Opinioni
Manipolazione dell’EURIBOR nei derivati: brevi note a partire dalla Corte d’Appello di Roma
n. 6582/2023
Xxxxxx Xxxxxxxxx
Prof. ass. dell’Università delle Camere di Commercio “Mercatorum” di Roma
SOMMaRIO: 1. La Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023. – 2. La vicenda XXXXXXX e la pro- spettiva d’analisi del presente contributo. – 3. I contratti attuativi dell’intesa an- ticoncorrenziale: analisi critica della distanza tra la Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023 e la successiva Cass. n. 34889/2023. – 4. La vicenda XXXXXXX e la «re- sponsabilità verso chiunque» degli autori dell’illecito antitrust. – 5. Segue. Un di- verso approccio alla tutela delle vittime degli abusi di mercato: amministratori degli indici di riferimento e obblighi di protezione, manipolazione del mercato e nullità.
1. La Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023
La pronuncia del 13 ottobre 2023 n. 6582 della Corte d’Appello di Roma riguarda la riforma della sentenza del Tribunale di Velletri n. 1992/2018. Quest’ultimo aveva respin- to la domanda di accertamento dell’usurarietà del contratto di mutuo fondiario a tasso variabile, concluso dai sig.ri Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx con Che Banca! s.p.a., e la do- manda subordinata di nullità della clausola contrattuale relativa al calcolo degli interessi, per l’indeterminatezza del tasso d’interesse generata sia dal piano di ammortamento c.d. “alla francese”, il quale crea un effetto anatocistico occulto, sia dalla previsione da parte dei contraenti di un tasso variabile d’interesse elaborato in base all’indice di riferimento (c.d. benchmark) Euro Interbank Offered Rate (EURIBOR), alterato dalle condotte mani- polative che avevano dato vita all’intesa illecita nel mercato dei derivati, accertata dalla Commissione europea, nell’ambito del procedimento «AT.39914 – Derivati sui tassi di in- teresse in euro», nei confronti di alcune banche, con la decisione del 4 dicembre 2013, e di altre banche, con la decisione del 7 dicembre 2016 (la documentazione e l’iter storico
del procedimento in parola sono reperibili su Internet all’indirizzo della Direzione Ge- nerale Concorrenza della Commissione europea: xxxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxx- de/isef/index.cfm). L'EURIBOR viene determinato, infatti, muovendo dal tasso medio cui un gruppo di istituti bancari (c.d. panel banks) di primaria rilevanza (attualmente 19, al tempo dell’intesa 44) fornirebbe credito privo di garanzie ad altre banche di pari livello, calcolato giornalmente alle ore 11 del mattino a diverse scadenze (1, 2 settimane, 1, 2, 3, 6, 9, 12 mesi). Il tasso in parola viene trasmesso e gestito, poi, dalla European Money Market Institution (EMMI) (xxxxx://xxx.xxxx-xxxxxxxxxx.xx/) e, al tempo delle violazioni antitrust di cui si discute, dalla European Banking Federation (EBF). Di qui, l’indice di riferimento viene comunicato al mercato: la gestione dell’EURIBOR da par- te dell’EBF era governata da un codice di condotta, approvato dalla European Banking Industry il 15 dicembre del 1997 (EBF Euribor Code of Conduct, disponibile su Internet all’indirizzo xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxx› app › download). L’attività dell’EMMI trova di- sciplina, invece, nel Reg. (UE) 2016/1011 (c.d. regolamento Benchmark o BMR), in quanto
«amministratore» dell’indice di riferimento: ossia la «persona fisica o giuridica che ha il controllo della fornitura di un indice di riferimento» [(art. 3, § 1, n. 6)]. In forza di quel regolamento, l’amministratore è munito di poteri di controllo tesi alla salvaguar- dia dell’integrità e dell’affidabilità degli indici di riferimento (artt. 4 ss.) che vengono trasmessi al mercato creditizio (sul punto, per una chiara analisi del procedimento di formazione dell’EURIBOR v. Parziale in Faraone – Parziale, Affinità/divergenze tra le fi- deiussioni “omnibus” e le “clausole Euribor”: del conseguimento della nullità antitrust, in Dial. dir. econ., maggio 2024, 1 ss.).
La Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023 conferma la decisione del tribunale di pri- me cure, dichiarando infondato il primo motivo, giacché nei contratti di mutuo con am- mortamento “alla francese”, come quello concluso dagli appellanti,
«non è configurabile alcuna violazione dell’art. 1fl84, terzo comma, cod. civ., perché – in assenza di capitalizzazione palese od occulta – non vi è alcuna difformità tra il tasso di interesse pattuito dalle parti e quello effettivamente applicato».
Con riferimento alla questione dell’indeterminatezza del tasso variabile applicato, i giudici romani respingono le argomentazioni degli appellanti, giacché, come precisato dalla costante giurisprudenza, il requisito della determinabilità dell’oggetto di cui all’art. 1346 c.c. risulta integrato là dove il criterio di calcolo del tasso d’interesse sia a priori determinabile. Ciò avviene nel caso esaminato dalla Corte, ove il tasso d’interesse venga indicato, facendo riferimento alla quotazione dell’indice EURIBOR, che al momento del- la conclusione del contratto era del 3,985%, aumentato di due punti percentuali.
«La determinazione per relationem del tasso di interesse corrispettivo con riferimento all’Euribor, consente dunque di stabilire in modo preciso quale sia la misura del tasso di interesse effettivamente applicato dalla banca, senza che residui in capo all’istituto di credito mutuante alcun margine di discrezionalità».
Da ultimo, i giudici esaminano la questione, oggetto di studio in queste pagine, re- lativa alla nullità della clausola sul tasso d’interesse, per contrasto con la normativa anti- trust. Nullità che viene esclusa, poiché
«Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, non vi è alcun nesso di causali- tà tra la condotta illecita accertata dalla Commissione europea con la decisione del 4 dicembre fl013 e il presunto aumento del tasso Euribor nel periodo in cui sono stati commessi gli illeciti accertati, non vi è cioè prova del fatto che vi siano stati aumenti del tasso EURIBOR in conseguenza delle condotte illecite accertate dalla Commissione».
Di conseguenza la Corte d’Appello di Roma rileva che le condotte sanzionate dalla Commissione europea riguardavano lo scambio d’informazioni sensibili, finalizzato non già all’alterazione delle quotazioni giornaliere del tasso EURIBOR, bensì a
«consentire agli operatori infedeli di pianificare in modo più conveniente le strategie per operare sul mercato dei derivati […] va dunque escluso che l’illecito anticoncorren- ziale accertato dalla Commissione europea abbia comportato un aumento del tasso Euribor e che possa dar luogo a nullità delle clausole dei contratti di mutuo che utiliz- zino il tasso Euribor ai fini della determinazione dei tassi di interesse corrispettivo e moratorio (senza considerare che l’indagine della Commissione europea ha accertato una pratica anticoncorrenziale relativa al periodo fl005-fl008, cioè in un periodo ante- riore alla conclusione del contratto di mutuo per cui è causa)».
