Contratti di lavoro
Contratti di lavoro
L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
Questa particolare forma di collaborazione di un soggetto (l’associato) all’impresa di un altro (associante), si distingue dal lavoro subordinato per la partecipazione da parte del primo al rischio d’impresa e per l’effettivo esercizio del diritto di questi al controllo e al rendiconto dell’attivita` economica del secondo.
Dal 1º gennaio 2004, i soli associati con apporto di lavoro sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS, con conseguente contribuzione previdenziale in parte anche a suo carico.
Sotto il profilo fiscale, invece, l’associante, in qualita` di sostituto d’imposta, e` tenuto agli adempimenti nei confronti dell’associato e dell’Amministrazione Finanziaria.
Premessa
Il contratto di associazione in partecipazione e` regolato dal Titolo VII del Li- bro V del Codice civile. Con tale contratto si realizza una collaborazione tra due o piu` persone per il conseguimento di un risultato comune e l’apporto ha quindi carattere strumentale per lo svolgimento dell’attivita` dalla quale il risultato ricercato ha origine.
Il contratto di associazione in partecipazione produce obblighi per entrambe le parti posto che l’un contraente (associante) attribuisce all’altro (associa- to) una quota degli utili derivanti dalla gestione dell’impresa o da un singolo affare.
L’apporto dell’associato puo` essere di qualunque natura ma, condizione ne- cessaria, e` che esso abbia carattere strumentale per l’esercizio dell’impresa o dell’affare. Non determinandosi, con cio`, ne´ la costituzione di un nuovo soggetto ne´ tantomeno un patrimonio autonomo.
Il contenuto dell’apporto puo`, pertanto, consistere in una somma di denaro, nel conferimento in proprieta` o in godimento di beni mobili o immobili, in una prestazione lavorativa, in una causa mista di lavoro e capitale. Ai fini dell’analisi che ci si propone, interessa esclusivamente l’apporto di lavoro da parte dell’associato.
La forma
La stipulazione del contratto di associazione in partecipazione non e` sogget- ta a forme particolari e l’atto scritto non e` dunque necessario, potendosi ben prevedere anche l’accordo tacito fra le parti. E` pero`, sotto il profilo pra-
tico, indubitabile che l’atto scritto rappresenta un fatto probatorio e sostan- ziale a fronte di qualunque contenzioso.
Va, a tal proposito, ricordato che ai sensi dell’art. 1350 c.c. «Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullita`»:
a) i contratti che trasferiscono la proprieta` di beni immobili;
b) i contratti di societa` o di associazione con i quali si conferisce il godimen- to di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
e cio` importa che al verificarsi di tali ipotesi l’atto di associazione in parteci- pazione dovra` assumere, obbligatoriamente, la forma scritta.
Il contratto potra`, o dovra`, prevedere un corrispettivo che la parte recedente dovra` corrispondere all’altra, nel caso di recesso dal contratto senza giusta causa.
Diritti e obblighi derivanti dal contratto
Il comma 1 dell’art. 2552 c.c. conferisce all’associante il diritto esclusivo alla gestione dell’impresa, diritto inalienabile, posto che l’associante non puo` ri-
nunciarvi a favore dell’associato. Da cio` consegue l’impossibilita` dell’associa- to di inserirsi nella gestione dell’impresa, dell’affare o degli affari oggetto del contratto.
Oltre al diritto alla percezione degli utili (art. 2549 c.c.) l’associato ha diritto al controllo che e`, peraltro, di due tipi. Il comma 2 dell’art. 2552 c.c. stabili- sce che «il contratto puo` determinare quale controllo possa esercitare l’asso- ciato...». E` un tipo di controllo previsto contrattualmente e solo in quei ter- mini potra` essere esercitato.
