COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) FAUSTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CETRA Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTARELLI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(MI) PERSANO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) PERSANO
Seduta del 13/07/2021
Relatore XXXXXXX XXXXXXX
FATTO
Nel presente procedimento la parte ricorrente, titolare di n. 20 BFP, chiede il rimborso dei titoli con applicazione dei rendimenti indicati sul retro degli stessi, affermando quanto segue:
• nel corso degli anni dal 1983 al 1988 ha sottoscritto, unitamente ai propri genitori (oramai defunti), alcuni Buoni Postali Fruttiferi;
• al momento della liquidazione, l’intermediario non ha rispettato le condizioni riportate sul retro dei titoli, sia per quanto riguarda gli interessi relativi ai primi 20 anni, che per quelli riportati in misura fissa dal 20° al 30° anno;
• gli importi rimborsati sono infatti nettamente inferiori rispetto a quanto dovuto;
• la Suprema Corte ha sancito che il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti (cfr. Cass. n. 13979/2007);
• tale orientamento risulta altresì confermato dalla giurisprudenza di merito (cfr. ex multis Trib. di Xxxxxxx, sent. 974/14).
Nelle proprie controdeduzioni, l’Intermediario in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per:
- incompetenza temporale dell’Arbitro, in quanto la fattispecie oggetto del ricorso attiene a vizi genetici del negozio ed è pertanto sottratta temporalmente dall’ambito di competenza dell’ABF;
- incompetenza per materia dell’Arbitro, essendo i BFP prodotti finanziari emessi dalla Cassa DDPP, disciplinati da norme di carattere speciale in ordine ai quali non trovano applicazione le disposizioni del titolo VI, capo I del TUB.
Nel merito, chiede il rigetto del ricorso ed eccepisce quanto segue:
- Con riguardo ai buoni Serie “Q/P”:
• detti buoni appartengono a tutti gli effetti alla serie ordinaria “Q”, istituita con il D.M. 13.06.1986, pubblicato sulla G.U. n.148 del 28/06/1986;
• detto decreto indica i saggi di interesse e le relative somme oggetto di rimborso con interesse composto fino al 20° anno (8%, 9%, 10,5% e 12%) e con interesse semplice dal 21° anno sino al 30° anno (12%);
• il rendimento è strutturato prevedendo un interesse composto per i primi vent’anni ed un importo bimestrale, per ogni bimestre maturato oltre il ventesimo anno e fino al 31 dicembre del 30° anno successivo all’emissione, calcolato in base al tasso massimo raggiunto al 20° anno;
• detti buoni sono stati emessi sui moduli della precedente serie P, apponendo sulla parte anteriore un timbro con la serie Q/P e sulla parte posteriore un altro timbro recante la serie Q/P e la stampigliatura della misura degli interessi previsti per la nuova serie;
• in applicazione del disposto dell’art. 5 del DM, era necessario apporre il timbro contenente la sola indicazione dei nuovi e diversi tassi di interesse e non anche dell’importo bimestrale da corrispondersi dal 21° al 30° anno, il cui sistema di calcolo rimaneva invariato in quanto rapportato al tasso di interesse massimo raggiunto e cioè, per il buono in esame, al tasso del 12% indicato nel timbro (e non al 15% previsto dalla precedente serie P);
• un regime differenziato fra i due periodi non trova alcuna giustificazione poiché l’avvenuta apposizione dei timbri prescritti – pur in assenza di un’espressa deroga al regime di interessi previsto per il periodo successivo al ventesimo anno – appare pienamente idonea a qualificare il buono sottoscritto dall’appellante come appartenente alla nuova serie “Q” e, dunque, integralmente assoggettabile al relativo regime (cfr. ex multis Corte di Appello di Milano, sent. 5025 del 16.12.2019);
• la sentenza della Corte di Cassazione a SS UU n. 13979/2007, riguarda un caso del tutto differente rispetto a quello in controversia (buoni emessi su moduli di serie non più in vigore e senza indicazioni relative alla nuova serie e ai nuovi rendimenti) e comunque esclude espressamente che possa farsi riferimento al legittimo affidamento nel caso in cui sul buono sia presente una stampigliatura con l’indicazione di una sigla e di condizioni diverse;
• i buoni fruttiferi postali sono titoli di legittimazione e non costituiscono titoli di credito; pertanto non si applicano i principi dell’autonomia causale e della letteralità, che caratterizzano, invece, i titoli di credito (cfr. Cass. SS.UU. n. 3963/19, Cass. SS.UU. n. 13979/07 e Cass. n. 27809/05);
• non è invocabile il principio dell’affidamento incolpevole poiché in ragione del tenore letterale dei moduli sottoscritti e della pubblicità legale del predetto D.M. (pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), il cliente si sarebbe dovuto avvedere, usando l’ordinaria diligenza, che il titolo acquistato apparteneva alla serie Q/P, con conseguente applicazione dei relativi rendimenti fino alla scadenza (cfr. Cass. SS.UU. 3963/2019).