2. La vicenda XXXXXXX e la prospettiva d’analisi del presente contri- buto
Con specifico riguardo al contrasto del mutuo con la disciplina antitrust, la soluzio- ne offerta dalla pronuncia della Corte d’appello di Roma n. 6582/2023 appare condivisi- bile, poiché evita il pericolo di provocare la generalizzazione indebita di quanto stabilito dalle Sezioni unite n. 41994/2021, le quali hanno sancito la nullità delle fideiussioni om- nibus nella parte in cui risultino attuative dell’uniformazione contrattuale contemplata dagli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI del 2003, dichiarata in contrasto con l’art. 2 l. 287/1990 dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005. Generalizzazione che sarebbe risul- tata indebita anche in relazione alle precedenti Sezioni unite n. 2207/2005, le quali ave- vano optato per la tutela del “solo risarcimento”, in relazione alle polizze di assicurazione per la responsabilità civile per danno tra autoveicoli, attuative dell’intesa illecita tra le compagnie assicurative (AGCM, provv. 28 luglio 2000, n. 8546, in Boll., 30/2000),
Le due vicende ora riferite risultano accomunate, infatti, dall’inerenza a contratti attuativi delle intese dichiarate anticompetitive dall’Autorità garante del mercato. Vice- versa, il mutuo che ha interessato la vicenda esaminata dalla Corte d’Appello di Roma sopra richiamata non possiede, come si spiegherà subito appresso, una tale qualificazio-
ne. Di qui, la natura indebita della generalizzazione di quelle due decisioni, evitata dalla Corte d’Appello.
D’altro canto, la pronuncia dei giudici romani trova conforto, sì, in altra giurispru- denza di merito (Trib. Milano, 21 febbraio 2024, n. 2221; Trib. Torino, 29 gennaio 2024;
Trib. Livorno, 29 gennaio 2024, n. 160; App. Roma, 10 ottobre 2023, n. 6472; App. Lecce, sez. Taranto, 6 settembre 2023 n. 350, in Foroplus, 2024), ma si distanzia, in pari tempo, da quanto stabilito dalla successiva Corte di cassazione del 13 dicembre 2023, n. 34889 (in Foroplus, 2024, con nota di Pagliantini - Xxxxxxxxx, Un’aberratio ictus bella e buona: Euribor manipolato e nullità parziale dei contratti indicizzati) e da alcune pronunce di me- rito (App. Catanzaro, 18 gennaio 2024, n. 67; App. Cagliari, Sez. dist. Sassari, 18 gennaio 2024, 41; App. Cagliari, Sez. dist. Sassari, 8 settembre 2022, n. 260). Una situazione di contrasto che ha motivato la rimessione alle Sezioni unite (Cass., ord., 19 luglio 2024, n. 19900, che, mostrando adesione al primo degli orientamenti appena riferiti, interroga le Sezioni unite sulla possibilità di considerare i contratti di mutuo come attuativi dell’in- tesa accertata dalla Commissione relativa ai derivati, e sul se l’alterazione dell’EURIBOR sia idonea a provocare la nullità della clausola sugli interessi del mutuo, per indetermi- nabilità dell’oggetto, oppure se quell’alterazione abbia rilevanza quale vizio del consenso
«ovvero quale fatto produttivo di danni».
La sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023 s’inserisce, dunque, nella giurisprudenza relativa alle controversie ingenerate dalle decisioni della Commissio- ne europea sui tassi d’interesse nei derivati. Il presente contributo intende muovere da quella giurisprudenza, per procedere all’analisi di essa dalla prospettiva della comple- mentarità tra l’azione pubblica e l’azione privata nel diritto antitrust, la quale riflette il rapporto posto dall’esperienza giuridica moderna dell’Europa continentale tra il diritto pubblico e il diritto privato nella reazione all’offesa (v. per tutti sin d’ora XXXXXXXXXX, Re- sponsabilità civile, Milano, 2018, 3 ss.).
In questo senso, quelle vicende giudiziali inducono a qualche precisazione con ri- ferimento: alla qualificazione dei contratti come «attuativi dell’intesa anticoncorrenzia- le» o, più brevemente, come «contratti a valle»; all’integrazione nel sistema della tutela contro le ripercussioni ingenerate nel mercato dalla distorsione della concorrenza (c.d. umbrella effect) (v. Corte di Giustizia UE, 5 giugno 2014, C-557/12, Xxxx e a., in Racc. dig., 2014, richiamata da Trib. Torino, 29 gennaio 2024, in relazione all’illecito antitrust di cui si discute in queste pagine).
3. I contratti attuativi dell’intesa anticoncorrenziale: analisi critica della distanza tra la Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023 e la succes- siva Cass. n. 34889/2023
Dalla prospettiva del diritto della concorrenza, dietro l’affermazione della Corte d’appello di Roma n. 6582/2023, per la quale difetta la causalità tra l’illecito antitrust ac- certato dalla Commissione europea e il presunto aumento dell’indice EURIBOR utilizza-
to per la determinazione del tasso d’interesse del mutuo concluso dagli appellanti, si cela l’impossibilità di qualificare il mutuo in parola come contratto attuativo di quell’illecito. È più che noto, al riguardo, che il modello di tutela della concorrenza nel diritto dell’Unione europea contempla la protezione dell’interesse pubblico alla salvaguardia del mercato competitivo, affidato all’azione della Commissione europea e delle Autorità garanti nazionali (c.d. public enforcement), e la tutela delle situazioni soggettive dei priva- ti, attribuita alle giurisdizioni nazionali (c.d. private enforcement). La natura complessa del modello in parola è motivata dalla duplicità dei piani sui quali si consuma l’offesa al diritto antitrust. Dal punto di vista pratico, ciò comporta che, il più delle volte, all’accer- tamento della violazione antitrust compiuto dall’Autorità garante seguono le azioni civili da parte dei soggetti lesi da quella violazione, sicché si è soliti qualificare tali azioni come follow-on: ossia tali da rappresentare il “seguito” della reazione alla violazione comincia- ta con l’azione pubblica dell’Autorità garante. Più rara è l’ipotesi, invece, che la tutela si
diparta dall’azione civile, la quale viene qualificata, allora, stand-alone.
Il breve riferimento appena effettuato all’articolazione della tutela della concorren- za è dovuto al disallineamento provocato rispetto ad essa dalla giurisprudenza che ha attribuito natura illecita al tasso d’interesse previsto dai contratti di finanziamento ban- cari, sulla scorta della decisione della Commissione europea relativa ai «Derivati sui tassi di interesse in euro» (EIRD) (v. per tutte Cass. 13 dicembre 2023, n. 34889).
