DOTTORATO DI RICERCA
Università degli Studi di Cagliari
DOTTORATO DI RICERCA
FILOSOFIA, EPISTEMOLOGIA E STORIA DELLA CULTURA
Ciclo XXX
XXXX XXXXXXX: FEMMINISMO E PROSPETTIVE CONTRATTUALISTICHE OLTRE XXXXX E XXXXXXXX
Settore scientifico disciplinare di afferenza SPS/01
Presentata da: Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx Coordinatore Dottorato: xxxx. Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxx: prof.ssa Xxxxxxxxx Xxxxx
Esame finale anno accademico 2016 – 2017
Xxxx discussa nella sessione d’esame Febbraio-Marzo 2018
La presente tesi è stata prodotta durante la frequenza del corso di dottorato in Filosofia, Epistemologia e Storia della cultura dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 2016/2017 - XXX ciclo, con il supporto di una borsa di studio finanziata con le risorse del P.O.R. SARDEGNA F.S.E. 2007-2013 - Obiettivo competitività regionale e occupazione, Asse IV Capitale umano, Linea di Attività l.3.1 “Finanziamento di corsi di dottorato finalizzati alla formazione di capitale umano altamente specializzato, in particolare per i settori dell’ICT, delle nanotecnologie e delle biotecnologie, dell'energia e dello sviluppo sostenibile, dell'agroalimentare e dei materiali tradizionali”.
Due cose che non ho deciso io hanno determinato la mia vita: il Paese in cui sono nata
e il sesso col quale sono venuta al mondo
X. Xxxxx Il Paese sotto la pelle
{ INDICE }
7 Introduzione
21 Nota biobliografica
Femminismo, femminismi
33 I. Limiti e possibilità di un approccio liberal e contrattualistico
36 1. Quale liberalismo?
39 2. Liberi e uguali
41 3. Il valore della differenza
43 4. Xxxxxxx e politico
46 II. Un punto di vista critico sulla teoria contrattualistica
48 1. Falsa uguaglianza
51 2. Contratto sessuale e matrimonio
53 3. Contratto o contratti?
57 4. Contratto e subordinazione: una relazione necessaria?
59 III. La famiglia è un problema politico?
60 1. Famiglia e (in)giustizia
65 2. Tra privato e politico
69 3. Una duplice natura
Il contratto come metodo
79 IV. Femminismo e contrattualismo: un possibile dialogo?
81 1. Femminismo contrattualistico
85 2. Libertà, uguaglianza, rispetto di sé
89 V. Teoria dei giochi e contrattazione
90 1. Previsioni strategiche e scelte razionali
96 2. Dalla lotta alla cooperazione
104 3. Le ragioni del patto
114 4. Giochi ripetuti e cooperazione
119 | VI. Quale contratto? |
121 | 1. La critica a Xxxxx |
123 | 2. Moral Contractarianism |
127 | 3. Tra Xxxxxx e Kant |
Dall’etica della cura alla reciprocità consapevole | |
135 | VII. Cura, giustizia e contratto |
138 | 1. Una questione femminile? |
139 | 2. Affetto, cura, abnegazione |
143 | VIII. Dall’etica della cura all’ideale di giustizia |
146 | 1. Etica femminile |
149 | 2. La voce diversa |
158 | 3. Priorità diverse |
167 | IX. La tirannia degli affetti |
170 | 1. La battaglia dei sessi |
173 | 2. Orgoglio, razionalità e rispetto di sé |
180 | 3. Scelta autentica |
187 | 4. Responsabilità eque |
Il femminismo contrattualistico di Xxxx Xxxxxxx | |
193 | X. Una proposta normativa |
195 | 1. Contrattualismo e giustizia privata |
200 | 2. Principi di giustizia |
204 | 3. Applicazione del test |
207 | 4. Abolizione della famiglia o superamento degli stereotipi? |
214 | XI. Le basi morali della razionalità |
219 | 1. Autointeresse e reciprocità |
221 | 2. Ragione, ragionevolezza, giustizia |
226 | XII. Una matrice rawlsiana |
229 | 1. Contractarianism o contrattualismo ideale? |
232 | 2. Equità e giustizia procedurale pura |
239 | Riferimenti bibliografici |
{ INTRODUZIONE }
Part of the feminist challenge is to show how society has formed us in ways that are unjust, producing human beings whose development is in some way stunted or deformed because of that injustice, where that stunting or deformity itself has unjust implications - because people wind up either too inclined to want to master others or too inclined to accept mastery.1
Xxxx E. Xxxxxxx (1954-1996) è stata, secondo quanto suggerisce Xxxxxx Xxxxxxxx, “una delle più importanti pensatrici morali statunitensi”2; tuttavia la sua filosofia non è stata molto studiata, specialmente in Italia, sebbene rivesta particolare rilievo e interesse perché propone una teoria femminista alternativa, rispetto a quelle che, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, hanno trovato maggiore diffusione. L’analisi e la ricostruzione del pensiero politico di Xxxxxxx rappresentano, inoltre, lo strumento che consente alla mia ricerca di provare a instaurare un dialogo fra prospettive teoriche generalmente ritenute antitetiche: la teoria femminista, per un verso, il liberalismo e il contrattualismo, per l’altro.
La principale tesi che sostengo è che il feminist contractarianism di Xxxxxxx sia una riuscita miscela di paradigmi apparentemente inconciliabili. In questo senso i “contrattualismi” alla base del discorso della filosofa vengono superati, attraverso la proposta di una terza via “oltre Xxxxx e Xxxxxxxx”. L’impianto di Xxxxxxx fa leva su un’idea di contrattazione strategica, ma solo al fine di difendere il valore intrinseco della persona e, di fatto, esso si serve, come
1 J. E. Xxxxxxx, Feminism, Moral Objectivity and Christianity, in D. A. Xxxxxxx, X. Xxxx (eds.),
Christianity and Culture in the Crossfire, Eerdmans, Grand Rapids Michigan 1997, p. 120.
2 Cfr. X. Xxxxxxxx, Women and Human Development. The Capabilities Approach, Cambridge U.P., New York 2000, p. xx.
cercherò di mostrare, di un modello di giustizia procedurale pura per garantire il rispetto delle minime condizioni di fairness nella sfera privata.
La prospettiva dalla quale Xxxxxxx osserva le questioni di genere è senza
dubbio originale, ma l’elemento a mio avviso più significativo è dato dal fatto che la proposta da lei avanzata si configura come pienamente normativa, inusuale risultato per una teoria femminista. Senza perdere di vista la rilevanza pratica delle questioni affrontate, dunque concentrandosi attentamente, ad esempio, su una declinazione equa del concetto di cura, Xxxxxxx delinea un modello normativo valido per le relazioni intime, animato da veri e propri principi di giustizia a tutela delle parti coinvolte. Sotto questo profilo, Xxxxxxx sembra seguire le orme del suo maestro Xxxx Xxxxx, sebbene la filosofa cerchi apertamente di escludere tale possibilità, dichiarando, più o meno palesemente, la sua vicinanza a un modello di contrattualismo reale riconducibile a quello di Xxxxx Xxxxxxxx. Senza sottovalutare le importanti differenze fra le varie proposte, e tenendo in seria considerazione i richiami al calcolo strategico e all’idea di contrattazione come negoziazione, la mia analisi tende, in ultima istanza, a mettere in luce gli evidenti punti di contatto tra il modello hamptoniano e quello rawlsiano.
La stessa idea di giustizia come fairness, pilastro portante della proposta teorica di Xxxxxxx, sembra derivare direttamente dalla lettura delle pagine di A Theory of Justice. Riprendendo un tema classico della teoria femminista, ovvero la necessaria ridefinizione dei confini di pubblico e privato, Xxxxxxx suggerisce che la diseguaglianza fra i sessi - e la conseguente discriminazione femminile - affonda le proprie radici nella mancanza di giustizia nella sfera privata. Senza demonizzare i sentimenti, il cui valore non è certamente messo in discussione, Xxxxxxx evidenzia i rischi di quella che penso possa essere definita “tirannia degli affetti”: le relazioni private, è un dato di fatto, si reggono spesso su un’iniqua distribuzione di oneri e benefici, dove le parti più deboli sono sovente schiacciate dal peso degli affetti e dunque indotte - a causa di una mancanza, totale o parziale, di rispetto di sé - a sacrificarsi a vantaggio degli altri. Tale scelta, oltre a essere irrazionale, è definita da Xxxxxxx immorale e perciò palesemente iniqua. Xxxxxxx suggerisce quindi di applicare
un modello di giustizia distributiva anche alle relazioni intime, mirando a estendere il concetto di equità al privato, nel tentativo di scardinare una tradizione di lunga data secondo la quale nel “regno dei sentimenti” non è possibile fare appello alla giustizia. “Justice” è, però, come è noto, uno dei sostantivi più importanti del lessico politico, oltre a essere, come appunto suggerisce Xxxxx, la prima delle virtù sociali.
Queste semplici premesse aprono a scenari decisamente complessi: anzitutto, per comprendere fino in fondo la rilevanza delle tesi avanzate da Xxxxxxx, è importante stabilire che cosa si intende per femminismo, considerato il fatto che sotto la medesima etichetta trovano spazio posizioni eterogenee, i cui punti di contatto sembrano talvolta minori rispetto alle divergenze. È opportuno, inoltre, precisare, sebbene in parte ciò sia stato già detto, anche a quale nozione di giustizia si fa riferimento, dal momento che allo stesso termine la filosofia non ha sempre dato il medesimo significato; e infine, toccando una delle questioni più importanti del femminismo contemporaneo, si rende necessario indicare con precisione dove si situano i confini del politico, per capire quali problematiche sia lecito affrontare. Rispondere a tali questioni consente, in primo luogo, di ricostruire il background teorico nel quale Xxxxxxx si muove. I saggi a carattere femminista composti dalla filosofa rappresentano, del resto, solo una piccola parte di una produzione vasta, ma contengono dei tratti innovativi, motivo per il quale si è ritenuto vi fossero sufficienti elementi per indagare in questa direzione.
Si deve riconoscere che quella di Xxxxxxx si caratterizza per essere certamente una voce “controcorrente” nel panorama dei gender studies, la quale merita, anche per questo, di essere approfondita, nonostante la sua ricezione sia stata abbastanza scarsa o, come in Italia, quasi completamente assente. Il primo passo, dunque, è stato definire con buona precisione la bibliografia delle opere di Xxxxxxx, in modo da avviare un’analisi quanto più completa, capace di tenere in considerazione i differenti interessi della pensatrice.
La ricerca ha preso le mosse da un “indizio” contenuto nell’articolo di Xxxxx Xxxxx dedicato alla memoria della filosofa, nel quale si dice che Xxxxxxx è stata autrice di tre libri e di oltre quaranta fra articoli e saggi. Ho avuto modo
di reperire, oltre ai testi, esattamente quaranta saggi, a cui si aggiungono otto review, per un totale di quarantotto pubblicazioni originali3; tuttavia non mi è stato possibile capire se ve ne siano effettivamente degli altri o se le generica indicazione di Xxxxx, “oltre quaranta articoli”, possa considerarsi rispettata.
Con il solo obiettivo di provare a mettere ordine in una produzione vasta ed eterogenea, intendo proporre una classificazione delle opere e degli articoli di Xxxxxxx, indicando almeno tre nuclei di ricerca principali, fra loro interconnessi e suddivisibili in alcuni sottogruppi.
Il primo è quello che credo possa definirsi “teoria politica” e che comprende al suo interno tutte le riflessioni di filosofia politica in senso stretto, a partire dall’articolo giovanile, datato 1980, dedicato alla teoria contrattualistica rawlsiana, per arrivare alle riflessioni più tarde sul liberalismo e la democrazia. All’interno di questa sezione ideale trovano spazio tanto gli studi sulla teoria della scelta razionale, che rappresentano uno dei pilastri portanti della teoria di Xxxxxxx, quanto le riflessioni su Xxxxxx e Xxxx e alcuni lavori nei quali viene esplorato il rapporto fra morale e politica, ambiti interconnessi e costantemente in dialogo nelle opere della pensatrice.
Un secondo nucleo di ricerca è rappresentato dalla riflessione femminista4.
Alle problematiche di genere, affrontate prevalentemente in un’ottica politico-normativa - e, in qualche caso, anche giuridica - sono dedicati sette saggi, tutti composti nei primi anni Novanta, fra il 1992 e il 1996. Si intuisce immediatamente quanto questo secondo nucleo risulti strettamente connesso
3 Molti saggi sono stati ripubblicati e inseriti in diverse raccolte. In bibliografia è indicata tanto l’edizione originale, quanto quella visionata, qualora non sia stato possibile reperire la prima edizione.
4 Xxxxxxx rivela, nell’intervista con Xxxxxx, che «when I was a graduate student there was a lot of interest among other graduate students in feminist theory, but I had no interest at all. Some women were quite cross with me in the department because I would not join their discussion groups, but I was interested in other things. Then in spite of myself I got interested. I have a feeling that this is just natural because all of us bring our distinctive backgrounds, our histories and our interests, to our work. If you have been raised in a certain way then that will turn up in your work. As a female I was raised in a certain way with certain perspectives and had certain experiences, and it is inevitable that they come through. I am a parent and went to this nursery school and talked to these people and it became part of my
con il primo; la mia idea è che solo una lettura congiunta dei lavori permetta una piena comprensione delle teorie della filosofa.
Infine, è possibile rintracciare un ulteriore blocco, il terzo, il quale riguarda
gli scritti di filosofia del diritto, dedicati essenzialmente alla teoria retributiva della pena.
Sebbene nessuna parte sia stata trascurata nella ricostruzione del pensiero della filosofa, è bene premettere che le prime due sono l’oggetto diretto di questa trattazione. Mi servo dell’opera giovanile dedicata alla filosofia politica di Xxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx and the Social Contract Tradition (1986), poiché la contrattazione modellata sullo schema della teoria dei giochi rappresenta un postulato ineludibile nella filosofia di Xxxxxxx, ma tralascio quasi completamente la riflessione su Xxxx e buona parte di Political Philosophy - che si presenta più come un manuale sulla storia della filosofia politica, sebbene a tratti presenti delle osservazioni originali e interessanti - e anche il più tardo The Authority of Reason (1998), perché non pienamente pertinente all’analisi che intendo proporre. Allo stesso modo, si è reso necessario mettere tra parentesi gli argomenti di filosofia del diritto, nonostante anche in questo caso si possano ravvisare delle connessioni profonde con la riflessione femminista dal momento che la teoria retributiva della pena è declinata attraverso importati riferimenti al crimine dello stupro, del quale Xxxxxxx propone una lettura piuttosto significativa per una teoria femminista.
Ricostruire puntualmente il pensiero di Xxxxxxx non è stato comunque agevole. Il suo lavoro, bruscamente interrotto dalla prematura scomparsa, si trovava nel pieno del suo sviluppo. Il suo ultimo libro, The Authority of Reason, che nelle intenzioni di Xxxxxxx doveva rappresentare la summa dei risultati di una lunga ricerca, appare a tratti una bozza incompiuta. Xxxxxxx Xxxxxx, marito
life, which is not a part of the life of an awful lot of philosophers, so of course them that would never turn up. But it would be unnatural if I blocked these influences: it gets factored in with all of the other things that I think about. In a way you could wonder why all these kinds of twists, ideas, and perspectives have not been considered before. The obvious answer is that there have not been people with these kinds of experiences in philosophy, so you just have not seen them. But I think that it is extremely predictable that such perspectives turned up once women were in the field» (X. Xxxx (ed.), Key Philosophers in Conversation. The Cogito Interviews, Routledge, London-New York 1999, p. 235).
della filosofa e curatore dei testi pubblicati postumi - The Authority of Reason e Political Philosophy -, ha indicato con precisione le date di ultima revisione dei file pazientemente riordinati in fase di editing. Ma le avvertenze introduttive non sempre aiutano a mettere ordine fra tesi complesse, sviluppate seguendo direttrici diverse che trovavano sempre nuovi e interessanti punti d’incontro.
Dopo essersi occupata attentamente di teoria della scelta razionale e di contrattualismo, Xxxxxxx sviluppa, nei primi anni Novanta, un nuovo interesse filosofico, orientandosi sempre più verso la riflessione femminista. Il primo esempio, in tal senso, è rappresentato dal significativo saggio datato 1992, Feminist Contractarianism, il quale si caratterizza certamente per la profondità teorica e rappresenta un tentativo riuscito di mettere in relazione il metodo contrattualistico con le problematiche di genere. Considero questo denso articolo come uno scritto cruciale, ed è proprio dall’analisi delle tesi in esso contenute che ho potuto gettare le basi per costruire il presente lavoro.
A un primo studio dei testi era mia convinzione che Xxxxxxx fosse profondamente debitrice nei riguardi di Xxxxx, perché la metodologia da lei usata per condurre un’analisi contrattualistica delle relazioni private mostra evidenti analogie con l’impianto teorico del professore di Harvard5. Come ho già anticipato, sono ancora profondamente convinta di ciò - e mi soffermo sul tema in particolare nell’ultimo capitolo - ma devo ammettere che il contrattualismo hamptoniano non può ridursi, come la filosofa sottolinea, a un solo paradigma teorico. L’influenza del “contractarianism” di Xxxxxxxx è palpabile, sebbene nessuna sollecitazione venga accolta da Xxxxxxx in maniera acritica. Ciononostante, solo tenendo in considerazione l’idea di contrattazione strategica è possibile comprendere la piena potenzialità del contractarian test di cui Xxxxxxx si serve. Nelle sue opere Xxxxxxx fa spesso riferimento a dilemmi e giochi strategici, attraverso i quali chiarisce cosa intende per “razionalità”, “cooperazione”, “reciprocità”; per questa ragione
5 Come sostiene Xxxxx, del resto, le teoriche femministe hanno assunto un atteggiamento critico, ma speranzoso nei riguardi della teoria di Xxxxx. Cfr. X. Xxxxx (ed.), Feminist Interpretations of Xxxx Xxxxx, The Pennsylvania State U.P., University Park, Pennsylvania 2013, Introduction, p. 1.
ritengo importante dedicare attenzione a tali concetti e mi soffermo sui legami, a mio parere abbastanza evidenti, tra il femminismo hamptoniano e la teoria dei giochi. Per quanto il calcolo dell’utilità attesa avverta sui possibili rischi di una cooperazione non ricambiata, elemento cruciale nella contrattazione privata, il ricorso ai dilemmi strategici mira comunque a evidenziare i limiti della pura razionalità: se da un lato l’analisi costi-benefici permette di evitare di “sacrificarsi inutilmente”, solo la disposizione cooperativa dei giocatori consente di giungere a risultati veramente desiderabili. Bisogna avere coscienza dei propri fini e del proprio valore, ma tale consapevolezza è ciò che permette a individui ragionevoli di pervenire ad accordi equi.
L’argomento centrale, ad ogni modo, è che le problematiche di genere possano essere affrontate richiamandosi ai valori liberal e attraverso l’uso della metafora del contratto. Come è noto, tuttavia, l’impossibilità di un proficuo dialogo tra femminismo e contrattualismo è stato un punto fermo per molte teoriche contemporanee, di cui Xxxxxx Xxxxxxx rappresenta senza dubbio la punta di diamante. Xxxxxxx, ben cosciente delle difficoltà che “un matrimonio” fra posizioni apparentemente tanto dissimili incontrerebbe6, porta avanti un discorso cauto, cercando di anticipare le possibili obiezioni. Il suo contrattualismo è una forma di “moral contractarianism” che sintetizza in maniera originale elementi teorici che giungono dalla tradizione hobbesiana e da quella kantiana. Insistendo sul concetto di intrinsic worth, Xxxxxxx sostiene che nessun contratto equo può prevedere eccessivi costi per gli individui coinvolti; in ogni caso, non è mai lecito travalicare il confine del rispetto di sé. I contraenti hamptoniani sono, infatti, intesi come individui autointeressati, coscienti dei propri interessi, ma disposti ad accettare i ragionevoli vincoli della negoziazione, e dunque gli oneri della cooperazione reciproca. La filosofa affida al contractarian test, il cui funzionamento è descritto in Feminist Contractarianism, il compito di valutare l’equità - e perciò la validità - dei contratti privati. L’idea di contratto privato chiama in causa due importanti
6 Cfr. J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism (1992), in X. Xxxxxxx (ed.), The Intrinsic Worth of Persons: Contractarianism in Moral and Political Philosophy, Cambridge U.P., New York 2007, p. 1.
nozioni: quella di reciprocità, che pure può essere garantita anche in condizioni di asimmetria, e quella di libera scelta. I due concetti presentano, come è evidente, un certo margine di opacità per cui risulta abbastanza difficile fornire una loro precisa definizione. Lo stesso richiamo all’idea di fairness, invita a essere cauti nel valutare le diverse circostanze. La mia idea è che, nell’economia della proposta normativa di Xxxxxxx, l’unico metro di misura imparziale possibile per valutare l’equità degli esiti del processo di contrattazione è rappresentato dai “principi di giustizia” - non formulati espressamente dalla filosofa, ma a mio parere deducibili dal discorso da lei condotto - che regolano il contractarian test.
Personalmente, trovo che la posizione di Xxxxxxx sia convincente e ben argomentata, sebbene certamente si possano ravvisare anche alcuni punti deboli. Come ho già detto, la principale tesi che intendo avanzare è che la proposta del feminist contractarianism si attesti su un piano normativo e condivida con l’impianto rawlsiano notevoli punti contatto. Pur in assenza di palesi principi di giustizia, il contractarian test hamptoniano richiede un certo grado di imparzialità e, solo affidandosi alla razionalità delle parti, garantisce equi compromessi. Al fine di garantire il rispetto del valore intrinseco degli individui coinvolti, entra in gioco l’idea di contrattazione strategica, intesa come base della negoziazione a vantaggio di ciascuno. Il contratto privato deve assicurare che nessuna delle parti in causa sia sfruttata e che ogni individuo compia delle “scelte autentiche”, vale a dire rispetti il suo proprio value e non si sacrifichi incondizionatamente a vantaggio dei free-rider.
Il contratto, in ambito privato, non è inteso - come sembra sostenere Xxxxxxx, ad esempio - come il mezzo attraverso il quale è legittimato il libero accesso ai corpi (nonché la conseguente sottomissione femminile all’uomo); al contrario, il contratto, nella teoria di Xxxxxxx, rappresenta un “metodo” attraverso il quale riconoscere uguale valore e pari libertà ai contraenti, e garantire, dunque, un’equa distribuzione di costi e benefici. Per raggiungere questo fine, Xxxxxxx fa ricorso allo strumento del contractarian test, una vera e propria cartina al tornasole capace di saggiare il grado di (in)giustizia delle relazioni private. Tutte le relazioni che non superano il test dovrebbero essere
riformate, anche se la filosofa non indica precisamente in che modo la teoria possa essere utilizzata in maniera “operativa”. Di fatto, se intendiamo il test come uno strumento normativo, capiamo che esso non può - e non deve - essere in grado di fornire una ricetta capace di risolvere qualsiasi controversia. Xxxx è che Xxxxxxx sostiene, come si dirà più precisamente nel corso della trattazione, che il suo test può essere utilizzato in qualsiasi condizione, investendo lo strumento di un carattere pratico rispetto al quale, tuttavia, si deve ammettere che esso non riesce ad essere perfettamente conseguente. Mi sembra condivisibile la spiegazione offerta da Xxxxxx Xxxxxxxxxx, secondo la quale «one way in which to envisage Xxxxxxx’x test is in terms of consciousness-raising in a group or as part of a political debate that points to the injustice of a particular type of relationship»7; questa indicazione è valida, a mio parere, anche se non consideriamo il test come uno strumento concreto. Se così non fosse, risulterebbe evidente che nelle situazioni in cui ci sarebbe davvero bisogno del test, esso finirebbe per essere un mezzo inutilizzabile, dal momento che chi perpetra e chi subisce profonde ingiustizie molto spesso non ha piena coscienza di ciò che accade8. Si comprende che la perfetta razionalità delle parti è un requisito che renderebbe, di fatto, lo strumento inutile nella vita di tutti i giorni. La lettura che propongo, come ho precedentemente indicato, considera il test come uno strumento normativo, che gioca un ruolo simile a quello del velo di ignoranza rawlsiano nel contesto della Theory of Justice del professore di Harvard.
Ad ogni modo, la proposta di Xxxxxxx non è immune da critiche non solo per il fatto che essa si serve del paradigma contrattualistico, ma anche perché la sua teoria femminista si inserisce in una cornice liberal. Se il feminist contractarianism può considerarsi come una proposta completamente originale, certamente non mancano, al contrario, le teoriche del femminismo che hanno scelto di lavorare in ambito liberal, sebbene tali posizioni non possano
7 X. Xxxxxxxxxx, On Not Making Ourselves the Prey of Others: Xxxx Xxxxxxx’x Feminist
Contractarianism, «Feminist Legal Studies», vol. 15, n.1, 2007, p. 49.
8 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Contemporary Feminist Perspectives on Social Contract Theory, «Ratio Juris», vol. 20, n. 3, 2007, p. 49.
considerarsi “maggioritarie”, almeno a partire dalla Seconda ondata degli anni Settanta. Limiti e possibilità di tale indirizzo sono discussi più attentamente nella prima parte della tesi, ma è opportuno premettere che qualsivoglia proposta liberal e femminista richiede una “ridefinizione” dei confini di pubblico e privato, affinché la famiglia e alcuni aspetti tradizionalmente ascritti al privano possano essere considerati pienamente come problemi politici. Xxxxxxx non fa eccezione e anzi il suo contractarian test si rivolge esclusivamente alle relazioni intime.