- Con riferimento ai buoni Serie “O” e Serie “P”:
• dette serie hanno visto modificare il proprio rendimento per effetto del D.M. 13.06.1986 concernente la “Modificazione dei saggi d'interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio”;
• il D.M. 13.06.1986, stabilisce espressamente che sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera "Q", a partire dalla stessa data, si applicano i saggi di interesse fissati da tale medesima normativa per i buoni appartenenti alla nuova serie Q, conformemente a quanto previsto dal D.P.R 156/1973;
• la variazione dei tassi di interesse operata con detto X.X. xxxx fondamento da una fonte di rango legislativo - ovvero il D.P.R del 1973 - escludendo di conseguenza un possibile profilo di inadempimento contrattuale a carico dell’emittente;
• tale cornice normativa depone evidentemente nel senso della eterointegrazione del contratto, ovvero la possibilità che il contenuto dei diritti del sottoscrittore dei titoli possa subire variazioni nel corso del rapporto per effetto dalla sopravvenienza di atti normativi, ciò costituendo nella specie un’integrazione extra testuale del rapporto (cfr. Cass. 27809/2005);
• la giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario ha più volte ribadito che il regolamento contrattuale, originariamente convenuto fra le parti al momento della emissione del titolo, possa essere legittimamente “etero integrato” sulla base delle variazioni del tasso di interesse disposte con successivo decreto del Ministro del Tesoro, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, ciò costituendo un adeguato sistema di pubblicità legale, senza necessità di una specifica e diretta informativa dei singoli intestatari;
• il rendimento dei titoli in contestazione è pertanto fissato da un atto di natura amministrativa che integra, modifica e sostituisce la tabella dei tassi riportati sui titoli stessi, secondo l’espressa previsione dell’art. 173 del D.P.R. del 1973;
• in senso conforme le SS.UU. della Suprema Corte che hanno enunciato la legittimità di una modifica delle condizioni del contratto, anche in senso peggiorativo per il risparmiatore, mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo (cfr. SS.UU. n. 13979/2007).
In sede di repliche, la cliente ribadisce sostanzialmente quanto già dedotto in sede di ricorso e, in particolare, precisa che:
• la mera pubblicazione del D.M. del 1986 sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a rendere edotto il consumatore delle modifiche intervenute e non assolve agli obblighi di chiarezza e trasparenza gravanti sull’intermediario;
• laddove l’intermediario ha apposto il timbro modificativo dei rendimenti, non ha comunque diligentemente incorporato nel testo cartolare le complete determinazioni ministeriali relative al rendimento dei titoli, mancando la parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno;
• l’intermediario non ha liquidato gli importi dovuti neppure per i buoni serie “Q” nn.
***.033, ***222 e ***017, i quali riportano sul retro la seguente dicitura: “dal 21° al 30° anno solare successivo a quello di emissione sarà corrisposto un interesse semplice al tasso massimo raggiunto”;
• desiste da “qualsiasi azione” relativa ai buoni delle serie “O” e “P”, sottoscritti negli anni 1983-1985, pur ritenendo comunque scorretto il comportamento dell’intermediario.