La decisione della Commissione riguarda la condotta collusiva di alcune banche espletata nel mercato EIRD, la quale ha preso corpo nello scambio d’informazioni «with the objective of coordinating and/or fixing pricing components of EIRDs.» (Comm. UE, de- cisione del 7 dicembre 2016, AT.39914, § 357). Lo scambio d’informazioni era finalizzato, pertanto, ad assecondare le strategie di mercato delle singole banche, in contrasto, quin- di, con il concetto fondamentale della strutturazione del mercato in chiave competitiva, per la quale ciascun operatore economico esercita la propria attività sulla scorta di de- cisioni effettuate in maniera indipendente (Ibidem, §§ 378 ss.). L’intero apparato argo- mentativo della decisione in esame, nonché il suo esito sanzionatorio, risulta focalizzato sul mercato dei derivati, il quale segna, dunque, il perimetro dell’illecito. Quest’ultimo è stato integrato dal comportamento delle banche sopra riferito, che ha generato la mani- polazione del parametro EURIBOR, tesa all’alterazione, in favore del proprio portafoglio clienti, dei tassi d’interesse dei derivati (v. emblematicamente Ibidem, § 395), di cui l’EU- RIBOR costituiva una componente insieme all’Euro OverNight Index Average (EONIA, le cui pubblicazioni sono cessate in tempi recenti) (Ibidem, § 388). La Commissione europea prende in considerazione, sia chiaro, non tanto la manipolazione dell’EURIBOR di per sé, quanto piuttosto la finalità della stessa alla distorsione della concorrenza nello spe- cifico mercato dei derivati. Detto altrimenti: la rilevanza giuridica dell’illecito antitrust è circoscritta all’alterazione degli indici di riferimento impiegati nei contratti derivati. Al settore del mercato in questione è rivolto, infatti, anche il raffronto, mirato a corroborare la dimostrazione dell’illecito, tra la condotta tenuta dalle banche partecipanti e quella ipotetica che le stesse avrebbero esercitato, là dove la concorrenza non fosse stata alte- rata (Ibidem, § 446).
È da quest’angolo visuale che emerge, quindi, lo scollamento, prodotto dalla Cass. n. 34889/2023, tra la tutela pubblicistica e la tutela giurisdizionale dei diritti contro l’illecito antitrust accertato dalla Commissione. Scollamento che è reso emblematico dal passag- gio nel quale la Cassazione rileva che i giudici di merito avrebbero dovuto considerare, rispetto al tasso d’interesse previsto dal contratto di leasing oggetto della controversia, la decisione della Commissione sui tassi d’interesse nei derivati come «prova privilegiata», a supporto dell’azione di nullità dei tassi “manipolati” e della correlata rideterminazio- ne degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato il Banco Bpm S.p.A., giacché il divieto di cui all’art. 2 l. n. 287/1990 riguarda «qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte» (Cass. n. 34889/2023).
Corretta la puntualizzazione secondo la quale ai fini della nullità del contratto a valle non rileva che la banca contraente abbia partecipato all’intesa a monte: da un lato, si pone l’illiceità dell’intesa la quale si propaga ai contratti attuativi di essa, determinan- do la loro nullità; dall’altro lato, si pone la conoscibilità o addirittura la consapevolezza di tale carattere illecito da parte dei contraenti a valle, le quali, in caso affermativo, li rende responsabili per aver provocato la nullità del contratto (XXXXXXXXXX, Patologie con- trattuali invalidità e risarcimento, in Le invalidità nel diritto privato, a cura di BELLAVISTA E XXXXX, Milano, 2011, 33 ss.). La necessità di ribadire tale distinzione privatistica muove dalla presenza, proprio in relazione all’illecito antitrust di cui si sta discorrendo, di pro- nunce di segno opposto (v. ad es. Trib. Livorno 29 gennaio 2024, n. 160; Cass. 3 maggio 2024, n. 12007; Cass., ord., 19 luglio 2024, n. 19900), e dall’opinione di una dottrina auto- revole, la quale critica, a livello più generale, la nullità dei contratti attuativi dell’illecito antitrust, sulla scorta dell’assunto secondo cui nel nostro ordinamento la consapevolezza unilaterale dell’illecito non riveste efficacia invalidante del contratto oppure vi incide, ma «con effetti diversi dalla nullità (per es. annullabilità per dolo dei contratti stipulati a seguito di una truffa)». E la conferma di quest’affermazione sarebbe offerta dal motivo illecito, il quale produce la nullità solo se comune a tutti i contraenti (artt. 1418, co. 2, e 1345) (XXXXXXXXX, I contratti attuativi di intese restrittive della concorrenza: un commento a Cassazione civile, sezioni unite, 30 dicembre fl0fl1, n. 41994, in ODC, 2022, 22-23). L’opinione in parola pare confondere, però, i piani dell’argomentazione inerente alla nullità dei con- tratti in discorso: essa non attinge agli aspetti soggettivi dei contraenti, né, di certo, alle loro condotte. La nullità dei contratti a valle esprime piuttosto – in linea con la disciplina generale – la forma di tutela superindividuale posta a presidio dell’ordine pubblico eco- nomico, la quale reagisce al carattere illecito di quei contratti, sancendone l’irricevibilità totale o parziale da parte dell’ordinamento. La nullità dei contratti “a valle” trascende, dunque, i profili soggettivi dei contraenti e rimane tale anche là dove essi vengano con- clusi tra soggetti ignari della loro illiceità.
Tornando alla decisione della Cassazione n. 34889/2023, la stessa risulta corretta
anche nell’uso del congiuntivo nel periodo finale del passo sopra riportato, il quale rende ipotetica la nullità del contratto a valle, in quanto dipendente dall’accertamento della sua natura attuativa rispetto all’intesa illecita a monte. Scorretta risulta, però, per come asse- xxxx, la soluzione in senso affermativo di quell’ipotesi rispetto al contratto di leasing. Sul
punto, l’argomentazione della Cassazione poggia su quanto stabilito dalle Sezioni uni- te n. 41994/2021, in relazione alle fideiussioni omnibus attuative dello schema ABI 2003, per affermare la nullità parziale e la necessaria rideterminazione del tasso d’interesse previsto da un contratto di leasing, in forza dell’accertamento dell’illecito antitrust, con- cernente i tassi d’interesse nei derivati. Una tale conclusione avrebbe dovuto postula- re, però, un nuovo accertamento della violazione antitrust stabilita dalla Commissione esclusivamente – si ripete – per i tassi d’interesse nei derivati. Viceversa, la portata di tale violazione è stata estesa dalla Cassazione ai tassi d’interesse nel leasing, senza neppure ipotizzare un tale accertamento o menzionarne l’esigenza nel rinvio per la decisione alla corte del merito.
Affiora, dunque, il trattamento giuridico di un contratto come attuativo dell’illecito antitrust, rispetto al quale difetta, però, l’illecito antitrust. Sul fronte del private enforce- ment, il corollario è un’azione per la tutela giurisdizionale dei diritti priva dell’accerta- mento dell’offesa cui quella tutela dovrebbe reagire. La Commissione europea ha accer- tato, infatti, l’intesa anticoncorrenziale di un gruppo di banche, le quali hanno scambiato informazioni, manipolando l’EURIBOR al fine di alterare il normale dispiegamento dei tassi d’interesse nel settore specifico dei derivati. Far derivare da questa decisione l’il- liceità del tasso d’interesse del leasing esibisce, dunque, di tutta evidenza un passaggio ulteriore, cui dovrebbe sottendere l’istaurazione di un nuovo accertamento sulla portata dell’illecito antitrust di cui si discute.
