COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) SIRENA Presidente
(RM) MELI Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) POZZOLO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) GRANATA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) PROSPERETTI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXXXXXX
Nella seduta del 26/05/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso presentato in data 27/12/2016 il ricorrente lamenta, in riferimento a un contratto di conto corrente e a un contratto di apertura di credito, l’inosservanza della forma scritta, poiché a fronte della richiesta di fornire copia dei contratti sottoscritti tra le parti, l’intermediario ne avrebbe prodotto copia recante la sola sottoscrizione della cliente. La parte chiede, di conseguenza, che sia accertata la non debenza degli importi addebitati a titolo di interessi, spese e commissioni ex art. 117 TUB e ne sia disposta la restituzione. In secondo luogo, il ricorrente chiede di dichiarare la nullità della clausola relativa agli interessi ex art. 1815, comma 2, c.c., sostenendo, sulla base di una perizia tecnica, che gli interessi addebitati dalla banca abbiano superato la soglia di usura in diversi trimestri. Infine, il ricorrente chiede il rimborso di complessivi euro 10.959,83, di cui euro 2.213,57 a titolo di “spese ed oneri” non pattuiti per iscritto ed euro 8.746,26 a titolo di interessi su interessi in violazione del divieto di anatocismo.
Con controdeduzioni presentate in data 3/04/2017 l’intermediario resistente eccepisce, in via preliminare, l’irricevibilità delle domande relative al mancato rispetto della forma scritta prevista per i contratti bancari e alla retrocessione degli interessi anatocistici, in quanto esse non avrebbero formato oggetto di reclamo. In subordine, la resistente chiede il rigetto
per infondatezza della contestazione relativa al mancato rispetto della forma scritta, sostenendo che la funzione informativa dell’obbligo di forma scritta dei contratti bancari sarebbe stata pienamente assolta nel caso di specie. La banca, chiede, inoltre, di respingere la richiesta di restituzione degli interessi anatocistici perché agli interessi maturati dall’1/01/2014 al 30/09/2016 sarebbe applicabile ratione temporis la disciplina previgente in materia di anatocismo. La resistente chiede, infine, di respingere le doglianze circa il presunto superamento della soglia di usura, che risulterebbe dall’applicazione di una formula diversa da quella prescritta nelle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura.
DIRITTO
Va innanzitutto esaminata l’eccezione preliminare sollevata dall’intermediario resistente, il quale chiede che vengano dichiarate irricevibili le domande relative all’accertamento dell’inosservanza della forma scritta prevista per i contratti bancari e alla restituzione degli interessi anatocistici, perché introdotte solo in sede di ricorso e non presenti nel reclamo.
La Sez. VI, par. 1 delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” prevede che “Il ricorso all’ABF è preceduto da un reclamo preventivo all’intermediario […] il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo”. Nel caso in esame, il reclamo contiene una contestazione relativa alla “mancata pattuizione per iscritto degli interessi, delle commissioni e delle spese”. Come si evince dalla perizia prodotta dal ricorrente, tale doglianza discende dall’asserita inosservanza della forma scritta dei contratti (dovuta all’assenza di sottoscrizione della banca). Pertanto, non può essere accolta l’eccezione preliminare sollevata dall’intermediario resistente in riferimento alla domanda di accertamento dell’inosservanza della forma scritta e di condanna alla restituzione delle somme addebitate ai sensi dell’art. 117 TUB. In applicazione delle medesime norme, risulta, invece, fondata l’eccezione di irricevibilità formulata dalla resistente con riguardo alla richiesta di restituzione degli interessi anatocistici, data l’assenza nel reclamo di qualsiasi riferimento alla richiesta formulata sul punto nel ricorso. Tale domanda è pertanto da ritenersi improcedibile.
Venendo alla domanda di accertamento della nullità del contratto di conto corrente e del contratto di apertura di credito per l’inosservanza della forma scritta prevista per i contratti bancari dall’art. 117 del TUB, il Collegio rileva che la questione è stata affrontata in giurisprudenza e in dottrina con esiti non univoci. In materia di contratti per la prestazione di servizi di investimento, disciplinati quanto alla forma in maniera molto simile ai contratti bancari, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato che è nullo il contratto sottoscritto soltanto dal cliente, poiché la forma scritta bilaterale richiesta ad substantiam dall’art. 23 del Testo Unico della Finanza deve intendersi un elemento costitutivo del contratto (cfr. Cass. 5919/2016; 7068/2016; 8395/2016; 8396/2016; 10331/2017). La
Suprema Corte, con successiva ordinanza n. 10447/2017 di rimessione alle Sezioni Unite della questione, ha tuttavia rilevato la necessità di ulteriori riflessioni sul punto, posto che al recente orientamento sopra ricordato si contrappone un diverso orientamento che trova consensi in dottrina e nella giurisprudenza soprattutto di merito, il quale esclude la necessità della sottoscrizione della banca per la validità del contratto di prestazione di servizi di investimento, laddove il modulo contenente le condizioni generali di contratto, sottoscritto dal cliente, sia stato predisposto dalla banca. Tale orientamento, che ha trovato conferme nella giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr. Appello Venezia n. 1377/2016; Trib. di Reggio Xxxxxx 28/04/2015; Cass. n. 22223/2006), nonché in precedenti di questo Arbitro (cfr. Coll. di Roma, decisione n. 7009/2015), valorizza le differenze tra la
ratio della forma scritta ad substantiam prevista dal codice civile per contratti che richiedono particolare solennità nell’ambito di rapporti paritari e la ratio della forma scritta prevista dalla disciplina bancaria e finanziaria, finalizzata alla protezione del contraente debole e alla soddisfazione di esigenze di chiarezza e trasparenza informativa. Tale orientamento tiene anche debitamente conto dell’esigenza di prevenire un uso opportunistico della nullità di protezione da parte del contraente debole. Il Collegio intende uniformarsi a questo secondo orientamento, ritenendo che il requisito formale stabilito a fini informativi e di tutela del contraente debole debba intendersi riferito alla manifestazione di volontà di quest’ultimo, mentre la volontà dell’intermediario possa essere manifestata anche attraverso altre forme (non potendo, peraltro, l’intermediario contestare la validità per carenza di forma scritta). A tale proposito, può ritenersi sufficiente la predisposizione del modulo contenente le condizioni generali di contratto da parte dell’intermediario ovvero l’incontestata esecuzione del contratto da parte dell’intermediario nel rispetto delle condizioni contrattuali sottoscritte dal cliente.