DIRITTO
Nella controversia in esame la parte ricorrente è titolare di n. 20 buoni fruttiferi postali, di cui:
- n. 6 BFP della Serie O, emessi tra il gennaio ed il settembre del 1983;
- n. 2 BFP della Serie P/O, emessi rispettivamente nel marzo e nel luglio del 1985;
- n. 3 BFP della Serie P, emessi tra il novembre del 1985 ed il marzo del 1986;
- n. 3 BFP della Serie Q, emessi tra il marzo ed il novembre del 1988;
- n. 6 BFP della Serie Q/P, emessi tra il novembre del 1986 ed il marzo 1987.
Con riferimento a tutti detti buoni, si contesta la mancata corresponsione dei rendimenti originari indicati sul retro dei titoli.
In via preliminare, l’intermediario eccepisce l’inammissibilità del ricorso affermando l’incompetenza ratione temporis dell’ABF, in quanto i buoni in controversia sono stati sottoscritti tra il 1983 ed il 1987, e che il petitum sarebbe fondato su vizi genetici e non sugli effetti del negozio giuridico prodottisi dopo il 1° gennaio 2009. Eccepisce, inoltre, l’incompetenza per materia di codesto Arbitro, in quanto detti titoli sarebbero prodotti finanziari emessi dalla Cassa depositi e prestiti e disciplinati da norme di carattere speciale, in ordine ai quali non troverebbero applicazione le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U.B.
Le suddette eccezioni sollevate dall’intermediario devono considerarsi non fondate, in quanto, secondo un consolidato orientamento dell’ABF, “Quanto all’eccezione relativa all’incompetenza dell’Arbitro ratione temporis, occorre considerare che, sebbene le Disposizioni della Banca d’Italia (sez. I, § 4) stabiliscono che «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009» e che i BPF di cui si tratta sono stati emessi in data ben anteriore, parte ricorrente non fonda la propria domanda su un vizio genetico del rapporto bensì sull’errata determinazione dei rendimenti in sede di liquidazione dei titoli, perciò è a tale data che occorre fare riferimento per stabilire la competenza temporale dell’Arbitro. Poiché i titoli risultano essere stati liquidati nel 2017 e nel 2018, è evidente la competenza temporale dell’adito Arbitro. Quanto, poi, all’eccezione relativa all’incompetenza ratione materiae, sia sufficiente richiamare il costante orientamento contrario di tutti i Collegi dell’ABF, si deve
rilevare che, come questo Xxxxxxx ha già avuto più volte occasione di affermare, possono essere a esso sottoposte le controversie aventi a oggetto l’incasso di B.P.F.” (Collegio di Milano, decisione n. 18327 del 21.10.2020). In senso analogo, si ricordi anche Collegio di Milano, decisione n. 206/2014, Collegio di Milano, decisione n. 1307/2013, Collegio di Roma, decisione n. 5113/2013, Collegio di Napoli, decisione n. 52/2013, nonché Collegio di Coordinamento, decisione n. 5673/2013.
Ciò posto, passando all’esame del merito della controversia, si deve osservare quanto segue.
Con riferimento ai BFP della serie Q, la parte domanda l’accertamento del diritto ad ottenerne la liquidazione, sulla base delle condizioni riportate sul retro per tutto il trentennio di durata dei titoli.
In merito a tale domanda, osserva il Collegio che il rendimento di cui trattasi è quantificato sui BFP in questione (anche) sotto forma di tasso d’interesse, cioè di percentuale da applicare al capitale, solo con riferimento ai primi 20 anni di validità del titolo. È indicato, invece, (solo) sotto forma di importo fisso che matura bimestre per bimestre a far data dall’inizio del 21° anno di durata del titolo (“più lire […] per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30° anno solare successivo a quello di emissione”).
Tale importo fisso corrisponde a quello che si otterrebbe capitalizzando al lordo della ritenuta fiscale gli interessi maturati nel corso del primo ventennio di durata del titolo e calcolando sul capitale così ottenuto un interesse annuo – sempre lordo, ma non capitalizzabile – del 12% (cioè, un interesse annuo semplice pari a quello riconosciuto nell’ultimo anno del primo ventennio).
La parte ricorrente richiede il rimborso con l’applicazione dell’importo fisso, affermando, dunque che l’accordo contrattuale tra i sottoscrittori dei buoni e l’intermediario resistente si è formato su tale importo, rimasto invariato.