La conferma dello sfasamento prodotto tra public e private enforcement nella tutela antitrust dalla Cass. n. 34889/2023 è offerta, infine, dalla qualifica di «prova privilegiata» dell’illecito attribuita alla decisione della Commissione appena richiamata (v. anche già Trib. Roma, ord., 29 settembre 2017, in NGCC, 2018, 316 ss., con nota di XXXXXXXXX, Effetti della manipolazione dell’Euribor sul mutuo bancario a tasso variabile). Il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza rappresenta il veicolo attraverso il quale l’accer- tamento dell’illecito antitrust, avvenuto tramite l’azione pubblica, viene comunicato alla tutela giurisdizionale dei diritti, perché da esso si diparta la possibile protezione delle vittime dell’offesa. È così che, per favorire le c.d. azioni follow-on e rendere maggiormen- te effettiva quella tutela, l’Unione europea, a partire dall’art. 16 Reg. CE n. 1/2003 e appro- dando all’art. 9 dir. 2014/104/UE (attuato in Italia all’art. 7 d.lgs. 3/2017), ha attribuito effi- cacia vincolante al provvedimento di quell’Autorità rispetto al giudizio civile. Un’efficacia che, d'altro canto, i giudici italiani hanno sempre attenuato, rendendola maggiormente conforme al sistema: la salvaguardia dell’indipendenza del giudizio civile e del diritto di difesa del convenuto hanno così aperto la strada alla c.d. «prova privilegiata», la quale sostanzia, com’è stato chiarito in dottrina, una «presunzione relativa c.d. impropria di formazione giurisprudenziale, il cui effetto è quello di una mera relevatio ad onere pro- bandi, idonea ad agevolare la probatio diabolica altrimenti incombente sull’attore» (XXXXX, L’efficacia delle decisioni amministrative nel processo civile, in NLCC, 2018, 480). La prova privilegiata, e l’assunto risale alla Cass. n. 3640/2009, si aggiunge alle altre prove fornite nell’ambito del giudizio civile, tese a dimostrare la natura attuativa del contratto rispetto all’intesa illecita accertata dall’Autorità garante.
È evidente che il richiamo di un tale strumento probatorio da parte della Cassazio- ne n. 34889/2023 sia completamente fuori segno, giacché la decisione della Commissione europea sull’illecito antitrust nel mercato dei derivati è inidonea a dimostrare la presen- za di un tale illecito in relazione al mercato del leasing.
La distanza della soluzione della Cassazione n. 34889/2023 da quella della Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023 e di altra giurisprudenza, inclusa l’ordinanza di rimes- sione alle Sezioni unite del 2024, va, dunque, stigmatizzata. Ciò in quanto la Cass. n. 34889/2023 disegna il rapporto di complementarità tra azione pubblica e azione privata follow-on nella tutela antitrust, in maniera completamente aliena rispetto a quella con- templata dal diritto della concorrenza dell’Unione europea e, di conseguenza, italiano, con l’effetto di rendere la seconda del tutto arbitraria. E, ancora, perché un tale epilogo manifesta, a livello più generale, un’analisi giuridica condotta con esclusivo riguardo agli effetti, mostrando in modo emblematico che pretendere di regolare questi ultimi, senza prestare attenzione alla fattispecie che li produce, provoca risultati devastanti per l’ordi- namento.
4. La vicenda XXXXXXX e la riemersione della «responsabilità verso chiunque» degli autori dell’illecito antitrust
La Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023, nel sottolineare l’assenza della causalità tra l’illecito accertato dalla Commissione europea e il presunto aumento del tasso Euri- bor nel contratto di mutuo cui si riferisce la pronuncia, esclude – quanto meno implici- tamente – la commistione tra la tutela privata antitrust e l’azione pubblica. Quest’epilogo è rinvenibile, invece, nella soluzione che riconosce ai privati l’azione di responsabilità contro gli autori dell’illecito, giacché rende il private enforcement funzionale al soddisfa- cimento dell’obiettivo del public enforcement (Trib. Torino, 29 gennaio 2024, e v. anche Xxxxxx, Manipolazione dell’Euribor e nullità contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, in Riv. dir. banc., 2024, 29 ss.).
Quest’ultima impostazione dà luogo alla traduzione del noto adagio, per il quale occorre riconoscere a chiunque il risarcimento contro la violazione antitrust, nella re- sponsabilità verso chiunque degli autori dell’illecito, alimentando così la ricalibratura dell’obiettivo della tutela privata dalla protezione della vittima dell’offesa verso la puni- zione del suo autore: ossia la pubblicizzazione della responsabilità civile e la correlata evaporazione della sua lettura «secolarizzata». Quella che, ça va sans dire, corrisponde all’esperienza giuridica moderna e, quindi, ai principi generali comuni degli Stati mem- bri (art. 340 TFUE) dai quali il c.d. diritto privato europeo trae origine (cfr. XXXXXXXXXX, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, 260 ss., MAZZAMUTO, Il contratto di diritto europeo4, Torino, 2020, 17 ss.).
L’esito ora riferito trova una conferma nel richiamo, fatto dal Tribunale di Torino del 2024, della soluzione offerta dalla Corte di Giustizia europea alla questione pregiu- diziale sul c.d. cartello degli ascensori: il caso Kone e a. (Corte di Giustizia UE, 5 giugno 2014, C- 557/12, Xxxx e a., in Racc. dig., 2014). Quest’ultima ha incluso tra i legittimati ad
agire per il risarcimento gli acquirenti delle imprese estranee all’intesa, ma le cui opera- zioni economiche risultano da quella influenzate in maniera negativa. In quella vicenda la ÖBB Infrastruktur aveva agito, infatti, contro gli autori dell’intesa anticoncorrenziale per la ripartizione del mercato degli ascensori e delle scale mobili, al fine di ottenere il risarcimento del sovrapprezzo che aveva dovuto pagare per l’acquisto di ascensori e scale mobili presso un rivenditore estraneo all’intesa. Ciò in base all’effetto di prezzo di prote- zione (c.d. umbrella effect) generato dall’intesa: essa aveva prodotto una sorta d’indirizza- mento coattivo nella determinazione del prezzo praticato dagli altri concorrenti, sicché gli stessi avevano seguito quello anticoncorrenziale. Sul punto, mentre per i giudici au- striaci rimettenti, l’azione difettava della causalità tra l’intesa e il pregiudizio lamentato, giacché interrotto dalla decisione autonoma dell’impresa terza di praticare il medesimo prezzo delle altre imprese presenti sul mercato, la Corte di Giustizia ha affermato, inve- ce, l’incompatibilità dell’art. 101 TFUE con il diritto nazionale di uno Stato membro che esclude, in termini categorici, per motivi giuridici, «la responsabilità civile delle imprese partecipanti ad un’intesa per i danni risultanti dal fatto che un’impresa non partecipante a tale intesa, nella scia delle manovre dell’intesa, abbia fissato prezzi superiori a quelli che sarebbe stato altrimenti lecito attendersi in condizioni di concorrenza». Un’afferma- zione preceduta, si badi, da quella secondo la quale deve sempre sussistere la causalità tra la violazione e il danno. Nesso casuale che tuttavia, come emerge dalle Conclusioni dell’avvocato generale, è stato inteso come quello corrispondente ai canoni della condicio sine qua non (Avv. Generale X. Xxxxxx, 30 gennaio 2014, C-557/12, Xxxx e a., § 33), la quale in realtà offre la mera ossatura generale del nesso eziologico, la cui validità va verificata alla luce dei fattori interruttivi emergenti dal caso concreto (per tutti v. XXXXXX, Leggi scienti- fiche e spiegazione causale in diritto penale, Milano, 1975, passim; ID., Il giudice corpuscola- xxxxx. La cultura delle prove, Milano, 2005, 1 ss., 141 ss., 201 ss.; XXXXXXXXXX, Responsabilità, cit., 358 ss.; Xxxxxxx, Il nesso di causalità, in Eur. dir. priv., 2018, 430 ss.). In altri termini, quella pronuncia ha indicato agli Stati membri la via per configurare una responsabilità civile aliena rispetto alle loro tradizioni giuridiche e funzionale ad appagare l’esigenza di tutela di qualunque consociato contro l’ammanco patrimoniale naturalisticamente ricon- ducibile alla condotta anticoncorrenziale.
