jobs Act, considerando l’apprendistato professionalizzante uno strumento efficace di acquisizione di nuove competenze e di inserimento nel
189 Il numero mediodei rapporti di lavoro in apprendistato, nel 2018 è pari a 494.758, di questi il 97 ,5 % (482.629) fa riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante, che inoltre registra un incremento del 15,8% rispetto all’anno precedente (416.771 nel 2 017). Una crescita r i levante si evidenzia nelle regioni del Mezzogiorno (+17,6%), per le quali sono state adottate specifiche misure di incentivazione per il ricorso al contratto di apprendistato professionalizzante (cfr. par. 4.1). Gli apprendisti sono inprevalenza uomini (58,2%), hanno un’età media di 24,7 anni e sono local izzati nel 57,9% dei casi nel Nord (Fonte: Inps – Archivi delle denunce retributive mensili – UniEmens).
190 In tal senso, Xxxxxxxxxxx (2009).
191 Sul punto, si veda Buratti (2016) il quale precisa che “l’apprendistato di se condo l ivel lo ha come riferimento finale non un titolo di studio, bensì una qualificazione professionale indicata nel contratto collettivo nazionale la quale costituisce lo scopo del percorso formativo del giovane inserito in azienda”.
mercato del lavoro, ha ritenuto che “tale contratto possa assumere una funzione complementare a quella principale della formazione e dell’inserimento, ovvero quella della riqualificazione professionale o della ricollocazione di lavoratori espulsi dal processo produttivo”192. Infatti, il D.Lgs.
n. 81/2015, all’art. 47, comma 4, ha stabilito che il contratto di apprendistato professionalizzante possa essere stipulato, senza limiti di età, con i lavoratori beneficiari di un’indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione193 ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale. Come già evidenziato nel par. 1.6 dedicato all’analisi degli obiettivi della riforma del Jobs Act, dalla lettura dell’art. 47 emerge che nel contratto di apprendistato professionalizzante per la riqualificazione di lavoratori in mobilità o titolari di un trattamento di disoccupazione, l’età anagrafica non costituisce un requisito soggettivo per l’applicazione del contratto. Al riguardo è utile precisare che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con l’Interpello n. 19/2016194, ha escluso che possano essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante i soggetti disoccupati beneficiari di assegno di ricollocazione o parti del contratto di ricollocazione, qualora gli stessi non siano percettori anche di un trattamento di disoccupazione.
Occorre evidenziare che, con l’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 20 febbraio 2014 sono state approvate le ‘Linee Guida per la disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante’ che avevano l’obiettivo di predisporre una regolamentazione più uniforme sull’intero territorio nazionale dell’offerta formativa pubblica volta all’acquisizione delle competenze di base e trasversali per l’apprendistato professionalizzante, in termini di durata, contenuti e modalità di realizzazione.
Per divenire operative, le Linee guida nazionali dovevano essere recepite entro
6 mesi dalla loro approvazione dalle Regioni e Province autonome. Al 31 dicembre 2019, il recepimento delle Linee guida è stato formalizzato attraverso
192 In tal senso si veda Spattini (2011) la quale sostiene che “non solo per i giovani inoccupati, ma anche per i lavoratori in mobilità, una formazione in ambiente lavorativo, attuabile attraverso l’apprendistato, è fondamentale per creare o ricreare un adeguato livello di occupabilità”.
193 Possono essere assunti con il contratto di apprendistato professionalizzante i lavoratori beneficiari di un trattamento di disoccupazione: Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), Indennità speciale di disoccupazione edile, Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di col laborazi on e coordinata e continuativa (DIS-COLL).
194 L’Interpello n.19 del 20 maggio 2016 ha ad oggetto: ‘Art.9, D.Lgs. n. 124/2004-Apprendistato professionalizzante per lavoratori in trattamento di disoccupazione, D.Lgs. n. 81/2015, art. 47, comma 4 applicazione estensiva’.
specifici atti normativi regionali, in misura più o meno ampia, dalla totalità delle amministrazioni regionali e provinciali.
Il D.Lgs. n. 81/2015, all’art. 44, comma 2, in linea di continuità con la disciplina previgente, ha confermato il primato della contrattazione collettiva nel sistema delle fonti di disciplina dell’apprendistato professionalizzante affidando agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il potere di stabilire, in ragione del tipo di qualificazione professionale da conseguire ai fini contrattuali, la durata e le modalità di erogazione della formazione195 per l'acquisizione delle competenze tecnico- professionali e specialistiche, nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non deve essere superiore a tre anni, ovvero a cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell'artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento. Il legislatore del Jobs Act ha, invece, soppresso la previsione contenuta nella disciplina previgente secondo cui gli accordi interconfederali e la contrattazione collettiva stabilivano la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche anche in ragione dell’età dell’apprendista (art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 167/2011). Al riguardo, la dottrina196 ha precisato che “i profili o qualificazioni professionali previsti dai contratti collettivi costituiscono il parametro di riferimento per la determinazione della qualificazione professionale da acquisire in apprendistato, circoscrivendo così lo spazio di libertà dell’autonomia individuale entro i confini delineati dall’autonomia collettiva”.
Con specifico riferimento alla durata del contratto, la dottrina197 ha, inoltre, rilevato che “poiché il contratto di apprendistato professionalizzante è un contratto a tempo indeterminato, il termine di durata del contratto va riferito solo alla sua componente formativa, cioè al periodo di apprendimento nel quale l’apprendista acquisisce le competenze necessarie a divenire professionalmente qualificato”.
195 Secondo il XIX Rapporto di monitoraggio sull’apprendistato dell’Inapp, la maggior parte dei contratti collettivi nazionali, cui spetta la programmazione e l’attuazione della formazione tecnico-professionale per l’apprendistato professionalizzante, prevede che il monte ore di formazione aziendal e di mi nuisca all’aumentare del livello di inquadramento dell’apprendista.
196 In tal senso, si veda Carbone et al. (2015).
197 Così, Xxxxxxxxxxx (2012).
Per quanto riguarda la formazione pubblica di base e trasversale198 per l’apprendistato professionalizzante di competenza regionale si segnala che il legislatore del Jobs Act, confermando quanto previsto dal Testo Unico dell’apprendistato, ha stabilito che “la formazione di tipo professionalizzante svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro è integrata dalla offerta formativa pubblica199, interna o esterna all’azienda, finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali, per un monte complessivo non superiore a 120 ore per la durata del triennio, sentite le parti sociali e tenuto conto del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista” (art. 44, comma 3).
Tale norma, confermando quanto previsto dal D.L. n. 34/2014, ha attribuito alle Regioni e Province autonome il compito di comunicare al datore di lavoro entro
45 giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si sono dichiarate disponibili. Si subordina così l’obbligo della formazione ad una comunicazione obbligatoria che la Regione deve fare al datore di lavoro, rivitalizzando, di fatto, quella che era la regola vigente all’epoca del c.d. Pacchetto Treu200 (L. n. 196/1997). Come osservato in dottrina201 “l’offerta formativa decade qualora la Regione non proceda tempestivamente ad avvisare il datore di lavoro circa le modalità concrete di svolgimento del percorso formativo che normalmente avviene presso le agenzie formative accreditate e assai più raramente presso i datori di lavoro e le loro associazioni che si siano dichiarate disponibili (avendone i requisiti) a provvedere alla componente pubblica della formazione”.