Così chiariti i termini della questione che gli è stata sottoposta, questo Collegio ritiene utile richiamare qui brevemente i provvedimenti normativi primari e secondari rilevanti ai fini della decisione.
In tale prospettiva, viene anzitutto in considerazione il d.m. 13/06/1986 istitutivo della Serie Q di cui trattasi, il cui art. 4 prevede quanto segue: “Con effetto dal 1° luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera ‘Q’, i cui saggi di interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto. Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni; le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi”.
Si deve inoltre osservare che il decreto quantifica i rendimenti dei buoni della Serie Q in tabelle distinte, ciascuna delle quali si riferisce ad un “taglio” dei buoni stessi (da Lit.
50.000 a Lit. 5.000.000). Tutte le tabelle indicano i rendimenti per il primo ventennio sotto forma sia di tasso d’interesse (cioè, di percentuale), sia di importi in Lire; importi che devono essere capitalizzati di anno in anno e, quindi, sommati al capitale maturato l’anno prima. Per quanto riguarda i rendimenti destinati a maturare nell’ultimo decennio di durata dei buoni, le tabelle di cui si è detto non indicano alcuna percentuale, ma solo la somma in Lire dovuta “per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30° anno solare successivo a quello di emissione”.
Come visto sopra, però, tale somma corrisponde ad un sesto dell’importo degli interessi che sarebbero maturati ogni anno sul capitale risultante alla fine del primo ventennio di durata dei buoni per effetto della capitalizzazione lorda degli interessi convenzionali,
applicando a tale capitale un tasso annuo del 12%, cioè il tasso massimo previsto per la Serie Q dal decreto. Dall’invariabilità dell’importo fisso bimestrale di cui si è detto si ricava che nell’ultimo decennio di durata dei buoni il rendimento non è – come sopra accennato – capitalizzabile, in quanto il tasso del 12% è sempre applicato al capitale risultante al termine del primo ventennio.
Occorre infine notare che il decreto di cui trattasi non fa menzione di una ritenuta fiscale sugli interessi perché a quella data il rendimento dei buoni fruttiferi era esente da tassazione, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 29/09/1973, n. 601, il quale disponeva (e tuttora dispone) che “sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dall'imposta locale sui redditi gli interessi, i premi e gli altri frutti dei titoli del debito pubblico, dei buoni postali di risparmio, delle cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e delle altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazione statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, province e comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l'esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio”.
L’esenzione dalla tassazione degli interessi sui buoni fruttiferi è venuta meno con l’entrata in vigore del d.l. 19/09/1986, n. 556, convertito con modificazioni nella l. 17/11/1986, n. 759, il cui art. 1, comma 1, prevede che “agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli indicati nell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, ed equiparati, emessi successivamente alla entrata in vigore del presente decreto, non si applica l'esenzione ivi prevista, salvo quelli emessi all'estero”.
Il successivo comma 2 del medesimo articolo precisa, tra l’altro, che “sugli interessi e altri proventi di cui al comma 1 deve essere operata una ritenuta ai sensi dell'art. 26, commi primo e quarto, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ridotta alla metà [cioè, al 6,25%, n.d.r.] relativamente agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli emessi fino al 30 settembre 1987 e applicata a titolo di imposta anche nei confronti degli enti non commerciali”.
Il sopra citato termine del 30/09/1987 è stato anticipato al 24/09/1987 dall’art. 7 del d.l. 24/09/1987, n. 391, e poi ulteriormente anticipato al 31/08/1987.
Consegue da quanto precede che:
- i buoni emessi fino al 20/09/1986 erano esenti da ritenuta fiscale;
- quelli emessi dal 21/09/1986 al 31/08/1987 erano soggetti ad una ritenuta fiscale dimezzata (cioè, pari al 6,25%) e
- quelli emessi dopo il 01/09/1987 (per quanto interessa in questa sede) erano soggetti alla ritenuta fiscale del 12,5%.
Le modificazioni della disciplina fiscale di cui si è detto non hanno inciso sul regime della capitalizzazione degli interessi maturati nel corso del primo ventennio di durata dei buoni trentennali (cioè, degli unici interessi soggetti a capitalizzazione).