Si rende doveroso, a questo punto, fornire alcune precisazioni sul significato che si intende attribuire al termine “famiglia”, il cui uso corrente potrebbe indurre in confusione, suggerendo definizioni non pertinenti o troppo parziali. Come osserva Xxxxxx Xxxxxxxx in Coppie e famiglie, tutti abbiamo un’intima esperienza di che cosa sia la famiglia, e il modo in cui la nostra è costituita influenza il nostro modo di vivere i rapporti uomo-donna, genitori-figli e via dicendo9. Xxxxxxxx evidenzia quanto sia difficile fornire indicazioni chiare su cosa possa essere chiamato “famiglia”: «È la norma che decide di volta in volta cosa della “natura” è considerato socialmente legittimo»10, e lo dimostra il fatto che, ad esempio, quando si domanda a qualcuno di indicare i nomi delle persone che fanno parte della sua famiglia le risposte possono essere sorprendenti e molto diverse fra loro.
In questo lavoro di ricerca non vengono indagate, per ovvie ragioni, le questioni sociologiche connesse al problema “famiglia”, ma certamente si comprende per quale ragione sia importante fare qualche premessa sul significato che il termine assume nelle pagine di questa tesi. La famiglia, si è detto, è considerata dal femminismo come il problema politico per eccellenza. Ma l’interrogativo fondamentale resta: quale famiglia?
Le persone stringono costantemente legami, creano gruppi e associazioni, relazioni affettive, dalle quali, in molti casi, nascono dei figli; eppure ciò che è definibile “famiglia” in senso stretto è una questione politica che, come
9 X. Xxxxxxxx, Coppie e famiglie. Non è questione di natura, Feltrinelli, Milano 2012, pp. 7 sgg.
10 Ivi, p. 22.
sottolinea attentamente Xxxxxx Xxxxxxxx, non viene decisa dalle parti in causa11. Quando Xxxxx Xxxxxx Xxxx accusa Xxxxx di non aver proposto in A Theory of Justice un adeguato modello di famiglia12, non sembra accorgersi del fatto che anche nelle sue opere, in particolare nella ben nota Justice, Gender, and the Family, come viene ricordato da Xxxx Xxxxxxxx, si considera «a more restrictive conception of the family»13. Più precisamente:
For example, she says that children will not develop the required sense of justice “unless they are parented equally by adults of both sexes” (p. 100), unless they are “equally mothered and fathered” (p. 107). Indeed, she says explicitly that children “should be raised by both parents equally” (p. 176). In these and other passages, Xxxx seems to be equating a “gender-free” society with a society of heterosexual couples who (inter alias) share domestic labor. She often treats “adult members of the family”, “parents”, “both parents”, “couple”, and “mother and father” as synonyms.14
La critica di Xxxxxxxx solleva questioni importanti e spinose - tra le quali,
ad esempio, «who has the right to bear children, to form a family»15 - e mi
sembra mostri in maniera chiara quanto i confini stessi della famiglia siano sfumati. Xxxxxxxx evidenzia inoltre che il ricorso a una precisa - e in qualche modo stereotipata - idea di famiglia è abbastanza frequente anche negli scritti femministi. In questo lavoro, al contrario, “famiglia” non vuole essere sinonimo di “famiglia monogamica eterosessuale”, sebbene, forse essa rappresenti il modello presupposto da Xxxxxxx quando si riferisce
11 Cfr. X. Xxxxxxxx, The Future of Feminist Liberalism, «Proceedings and Addresses of the American Philosophical Association», vol. 74, n. 2, 2000. Xxxxxxxx sostiene che: «People associate in many different ways, live together, love each other, have children. Which of these will get the name “family” is a legal and political matter, never one to be decided simply by the parties themselves» (Ivi, p. 61).
12 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, Basic Books, New York 1989, cap. 5, specialmente pp. 91 sgg.
13 X. Xxxxxxxx, Rethinking the Family, «Philosophy and Public Affairs», vol. 20, n. 1, 1991, p.
84. Il saggio di Xxxxxxxx è un’articolata review all’opera di Xxxx Xxxxxxx, Gender, and the Family.
14 Ibidem.
15 Xxx, p. 83.
specificamente alla famiglia16. In ogni caso, l’espressione più adatta per indicare un ventaglio più ampio di possibilità, e a mio parare più aderente a quanto teorizzato da Xxxxxxx, è “relazioni intime”. Il contractarian test non analizza - o almeno non necessariamente - il grado di giustizia delle famiglie, bensì delle relazioni private. Le relazioni intime alle quali Xxxxxxx applica il suo contractarian test, quale metro di valutazione dell’ingiustizia privata, sono, infatti, molteplici: la relazione matrimoniale è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare, mentre sono comprese nell’ampia categoria non solo altre forme di relazione fra partner (eterosessuali o omosessuali), ma anche rapporti di amicizia o di parentela, e via dicendo. Poiché tali relazioni vengono lette sotto la lente del contratto, uno dei requisiti che esse devono rispettare è quello dell’accesso volontario. Si comprende dunque che riferirsi alla famiglia come relazione volontaria potrebbe risultare problematico: in primo luogo perché sarebbe necessario non considerare alcuni membri (esistenti o potenziali) di essa, i figli, che nelle famiglie nascono o giungono, ma senza alcuna possibilità di scelta; in secondo luogo perché la nozione di “volontà” è, nella sua molteplicità di accezioni, abbastanza scivolosa. Ancor più precisamente si potrebbe sostenere, dunque, che il feminist contractarianism mira a stabilire un buon grado di equità nelle relazioni private simmetriche, ovvero che il test di giustizia si applica a tutte quelle circostanze in cui sia possibile una qualche forma di reciprocità fra le parti. Questo non significa, chiaramente, che la simmetria debba essere perfetta; piuttosto si intende escludere una possibile valutazione delle relazioni asimmetriche, le quali comunque, almeno nella lettura che propongo, finiscono per essere indirettamente ricomprese all’interno del contractarian test (ad esempio per quanto concerne la divisione di oneri e responsabilità per la cura dei figli tra i genitori o i tutori).
Dando risalto, dunque, principalmente alla teoria femminista in senso stretto, ho cercato di discutere in maniera ordinata le tesi avanzate dalla filosofa, a partire dalle riflessioni sul contrattualismo, elaborate fin dai primi
16 La motivazione potrebbe essere, semplicemente, dettata dal fatto che questo è il modello familiare che ha creato maggiori difficoltà alle donne, in termini di subordinazione e mancanza di indipendenza.
xxxx Xxxxxxx, per giungere agli ultimi lavori pubblicati, come si è detto, postumi. Il lavoro segue, necessariamente, un percorso “circolare”, dal momento che non è possibile fornire un quadro d’insieme senza talvolta anticipare questioni e problemi ai quali sono dedicati successivi approfondimenti; il che determina delle inevitabili, ma spero non eccessivamente ridondanti, ripetizioni.
Quello che propongo è un vero e proprio percorso a tappe dove, a partire dall’analisi sulle condizioni di possibilità di un femminismo liberal e contrattualistico, si giunge al feminist contractarianism hamptoniano, ben lontano da un’idea di cura incondizionata e interessato a garantire, in accordo con la lezione kantiana, il rispetto dell’intrinsic worth di tutti gli individui.
La tesi, come si è detto, si sviluppa in maniera circolare, non solo per le ragioni già espresse, ma anche per deliberata scelta: ho voluto, infatti, rispettare lo stesso andamento delle opere di Xxxxxxx, le quali si configurano come un dialogo costante con diversi pensatori, contemporanei e non, attraverso il quale la filosofa avanza obiezioni e proposte. Il mio compito, per certi versi, è stato quello di mettere ordine in una produzione eterogenea, cercando di rintracciare in essa una qualche forma di sistematicità e una quadra che forse non era ancora stata completamente definita. Solo nell’ultima parte della tesi trova spazio, quindi, la proposta originale di Xxxxxxx, quasi a simboleggiare il raggiungimento di una meta; affidare alle ultime pagine del lavoro la “vera” voce di Xxxxxxx, vuole, metaforicamente e non solo, racchiudere il senso del percorso compiuto.
Nota biobibliografica
{ Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx* }
Xxxx […] was one of this country’s leading moral philosophers. Her contribution to feminist thought was very important for its insistence on the worth of the social contract tradition for feminists. Her tough- mindedness, humor, creativity, and commitment to rationality live in her remarkable books and articles, which will continue to be an inspiration to feminists and to anyone who wants to think about justice.1
{ 1 } CENNI BIOGRAFICI
Tra gli studiosi di storia della filosofia l’importanza delle biografie è cosa nota. In alcune circostanze sembra impossibile prescindere dalla ricostruzione della storia personale di un pensatore se l’obiettivo è comprendere pienamente l’essenza della sua teoria.
Anche se il caso di Xxxx Xxxxxxx non rappresenta un esempio lampante di tale condizione, una breve nota biografica si rende certamente necessaria, anzitutto per il fatto che poco o nulla è stato scritto sul tema. Una ragione di questa lacuna può rinvenirsi nel fatto che Xxxxxxx è una filosofa contemporanea, prematuramente scomparsa alla metà degli anni Novanta. Ma è opinione comune, fra coloro che ebbero modo di conoscere e collaborare con professor Xxxxxxx, che la sua sia stata una voce influente nel panorama filosofico statunitense della seconda metà del Novecento.
La maggioranza dei suoi scritti ricade nell’ambito della filosofia politica,
anche se gli interessi della pensatrice spaziarono dall’etica alla filosofia del
* Devo sentitamente ringraziare il professor Xxxxxxx Xxxxxx, il quale mi ha fornito tutto il materiale del quale avevo necessità, essenzialmente fatto di appunti, ritagli di articoli e ricordi privati sulla vita di sua moglie. Il contenuto di questa breve nota bio-bibliografica è stato scritto grazie alla sua preziosa collaborazione e disponibilità.
1 X. Xxxxxxxx, Women and Human Development. The Capabilities Approach, cit., p. xx.
diritto, dalla teoria della scelta razionale alla storia della filosofia moderna e al femminismo.
Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx nasce il primo giugno del 1954 a Bayshore, nella contea di Suffolk, Long Island, ma ben presto, all’età di cinque anni, si trasferisce con la famiglia ad Albany, capitale dello stato di New York, dove trascorre infanzia e giovinezza. Come ricorda la filosofa in un’intervista «it was very cold there and boring, but a nice place to grow up. As I grew up I became desperate to leave»2.
Xxxxxxx frequenta un’università femminile, il Xxxxxxxxx College a Wellesley, Massachusetts - la stessa università dove, come sottolinea Xxxxxxx, si era formata Xxxxxxx Xxxxxxx - dedicandosi, oltre che allo studio, anche alla scherma, all’equitazione e al canottaggio. Studia dapprima Lettere (English Major), e solo in un secondo momento Filosofia, disciplina che risulta da subito più adatta agli interessi della pensatrice. Consegue la laurea nel 1976.
La giovane studiosa prosegue il suo percorso formativo con un dottorato di ricerca, sempre in Filosofia, all’Università di Harvard, prevalentemente sotto la guida di Xxxx Xxxxx. Ad Harvard prende parte a un gruppo di studio sul rapporto tra femminismo e filosofia3, scoprendo un nuovo interesse teorico che la accompagnerà per tutta la sua carriera; ed è sempre ad Harvard che Xxxxxxx ha modo di entrare in contatto con importanti teorici e filosofi; sono per lei significative le lezioni di Xxxxxx Xxxxxx, di Xxxxxx Xxxxxxxx e di Xx XxXxxx.
Negli anni del dottorato è assistente del professor Xxxxxx Xxxxxxxxx, filosofo dell’educazione e, in occasione di una conferenza, fa la conoscenza di Xxxxx
2 X. Xxxx (ed.), Key Philosophers in Conversation. The Cogito Interviews, cit., p. 231.
3 Come ricorda Xxxxxxxx: «Xxxx, a graduate student at Harvard while I was teaching there, and a fellow member of a discussion group there on the relationship between feminism and philosophy, was one of this country’s leading moral philosophers» (X. Xxxxxxxx, Women and Human Development. The Capabilities Approach, cit., p. xx). Il secondo capitolo del libro è stato presentato da Xxxxxxxx per la prima volta a una conferenza in onore di Xxxxxxx, tenutasi all’Università dell’Arizona nel novembre del 1997 ed è per questo «dedicated to her memory» (Xxx, pp. xix-xx).
Xxxxxxxx, con il quale instaura una profonda amicizia, animata da una fitta corrispondenza.
Dopo un anno di studio in Inghilterra, all’Università di Cambridge, nel 1980 Hampton torna negli Stati Uniti per conseguire il titolo di PhD.
La sua carriera accademica la vede dapprima impegnata presso l’Università
della California (UCLA), a Los Angeles, e successivamente, nel 1987, all’Università di Pittsburgh4 (dove è collega di Xxxxxxxx) e ancora all’Università della California, ma questa volta a Xxxxx, per il successivo triennio. Proprio a Xxxxx diventa full professor, all’età di 36 anni. Nel 1991 ottiene un incarico all’Università dell’Arizona dove, insieme al marito, Xxxxxxx Xxxxxx, anch’egli professore del dipartimento di Filosofia, insegna fino alla morte.
Xxxxxxx muore per le complicazioni di un’emorragia celebrale il 2 aprile 1996. Al momento del ricovero si trovava a Parigi in qualità di Maître de Recherche al Centre de Recherche en Épistémologie Appliquée.
One’s first reactions - scrive Xxxxxx - to the unexpected death of a spouse or close family member are naturally shock, grief and a great sense of loss. But five years after Xxxx was struck down in her prime by a brain hemorrhage I am now more often buoyed up by memories of the wonderful times our family spent together and deeply grateful for my special opportunity to be a partner for 17 years to such an inspiring woman. Xxxx accomplished an enormous amount in her brief life. But her prestigious professorships, long list of distinguished publications, and dressage as well as academic awards are only an incomplete measure of what she left behind her. 5
4 A Pittsburgh, racconta Xxxxxxx: «I had hoped to live for the rest of my life, because that was a wonderful department. I was just wined and dined and it was really terrific, but my husband Xxxxxxx Xxxxxx, who is also a philosopher, did not have a proper job and we had to do something about that. UC Xxxxx made us both offers so I went to Xxxxx, where we stayed for a while. Then we got even more enticing offers from Arizona and I keep wondering if we’ll stay there for the rest of our lives and die there, but it is a little too soon to say that» (X. Xxxx (ed.), Key Philosophers in Conversation. The Cogito Interviews, cit., p. 231).
5 Lo stralcio è tratto dagli appunti di un discorso che Xxxxxx pronunciò in onore della moglie e del quale ho avuto copia elettronica da parte del professore.
Nel commosso ritratto della sua compagna di vita, Xxxxxx offre un’ottima sintesi anche del nucleo profondo della riflessione filosofica di Xxxxxxx, sostenendo che:
I think of Xxxx first and foremost as a role model - for her students and colleagues, for her family and friends, for young women, and indeed for anyone trying to balance the demands of work and play, self and others, the long term and the moment. She was guided by a strong moral compass first acquired as the adoring daughter of an independent- minded congregational minister and later consciously elaborated in her own ethical thought and writings. But she cared for others out of love rather than duty - a love that extended to animals, to human creations of all kinds, and even to the natural world (I will never forget how she burst into tears, overwhelmed by the sheer beauty revealed by her first sight of Yosemite Valley).6
L’equilibrio fra “love and duty”, fra l’attenzione per sé e le ragioni degli altri, rappresenta certamente un nodo cruciale nella produzione hamptoniana, ma per una piena comprensione delle tesi della filosofa è altresì importante tenere in considerazione la sua profonda fede religiosa che, pur non emergendo in maniera forte e dogmatica, inevitabilmente guida la riflessione della pensatrice. Come viene ricordato da Xxxxxx Xxxxx0, Xxxxxxx partecipava spesso agli incontri della Society of Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, e fece parte del suo comitato esecutivo dal 1992 al 1995.
She was - scrive Xxxxx Xxxxx - unapologetic about her Christian beliefs, and, as with her feminism, never tried to compartmentalize them, but tested them unflinchingly by philosophical standards; her thought, wide- ranging as it was, was remarkable for its integration of many different kinds of intellectual concern.8
6 Ibidem.
7 P. L. Xxxxx, Xxxx E. Xxxxxxx Memorial, «The Society of Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx», 1997. Il breve memoriale rientra nei materiali che mi sono stati forniti elettronicamente da Xxxxxxx Xxxxxx.
8 X. Xxxxx, Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, «Proceedings and Addresses of the American
Philosophical Association», vol. 70, n. 2, 1996, p. 192.
Nel saggio pubblicato postumo - e che mi pare raccolga l’eredità intellettuale della pensatrice, pur nella sua brevità - Feminism, Moral Objectivity and Christianity, Xxxxxxx ironizza sulle grandi battaglie accademiche strenuamente combattute fino a quel momento, indicando espressamente, già dal titolo del saggio, i temi a lei più cari.
Le lotte della filosofa si riducono a pochi, ma significativi, argomenti: in primo luogo la battaglia contro i naturalisti9, con il duplice obiettivo di proporre, da un lato, un’idea di “moral objectivity” e di sostenere, dall’altro, la possibilità di lavorare rigorosamente su tematiche filosofiche, pur abbracciando con convinzione un qualsivoglia credo religioso.
Secondariamente, Xxxxxxx ripercorre la battaglia per i diritti delle donne, portata avanti contemporaneamente su due fronti: in quanto femminista contro gli oppressori sociali, ma anche da teorica sostenitrice di un approccio liberal e contrattualistico, dunque contro alcune altre femministe. Il presente lavoro si concentra, come è stato già anticipato nell’introduzione, essenzialmente su questa seconda sfida nella sua duplice declinazione.
{ 2 } APPUNTI PER UNA BIBLIOGRAFIA PROVVISORIA
In meno di vent’anni di studio e lavoro, Xxxxxxx ha dato vita a una produzione scientifica piuttosto vasta e complessa, nella quale si contano diverse monografie e decine di saggi e articoli. Al momento della morte, la filosofa era ancora impegnata nella stesura di alcuni lavori, come testimonia Xxxxxx:
Much more have [articles] been forthcoming. Xxxxxxx was to write a short book on nationalism; she leaves behind drafts and notes on a number of topics; she had interests in Xxxx and Xxxxxxxxx; and she would undoubtedly have turned to new subjects and challenged other
9 I naturalisti sono, nella definizione di Xxxxxxx, coloro che sostengono «that the only sound way to understand the world is to use the methods of science» (J. E. Xxxxxxx, Feminism, Moral Objectivity and Christianity, cit., p. 114).
orthodoxies. We cannot complete this work or initiate these new projects, at least not with her unique voice and style. But we can continue our conversations and arguments with her, as she once told me she did with others long gone: “Some of my best philosophical discussions have been with dead thinkers - Xxxxxx, for instance”.10
Il lavoro di Xxxxxxx è certamente interdisciplinare, senza per questo mancare di precisione e rigore scientifico. Nel corso della sua carriera la filosofa ha offerto un importante contributo alla filosofia del diritto11, concentrando i suoi sforzi sulla teoria retributiva della pena, mentre in ambito politico i suoi studi si sono indirizzati verso l’area liberal e contrattualistica. Fin dal dottorato matura un interesse per la filosofia politica moderna, in particolare si dedica all’interpretazione della filosofia di Xxxxxx Xxxxxx, per giungere poi allo studio della teoria della scelta razionale.
Le sue opere, come nota Xxxxx, sono caratterizzate da una inusuale combinazione di padronanza della matematica e sensibilità per le problematiche etiche12. Scrive Xxxxx Xxxxx, nelle pagine di commiato dedicate alla pensatrice:
She had a very unusual combination of skill in technical and mathematical areas with an interest in and sensitivity to historical and particular circumstances and the impact of these on ethical and political theories. Her work was original and brilliant in part because she combined the power and precision needed to master technical theory with a passionate concern for individuals and their stories, and what these show.13
10 C. W. Xxxxxx, Xxxx E. Xxxxxxx, «Economics and Philosophy», vol. 12, n. 2, 1996, pp. 251-252.
11 Sebbene, come la stessa filosofa sottolinea, non avesse mai effettuato degli studi di legge, l’ambito giuridico rappresenta certamente uno dei suoi interessi principali. Cfr. X. Xxxx (ed.), Key Philosophers in Conversation. The Cogito Interviews, cit., p. 232.
12 Cfr. P. L. Xxxxx, Xxxx E. Xxxxxxx Memorial, cit.
00 X. Xxxxx, Xxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, cit., pp. 191-192.
Xxxxxxx è stata autrice di oltre quaranta articoli14, e di quattro monografie. La prima, Xxxxxx and the Social Contract Tradition (1986) prende le mosse, come si è detto, dagli studi condotti ad Harvard durante il dottorato di ricerca. Nel 1988, insieme a Xxxxxxx Xxxxxx, è coautrice dell’opera Forgiveness and Xxxxx, nella quale la pensatrice esplora il rapporto fra colpa e pena.
Due dei suoi libri sono stati pubblicati postumi, entrambi curati da Xxxxxxx Xxxxxx00. Il primo ad essere dato alle stampe, Political Philosophy (1996), era, al momento della scomparsa di Xxxxxxx, essenzialmente concluso; mentre The Authority of Reason - testo al quale Xxxxxxx teneva particolarmente e che nelle sue intenzioni sarebbe dovuto essere il più significativo fra i suoi lavori - è stato pubblicato raccogliendo i diversi file, in molti casi incompiuti, soprattutto per quanto riguarda i capitoli finali del libro, presenti sul computer della filosofa, ma che certo sarebbero stati oggetto di ulteriori revisioni.
14 L’indicazione si ritrova in Xxxxx, Xxx, p. 191.
15 Sebbene solo The Authority of Reason riporta formalmente la dicitura “edited by”.
I Femminismo, femminismi
{ CAPITOLO PRIMO }
Limiti e possibilità di un approccio LIBERAL e contrattualistico
This brand of moral theory [contractarianism] has been suffused with the technical machinery of game theory, logic, and economics of the sort often thought to attract male philosophers and repel female ones, making such theorizing, in the words of one feminist philosopher, a “big boys’ game” and a “male locker room” that few female philosophers have “dared enter.” But this seemingly inhospitable philosophical terrain has been my intellectual home for some years now. And I have been persistently attracted to contractarian modes of theorizing not merely because such theorizing offers “good clean intellectual fun” but also because it holds out the promise of delivering a moral theory that will answer to my political - and in particular my feminist - commitments.1
«Can a feminist be a liberal?» si chiedeva, polemicamente, Xxxxxx Xxxxxx nell’omonimo saggio pubblicato sulle pagine dell’«Australasian Journal of Philosophy» nel 1986. La risposta, tutt’altro che scontata, è stata tuttavia abbastanza univoca, almeno tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta: il femminismo contemporaneo non dovrebbe abbracciare gli assunti della tradizione liberale2, poiché essa incarna, almeno in parte, l’anima del patriarcato e si è rivelata insufficiente per il raggiungimento degli obiettivi femministi. Per quanto la lunga polemica sia sufficientemente nota, ritengo utile, in via preliminare, ripercorrere alcuni dei principali argomenti critici.
1 J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism, cit., pp. 1-2. Il riferimento [one feminist philosopher] è ad A. C. Xxxxx, What Do Women Want in a Moral Theory?, «Noûs», vol. 19, n. 1, 1985, p. 54.
2 Per un punto di vista critico sulla possibile conciliazione di femminismo e liberalismo si rimanda a X. Xxxxxxxxxx, A Dangerous Liaison? Feminism and Corporate Globalization, «Science and Society», vol. 69, n. 3, 2005; X. Xxxxxxxxx, (In)Quest of Liberal Feminism, «Hypatia», vol. 12,
n. 4, 1997; X. XxxXxxxxx, Toward a Feminist Theory of the State, Harvard U.P., Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxx 0000; X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, Polity Press, Cambridge 1988; X. Xxxxxx, Can a Feminist Be Liberal?, «Australasian Journal of Philosophy», vol. 64, 1986.
Bisogna ricordare, anzitutto, come anche il semplice riferimento all’uguaglianza - pilastro portante di qualsiasi forma di liberalismo - appare, in prospettiva femminista, talvolta problematico3. Simili obiezioni vanno certamente tenute in considerazione, se si pensa che il patriarcato, soprattutto al lato pratico, ha trovato nelle politiche di stampo liberale terreno fertile sul quale svilupparsi4. Si pensi, a mero titolo d’esempio, a quanto la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata, propria del liberalismo, abbia costituito uno dei principali ostacoli all’emancipazione di genere, con la conseguente marginalizzazione dell’attività femminile, relegata al familiare. Risulta evidente che una maggiore attenzione per la famiglia5, da intendersi come vero e proprio problema politico, si rende necessaria per assicurare un’estensione dell’ideale di giustizia anche all’associazione privata più significativa per la vita di ciascun individuo.
Allo stesso tempo, tuttavia, non si può non constatare che anche la partita giocata sul campo dei diritti - rispetto ai quali, conformemente agli assunti del
3 Non ho modo di affrontare, in questo lavoro, una questione cruciale che emerge con chiarezza fin dalle prime battute di qualsivoglia discorso femminista, ovvero: una società completamente cieca al sesso è desiderabile per le donne? La risposta allo spinoso interrogativo sembra essere, tuttavia, abbastanza trasversale: in qualsiasi prospettiva si lavori tale risultato non pare auspicabile. È possibile infatti riferirsi alla differenza pur senza presupporre alcuna implicazione ontologica in tale concetto. La differenza può scaturire - e quindi naturalmente presupporre - anche da un’uguaglianza di base, ed è per questo che è importante richiamarsi al vecchio principio liberale secondo il quale è necessario trattare in modo uguale solo i casi uguali, mentre bisogna trovare soluzioni diverse, per i casi diversi.