Come precisato nelle Linee Guida del 2014, l’offerta formativa pubblica è obbligatoria nella misura in cui “sia disciplinata come tale nell’ambito della regolamentazione regionale anche attraverso specifici accordi e sia realmente
198 Per formazione pubblica di base e trasversale si intende la formazione finalizzata all’acquisizione delle competenze basilari che ogni lavoratore deve possedere, qualunque sia il settore nel quale presta la sua opera. Essa deve quindi fornire gli strumenti di base per orientarsi ed i nserirsi nei diversi conte sti lavorativi.
199 In merito, si veda Carinci (2015) il quale sostiene che “il legislatore del Jobs Act ha previsto una disciplina minimale di quell’offerta pubblica funzionale per affrontare una realtà professionale continuamente mutevole; minimale, sia considerata in sé che incomparazione con l’esperienza d’oltralpe, costretta com’è nei limiti delle risorse attualmente disponibili e nei termini di 120 ore sui 3 anni”.
200 In tal senso, D’Onghia (2014).
201 In merito, si veda Del Punta (2019).
disponibile202 per l’impresa e per l’apprendista, ovvero in via sussidiaria e cedevole sia definita obbligatoria dalla disciplina contrattuale vigente”.
È interessante notare che, nell’apprendistato professionalizzante, a differenza di quanto accade nell’apprendistato di primo e terzo livello, le ore di formazione destinate al conseguimento di competenze di base e trasversali, di cui all’art. 44, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2015, sono retribuite come normali ore lavorative svolte durante l’orario di lavoro. Infatti, come già anticipato nel par. 1.6, il legislatore del Jobs Act, nell’ottica di incentivare l’attivazione delle tipologie di apprendistato di primo e terzo livello ha previsto soltanto per tali tipologie contrattuali (e non per l’apprendistato professionalizzante) l’esonero per il datore di lavoro dall’obbligo retributivo per le ore di formazione svolte nell’istituzione formativa e il riconoscimento del 10% della retribuzione che sarebbe dovuta al lavoratore per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi.
Come anticipato nel par. 2.5, dedicato alle clausole di stabilizzazione, il D.Lgs. n. 81/2015, all’art. 42 comma 8203, ha confermato gli obblighi di stabilizzazione degli apprendisti previsti dal D.L. n. 34/2014, limitando l’ambito di applicazione al contratto di apprendistato professionalizzante ed escludendo le due tipologie di apprendistato a prevalente contenuto formativo (apprendistato di primo e terzo livello).
Il legislatore del Jobs Act, ha stabilito che il contratto di apprendistato debba riportare in forma sintetica, il Piano formativo individuale (PFI), definito anche sulla base di moduli o formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli Enti bilaterali (art. 42, comma 1). Il punto 2 delle Linee Guida per l’apprendistato professionalizzante del 2014 prevede l’obbligatorietà del PFI esclusivamente in relazione alla formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche.
202 Per offerta formativa disponibile si intende un’offerta formativa approvata e finanziata dall’amministrazione competente che consenta all’impresa l’iscrizione all’offerta medesima affinché l e attività formative possano essere avviate entro 6 mesi dalla data di assunzione dell’apprendista.
203 L’art. 42, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce che “ferma restando la possibilità per i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di individuare limiti diversi da quelli previsti, per i datori di l avoro che occupano almeno cinquanta dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla prosecuzione a tempo indeterminato, del rapporto di l avoro, al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di al meno i l 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, restando esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, dimissioni o licenziamento per giusta causa”.
Il D.Lgs. n. 81/2015, all’art. 46, comma 2, lett. b, richiamando quanto indicato nel punto 3 delle Linee Guida del 2014, ha previsto che sia di competenza del datore di lavoro la registrazione della formazione effettuata per il conseguimento della qualificazione professionale ai fini contrattuali nel libretto formativo del cittadino, ora sostituito dal fascicolo elettronico del lavoratore204, istituito dall’art. 14 del D.Lgs. n. 150/2015.
Al termine del periodo di apprendistato il datore di lavoro attribuisce la qualificazione contrattuale previstae attestale competenze professionaliacquisite dall’apprendista con riferimento al piano formativo individuale. Al riguardo, la dottrina205 ha osservato che “nell’apprendistato professionalizzantel’imprenditore non svolge solo la funzione del datore di lavoro, ma sostituisce anche il sistema pubblico nella sua funzione burocratica di attestazione delle competenze dell’apprendista”.
Nel rispetto della cornice normativa definita a livello nazionale, le Regioni e Province autonome hanno definito una normativa di dettaglio per la regolamentazione dell’offerta formativa pubblica per l’apprendistato professionalizzante, attraverso l’emanazione di bandi e avvisi pubblici.
Al 31 dicembre 2019 tutte le Regioni, ad eccezione della Calabria e della Sardegna, avevano recepito, con provvedimenti legislativi regionali, le disposizioni normative nazionali introdotte dal D.Lgs. n. 81/2015 con riferimento all’apprendistato professionalizzante e le Linee Guida del 2014. Inoltre, tutte le Regioni, ad eccezione della Sardegna, avevano definito un’offerta formativa pubblica per l’acquisizione delle competenze di base e trasversali, fruibile dai giovani assunti con contratto di apprendistato professionalizzante (Inapp e Inps 2021).
Si segnala che nel corso del 2018 gli apprendisti coinvolti nell’attività formativa pubblica per l’apprendistato professionalizzante erano complessivamente 141.504, il 13,2% in più rispetto all’anno precedente (124.984 nel 2017). Le Regioni del Nord hanno accolto circa i due terzi degli apprendisti in formazione (il 77,3% del totale), mentre in quelle del Mezzogiorno si registrano i livelli più bassi di partecipazione alle attività formative (3,4% del totale, pari a 4.871
204 Il fascicolo elettronico del lavoratore contiene le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche e ai versamenti contributivi ai fi ni della fruizione di ammortizzatori sociali. Il fascicolo è liberamente accessibile, a titolo gratuito, mediante metodi di lettura telematica, da parte dei singoli soggetti interessati.
205 In tal senso, si veda Xxxxxxxx (2016).
unità), nonché la variazione positiva, nel biennio 2017-2018, più significativa pari al 73,2%) (Inapp e Inps 2021).
Malgrado le regolamentazioni differenziate a livello territoriale, la maggior parte delle Regioni (Piemonte, Valle D’Aosta, P.a. di Trento, Veneto, Xxxxxx- Romagna, Toscana, Abruzzo e Molise) ha adottato, con propri atti normativi regionali, il sistema dei voucher206 formativi per rimborsare i costi delle attività formative erogate dalle strutture formative accreditate.
Alcune Regioni (Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Molise) utilizzano, inoltre, per il rimborso dei costi delle attività formative il sistema dei costi standard (UCS - Unità di costo standard)207. Con riguardo al quadro normativo regionale aggiornato al Jobs Act, vale la pena evidenziare una sostanziale omogeneità tra le regolamentazioni regionali in merito alla disciplina dell’offerta formativa pubblica per l’apprendistato professionalizzante, in continuità con la disciplina previgente. Tale omogeneità nei contenuti è, evidentemente, da collegare al completamento del processo di recepimento da parte delle Regioni e Province autonome delle Linee Guida per l’apprendistato professionalizzante del 2014, che avevano l’obiettivo di garantire una regolamentazione più uniforme sull’intero territorio nazionale dell’offerta formativa pubblica volta all’acquisizione delle competenze di base e trasversale per l’apprendistato professionalizzante. Infatti, in conformità a quanto disposto nel punto 1 delle Linee Guida, quasi tutte le Regioni e Province autonome, che hanno recepito il D.Lgs. n. 81/2015, hanno previsto un’articolazione della durata dell’offerta formativa pubblica sulla base del titolo di studio posseduto dall’apprendista al momento dell’assunzione: 120 ore per gli apprendisti privi di titolo, in possesso di licenza elementare e/o della sola licenza di scuola secondaria di I grado; 80 ore per gli apprendisti in possesso di scuola secondaria di II grado o di qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale; 40 ore per gli apprendisti in possesso di laurea o titolo almeno equivalente.