Tale regime è stato invece modificato dall’art 7, ultimo comma, del d.m. 23/06/1997, n. 1200900, il quale ha previsto che “per i buoni delle serie ordinarie contraddistinte con le lettere ‘Q’, ‘R’ ed ‘S’ emessi fino al 31 dicembre 1996 a favore di qualsiasi soggetto, gli interessi continueranno, per i primi venti anni di vita del titolo, ad essere capitalizzati annualmente al netto della ritenuta fiscale”.
L’efficacia retroattiva di tale norma secondaria si poggia sull’art. 173, comma 1, del d.P.R. 29/03/1973 (Codice postale), il quale – prima della sua abrogazione ad opera dell’art. 7 del d.lgs. 30/07/1999, n. 284 – prevedeva che “le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse
hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”.
Tale efficacia retroattiva delle modifiche peggiorative dei rendimenti dei buoni fruttiferi, introdotte a norma del richiamato art. 173 Cod. post., è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Consulta con la sentenza n. 26 del 20/02/2020. Con tale sentenza, la Corte, chiamata a valutare la legittimità costituzionale del suddetto art. 173 rispetto agli artt. 3, 43, 47 e 97 Cost., ha infatti dichiarato la questione in parte inammissibile e in parte non fondata, evidenziando che la norma impugnata si basava su un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e le esigenze di contenimento della spesa pubblica (sulla legittimità del meccanismo di etero-integrazione postuma e peggiorativa delle condizioni economiche dei buoni fruttiferi si vedano anche le decisioni del Collegio di coordinamento dell’ABF n. 6142/2020 e n. 5675/2013).
Occorre poi considerare che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità e dell’ABF, i buoni fruttiferi sono documenti di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 c.c. e non titoli di credito e che tale natura giuridica è compatibile con una modifica unilaterale delle condizioni riportate sui loro moduli ad opera di un provvedimento normativo di natura secondaria.
Si deve infine ricordare che l'art. 7, comma 3, del sopra richiamato d.lgs. 30/07/1999, n. 284, che ha abrogato l’art. 173 Cod. post., ha stabilito che i rapporti in essere alla data di entrata in vigore dei decreti destinati a stabilire le nuove caratteristiche dei buoni fruttiferi continuassero ad essere regolati dalle norme anteriori e, quindi, per quanto in questa sede interessa dai decreti ministeriali sopra citati (cfr. sul punto Cass. S.U., 11/02/2019, n. 3963).
Ciò premesso e tornando ad esaminare il caso di specie, osserva il Collegio che, al fine di decidere la controversia, è necessario stabilire se le modifiche normative di cui si è detto sopra abbiano influito, oltre che sui rendimenti dovuti dall’intermediario con riferimento al primo ventennio di durata dei BFP della Serie Q dedotti nel ricorso, anche su quelli maturati dal 21° al 30° anno di durata dei BFP stessi.
Ritiene anzitutto il Collegio che la parte ricorrente non possa pretendere i rendimenti in questione al lordo della ritenuta fiscale, dato che i BFP della serie Q di cui trattasi risultano emessi dopo il 01/07/1986 e, pertanto, si ricade nell’ambito di applicazione del sopra richiamato art. 1 del d.l. n. 556/1986.
Più complesso è stabilire se la modifica al regime di capitalizzazione degli interessi introdotta dal d.m. 23/06/1997 possa comportare un mutamento delle modalità di calcolo dei rendimenti relativi all’ultimo decennio di durata del BFP di cui si discute.
In senso contrario sembrerebbero deporre sia il tenore letterale dei buoni, che fa riferimento ad importi fissi destinati a maturare bimestre per bimestre, sia quello dell’art. 7 del d.m. 23/06/1997, il quale modifica il regime capitalizzazione degli interessi solo con riferimento ai “primi venti anni di vita del titolo”.
Xxxxxxx, tuttavia, il Collegio che né l’uno, né l’altro di tali argomenti testuali possa considerarsi risolutivo.