4 Una posizione di apertura si ritrova, invece, nell’importante testo di Xxxxxx Xxxxxxxx, Sex and Social Justice (Oxford U.P., Oxford 2000); si veda, in modo particolare, The Feminist Critique of Liberalism (pp. 55-80). In queste pagine la filosofa individua e confuta quelle che definisce “le tre principali critiche al liberalismo”. Le oppositrici del “liberalismo” evidenziano in primo luogo che esso presenta una tendenza troppo individualista che non permette di prendere in seria considerazione i gruppi - come le famiglie, ad esempio - i quali giocano un ruolo molto importante nella società (sul tema cfr. I. M. Young, Justice and Politics of Difference, Princeton U.P., Princeton 1990). Secondariamente, argomentano che il liberalismo proponga un’idea di eguaglianza strettamente formale. Infine sostengono che il liberalismo compia un errore nel focalizzarsi troppo sulla “ragione”, non considerando per nulla elementi come la cura e le emozioni che invece hanno la loro rilevanza nella vita morale e politica (cfr. Xxx, pp. 58-59).
5 Almeno fino alla pubblicazione di A Theory of Justice (1971), ad opera di Xxxx Xxxxx, si riscontra una quasi totale riluttanza da parte dei teorici del liberalismo per la questione familiare.
liberalismo, fin dal femminismo delle origini, si è domandata una piena estensione anche alle donne - si è rivelata, nei fatti, una vittoria a metà. L’uguaglianza formale, la cui insufficienza è costantemente denunciata dalle teoriche del femminismo, non ha mai conosciuto una traduzione concreta in politiche orientate all’effettivo abbattimento delle ingiuste discriminazioni6 .
Per quanto condivisibili, tali obiezioni potrebbero non sembrare, tuttavia, completamente persuasive. Il fatto che l’apporto del liberalismo per l’effettivo
raggiungimento di una parità sostanziale7 venga definito insufficiente non
sconfessa la validità dei suoi assunti, che potrebbero comunque rappresentare il punto di partenza o lo sfondo di una proposta femminista. È bene sottolineare, inoltre, che tale critica, come molte altre avanzate su più fronti, sembra avere una rilevanza più politica che filosofica, come discuterò più approfonditamente in seguito.
Va evidenziato per contro, e lo fa con chiarezza Xxxxxxx Xxxxx0, discutendo le tesi critiche di Xxxxxxxxx XxxXxxxxx, che in materia di discriminazione femminile il liberalismo ha spesso “formulato le domande sbagliate”, le quali non hanno garantito un approccio sistematico ed efficace al problema. Da ciò risulta che «even if they can reject some discrimination as irrational, as not sufficiently grounded in relevant differences, they will be blind to the kinds of systematic subordination of women that radical feminists like XxxXxxxxx take to be the real source of women’s inequality»9; si comprende dunque che parlare di femminismo liberal potrebbe talvolta
6 In realtà non mancano, in ambito liberal, i tentativi di spingersi oltre la mera forma. Ad esempio, penso si possa sostenere che il principio di differenza rawlsiano tende verso la realizzazione di simili obiettivi.
7 È pur vero che non tutte le teorie femministe sembrano indicare, come principale obiettivo, il raggiungimento di una parità sostanziale, in considerazione del fatto che le stesse nozioni di “uguaglianza” e “parità” riflettono, secondo alcune teoriche, lo spettro del patriarcato, essendo declinate in riferimento al maschile come canone.
8 Cfr. A. S. Xxxxx, Radical Liberals, Reasonable Feminists: Reason, Power and Objectivity in XxxXxxxxx and Xxxxx, «The Journal of Political Philosophy», vol. 11, n. 2, 2003, p. 135.
9 Ibidem.
suonare stonato, sebbene non manchino le teoriche che lavorano in questa prospettiva.
{ 1 } Quale liberalismo?
There is danger in speaking so generally about “liberalism”, a danger that has often plagued feminist debates. “Liberalism” is not a single position but a family of positions […] Many critiques of liberalism are really critiques of economic Utilitarianism, and would not hold against the views of Xxxx or Mill. Some feminist attacks oversimplify the tradition.10
Anzitutto, come suggerisce Xxxxxx Xxxxxxxx in Sex and Social Justice, non si deve operare un’eccessiva semplificazione quando ci si riferisce, genericamente, al liberalismo. I pensatori liberal, sostiene Xxxxxxxx, «are not in agreement on many important matters, but a core of common commitments can be scrutinized with the interests of feminism in mind»11; potremmo cominciare con il chiederci, dunque, con Xxxx Xxxxxxx, «what is a liberal theory?»12.
Xxxxxxx - scrive la filosofa - from the definition of the word, liberals believe in liberty, prompting one philosopher to refer to liberals as “philosophers of freedom”. The phrase is felicitous, and yet those who are held to be in this tradition have had strikingly different conceptions of what freedom is. […] These differences in their conceptions of freedom and equality affect how various liberals conceive of justice; although all of them agree that a political society should be just, and although all of them agree that the notion of justice must be explicated in terms of the freedom and equality of the citizenry, nonetheless because they have disagreed extensively about how the notions of
10 X. Xxxxxxxx, Sex and Social Justice, cit., p.57.
11 Ibidem.
12 J. E. Xxxxxxx, The Common Faith of Liberalism (1994), in X. Xxxxxxx (ed.), The Intrinsic Worth of Persons, cit., p. 153.
freedom and equality are to be understood, they have put forward very different conceptions of justice.13
Pur inserendosi in una cornice che certo possiamo definire liberal14, Xxxxxxx evidenzia lucidamente alcune controversie interne a quello che definisce «a kind of umbrella theory», sotto al quale possono ritrovarsi «a variety of particular liberal philosophies»15. Se libertà e giustizia sono parole chiave del liberalismo, è fondamentale comprendere quale significato si intende attribuire a questi termini, giustificando così anche la scelta di lavorare in tale prospettiva nel tentativo di costruire una teoria femminista. «Liberals - sostiene la filosofa - are, I shall argue, largely united on the issue of what concepts a liberal society should affirm, but they have different conceptions of these concepts»16; del resto, continua Xxxxxxx, «these ideals generally have not stopped them [liberals] from acquiescing in, and sometimes even arguing for, the subordination of some kinds of persons to others, in particular the subordination of women to men»17, e si comprende perciò che una teoria femminista, pur di stampo liberal, deve essere capace di risolvere tale questione. Sebbene, infatti, in diversi saggi Xxxxxxx dichiari, ad esempio, di essere apertamente in disaccordo con l’idea di “political liberalism” proposta da Xxxx
13 Ivi, pp. 153-156.
14 La posizione di Xxxxxxx rientra nel panorama liberal, in accordo con quelli che la stessa filosofa definisce i cinque punti fondamentali di ogni teoria liberal: «All theories which are properly considered “liberal” share the following five fundamental commitments: (1) A commitment to the idea that people in a political society must be free. […] (2) A commitment to equality of people in the political society. […] (3) A commitment to the idea that state’s role must be defined such that it enhances the freedom and the equality of the people. […] (3a) The state has the best chance of securing the freedom and equality of its citizenry when it is organized as a democracy. […] (3b) The state can only ensure freedom by pursuing policies that implement toleration and freedom of conscience for all citizens. […] (3c) The state must stay out of individual’s construction of his own life plans - his “conception of the good.” […] (4) Any political society must be justified to the individuals who live within it, if that society is to be legitimate. […] (5) Reason is the tool by which the liberal state governs» (Ivi, pp. 158-159).
15 Ivi, p. 157.
16 Ivi, p. 158.
17 Xxx, p. 156.
Xxxxx00, emerge, al medesimo tempo, l’importanza dei principi liberali nella costruzione di una teoria normativa.
Non senza difficoltà, nell’eterogeneità delle proposte teoriche che si
inseriscono nel panorama liberal, trovo si possa favorevolmente accogliere l’invito di pensatrici come Xxxxxxx e Xxxxxxxx a rintracciare un nucleo fondamentale, un minimo comune denominatore che potrebbe essere sfruttato accuratamente anche da chi si interroga su problematiche di genere: «At the heart of this tradition - suggerisce infatti Xxxxxxxx - is a twofold intuition about human beings: namely, that all, just by being human, are of equal dignity and worth»19.
Del resto, le rivendicazioni avanzate dal primigenio femminismo20 sembrano avere molto in comune con quello che di lì a poco sarebbe stato definito liberalismo, dal momento che esse fanno leva principalmente sulla mancanza di uguaglianza e libertà - valori chiave del pensiero liberal - per le donne.
18 Xxxxxxx non condivide l’impostazione rawlsiana per la quale libertà e uguaglianza
sarebbero esclusivamente valori politici e non, in nessuna misura, “morali”, sostenendo, oltretutto, che tale pretesa non sia poi così fondata, rispetto all’impianto normativo del professore di Harvard (cfr. Xxx, pp. 162 sgg.). Una simile argomentazione è avanzata da Xxxxxxx anche nel saggio Should Political Philosophy Be Done Without Metaphysics? («Ethics», vol. 99, n. 4, 1989).
19 X. Xxxxxxxx, Sex and Social Justice, cit., p.57.
20 Se assumiamo che “femminismo” sia la riflessione delle donne sulle donne, si può
sostenere che la nascita di tale movimento risale all’ultimo decennio del XVIII secolo, a ridosso della rivoluzione francese. Le due figure, tra loro contemporanee, che incarnano questo tentativo innovativo e autonomo di analisi e riflessione sono sicuramente l’inglese Xxxx Xxxxxxxxxxxxxx (1759-1797) e la francese Xxxxxx xx Xxxxxx (1748-1794). Per quanto le due pensatrici sviluppino argomenti non perfettamente coincidenti, è possibile rintracciare una matrice comune, intesa come vera e propria base del pensiero femminista. Xxxxxxxxxxxxxx, nella sua ben nota opera A Vindication of the Rights of Woman (1792), insiste principalmente sulle improprie differenze educative di uomini e donne, chiedendo quindi uguali possibilità di accesso all’istruzione, alla politica e al mondo del lavoro per le donne; mentre la rivoluzionaria autrice della Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne (1791) chiede, come si intuisce dal titolo del testo, l’estensione dei valori della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 anche alle donne e alle cittadine. Sebbene soprattutto nell’opera della pensatrice inglese si faccia cenno a un’idea, appena abbozzata, di differenza, le due filosofe si interessano essenzialmente della sfera formale dei diritti e propendono per rivendicazioni di uguaglianza tra i generi.
{ 2 } LIBERI E UGUALI
Non ci sarebbe forse bisogno di ricordare che la critica contemporanea si radica, in maniera quasi paradossale, intorno ai principi fondamentali del liberalismo classico, e quindi all’assunzione per la quale gli “uomini” sarebbero tutti, allo stesso modo, liberi e uguali. Anzitutto viene evidenziato, criticamente, il modo controverso in cui il liberalismo ha fatto uso della parola “uomini”, un falso neutro per nulla inclusivo: a lungo - se non tutt’ora - l’espressione “uomini” ha indicato esclusivamente gli individui di sesso maschile e tanto dovrebbe bastare per definire inconciliabili gli obiettivi di liberalismo e femminismo.
Per quanto tali osservazioni mettano in luce problematiche concrete e ancora importanti, personalmente non condivido l’impostazione di fondo delle analisi che da esse scaturiscono. È senz’altro vero che il concetto di “uomo”, a cui oggi preferiamo espressioni più generiche quali “individuo” o “essere umano”, ha avuto, per lungo tempo, un significato univoco ed escludente nei riguardi di molte altre categorie, non solo di donne, ma anche di uomini, discriminati, ad esempio, per censo o razza. L’uomo libero e uguale della tradizione liberale, se procediamo a ritroso fino alle sue origini, è senz’altro maschio, oltre che bianco, borghese ed eterosessuale. La questione, quindi, non sarebbe un mero affare di genere, anche se, nel dibattito contemporaneo, la controversia si riduce però completamente a ciò.
Se da un lato vi è piena consapevolezza del fatto che l’espressione “tutti gli uomini”, nella storia della filosofia e non solo, non abbia mai significato realmente nemmeno “tutti i maschi”, in ambiente femminista è ancora vivo l’interesse per sottolineare, a partire da tali postulati, l’esclusione femminile dal discorso sociale e politico.
Poiché credo che un obiettivo fondamentale del femminismo
contemporaneo debba essere quello di farsi prendere sul serio21 nel dibattito
21 Nelle discussioni che ho affrontato negli ultimi anni circa il mio lavoro di tesi ho spesso
utilizzato questa espressione, evidentemente presa in prestito da Taking Rights Seriously di
filosofico, sono convinta del fatto che la riflessione femminista dovrebbe evitare argomentazioni pretestuose, che spesse volte minano la credibilità delle tesi proposte. Trovo metodologicamente scorretto applicare etichette antistoriche a discorsi nei quali i valori di cui il femminismo si è fatto portavoce non potevano essere compresi, nonché rintracciare esclusivamente in tali discorsi, che rappresentano per molti altri versi la linfa vitale della tradizione del pensiero occidentale, le ragioni essenziali della disparità fra i generi22.
La sfida di un femminismo che voglia essere preso sul serio, quindi, potrebbe essere quella di mettere finalmente a tacere oziose polemiche. Dato il fatto della soggezione femminile, sulle cui origini le interpretazioni non mancano, quali sono, oggi, le frontiere che vogliamo superare - e magari definitivamente abbattere - sfruttando i preziosi strumenti culturali in nostro possesso?
Xxxxxx Xxxxxxx. Penso che il femminismo, insieme ad altre questioni determinanti, soffra del fatto di essere troppo spesso considerato poco seriamente.
22 Women in Western Political Thought di Xxxxx Xxxxxx Xxxx scava in questa direzione, passando in rassegna le principali teorie della tradizione occidentale analizzate sotto la lente femminista. Nel corso dell’opera, Xxxx propone un’analisi sistematica dell’immagine femminile attraverso lo studio dei classici della filosofia. Osservando che se le donne hanno potuto raggiungere solo un’uguaglianza formale, la filosofa suggerisce che la ragione del gap fra i generi può essere rintracciata scorrendo a ritroso la storia: solo in questo modo, infatti, è possibile capire se, e in quale maniera, la tradizione filosofica abbia - o meno - sostenuto l’inclusione femminile. Le conclusioni sono forse già facilmente intuibili. L’argomentazione di Xxxx mette in luce il fatto che la maggioranza degli scritti filosofici sono stati composti da autori che, quando usano il termine “uomo” si riferiscono certamente, ed esclusivamente, agli esseri umani di sesso maschile. L’unico momento, sostiene la filosofa, in cui le donne sono state davvero incluse è rappresentato dalla Repubblica di Xxxxxxx (sul tema cfr. la voce Feminist Men’s (a cura di Xxxxxx X. Xxxxxxxxxx) in X. Xxxxx (ed.), Sex from Plato to Paglia: a Philosophical Encyclopedia, Xxxxxxxxx Press, Westport 2006, 2 voll., vol. I, pp. 342-345). In tutti gli altri casi, sostiene Xxxx, la distinzione netta tra pubblico e privato, unita all’esaltazione delle caratteristiche femminili (declinate in termini di cura e accoglienza) portano a una giustificazione del monopolio maschile nel mondo politico (X. Xxxxxx Xxxx, Women in Western Political Thought (1979), Princeton U.P., Princeton 1992). Per quanto l’analisi di Xxxx sia affascinante, puntuale e ben strutturata, non trovo che la metodologia utilizzata sia pienamente condivisibile. Se è vero che avviare un dialogo con i classici risulta imprescindibile, credo che tale dialogo debba essere orientato alla ricerca di quanto autori e testi hanno ancora da dirci, e non di ciò che non avrebbero mai potuto sostenere.
{ 3 } IL VALORE DELLA DIFFERENZA
Dalla cosiddetta Seconda ondata degli anni Settanta, l’attenzione e gli sforzi si sono spostati dalle richieste di uguaglianza, proprie anche del femminismo delle origini, a quelle di differenza, con maggiore riguardo per la specificità, non ancora rivendicata dalle donne. A partire da tale svolta l’approccio liberal è stato apertamente messo in discussione e spesso definito inadatto per la difesa delle istanze di genere, nonché segno distintivo della classe dominante, quindi concausa della mancata realizzazione di un disegno di concreta emancipazione femminile. È in questo contesto che si affaccia l’idea di una diversa natura femminile, interessata anche - e forse soprattutto - alla cura e all’ascolto23, elementi di cui la tradizione liberale non avrebbe mai dato conto.
La critica femminista evidenzia un ulteriore punto debole. Se è vero che la battaglia ispirata dai principi liberali ha garantito il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali, enorme conquista e primo passo per la messa in discussione del predominio maschile; è vero, nella medesima misura, che libertà e uguaglianza per le donne si attestano su un piano meramente formale, che non ha quasi mai intaccato la sostanza. I dati di fatto a tal proposito parlano chiaro e, con buona pace dei “negazionisti”, non si può che constatare come le donne vivano ancora oggi, anche in società liberal-democratiche, in condizioni di svantaggio sistematico.
Tali osservazioni hanno un certo margine di concretezza e una notevole evidenza, ma credo sia doveroso suggerire, a questo punto, di fare attenzione a non cadere nel frequente errore metodologico che porta alla sovrapposizione di piani del discorso che sono, e devono, rimanere distinti: il piano normativo e
23 Le sostenitrici della cura hanno talvolta avanzato, come argomentazione a sostegno delle proprie tesi, l’idea di un “primato dell’etica femminile”, indicando la posizione della cura come “più morale”. Tale tesi sembra emergere nelle riflessioni di Xxxxx Xxxxxxxx (cfr. In a Different Voice, Psychological Theory and Women’s Development, Harvard U.P., Cambridge Massachusetts 1982), e più chiaramente in Xxxxxxx Xxxxx (cfr. What Do Women Want in a Moral Theory?, cit.).
quello della prassi24. La riflessione femminista ha spesso ambiguamente giocato sui due livelli, come in parte è normale che sia data la forte connotazione pratica delle questioni affrontate. Ritengo però che tale condizione possa essere annoverata fra le ragioni che hanno portato alcune proposte teoriche a essere prese, come precedentemente sostenuto, poco sul serio.
È evidente che non è sufficiente sancire per legge l’uguaglianza di uomini e donne affinché nella pratica siano garantite eque opportunità per tutti e le discriminazioni basate sul sesso cancellate. Ma questo fatto non è imputabile all’insufficienza dei principi liberal-democratici, quanto piuttosto al modo in cui essi vengono recepiti dalle istituzioni alle quali spetta il compito di applicarli concretamente nel mondo reale25. Una teoria normativa non ha potere in questo senso, ma ciò non significa che abbracciare una concezione filosofica di ispirazione liberal sia svantaggioso per le donne o poco conciliabile con le rivendicazioni femministe. Come è stato anticipato, simili obiezioni si attestano su un piano politico più che filosofico, mostrando quindi, almeno in certi casi, una debolezza teorica. Come Xxxxx insegna, le proposte normative,
24 In ogni caso, gli stessi pensatori liberal hanno sottolineato i limiti di un approccio
strettamente “sex-blind” e ciò è evidente, ad esempio, nella nozione di justice as fairness proposta da Xxxx Xxxxx nel cui disegno teorico trova certamente spazio una politica orientata alle affirmative actions.
25 Come nota Xxxxx nelle sue lezioni di storia della filosofia politica, il contenuto di una concezione politica liberale della giustizia si articola in tre elementi fondamentali: una lista di libertà e diritti fondamentali eguali per tutti; la priorità di queste libertà; ma anche i mezzi adeguati per tutti per far uso di tali diritti e libertà. Soprattutto quest’ultimo punto gioca un ruolo fondamentale, dal momento che, come evidenzia il professore di Harvard, le dottrine libertarie non lo prevedono: «The content of a liberal political conception of justice has three main elements: a list of equal basic rights and liberties, a priority for these freedoms, and an assurance that all members of society have adequate all-purpose means to make use of these rights and liberties […] There are views, often described as liberal, for example, libertarian views, that don’t exemplify the third element to assuring citizens adequate all- purpose means to make use of their freedoms» (X. Xxxxx, Lectures on the History of Political Philosophy, X. Xxxxxxx (ed.), Harvard U.P., Cambridge Massachusetts 2007, pp. 12-13). Si comprende, quindi, l’importanza di distinguere, all’interno di una grande famiglia di teorie, la specifica declinazione di liberalismo alla quale si fa riferimento. È mia convinzione che una teoria femminista possa proficuamente fare propri alcuni assunti della tradizione liberal, a patto che consideri fondamentale che l’uguale libertà di ciascuno sia realmente fruibile, dunque a ciò si unisca un sistema di pari opportunità ed eque possibilità - e mezzi - per tutti.
se ben congegnate, sono assimilabili a “utopie realistiche”: partendo dall’osservazione della società e dei suoi problemi è necessario interrogarsi sul come questi dovrebbero, o potrebbero, essere risolti. Sebbene i principi di giustizia non possano essere immediatamente calati nella realtà, questi forniscono un indirizzo normativo per leggere e affrontare le problematiche più complesse del nostro mondo. Certamente, sarebbe un errore pensare di poter considerare una teoria normativa come un vero e proprio vademecum sociale o pretendere che essa sappia indicarci delle soluzioni pratiche immediatamente efficaci.
{ 4 } PRIVATO E POLITICO
È piuttosto noto che il femminismo della Seconda ondata, tuttavia, non si è limitato a sottolineare l’insufficienza delle conquiste ottenute dalle donne con il solo appello alla parità negata, ma, rivendicando un’attenzione speciale per una condizione diversa, ha sferrato un attacco contro la tradizione liberal colpendola dritta al cuore, ovvero nella sua distinzione netta tra la dimensione pubblica e quella privata. La battaglia femminista mirava a portare all’attenzione del dibattuto filosofico e politico un nodo problematico cruciale: la necessità di ripensare la famiglia, riferendosi a essa non più come a un’istituzione privata, bensì come a un vero e proprio “terreno politico”, come a un luogo in cui la soggettività femminile viene facilmente imbrigliata, determinando soggezione e sfruttamento.
La famiglia, in quanto modello relazionale fra intimi, è stata infatti tradizionalmente considerata come totalmente estranea all’interesse politico. La possibile ridefinizione dei confini della sfera pubblica e di quella privata è un importantissimo - e, per la verità, trasversale - argomento femminista, che trova la sua sintesi nella famosa espressione, tutt’altro che retorica, proposta da Xxxxx Xxxxxxx nel 1970, il personale è politico26.
26 Cfr. X. Xxxxxxx, The Personal is Political, in X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxx (eds.), Women’s Liberation,
Tale questione, ad ogni modo, può essere affrontata anche se si lavora in una prospettiva liberal. Xxxxxxx nota che «feminists are challenging liberals to rethink what is ‘political’ and what is ‘private’, where the jurisdiction of government ends»27; come suggerisce la filosofa, è lo stesso liberalismo a dover ripensare i confini di pubblico e privato, date le nuove sollecitazioni ricevute.
In questa cornice teorica si inserisce, ad esempio, il lavoro di Xxxxx Xxxxxx Xxxx. L’autrice di Justice, Gender, and the Family, pur accogliendo i principi fondamentali della tradizione liberale, assume una posizione decisamente critica verso A Theory of Justice di Xxxx Xxxxx, che definisce un’opera ambigua per chiunque la legga in un’ottica femminista28. La filosofa osserva che la questione di genere non è stata affatto considerata nello scritto del 1971, sebbene Xxxxx inserisca la famiglia fra le istituzioni della struttura di base della società ben ordinata, superando in tal modo la classica dicotomia pubblico- privato in linea con le richieste femministe.
Pur facendosi portavoce di obiezioni severe, Xxxx ravvisa nella teoria del professore di Harvard un potenziale inespresso, che potrebbe essere sfruttato dalla critica femminista per trovare una risposta alla domanda «can justice co- exist with gender?»29. In A Theory of Justice, infatti, l’artificio contrattualistico,
Notes from the Second Year, N.Y. Radical Feminism, New York 1970, pp. 76 sgg. Il nodo centrale del femminismo contemporaneo resta, a distanza di decenni, la tensione fra privato e pubblico. Scrive Xxxxx Xxxxxx Xxxx: «“The personal is political” is the central message of feminist critiques of the public/domestic dichotomy. It is the core idea of most contemporary feminism. Though many of those who fought in the nineteenth and early twentieth centuries for suffrage and the abolition of oppressive legal status of wives were well aware of the connections between women’s political and personal dominations by men, few pre-1960s feminists questioned women’s special role in the family» (X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., pp. 124-125). La filosofa, a più riprese nelle sue opere, evidenzia come la sfera privata e le problematiche a essa connesse non siano considerate rilevanti da un punto di vista politico e per l’elaborazione di una teoria della giustizia.
27 J. E. Xxxxxxx, The Case for Feminism, in X. Xxxxx, X. Xxxx-Xxxxxxx (eds.), The Liberation Debate. Rights at Issue, Routledge, London-New York 1996, p. 22.
28 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 89. Approfondisco questo
argomento nel capitolo terzo di questo lavoro; cfr. pp. 59 sgg.
29 X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 90.
l’ipotesi logica della posizione originaria, permette di «adopt the positions of others - especially positions that we ourselves could never be in», nota Xxxx, e quindi di comprendere profondamente che «more than formal legal equality of the sexes is required if justice is to be done»30. Tale prospettiva si configura quindi come un buon punto di partenza, anche secondo Xxxx.
Il revival contrattualistico seguito alla pubblicazione di A Theory of Justice, porta quindi le teoriche del femminismo a discutere sul concetto di contratto, elemento rigettato dalla maggior parte delle loro proposte. Pietra miliare sul tema è certamente The Sexual Contract di Xxxxxx Xxxxxxx, nel quale l’autrice attacca duramente la tradizione del contratto sociale, ravvisando proprio nell’idea di contratto l’origine della soggezione femminile. Xxxxxxx mette in discussione il liberalismo, insistendo sulla falsa neutralità dei suoi postulati, e si concentra su quello che definisce “il fondamento occultato” dalla tradizione del contratto sociale.