Inoltre, quasi tutti le Regioni e Province autonome hanno individuato come oggetto della formazione di base e trasversale una selezione tra le seguenti
206 Il voucher è un buono formativo riconosciuto agli apprendisti per l’accesso al l ’offe rta formati va pubblica ed erogato all’ente formativo accreditato presso il quale l’ apprendi sta svol ge i l percorso formativo. Per ottenere il riconoscimento del voucher l’apprendista deve frequentare almeno l’80% del monte ore previsto.
207 Il sistemadei costi standard si basa sull’adozione di tabelle standard di costi unitari (UCS) di cui all’art. 67.1 ,
lettera b) del Reg. UE 17 dicembre 2013 n. 1303 e all’art. 14 del Reg. UE 17 dicembre 2013 n. 1304.
nove competenze indicate nelle Linee Guida: adottare comportamenti sicuri sul luogo di lavoro; organizzazione e qualità aziendale; relazione e comunicazione nell’ambito lavorativo; diritti e doveri del lavoratore e dell’impresa; legislazione del lavoro; contrattazione collettiva; competenze di base e trasversali; competenza digitale; competenze sociali e civiche; spirito di iniziativa e imprenditorialità; elementi di base della professione/mestiere.
Dall’analisi delle regolamentazioni regionali emanate in attuazione dell’art. 44 del D.Lgs. n. 81/2015 emerge che la maggior parte delle Regioni208 ha previsto la possibilità per le imprese, che non si avvalgono dell’offerta formativa pubblica a finanziamento pubblico, di erogare direttamente la formazione di base e trasversale all’interno dell’impresa, garantendo la sussistenza di alcuni ‘standard minimi’ necessari per l’esercizio della funzione di soggetto formativo. Le imprese, infatti, devono almeno disporre di luoghi idonei alla formazione, distinti da quelli normalmente destinati alla produzione di beni e servizi e di risorse umane con adeguate capacità e competenze.
Come precisato nelle Linee Guida209 del 2014 la formazione pubblica per
l’acquisizione di competenze di base e trasversale può essere erogata sia in presenza, in ambienti adeguatamente organizzati ed attrezzati, attraverso la didattica frontale tra discente e docente, sia in modalità di formazione a distanza (FAD) disciplinate dalle Regioni e Province autonome tramite l’utilizzo di piattaforme di e-learning. La formazione a distanza è un’attività di insegnamento/apprendimento da remoto, erogata sia in modalità sincrona che asincrona, caratterizzata da una situazione di non contiguità spaziale tra docenti e discenti e dall’utilizzo delle tecnologie digitali210.
A seguito dell’adozione delle misure restrittive nazionali finalizzate al
contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, introdotte dal DPCM 8 marzo 2020, in attuazione del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6211, che hanno previsto la sospensione delle attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza dei corsi
208 Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, P.a. di Bolzano, P.a. di Trento, Veneto, Friul i-Ve ne zia Gi ulia, Toscana, Abruzzo, Lazio, Umbria, Molise, Sicilia.
209 Le Linee Guida precisano che la formazione “può realizzarsi in FAD con modalità disc ip li nate dal le Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano”.
210 Per approfondimenti in merito all’apprendistato nella transizione digitale, si veda i l contributo di Frisanco e Xxxxxxx (2021).
211 D.L. 23 febbraio 2020 n. 6-Misure urgenti in materia di contenimento e gesti one de ll'e mergenza epidemiologica da Covid-19.
professionali e delle attività formative svolte da enti pubblici e da soggetti privati, alcune Regioni (Lombardia, Piemonte, Xxxxxx-Romagna, Lazio), in alternativa alla ricalendarizzazione, hanno autorizzato la possibilità di erogare, nel periodo di emergenza sanitaria, in modalità e-learning o FAD le attività formative per l’acquisizione di competenze di base e trasversale nell’apprendistato professionalizzante.
La compatibilità del lavoro agile (c.d. xxxxx working) con l’apprendistato (compresa la tipologia professionalizzante) ha generato un acceso dibattito in dottrina. Parte della dottrina212 ritiene che “il lavoro agile non sia compatibile con l’apprendistato poiché l’obiettivo del contratto non è tanto il risultato produttivo della prestazione quanto la qualificazione di una professionalità la cui acquisizione richiede che la prestazione, oltre a non essere valutata sui risultati raggiunti con autonoma gestione dei tempi e spazi come nel lavoro agile, è invece, diretta da un lavoratore qualificato in veste di tutor”. Altra parte della dottrina213 ritiene che “il lavoro agile sia compatibile con l'apprendistato nella misura in cui non pregiudichi il piano formativo contenuto nel contratto e, in particolare, gli obblighi formativi di cui è responsabile il datore di lavoro”.
Pertanto, alla luce della normativa sopra richiamata, si può evidenziare la centralità assunta dall’apprendistato professionalizzante come strumento di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, nel quale il fine occupazionale prevale nettamente sul fine formativo, a differenza delle due tipologie di apprendistato duale a prevalente componente formativa (apprendistato di primo e terzo livello). Ciò è probabilmente ascrivibile sia alla scarsa componente di formazione pubblica dell’apprendistato professionalizzante prevista nella normativa vigente (120 ore nel triennio di formazione pubblica regionale) sia all’abrogazione del contratto di formazione e lavoro214 e del contratto di inserimento215. Infatti, la Riforma Fornero (L. n. 92/2012) ha disposto l’abrogazione del contratto di inserimento a partire dal 2013 (art. 1, comma 14).
212 Per un approfondimento in merito alla compatibilità tra lavoro agile e appre ndistato si r invia al contributo di Manicastri (2017).
213 In tal senso, Turrin (2020).
214 Il contratto di formazione e lavoro introdotto con la L. 19 dicembre 1984, n. 863, è stato abrogato dal X.Xxx.
n. 276/2003 e sostituito dal contratto di inserimento abrogato dall’art. 1, comma 14 della L. n. 92/2012.
215 In tal senso, Xxxxxxxxxxx (2013), secondo la quale “lo sviluppo in senso occupazionale dell’apprendistato, registratosi negli ultimi anni, è ascrivibile all’abrogazione del contratto di inserimento e del contratto di formazione e lavoro nonché al ridimensionamento dell’ambito di operatività dei rapporti di tirocinio formativo”.
Tali fattori hanno, dunque, attribuito all’apprendistato professionalizzante, come sostenuto da autorevole dottrina216 una forte vocazione occupazionale rendendolo sostanzialmente nelle intenzioni del legislatore217, uno strumento di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, anche grazie ai numerosi incentivi per le assunzioni in apprendistato e all’obbligo per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti di stabilizzare almeno il 20% degli apprendisti occupati nei 36 mesi precedenti, ai sensi dell’art. 42, comma 8 del D.Lgs. n. 81/2015.