Quanto al secondo argomento, si deve infatti considerare che l’art. 7 del d.m. 23/06/1997 poteva modificare il regime di capitalizzazione degli interessi con riferimento ai soli “primi venti anni di vita del titolo”, per il semplice motivo che nel successivo decennio di durata non era prevista alcuna capitalizzazione dei rendimenti, come visto in precedenza.
Neppure è risolutivo il primo argomento testuale di cui si è detto, poiché la questione di cui si discute ha ad oggetto le modalità di calcolo di un interesse, il quale non può evidentemente che essere il risultato dell’applicazione di un tasso determinato ad un capitale altrettanto determinato.
Occorre, inoltre, evidenziare che la soluzione delineata appare, tra l’altro, coerente con i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., applicabili – in quanto compatibili – anche al titolo in questione ai sensi dell’art. 1324 cod. civ. In particolare, il criterio ermeneutico codificato nell’art. 1363 cod. civ. che impone l’interpretazione “complessiva” delle clausole comporta che la “clausola” relativa ai rendimenti dell’ultimo decennio non possa che essere interpretata alla luce della “clausola” sul rendimento del primo ventennio il cui contenuto, però, è eterodeterminato ex art. 1339 cod. civ. dall’art. 7, ultimo comma, del d.m. 23/06/1997.
Si deve, quindi, ritenere che gli importi fissi di cui si discute contengano in sé implicitamente sia il riferimento al tasso d’interesse, sia quello al capitale da utilizzare come base di calcolo.
Più precisamente, si deve ritenere che tali importi fissi altro non siano che una modalità sintetica per esprimere il rendimento percentuale “implicito” dei buoni nel periodo di riferimento (cioè, il 12% all’anno non capitalizzabile).
Ne consegue ulteriormente che l’accordo contrattuale che si è formato tra il sottoscrittore e l’intermediario resistente abbia avuto come oggetto effettivo (ancorché inespresso), da un lato, il rendimento percentuale di cui si detto e, dall’altro, la circostanza che tale rendimento percentuale dovesse essere applicato al capitale risultante al termine del 20° anno di durata dei buoni.
Occorre, inoltre, considerare come dato pacifico che l’art. 7 del sopra citato d.m. 23/06/1997 abbia modificato il regime di capitalizzazione degli interessi nel primo ventennio di durata dei buoni della serie Q.
Se ne deduce che è pacifico anche l’importo del capitale maturato al termine di tale primo periodo da utilizzare come base di calcolo per determinare i rendimenti nel successivo decennio di durata dei titoli.
Ebbene, dato che, come si è visto, è ragionevole ritenere che gli importi fissi bimestrali riportati sui BFP altro non siano se non un modo sintetico per esprimere il rendimento percentuale semplice dei buoni dal 21° al 30° anno di durata e che tale rendimento, pari al 12% all’anno, costituisca l’oggetto implicito dell’accordo contrattuale ed è pacifico che la base di calcolo alla quale applicare il tasso in questione sia quella risultante al termine del ventesimo anno di durata dei buoni per effetto del nuovo regime di capitalizzazione netta introdotto dal d.m. 23/06/1997.
Alla luce di quanto sopra, si deve concludere che la parte ricorrente non abbia titolo per pretendere gli importi fissi originariamente riportati sui BFP della serie Q, dato che essi devono essere ricalcolati sulla base delle norme emanate successivamente all’emissione dei titoli e sopra richiamate, le quali hanno integrato automaticamente l’accordo contrattuale a norma dell’art. 1339 c.c. (cfr. la decisione del Collegio di Coordinamento n. 6142/2020).
Né si può affermare che la pretesa del pagamento degli importi fissi originariamente indicati sui buoni possa fondarsi sul legittimo affidamento dei portatori (o eventualmente dei loro eredi), come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità e da questo Arbitro con riferimento a buoni della Serie Q emessi su moduli delle serie precedenti (cfr. Cass. S.U.,
n. 13979 del 15/06/2007, la cui argomentazione è stata ripresa e sviluppata dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 5674/2013).
Nel caso dei buoni della Serie Q emessi utilizzando i moduli corretti, infatti, non è stato necessario modificare i rendimenti originariamente riportati sui moduli stessi mediante un timbro e non è pertanto possibile affermare che, mancando il timbro che adegua i rendimenti dell’ultimo decennio di durata, si deve far riferimento agli importi originariamente previsti dal modulo, come invece è stato più volte deciso con riferimento ai buoni della Serie Q emessi su moduli precedenti.