Poiché la posizione di Xxxxxxx risulta essere diametralmente opposta rispetto a quella di Xxxxxxx, credo sia utile soffermarsi più attentamente sulle tesi anti-contrattualistiche esposte in The Sexual Contract prima di procedere all’analisi della proposta hamptoniana. Mi occuperò inoltre, in via preliminare, di discutere alcune criticità connesse alla dicotomia pubblico-privato come possibile “punto debole” di una teoria liberal e femminista, per poi affrontare, nei prossimi capitoli, le ragioni di un femminismo contrattualistico attraverso le tesi di Xxxxxxx.
30 Ivi, p. 102.
{ CAPITOLO SECONDO }
Un punto di vista critico sulla teoria contrattualistica
The idea of basic political principles as the result of social contract is one of the major contributions of liberal political philosophy in the Western tradition. In its various forms, the tradition makes two signal contributions. First, it demonstrates clearly and rigorously that human interests themselves […] are well served by political society, a society in which all surrender power before law an duly constituted authority. Second, and even more significant, it shows us that if we divest human beings of the artificial advantages some of them hold in all actual societies - wealth, rank, social class, education, and so on - they will agree to a contract of a certain specific sort, which the theories then proceed to spell out. Given that the starting point is in that sense fair, the principles that result from the bargain will be fair. […] The idea of the contract made in the state of nature thus provides not only an account of the content of political principles, but also a benchmark of political legitimacy. Any society whose basic principles are far from what would be chosen by free, equal, and independent persons in the state of nature is to that extent called into question31 .
In Frontiers of Justice Xxxxxx Xxxxxxxx riassume in maniera efficace gli elementi cardine della tradizione contrattualistica: anzitutto, sostiene la filosofa, l’idea di contratto dimostra in maniera chiara che individui autointeressati possono efficacemente realizzare i propri fini grazie a una società politica organizzata; secondariamente, evidenzia come, se si spogliano gli individui dei loro vantaggi sociali e naturali, sia possibile rintracciare alcune fondamentali clausole di base ragionevolmente condivisibili da tutti. L’argomentazione di Xxxxxxxx mette inoltre in luce come “da condizioni eque”, non possono che dipendere “equi risultati”, sottolineando che l’accordo
31 X. Xxxxxxxx, Frontiers of Justice. Disability, Nationality, Species Membership, Harvard U.P., Cambridge Massachusetts 2006, pp. 10-11.
deve sempre essere inteso come siglato da individui liberi, uguali e indipendenti. Ma è proprio questa premessa a non persuadere affatto Xxxxxx Xxxxxxx, la quale, fin dalla prefazione di The Sexual Contract non fa mistero della sua posizione critica nei riguardi della teoria contrattualistica. Lo scetticismo verso la tradizione del contratto sociale viene maturato, per stessa ammissione di Xxxxxxx, nel corso di lunghi studi, in seguito ai quali la teorica prende coscienza del fatto che «the social contract presupposed the sexual contract, and that civil freedom presupposed patriarchal right»32.
Pateman muove dall’idea secondo la quale la tradizione occidentale affida al contratto sociale la narrazione della storia dell’obbligo politico: partendo da un momento pre-sociale, rappresentato attraverso l’idea dello stato di natura, si arriva alla costituzione delle società tramite un accordo originario. Ma tale accordo, sostiene Xxxxxxx, non ha una natura esclusivamente sociale, bensì sessuo-sociale33. Il contratto sociale è un racconto di libertà, ma tale narrazione è pretestuosa e parziale. Quanto di più importante, ovvero l’elemento fondativo del contratto sociale, è stato accuratamente taciuto e il proposito della filosofa consiste proprio nel porre l’accento sulla metà mancante della storia.
Nell’argomentazione di Xxxxxxx il contratto sessuale diventa il fondamento occultato dalla tradizione del contratto sociale, i cui effetti, però, peserebbero ancora oggi profondamente sulla vita delle donne, considerato che è grazie al contratto sessuale e al matrimonio che gli uomini hanno ottenuto l’uso libero e “legittimo” del corpo femminile.
Certamente colpisce il fatto che una posizione così netta non arrivi, come nota Xxxxxx Xxxxxxxx, da una teorica «lesbo-femminista, nemmeno [da] una femminista radicale degli anni ’70, bensì [da] una celebre studiosa del
32 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. x. Alcune tematiche presenti del testo del 1988 sono riprese nel più recente Contract and Domination (X. Xxxxxxx, X. Xxxxx, Polity Press, Cambridge 2007).
33 L’utilizzo dell’aggettivo “sessuale” [sexual] riferito al contratto ha, in Pateman, una doppia accezione. Da un lato indica che il patto originario è patriarcale, ovvero sancisce il diritto politico degli uomini sulle donne; dall’altro è detto “sessuale” anche perché indica le modalità di accesso al corpo delle donne da parte degli uomini.
contrattualismo, un PhD a Oxford e una lunga carriera accademica tra Inghilterra, Australia, Stati Uniti»34. Scrive Pateman:
The connection between patriarchy and contract has been little explored, even by feminists, despite the fact that, in modern civil society, crucially important institutions are constituted and maintained through contract.35
Xxxxxxx ha in mente tanto il contratto di lavoro, quanto il contratto di matrimonio, nonché quello - puramente “ideale” - tra prostituta e cliente; ma anche il “contratto” di schiavitù e quello siglato dalle madri surrogate. A
queste diverse tipologie36 di contratto l’autrice dedica le riflessioni del suo
testo, mostrando come ciascuna di esse sia riconducibile agli elementi occultati dal contratto sociale, basato su menzogneri presupposti di libertà e uguaglianza.
Come è stato detto, l’obiettivo dichiarato è ricostruire la storia del contratto al fine di «throw light onto the present-day structure of major social institutions in Britain, Australia and the United States»37.
{ 1 } FALSA UGUAGLIANZA
Nel rigettare la tradizione del contratto sociale, Xxxxxxx propone l’argomento, che in parte ho già discusso, del falso riconoscimento di pari
34 X. Xxxxxxxx, Introduzione a X. Xxxxxxx, Il contratto sessuale (tr. it.), Xxxxxxx e Xxxxxx, Bergamo 2015, p. 10.
35 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 4.
36 Il riferimento a “contratti” così diversi fra loro rende l’argomentazione dell’autrice di The Sexual Contract talvolta incongruente. Trovo significativo il fatto che Xxxxxxx insista, per avvalorare la sua tesi del “fondamento occultato”, sull’assenza di un vero e proprio contratto di matrimonio - opinione, a mio avviso, del tutto confutabile; cfr. la successiva nota 44 - e si serva però, allo stesso tempo, di altri esempi ben più controversi di “patto” (come quello fra prostituta e cliente).
37 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 4.
libertà ed eguaglianza38 a tutti gli individui, e dunque ai potenziali contraenti. Se gli esseri umani nascono liberi, uguali e indipendenti, solo dopo aver fornito il proprio consenso un individuo potrà essere dominato da parte di un altro (il che sarebbe, peraltro, manifestamente assurdo). Ma questo discorso, nota Xxxxxxx, ha sempre avuto una forte connotazione di genere e non è mai stato valido per le donne, le quali sono state uniformemente rappresentate nella storia del pensiero occidentale - con la sola eccezione di Xxxxxx Xxxxxx00 - come naturalmente soggette all’autorità maschile. I contrattualisti
38 Xxxxxxxxxx un approfondito quadro teorico per affrontare il “problema dell’uguaglianza”, Xxxxxxx Xxxxxxxx afferma che «la teoria femminista contemporanea che critica le posizioni emancipazioniste, lo fa in base alla convinzione che la logica androcentrica del principio egualitario non sia né emendabile, né perfezionabile, né riformabile». L’uguaglianza, aggiunge la studiosa, «viene perlopiù deostruita e interpretata […] come un sintomo illuminista dell’ordine simbolico patriarcale, del tutto funzionale al complesso sistema di linguaggi e di poteri che la modernità inaugura» (cfr. Il pensiero femminista. Un approccio teorico, in X. Xxxxxxxx,
X. Xxxxxxxx, Le filosofie femministe, Mondadori, Milano 2002, p. 92). L’interpretazione di Xxxxxxxx trova riscontro in una certa scolastica dove la critica al contrattualismo e all’individualismo è piuttosto radicata. Ma come è evidente, si tratta anzitutto di una scelta di campo interpretativa. Si può sostenere, con Cavarero, che la via emancipatoria sia una «strada fallimentare e senza sbocco» (Ibidem), oppure intendere il concetto di uguaglianza come un assunto fondamentale per la costruzione di una teoria femminista (la filosofia di Xxxx Xxxxxxx è un chiaro esempio di questa seconda possibilità). La scuola anti-egalitarista evidenzia il carattere patriarcale intrinseco dell’idea di uguaglianza e l’analisi di Xxxxxxxx è molto chiara in proposito: «Sorta per eliminare le differenze fra uomini e costruita sull’universalità del solo soggetto maschile l’uguaglianza modifica più tardi, a parole, la sua forma e comprende anche le donne. Le comprende nel senso etimologico della parola: ossia le prende dentro come se fossero uomini, nonostante siano e rimangano donne a tutti gli effetti pratici e simbolici. Tale comprensione consiste perciò, crucialmente, in un’omologazione delle donne al paradigma maschile che modella il principio» (Xxx, p. 88). Oltre a non condividere l’impostazione di fondo di tale discorso (come è già stato sostenuto nei precedenti paragrafi), la mia impressione è che tale argomentazione fraintenda un punto fondamentale: uguaglianza non significa identità. Le preoccupazioni di Cavarero potrebbero essere facilmente smorzate tenendo a mente la lezione di Xxxxxxx Xxxx, ovvero la tradizionale lezione liberal, per cui la vera uguaglianza è possibile solo se vengono tenute in stretta considerazione le specificità dei singoli soggetti. L’uguaglianza nella differenza è certamente il paradigma a cui ci si deve riferire nell’ambito di una teoria femminista e più in generale nell’ambito di una teoria dell’equità.
39 Nell’interpretazione di Xxxxxxx, Xxxxxx è presentato come l’unico filosofo ad aver
teorizzato l’uguaglianza fra i sessi nello stato di natura, sebbene presto destinata a cessare con l’istituzione dello stato (cfr. Xxx, p. 6 e pp. 44 sgg.); in tutti gli altri casi, già nello stato di natura le donne sembrano prive di qualsiasi potere contrattuale. Si rimanda, per un approfondimento sul tema, al saggio di Xxxxxx Xxxxx, Xxxxx and Sexual Subordination in Xxxxxx’x Political Theory, la cui argomentazione è riassumibile in questi termini: sostenendo che Xxxxxx abbia teorizzato l’uguaglianza di uomini e donne nello stato di natura, Xxxxx si
contemporanei seguono l’esempio dei contrattualisti moderni, argomenta ancora Xxxxxxx, «but this goes unnoticed because they subsume feminine beings under the apparently universal, sexually neuter category of the ‘individual’»40.
Sottolineando, in accordo con Xxxx su questo punto, la poca attenzione di Xxxxx nei riguardi del genere41, Xxxxxxx critica fortemente l’artificio espositivo del quale si serve il professore di Harvard. La posizione originaria non sarebbe il luogo della contrattazione e dell’accordo, ma solo lo spazio nel quale i capifamiglia - certamente uomini, almeno nell’interpretazione della pensatrice, secondo la quale il genere non sarebbe semplicemente omesso, bensì sottinteso - consolidano il loro naturale potere sulle donne. A poco servono i richiami alla razionalità dei decisori e al loro unanime accordo sui principi di giustizia: la posizione originaria, afferma Xxxxxxx, «is a logical abstraction of such rigour that nothing happens there»42.
chiede come mai tale uguaglianza venga meno nella società civile. Le domande della teorica diventano poi più specifiche: se l’uguaglianza è il postulato dei contratti, dobbiamo supporre che nel meccanismo contrattuale si possano rintracciare le basi della diseguaglianza civile? Ma se nei contratti vi sono degli elementi che legittimano la subordinazione, si comprende che non sarebbe saggio accettarli (S. A. Xxxxx, Xxxxx and Sexual Subordination in Xxxxxx’x Political Theory, in X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxx (eds.), Feminist Interpretations of Xxxxxx Xxxxxx, Pennsylvania State U.P., University Park, Pennsylvania 2012, pp. 47-62).
40 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 42.
41 Farò riferimento a questo argomento critico anche nel prossimo capitolo. Ad ogni modo, la posizione esposta da Xxxxxxx non tiene conto delle precisazioni offerte da Xxxxx nelle opere successive ad A Theory of Justice, sebbene anche il sesso venga indicato fra gli elementi coperti dal velo di ignoranza già a partire dal saggio Fairness to Goodness del 1975 («The Philosophical Review», vol. 84, n. 4, pp. 537 sgg.).
42 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 43. Su questo punto si riscontra, tuttavia, una vicinanza con l’interpretazione di Xxxxxxx (cfr. J. E. Xxxxxxx, Contracts and Choices: Does Xxxxx Have a Social Contract Theory?, «The Journal of Philosophy», vol. 77, n. 6, 1980). Anche Xxxxxxx sostiene infatti che l’original position rawlsiana sia decisamente troppo “statica” perché in essa avvenga una concreta negoziazione; sul tema cfr. pp. 121 sgg. di questo lavoro.
{ 2 } CONTRATTO SESSUALE E MATRIMONIO
Pateman si concentra sull’analisi dell’istituto del matrimonio, il quale mostrerebbe con evidenza l’omissione del contratto sessuale e il fatto che le donne, a differenza degli uomini, sono sempre state considerate come prive di libertà naturale. L’autrice propone, anche in questo caso, una ricostruzione storica; ma non è sempre semplice comprendere a quale contesto preciso alcune sue affermazioni facciano riferimento. Quando Xxxxxxx sostiene che le donne, attraverso il matrimonio, diventano casalinghe e che in tal modo si costituisce una divisione sessuale del lavoro, si riferisce anche a quanto accade nelle società contemporanee?43 Quando parla del matrimonio come composto da due atti, un’enunciazione perfomartiva - il sì - che trasforma un uomo e una donna in coniugi, senza sottoscrizione di un formale contratto44, a cui si aggiunge l’atto sessuale - perché i matrimoni “non consumati” non sono validi
43 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., pp. 116 sgg.
44 Non possiedo le competenze per sviluppare un argomento di diritto internazionale
comparato e dunque analizzare nel dettaglio l’istituto del matrimonio nei diversi ordinamenti giuridici a cui Xxxxxxx fa riferimento. Tuttavia, ritengo poco plausibile che non esista una chiara legislazione in materia e che, come sostiene Xxxxxxx, non esista niente di assimilabile a un formale “contratto di matrimonio” in Gran Bretagna e Stati Uniti. Per quanto riguarda il caso italiano, ad esempio, è vero che, secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico, definire il matrimonio come un “contratto” non è corretto (sebbene non tutti gli studiosi abbiano la medesima opinione sul tema). Il matrimonio è più propriamente un negozio giuridico, di cui il “contratto” rappresenta solo una variabile particolare. A differenza del contratto, infatti, il negozio giuridico si configura come valido anche in presenza della sola dichiarazione, quale espressione della volontà delle parti, vale a dire, nella fattispecie di nostro interesse, che il matrimonio può essere considerato pienamente un atto performativo, nel quale il “sì” determina una nuova natura per le persone che lo pronunciano, trasformandosi in coniugi. Il matrimonio è valido anche senza la formale apposizione delle firme sugli atti, comunque di norma richieste). Ad ogni modo, l’assunzione reciproca di vincoli non è arbitraria né discriminatoria, come Xxxxxxx sembra suggerire. Nell’ordinamento italiano gli obblighi e i diritti dei coniugi sono stabiliti per Xxxxx, e i nubendi sono edotti precisamente sul contenuto di essi, rispetto ai quali dichiarano, con il “sì”, oltre che con la firma degli atti, di impegnarsi. Sia che ci si voglia limitare all’aspetto perfomartivo, sia che si consideri anche la firma dell’atto di matrimonio, ci sono buone ragioni, a mio avviso, per ritenere che - usando l’espressione di Pateman - esista un “regolare contratto di matrimonio”, le cui clausole sono rappresentate, nel caso italiano, dagli articoli dal 143 al 148 del Codice civile. Particolarmente significativo è quanto prescritto dall’articolo 143 secondo il quale «con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla
- a quale ordinamento giuridico e momento storico fa riferimento?45 A tali
considerazioni, che sembrano almeno a tratti strettamente connesse allo stato attuale delle cose, Xxxxxxx fa seguire un brano tratto dalla Metafisica dei costumi di Xxxx, la cui pertinenza, rispetto alle problematiche del diritto di famiglia contemporaneo, appare quantomeno discutibile46.
Contemporary feminists - scrive ancora Pateman - have paid relatively little attention to the vow of obedience […] If the promise of universal freedom heralded by the story of an original contract is not to appear fraudulent from the start, women must take part in contract in the new civil order. If men’s civil status as equals and patriarchal masters is to be maintained, the contract into which women enter must be separated from other contracts. A woman agrees to obey her husband when she becomes a wife; what better way of giving public affirmation that men are sexual masters, exercising the law of male sex-right, in their private lives?47
Mostrando una chiara perplessità nei riguardi dell’istituto del matrimonio, Xxxxxxx insiste sul fatto che le donne debbano necessariamente aver “sottoscritto” un contratto diverso, che impone cieca obbedienza e subordinazione. Mi sembra che il passaggio citato contenga, riassumendoli, alcuni dei principali nodi problematici che emergono in maniera ricorrente nel corso dell’opera e che, per questa ragione, è mio interesse discutere. La prima questione riguarda, dunque, l’uso che Pateman fa del termine “contratto”, sovrapponendo, a mio avviso, alcune declinazioni del concetto.
collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia»; si comprende quindi il piano di perfetta parità e uguaglianza che deriva dall’unione matrimoniale. Sebbene il matrimonio sia normato in maniera differente a seconda del Paese (con regimi patrimoniali molto diversi fra loro, ad esempio), vi sono comunque sempre delle norme che regolano tale istituto, nonché degli adempimenti burocratici formali da espletare.
45 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., pp. 163 sgg.
46 Cfr. Xxx, p. 164 e I. Xxxx, Die Metaphysik der Sitten (1797); tr. it. La metafisica dei costumi, Principi metafisici della dottrina del diritto, § 27, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 98.
47 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., pp. 181-182.
{ 3 } Contratto o contratti?
Anzitutto vorrei premettere che il ricorso alla nozione filosofica di contratto, con riferimento alla tradizione del contratto sociale, sembra, almeno per quella che è la mia comprensione di tale concetto, aver poco a che vedere con i contratti, nella loro definizione giuridica; mentre in Pateman dal “contratto” discendono direttamente i “contratti” intesi come le forme di svendita e asservimento dell’individuo - e delle donne in particolare - attraverso le quali si perpetuano sfruttamento e oppressione.
«From the standpoint of contract, in social life there are contracts all the way down», argomenta Pateman, sostenendo che anche «even the ultimate form of civil subordination, the slave contract, is legitimate» e che tale contratto non sarebbe «significantly different from any other contract»48. Per
questa ragione l’autrice invita femministe e socialisti49 a rifiutare tale
paradigma, insistendo sul fatto che, sebbene il contrattualismo sostenga che
«all examples of contract involving property in the person establish free relations», tale assunto «relies on a political fiction»50.
Il contratto è inteso dalla pensatrice come il mezzo attraverso il quale legittimare la riproduzione di un ordine sociale iniquo, mentre credo che l’uso teorico di tale strumento abbia un fine diametralmente opposto, pur con le dovute differenze che si ravvisano nelle diverse dottrine che rientrano nella tradizione del contratto sociale.
48 Ivi, p. 15. È evidente che il punto di riferimento polemico è rappresentato da posizioni radicali come quella di Xxxxxx Xxxxxx (sul tema si rimanda anche alla lettura di un saggio successivo, cfr. X. Xxxxxxx, Self-Ownership and Property in the Person, «The Journal of Political Philosophy», vol. 10, n. 1, 2002, p. 21). Credo che in una teoria contrattualistica di stampo liberal-democratico tale condizione non potrebbe essere accolta e di certo non sarebbe ammissibile in una società ben ordinata basata sui principi di giustizia xxxxxxxxx, perché non coerente anzitutto con il principio di libertà, prioritario rispetto al principio di uguaglianza/ differenza.
49 Si comprende, a partire da simili richiami, che il testo di Xxxxxxx risulta essere fortemente ideologico.
50 X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 17.
Il contratto originario è un modello, certamente un’astrazione logica per la quale, tuttavia, la simmetria delle parti in causa è considerata un presupposto essenziale. I contratti ai quali fa riferimento Xxxxxxx, al fine di evidenziare squilibri e iniquità sociali, sono di altra natura e hanno poco a che vedere con la dimensione del contratto come metodo. Come nota Xxxxxx Xxxxxxxxxx, in Pateman i contratti - sociale, di lavoro, di matrimonio - hanno un importante aspetto in comune: «They evoke the idea of consent of the weaker party […] These parties are deemed to agree to obey, even when there is no real alternative»51; mi pare però che questa argomentazione non possa essere considerata valida, dal momento che contraddice apertamente il meccanismo del contratto sociale e attribuisce lo stesso statuto a questioni fra loro molto diverse, supponendo che la nozione di “contratto” sia una e immutabile, valida per ogni circostanza. Il contratto di matrimonio, strumento del diritto privato, non è paragonabile al contratto sociale, il cui statuto è teorico-normativo, ma nemmeno al contratto di lavoro, unico esempio, peraltro, fra i contratti “codificati” citati a prevedere una dichiarata asimmetria tra le parti in causa, dalla quale, tuttavia, discendono anche obbligazioni speculari i cui limiti sono sanciti in maniera molto chiara dal legislatore. In ogni caso, l’idea di un contratto nel quale le condizioni vengono dettate, senza possibilità di mediazione, dai più forti era stata abbondantemente sconfessata con chiarezza già da Xxxx-Xxxxxxx Xxxxxxxx per il quale il patto iniquo del ricco con il povero si configura come un accordo illegittimo52, e similmente possiamo considerare il costante appello all’equità nelle opere di Xxxx Xxxxx.
Sebbene in Pateman le notevoli sfumature che lo caratterizzano tendano a scomparire, il discorso sul contratto presenta molteplici e complessi piani. Come nota Xxxxx Xxxxxx Xxxx nella sua review intitolata The Sexual Contract - Feminism, the Individual, and Contract Theory, sembra che la teorica del contratto sessuale faccia riferimento a generali - e a tratti imprecise - concezioni di
51 X. Xxxxxxxxxx, Contemporary Feminist Perspectives on Social Contract Theory, cit., p. 407.
52 Cfr. X.-X. Xxxxxxxx, Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes (1755), texte établi et annoté par X. Xxxxxxxxxxx, in Œuures complètes, édition publiée sous la direction de X. Xxxxxxxx et X. Xxxxxxx, vol. III, Gallimard, Paris 1964, p. 177.
contratto e contrattualismo53 e che si serva, in ultima istanza, di una nozione quasi completamente schiacciata sul concetto di contrattualismo radicale o meglio, più propriamente, di libertarianism54.
Sovrapponendo le idee di liberal contract e libertarianism, l’argomento di Xxxxxxx finisce per essere decisamente fallace55. Il contratto rifiutato da Xxxxxxx, sembra vestire i panni del liberismo incontrollato e ciò risulta evidente dall’inclusione di Xxxxxx Xxxxxx fra i contemporary contractarians, sebbene tale etichetta non possa considerarsi appropriata per il filosofo statunitense56.
Da un lato questo riferimento inesatto alla teoria di Xxxxxx conferma la correttezza della tesi per cui il contrattualismo, per come Xxxxxxx lo intende, non è altro che una forma di libertarianism; ma allo stesso tempo il definire Xxxxxx un esponente contemporaneo della teoria contrattualistica denota una profonda imprecisione argomentativa, considerato che in Anarchy, State, and Utopia - opera citata da Xxxxxxx - sono rifiutati categoricamente i postulati contrattualistici57. Seguendo il ragionamento dell’autrice, anche Xxxx incorre
53 Xxxxxxx utilizza le espressioni contractarian theory, contractarianism e the standpoint of contract.
54 Cfr. X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 14 e X. Xxxxxx Xxxx, Feminism, the Individual, and Contract Theory, «Ethics», vol. 100, n. 3, 1990, p. 666. Xxxxxxx afferma apertamente, in un saggio del 2002, che: «In The Sexual Contract I used the label of “contractarianism” in order to highlight the central place of practice of contract in libertarian theory» (X. Xxxxxxx, Self- Ownership and Property in the Person, cit., p. 21). Vorrei segnalare, peraltro, che Xxxxxxx sostiene, sorprendentemente, che per Xxxxxxx “contrattualismo” e “liberalismo” sono sinonimi:
«Xxxxxxx’x arguments are liberal - like many political philosophers she assumes that “liberal” and “contractarian” are synonymous», pur riconoscendo che «she does not see liberalism as a neutral doctrine» (X. Xxxxxxx, The Intrinsic Worth of Persons: Contractarianism in Moral and Political Philosophy by Xxxx Xxxxxxx and Xxxxxx Xxxxxxx (Review), «Hypatia», vol. 24, n. 1, 2009, p. 188). Come ho già sostenuto, credo che questa sia una convinzione di Xxxxxxx, più che una corretta interpretazione dei testi di Xxxxxxx.