In buona sostanza il controllo deve consentire all’associato la possibilita` di tu- telarsi la` dove il comportamento dell’associante non sia conforme al contratto. L’art. 2552 c.c. stabilisce, inoltre, il diritto dell’associato al rendiconto, diritto non derogabile, posto che la partecipazione agli utili e` il corrispettivo del- l’apporto e non e` possibile lasciarne la determinazione al debitore (associan- te); cio` si configurerebbe, a contrario, se il diritto al rendiconto non fosse uno speciale diritto inderogabile. Il rendiconto, che non dovra` essere redatto secondo speciali criteri, potra` essere stilato secondo schemi piu` semplici, quando oggetto del contratto sia un solo affare. La mancata cura e presenta- zione del rendiconto da parte dell’associante (inerzia) porra` l’associato nella condizione di attivarsi al fine di ottenere la redazione giudiziale del rendi- conto, cosı` come nel caso di redazione di un rendiconto con utile compresso (malafede), l’associante avra` diritto all’accertamento e alla definizione dell’u- tile per via giudiziale.
Quando l’apporto dell’associato si risolve esclusivamente in una attivita` per- sonale di collaborazione con l’associante, la controversia fra le parti puo` rientrare nell’ambito dell’art. 409. c.p.c..
Partecipazione agli utili dell’associato
La partecipazione dell’associato agli utili e` elemento essenziale del contratto di associazione in partecipazione, cosı` che un contratto che la escludesse sa- rebbe di per se´ nullo per carenza di uno dei requisiti essenziali.
A tal proposito la Corte di Cassazione, con sentenza 9 marzo 1982, n. 1476, ha stabilito che se il contratto non determina la quota degli utili spettanti al- l’associato, tale quota va determinata in proporzione al valore dell’impresa, ovvero dell’affare o degli affari rispetto ai quali l’associazione e` pattuita, te- nendo conto, nella prima ipotesi, che l’impresa deve essere valutata secondo i criteri che presiedono alla redazione dei bilanci, senza possibilita` di compu- tare un compenso all’imprenditore per la sua attivita` di gestione aziendale.
Partecipazione alle perdite dell’associato
Le parti possono prevedere l’esonero dalla partecipazione alle perdite in considerazione della disposizione contenuta nell’art. 2553 c.c. per cui:
– l’associato partecipa alle perdite salvo patto contrario;
– la partecipazione alle perdite e` uguale alla partecipazione agli utili;
– la partecipazione alle perdite dell’associato non puo` superare il valore del- l’apporto (Cass., 21 giugno 1988, n. 4235).
Il lavoro dell’associato
Con il contratto di associazione in partecipazione l’associato, quale corrispet- tivo dell’apporto:
– acquista il diritto a una partecipazione agli utili;
– acquista il diritto al rendiconto;
– non si verifica mai per l’associato il diritto alla conduzione o alla gestione dell’impresa o dell’affare.
Inoltre per espressa previsione contrattuale:
– ha diritto al controllo sull’impresa o sull’affare;
– puo` impedire all’associante l’attribuzione di ulteriori partecipazioni;
– partecipa alle perdite nella misura massima del valore dell’apporto.
Il fatto che l’apporto dell’associato in partecipazione possa consistere, come pacificamente puo`, in una prestazione lavorativa che essendo dedotta con- trattualmente dovra` essere svolta secondo gli schemi contrattuali, importa in pratica, una inevitabile vicinanza del contratto con il rapporto di lavoro su- bordinato, al quale puo` essere ricondotto se mancano gli elementi atti a di- stinguerli. Pertanto, nell’analisi delle singole fattispecie deve prestarsi parti- colare attenzione al fine di escludere che, nel concreto, il contratto di asso- ciazione in partecipazione simuli un contratto di lavoro subordinato. Talche´ occorre verificare se le modalita` di esecuzione (soggezione alle direttive del- l’associante, osservanza di un orario di lavoro, garanzia della retribuzione ecc.) non siano invece indicative della esistenza di un effettivo rapporto di lavoro dipendente.
Un accenno che si ritiene necessario, ancorche´ non esaustivo, va fatto all’as- sociazione in partecipazione nell’ottica della previsione di cui all’art. 86, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che recita:
(...)
2. Al fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto collettivo, in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione cor- rispondente del medesimo settore di attivita`, o in mancanza di contratto collettivo, in una cor- rispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documenta- zioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un con- tratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell’ordina- mento.