Trarre spunto da tale pronuncia, per attribuire la tutela risarcitoria nei confronti
di coloro che hanno concluso dei contratti di finanziamento il cui xxxxx è stato formato muovendo dal parametro EURIBOR edulcorato, per un verso, risulta non del tutto perti- nente, per altro verso, riapre l’interrogativo se le esigenze dell’antitrust private enforce- ment richiedano di accantonare la responsabilità civile tramandata dall’esperienza giu- ridica moderna, assecondandone le forzature perpetrate dal diritto della concorrenza (PARDOLESI, Danno antitrust (ancora e sempre) in cerca d’identità, in Merc. conc. reg., 2021, 255 ss.). La non pertinenza è evidente: il caso Kone e a. afferiva a un’ipotesi correlata al trasferimento del sovrapprezzo anticoncorrenziale, mentre la vicenda XXXXXXX riguar- da una condotta manipolativa che ha alzato ed abbassato l’indice EURIBOR, a seconda della convenienza rispetto ai portafogli clienti dei membri del cartello. Per quanto ri- guarda, poi, il quesito sopra riferito, a quello ha risposto in realtà già il legislatore, il quale ha richiamato con riferimento al private enforcement le regole generali sulla responsabili-
tà civile (art. 14 d.lgs. 3/2017). L’indicazione di ampliamento della legittimazione ad agire offerta dal caso Xxxx e a. deve necessariamente fare i conti, allora, con la configurazione della posizione sostanziale ad essa relativa: i giudici del Lussemburgo enunciano l’obiet- tivo, ma lasciano agli Stati membri il compito d’integrarlo nel sistema.
In questo senso, nella vicenda legata all’alterazione dell’EURIBOR, si è tentato in dottrina di seguire l’obiettivo di tutela prospettato dalla Corte di Giustizia appena richia- mata ricorrendo alla responsabilità aquiliana (XXXXXX, op. cit., 44 ss.): questa risulterebbe integrata dall’«atto illecito», consistente nella manipolazione dell’EURIBOR, e dal danno ingiusto identificato nella pura perdita patrimoniale correlata al tasso d’interesse illeci- tamente edulcorato. Di contro, la soluzione in parola non risulta condivisibile sotto due profili: in primo luogo, giacché, a voler individuare la fattispecie illecita evocata, essa è contemplata dagli artt. 185 e 187-bis TUF, introdotti in forza del Reg. (UE) n. 596/2014, ed è successiva, dunque, alle condotte accertate dalle decisioni della Commissione, le quali risalgono al periodo tra il 2005 e il 2008; in secondo luogo, poiché nei confronti di coloro che hanno concluso i contratti di finanziamento, è giuridicamente assente la causalità che imputa il pregiudizio agli autori dell’illecito e ciò per la medesima ragione per la qua- le difetta nel caso Kone e a.: il nesso è interrotto dal contratto tra il finanziatore e il cliente, dov’è stato inserito il tasso d’interesse parametrato all’indice EURIBOR. Una mancanza rilevata, come detto in precedenza, anche dalla Corte d’appello di Roma da cui si è dipar- tito il presente contributo. Non risulta soddisfatto, infine, il requisito dell’«ingiustizia» del danno, il quale va identificato, secondo la lettura più rispettosa del rapporto tra legge e giurisdizione previsto dall’ordinamento italiano, nella lesione di una situazione giu- ridica soggettiva; tale non è il mero interesse alla competitività del mercato o, se si pre- ferisce, il c.d. interesse all’integrità del patrimonio (XXXXXXXXXX, Responsabilità, cit., 111 ss., 299 ss.; e, con specifico riferimento al diritto antitrust, MONTANARI, Il danno antitrust, Milano, 2019, 158 ss.).
5. Segue. Un diverso approccio alla tutela delle vittime degli abusi di mercato: amministratori degli indici di riferimento e obblighi di pro- tezione, manipolazione del mercato e nullità
A un esito diverso sembra potersi approdare, invece, seguendo l’ipotesi ricostrut- tiva della tutela contro il danno meramente patrimoniale potenzialmente provocato da- gli «abusi di mercato» [Reg. (UE) n. 596/2014], la quale attribuisce forma giuridica a quel danno dall’unica prospettiva integrabile nel sistema: la responsabilità da inadempimen- to (XXXXXXXXXX, Responsabilità, cit., 598 ss., 609 ss.). Quest’ultima, sulla scorta della mo- derna rilettura del rapporto obbligatorio come rapporto complesso, è idonea a reagire, infatti, non solo al pregiudizio scaturente dalla violazione dell’obbligo di prestazione, ma anche o solamente a quello provocato dal mancato rispetto dei c.d. obblighi di protezione gravanti sulle parti del rapporto in forza della buona fede (art. 1175 c.c.).
Da quest’angolo visuale occorre guardare, allora, all’elaborazione dell’indice EURI- BOR e alla sua comunicazione al mercato, limitando al massimo il discorso nel rispetto dell’economia del presente contributo.
La procedura di determinazione dell’EURIBOR, e più in generale dei c.d. «indici di riferimento», è stata lasciata per lungo tempo all’autoregolazione delle banche, rappre- sentando una delle tante espressioni delle due tendenze di segno opposto che hanno ca- ratterizzato il settore bancario: l’una, legata alla risalente idea dirigistica che individuava nelle banche le protettrici dell’ordine pubblico economico; l’altra, d’ispirazione marcata- mente liberista, che cavalcava l’utopia del mercato che si autoregola (XXX XXXXX, La con- fusione nel linguaggio e nel pensiero politico (1967-1968), in Nuovi studi di filosofia, politica, economia, storia delle idee, trad. it. di Xxxxxxx, a cura di XXXXXX, Roma, 1988, 90 ss.). Le vi- cende cui si riferiscono queste pagine e, più in generale, quelle relative alla c.d. «crisi del 2008» hanno indotto al recupero dell’idea lato sensu dello Stato regolatore, calibrandola sulla realtà del mercato competitivo (sull’esigenza di un tale recupero x. XXXXXXXXX, Il contratto europeo nel tempo della crisi, in Eur. dir. priv., 2010, 601 ss.). Sulla linea di tenden- za ora riferita si è posto il regolamento BMR richiamato in esordio del presente scritto, il quale individua nell’amministratore dell’indice di riferimento il soggetto cui è deman- dato il compito di assicurare «l’accuratezza e l’integrità degli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la perfor- mance di fondi di investimento nell’Unione», favorendo così il corretto funzionamento del mercato e la tutela dei consumatori e degli investitori (art. 1).