55 X. Xxxxxx Xxxx, Feminism, the Individual, and Contract Theory, cit., p. 666.
56 Cfr. X. Xxxxxxx, The Sexual Contract, cit., p. 71.
57 La visione anarco-capitalista di Xxxxxx oppone alla narrazione contrattualistica la logica del mercato come base per l’unica forma di ordinamento legittimo possibile, lo stato minimo. Lo stato minimo si configura come un’aggregazione di contratti privati, ma non si rintraccia, a fondamento di tale stato, nessun patto sociale unitario. L’emergere delle agenzie protettive e la loro dialettica che conduce alla formazione dello stato propriamente detto, attraverso un processo storico e graduale: «To get to something recognizable as a state we must show (1) how an ultraminimal state arises out of the system of private protective associations; and (2) how the ultraminimal state is transformed into a minimal state, how it gives rise to that
nell’errore di attribuire una posizione contrattualistica a Xxxxxx, ad ogni modo sottolineando che la versione rawlsiana differisce nettamente dalla teoria dello stato minimo e non sembra pertanto aderente alla definizione di teoria contrattualistica proposta da Xxxxxxx. Un contrattualismo à la Xxxxx, suggerisce Xxxx, «can readily be put to femminist uses»58.
Per quanto la tesi di Xxxxxxx risulti affascinante e ben argomentata, credo che essa presenti non pochi elementi di debolezza. Potremmo forse ragionevolmente supporre che un ipotetico contratto sessuale, inteso come tacito fondamento del contratto sociale, sia, in qualche forma, esistito. Si è inoltre già detto a sufficienza, e niente sotto questo profilo è posto in discussione, a proposito della parzialità del concetto di “uomo”, per troppo tempo unico soggetto politico, e certamente si può convenire sul fatto che fosse urgente, soprattutto nei decenni passati, portare all’attenzione del dibattito filosofico tali mancanze. Ma ciò non toglie, come già si è sostenuto in una precedente nota, che la posizione di Xxxxxxx sia fortemente ideologica e, per conseguenza, a tratti forzata.
“redistribution” for the general provision of protective services that constitutes it as the minimal state. To show that the minimal state is morally legitimate, to show it is not immoral itself, we must show also that these transitions in (1) and (2) each are morally legitimate. […] We argue that the first transition, from a system of private protective agencies to an ultraminimal state, will occur by an invisible-hand process in a morally permissible way that violates no one’s rights. Secondly, we argue that the transition from an ultraminimal state to a minimal state morally must occur» (X. Xxxxxx, Anarchy, State, and Utopia, Basic Books, New York 1974, p. 52); ancora più chiaramente Xxxxxx afferma che: «Persons will converge in exchanges on the more marketable goods, being willing to exchange their goods for them; the more willing, the more they know others who are also willing to do so, in a mutually reinforcing process. […] For obvious reasons, the goods they converge on, via their individual decisions, will have certain properties: initial independent value (else they wouldn’t begin as more marketable), physically enduring, nonperishable, divisible, portable, and so forth. No express agreement and no social contract fixing a medium of exchange is necessary» (Ivi, p. 18, corsivo mio). Il ricorso all’idea di una sorta di mano invisibile smithiana è in grado di spiegare il processo di formazione di una società, la cui unica unità di misura è il mercato.
58 X. Xxxxxx Xxxx, Feminism, the Individual, and Contract Theory, cit., p. 666.
{ 4 } Contratto e subordinazione: una relazione necessaria?
Esaminate le obiezioni avanzate da Xxxxxxx, credo che risulti evidente l’urgenza di provare a comprendere se effettivamente esiste una relazione forte, direi quasi essenziale, tra l’ipotesi contrattualistica e la soggezione di alcuni gruppi sociali. Se l’esperimento liberal-democratico e la tradizione del contratto sociale hanno dato esiti non esattamente equi, potrebbe essere opportuno domandarsi se ciò sia imputabile a un errore di metodo o a un’errata applicazione del metodo.
Xxxxxxx, come è ormai chiaro, sembra propendere per la prima soluzione, riconoscendo un nesso troppo stretto fra l’esclusione - storica - delle donne dal politico e lo svantaggio sociale dei giorni nostri. Peraltro, Xxxxxxx appare abbastanza convinta del fatto che le cattive pratiche socialmente accettate non solo contribuiscono in maniera preponderante a mantenere le donne in una condizione di svantaggio - ciò è palese -, ma anche che la forza di tali pratiche derivi dal fatto che esse affondano le loro radici nel contratto sessuale, che quindi continuerebbe, ancora oggi, a esercitare la propria influenza in maniera indiretta.
Se, invece, prendessimo in considerazione la seconda ipotesi, ovvero l’errata applicazione del metodo, ci troveremmo di fronte a uno scenario completamente diverso, abbastanza simile a quello che ci si presenta davanti quando accogliamo l’invito di Xxxx a concentrarci sul potenziale inespresso della teoria rawlsiana. Non mi trovo in accordo con alcune obiezioni di Xxxx, perché credo, come sosterrò nelle prossime pagine, che si possa ragionevolmente supporre che in A Theory of Justice vi siano già tutti gli strumenti per superarle; ma condivido la necessità di sottolineare alcune carenze. Sopratutto tra gli anni Settanta e Xxxxxxx, evidenziare la falsa neutralità del termine “uomo” era urgente e necessario, quasi doveroso direi. Questo non significa, però, che il contrattualismo stesso non possa fornire una risposta soddisfacente alle obiezioni anti-contrattualistiche avanzate da alcune
teoriche femministe. Se assumiamo che alla categoria di “essere umano” appartengono tanto gli uomini quanto le donne, e se gli esseri umani sono intesi come pienamente liberi e uguali, possiamo pensare ancora all’accordo tra pari come a una forma di soggezione?
A mio parere non vi sono ostacoli concreti affinché una teoria femminista si inserisca saldamente in una cornice teorica di matrice liberal-democratica e contrattualistica, a patto però che si operi una revisione dei confini tra pubblico e privato e che la famiglia - o, per dirla con Xxxxxxx, le relazioni intime - sia considerata, almeno in una certa misura, un problema politico.
{ CAPITOLO TERZO }
La famiglia è un problema politico?
Major contemporary Anglo-American theories of justice are to a great extent about men with wives at home.59
In A Theory of Justice sono omessi, scrive Xxxx Xxxxx nell’introduzione di Political Liberalism, argomenti importanti «for example, the justice of and in the family, though I do assume that in some form the family is just»60. Il ragionamento del professore di Harvard fa leva sul fatto che «a conception of justice worked up by focusing on a few long-standing classical problems should be correct, or at least provide guidelines for addressing further questions»61, giustificandosi in questo modo per non aver affrontato nel dettaglio alcune problematiche nella sua opera del 1971.
Once we get the conceptions and principles right for the basic historical questions, - si legge ancora in Political Liberalism - those conceptions and principles should be widely applicable to our own problems also. The same equality of The Declaration of Independence which Xxxxxxx invoked to condemn slavery can be invoked to condemn the inequality and oppression of women. I think it a matter of understanding what earlier principles require under changed circumstances and of insisting that they now be honored in existing institutions. For this reason Theory focused on certain main historical problems in the hope of formulating a family of reasonable conceptions and principles that might also hold for other basic cases.62
59 X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 110.
60 X. Xxxxx, Political Liberalism, Columbia U. P., New York 1993, p. xxix.
61 Ibidem.
62 Ibidem.
La precisazione, oltre a fare chiarezza su un tema controverso, evidenzia alcune importanti differenze che intercorrono fra A Theory of Justice e Political Liberalism, che pure devono essere lette, a mio parere, senza soluzione di continuità. Mentre l’opera del 1971 pone le basi teoriche e normative di una proposta liberal-democratica e contrattualistica, Political Liberalism, pur presupponendo tale sostrato normativo, si interroga sulle questioni che nascono in una società pluralista, come sono le società odierne, che prenda sul serio i dettami della giustizia come equità e che miri a essere stabile e duratura nel tempo. Ecco perché in Political Liberalism trovano spazio problemi che erano stati poco, o per nulla, presenti nella pagine di A Theory of Justice. Si tratta di vedere, ora, in che modo vengono considerate tali importanti questioni e qual è l’effettivo status della famiglia nella proposta contrattualistica rawlsiana.
{ 1 } Famiglia e (in)giustizia
In Justice, Gender, and the Family, Xxxxx Xxxxxx Xxxx riconosce che tra i più importanti teorici della giustizia contemporanei solo Xxxx Xxxxx considera la famiglia come una “scuola di sviluppo morale”63, all’interno della quale gli individui - e i cittadini - maturano un “senso di giustizia”. La teoria del professore di Harvard non è comunque considerata da Xxxx, come è stato accennato, immune da critiche.
Xxxx riflette sulle “carenze” di tale approccio in molti luoghi, ma una prima esposizione organica è presentata nel capitolo quinto del suo saggio datato 1989. Xxxx nota come i riferimenti al genere, da parte di Xxxxx, siano piuttosto scarsi. In più, l’utilizzo di falsi neutri nelle pagine di A Theory of Justice non sarebbe imputabile, secondo la filosofa, al considerare il sesso come una contingenza moralmente irrilevante64, come tante altre coperte dal velo di
63 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 97.
64 Cfr. Xxx, pp. 90 sgg. In realtà, come è stato ricordato anche in una precedente nota, Xxxxx specifica già dal saggio Fairness to Goodness (cit., pp. 537 sgg.) che il sesso è una delle dotazioni naturali coperta dal velo di ignoranza.
ignoranza. Se il sesso non viene espressamente menzionato è perché la sua connotazione - nella forma maschile - è evidentemente presupposta; una lettrice femminista potrebbe chiedersi, pertanto, se la teoria di Xxxxx riguardi o meno le donne65, suggerisce la teorica. Ma la questione non è un affare meramente linguistico.
Le difficoltà, sostiene Xxxx, si fanno ancora maggiori nel momento in cui Xxxxx spiega che i decisori razionali che agiscono in posizione originaria66 non devono essere considerati come individui singoli, bensì come “capifamiglia” [heads of families]67. In linea di principio qualsiasi membro della famiglia potrebbe diventarne un rappresentante, ma Xxxx è convinta del fatto
65 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 91. Cfr. anche X. Xxxxxxxx, Is the Original Position Inherently Male-Superior?, «Columbia Law Review», vol. 94, n. 6, 1994.
66 L’argomento della posizione originaria e la descrizione degli individui rappresentativi sono stati oggetto di revisione nel corso degli anni da parte di Xxxxx. È interessante notare che il riferimento ai decisori razionali come “capifamiglia” viene proposto per introdurre l’idea della giustizia tra generazioni, pensando a dei rappresentanti intesi come padri che si facciano in qualche modo garanti degli interessi dei figli. Scrive Xxxxx: «The question arises, however, whether the persons in the original position have obligations and duties to third parties, for example, to their immediate descendants», e in virtù di una possibile risposta affermativa aggiunge che «we may think of the parties as heads of families, and therefore as having a desire to further the welfare of their nearest descendants» (X. Xxxxx, A Theory of Justice (1971), Oxford U. P., Oxford 1973, p. 128). Forse possiamo considerare ragionevole l’assunzione di Xxxxx, anche se poco aderente all’idea di individui razionali inclini, per natura, al calcolo strategico - il problema quindi non riguarderebbe solo le mogli, ammesso che esse non possano essere considerate capifamiglia, ma anche i figli o comunque tutti i soggetti rappresentati indirettamente in quanto membri di una famiglia. La stessa questione della giustizia fra generazioni, quindi, sembra essere tutt’altro che risolta dall’escamotage proposto. In ogni caso, rimanendo aderenti alla problematica femminista, mi preme evidenziare in che modo in Justice as Fairness: A Restatement, dove non compare un esplicito richiamo ai capifamiglia, Xxxxx precisa meglio come debba essere intesa la posizione originaria e in che senso essa sia caratterizzata dalla presenza di “individui rappresentativi”, che fungono in qualche misura anche da “rappresentanti” in senso ampio: «Many questions about the original position answer themselves if we […] see it is a device of representation modeling reasonable constraints that limit the reasons that the parties as rational representatives may appeal to» (X. Xxxx, Justice as Fairness: A Restatement, Harvard U.P., Cambridge Massachusetts 2001, p. 86). La posizione originaria offre gli elementi per comprendere che tipo di ragionamento le parti dovrebbero condurre per pervenire a esiti imparziali, sebbene la posizione originaria non sia né un’assemblea generale di tutti quelli che sono in vita in una data epoca, né una riunione di tutte le parti reali o possibili. Ma Xxxxx non esclude che ciascuno di noi possa farne parte, in ogni momento «simply by reasoning in accordance with the modeled constraints, citing only reasons those constraints allow» (Ibidem).
67 Sul tema si rimanda all’analisi di X. Xxxxx in Xxxxx, Women and the Priority of Liberty,
«Australasian Journal of Philosophy», vol. 64 (supplemento), 1986.
che le donne non siano considerate come candidate papabili, anche alla luce dell’assunzione rawlsiana per cui gli individui della posizione originaria si immaginano come padri68.
La famiglia, sostiene Xxxx, diviene un’entità semi-invisibile nella teoria rawlsiana, pur essendo stata inserita nella sfera della giustizia sociale, operazione sorprendente - commenta la filosofa - in ambito liberale.
Già in A Theory of Justice, infatti, Xxxxx sostiene che la famiglia è parte della struttura di base della società, che nell’architettura rawlsiana rappresenta, come è noto, lo sfondo sociale nel quale hanno luogo le attività degli individui e delle associazioni69. La struttura di base è, più precisamente, definita da Xxxxx come l’oggetto fondamentale della giustizia e da ciò consegue che una struttura di base giusta è in grado di garantire quella che viene chiamata “giustizia di sfondo”. Scrive Xxxxx:
For us the primary subject of justice is the basic structure of society, or more exactly, the way in which the major social institutions distribute fundamental rights and duties and determine the division of advantages from social cooperation. By major institutions I understand the political constitution and the principal economic and social arrangements. Thus the legal protection of freedom of thought and liberty of conscience, competitive markets, private property in the means of production, and the monogamous family are examples of major social institutions.70
La critica femminista71 nota però come vi siano delle incongruenze nel modo in cui Xxxxx parla di famiglia, tenendo conto sia di A Theory of Justice,
68 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit., p. 92 e X. Xxxxx, A Theory of Justice, cit., p. 289.
69 Xxxxx propone una definizione simile di struttura di base in Justice as Fairness: A Restatement, cit., pp. 10 sgg.
70 X. Xxxxx, A Theory of Justice, cit., p. 7.
71 Cfr. X. Xxxxx, Back Toward a Comprehensive Liberalism? Justice as Fairness, Gender, and Families,
«Political Theory», vol. 35, n.1, 2007.
quanto di Political Liberalism e dei saggi intermedi fra le due opere72. Anzitutto si sostiene che sebbene Xxxxx affermi che la famiglia è una delle istituzioni della struttura di base, a tratti sembra che ciò venga sconfessato, considerato che i principi di giustizia non paiono essere davvero applicabili all’istituzione familiare73. Si dovrebbe supporre, però, che se la famiglia è una delle istituzioni che fanno parte della struttura di base, essa debba rispondere ai criteri di giustizia, ed essere a sua volta, in qualche modo giusta. In A Theory of Justice Xxxxx afferma, infatti, che i principi di giustizia si applicano alla struttura di
base della società74 e sostiene che la famiglia è un’istituzione giusta75 [family
institutions are just], capace quindi di promuovere in una certa misura il senso di
72 Xxxxx critica a Political Liberalism si segnala la posizione di Xxxxxxxx Xxxxxxx. È opinione della studiosa che alcune dottrine comprensive che vengono accettate da Xxxxx incoraggino le donne a pensarsi come subordinate (K. Xxxxxxx, Towards Feminist Perfectionism: A Radical Critique of Rawlsian Liberalism, «UCLA Women's Law Journal», vol. 6, n. 1, 1995).
73 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Justice, Gender, and the Family, cit. (1989); Id., Political Liberalism, Justice, and Gender («Ethics», vol. 105, n. 1, 1994); Id., Justice and Gender: an Unfinished Debate («Fordham Law Review», vol. 72, n. 5, 2004); Id., “Forty acres and a mule” for women: Xxxxx and feminism («Politics, Philosophy & Economics», vol. 4, n. 2, 2005) e X. Xxxxx, Toward a New Feminist Liberalism: Xxxx, Xxxxx, and Xxxxxxxx («Hypatia», vol. 11, n. 1, 1996). Sul tema mostra convinzioni simili anche Xxxxxxx: «Given his focus on the political, it is not surprising that, despite Xxxxx’x nominal inclusion of the family in the basic structure in A Theory of Justice, he does not actually apply his principles of justice within the family. In Political Liberalism, Xxxxx is adamantly value-neutral about how people should structure and live their private lives. Although Xxxxx sets up the basic structure as his testing ground for the principles of justice, he retreats to a fairly typical public/private distinction and only applies his principles in the public sphere» (K. Xxxxxxx, Towards Feminist Perfectionism: A Radical Critique of Rawlsian Liberalism, cit., p. 6).
74 Cfr. X. Xxxxx, A Theory of Justice, pp. 7 sgg.; p. 61.
75 Nel paragrafo 75 di A Theory of Justice, intitolato «The Principles of Moral Psychology», Xxxxx espone tre leggi psicologiche. Trovo importante segnalare, in proposito, che la traduzione italiana della prima legge omette un importante dettaglio per una piena comprensione della critica di Xxxx. Dove il testo originale recita: «Given that family institutions are just, and that the parents love the child and manifestly express their love by caring for his good, then the child, recognizing their evident love of him, comes to love them» (Xxx, p. 490, corsivo mio) la traduzione riporta: «Posto che le istituzioni familiari esprimano il loro amore prendendosi cura del bambino, questi, riconoscendo i loro manifesto amore per lui, giunge ad amarle» (cfr. Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano 2008, p. 461). È evidente, quindi, che la prima condizione indicata da Xxxxx è, come attentamente nota Xxxx, che le famiglie siano giuste, ma di ciò non si trova traccia nel testo tradotto. A tale condizione si unisce il fatto che i genitori amano i propri figli, ed esprimono tale amore attraverso la cura e l’attenzione; quindi i figli riconoscendo tale amore, imparano ad amare i propri genitori.
giustizia nei suoi membri76 (così come fa, indirettamente, anche la società ben ordinata, intesa come insieme di istituzioni giuste).
Risulta chiaro che, se consideriamo tale affermazione sotto la lente
dell’esperienza, tanto più se da una prospettiva femminista77, non possiamo che trovarci in disaccordo, dal momento che le famiglie sono spesso scuola di ingiustizia, più che di giustizia78.
La famiglia, come è stato detto, rappresenta peraltro il problema politico per definizione che la teoria femminista ha cercato di portare all’attenzione del dibattito filosofico, denunciando le inique dinamiche, perlopiù socialmente accettate, che in essa trovano spazio. Sebbene Xxxxx abbia cercato di rispondere ad alcune di tali obiezioni tramite le tesi proposte in Political Liberalism, Xxxxx Xxxx ritiene che nell’opera del 1993 Xxxxx dia ancora meno importanza alla famiglia e alle questioni di genere di quanto non avesse fatto in A Theory of Justice79. Inoltre, la filosofa fa notare come in Political Liberalism la famiglia sembri essere relegata all’ambito del privato, dal momento che Xxxxx afferma, ad esempio, che «the political is distinct from the associational, which is voluntary in a ways that political is not; it is also distinct from the personal and the familial, which are affectional, again in a ways that political is not. (The
76 Per un’interpretazione critica, cfr. X. Xxxxxx, A Theory of Justice and Love. Xxxxx on the Family,
«Politics», vol. 18, n. 2, 1983.
77 Xxxxxx Xxxxx fa correttamente notare che la teoria femminista sarebbe considerata, nella società rawlsiana, come una dottrina morale comprensiva (cfr. S. A. Xxxxx, Family Justice and Social Justice, «Pacific Philosophical Quarterly», 75, 1994); ma questo non implica, viceversa, che il “sessismo” sarebbe accolto allo stesso modo in quanto dottrina comprensiva. Se accettiamo l’idea per cui le teorie comprensive sono ammesse sulla base del consenso per intersezione, e se assumiamo che la società ben ordinata è retta dai principi di giustizia, comprendiamo che nessuna visione che richieda la violazione di libertà ed eguaglianza può essere legittimata.
78 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Political Liberalism, Justice, and Gender, cit.; specialmente § «Typical Contemporary Families as Poor Schools of Justice», pp. 35 sgg. Per Xxxx l’idea che le famiglie siano giuste deriverebbe dal fatto che il punto di vista dei meno avvantaggiati al loro interno, ovvero le donne, non sarebbe mai considerato dato che i capifamiglia sarebbero, con buona probabilità, uomini.
79 Cfr. X. Xxxxxx Xxxx, Political Liberalism, Justice, and Gender, cit.
associational, the personal and the familial are simply three examples of the nonpolitical; there are others)»80.
L’interpretazione che intendo avanzare, invece, mira a superare la presunta
contraddizione ravvisata da Xxxx, facendo leva sull’idea di una “duplice natura della famiglia”, non esattamente nei termini proposti da Xxxx Xxxxxxx Xxxxx00, e tenendo in considerazione le importanti precisazioni offerte da Xxxxx nel saggio sulla revisione dell’idea di ragione pubblica82, fornendo, in ultima analisi, un’ulteriore risposta positiva al quesito polemico avanzato da Tapper: può una femminista sostenere una posizione liberal e, pensando a Xxxx Xxxxxxx, contrattualistica?
{ 2 } TRA PRIVATO E POLITICO
Anzitutto è importante ribadire che la maggior parte - se non la totalità - delle proposte teoriche femministe richiede un ripensamento della dicotomia pubblico-privato. Ma questa richiesta può essere coerente, come è stato già sostenuto, anche con la decisione di lavorare in una prospettiva liberal. Proprio
80 X. Xxxxx, Political Liberalism, cit., p. 137.
81 Cfr. M. B. Xxxxx, Private and Public Dilemmas: Xxxxx on Family, «Polity», vol. 44, n. 3, 2012, pp. 426-445. Xxxxx non concorda con la critica femminista secondo la quale la teoria di Xxxxx sarebbe espressione di un modello patriarcale, pur sostenendo che Xxxxx abbia sottostimato la famiglia come luogo di espressione della diversità. L’interpretazione di Xxxxx fa perno su una nozione di famiglia “politica” e “non politica” allo stesso tempo. L’autrice ammette che possa apparire contraddittorio, ma mira a dimostrare la possibile conciliazione dei due piani, in quanto, come Xxxxx spiega, la famiglia è parte della basic structure, ma appartiene anche alla sfera privata delle associazioni. Scrive Xxxxx: «On one hand, families are one of the most persistent obstacles to fairness and equality of opportunity. On the other, individuals express and form themselves within the confines of the family. Families are both public and private», Xxx, p. 428.
82 X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, «The University of Chicago Law Review», vol. 64, n. 3, 1997. Xxxxx considerava questo articolo come la migliore esposizione delle sue idee sulla ragione pubblica e il liberalismo politico, nella quale trovano posto argomenti nuovi come il femminismo (cfr. Lettera 14 luglio 1998 in Liberalismo politico - Edizione ampliata (tr. it.), Einaudi, Torino 2012, parte quarta “Introduzione a Un riesame dell’idea di ragione pubblica”, pp. 403-405). Argomentazioni simili sono proposte in forma più sintetica al paragrafo 50 di Justice as Fairness: A Restatement, pp. 162 sgg.
in A Theory of Justice - e in tutte le successive opere rawlsiane - assistiamo alla più compiuta messa in discussione, pur partendo da una teoria liberal- democratica, dei confini che separano nettamente la sfera pubblica da quella privata. Quando Xxxxx inserisce la famiglia fra le istituzioni della struttura di base della società, confuta a sua volta quanto giustamente contestato dalle pensatrici femministe. La famiglia come istituzione ha uno statuto che la rende diversa da altre associazioni, come le Università e le Chiese ad esempio, le quali rientrano a pieno titolo nel non politico, pur essendo comunque strettamente connesse alla dimensione pubblica di una società ben ordinata.
Quella che viene indicata come un’ambiguità, cioè il fatto che in Political Liberalism la famiglia sia associata all’affettivo e al privato, a ragioni che potremmo definire - e che Xxxxx stesso definisce - non pubbliche, evidenzia quella che credo si possa chiamare, come ho accennato precedentemente, “duplice natura della famiglia”, tenendo conto anche della presenza di due livelli del discorso che è possibile rintracciare nelle opere rawlsiane.
I have thought - scrive Xxxxx - that J.S. Xxxx’x landmark The Subjection of Women (1869) […] made clear that a decent liberal conception of justice (including what I called justice as fairness) implied equal justice for women as well as men. Admittedly, A Theory of Justice should have been more explicit about this, but that was a fault of mine and not of political liberalism itself.83
Nel paragrafo quinto del saggio The Idea of Public Reason Revisited, interamente dedicato alla famiglia in quanto parte della struttura di base, Xxxxx chiarisce la sua posizione alla luce delle critiche ricevute, citando direttamente Xxxx e Xxxxxxxx, ma anche Xxxxx e XxXxxxx00. Il professore di Harvard afferma che, se anche la sua opera appare incompleta in alcuni punti, essa non rappresenta un ostacolo per il pieno perseguimento dell’uguaglianza di genere che risulta essere tanto un presupposto del liberalismo politico, quanto
83 X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., nota 58, p. 787.
84 Xxxxx Xxxxxxxx accusa Xxxxx di non aver inserito nessuna teorica del femminismo
nell’indice di Political Liberalism (cfr. X. Xxxxxxxx, Is the Original Position Inherently Male- Superior?, cit.).
dell’idea di justice as fairness da lui proposta. Xxxxx precisa che la famiglia è considerata come parte della struttura di base perché «one of its main roles is to be the basis of the orderly production and reproduction of society and its culture from one generation to the next»85 e poiché il lavoro riproduttivo86 è un lavoro socialmente necessario, «a central role of the family is to arrange in a reasonable and effective way the raising of and caring for children, ensuring their moral development and education into the wider culture»87. La famiglia deve quindi assicurare la crescita e lo sviluppo dei cittadini, promuovendo quelli che sono gli obiettivi di una società ben ordinata. Chiaramente, affinché la ragione pubblica si applichi alla famiglia, è necessario che essa venga considerata come una questione politica da affrontare in termini di giustizia sociale. «It may be thought - scrive Xxxxx - that […] the principles of justice do not apply to the family and hence those principles do not secure equal justice for women and their children»88, riferendosi, come specificato in nota, direttamente a Xxxx. Ma questa, afferma prontamente Xxxxx, è un’idea sbagliata.