In altre parole, nel caso dei buoni della Serie Q emessi sui moduli corretti le modifiche dei rendimenti non sono il frutto congiunto di un accordo contrattuale modificativo di quanto originariamente riportato sul modulo e di norme cogenti emanate successivamente alla loro emissione, come nel caso dei buoni della Serie Q/P, ma solo di tali norme e ciò, ad avviso di questo Collegio, impedisce di ritenere che l’affidamento del sottoscrittore sulla lettera della chartula possa ritenersi legittimo e quindi, giuridicamente tutelabile.
In questo stesso senso si è espresso il Collegio di Coordinamento dell’ABF con la sopra richiamata decisione n. 6142/2020, la quale ha chiarito che “può essere senz’altro accolta l’eccezione dell’intermediario che offra, o abbia liquidato, un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo della Serie Q, sulla base del regime fiscale che prevede l’applicazione di una ritenuta pari al 12,5%; e ciò anche in relazione al periodo dal 21° al 30° anno, in quanto dal complesso delle disposizioni di legge e regolamentari sopra richiamate non emerge, sotto questo profilo, la necessità di un trattamento diverso in relazione a quest’ultimo lasso temporale”.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, il ricorso non può trovare accoglimento in relazione ai dedotti BFP della serie Q.
Anche con riferimento ai buoni della serie “Q/P”, la doglianza della parte ricorrente attiene al diritto a percepire la corresponsione dei rendimenti previsti sulla tabella a stampa posta a tergo degli stessi.
Dall’analisi del BFP in atti, si nota che l’intermediario ha regolarmente apposto il timbro modificativo dei rendimenti per il primo ventennio, secondo la normativa vigente in materia. I rendimenti del primo ventennio di durata dei BFP, pertanto, devono essere calcolati sulla base di quanto indicato su tali timbri modificativi.
Risulta, tuttavia, che non è stato apposto alcun timbro modificativo in relazione ai rendimenti dell’ultimo decennio.
La questione delle condizioni di rimborso dei buoni postali fruttiferi oggetto di modifiche nei rendimenti è stata più volte sottoposta all’attenzione dell’Arbitro bancario finanziario.
Si è consolidato l’orientamento espresso dal Collegio di coordinamento dell’ABF (cfr. decisione n. 5674/2013), il quale - condividendo e sviluppando, con ampia e articolata motivazione, i principi enunciati sul punto da Cass. civ., Sez. Un., n. 13979 del 15.06.2007
- ha riconosciuto che “con la sola eccezione dell’attribuzione alla parte pubblica dello jus variandi dei tassi di interesse mediante decreti ministeriali successivi all’emissione, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti: se si può ammettere che le condizioni del contratto vengano modificate (anche in senso peggiorativo per il risparmiatore) mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo, si deve invece escludere che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano
essere invece, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto stesso della sottoscrizione del buono”.
Sicché, qualora il decreto ministeriale modificativo dei tassi sia antecedente alla data di emissione del buono fruttifero, si ritiene che possa essersi ingenerato un legittimo affidamento del cliente sulla validità dei tassi di interesse riportati sul titolo e che tale affidamento, come affermato nella citata sentenza n. 13979 del 15.06.2007, debba essere tutelato. In tal caso, al ricorrente dovranno essere applicate le condizioni riprodotte sul titolo stesso (cfr. Coll. Milano, n. 4580/2015 e n. 5653/2015: Coll. Napoli, n. 882/2014 e n. 5577/2013; Coll. Roma, n. 2659/2015 e n. 5328/2014).
Nel caso di specie si rileva innanzitutto che i buoni oggetto di controversia sono stati emessi successivamente all’emanazione del decreto ministeriale 13.06.1986, il quale stabilisce (art. 5), per quanto interessa in questa sede, che “Con effetto dal 1° luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera «Q», i cui saggi di interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto. Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all'atto del rimborso dei buoni; le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi” (art. 4). “Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera «Q», i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie «P» emessi dal 1° luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura «Serie Q/P», l'altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”.