A voler riprendere il discorso sulla manipolazione allo stato puro, per così dire,
dell’indice EURIBOR, occorre mettere in risalto, dunque, il ruolo svolto dall’EBF, prima, e dall’EMMI, dopo. Su questo fronte, il regolamento BMR ha positivizzato l’idoneità della figura del gestore dell’indice di riferimento a suscitare l’affidamento legittimo degli ope- ratori del mercato sull’integrità dell’indice comunicato dal gestore stesso, munendolo del potere di controllo sulle informazioni trasmesse dalle banche del panel, c.d. «fornito- ri dell’indice di riferimento» [art. 3, § 2, n. 2), reg. BMR]. In forza dell’art. 14, § 1, l’ammini- stratore degli indici di riferimento prevede, infatti, «sistemi adeguati e controlli efficaci volti a garantire l’integrità dei dati allo scopo di essere in grado di individuare e segnalare all’autorità competente le condotte che possono comportare la manipolazione o il tenta- tivo di manipolazione di un indice di riferimento, conformemente al regolamento (UE) n. 596/2014».
D’altro canto, la legittimità dell’affidamento nell’operato del gestore dell’EURIBOR appare configurabile anche all’epoca delle condotte manipolative accertate dalla Com- missione europea, e quindi antecedentemente sia al reg. (UE) n. 596/2014 sugli abusi di mercato sia al regolamento BMR. Di là dalla rilevanza di illecito attribuita dal primo re- golamento alla condotta manipolativa dell’indice (artt. 12 e 15) e punito con la pena di cui all’art. 185 TUF e con la sanzione amministrativa di cui all’art. 187-ter TUF, la comunica- zione di un dato difforme dal reale andamento medio dei tassi d’interesse risultava, sul piano civilistico, già atta di per sé a integrare il difetto d’informazione da parte dell’EBF. Il codice di condotta di quest'ultimo stabiliva, infatti, determinati requisiti relativi alla comunicazione cui erano tenute le banche componenti il panel (art. 6) e abilitava lo Stee-
ring Committee dell’EBF a controllare la conformità della comunicazione delle banche a quanto stabilito dal codice di condotta (art. 8, co. 4), attribuendogli potere sanzionatorio, in caso di mancato rispetto di tali requisiti (art. 9): sebbene la cogenza di tale codice fosse quella di una c.d. soft law, e dunque meramente convenzionale, non può sottacersi la sua influenza nel settore bancario. Anche in assenza del regolamento BMR, l’EBF risultava in grado d’ingenerare, dunque, l’affidabilità delle comunicazioni dallo stesso rivolte al mercato creditizio. Ne segue che i finanziatori danneggiati da una tale comunicazione possono invocare la responsabilità del gestore dell’indice di riferimento per violazione di quegli obblighi di protezione, i quali sorgono in capo ad esso a prescindere dall’esistenza di un contratto tra i primi e il secondo. Detto altrimenti, si è al cospetto di una forma di re- sponsabilità legata all’inadempimento dell’obbligazione senza prestazione nei confronti dei finanziatori cui l’informazione è rivolta e che sulla base di essa hanno esercitato le proprie strategie economiche, sicché il pregiudizio potrebbe consistere, ad esempio, nel- la perdita della clientela correlata all’aver proposto dei contratti di finanziamento con un tasso in parte non corrispondente al reale andamento dei tassi medi praticati a monte.
Lo scenario muta dopo l’entrata in vigore dei due regolamenti sopra riferiti, ma si trat-
ta di un periodo successivo alle condotte cui si riferiscono le decisioni della Commissione. Il regolamento BMR puntualizza la portata obbligatoria della condotta in cui prende corpo l’obbligazione senza prestazione dell’amministratore dell’indice di riferimento, volta alla salvaguardia dell’integrità dell’indice comunicato agli operatori del mercato creditizio. Di- versamente, il reg. (UE) 596/2014 riguarda la reazione pubblicistica contro gli autori dell’edul- corazione dei dati relativi ai tassi d’interesse, alla quale viene attribuita la qualifica di attività di manipolazione del mercato [art. 12, lett. d)], vietata in forza dell’art. 15. La violazione di tale divieto comporta, pertanto, fatte salve le sanzioni penali nel caso in cui il fatto costituisca reato (art. 185 TUF), l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila eu- ro a cinque milioni di euro (art. 187-ter TUF). Sul piano delle conseguenze di diritto privato, risulta rafforzato e reso più puntuale il riferimento della responsabilità dell’amministratore nei confronti dei finanziatori: essa si diparte dal difetto nell’attuazione dei controlli previsti dagli artt. 4 ss. Reg. BMR sull’informazione falsa o fuorviante relativa all’indice di riferimento in precedenza comunicatagli e dalla correlata comunicazione di essa al mercato.
Con riferimento alla nullità, essa deriva dall’art. 2 l. 287/1990 e riguarda il tasso va-
riabile, elaborato mediante l’EURIBOR manipolato, dei contratti derivati conclusi nel periodo dell’intesa, giacché solo questi contratti risultano attuativi dell’intesa accertata dalla Commissione europea (sulla nullità dei contratti attuativi dell’intesa illecita mi per- metto di rinviare a A. Xxxxxxxxx, Il danno antitrust, cit., 245 ss.; Id., Xxxxx tutela privata antitrust dopo le Sezioni unite n. 41994/fl0fl1, in Nuova giur. civ. comm., 2022, 682 ss.). Per tali contratti risulta configurabile, allora, la rideterminazione dell’indice secondo i cri- xxxx contemplati dall’art. 117, co. 7, lett. a), TUB, la cui applicazione sembra preferibile, in ragione della specialità della disciplina (art. 115, co. 1, TUB), rispetto a quella dell’art. 1284 c.c. (contra App. Cagliari, Sez. dist. Sassari, 18 gennaio 2024). In forza dell’art. 2 l. 287/1990, infatti, l’intesa idonea ad alterare la concorrenza è nulla ad ogni effetto. Nella vicenda esaminata dalla Commissione europea tale alterazione viene resa concreta tra- mite la previsione del tasso variabile, creato sulla scorta dell’EURIBOR edulcorato, sic-
ché appare plausibile ritenere lo stesso tasso variabile come nullo ex art. 2 l. 287/1990 e, quindi, come non apposto ab initio. Ne segue che, non risulta soddisfatto il requisito di cui all’art. 117, co. 4, TUB e trova applicazione il tasso di cui al comma 7 dello stesso articolo.