Tuttavia, nuovamente nel saggio “Forty acres and a mule” for Women: Xxxxx and Feminism Xxxx sostiene che Xxxxx «does not discuss how the principles [of justice] would influence either the internal structures and workings of the family or its relations with the wider society»89. Xxxxx, aggiunge Xxxx, non sembra rendersi conto del fatto che la famiglia rappresenti un ostacolo per il pieno sviluppo di uguali opportunità per le donne, né si occupa di indicare in che modo le famiglie dovrebbero essere strutturate per promuovere
85 X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 788.
86 Credo che il “lavoro riproduttivo” debba essere inteso in senso generale e non solo per quanto concerne la “meccanica della riproduzione” - sulla quale, evidentemente, nessuna riflessione politica ha potere. Vale la pena sottolineare, inoltre, che Xxxxx assegna questo ruolo alla famiglia e non alle donne.
87 X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 788
88 Ibidem.
89 X. Xxxxxx Xxxx, “Forty acres and a mule” for Women: Xxxxx and Feminism, cit., p. 235.
efficacemente la giustizia90. Da un lato, argomenta Xxxx, Xxxxx sostiene che le idee fondamentali della giustizia come equità sono presenti nella cultura pubblica91, ma allo stesso tempo «strongly implies that in the nonpolitical aspects of their lives - personal morality or religion, for example - they may hold views such as that there is a fixed natural order or a “hierarchy justified by religious or aristocratic values”»92.
Personalmente, condivido la preoccupazione di Xxxx per cui certi aspetti del privato, ovvero alcuni elementi delle dottrine comprensive93, possano risultare dannosi per le donne, ma questo non sembra essere legato al fatto che la famiglia rientri ambiguamente fra le istituzioni della struttura di base, dal momento che pratiche e convinzioni contrarie al ragionevole consenso - o, se vogliamo stare più aderenti al piano normativo, ai principi di giustizia - devono essere rigettate o proibite94. Per come intendo Xxxxx, mi sembra che ci siano
90 Cfr. Xxx, p. 236.
91 Cfr. X. Xxxxx, Political Liberalism, cit., p. 78.
92 X. Xxxxxx Xxxx, Political Liberalism, Justice, and Gender, cit., p. 29.
93 La questione è affrontata in maniera ancora più esplicita nell’opera Is Multiculturalism Bad for Women? (X. Xxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx (eds.), Princeton U.P., Princeton 1999) al cui omonimo saggio di Xxxx seguono varie ed eterogenee risposte. Per un approfondimento si segnalano alcuni scritti della filosofa, composti dall’autrice fra la metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila: X. Xxxxxx Xxxx, Gender Inequality and Cultural Differences, «Political Theory», vol. 22, n. 1, 1994; Id., Feminism, Women’s Human Rights, and Cultural Differences,
«Hypatia», vol. 13, n. 2, 1998; Id., “Mistresses of Their Own Destiny”: Group Rights, Gender, and Realistic Rights of Exit, «Ethics», vol. 112, n. 2, 2002; Id., Xxxxxxx, Well-Being and Gender: What Counts, Who’s Heard?, «Philosophy & Public Affairs», vol. 31, n. 3, 2003.
94 «If slavery and serfdom are impermissible and off the agenda, we need to ask again: What are the justifiable limits of toleration of religious and philosophical conceptions regarding gender?» (X. Xxxxxx Xxxx, Political Liberalism, Justice, and Gender, cit., p. 31). Ma in Xxxxx esiste una risposta per questa domanda. Come nota Xxxx, forse ottimisticamente, Xxxxx afferma che la religione, a eccezione di alcuni fondamentalismi, può essere compresa nel ragionevole. Il che non significa, ovviamente, accettare tout court i dettami di un credo, ma, una volta garantiti i principi di giustizia nella struttura di base, lasciare spazio al ragionevole disaccordo tra i sostenitori di dottrine comprensive diverse e opposte, purché tutte ragionevoli. Cioè che non è ragionevole, non è ammesso. Convinzione di Xxxx, anche se non vi è un puntuale richiamo al testo, resta che «it seems, however, that Xxxxx does not apply the same strict criteria of reasonableness to comprehensive doctrines that involve considerabile genere inequality that he does to those that treat people differently on radical or ethnic grounds», Ibidem.
molte indicazioni per ritenere che la famiglia sia un’istituzione realmente appartenente alla struttura di base della società, anche se forse la semplice appartenenza non è sufficiente per garantire una piena equità nelle famiglie95.
{ 3 } UNA DUPLICE NATURA
In Justice as Fairness Xxxxx ribadisce che i principi di giustizia regolano la basic structure anche se non si applicano direttamente alle istituzioni e alle associazioni; i principi di giustizia, infatti, non agiscono in maniera diretta sulla società. Tuttavia «firms and labor unions, churches, universities, and the family are bound by constraints arising from the principles of justice, but these constraints arise indirectly, from just background institutions»96. Il corsivo è mio e mi aiuta a evidenziare il punto che trovo cruciale: le famiglie, nel discorso rawlsiano - che su questo elemento è essenzialmente coerente in tutte le opere
- sono altra cosa rispetto alle istituzioni di sfondo, in cui rientra però, come è stato mostrato, la famiglia97. La famiglia, in quanto istituzione, ha una dimensione intrinsecamente politica; mentre le famiglie, come esperienza
95 Alcune importanti precisazioni sulla nozione di struttura di base sono offerte da Xxxx Xxxxx nel saggio The Basic Structure as a Subject, «American Philosophical Quarterly», vol. 14, n. 2, 1977.
96 X. Xxxxx, Justice as Fairness: A Restatement, cit., p. 10. Mettendo in discussione l’assunzione rawlsiana per cui la famiglia sarebbe un’istituzione giusta, Xxxxxx Xxxxx si domanda “giusta in che senso?” e propone tre possibili interpretazioni. Tuttavia la studiosa suggerisce che l’aggettivo “giusto” si riferisca solo alla “natura della famiglia”, per cui sarebbe corretto supporre che i principi di giustizia agiscano indirettamente su di essa (cfr. S. A. Xxxxx, Family Justice and Social Justice, cit. e Id., Situating a Feminist Criticism of Xxxx Xxxxx’x Political Liberalism,
«Loyola of Los Angeles Law Review», vol. 28, 1995).
97 Nel già citato The Basic Structure as Subject, Xxxxx sostiene molto chiaramente che non dobbiamo pensare in maniera strumentale alla struttura di base, il cui unico ruolo, come è stato più volte sostenuto, è quello di assicurare la giustizia di sfondo nella società ben ordinata. A questo proposito, Xxxxx invita a non confondere il contratto della posizione originaria con i successivi contratti e affiliazioni, rimarcando che «the essential point is the distinctive role of the basic structure: we must distinguish between particular agreements made and associations formed within this structure, and the initial agreement and membership in society as a citizen» (X. Xxxxx, The Basic Structure as Subject, cit., p. 161).
intima, sono assimilate alle associazioni, alle quali si aderisce volontariamente98 e le cui regole possono essere non pienamente conformi alla ragione pubblica, anche se mai in aperto contrasto con essa99.
Proprio su questo punto mi sembra si inseriscano le interessanti obiezioni di Xxxxxx Xxxxx. Riferendosi all’idea di dottrina ragionevole, Xxxxx evidenzia che «one might suppose that Xxxxx need not to protect sexist or racist or otherwise discriminatory comprehensive doctrines because discriminatory
98 Riferirsi alla famiglia come associazione volontaria potrebbe determinare non poche
obiezioni. Se per le donne adulte possiamo supporre un’adesione volontaria, la questione si presenta almeno come maggiormente problematica per i figli, come nota Xxxxxx Xxxxxxxx:
«For adult women, membership in a family may be voluntary (though this is not always clear), and Xxxxx’x protection of their exit options may suffice to ensure their full equality. But children are simply hostages to the family in which they grow up, and their participation in its gendered structure is by no means voluntary» (X. Xxxxxxxx, The Future of Feminist Liberalism, cit., p. 60). L’originale analisi di Xxxx Xxxxx fa leva, invece, proprio sulla nozione di contratto nel suo argomento a favore della tutela dei diritti dei minori, che sono intesi come membri pienamente attivi della comunità familiare e politica (cfr. M. C. Vopat, Children’s Rights and Moral Parenting, Lexington Books, Lanham 2015). Qualunque posizione si adotti, è certamente opportuno tenere presente che la famiglia non è solo quella che individui adulti e indipendenti decidono - più o meno - volontariamente di formare, ma anche quella in cui si nasce. Peraltro, i gruppi fondati sui legami di sangue meritano un’attenzione particolare - su questo concordo con Xxxxxxxx - rispetto ad altri gruppi sociali, quali chiese e università per citare gli esempi rawlsiani, dal momento che presentano delle caratteristiche peculiari che non possono essere ignorate e rispetto alle quali la nozione di volontà appare non pienamente calzante. Le famiglie, per i particolari vincoli affettivi che legano i membri, rendono l’uscita dei singoli individui dal gruppo molto difficoltosa, e anche quando cerchiamo di difendere i diritti dei singoli membri, non si può ignorare quanto le dinamiche del gruppo influenzino la percezione di sé, la costruzione dell’identità, e quindi i desideri e le aspirazioni di ciascuno, creando un “circolo vizioso” dal quale non è semplice distaccarsi. Poiché gli interessi di un gruppo possono essere in contrasto con quelli dei singoli membri è importante chiarire, inoltre, se la famiglia è da considerarsi come soggetto unitario, o come insieme di individui i cui interessi devono essere primariamente salvaguardati. In questo senso forse si può pensare a una distinzione fra Xxxxxxx e Xxxxx: la consistenza pratica del contractarian test della filosofa fa supporre che esso sia uno strumento ad uso dei singoli individui; mentre se, con Xxxxx, intendiamo la famiglia come istituzione della struttura di base, si comprende che essa viene considerata nella sua unità di gruppo. Da questo punto di vista i membri delle famiglie possono dover affrontare problematiche e situazioni conflittuali, ma, nell’ottica rawlsiana, la salvaguardia dei diritti individuali dovrebbe essere comunque garantita dai principi di giustizia. In Xxxxxxx il focus è molto più ravvicinato: la famiglia viene considerata come se fosse una “società indipendente”.
99 Come sostiene con ancora più chiarezza Xxxxx, «if the so-called private sphere is alleged to be a space exempt from justice, then there is no such thing» (The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 791).
doctrines are unreasonable»100; ma la nozione di irragionevole appare, secondo l’analisi della studiosa, abbastanza sfumata:
Any view that wishes to use state power, which is understood to be the corporate power of free and equal citizens, to deprive some citizens of their equal basis rights and liberties is as such unreasonable, and not to be permitted to succeed in its ends. 101
Precisamente, Xxxxx afferma che è irragionevole sperare di utilizzare il potere politico per reprimere visioni non irragionevoli102, ma da ciò non sembra logicamente derivare la conclusione di Xxxxx per cui le dottrine discriminatorie (di cui sessismo e razzismo sono solo degli esempi) che «do not urge such uses of state power are not automatically to be counted unreasonable»103. Per la studiosa “irragionevole” non è, nel lessico rawlsiano, sinonimo di “iniquo” o “discriminatorio”, bensì «it is both a weaker and a more precise notion that makes use of Xxxxx’x idea of the “burdens of judgement”»104.
Certamente il riferimento agli oneri del giudizio è fondamentale per comprendere il significato del concetto di “ragionevole” proposto da Xxxxx, ma accettare tali oneri e le loro conseguenze, come richiede Xxxxx in Political Liberalism, non sembra ammettere la possibilità di includere tra le posizioni ragionevoli dottrine apertamente discriminatorie. Non credo che, come sostiene Xxxxx, si possa pensare a un distinguo, da cui derivare un margine di tollerabilità più o meno esteso, fra le dottrine discriminatorie che cerchino di utilizzare il potere politico per imporsi sulle altre e quelle che non lo fanno. Per come leggo Xxxxx, mi sembra di poter sostenere che le posizioni discriminatorie non possono in alcun modo essere comprese nell’idea di
100 S. A. Xxxxx, Family Justice and Social Justice, cit., p. 355.
101 Ibidem.
102 Cfr. X. Xxxxx, Political Liberalism, cit., p. 61.
103 S. A. Xxxxx, Family Justice and Social Justice, cit., p. 355.
104 Ibidem.
ragionevolezza, dal momento che, non essendo conformi ai principi di giustizia fondamentali - poiché negano libertà ed eguaglianza per tutti i membri della società ben ordinata - tali dottrine non possono aspirare a nessun tipo di consenso per intersezione105.
Le basi deontologiche della teoria rawlsiana impediscono un’apertura verso forme di iniquità, sfruttamento e discriminazione, in considerazione del fatto che esse negano i fondamenti della società ben ordinata. Se tutto ciò è vero, si comprende ancora con più evidenza per quale ragione solo la famiglia, e non le famiglie, è parte della struttura di base: il ragionevole dissenso presente all’interno di un sistema ben ordinato determina opinioni differenti, che prevedono una ricezione dei postulati della giustizia come equità non sempre omogenea, ma mai contraria ad essi.
Se da un lato non viene ignorata l’importanza ricoperta dalla famiglia come
istituzione per la formazione dell’individuo, nonché il suo potere nel condizionare la vita dei suoi membri (molto più di una chiesa, ad esempio, che è considerata come un affare squisitamente privato, anche se questo non significa che le chiese possano perseguire campagne contrarie alla ragione pubblica106); allo stesso tempo, si avverte la necessità di salvare la privacy e gli
105 Sul “potenziale” della teoria rawlsiana per il femminismo da Political Liberalism in poi cfr.
A. S. Laden, Radical Liberals, Reasonable Feminists, cit.
106 Xxxxx fa riferimento ai rapporti tra ragione pubblica e Chiesa, specificando che «it is clear that liberal principles of political justice do not require ecclesiastical governance to be democratic. Bishops and cardinals need not be elected; nor need the benefits attached to a church’s hierarchy of offices satisfy a specified distributive principle, certainly not the difference principle. This shows how the principles of political justice do not apply to the internal life of a church, nor is it desirable, or consistent with liberty of conscience or freedom of association, that they should. On the other hand, the principles of political justice do impose certain essential constraints that bear on ecclesiastical governance. Churches cannot practice effective intolerance» (X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 789). Attraverso questo esempio, Xxxxx spiega con chiarezza in che senso i principi politici e di giustizia non si applicano direttamente alle associazioni, pur valendo per le istituzioni della struttura di base e garantendo in questo modo un pieno rispetto e controllo delle libertà fondamentali degli individui. Allo stesso modo, le azioni della associazioni che ledono i dritti e le libertà di base non possono essere accettate e, anzi, devono essere apertamente contrastate. In questi casi non è possibile avanzare alcuna giustificazione basata su ragioni comprensive.
aspetti più intimi della famiglia107 come associazione, alla quale si aderisce
volontariamente, almeno per quanto concerne i partner.
Nel percorso che da A Theory of Justice porta a Political Liberalism, Xxxxx ammorbidisce il suo ideale normativo, rendendolo un’utopia sempre più realistica. Se nell’opera del 1971 i decisori razionali, coperti dal velo di ignoranza, arrivano all’unanime consenso sui principi di giustizia; in Political Liberalism è necessario fare i conti con agenti ragionevoli non sottoposti al velo d’ignoranza, che, alla luce della propria identità, trovano un punto di incontro grazie al consenso per intersezione.
Ciò che rende cogenti i principi di giustizia è l’overlapping consensus che rigetta quegli elementi comprensivi che non possono essere accettati in quanto irragionevoli. Quanto detto vale a livello di struttura di base, ma ha profonde
107 Come è stato detto anche nell’Introduzione, trovo che per comprendere pienamente il punto di vista di Xxxxxxx sia più corretto usare l’espressione “relazioni intime”, anziché “famiglia”, dal momento che la prima allude direttamente alla complessità del mondo privato, nel quale le donne subiscono spesso vessazioni e sono sottoposte a molteplici forme di sfruttamento. Le relazioni intime richiedono giustizia non solo quando sono presenti dei figli, ma in molte altre circostanze. Peraltro, la difesa dell’intrinsic worth dell’individuo trascende il sesso. Su questo punto, tuttavia, anche Xxxxx chiarisce la sua posizione: mentre In A Theory of Justice si fa espressamente riferimento alla famiglia monogamica come istituzione della struttura di base alla quale sono affidati i compiti di produzione e riproduzione sociale (cfr. X. Xxxxx, A Theory of Justice, cit., p. 7), in Justice as Fairness Xxxxx precisa che «no particular form of the family (monogamous, heterosexual, or otherwise) is so far required by a political conception of justice», a patto che, tuttavia, sia capace di svolgere i compiti assegnati a tale istituzione e che «fulfill this role in appropriate numbers to maintain an enduring society» (cfr. X. Xxxxx, Justice as Fairness: A Restatement, cit., p. 163). Non sono sicura che questa definizione sarebbe accettata anche dalle pensatrici femministe. Per quanto mi riguarda trovo che essa sia quantomeno riduttiva e comunque non ci aiuti a inquadrare pienamente il punto di vista critico. Quando Xxxxx sostiene che non è desiderabile una piena applicazione dei principi politici di giustizia alla vita interna della famiglia aggiunge che non è sensato pretendere che i genitori trattino i figli in base ai principi politici (cfr. Xxx, p. 165; Id., The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 436). Questa indicazione, tuttavia, dice poco rispetto alle preoccupazioni femministe, non perché i diritti dei minori non siano una tematica importante, e direi anche e soprattutto da un punto di vista politico, ma perché la famiglia è considerata, nel dibattito femminista, un problema politico tenendo conto della posizione svantaggiata delle donne, che è ciò che manca - o sembra mancare - nel discorso rawlsiano.
ricadute anche sul privato, su ciò che non sembra aver un diretto legame con il terreno neutrale del liberalismo politico108. Scrive Xxxxx:
The primary subject of political justice is the basic structure of society understood as the arrangement of society’s main institutions into a unified system of social cooperation over time. The principles of political justice are to apply directly to this structure, but are not to apply directly to the internal life of the many associations within it, the family among them.109 (corsivo mio)
Xxxxx sostiene quindi che, sebbene i principi di giustizia debbano essere applicati alla struttura di base della società, da ciò non consegue in maniera diretta e necessaria che quegli stessi principi regolino anche il funzionamento delle singole associazioni - ovvero delle singole famiglie - che sono espressione dell’istituzione “famiglia” compresa nella basic structure:
political principles - scrive Xxxxx - do not apply directly to its internal life, but they do impose essential constraints on the family as an institution and so guarantee the basic rights and liberties, and the freedom and opportunities, of all its members. This they do, as I have said, by specifying the basic rights of equal citizens who are the members of families. The family as part of the basic structure cannot violate these freedoms. Since wives are equally citizens with their husbands, they have all the same basic rights, liberties, and opportunities as their husbands; and this, together with the correct application of the other principles of justice, suffices to secure their equality and independence.110
Ancora una volta Xxxxx insiste sulla duplice natura della famiglia, come istituzione e come associazione, specificando che anche se i principi di giustizia
108 Xxxxx precisa che «political liberalism […] does not regard the political and the
nonpolitical domains as two separate, disconnected spaces, each governed solely by its own distinct principles. Even if the basic structure alone is the primary subject of justice, the principles of justice still put essential restrictions on the family and all other associations» (X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 791). Credo che il passaggio citato supporti con forza le tesi interpretative riportate in questo capitolo.
109 Ivi, p. 788.
110 Ivi, pp. 789-790.
non si applicano direttamente alla vita dell’associazione famiglia, certamente ne modellano i connotati in quanto istituzione111.
Forse possiamo dissentire sul fatto che uguagli diritti e libertà di base,
nonché medesime opportunità, siano abbastanza per garantire eguaglianza e indipendenza di tutti gli individui della società, e soprattutto delle donne; ed è questo il motivo per cui propongo, tramite l’analisi dei testi di Xxxxxxx, un modello di giustizia come equità pienamente valido per il privato. Ma dice bene Xxxxx, e sottoscrive Xxxxxxx, che «at some point society has to rely on the natural affection and goodwill of the mature family members»112; anche se ciò è richiesto, in qualche misura, dalla stessa idea di justice as fairness.
Xxxxx è pienamente consapevole del fatto che le donne sono spesso sfruttate nell’associazione famiglia, dal momento che «they have borne, and continue to bear, an unjust share of the task of raising, nurturing, and caring for their children»113. Tuttavia, nulla vieta che i principi di giustizia siano
invocati anche per riformare la famiglia114 e inoltre, come viene sostenuto da
Xxxxx nell’opera del 2001, per realizzare l’uguaglianza fra i sessi «special provisions are needed in family law (and no doubt elsewhere) so that the
111 Per un’altra interpretazione sul tema si rimanda a X. Xxxxxxxx, “The Family as a Basic Institution”. A Feminist Analysis of the Basic Structure as Subject, in R. Abbey (ed.), Feminist Interpretations of Xxxx Xxxxx, cit. L’autrice sostiene che sia necessario considerare le istituzioni della struttura di base nel loro complesso per comprendere in che senso i principi di giustizia hanno influenza su di esse: «The whole-structure view emphasizes the structure part of the basic structure, and states that the principles of justice apply directly to the ways in which the major institutions interact with one another to form a whole», Ivi, p. 87.
112 X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 790. Cfr. J. E. Xxxxxxx, Feminist
Contractarianism, cit., pp. 20 sgg. e pp. 37-38.
113 Ibidem. Xxxxx precisa come questa condizione sia dannosa anche per i bambini, che
interiorizzano modelli sbagliati e iniqui, compromettendo il processo che dovrebbe far sviluppare in loro, proprio a partire dall’esperienza familiare, un radicato senso di giustizia. Trova poco fondamento, quindi, anche la critica, sostenuta da Xxxx, secondo la quale la famiglia non sarebbe in grado di stimolare la formazione del senso di giustizia nei suoi membri. Probabilmente ciò non accade spesso in molte famiglie, ma non dobbiamo dimenticare che il discorso, soprattutto in A Theory of Justice, si situa su un piano normativo.
114 Cfr. Xxx, p. 791.
burden of bearing, raising, and educating children does not fall more heavily on women, thereby undermining their fair equality of opportunity»115.
Nessuna associazione, insiste Xxxxx, può violare i diritti dei suoi membri in
quanto cittadini. Suggerendo che una domanda cruciale potrebbe essere quali sono precisamente le istituzioni strutturate sul genere?, e fermo restando il fatto che è riconosciuto come particolarmente oneroso e non privo di ingiustizie il ruolo spesso riservato alle donne in ambito familiare, Xxxxx afferma - e credo si possa almeno in parte essere d’accordo - che non è compito della filosofia politica definire quale sia il modo migliore in cui i compiti di cura debbano essere distribuiti116. I valori del liberalismo politico forniscono ragioni pubbliche che sono utili per tutti i cittadini, ed ecco perché credo che il femminismo possa trarre vantaggio dal situarsi su questo terreno argomentativo, soprattutto alla luce di una ridefinizione dei confini di pubblico e privato. Si tratta di capire, a questo punto, se sia possibile perseguire un ideale normativo117, anche nell’ambito di un’associazione privata come la famiglia, raccogliendo la sfida lanciata da Xxxx Xxxxxxx in Feminist Contractarianism.
115 X. Xxxxx, Justice as Fairness: A Restatement, cit., p. 11.
116 Cfr. X. Xxxxx, The Idea of Public Reason Revisited, cit., p. 793. Anche il test di Xxxxxxx non offre indicazioni precise in tal senso.
117 Su questo Xxxxx sembra non essere d’accordo. Il professore di Harvard sostiene che è possibile indicare una concezione di giustizia appropriata per la maggior parte delle associazioni e delle relazioni interpersonali di vario genere, ma tali concezioni di giustizia non possono essere definite politiche. Aggiunge che «what is the appropriate conception is a separate and additional question, to be considered anew in any particular instance, given the nature and role of the association, group, or relation at hand» (X. Xxxxx, Justice as Fairness: A Restatement, cit., p. 164). La famiglia, in quanto associazione, non è sui generis, dice Xxxxx. Lavorando in una prospettiva femminista non posso trovarmi in accordo con questo assunto. Poiché considero la famiglia come un vero e proprio problema politico, credo al contrario che le relazioni intime siano per definizione sui generis, rispetto alle altre associazioni esistenti nelle nostre società. Tuttavia, condivido l’idea per cui la risoluzione dei casi specifici rappresenti una “questione a sé”, ma questo non significa che si debba categoricamente escludere la possibilità che un privato-politico - come la dimensione familiare - possa ispirarsi a un ideale normativo, quello della well ordered family per esempio, prendendo in prestito il lessico rawlsiano che mi sembra appropriato alla tesi che intendo sostenere. Xxxxx in questi termini la proposta contrattualistica di Xxxx Xxxxxxx, cioè come un ideale normativo che persegue un fine politico, con tutte le difficoltà che ciò comporta dato lo status fluido della famiglia.
II
Il contratto come metodo
{ CAPITOLO QUARTO }
Femminismo e contrattualismo: un possibile dialogo?