Tuttavia, per promuovere il ricorso al contratto di apprendistato professionalizzante non basta prevedere, soltanto, incentivi economici e normativi per i datori di lavoro che intendono assumere in apprendistato. La riduzione dei costi per l’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante dovrebbe, infatti, essere accompagnata da azioni di valorizzazione della componente formativa dell’apprendistato. Occorre, infatti, incoraggiare le imprese a realizzare un investimento formativo molto impegnativo su un giovane apprendista, salvo la facoltà di recedere liberamente dal contratto al termine del periodo formativo. Tale investimento dovrebbe essere considerato dalle imprese, specie dalle piccole e medie imprese (PMI), un fattore di incremento della produttività e non un mero costo con benefici aleatori218. Inoltre, per rendere l’apprendistato professionalizzante più appetibile per le imprese, occorre rafforzare, nell’ottica del raccordo tra il sistema della formazione e il mercato del lavoro, l’integrazione tra la formazione effettuata in azienda, più vicina alle esigenze produttive dell’impresa, e la formazione pubblica, di competenza regionale, finalizzata al conseguimento delle competenze di base e trasversale.
3.3 L’apprendistato di alta formazione e di ricerca
L’apprendistato di alta formazione e di ricerca (c.d. apprendistato di terzo livello) è disciplinato dall’art. 45 del D.Lgs. n. 81/2015 e dal D.I. del 12 ottobre 2015. L’insieme delle nuove disposizioni normative garantisce un quadro di
216 In merito si veda, tra gli altri, Xxxxxxx e Xxxxxx (2015).
217 Il legislatore ha dichiarato di voler trasformare il contratto di apprendistato nella “modalità
prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro” (art. 1, comma 1, lettera b), L. n. 92/2012).
218 In tal senso, si rinvia a Gentilini (2017).
regole omogenee per l’attuazione dei percorsi di apprendistato di primo e terzo livello sul territorio nazionale.
L’apprendistato di terzo livello, a differenza della più diffusa tipologia di apprendistato professionalizzante, ha una maggiore valenza formativa, analogamente alla tipologia di primo livello, perché consente all’apprendista di conseguire un titolo di studio, coniugando l’apprendimento nell’istituzione formativa con la formazione e il lavoro in azienda e di accedere al doppio status di studente e lavoratore.
Nel rinnovato quadro normativo, delineato dal D.Lgs. n. 81/2015 e dal D.I. del 2015, il contratto di apprendistato di terzo livello è finalizzato:
• al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, com- presi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS);
• allo svolgimento di attività di ricerca;
• al praticantato per l’accessoalle professioni ordinistiche.
Con il contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca possono essere assunti, in tutti i settori di attività, pubblici o privati, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, in possesso del ‘diploma di istruzione secondaria superiore’ o di un ‘diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore’ o del ‘diploma di maturità professionale, all'esito del corso annuale integrativo’ (art. 45, comma 1 del D.Lgs n. 81/2015).
L’apprendistato di terzo livello, fondato su una sistematica cooperazione tra istituzioni formative e aziende, riconosce alla formazione sul luogo di lavoro un valore di apprendimento formale e all’impresa il ruolo di soggetto formativo, a sostegno di un qualificato incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tale strumento, valorizzando il raccordo tra istruzione, formazione e lavoro, nell’intenzione del legislatore dovrebbe permettere ai giovani sia di sviluppare competenze professionali e trasversali (soft skills), di alto livello, in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, sia di acquisire gli stessi titoli di studio dei percorsi ordinari di istruzione e formazione terziaria (o in alternativa svolgere attività di ricerca o un praticantato), favorendo un più rapido ed efficace inserimento lavorativo dei giovani.
Al fine di implementare un sistema efficace di relazioni tra istituzione formativa e impresa, il D.Lgs. n. 81/2015 ha disposto che il datore di lavoro interessato a
stipulare un contratto di apprendistato di terzo livello sottoscriva un protocollo con l'istituzione formativa presso cui lo studente è iscritto o con l'ente di ricerca che stabilisca la durata e le modalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro, nonché il numero dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per tale formazione in ragione del numero di ore di formazione svolte in azienda219 (art. 45, comma 2). Questo aspetto può motivare gli studenti dei corsi universitari e di alta formazione a proseguire gli studi con un contratto di apprendistato di terzo livello.
Inoltre, la stessa norma ha stabilito che la formazione esterna all'azienda, svolta nell'istituzione formativa presso cui lo studente è iscritto, non possa superare il 60% dell'orario ordinamentale, in modo tale da garantire una quota sostanziale anche all’apprendimento sul luogo di lavoro. Il D.I. definisce i limiti massimi per ciascun tipo di percorso in cui si declina il contratto in base alle sue finalità.
Il D.I. del 2015, richiamando l’art. 45 del D.Lgs. n. 81/2015, ha definito puntualmente gli aspetti formativi e le prerogative contrattuali dei percorsi in apprendistato di terzo livello, di seguito sinteticamente riportati:
• i requisiti del datore di lavoro, in termini di capacità ‘strutturali, ‘tecniche’ e ‘formative’, per poter assumere un apprendista;
• la durata dei contratti che, in generale, non può essere inferiore a sei mesi e
superiore alla durata ordinamentale del percorso formativo oggetto del contratto;
• il protocollo tra il datore di lavoro e l’istituzione formativa (o reti di istitu-
zioni formative) che stabilisce la durata e le modalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro;
• gli standard formativi di riferimento per ogni tipo di percorso di apprendi-
stato di terzo livello;
• i contenuti e le modalità di utilizzo del Piano formativo individuale (PFI) che deve essere sottoscritto dal datore di lavoro, dall'istituzione formativa e dall’apprendista ai fini dell’avvio del contratto;
• i limiti della formazione esterna all’azienda, in termini percentuali rispetto al monte orario previsto per i percorsi ordinari;
• i diritti e i doveri degli apprendisti;
219 Il riconoscimento dei crediti può essere svolto anche in deroga al limite di cui all'art. 2, comma 1 47 , del D.L. n.262/2006, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 286/2006. La deroga attiene alla misura dei CFU riconoscibili (per la formazione in azienda) che potrebbe essere anche superiore ai canonici 1 2 crediti formativi.
• i compiti e i requisiti del tutor aziendale e del tutor formativo che devono affiancare l'apprendista nel percorso di apprendimento e monitorarne il suo corretto svolgimento;
• i criteri di riferimento per la validazione, valutazione e certificazione delle competenze, i cui risultati confluiscono nel dossier individuale dell’apprendista.
L’insieme dei suddetti aspetti, in gran parte comuni all’apprendistato di primo livello, è necessario per favorire l’utilizzo dell’apprendistato di terzo livello, e consentire l’attuazione omogenea dei percorsi sul territorio nazionale220.
È stata attribuita alla responsabilità delle Regioni e Province autonome la regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di ricerca o per percorsi di alta formazione per i soli profili che attengono alla formazione, sentite le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico’. In assenza delle regolamentazioni regionali, l'attivazione dei percorsi in apprendistato di terzo livello è disciplinata dal D.I. del 2015 (art. 45, commi 4 e 5). Sono fatte salve, fino alla regolamentazione regionale, le convenzioni stipulate dai datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli Istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica221.