Comunicazione al Centro per l’Impiego
I commi 1180 e seguenti dell’art.1 della legge n. 296/2006 hanno introdotto l’obbligo, dal 1º gennaio 2007, di comunicare al Centro per l’Impiego l’instau- razione dei rapporti di lavoro entro il giorno precedente l’inizio degli stessi. Fra i rapporti di lavoro da comunicare e` compresa l’associazione in parteci- pazione con apporto lavorativo, con la sola esclusione degli associati gia` iscritti ad un Albo professionale.
Le registrazioni obbligatorie
L’associante e` tenuto a registrare nel Libro unico del lavoro, istituito a nor- ma dell’art. 39 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, i dati relativi agli associati in partecipazione che apportano attivita` lavorativa, anche se in forma mista ca- pitale e lavoro, indicandone i dati anagrafici e le posizioni assicurative, non- che´ le erogazioni in danaro o in natura e le somme erogate a titolo di rim- borso spese.
Assicurazione contro gli infortuni
L’obbligo di assicurazione dell’associato presso l’INAIL e` stato sancito dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 332/1992 ha assimilato la posizione dell’associato-lavoratore a quella del socio d’opera di cui all’art. 4, n. 7, del Testo Unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e deriva dal fatto che la titolarita` dell’impresa, pur in presenza dello specifico contratto in esa- me, rimane dell’associante, sul quale deve, quindi, gravare l’onere dell’assi- curazione contro il rischio derivante dall’attivita` svolta.
Soggetto tenuto alla contribuzione assicurativa e` quindi l’associante.
Il regime contributivo e` quello ordinario con conseguente calcolo del premio in relazione alla retribuzione cosiddetta ‘‘di ragguaglio’’ di cui all’art. 30, comma 4, del suddetto Testo Unico.
Il trattamento sara`, pertanto, quello previsto per i soci delle societa` non arti- giane, con il versamento del premio sulle retribuzioni effettive o, in mancan- za sul valore convenzionale e, per gli artigiani con il pagamento del premio fisso. Parimenti dovranno essere effettuate le registrazioni a libro matricola e a libro paga.
Associazione in partecipazione e INPS
L’obbligo di contribuzione a favore dell’associato in partecipazione che appor- ta solo attivita` lavorativa decorre dal 1º gennaio 2004 ed e` stato introdotto dall’art.43 del D.L.30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge n. 326/2003. La contribuzione e` versata all’INPS Gestione Separata del lavoro autonomo, con l’applicazione delle regole gia` previste per i collaboratori coordinati e con- tinuativi. Ne sono esclusi gli associati che siano iscritti agli albi professionali.
Il 55% del contributo e` posto a carico dell’associante e il 45% e` posto a cari- co dell’associato ed e` applicato sul reddito delle attivita` determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accerta- menti definitivi.
Xxxxxxx, come si e` detto, alla Gestione dei collaboratori coordinati e conti-
nuativi, alla cui trattazione pertanto si rimanda.
La disciplina fiscale
Indeducibilita` dell’utile distribuito
Il Ministero delle Finanze ha precisato (Comunicati 13 e 23 maggio 1987 e nelle istruzioni per «Unico98»), le seguenti condizioni per la deducibilita` delle quote di partecipazione agli utili spettanti agli associati in partecipazio- ne:
– il contratto di associazione in partecipazione deve risultare da atto pubbli- co o da scrittura privata registrata e la rilevanza fiscale si avra`, ovviamente, dalla data della registrazione;
– il contratto deve contenere la specificazione dell’apporto e, qualora questo sia costituito da denaro e altri valori, elementi certi e precisi comprovanti l’avvenuto apporto;
– nel caso di apporto costituito da prestazione di lavoro, gli associati non possono essere familiari dell’associante compresi tra quelli per i quali l’im- prenditore non puo` fruire di deduzioni a titolo di compenso del lavoro pre- stato o dell’opera svolta, ai sensi del secondo comma dell’art. 60 del TUIR;
– se il contratto di associazione in partecipazione consiste nell’apporto rap- presentato dall’emissione, da parte dell’associante, di titoli o certificati in se- rie o di massa, i cui proventi sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta ai sensi dell’art. 5 del D.L. 30 settembre 1983, n. 512, convertito dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, la deducibilita` non e` consentita;
– l’attribuzione delle quote di utili spettanti all’associato in partecipazione da dedurre dal reddito di impresa dell’associante, deve trovare obiettiva giu- stificazione nel lavoro effettivamente prestato.