Since the Crito, the idea of a contract has been used to frame our understanding of our obligations within civil society and government. But some contemporary feminists have suggested that the idea of a social contract is more of an obstacle to social theory than it is anything else.1
Il concetto di “contratto” ha risposto a diverse necessità della filosofia politica, se non altro a partire dall’età moderna. Come è stato ampiamente dimostrato dalla teoria di Xxxxxx, l’espediente dell’accordo risolve il problema dell’obbligo politico, mediando fra libertà e sicurezza, o, come sarà più chiaro a partire da Xxxx Xxxxx, tra la difesa delle libertà fondamentali e la loro necessaria limitazione affinché esse siano realmente fruibili per tutti.
Diversi pensatori liberal contemporanei, soprattutto a seguito della pubblicazione di A Theory of Justice, si sono serviti della nozione di contratto, suggerendo che i principi fondamentali delle nostre comunità devono essere considerati, in linea con la lezione kantiana, come se fossero il frutto di un accordo stretto da individui liberi e uguali fra loro; e si comprende che, in tal modo, lo strumento del contratto diventa anche un metro di misura della giustizia all’interno delle società organizzate2; tale definizione risulta peraltro efficace per comprendere l’uso che Xxxxxxx fa della nozione di contratto.
1 X. Xxxxxx, Why Feminist Contractarianism?, «Journal of Social Philosophy», vol. 33, n. 2, 2002, p. 257.
2 Scrive Xxxxx: «Now there may be an objection to the term “contract” and related
expressions, but I think it will serve reasonably well […] to understand it one has to keep in mind that it implies a certain level of abstraction […] a contract view holds that certain principles would be accepted in a well-defined initial situation» (X. Xxxxx, A Theory of Justice, cit., p. 16).
Sebbene dunque l’idea del contratto, come viene evidenziato da Xxxx Xxxxxx nel passaggio citato in exergo, sia sempre stata considerata come un buon espediente per intendere le basi del nostro vivere insieme, nonché per valutare la qualità delle istituzioni sociali fondamentali, le teoriche del femminismo - come è stato mostrato attraverso l’analisi della posizione di Xxxxxx Xxxxxxx - hanno spesso assunto un atteggiamento ostile nei riguardi della tradizione del contratto sociale. Non sorprende, infatti, che il saggio di Xxxx Xxxxxxx, emblematicamente intitolato Feminist Contractarianism - espressione che rappresenta quasi una dichiarazione di intenti - si apra con un quesito per niente retorico: «Is it possible to be simultaneously a feminist and a partisan of the contractarian approach to moral and political theory?»3.
La filosofa avverte prontamente che «the prospects for a successful marriage of these two positions look dubious if one has read recent feminist criticisms of contemporary contractarian theories»4; tuttavia la sua risposta alla domanda da cui il saggio parte è, per le ragioni che verranno di seguito argomentate, positiva, nonostante riconosca che «this is not to say that particular contractarian moral theories don’t deserve much of the feminist criticism they have received»5.
Proprio in virtù del fatto che l’espressione femminismo contrattualistico appare, almeno da certe prospettive, quasi un ossimoro, è mio interesse fornire, attraverso l’esame della produzione della filosofa statunitense, una lettura orientata a giustificare tale paradigma, evidenziandone i punti di forza nell’ambito di una riflessione che vuole attestarsi su un piano normativo.
3 J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism, cit., p. 1.
4 Ibidem.
5 Ivi, p. 2. Tale presa di posizione critica è comunque giudicata insufficiente da pensatrici più radicali come Xxxxxxx, la quale afferma che, sebbene «Xxxxxxx briefly mentions that most liberal theorists have endorsed or acquiesced in subordination, but she says nothing about the implications of this for their broader theories. Her classic figures, as is typical in contemporary contract theory, are bloodless creatures» (X. Xxxxxxx, The Intrinsic Worth of Persons: Contractarianism in Moral and Political Philosophy by Xxxx Xxxxxxx and Xxxxxx Xxxxxxx (Review), cit., p. 190).
{ 1 } FEMMINISMO CONTRATTUALISTICO
Si osservi, in via preliminare, che la posizione di Xxxxxxx rappresenta quasi un unicum nel panorama femminista, per il modo in cui teoria contrattualistica, tradizione liberal e attenzione per la famiglia sono fra loro combinate. Xxxxxx Xxxxxxxxxx sostiene, infatti, che l’espressione feminist contractarianism sia da riferirsi più alla posizione di Xxxxxxx che non a una vera e propria scuola di pensiero6. Tuttavia, seppure la proposta di Xxxxxxx possa considerarsi come la più organica e originale, anche altre teoriche credono nella possibile conciliazione di femminismo e contrattualismo7.
Evidentemente è importante precisare, prima di indicare in che modo la
teoria del contratto sociale possa entrare in dialogo con le rivendicazioni di genere, in che accezione Xxxxxxx utilizza il termine femminismo, il quale mostra, come è stato detto fin dalle pagine introduttive di questo lavoro, una natura intrinsecamente plurale.
Il femminismo a cui la pensatrice si riferisce è certamente modellato sull’idea di uguaglianza e condivide, con altre esperienze fra loro assai diverse, la lotta alla subordinazione femminile. Come Xxxxxxx scrive in un saggio del 1996:
Emerging as a kind of political movement in the 1960s, modern feminism owes its existence to ideas that were developed much earlier, not only in the suffragette movement but also in the work of writers (both men and women) from the eighteenth, nineteenth and early twentieth centuries […] feminist theorizing has unleashed a host of new and creative ways of thinking about human beings, making it a catalyst for some of the most interesting theorizing in academia today […] it has encouraged men and women to be committed to ending social systems and modes of thinking that, insofar as they promote oppression and various forms of violence against women, lead to the undermining of
6 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, On Not Making Ourselves the Prey of Others: Xxxx Xxxxxxx’x Feminist
Contractarianism, cit.
7 Un esempio in questo senso è rappresentato proprio da Xxxx Xxxxxx (cfr. Why Feminist Contractarianism?, cit.). La studiosa sostiene che la proposta di Xxxxxxx sia per alcuni versi fallimentare, ma ne condivide gli obiettivi, ritenendo che si possa lavorare proficuamente, da teorica del femminismo, in una prospettiva contrattualistica.
moral behaviour and moral regard that is bad for everyone - male and female alike.8
Il femminismo, per come Xxxxxxx lo intende, è, nel suo significato più generale, un grande insieme di teorie il cui maggior punto di forza è rappresentato dalla capacità di mettere in discussione, per ridefinirne in maniera più equa i connotati, l’idea di valore che siamo disposti ad attribuire a tutti gli esseri umani, compresi, quindi, noi stessi.
È importante premettere che la nozione di valore intrinseco della persona, interamente basata sul concetto kantiano di dignità, rappresenta un postulato fondamentale e irriducibile per una piena comprensione dei testi della pensatrice. Se l’intrinsic worth di ciascuno è inteso da Xxxxxxx come l’essenza umana, ovvero il punto di partenza da tener presente quando ci rapportiamo agli altri, il contratto si configura, in tale quadro teorico, come il modello relazionale che permette di garantire una certa equità anche nelle relazioni intime.
Si comprende, dunque, che Xxxxxxx accosta femminismo e teoria del
contratto al fine di fornire le basi per una piena uguaglianza delle donne, considerate come minoranza oppressa e discriminata. Tale operazione consente inoltre di scardinare una tradizione di lunga data - le cui radici affondano nel pensiero aristotelico - che, considerando la giustizia una virtù squisitamente pubblica, ha rappresentato il più grande ostacolo per l’autodeterminazione femminile.
I am opposing - scrive Xxxxxxx - conventional philosophical wisdom going back as far as Xxxxxxxxx, who writes, “If people are friends, they have no need of justice”. Among contemporary theorists, Xxxxx Xxxx’x claim that justice is necessary only in circumstances in which people have limited feelings of benevolence or friendship toward one another has been accepted by virtually every political philosopher since then, including Xxxx Xxxx and Xxxx Xxxxx. But I will contend that distributive justice, understood in its deepest sense, is inherent in any relationship that we regard as morally healthy and respectable – particularly in a friendship. Indeed, Xxxxxxxxx himself hinted at this idea immediately after
8 J. E. Xxxxxxx, The Case for Feminism, cit., p. 3.
the passage just quoted – he says not only that those who are just also require friendship but also that “the justice that is most just seems to belong to friendship”.9
Nel passaggio citato si rintraccia un riferimento al libro ottavo dell’Etica Xxxxxxxxxx, nel quale Xxxxxxxxxx, dopo aver sostenuto che l’amicizia è un aspetto necessario della nostra vita, afferma che tale relazione «tiene unite le città, e i legislatori si preoccupano di essa più che della giustizia»10. Lo Xxxxxxxxx suggerisce inoltre, come viene riportato anche da Xxxxxxx, che «tra gli amici non c’è nessun bisogno di giustizia […] e il culmine della giustizia è considerato un sentimento vicino all’amicizia»11.
Tale convinzione, nell’argomentazione della filosofa, è da considerarsi una “causa” della mancanza di attenzione per le ingiustizie che vengono perpetrate nel privato. L’idea per cui le relazioni affettive12 siano in grado di autoregolarsi, essendo quanto di più vicino sia all’ideale di giustizia, è una mistificazione decisamente dannosa soprattutto nei riguardi delle donne che sono sempre state investite di maggiori responsabilità e oneri nell’ambito privato, a causa dei quali è derivata una più o meno estesa esclusione dalla sfera pubblica.
Lo sfruttamento affettivo si configura come una delle più radicate e insidiose forme di sottomissione femminile, ed è evidente che ciò abbia poco a che fare con qualsivoglia nozione di giustizia. Il riferimento in negativo ad Xxxxxxxxxx serve per porre in luce come per Xxxxxxx le relazioni intime mostrino una profonda lacuna in fatto di equità, alla quale è possibile porre
9 J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism, cit., p. 2.
10 Xxxxxxxxxx, Etica Xxxxxxxxxx, 0000x00; edizione italiana a cura di Xxxxx Xxxxxx, Laterza, Roma-Bari 2010, p. 311.
11 Ivi, 1155a27, p. 313. Al tema della giustizia è dedicato, come è noto, il libro quinto
dell’Etica Nicomachea dove Xxxxxxxxxx distingue fra giustizia distributiva e retributiva. Anzitutto si sottolinea che «bisogna indagare […] quale medietà sia la giustizia e rispetto a quali cose il giusto sia un giusto mezzo» (Ivi, 1129a5, p. 171). Alla giustizia si associa il concetto di “intermedio”, ma si sostiene che «se le persone non risulteranno uguali non otterranno cose uguali, e in tal caso nasceranno gli scontri e le rivendicazioni, nel caso in cui persone uguali ottengano cose disuguali, o persone disuguali ottengano cose uguali» (Ivi, 1131a23, p. 183).
12 Xxxxxxxxxx si riferisce espressamente all’amicizia e Xxxxxxx estende il discorso alle
relazioni affettive in senso ampio.
rimedio solo attraverso due strategie, decisamente più efficaci se attuate al medesimo tempo: da un lato il ripensamento della dicotomia pubblico-privato e dall’altro il tentativo di estendere l’ideale della giustizia distributiva anche alle relazioni intime intese come “piccole società” regolate da un “contratto”.
Xxxxxxx si concentra, infatti, anzitutto sulla controversa definizione dei confini di “pubblico” e “privato”, non solo per insistere sul fatto che questi siano molto spesso assai sfumati - e quindi, come è stato rivendicato dal femminismo della Seconda ondata, che il personale è politico - dal momento che molte azioni ascritte alla sfera intima hanno in realtà rilevanza pubblica, ma anche per sostenere che le stesse relazioni affettive hanno fortemente bisogno di giustizia.
Da questa prospettiva la posizione di Xxxxxxx potrebbe apparire quasi radicale e poco liberal. Sono consapevole del fatto che l’idea di un femminismo liberal e, allo stesso tempo, “interventista” appaia, per certi versi, contro- intuitiva, ma credo che ciò sia determinato, ancora una volta, soprattutto dalla convinzione per cui il privato deve essere, per definizione, estraneo a qualsiasi possibilità di intervento politico. Come è stato ampiamente mostrato, è però proprio sulla ridefinizione dei confini delle due sfere che si gioca una delle più importanti battaglie femministe. Un privato massimamente esteso rappresenta, per molti versi, la causa del misconoscimento dell’identità femminile13, nonché il terreno sul quale è stato possibile il proliferare di subordinazione e sfruttamento. Il contratto può essere inteso, invece, come un “deterrente” per tali forme di soggezione, per garantire, come nell’ambito pubblico, che le ingiustizie siano chiamate con il loro nome e possibilmente arginate.
13 L’espressione “identità femminile” non vuole sottintendere, in questo contesto, nessuna implicazione essenzialistica forte e non è da considerarsi come sinonimo di “identità di genere”. Ciò che si vuole sostenere è, molto più banalmente, che ogni forma di discriminazione passa per un non pieno riconoscimento dell’identità dell’individuo discriminato. Le donne (intese come gruppo eterogeneo) sono soggetti “invisibili” in molte circostanze, non tanto nella loro diversità rispetto agli uomini - socialmente accettata, sebbene con connotazione negativa, e spesse volte incoraggiata al fine di mantenere lo status quo - quanto nella loro uguaglianza, ovvero nel pieno esercizio della loro libertà, che di per sé implica anche una non trascurabile dose di “differenza”.
L’obiezione, rispetto a tale argomentazione, è facilmente intuibile: parlare di contratto per il privato conduce su un piano scivoloso perché la natura delle relazioni affettive presuppone sentimenti, cura, attenzione ai bisogni altrui e non può essere regolato da rigide prescrizioni. Vorrei però ribadire che la nozione di contratto è complessa e la molteplicità di piani del discorso in cui essa può facilmente inserirsi espone al concreto rischio di imprecisioni e fraintendimenti. Mi pare utile rimarcare che l’uso del termine “contratto”, nel presente lavoro, ha valenza normativa e politica; e che più precisamente, nelle opere di Xxxxxxx, il “contratto” è un metodo e non certo un istituto giuridico. Date tali premesse, quindi, non si deve intendere il contratto come un mezzo per un’invasione anti-liberale della sfera dell’indipendenza e delle libertà personali; ma, in linea con le intenzioni di Xxxxxxx, come un espediente per garantire un’imprescindibile quota di giustizia - o meglio di equità - pur salvaguardando la privacy.
Il vero nucleo della riflessione di Xxxxxxx è rappresentato, quindi, non certo da una rivoluzione contraria allo spirito liberal, quanto piuttosto da una necessaria difesa della dignità della persona, della sua libertà e uguaglianza in qualsivoglia ambito.
{ 2 } Libertà, uguaglianza, rispetto di sé
Il richiamo alla tradizione liberal si intreccia con la teoria del contratto sociale e con la nozione di intrinsic worth, modellata sul concetto kantiano di dignità, per fornire un’immagine delle persone come libere, uguali e parimenti degne di rispetto; queste decidono, volontariamente14, di entrare in relazione fra loro. Anche se le relazioni intime rappresentano l’interesse principale degli scritti a carattere femminista della pensatrice, in essi si sostiene con
14 Il riferimento alla nozione di volontà può apparire problematico dal momento che molti soggetti coinvolti nei processi sociali non sono in grado di esercitare tale facoltà. Nell’ambito privato, provare a leggere la famiglia e le relazioni intime sotto tale lente solleva alcune
convinzione che il metodo contrattualistico può essere un valido alleato per individui liberi e uguali che cercano equità e rispetto in varie circostanze.
Come sintetizza chiaramente Xxxx Xxxxx, è convinzione di Xxxxxxx che
«all manner of human connection - from citizenship to most intimate, face-to- face relationships - can be illuminated with the contract device»15. Si comprende che per Xxxxxxx la teoria contrattualistica è un modello, ma anche un metodo da seguire per raggiungere il fine della giustizia, intesa, nella lettura che propongo, secondo l’ideale di justice as fairness rawlsiano. Le domande fondamentali della teoria del contratto sociale possono essere validamente trasposte nei più disparati ambiti; peraltro il revival contrattualistico contemporaneo, attraverso il quale l’idea di contratto ha ricevuto nuova linfa, ha dimostrato come tale paradigma teorico fosse tutt’altro che obsoleto.
Certamente presenta segni di grande originalità l’operazione compiuta da Xxxxxxx, dal momento che il contratto viene ad essere considerato come uno strumento versatile, un imparziale metro di valutazione dell’equità; un metodo, appunto, utile per destreggiarsi tra le all manner of human connection, cioè anche per tutti quei casi in cui - prima di Xxxxxxx - sarebbe sembrato improprio.
In particolar modo, Xxxxxxx è convinta che il contratto come strumento possa essere sfruttato dalla teoria femminista. Il suo contractarian test, cartina al tornasole dell’equità, consente di valutare razionalmente gli interessi delle parti in causa, distinguendo fra quelli legittimi e quelli illegittimi, al fine di garantire
questioni di non poco conto, connesse soprattutto al ruolo dei figli e delle persone affette da disabilità o gravemente malate. Tale obiezione è sempre stata mossa nei riguardi della teoria del contratto e certo potrebbe essere indirizza anche alla proposta teorica di Xxxxxxx. Alcune avvertenze in tal senso sono state proposte già a partire dall’Introduzione del presente lavoro, ma mi sembra importante ribadire che la teoria femminista di Xxxxxxx si rivolge primariamente alle donne, intese come soggetti autonomi e indipendenti. Nella prassi ciò può essere parzialmente sconfessato non solo da condizioni limite di cui le unioni forzate rappresentano un significativo esempio, ma anche da casi apparentemente aderenti all’esercizio della libera volontà; si pensi ai contesti socio-economici nei quali si rende difficile un pieno di sviluppo di quella che, con Xxxxxxx, possiamo chiamare “consapevolezza di sé”. Di simili difficoltà si deve tener conto nei discorsi politici, ma in questa sede ci si limita a considerare il pieno esercizio della volontà come un prerequisito di ogni relazione contrattuale.
15 R. Abbey, The Return of Feminist Liberalism, Acumen, Durham 2011, p. 121.
a tutti i contraenti un equo trattamento nelle relazioni in cui sono coinvolti16. Grazie al contractarian test le donne possono trovare «a way to be tenacious advocates of [them]selves»17, suggerisce la pensatrice.
L’idea di contratto a cui Xxxxxxx fa riferimento è modellata sul concetto di contrattazione strategica - che la filosofa mutua dalla tradizione hobbesiana, verso la quale è profondamente debitrice - a cui si unisce il postulato del rispetto reciproco, secondo un’immagine della persona di matrice evidentemente kantiana.
Un’attenta lettura dei testi dimostra, inoltre, che una piena comprensione della proposta di Xxxxxxx arriva dallo studio della teoria dei giochi la quale rappresenta, nell’interpretazione che sostengo, uno dei pilastri portanti della teoria della filosofa, insieme certamente ad alcuni concetti normativi di chiara derivazione rawlsiana.
Per le ragioni indicate, il percorso di analisi che intendo avanzare prende le mosse proprio dalla discussione degli elementi fondamentali della teoria dei giochi, ripresi in termini meramente funzionali all’argomentazione del presente lavoro.
Dopo una rapida esposizione di alcuni concetti di base della teoria, quali strategia e scelta razionale, competizione e contrattazione, mi concentro quindi sui rapporti tra femminismo e teoria dei giochi, analizzando l’uso che Xxxxxxx fa di tale paradigma teorico.
Riducendo le interazioni umane a semplici calcoli strategici, se supponiamo che per nessun individuo sia desiderabile diventare preda di un altro - incorrendo in forme di sfruttamento più o meno forti - la teoria dei giochi ha molto da dire sulle possibili condotte dei “giocatori” coinvolti. La contrattazione è sempre una mediazione fra interessi parzialmente divergenti
16 Il concetto di razionalità strategica sembra giocare un ruolo fondamentale nella teoria di Xxxxxxx; al tema sono dedicati i prossimi capitoli. Nella lettura che propongo, la razionalità è il presupposto della contrattazione, mentre i suoi esiti sono certamente orientati ai ragionevoli compromessi.
17 J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism, cit., p. 29. Sebbene il test possa essere usato da tutti gli individui, l’attenzione di Xxxxxxx si concentra, come si è detto, principalmente sulle donne.
e/o convergenti, che dovrebbe mettere al riparo dalle ingiustizie, ma in presenza di quali condizioni un compromesso può dirsi davvero accettabile? Questa è una delle domande cruciali che segnano la riflessione femminista hamptoniana, la quale mira, come si è detto, a stabilire un equo ordine nell’ambito delle relazioni intime, dove molteplici fattori possono “negativamente” influenzare la condotta delle parti in causa, minando, talvolta, le basi del rispetto di sé.
Ritrovando nei sentimenti - e in certe pratiche culturali - la causa del basso potere contrattuale femminile, Xxxxxxx mira a costruire un modello -
razionale, o forse, ancora meglio, ragionevole18 - capace di affrontare tale
problematica, pur garantendo una doverosa attenzione per gli altri, resa possibile proprio dall’idea di intrinsic worth.
Attraverso l’uso di modelli della teoria dei giochi, l’argomentazione che propongo muove dall’idea di competizione che, passando per la contrattazione, diventa equa cooperazione, raggiungendo il fine che sembra animare tanto la riflessione di Xxxxxxx, quanto quella di Xxxxx.
18 Xxxxxxx sostiene che le parti si accordano su ciò che potrebbe essere «reasonably accept» da tutti i contraenti (cfr. J. E. Xxxxxxx, Feminist Contractarianism, cit., p. 21). Evidentemente, nonostante le parti siano descritte come motivated solely by self-interest - a riprova del fatto che la razionalità strategica è un elemento fondamentale nel processo di negoziazione - sembra che la razionalità debba necessariamente trasformarsi in qualcosa di meno rigido. Poiché ragionevole è tener conto degli altri, anche al fine di ottenere migliori risultati per se stessi, è necessario mitigare le rigide imposizioni della razionalità strategica, per accettare un compromesso equo, dunque più giusto e, in molti casi, anche più vantaggioso. Nell’analisi proposta da Xxxxxxx si rintraccia, a mio modo di vedere, una dialettica fra ragione e ragionevolezza simile a quella che è possibile osservare nel corso delle opere rawlsiane. L’interesse personale, ribadisce più volte Xxxxxxx, non può mai ragionevolmente spingersi oltre il rispetto di sé e degli altri. Sul tema cfr. X. Xxxxx, Kantian Constructivism in Moral Theory,
«Journal of Philosophy», vol. 77, n. 9 , 1980, in particolare pp. 528-530.
{ CAPITOLO QUINTO }
TEORIA DEI GIOCHI E CONTRATTAZIONE
Regalo 1.000 lire a te
o 10.000 lire a tuo fratello?19
L’idea di contrattazione razionale si pone, come è stato detto, alla base della riflessione hamptoniana. Recuperando alcuni assiomi della teoria matematica dei giochi, Xxxxxxx legge la contrattazione in termini strategici, pur aggiungendo ad essa l’idea di valore intrinseco della persona, al fine di rendere gli accordi privati equi, oltre che stabili. Ci si potrebbe domandare se davvero sia possibile offrire una perfetta valutazione strategica per i “dilemmi” privati, ma la risposta suonerebbe certamente non del tutto convincente. Tradizionalmente, la teoria dei giochi ha cercato di confrontarsi con questo problema, sostenendo che un’analisi scientifica delle decisioni sia possibile dal momento che gli uomini non si differenzino tanto nelle loro caratteristiche intrinseche e che si comportano secondo modelli simili «sotto ogni cielo e in ogni clima»20. Xxxx xxx Xxxxxxx, in particolare, come evidenzia chiaramente Xxxxxx Xxxx, era assolutamente convinto del fatto che «ogni gioco il cui sistema di regole può essere inequivocabilmente descritto e in cui i giocatori sono coscienti dei propri interessi può essere espresso sotto forma di tabelle numeriche»21.
19 X. Xxxxxxxxx, Xx xxxxxx, scacchi e dilemmi: la teoria matematica dei giochi, Mondadori, Milano 2008, p. 22.
20 Ivi, p. XII.
21 X. Xxxx, Mindenki másképp egyforma, Tericum Kiadó, Budapest 1996; tr. it., Calcoli morali. Teoria dei giochi, logica e fragilità umana, Dedalo, Bari 2000, p. 83.
Mi sia ora consentito, dunque, di ripercorrere le origini e alcuni dei temi principali che si situano alla base della teoria dei giochi e della teoria della scelta razionale, al fine di rendere più chiara l’argomentazione proposta dalla filosofa.
{ 1 } PREVISIONI STRATEGICHE E SCELTE RAZIONALI
Quando, nel 1928, il matematico Xxxx xxx Xxxxxxx gettava le fondamenta per quella che sarebbe diventata la teoria dei giochi, l’economista Xxxxx Xxxxxxxxxxx pubblicava un libro nel quale affrontava il tema delle previsioni economiche22. Come è noto, e come viene evidenziato da Xxxxxxxxx, uno dei nodi cruciali del testo era l’influenza delle previsioni sugli eventi previsti23: nella vita di tutti i giorni infatti, a differenza di quanto accade in un laboratorio di chimica, dove le molecole non sono condizionate dall’atteggiamento o dalle convinzioni dello scienziato, i comportamenti delle persone possono essere talvolta influenzati da una serie di variabili difficilmente calcolabili24.
Il problema filosofico della teoria dei giochi è certamente rappresentato dalle possibili previsioni dei comportamenti, come mostra il famoso testo, a firma von Xxxxxxx e Xxxxxxxxxxx, Theory of the Games and the Economic Behavior, datato 1944. Un grande interrogativo rispetto al quale, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, i teorici di varie discipline hanno cercato di dare una risposta esaustiva, era se fosse possibile determinare, a priori e con la certezza
22 Cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Wirtschaftsprognose: Eine Untersuchung ihrer Voraussetzungen und
Xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxx 0000.
23 Cfr. X. Xxxxxxxxx, A Beautiful Math. Xxxx Xxxx, Game Theory, and the Modern Quest for a Code of Nature, Xxxxxx Xxxxx Press (National Academies Press), Washington 2006, p. 34.