Nello stabilire i diritti e i doveri degli apprendisti, il D.I. del 2015, all’art. 6, ha attribuito all'istituzione formativa, d’intesa con il datore di lavoro, il compito di informare i giovani, mediante modalità tali da garantire la consapevolezza della scelta anche ai fini degli sbocchi occupazionali, che si concretizzano in iniziative di informazione e diffusione in grado di assicurare la conoscenza di determinati elementi quali:
220 Gli standard formativi definiti a livello nazionale in base all’art. 46 del D.Lgs. n. 81/2015 e al D. I . 1 2 ottobre 2015, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni applicabili su tutto il territorio e rappresentano quindi la base comune di tutte le regolamentazioni regionali che disciplinano l’apprendistato di terzo livello.
221 Ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 185/2016 che ha modificato il comma 4 e sostitui to i l comma 5 dell’art. 45 del D.Lgs. n. 81/2015.
• gli aspetti educativi, formativi e contrattuali del percorso di apprendistato e la coerenza tra le attività e il settore di interesse del datore di lavoro con la qualificazione da conseguire;
• i contenuti del protocollo e del PFI;
• le modalità di selezione degli apprendisti;
• il doppio status di studente e lavoratore, per quanto riguarda l'osservanza delle regole comportamentali nell'istituzione formativa e nell'impresa e, in particolare, delle norme in materia di igiene, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e degli obblighi di frequenza delle attività di formazione interna ed esterna.
Con riferimento all’individuazione dei destinatari del contratto di apprendistato, come specificato dallo schema di protocollo allegato al D.I del 2015, l'istituzione formativa, anche coadiuvata dal datore di lavoro, deve provvedere alle misure di diffusione, informazione e pubblicità delle modalità di candidatura per i percorsi in apprendistato. I soggetti interessati al percorso devono presentare la domanda di candidatura mediante comunicazione scritta all'istituzione formativa. L'individuazione degli apprendisti è compiuta dal datore di lavoro sulla base di criteri e procedure predefiniti, sentita anche l'istituzione formativa, nel rispetto dei principi di trasparenzae di pari opportunità di accesso, mediante eventuali questionari di orientamento professionale e colloquio individuale oppure attraverso percorsi propedeutici di alternanza scuola-lavoro o di tirocinio, al fine di evidenziare motivazioni, attitudini, conoscenze, anche in funzione del ruolo da svolgere in azienda.
Occorre tener presente che la durata effettiva del contratto di apprendistato e la determinazione della formazione interna ed esterna sono definiti nell'ambito del Piano formativo individuale (PFI) in rapporto alla durata ordinamentale prevista per la qualificazione da conseguire, tenendo anche conto delle competenze possedute in ingresso dall'apprendista e delle funzioni e mansioni assegnate allo stesso nell'ambito dell'inquadramento contrattuale.
Per quanto riguarda la durata del contratto di apprendistato di terzo livello il
D.I. del 2015 ha stabilito che la durata minima non possa essere inferiore ai sei mesi (così come disposto dalla disciplina generale) e la massima sia articolata secondo le modalità di seguito indicate (art. 4, commi 3, 4, 5):
• per i contratti per l’alta formazione, pari nel massimo a quella ordinamenta- le dei relativi percorsi;
• per i contratti per attività di ricerca, definita in rapporto a quella del proget- to di ricerca e non può essere superiore a tre anni, salva la facoltà delle Re- gioni e Province autonome di prevedere ipotesi di proroga del contratto fino ad un anno, in presenza di particolari esigenze legate al progetto di ricerca;
• per i contratti finalizzati al praticantato per l'accesso alle professioni ordini- stiche222, definita in rapporto al conseguimento dell'attestato di compiuta pratica per l'ammissione all'esame di Stato.
In merito agli standard formativi dei percorsi di apprendistato di terzo livello, il
D.I. del 2015 (art. 5, comma 2) ne ha rimandato la definizione ai rispettivi ordinamenti con la previsione che:
• per i percorsi di studi universitari, compresi i dottorati, e dell'AFAM siano definiti nell'ambito degli ordinamenti nazionali e universitari vigenti;
• per i percorsi di Istruzione tecnica superiore (ITS)223, siano definiti in attua- zione degli artt. 6-8 del DPCM 25 gennaio 2008224;
• per i percorsi dell'alta formazione regionale siano definiti nell'ambito degli
ordinamenti regionali vigenti.
Per quanto concerne la formazione esterna all’azienda, ovvero erogata dall’istituzione formativa, il D.I. del 2015 ha stabilito (art. 5, commi 6 e 7) che essa non possa essere superiore:
• nei percorsi di studi universitari, compresi i dottorati, e dell'AFAM, al 60%
del numero di ore impegnate nelle lezioni frontali previste nell’ambito dei crediti formativi di ciascun insegnamento universitario;
222 Possono essere assunti in apprendistatodi terzo livello per l’accesso alle professioni ordi ni sti che i giovani aventi i requisiti previsti dal D.Lgs n. 81/2015, fermo restando quanto previsto dai regolamenti per il praticantato delle singole professioni. Il contratto può essere rivolto anche ai giovani che hanno iniziato il periodo di praticantato presso uno studio professionale, nel rispetto della durata mi nima del contratto. Il contratto può essere attivato da un professionista titolare di uno studio professionale che deve stipulare il protocollo con l’ordine professionale di appartenenza e predisporre il PFI. In materia di retribuzione e inquadramento contrattuale si applicano le disposizioni del CCNL degli studi professionali vigente al momento dell’assunzione.
223 I corsi ITS sono finalizzati al conseguimentodei diplomi di tecnico superiore per le figure nazionali afferenti alle sei aree tecnologiche individuate dall’art. 7 del DPCM 25 gennaio 2008 (efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnol ogi e per il made i n I t aly; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; tecnologie de lla informazione e della comunicazione) e considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese.
224 DPCM 25 gennaio 2008-Linee guida per la riorganizzazione del Sistema di istruzione e formazi one tecnica superiore e la costituzione degli Istituti tecnici superiori.
• nei percorsi di istruzione tecnica superiore e nei percorsi dell’alta formazio-
ne regionale, al 60% dell'orario obbligatorio ordinamentale.
Il decreto prevede inoltre che la formazione interna sia pari alla differenza tra le ore del percorso formativo ordinamentale e le ore di formazione esterna (art. 5, comma 7)225.
Con particolare riferimento ai percorsi in apprendistato finalizzati al
praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche, il D.I. ha disposto (art. 5, commi 9, 10 e 11) che gli standard formativi, i contenuti e la durata della formazione siano definiti nel PFI, in coerenza con i rispettivi ordinamenti professionali e con la contrattazione collettiva nazionale. Viceversa, per i percorsi di apprendistato per attività di ricerca i contenuti e la durata indicati nel PFI devono essere coerenti con il progetto di ricerca e le mansioni assegnate all'apprendista. In entrambi i percorsi, la formazione interna non può essere inferiore al 20% del monte orario annuale contrattualmente previsto e la formazione esterna non è obbligatoria.
Analogamente alla tipologia di apprendistato di primo livello, l’organizzazione didattica dei percorsi di formazione in apprendistato è articolata in periodi di formazione interna ed esterna concordati rispettivamente dal datore di lavoro e dall'istituzione formativa e attuati sulla base del protocollo. Tali attività formative, intese come periodi di apprendimento formale226, si integrano ai fini del raggiungimento dei risultati di apprendimento dei percorsi ordinamentali.