Nel caso in esame, le copie dei contratti versate in atti contengono la sottoscrizione del correntista e il visto dell’addetto della banca che ha acquisito la firma del cliente. Inoltre, è pacifico che ai contratti di conto corrente e apertura di credito oggetto del ricorso sia stata data esecuzione nel rispetto delle condizioni pattuite. Per queste ragioni, la doglianza relativa alla nullità per mancanza della forma scritta prevista dall’art. 117 del TUB e la conseguente pretesa restitutoria (peraltro del tutto generica) relativa a spese ed oneri quantificati in euro 2.213,57 devono ritenersi infondate.
Il ricorrente chiede, infine, la restituzione di somme addebitate a titolo di interessi in applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c., per l’asserito superamento della soglia usura nei trimestri I, II, III e IV del 2011 e I e II del 2015. In particolare, la perizia prodotta dalla parte ricorrente contesta come distorta la metodologia di calcolo prevista dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi, poiché essa escluderebbe numerosi oneri, e al suo posto utilizza una metodologia di calcolo del TEG che deriverebbe direttamente dalla L. 108/96 nella parte in cui sancisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo delle spese, escluse quelle per imposte e tasse collegate alla erogazione del credito”.
L’usura oggettiva è regolata da un quadro normativo complesso: a livello primario, in diritto civile, dall’art. 1815 comma 2 c.c., e, in diritto penale, dall’art. 644 c.p. e dalla L. 7 marzo 1996, n. 108 (cd. Xxxxx Xxxxx) e dal D.l. 394/2000, di interpretazione autentica della stessa. La norma penale è, inoltre, completata dai decreti trimestrali del Ministero dell’Economia e delle Finanze (al quale è demandato il compito di individuare il limite oltre il quale gli interessi sono considerati sempre usurari e di stabilire le diverse categorie di operazioni creditizie) e dalle “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia, che per ogni categoria di operazione creditizia prevedono le voci di cui tenere conto e la metodologia di calcolo per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi necessari ai fini della determinazione dei tassi soglia ex art. 2, comma 4, della Legge Usura. Con riferimento alla metodologia di calcolo da utilizzare per la verifica di usurarietà dei tassi in concreto applicati, l’orientamento di questo Arbitro è costante nell’affermare che le Istruzioni della Banca d’Italia costituiscono il punto di riferimento imprescindibile per il calcolo del TEG e, pertanto, vi deve essere piena simmetria tra la tra formula utilizzata per la rilevazione del TEGM e la formula utilizzata per il calcolo dello specifico TEG contrattuale (cfr., ex multis, sul cd. “principio di simmetria”, Collegio di Coordinamento, dec. n. 3412/2014; Coll. di Roma, decisione n. 6759/2016; Coll. di Roma, decisione n. 11395/2016). Anche la Corte di Cassazione si è di recente pronunciata in questo senso con sentenza n. 12965/2016
affermando, tra l’altro, che se il “raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato”.
Ne deriva che, avendo la perizia di parte utilizzato una metodologia di calcolo ex professo diversa da quella prevista dalle Istruzioni della Banca d’Italia, sia per i fattori in essa inclusi che per la struttura della formula, deve ritenersi non soddisfatto dalla parte ricorrente l’onere della prova circa l’asserito superamento del tasso soglia previsto dalla legge in riferimento ai trimestri indicati nel ricorso. Né spetta all’Arbitro rielaborare i conteggi relativi al rapporto controverso, essendo pacifico che all’Arbitro non possono essere demandate attività di tipo consulenziale (cfr., ex multis, Coll. di Roma, decisione n. 1780/2017). Il Collegio ritiene, pertanto, che la domanda relativa di restituzione delle somme addebitate a titolo di interessi debba essere respinta in quanto infondata.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1