Appare peraltro utile segnalare che la norma di comportamento n. 153/2003, redatta dall’Associazione dottori commercialisti di Milano, rileva l’assenza di obbligo di registrazione del contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro e la conseguente, possibile, deduzione del compenso anche in assenza di registrazione del contratto da cui trae origine.
Un ulteriore limite alla deducibilita`, controverso in dottrina, e` stato ricono-
sciuto dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza 24 mag- gio-17 luglio 2000, n. 9417, che ha sancito l’indeducibilita` dal reddito d’im-
presa delle quote di utili spettanti all’associato in partecipazione con un im- prenditore individuale al quale e` legato da stretti vincoli di parentela. La Corte ha ritenuto, quindi, che anche tali somme rientrino nel vincolo di in- detraibilita` posto dall’art. 62 del TUIR quando corrisposte a titolo di com- penso del lavoro prestato o dell’opera svolta dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di eta` o permanentemente inabili al lavoro e da ascendenti. Non rileva, in tal senso la condizione di familiare a carico o meno.
La quota di reddito che l’associante distribuisce all’associato non costitui- sce per il primo costo deducibile, ma quota di destinazione dell’utile, che do- vra` essere rilevata e dedotta extra contabilmente direttamente nella dichia- razione dei redditi, nel quadro relativo alla determinazione del reddito di im- presa.
L’importo da evidenziare in diminuzione dal reddito sara` pari agli utili matu- rati in ciascun periodo di imposta come da rendiconto annuale.
Appare utile evidenziare che, a seguito dell’introduzione dell’IRES e delle modifiche apportate D.P.R. n. 917/1986 dal 1º gennaio 2004, nulla cambia in ordine alla qualificazione e alla deducibilita` della quota di utile destinata al- l’associato in partecipazione che apporta esclusivamente attivita` lavorativa. Di contro, in caso di apporto di solo capitale o di capitale e lavoro, gli utili percepiti dall’associato sono inquadrati nella lett. f) dell’art. 44 del TUIR e gli utili stessi concorrono al reddito complessivo dell’associato nella misura stabilita dall’art. 47 dello stesso TUIR (40%) se il valore dell’apporto e` supe- riore al 5 o al 25% del valore del patrimonio netto contabile alla data di sti- pula del contratto (a seconda che si tratti di societa` quotata o di altra parte- cipazione).
Per effetto dell’art. 109 del TUIR e` esclusa la deducibilita` per l’associante di
«ogni tipo di remunerazione dovuta: «...relativamente ai contratti di associa- zione in partecipazione ed a quelli di cui all’art. 2554 del codice civile allor- che´ sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi».
In tal senso, con la Risoluzione n. 123 del 4 giugno 2007, l’Agenzia delle En- trate, rispondendo ad una istanza di interpello, dichiara l’indeducibilita`, dal reddito d’impresa, del compenso corrisposto all’associato che, oltre a presta- re attivita` lavorativa, rifonde, all’associante, una quota parte dei costi soste- xxxx per l’iniziativa economica comune.
Tale riaddebito, effettuato dall’associata a carico dell’associante e` da consi-
derare, secondo l’Agenzia, apporto di capitale ed in quanto tale comporta l’applicazione del regime fiscale di cui all’art. 109, comma 9, lett. b), del TUIR, che stabilisce l’indeducibilita`, in capo all’associante, di ogni tipo di re- munerazione dovuta all’associato in relazione a tale contratto.