La durata, il contenuto e l’articolazione dei percorsi formativi sono stabiliti nel PFI predisposto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro227 in base ai differenti tipi di percorso di apprendistato di terzo livello. Sempre con le stesse modalità di collaborazione, i due soggetti definiscono nel PFI (art. 5, comma 3):
225 Il decreto stabilisce che il percorso di formazione in azienda e nell’istituzione formativa debba essere tale da garantire una programmazione idonea al raggiungimento dei risul tat i di appre ndimento, in termini di competenze, relativi alla qualificazione da conseguire nei diversi percorsi formativi dell’apprendistato di terzo livello (art. 5 comma 8).
226 Come disposto dall’art. 2, comma 1, lett. d) del D.I. del 2015 che rinvia all’art. 2, comma 1, lett. b) del
D.Lgs. n.13/2013.
227 La formazione di competenza del datore di lavoro può essere impartita, a titolo esemplifi cativo, i n aula, on the job, tramite action learning, e-learning, esercitazioni individuali, esercitazioni di gruppo e visite aziendali e termina a seguito del conseguimento del titolo di studio universitarioe/o a conclusione del percorso formativo, al conseguimento dell’attestato di compiuta pratica per l’ammissione all’esame di Stato o alla restituzione dei risultati del progetto di ricerca.
• i dati relativi all'apprendista, al datore di lavoro, al tutor formativo e al tu- tor aziendale;
• ove previsto, la qualificazione da acquisire al termine del percorso;
• il livello di inquadramento contrattuale dell'apprendista;
• la durata del contratto di apprendistato e l'orario di lavoro;
• i risultati di apprendimento, in termini di competenze della formazione in- terna ed esterna, i criteri e le modalità della valutazione iniziale, intermedia e finale degli apprendimenti e, ove previsto, dei comportamenti, nonché le eventuali misure di riallineamento, sostegno e recupero, anche nei casi di sospensione del giudizio.
Il PFI può essere modificato nel corso del rapporto, ferma restando la qualificazione da acquisire al termine del percorso (art. 5, comma 4). I periodi di formazione interna ed esterna sono articolati anche secondo le esigenze professionali dell'impresa e le competenze tecniche e professionali correlate agli apprendimenti ordinamentali che possono essere acquisiti in azienda (art. 5, comma 5).
Dunque, spetta soprattutto all’istituzione formativa il compito di presiedere agli aspetti formativi del percorso, cooperando con il datore di lavoro, a partire dall’individuazione di attività formative coerenti con il titolo di studio da conseguire e funzionali alla specifica realtà produttiva. L’istituzione formativa è chiamata a predisporre forme di raccordo tra le competenze metodologiche/tecniche acquisite con la formazione teorico-scientifica e le attività di formazione on the job correlate alla funzione/ruolo da rivestire in azienda, attraverso forme di collaborazione continua, garantite dalla presenza di un tutor aziendale che interagisce con il tutor formativo.
Come anticipato nel par. 3.1, il D.I. del 2015 ha disciplinato anche le funzioni del tutor formativo e del tutor aziendale (art. 7) ritenute importanti per sostenere durante tutto il percorso in apprendistato l’integrazione tra le attività di formazione sul luogo di lavoro e quelle erogate dall’istituzione formativa.
Per quanto riguarda la valutazione e certificazione delle competenze, il D.I. del 2015 ha stabilito che, sulla base dei criteri stabiliti nel PFI e compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, spetti all’istituzione formativa il monitoraggio e la valutazione degli apprendimenti, anche avvalendosi del datore di lavoro per la parte di formazione in azienda. Tale valutazione, effettuata anche ai fini dell’ammissione agli esami conclusivi dei percorsi in
apprendistato, deve essere riportata nel dossier individuale228 e comunicata all'apprendista (art. 8, comma 1). Gli esami conclusivi dei percorsi in apprendistato si effettuano, laddove previsti, in applicazione delle norme relative ai rispettivi percorsi ordinamentali, anche tenendo conto delle valutazioni espresse dai due tutor nel dossier individuale e in funzione dei risultati di apprendimento definiti nel PFI. Inoltre, è stato previsto (art. 8, comma 7) che, in esito al superamento dell'esame finale e al conseguimento della qualificazione, l’ente titolare229 ai sensi del D.Lgs. n. 13/2013 rilasci un certificato di competenze o, se previsto, un supplemento al certificato che deve comunque contenere gli standard minimi di attestazione di cui all’art. 6 del D. Lgs.
n. 13/2013 e i dati per la registrazione dei documenti nel sistema informativo dell'ente titolare, in conformità al formato del libretto formativo del cittadino. Come già anticipato (par. 2.9), le Linee guida sulla certificazione delle competenze sonostate emanate con D.I. del 5 gennaio 2021, rendendo pienamente attuabile tale disposizione di legge.
Infine, il D.I. del 2015 ha indicato i soggetti istituzionali (tra cui anche l’Inapp,
allora Isfol) ai quali spetta il monitoraggio e la valutazione annuale dei percorsi di apprendistato, anche con riferimento alle finalità di aggiornamento degli standard e dei criteri generali contenuti nel decreto stesso (art. 9, comma 1).
Al fine di sostenere il ricorso al contratto di apprendistato di terzo livello da parte dei datori di lavoro, le leggi di Xxxxxxxx, nel triennio 2018-2021, hanno introdotto incentivi di tipo economico, che si aggiungono a quelli normativi previsti dalla disciplina vigente (cfr. par. 4.1). Tuttavia, malgrado tali incentivi, la quota dell’apprendistato di terzo livello sul totale dei rapporti di lavoro in apprendistato continua ad essere marginale e presente prevalentemente nelle regioni del Settentrione230.
228 Il dossier contiene la documentazione relativa alla valutazione intermedia e finale degli apprendimenti, le eventuali attestazioni ottenute durante il percorso, le indicazioni del tutor formativoe del tutor aziendale, gli indicatori di trasparenza e le modalità per la xxx xxxxx one de lle compe te nze acquisite (colloquio tecnico, osservazione on the job, prova prestazionale/si mulata i ndi vi dual e o di gruppo, project work, peer review).
229 L’art. 2, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 13/2013 individua l’”ente pubblico titolare: ammini strazi one pubblica, centrale, regionale e delle province autonome titolare, a norma di legge, della regolamentazione di servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze”.
230 Nel 2018 il numero medio annuo dei rapporti di lavoro in apprendistato è pari a 4 9 4. 75 8, di cui l’apprendistato di terzo livello rappresenta solo lo 0,2%, pari a 960 rapporti, con una contrazi one de l 2,3% rispetto all’anno precedente. La variazione è positiva solo nel Nord-Ovest (+13,1%). Tal e n umero medio si distribuisce nel seguente modo: 56,8% nel Nord-Ove st (3 0% c irca i n Pie monte e 2 5% i n Lombardia); 15% nel Nord-Est; 10,3% nel Centro; 17,8% nel Mezzogiorno. Sul totale degli apprendisti del
Nel quadro normativo in materia di apprendistato fissato a livello nazionale, le Regioni e le Province autonome hanno operato per recepire nei propri ordinamenti la disciplina dell’apprendistato di terzo livello, definendone la regolamentazione di dettaglio e rendendo operativa l’offerta formativa dedicata ai diversi percorsi, attraverso l’emanazione di avvisi o bandi231.