Di contro, non si può parlare di nullità rispetto ai contratti di finanziamento conclusi nel periodo dell’intesa e ai derivati conclusi al di fuori di quel periodo. Ciò, neppure seguendo l’ipotesi indicata, di recente, dalla Cass. n. 12007/2024, la quale ha sganciato, sì, la nullità par- ziale del contratto dalla sua natura attuativa dell’illecito antitrust, così prendendo le distanze dalla Cass. n. 34889/2023, ma l’ha fatta dipendere dalla prova in concreto dell’impossibilità di determinare l’oggetto della clausola sul tasso d’interesse (artt. 1418 e 1346 c.c.), provocata dall’alterazione del parametro EURIBOR nel periodo dell’intesa. E, tuttavia, come ha precisa- to anche la Corte d’Appello di Roma dalla quale ha preso le mosse il presente studio, l’EURI- BOR manipolato non rende il tasso d’interesse indeterminabile, poiché risulta individuato il criterio per quantificarlo; i.e. l’indice EURIBOR. La manipolazione di quest’ultimo rileva, in- fatti, sul fronte della liceità del tasso, ma, da questo punto di vista, il dato temporale preclude l’applicabilità all’EURIBOR manipolato di cui si sta discutendo dell’art. 15 Reg. (UE) 596/2014, il quale stabilisce il divieto di manipolazione del mercato, consistente anche nella «trasmis- sione di informazioni false o fuorvianti o la comunicazione di dati falsi o fuorvianti in relazio- ne a un indice di riferimento (benchmark)» [(art. 12, lett. d)].
Sotto quest’ultimo profilo, la soluzione della nullità risulterebbe finanche conforme
alla distinzione tra regole di validità e regole di comportamento: l’art. 15 Reg. (UE) 596/2014 rappresenta sia una norma imperativa di comportamento, là dove vieta l’attività contemplata dall’art. 12, lett. d), sia una norma imperativa di validità, in relazione alla previsione contrat- tuale del tasso d’interesse manipolato (un’argomentazione simile viene svolta in relazione all’art. 3 l. 287/1990 da Albanese, Contratto mercato responsabilità, Napoli, 2008, 88 ss., 263; sul punto v. anche, in relazione al divieto di abuso di dipendenza economica, D’Amico, Nullità non testuale, in Enc. dir. Xxxxxx, IV, Milano, 2011, 809). Una lettura che, a livello più generale, è conforme alla prospettiva dalla quale la categoria dell’illiceità viene intesa nel diritto privato: essa riguarda l’atto negoziale, ossia l’ipotesi nella quale lo strumento ideato dal privato per regolare i propri interessi miri alla violazione di una norma imperativa.
E, tuttavia, anche a voler accettare la configurabilità della nullità dipendente da una norma sopravvenuta, quale è l’art. 15 Reg. (UE) 596/2014, residua l’impossibilità di predicare la retroattività dell’efficacia invalidante, non essendo stata la stessa prevista dalla legge. La nullità sopravvenuta rende, infatti, attuale la situazione giuridica corri- spondente a quella che vi sarebbe stata in caso d’invalidità originaria, ma la sua retroat- tività, senza una legge che l’autorizzi, determinerebbe una compressione dell’autonomia privata non integrabile nel sistema.
Di conseguenza, la sopravvenuta illiceità dell’EURIBOR manipolato, data dal con- trasto con il divieto di cui all’art. 15 Reg. (UE) 596/2014, non può avere effetto rispetto all’EURIBOR alterato dalle condotte che hanno dato vita all’intesa accertata dalla Com- missione europea.
L’unica nullità è, in definitiva, quella del tasso variabile confezionato mediante l’EURIBOR manipolato nei contratti derivati, per attuare l’intesa illecita accertata dalla Commissione europea.
Indicazioni di lettura
Sulla vicenda XXXXXXX oltre agli autori già citati nel testo: XXXXXXXX, Xxxxxxx ma- nipolato e contratti «a valle». Questioni, in Riv. dir. banc., 2024, 1 ss.; XXXXXXX, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle’ (il caso Xxxxxxx), ivi, 19 ss.; ACCETTELLA, I contratti «a valle» dell’intesa vietata nella vicenda relativa alla manipolazione dell’Euribor, ivi, 53 ss.; LEMBO, La “manipolazione” dell’Euribor: brevi note sulle conseguenze per i contratti di finanziamento ed i derivati di copertura, in Contr., 2024, 302 ss.; XXXXXX, Manipolazione Euribor fra intese ille- cite, contratti “a valle” e ripercussioni sui sistemi bancari e finanziari, in BeBankers, 23 aprile 2024; CHAVES, Manipolazione del tasso Euribor: contenzioso nazionale e rilievi comparatisti- ci, in xxxxxxxxxxxxxxx.xx, luglio 2024; Pisapia, Note in tema di contratti di mutuo e parametro Euribor, ivi, dicembre 2020; COLANGELO, MAGGIOLINO, La manipolazione dell’informazione come illecito antitrust, in Riv. dir. comm., 2019, 159 ss.; XXXXXX, La manipolazione degli indici finanziari: un illecito in cerca di identità, in NGCC, 2013, II, 302 ss.