Modalita` di tassazione
Ai fini delle imposte dirette il reddito derivante dall’associazione in parte-
cipazione dell’associato puo` configurarsi come reddito di lavoro autonomo o di capitale in conseguenza della natura dell’apporto:
●
se l’apporto dell’associato e` costituito dalla sola prestazione lavorativa il reddito che ne consegue si qualifica come reddito di lavoro autonomo ai sen- si del secondo comma dell’art. 49 del TUIR (ora art. 53);
●
se l’apporto e` costituito, anche solo in parte, da capitale, il reddito che ne consegue si qualifica come reddito di capitale ai sensi dell’art. 44del TUIR; Per l’art. 47, comma 2, del TUIR, le modalita` di tassazione variano a seconda che l’apporto sia definibile come «qualificato» o meno e cioe` se l’apporto ri- sulta superiore a determinati limiti percentuali rispetto al patrimonio netto contabile del soggetto associante, distinguendo a tal fine tre fattispecie:
– societa` i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati. Rileva il limite del 5% sul valore del patrimonio netto contabile alla data della stipula del contratto;
– societa` i cui titoli non sono negoziati in mercati regolamentati. Rileva il li- mite del 25% sul valore del patrimonio netto contabile alla data della stipula del contratto;
– imprese in regime fiscale di contabilita` semplificata. Rileva il limite del 25% della somma delle rimanenze finali di cui agli artt. 92 e 93 del TUIR e del costo complessivo dei beni ammortizzabili determinato con i criteri di cui all’art. 110 del TUIR, al netto dei relativi ammortamenti.
Pertanto:
– in caso di apporto «qualificato», si applica la detassazione parziale della remunerazione, che risulta tassata solo per un importo pari al 40%. Su tale imponibile e` applicata una ritenuta a titolo di acconto, pari al 12,5%, rima- nendo peraltro fermo a tale riguardo l’obbligo dichiarativo in caso di apporto
«non qualificato», i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) e b) del TUIR, applicano sui redditi in commento una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, pari al 12,50%, calcolata sul totale delle remunerazioni corrisposte. Inoltre, non e` piu` consentito rinunciare alla tassazione alla fonte a titolo de- finitivo optando altresı` per la determinazione ordinaria delle imposte in sede di dichiarazione.
Anche qualora le remunerazioni «non qualificate» siano corrisposte da socie- ta` estere, si applica una ritenuta a titolo di imposta, pari al 12,50%. In caso di partecipazione «qualificata» i redditi provenienti da societa` estere, sono tassati solo per il 40%, con l’applicazione di una ritenuta a titolo di acconto, pari al 12,5%, salvo che provengano da Paesi inclusi nella «black list» nel qual caso sono imponibili per intero.
Nel caso l’associato sia imprenditore, il reddito derivante dalla sua parteci- pazione, e` reddito di impresa.
L’associato dichiarera` quindi i redditi derivanti dall’associazione in partecipa- zione:
– nel periodo di imposta in cui sono percepiti (cassa) quando la quota spet- tante costituisce reddito di lavoro autonomo o di capitale;
– nel periodo di imposta in cui matura il diritto alla percezione (competen- za) quando la quota spettante costituisce reddito di impresa.
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito, con Circolare n. 50/E del 12 giugno 2002, che anche in caso di titolarita` di Partita IVA il compenso per l’attivita` di lavoro autonomo e` interamente imponibile e non genera il diritto ad usu- fruire della deduzione analitica di eventuali costi sostenuti.
A seconda della natura dell’apporto e della situazione soggettiva dell’associa- to, l’associante si configurera` come sostituto di imposta e se l’apporto e` costituito da solo lavoro prestato da soggetto non imprenditore, dovra` essere operata, sugli utili corrisposti, una ritenuta d’acconto del 20%.
L’obbligo di operare la ritenuta costituisce l’associante quale sostituto di im- posta e come tale soggetto all’obbligo della dichiarazione dei sostituti di im- posta, prevista dall’art. 4 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e di certificazione, previsto dall’art. 7-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dall’art. 8 del D.M. 9 gennaio 1998.
L’associato dovra` dichiarare autonomamente il reddito percepito, portando in detrazione dal reddito complessivo la trattenuta previdenziale operata dal- l’associante, che costituisce onere deducibile in quanto si tratta di contribu- zione previdenziale obbligatoria.
Infine, quando l’apporto dell’associato e` costituito da solo lavoro, ai sensi dell’art. 11, comma 1, n. 5, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, il compenso corrisposto non xxxx` ammesso in deduzione dalla base imponibile IRAP del- l’associante.