Al 31 dicembre 2019, le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2015 e del D.I. del 2015 riguardanti l’apprendistato di terzo livello risultano essere state recepite con specifiche deliberazioni da sedici Amministrazioni: Piemonte, Lombardia, Province autonome di Trento e di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Xxxxxx- Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Al fine di dare attuazione alla normativa nazionale e valorizzare questa tipologia contrattuale per renderla più accessibile ai giovani e alle aziende, il processo di regolamentazione dell’offerta formativa è avvenuto nella maggior parte dei casi tramite intese o accordi stipulati dalle Amministrazioni con gli uffici scolastici regionali, le istituzioni formative interessate (università, fondazioni ITS, enti di ricerca ecc.) e le parti sociali. Alcune Regioni non hanno ancora formalizzato gli accordi/intese con i diversi soggetti coinvolti nella regolamentazione.
Le regolamentazioni territoriali in materia di apprendistato di alta formazione e ricerca risultano essere sostanzialmente conformi alla normativa nazionale ed omogenee nei contenuti e, in alcuni casi, indicano specifici aspetti. In particolare, con riferimento al contratto per lo svolgimento di attività di ricerca, sono indicate le tipologie di progetti di ricerca aziendale, le modalità e i soggetti coinvolti232. Per quanto riguarda invece il contratto per il conseguimento della laurea triennale, sono specificati i requisiti minimi per l’attivazione e la durata contrattuale233 dei percorsi formativi. Infine, per
terzo livello, quasi i 2/3 sono uomini e il 60,6% ha un’età compresa tra 25 e 29 anni (Fonte: Inps – Archivi delle denunce retributive mensili – UniEmens).
231 I bandi/avvisi sono rivolti alle istituzioni formative per finanziare la realizzazione dei percorsi i n ap- prendistato (servizi formativi, servizi al lavoro e di sistema), con riferimento (ad esempio, ne i pe rcorsi universitari) alle seguenti attività: counselling orientativo, preselezione, accompagnamento al l avoro, progettazione e redazione del PFI, coordinamento scientifico, formazione specialistica addizional e al l a formazione accademica ordinaria, tutoraggio individualizzato, attivazione e gestione della piattaforma per la formazione a distanza, diffusione dei risultati, monitoraggioecc.
232 Università, enti, laboratori e/o centri di ricerca industriale e centri per l’innovazione accreditati dal la regione o iscritti all’albo del MIUR.
233 La durata contrattuale può essere proporzionalmente ridotta in caso di riconosc imento, d a parte delle Università, di Crediti Formativi Universitari (CFU) conseguiti a seguito di esperienze formati ve o professionali precedenti alla stipula del contratto.
quanto attiene all’apprendistato per il praticantato finalizzato all’accesso alle professioni ordinistiche, sono specificati sia la durata massima del periodo formativo234 sia i soggetti235 che possono erogare i servizi formativi.
Nonostante il processo di regolamentazione affidato alle Regioni e Province autonome dalle disposizioni nazionali sia ad oggi quasi completato e omogeneo nei contenuti, la programmazione dell’offerta formativa nei territori risulta essere alquanto disomogenea.
Infatti, nel periodo 2016-2018, i percorsi dedicati all’apprendistato di alta formazione e ricerca sono stati avviati in 12 territori regionali: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, P.a. Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Xxxxxx-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Sardegna. Tali Regioni/Province autonome mostrano, inoltre, differenti livelli di diversificazione dell’offerta e di partecipazione ai percorsi formativi resi disponibili ai giovani assunti con questo contratto, legati anche alle peculiarità delle realtà produttive territoriali.
Si segnala che il numero di apprendisti assunti con contratto di apprendistato di terzo livello, iscritti alle attività formative, rappresenta una quota marginale (pari allo 0,4%) sul totale degli apprendisti in formazione in Italia, concentrata prevalentemente nelle Regioni Piemonte e Lombardia236 (Inapp e Inps 2021).
Al fine di promuovere la diffusione dell’apprendistato di terzo livello e migliorare le condizioni che determinano il complesso processo di matching tra giovani, imprese e istituzioni formative per l’assunzione mediante tale contratto, nonché la qualificazione dell’offerta formativa, in vari casi le Regioni
234 Ad esempio, al completamento della prima sessione utile per sostenere l’esame di Stato abilitante o successivamente al conseguimento dell’attestato di avvenuta pratica.
235 Ordini e collegi professionali, associazioni di iscritti agli albi o altri soggetti autorizzati dai Consi gli nazionali degli ordini o collegi.
236 Nel 2018, il numero di apprendisti con contratto di apprendistato di terzo livello partecipanti al le attività formative aumenta del 10,8% rispetto al 2017 (in particolare i n P iemonte, che registra un incremento del 61,4%), raggiungendo le 605 unità, che rappresentano lo 0,4% sul totale degli apprendisti in formazione (148.680 unità), contro il 95,2% rilevato nell’ apprendistato professionalizzante (la quota nell’apprendistato di primo livello è pari al 4,4%). Sul totale degli apprendisti del terzo livello in formazione (605 unità), la gran parte si rileva in Piemonte (74,7%), seguito da Lombardia (16%), Toscana (2,6%), Xxxxxx- Romagna (2,5%), P.a. di Bolzano (1, 7%), Friuli - Ve nezi a Giulia (1,8%) e Valle d’Aosta (0,7%). La maggioranza degli apprendisti del terzo livello in formazi one (i l 60,4%) frequenta un master ed è localizzata in Piemonte. Quote notevolmente più basse si rilevano negli altri tipi di percorso formativo: 19% nell’istruzione tecnica superiore, 10,3% nelle attività di ricerca, 5,4% nel dottorato e 4,9% nella laurea. Oltre la metà degli apprendisti inseriti in un percorso per il diploma ITS è localizzata in Lombardia e quasi tutto il resto in Piemonte (alcuni casi si ri levano i n Fri ul i-Ve ne zia Giulia). Nel 2017, i livelli più alti di partecipazione alla formazione da parte degli apprendi sti con contratto di terzo livello si registravano in Piemonte (51,3% del totale), Lombardia (2 4 ,9 %) e Lazi o (11,7%), prevalentemente nei percorsi per attività di ricerca.
e Province autonome hanno promosso una strategia di governance che ha coinvolto, seppur con diverse modalità e intensità di interlocuzione, i molteplici attori che concorrono al funzionamento di tale processo: istituzioni centrali, enti locali, istituzioni formative (Università, Fondazioni, ITS, Enti di ricerca, Ordini professionali ecc.) e scolastiche, uffici scolastici territoriali, associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori, soggetti intermediari (centri per l’impiego, agenzie del lavoro, consulenti del lavoro).
Al fine di favorire il superamento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, i percorsi formativi sono stati finalizzati a coniugare l’orientamento, le prospettive e abilità personali, e le modalità di formazione alle esigenze di sviluppo del capitale umano delle imprese, anche in relazione ai fabbisogni del tessuto economico/produttivo territoriale. In particolare, è stata offerta la possibilità, attraverso percorsi flessibili e personalizzati, co-progettati dalle istituzioni formative e dalle imprese, di inserire nelle aziende giovani con profili medio-alti, formati su competenze ad elevata specializzazione e trasversali o soft skills (capacità di apprendimento continuo, comunicazione, lavoro in gruppo, problem solving, leadership ecc.), in grado di contribuire alla crescita della produttività del lavoro e all’innovazione delle aziende, con particolare riferimento alle strategie di Industria 4.0.