Con riferimento al caso delle fideiussioni omnibus in contrasto con la normati- va antitrust oltre agli autori già citati nel testo: XXXXXXXX, Operazione economica e nullità dei contratti derivati da intesa anticoncorrenziale, in Corr. giur., 2018, 1066 ss.; XXXXXXXX, La nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, in Riv. dir. banc., 3/2018; DENOZZA, Incongruenze, paradossi e molti vizi della tesi del “solo risarcimento” per le vittime di intese ed abusi, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 412-414; GENTILI, La nullità dei ‘contratti a valle’ come pratica concordata anticoncorrenziale. (Il caso delle fideiussioni ABI), in Giust. civ., 2019, 675 ss.; XXXXXXXXX, Validità della fideiussione omnibus conforme a schema-tipo dell’ABI e invocabilità della sola tutela riparatoria in chiave correttiva, in Nuova giur. civ. comm., 2020, II, 397 ss.; XXXXXX, Fideiussioni predisposte su modello uniforme ABI dichiarato parzialmente nullo dall’Autorità Garante della Concorrenza: quali rimedi a favore del fideiussore?, in Contr., 2020, 385 ss.; MORESCO, Fideiussioni omnibus su moduli standard ABI: condizioni generali di contratto anticoncorrenziali e nullità parziale, in questa Rivista, 2020, 99 ss.; GRECO, XXXXX, Analisi della garanzia fideiussoria, tra validità anticoncorrenziale e revisionismo consumeristico, in Resp. civ. prev., 2020, 1414 ss.; XXXXXXX, Breve nota su con- tratti a valle e rimedi, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 415 ss.; XXXXXX, I contratti a valle delle intese restrittive della concorrenza: qualche rifiessione vingt ans après, aspettando le Sezioni Unite, in Corr. giur., 2021, 1173 ss.; XXXXXX, Fideiussioni omnibus «a valle»: vecchie questioni e nuovi rimedi?, in ODCC, 2/2021, 1 ss.; XXXXXXXXX, L’orientamento del Tribunale delle imprese di Napoli in tema di fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI. Nullità (parziale) o in- tegrazione dei contratti?, in Contr. 2021, 581 ss.; XXXXXXXXX, Le fideiussioni omnibus confor- mi allo schema contrattuale predisposto dall’ABI finalmente al vaglio delle Sezioni Unite?, in Corr. giur., 2021, 1184 ss.; XXXXXXXX, PARDOLESI, Le sezioni unite e la sorte dei contratti attuativi di intesa restrittiva della concorrenza: schegge di diritto disorientato, in Foro it., 2022, I, 499 ss.; PAGLIANTINI, Fideiussioni «omnibus» attuative di un’intesa anticoncorrenziale: le sezioni unite, la nullità parziale e il «filo» di xxxxx, ivi; ROMANO, Quale destino per le fideiussioni «om- nibus» a valle di intese anticoncorrenziali?, ivi; D’AMICO, Modelli contrattuali dell’Abi e nullità dei contratti c.d. a valle, ivi, 1309 ss.; BASTIANON, Fideiussioni Abi e sezioni unite 41994/fl1: “the dark side of the moon”, ivi, 1318 ss.; RUSSO, Fideiussioni omnibus a valle di illecito anticon-
correnziale e rimedi civilistici, Napoli, 2022; AA.VV., Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi, in Ianus. Diritto e finanza, 26, 2022; BARBA, Organizzazione dell’atti- vità di impresa e nullità parziale del contratto a valle di intese vietate, in Nuova giur. civ. comm., 2022, 654 ss.; DEL PRATO, Illecito e rifiuto di esecuzione di clausole contrattuali: un altro rimedio in forma specifica contro l’abuso di autonomia?, ivi, 665 ss.; MONTANARI, Xxxxx tutela privata antitrust dopo le Sezioni unite n. 41994/fl0fl1, ivi, 682 ss.; SCOGNAMIGLIO, I con- tratti di fideiussione a valle di intese in violazione della disciplina antitrust: il problema dei rimedi, ivi, 694 ss.; DOLMETTA, Fideiussioni bancarie e normativa antitrust: l’«urgenza della tutela reale; la «qualità» della tutela reale, in Riv. dir. banc., 2022, 1 ss.; XXXXXXXXX, fideiussione omnibus ed intesa antitrust: la sentenza delle sezioni unite n. 41994 del fl0fl1, in Pers. merc., 2023, 65 ss.; XXXXXXXXX, Ancora sulla nullità parziale delle fideiussioni omnibus redatte in conformità allo schema ABI fl003: questioni rimaste irrisolte, in Banca borsa tit. cred., 2023, 53 ss.; XXXXX, Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: nessi, rimedi e prove, in Riv. dir. impr., 2023, 355 ss.
Con riferimento al caso Kone e a. oltre agli autori già citati nel testo: XXXXXXXX, Risarci-
bilità delle conseguenze dannose subite in virtù di “umbrella effects”: si pronuncia la Corte di giustizia in Corriere giur., 2014, 1331 ss.; XXXXXXXX, E piovve anche sotto l’ombrello: umbrella effects e nesso di causalità in ambito antitrust secondo la Corte di giustizia in Danno e resp., 2014, 707 ss.
Con riferimento all’intesa r.c. auto: XXXXXXXXXX, Sezioni più unite che antitrust, in Eur. dir. priv., 2005, 435 ss.; INZITARI, Abuso da intesa anticoncorrenziale e legittimazione aquiliana del consumatore per lesione alla libertà negoziale, in Danno e resp., 2005, 495 ss.; XXXXXXXX, Responsabilità extracontrattuale per violazione di norme antitrust, ivi; XXXXX, La tutela civile antitrust dopo la sentenza n. flfl07 05: nell’assetto dei rimedi del diritto della con- correnza, in Corriere giur., 2005, 333 ss.; XXXXX, Il lento cammino della tutela civile antitrust: luci ed ombre di un atteso grand arrêt; ivi; XXXXXXXXX, Le azioni civili del consumatore contro gli illeciti antitrust, ivi, 1093 ss.; XXXXXXXX, PARDOLESI, L’antitrust per il benessere (e il risarcimento del danno) dei consumatori, in Foro it., 2005, I, 1015 ss.; SCODITTI, L’antitrust dalla parte del consumatore, ivi.
Sulla nullità sopravvenuta oltre agli autori già citati nel testo: XXXXXXX, Le invalidità, in I contratti in generale, I3, a cura di XXXXXXXXX, in Trattato Xxxxxxxx-Gabrielli, in corso di pub- blicazione e che si è potuto leggere per gentile concessione dell’Autore, n. 11; MANTOVANI, Le nullità e il contratto nullo, in Tratt. Roppo, IV. Rimedi2, 1, a cura di XXXXXXX, Milano, 2023, 29 ss.; ALBANESE, Contratto mercato responsabilità, Napoli, 2008, 31 ss. Preferiscono parlare d’inefficacia: X. XXXXXXXXXXXX, Contributo alla teoria del negozio giuridico2, Napoli 1969 rist. 2008, 385 ss.; XXXXXXX, Inefficacia (dir. priv.), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, 363 ss.; XXXXXXXXX, Nullità (dir. priv.), ivi, XXVIII, Milano, 1978, 899 ss.
Sulla distinzione tra regole di validità e regole di comportamento oltre agli autori già citati nel testo: XXXXXXX, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in Riv. dir. civ., 1994, II, 168 ss.; di MAJO, Prodotti finanziari e tutela del risparmiatore, in Cor- riere giur., 2005, 1082 ss.; GENTILI, Disinformazioni e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in Contr., 2008, 393 ss.; XXXXXX, I rimedi per la violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari (oltre la distinzione tra regole di validità e regole di
responsabilità), in Abuso del diritto e buona fede nei contratti, a cura di XXXXXXXXXXX, Torino, 2010, 303 ss.; Id., Il contratto “adeguato”, cit., spec. 78 ss.; PERLINGIERI, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, Napoli, 2013.
aBSTRaCT
Il contributo muove dalla pronuncia della Corte d’Appello di Roma n. 6582/2023, per indagare la giurisprudenza che si è dipartita dalle decisioni della Commissione euro- pea sui tassi d’interesse nei derivati. Ciò induce l’autore a qualche precisazione in rela- zione: alla qualificazione dei contratti come «attuativi dell’intesa anticoncorrenziale» e all’integrazione nel sistema della tutela contro le ripercussioni ingenerate nel mercato dalla distorsione della concorrenza (c.d. umbrella effect).
The contribution moves from the decision of the Court of Appeal of Rome no. 658fl/fl0fl3, to investigate the case law relating to the issues arising following the European Commission’s decisions on interest rate derivatives. This leads the author to make some clarifications in re- lation to: the qualification of the contracts as “implementing the anti-competitive agreement” and the integration into the legal system of the protection against the repercussions generat- ed in the market by the distortion of competition (so-called umbrella effect).