24 «When a chemist predicts how molecules will react in a test tube, the molecules are
oblivious. They do what they do the same way whether a chemist correctly predicts it or not. But in the social sciences, people display much more independence than molecules do. In particular, if people know what you’re predicting they will do, they might do something else just to annoy you. More realistically, some people might learn of a prediction and try to turn that foreknowledge to their advantage, upsetting the conditions that led to the prediction and so throwing random factors into the outcome» (Xxxxxx).
di ottenere il miglior risultato, le strategie ottimali per ciascun individuo - nel lessico della teoria dei giochi, “giocatore” - in condizioni di più o meno aperta competizione.
Nel caso dei giochi a somma zero con due giocatori, oggetto della riflessione congiunta di xxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxxxx, questo accade se si segue il teorema del xxxxxxx00. Ma il paradigma del gioco a somma zero con due giocatori rappresenta solo una variabile dei giochi strategici, una delle più semplici.
Il grande potenziale della teoria non era ancora stato espresso e fu intuito da un allora giovane assai brillante, Xxxx Xxxx00, che approdò a Princeton, già patria della teoria dei giochi, nel 1948. Xxxx aggiunse allo schema di von
25 Il teorema del minimax indica un metodo per minimizzare la massima perdita, ottenendo, dunque, il “massimo fra i minimi”. Tra le idee di base c’è anche quella secondo cui tutti i giocatori sono in grado di intuire le preferenze razionali degli avversari, in presenza di buone conoscenze sui mezzi, le capacità e gli obiettivi di ciascuno. Si sostiene che gli assiomi della teoria dei giochi abbiano determinato gli equilibri tra USA e URSS negli anni della guerra fredda; del resto von Xxxxxxx, sostenitore della politica della deterrenza nucleare, ricoprì diversi incarichi nei comitati governativi e fu membro dell’Atomic Energy Commission. Lo scienziato non visse abbastanza a lungo per conoscere la crisi dei missili a Cuba che certo rappresenta un perfetto esempio di applicazione del teorema del minimax, dal quale si evince con chiarezza, ad esempio, che non è razionale dare battaglia di fronte al concreto rischio di eccessivi costi. Ancora più desiderabile, si comprende, è l’ipotesi del vincere senza combattere, massimizzando il guadagno senza esporsi alle inevitabili perdite. Alla biografia e carriera scientifica di xxx Xxxxxxx è dedicato il testo di Xxxxxxx Xxxxxx e Xxx Xxxxxx Xxxxx, Il mondo come gioco matematico: Xxxx xxx Xxxxxxx scienziato del Novecento, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1995 (cfr. in particolare pp. 82-103). Il titolo dell’opera riassume bene lo spirito di xxx Xxxxxxx e la sua visione del mondo come “gioco matematico” appunto, dove il calcolo matematico si configura come una lente valida per leggere molte situazioni concrete. «Come riconoscimento per i servizi prestati agli Stati Uniti, xxx Xxxxxxx ricevette dalle mani del presidente Xxxxxxxxxx il Premio Fermi dell’AEC […] Xxxxx stesso anno [1956], il presidente gli concesse la Medaglia della Libertà. Erano gli ultimi onori resi a un uomo straordinario» (Xxx, p. 103).
26 La lettera di raccomandazione con la quale Xxxx Xxxx arrivò a Princeton era piuttosto breve, ma decisamente convincente. Il professor Xxxxxxx Xxxxxxx del Carnegie Institute of Technology si limitò a scrivere: «This man is a genius» (Xxx Xxxxxxxxx, A Beautiful Math, cit., pp. 51 sgg.). Quando studiava al Carnegie Tech, Xxxx Xxxx iniziò a lavorare sul tema della contrattazione, mischiando per la prima volta matematica ed economia. «Xxxx’x “beautiful mind” had by then launched an intellectual revolution that eventually propelled game theory from the fad du jour to the foundation of the social sciences» (Ivi, p. 51). Nel 1994 ricevette il premio Nobel per l’Economia, unitamente a Xxxx X. Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxx.
Xxxxxxx e Morgenstern27 un elemento di indiscusso valore per l’inclusione partecipativa di più giocatori: l’idea di contrattazione28.
Con Xxxx la teoria dei giochi diventa un sistema di calcolo utile a comprendere i problemi di conflitto e di cooperazione in ogni istituzione sociale. A differenza della semplice somma zero, infatti, la contrattazione è in grado di offrire una molteplicità di scenari e benefici diversi per entrambe le parti. Si suppone che se le parti sono disposte a contrattare vi siano degli interessi comuni, fermo restando che l’obiettivo principale di ciascun giocatore è “vincere” o quanto meno massimizzare la propria utilità. L’idea di contrattazione è applicabile, infatti, non solo ai giochi cooperativi, ma anche ai tradizionali giochi competitivi. In ogni caso, la contrattazione è possibile solo se sono rispettate alcune condizioni29: entrambi i giocatori devono essere razionali e in grado di quantificare efficacemente i propri desideri30; entrambi i giocatori devono avere uguale capacità di contrattazione31; e infine, devono
27 «Yet it was also clear from the outset that the original theory of games was severely limited. Xxx Xxxxxxx had mastered two-person zero-sum games, but introducing multiple players led to problems. Game theory worked just fine if Xxxxxxxx Xxxxxx was playing games with Friday, but the math for Xxxxxxxx’x Island wasn’t as rigorous. Xxx Xxxxxxx’x approach to multiple-player games was to assume that coalitions would form. […] Many players might be involved, but if they formed two teams, the teams could take the place of individual players in the mathematical analysis. But as later commentators noted, xxx Xxxxxxx had led himself into an inconsistency, threatening his theory’s internal integrity» (Xxx, 53-54).
28 Cfr. J. F. Xxxx, The Bargaining Problem, «Econometrica», vol. 18, n. 2, 1950. Nella prima nota al testo, Xxxx ringrazia i professori xxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxxxx «who read the original form of the paper and gave helpful advice as to the presentation» (Xxx, p. 155).
29 «The two individuals are highly rational, that each can accurately compare his desires for various things, that they are equal in bargaining skill, and that each has full knowledge of the tastes and preferences of the other» (Ibidem).
30 L’astrazione della teoria matematica prevede giocatori razionali e consapevoli. Il richiamo alla “conoscenza dei propri desideri” e quindi a una certa consapevolezza di sé risulta, tuttavia, piuttosto interessante in relazione alle tesi proposte da Xxxxxxx. Come verrà mostrato, la conoscenza dei propri desideri e del proprio valore serve a evitare lo sfruttamento incondizionato a cui ci si sottopone, in molti casi inconsapevolmente, in maniera volontaria.
31 Il riferimento all’uguaglianza è certamente fondamentale per ogni teoria che faccia uso della nozione di contratto. L’idea del “giocare ad armi pari” è un postulato essenziale, che si declina non certo attraverso un misconoscimento delle differenze. Un esempio semplice
conoscere reciprocamente i propri desideri. In una buona contrattazione tutti i giocatori riescono a guadagnare in maniera soddisfacente; nel caso dei giochi cooperativi ciò è ancora più evidente perché tali circostanze consentono di ottenere un buon risultato, non necessariamente ai danni dell’altro32.
La questione è capire in che modo, cioè attraverso quale strategia, ciò sia possibile. Tuttavia, anche se si trovasse una risposta soddisfacente per questa domanda, mi sembra si possa ora formulare un quesito cruciale per l’analisi che seguirà: posto che la cooperazione sia in grado di garantire guadagni a tutte le parti, è possibile definire il comportamento cooperativo come razionale?
La risposta risulta in maniera abbastanza scontata: non sempre o forse, in accordo con l’idea di contrattazione strategica, quasi mai. Il primo problema è che, se sostituiamo la competizione con la cooperazione, escludiamo, in molti casi, la possibilità di ottenere il miglior payoff33 possibile. Massimizzare l’utilità
arriva dallo stato di natura hobbesiano, dove l’uguaglianza degli individui è possibile anche di fronte a significative differenze in termini di forza ed ingegno. L’uguaglianza a cui Xxxxxxx si riferisce è, coerentemente con la tradizione liberal, un’uguaglianza morale, anche se trovo sia significativo riflettere proprio sull’eguale potere contrattuale di ciascuno, ideale quasi utopico, se rapportato a questioni di genere in circostanze concrete.
32 Nel famoso film di Xxx Xxxxxx, A Beautiful Mind, dedicato alla vita di Xxxx Xxxx si ricostruisce il percorso del matematico, con maggiore attenzione per le vicende private e la conclamata schizofrenia dello studioso più che per la sua produzione scientifica. Tuttavia, per spiegare in parole semplici il funzionamento della teoria dei giochi e la brillante intuizione del giovane studente, vi è una scena in cui, in un pub, i colleghi di Xxxx mostrano interesse per la stessa avvenente ragazza bionda. Gli amici di Xxxx, come lui dottorandi a Princeton, citano la lezione di Xxxx Xxxxx: «Nella competizione l’ambizione individuale serve al bene comune», nel tentativo di stabilire chi possa farsi avanti con lei. Xxxxx rancore, sembrano essere d’accordo sul fatto che ciascuno debba avere la sua chance, abbandonando il campo e ripiegando sulle amiche, qualora la giovane non mostri interesse per lui. «Xxxx Xxxxx va rivisto - suggerisce invece Xxxx - perché se tutti ci proviamo con la bionda ci blocchiamo a vicenda e alla fine nessuno di noi se la prende. Allora ci proviamo con le sue amiche, e tutte loro ci voltano le spalle perché a nessuna piace essere un ripiego. Ma se invece nessuno ci prova con la bionda, non ci ostacoliamo a vicenda e non offendiamo le altre ragazze. È l’unico modo per vincere. […] Il miglior risultato [a differenza di quanto sosteneva Xxxx Xxxxx, quindi] si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sé e per il gruppo». Ecco un esempio di come massimizzare il risultato, senza competizione.
33 Payoff significa letteralmente “vantaggio”, “profitto”, “risultato” ed è definito da Xxxxxxx Xxxxx come “misura del beneficio percepito”. «Il termine inglese payoff - precisa Festa - viene talvolta tradotto con ‘ricompensa’, ‘premio’, ’incentivo’ o ‘vincita’. Tuttavia dato che i payoff
per entrambi (prima condizione di possibilità della contrattazione) non significa necessariamente massimizzare l’utilità per il singolo giocatore: individualmente i giocatori potrebbero spesso ottenere un risultato migliore (e per contro anche notevolmente peggiore) se si scontrassero anziché accordarsi, come emerge chiaramente nel dilemma del prigioniero, dove la cooperazione sembra impossibile e paradossale, dato anche il fatto che non è permesso ai giocatori di comunicare fra loro e quindi di giocare, come si dice, a carte scoperte.
Certamente uno degli aspetti più noti e significativi della riflessione di Xxxx è rappresentato dal concetto di equilibrio, inteso come soluzione del gioco, considerate tutte le alternative possibili e le probabili mosse dell’avversario.
Xxxx riflette sul concetto di equilibrio nei primi anni Cinquanta34, in particolare in un breve articolo nel quale definisce quello che diventerà il vero e proprio pilastro portante della teoria dei giochi. La nozione di equilibrio, peraltro, ha notevoli implicazioni non solo nella definizione di scelta razionale e soluzione del gioco, dal momento che essa è in grado di garantire la stabilità che la competizione dovrebbe, di per sé, negare. Come scrive Xxxxxxxxx:
Biological systems, chemical and physical systems, even social systems all seek stability. So identifying how stability is reached is often the key to predicting the future. […] It’s the same principle, just a little more complicated, in a chemical reaction, where stability means achieving a state of “chemical equilibrium”, in which the amounts of the reacting chemicals and their products remain constant. […] Xxxx had just this sort of physical equilibrium in mind when he was contemplating stability in game theory.35
L’equilibrio di Xxxx è un punto di stabilità all’interno del gioco, tale per cui nessun giocatore, una volta raggiunto l’equilibrio, potrebbe avere interesse a
possono essere negativi preferiamo mantenere il termine inglese originale, che può riferirsi sia alle ‘vincite’ che alle ‘perdite’ dei giocatori», Teoria dei giochi ed evoluzione delle norme morali,
«Etica e Politica», vol. IX, n. 2, 2007, p. 152.
34 J. F. Xxxx, Equilibrium Points in n-Person Games, «Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA», vol. 36, n. 1, 1950, pp. 48-49.
35 X. Xxxxxxxxx, A Beautiful Math, cit., pp. 56-57.
cambiare unilateralmente la propria strategia. Anche se non tutti i giochi presentano una strategia dominante, è comunque possibile individuare in ogni gioco almeno un equilibrio di Nash36, tale per cui dati i giocatori A e B, x di A e y di B sono in equilibrio se l’una è la risposta migliore all’altra.
Esattamente come in una reazione chimica, dove quando si raggiunge l’equilibrio le quantità delle sostanze interessate non cambiano più, allo stesso modo «when equilibrium is reached in a game, nobody has any incentive to change strategies - so the choice of strategies should remain constant»37. Quando siamo in grado di identificare un unico equilibrio, esso rappresenta la soluzione del gioco.
Naturalmente, nei giochi complessi, è difficile individuare tutti i possibili equilibri e, anche qualora si riuscisse a determinarli con esattezza, il teorema di Xxxx non fornisce alcuna indicazione su come scegliere fra diversi equilibri. Come riassume Xxxxxxxxx:
While Xxxx showed that there is always at least one equilibrium point, it’s another matter to figure out what that point is. (And often there is more than one Xxxx equilibrium point, which makes things really messy). Remember, each player’s “strategy” will typically be a mixed strategy, drawn from maybe dozens or hundreds or thousands (or more) of pure “specific” strategies. In most games with many players, calculating all the probabilities for all the combinations of all those choices exceeds the computational capacity of Intel, Microsoft, IBM, and Apple put together.38
Come dovrebbero comportarsi, quindi, agenti razionali in situazioni dove gli interessi sono, almeno parzialmente, dissimili o conflittuali?
36 Ogni gioco finito ha almeno un equilibrio di Xxxx in strategie pure e/o miste.
37 X. Xxxxxxxxx, A Beautiful Math, cit., p. 57.
38 Ivi, p. 64.
{ 2 } DALLA LOTTA ALLA COOPERAZIONE
In the winter of 0000, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx biologist Xxxxx Xxxxxx decided it would be fun to feed the ducks. A flock of 33 mallards inhabited the university’s botanical garden, hanging out at a particular pond where they foraged for food […] Xxxxxx wanted to find out just how clever the ducks could be at maximizing their food intake. So he cut up some white bread into precisely weighed pieces and enlisted some friends to toss the pieces onto the pond. The ducks, naturally, were delighted with this experiment, so they all rapidly paddled into position. But then Xxxxxx’x helpers began tossing the bread onto two separated patches of the pond. At one spot, the bread tosser dispensed one piece of bread every five seconds. The second was slower, tossing out the bread balls just once every 10 seconds. Now, the burning scientific question was, if you’re a duck, what do you do? […] To get the answer you have to calculate a Xxxx equilibrium […] In this case the calculation is pretty simple: The ducks all get their best possible deal if one-third of them stand in front of the slow tosser and the other two-thirds stand in front of the fast tosser. And guess what? It took the ducks about a minute to figure that out. They split into two groups almost precisely the size that game theory predicted. Ducks know how to play game theory!39
Non ci sarebbe bisogno di precisare che uno dei postulati della teoria contrattualistica è rappresentato dall’idea di “accordo stabile”, a cui si aggiunge la convinzione che la vita organizzata sia preferibile rispetto alla soluzione anarchica.
La condizione pre-sociale, genericamente indicata dalla tradizione moderna come stato di natura - abitato da individui completamente liberi - viene quasi sempre mostrata, attraverso il ricorso a immagini più o meno violente, come instabile e poco desiderabile.
Lo stato di natura - ideale teorico che permette di individuare i costi accettabili in una contrattazione fra eguali - è un luogo insicuro sotto vari punti di vista e nel quale, alla lunga, non si vive bene. Ma ciò non basta per considerare come logica conseguenza la possibilità di limitare i diritti personali, in esso massimamente estesi, e quindi l’accesso alle risorse e la libertà di agire
39 Ivi, pp. 73-74.
esclusivamente nel proprio interesse, di cui gli individui dispongono prima di stringere il patto. Per quale ragione si deve sottostare ai patti?, per l’appunto, è l’interrogativo che segna la riflessione di Xxxxxx Xxxxxx, il quale tuttavia non sempre propone, nelle sue opere politiche, risposte completamente convincenti.
Accordarsi deve anzitutto essere conveniente, sembra suggerire Xxxxxx, ma nessun contratto, almeno in apparenza, lo è completamente. I compromessi, per definizione, implicano rinunce rispetto al possibile massimo guadagno, e questi sono definiti vantaggiosi soprattutto alla luce delle probabili perdite a cui ciascuno rischia di andare incontro, specie in mancanza di un’autorità terza capace di tracciare una linea di confine fra il lecito e l’illecito. Poiché nello stato di natura hobbesiano la vita è “breve e insicura”, a causa della condizione di guerra perpetua, seppure latente, cedere tutti i diritti al Leviatano sembra quanto meno ragionevole40, se non razionale, alla moltitudine che si costituisce come corpo politico a seguito del pactum unionis41. Lo stato civile è, infatti, nella definizione di Xxxxxxxx Xxxxxx00, la scelta razionale che si oppone all’assurda ipotesi dello stato di natura.
Il contratto che dà origine allo Stato - scrive Bobbio - è un accordo con cui un certo numero di individui stabiliscono tra di loro di rinunciare a quel diritto illimitato e potenziale su tutte le cose che loro appartiene nello stato di natura e di trasferirlo a una terza persona (che può anche non essere una persona fisica, ma un’assemblea) col duplice scopo di
40 Come è ben noto, ciò è motivato, in Xxxxxx, dalla necessaria difesa del potere assoluto. La convinzione fondamentale del filosofo inglese è, come viene sottolineato da Xxxxxx, che lo stato può essere solo unico e unitario. Alla questione dello stato è dedicata tutta la produzione politica hobbesiana, e tale problema è studiato con un approccio scientifico, coerentemente con l’intento di rendere la politica una scienza. Lo stato, dice Bobbio, è un meccanismo, i cui ingranaggi sono rappresentati dagli individui. Dalla scomposizione e analisi delle parti è possibile giungere a una piena conoscenza dei processi e a un loro progressivo miglioramento (cfr. X. Xxxxxx, Introduzione a Opere politiche di Xxxxxx Xxxxxx (1959), Utet, Torino 1971 e Id., Xxxxxx Xxxxxx, Einaudi, Torino 1989). Per un’interpretazione sulla dialettica ragione-ragionevolezza in Xxxxxx cfr. X. Xxxxx, Lectures on the History of Political Philosophy, cit., pp. 54 sgg.
41 Opzione desiderabile ed efficace solo se tutti al medesimo tempo rinunciano al proprio ius in omnia.
42 Cfr. X. Xxxxxx, Introduzione a Opere politiche di Xxxxxx Xxxxxx, cit., p. 21.
togliersi di mano l’arma principale di offesa reciproca e di affidarla a chi la possa adoperare in difesa di tutti. Veramente, perché gli uomini possano volere tutto questo […] bisogna ammettere […] che gli uomini siano esseri ragionevoli.43
Anche se non è mio interesse approfondire in questa sede le difficoltà connesse a tale modello, il richiamo alla teoria hobbesiana è tuttavia funzionale al discorso che intendo sviluppare nell’analisi dei concetti di “scelta razionale” e “ragionevolezza”, che certo giocano un ruolo fondamentale nella proposta teorica di Xxxxxxx, la quale tiene peraltro in stretta considerazione la riflessione hobbesiana.
È stato più volte evidenziato, del resto, che gli individui dello stato di natura hobbesiano si trovano in una condizione simile a quella dei prigionieri, traditori o complici, del famoso dilemma elaborato negli anni Cinquanta da Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx00.
Il nodo fondamentale del gioco competitivo riguarda certamente la relazione fra lotta e collaborazione ed esso mostra con evidenza come la scelta cooperativa, i cui effetti sono certamente desiderabili, non possa considerarsi un’opzione razionale. A tal proposito è bene osservare che la debolezza dell’argomentazione hobbesiana ricade proprio nell’incapacità di fornire ragioni sufficienti per giustificare il “mutamento antropologico” che consente a individui meramente egoisti di abbandonare lo stato di guerra45. Ad ogni
43 Ivi, p. 22.
44 Il nome, così come la storia del dilemma del prigioniero, pur essendo stati coniati da Xxxxxx, riprendono il modello di un gioco matematico precedentemente proposto da Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx.
45 Non è chiaro, nelle pagine del Leviathan, come sia possibile che, a un certo punto, gli uomini dello stato di natura, vanagloriosi, prevaricatori e interessati solo ai propri fini, arrivino a comprendere che il contratto è possibile, e anzi preferibile, alla condizione anarchica, e soprattutto non è chiaro in che modo il patto venga a essere considerato da tutti i contraenti “obbligante”. Per un’interpretazione sull’obbligatorietà del patto si veda X. Xxxxxxxx, The Logic of Leviathan, Oxford U.P., Oxford 1969, pp. 41 sgg. Per una lettura sulla questione dell’insipiens cfr. X. Xxxxx, Xxxxxx e lo Stolto, in D. Xxxxxxxxxx (a cura di), Xxxxxx e Xxxxxxx, Scienza e politica. Atti del Convegno Internazionale Urbino, 14-17 ottobre 1988, Bibliopolis, Napoli 1992, pp. 207-241. Sul tema cfr. X. Xxxxx, Lectures on the History of Political Philosophy, cit., pp. 23 sgg. In particolare Xxxxx afferma che: «we don’t need to see the social contract as made in the State of Nature. So we don’t need to consider whether a social contract is enough
modo, sebbene nel Leviathan non siano fornite spiegazioni esaustive sulla nascita della cooperazione46, vi sono degli studi interessanti che - in biologia
quanto nell’ambito della stessa teoria dei giochi47 rigidità del paradigma della scelta razionale.
- in parte sconfessano la
Sono molti, infatti, gli esempi di giochi che pongono i concorrenti di fronte
a un problema di non facile soluzione: è più vantaggioso cooperare o lottare?
to transform the state of nature into civil society. (For example, how can we be sure that people’s promises will be honored?) Rather, we can think of the social contract as a covenant that serves to secure and renders secure an already existing stable government. Xxxxxx’x point is that given the normal conditions of human life, and given the ever present danger of civil conflict and collapse into the State of Nature, every rational person has a sufficient and fundamental interest in supporting an effective Sovereign. And given this interest, every rational person would enter into the Social Contract, should the occasion arise», Xxx, p. 33.
46 Xxxx’interpretazione di Bobbio ciò è ascrivibile al fatto che non era interesse di Xxxxxx fornire una vera e propria ricostruzione storica dello stato. In questa lettura l’opera di Xxxxxx non è intesa come una ricostruzione dettagliata dei processi che hanno condotto allo stato moderno, piuttosto come una dimostrazione che, nelle intenzioni del filosofo, doveva essere persuasiva per i suoi contemporanei (cfr. X. Xxxxxx, Introduzione a Opere politiche di Xxxxxx Xxxxxx, cit., p. 22).
47 A questo proposito si rimanda all’interessante analisi che viene proposta nell’articolo The Arithmetics of Mutual Help (X. Xxxxx, X. Xxx, X. Xxxxxxx, «Scientific American», vol. 76, n. 6, 1995). Nel tentativo di spiegare le basi biologiche della nascita della cooperazione, gli studiosi fanno riferimento a diverse scuole di pensiero. Come viene prontamente evidenziato, sebbene l’idea di cooperazione naturale fosse stata compresa anche da Xxxxxx, molti fra i suoi primi seguaci enfatizzarono gli aspetti feroci della lotta per la sopravvivenza al punto che
«the Russian prince [Xxxx Xxxxxxxxx] Xxxxxxxxx felt compelled to write a book to refute them». Il testo apparve nel 1902, e fu definito dal Times di Londra, come riportano Nowak, Xxx e Xxxxxxx, «possibly the most important book of the year». A differenza di Xxxxxx, Xxxxxxxxx è un convinto teorico dell’anarchia e, nel tentativo di rendere manifesto che lo stato è un’entità superflua, i suoi studi cercano di dimostrare come la cooperazione non sia imposta dall’autorità politica - un suo risultato indiretto, come si potrebbe dire seguendo l’argomentazione hobbesiana - ma sia un qualcosa di ben radicato nella natura umana (cfr. Xxx, pp. 76-77). Trovo inoltre interessante mettere in relazione le tesi di Xxxxxxxxx con l’analisi della teoria hobbesiana offerta da Xxxxxxxx in The Logic of Leviathan. Individuando come pilastri fondamentali della riflessione del filosofo inglese uno sconfinato assolutismo da un lato e un altrettanto sconfinato individualismo dall’altro, Xxxxxxxx rileva una certa debolezza teorica nell’impianto hobbesiano, dal momento che se la premessa da cui partire è un così esteso individualismo, la sua conseguenza può essere solo una condizione anarchica (che per Xxxxxx doveva essere, invece, con tutte le forze, contrastata). È curioso che lo scenario anarchico sia retto, nelle opinioni di Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx da forze fra loro contrapposte, dando esito rispettivamente a un’utopica società cooperativa e a una quasi indomabile moltitudine di individui autonomi. Sul tema cfr. X. Xxxxxxx, The Emergence of Cooperation among Egoists, «The American Political Science Review», vol. 75, n. 2, 1981 e Id., The Evolution of Cooperation, Basic Books, New York 1984; C. Bicchieri, Rationality and Coordination (1993), Xxxxxxxxx X.X., Xxx Xxxx 0000. Il tema è discusso nei prossimi capitoli.