Il richiamato orientamento ha trovato recente conferma con la decisione del Collegio di Coordinamento n. 6142 del 03.04.2020, con la quale, in merito al falso affidamento ingenerato nei clienti per effetto della mancata integrazione nel testo cartolare delle determinazioni ministeriali relative al rendimento del titolo anche per il periodo dal 21° al 30° anno, è stato affermato che “Da quest’angolo visuale, assume un indubbio significato la circostanza che il richiamato art. 5 del D.M. 13 giugno 1986, con il quale era stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente all’emissione qui in rilievo secondo quanto previsto dall’art. 173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Codice Postale) - che prevede e regola (non è superfluo rilevarlo) le variazioni dei tassi -, si è fatto carico di imporre agli uffici emittenti l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti; il che nella vicenda qui in esame non è accaduto con riguardo al periodo tempo dal 21° al 30° anno. Tale circostanza dimostra, invero, come il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore, anche a mente delle previsioni normative richiamate, sia destinato a formarsi sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni, fatta salva, appunto, la possibilità di una successiva etero-integrazione per effetto di decreti ministeriali modificativi dei tassi di rendimento, ai sensi dell’art. 173 del Codice Postale. Disposizione, quest’ultima, che opera un ragionevole bilanciamento tra tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica, nel pieno dei principi sanciti dagli artt. 3 e 47 Cost. (Corte Cost., n.26/2020)”
…omissis…
“In definitiva, alla luce del contenuto delle domande e delle eccezioni di cui agli atti, la domanda del ricorrente, volta ad ottenere, con riguardo al BFP della serie Q/P il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono limitatamente al periodo dal 21°al 30° anno, merita di essere accolta”
Orbene nel caso di specie, in conformità a quanto previsto dal citato D.M. 13.06.1986, il buono nella parte anteriore è stato correttamente individuato dall’ufficio postale, con la serie “Q/P”.
Come visto, sul retro del titolo risulta essere anche stato apposto, del tutto correttamente, un timbro relativo ai tassi fino al ventesimo anno, che pertanto devono trovare applicazione nella misura prevista dal timbro stesso.
Manca invece nel timbro l’indicazione specifica del tasso di interessi per il periodo dal 21° al 30° anno. L’unico riferimento al rendimento dei titoli per il periodo dal 21° al 30° anno rimane perciò quello originario risultante dalla tabella stampata a tergo, che pertanto deve trovare applicazione nella determinazione del rendimento. La domanda relativa a questi buoni, pertanto, può trovare accoglimento nei limiti di quanto visto.
Il ricorso, invece, non può trovare accoglimento con riferimento ai BFP serie O, P/O e P, di cui il ricorrente risulta titolare. Ciò in applicazione del principio di diritto più volte espresso dai Collegi che ammettono l’eterointegrazione dei rendimenti ad opera di decreti successivi all’emissione del titolo.
Sul punto si richiama la decisione del Collegio di Milano n. 20034 del 27.08.2019, secondo cui “Qualora, viceversa, i titoli siano stati emessi antecedentemente al decreto ministeriale modificativo dei tassi, vanno applicate, le condizioni stabilite da tale decreto modificativo (cfr. Coll. Roma, n. 2664/ 2014) (…)”.
Con riferimento ai buoni appartenenti alla Serie O, P/O e P, dall’analisi del BFP in atti, si nota che i titoli risultano emessi precedentemente all’entrata in vigore del D.M 13.06.1986 (in vigore dal 1.07.1986).
Il D.M. del Ministero del Tesoro n. 148 del 13.06.1986 ha esteso il regime dei tassi della serie “Q” alle serie emesse in precedenza a condizione che i relativi buoni fossero stati sottoscritti entro il 30.06.1986.
I BFP in contestazione sono stati emessi anteriormente al 30.06.1986: la domanda del ricorrente con riferimento al BPF delle Serie O, P/O e P, pertanto, non può trovare accoglimento.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario applichi le condizioni riportate sul retro dei titoli della serie Q/P, per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno, al netto delle ritenute fiscali; non accoglie il ricorso nel resto.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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