Sul processo di attuazione dell’apprendistato di alta formazione e ricerca ha influito positivamente la cooperazione istituzionale con la pluralità dei soggetti coinvolti e il sistema di relazioni stabili tra le istituzioni formative e le aziende, presenti soprattutto in alcuni territori del Nord e del Centro che hanno un mercato del lavoro più sviluppato in termini di domanda proveniente dai settori produttivi e di relazioni strutturate tra i soggetti pubblici e privati che vi operano, nonché un sistema di istruzione e formazione terziaria maturo, con pratiche consolidate di apprendimento duale, avendo introdotto da tempo i tirocini237 presso le aziende, nell’ambito dei programmi ordinari universitari e degli istituti tecnici superiori.
Altri fattori che hanno contribuito all’implementazione dei percorsi di apprendistato di terzo livello nei territori sopra indicati, risiedono nella
237 Si fa riferimento ai tirocini curriculari che si svolgono nell’ambito del percorso di studi unive rsi tari , funzionali (in alcuni casi obbligatori) al conseguimento del titolo di studio. Questo tipo di e sperie nza, seppure di breve durata, agevola la conoscenza reciproca tra lo studente e il datore di lavoro, permet te di evidenziare motivazioni, attitudini, conoscenze e quindi può favorire l’attivazione di un contratto di apprendistato di terzo livello. Tale tipologia di tirocinio va distinta da quella e xtracurri culare , che si svolge al di fuori del percorso di studi ed è disciplinata dalle Regioni e Province autonome (cfr. par. 5.1).
capacità, da parte delle istituzioni formative, di flessibilizzare l’organizzazione didattica, di personalizzare i percorsi formativi e di investire sulla formazione, sull’orientamento e sui servizi di placement.
L’efficacia dei percorsi realizzati è strettamente connessa sia alla corresponsabilità educativa e formativa dell’istituzione formativa e dell’impresa, a partire dalla progettazione condivisa di attività formative, sia all’interesse delle aziende ad investire sulla formazione degli apprendisti, nell’ottica del loro inserimento stabile in organico, concluso il rapporto di lavoro in apprendistato.
Le normative regionali in materia di apprendistato di terzo livello possono apportare ulteriori elementi di qualificazione dell’offerta formativa, in termini di semplificazione, flessibilità e organicitàdei percorsi, nell’intento di incrementarne l’attrattività e favorire l’accesso degli apprendisti all’istruzione terziaria, attraverso un’organica integrazione traapprendistatidi primoe terzolivello.
In relazione alla fase di emergenza epidemiologica da Covid-19, dall’esame dei provvedimenti normativi regionali emanati per la gestione dell’apprendistato di terzo livello, è emerso come la possibilità di modificare il PFI con la rimodulazione delle attività e il supporto di piattaforme di e-learning, abbia contribuito a facilitare la prosecuzione della formazione interna ed esterna dell’apprendista nel caso in cui l’attività lavorativa fosse svolta da remoto, in regime di lavoro agile (c.d. smart working).
Dunque, alla luce dell’analisi sin qui condotta, basata sulle esperienze di apprendistato di terzo livello realizzate nei territori, emergono le notevoli potenzialità di tale contratto per la crescita professionale e l’inserimento lavorativo dei giovani, nonché per la produttività delle aziende, soprattutto se la formazione degli apprendisti è integrata nei processi produttivi. Infatti, si segnala come il valore del modello duale di apprendimento risieda nella sua capacità di agire positivamente sul mismatch di competenze presente nei territori, attraverso la coprogettazione delle attività formative tra aziende e istituzioni formative (Università, Fondazioni ITS ecc.), rispondendo in tal modo ai bisogni di innovazione e competitività delle aziende e del tessuto produttivo territoriale.
Tuttavia, la sua diffusione è ancora molto contenuta e coinvolge maggiormente alcune aree del Paese e alcuni percorsi, quali i master universitari e, in misura inferiore, gli ITS. L’attrattività di questi percorsi è dovuta alla loro maggiore flessibilità e capacità di rispondere ai fabbisogni emergenti delle imprese e dei
territori, soprattutto in relazione alle nuove competenze necessarie ad accompagnare l’evoluzione dell’innovazione tecnologica e organizzativa del sistema produttivo238.
Si evidenziano inoltre le difficoltà di attuazione per l’apprendistato di terzo livello finalizzato ad assolvere al periodo di praticantato239 per l’accesso alle professioni ordinistiche240 necessario per sostenere il successivo esame di Stato, in regime di lavoro subordinato e sulla base di un PFI appositamente predisposto, con i vantaggi che ne derivano: il datore di lavoro (professionista titolare di uno studio professionale) eroga una formazione adeguata ai suoi fabbisogni, beneficiando delle agevolazioni contributive, fiscali, retributive e normative legate al contratto; il giovane apprendista ha l’opportunità di accedere al doppio status di studente-lavoratore, conseguire l’attestato di compiuta pratica professionale, sviluppando effettivamente le competenze utili per l’esercizio della professione e beneficiando, al contempo, delle tutele proprie del lavoro subordinato.
Per superare le difficoltà di attuazione del sistema di apprendistato di terzo
livello occorre potenziarlo attraverso misure di policy che perseguano molteplici finalità, tra le quali: sviluppare il networking tra le istituzioni formative e i potenziali datori di lavoro; promuovere il coinvolgimento attivo delle parti sociali; sensibilizzare imprese, giovani e loro famiglie sui vantaggi dell’apprendistato; garantire la coerenzatra i curricula dei percorsi formativi e le nuove esigenze del mercato del lavoro, alla luce delle rapide innovazioni del sistema produttivo e dell’organizzazione del lavoro; assicurare una maggiore flessibilità nell’organizzazione dei corsi di laurea in apprendistato; adeguare le competenze dei tutor formativi e aziendali; garantire la qualità dei sistemi di
238 Mostrano interessanti segnali di sviluppo anche i percorsi in apprendistato finalizzati ad attività di r icerca, legate a specifici progetti aziendali, a carattere innovativo, sviluppati dall’impresa insieme all’ universi tà in diversi ambiti (ricerca di tipo industriale o scientifico, web marketing, piattaforma di e-commerce ecc.) in l inea con le esigenze aziendali, mediante il supporto di un tutor/referente universitario(assegnato all’apprendista) scelto tra professori o ricercatori esperti nella materia oggetto del progetto.
239 Il periodo di praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche non si configura come rapporto di
lavoro e prevede generalmente un rimborso spese.
240 Tale contratto trova applicazione se regolamentato da un accordo tra la Regione e le parti sociali del territorio di riferimento che colleghi le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2015 e del D.I. del 12 ottobre 2 0 15 con quelle previste dal CCNL per i dipendenti degli studi professionali. In al cuni territori sono state stipulate intese interconfederali regionali che disciplinano il contratto. Tuttavi a, l ’applicazi one de l contratto è ancora in fase sperimentale. L’attuazione di tale contratto è stata sostenuta operativamente anche da specifiche Linee Guida in apprendistato realizzate dalle Regioni in collaborazi one con Anpal Servizi SpA.
apprendistato, anche attraverso una didattica esperienziale e modalità di apprendimento basate sulle nuove tecnologie digitali; sviluppare un effettivo sistema di certificazione delle competenze acquisite.