The endline of the concession-contract: the case law turns backwards.
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Xxxxxx Xxxxx
Cultore della materia di diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx xxxxxxxxxxx@xxxxxxx.xxx
Il tramonto della concessione-contratto: la svolta pubblicistica della giurisprudenza.
The endline of the concession-contract: the case law turns backwards.
Sintesi
Il presente contributo è volto ad analizzare le recenti pronunce in materia di contratto di concessione, al fine di evidenziare il mutamento di orientamento della giurisprudenza sia amministrativa che di legittimità, con il progressivo superamento sostanziale dell’orientamento tradizionale costituito dalla tesi della concessione-contratto. Secondo il paradigma tradizionale, il rapporto tra parte pubblica e privata nel contrato di concessione è generalmente paritetico, anche se caratterizzato dalle singole facoltà pubblicistiche previste dalla normativa applicabile.
Si tratta di una tesi elaborata agli inizi del novecento dalla stessa giurisprudenza e volta a contrastare l’impostazione pubblicista in auge dalla fine dell’ottocento. In una prospettiva critica verso la categoria della concessione-contratto, la dottrina ha elaborato diverse tesi, in senso sia di completa privatizzazione del rapporto, sia di pubblicizzazione dello stesso. L’analisi delle recenti pronunce mette, però, in luce un superamento della tesi tradizionale, accogliendo invece alcuni argomenti elaborati dalla dottrina. Minoritario è l’orientamento minoritario ha valorizzato la contrattualizzazione del rapporto concessorio perseguita in alcuni ambiti dal diritto europeo, per accogliere le tesi di chi nega la configurabilità di un momento autoritativo nell’esecuzione del contratto concessorio.
La dottrina maggioritaria, invece, ha reagito alla contrattualizzazione operata dal diritto europeo valorizzando l’art. 11 della l. 241/90 per fondare la categoria del contratto di diritto pubblico, per negare nella sostanza la configurabilità di un rapporto paritetico tra le parti contrattuali. Alla base di questo mutamento, la giurisprudenza indica la necessità di tutelare la funzionalizzazione del contratto all’interesse pubblico, che sarebbe assicurata soltanto dal mantenimento di poteri autoritativi in capo all’amministrazione. Il paradigma del rapporto pubblico-privato viene così stravolto, nel senso di una generale supremazia del primo sul secondo.
La tendenza alla completa pubblicizzazione del rapporto pone però problemi di compatibilità con il principio costituzionale di legalità, fondamento e limite delle potestà autoritative dell’amministrazione. Inoltre, occorre considerare se la pubblicizzazione dell’attività dell’amministrazione assicuri effettivamente una
maggiore efficienza dell’azione amministrativa nel perseguimento degli interessi pubblici.
Abstract
This essay investigates the recent court decisions concerning the concession agreements, to outlining the change in the case law of both the civil and administrative courts, wich seem to overcome the traditional theory of “concession-contract”.
Based on the traditional paradigm, the contractual relationship between public party and private party is generally based on equal positions in the concession, with the exceptions of particular authoritative powers provided for by the applicable regulation. This theory was developed by the case law to overcome the interpretation, popular at the end of XIX century, of the concession agreement as entirely regulated by public law. With a critical perspective to the concept of concession-contract, numerous authors developed different theories. According to some of these, the relationship as entirely regulated by private law. Other authors argue that the concession agreement has only public nature.
The investigation of the recent case-law decisions outlines the overcoming of the traditional interpretation, acknowledging some of the theories developed by the authors. A minor jurisprudential orientation has promoted the contractualisation of the concessions provided for by the European regulation on public contracts and acknowledged the theories of who denies any authoritative power in the execution of the concession agreement. The major jurisprudential orientation has grounded its interpretation on Art. 11 of the Law No. 241/90, denying that the parties to the concession agreement may be considered as equals.
This new interpretation is supposedly more suitable to protect the aim of the agreement to pursue and serve the public interest. According to this case law, the public interest can only be ensured if the public authority maintains authoritative powers in the execution of the concession agreements. The consequence is that the boundaries between public and private are overturned, and the public aims becomes absolutely prevalent.
This trend to acknowledging complete public nature to the execution of the concession agreement entails the risk of lack of compliance with the constitutional principle of legality, base and limit of authoritative power of public authorities. In addition, it is debatable whether this approach to the concession agreement does entail a major efficiency of the administrative action in pursuing public interests.
PAROLE CHIAVE: concessione amministrativa, convenzioni pubbliche, giurisdizione, contratti pubblici, servizi pubblici, beni pubblici.
KEYWORDS: administrative concession, public agreements, jurisdiction, public contracts, public services, public assets.
INDICE: 1. Introduzione – 2. Le teorie sul contratto di concessione. - 3. Gli elementi alla base del muta-
mento giurisprudenziale. – 4. Il tramonto della dogmatica tradizionale nella più recente giurisprudenza. –
5. A passo di gambero: il revivement delle istanze pubblicistiche.
1. Introduzione
La natura e l’esercizio dei poteri concessori costituiscono uno dei temi più discussi in dottrina e controversi in giurisprudenza1. Nell’ambito del gene- rale dibattito sulla categoria della concessione, centrale è il noto tema della na- tura del contratto accessivo al provvedimento di concessione2. Tentare di deli-
1 La nozione elaborata da XXXXXXXXXX era incentrata sull’attribuzione di un nuovo diritto (in senso lato) al privato, «senza che questi ne abbia neppure il germe» (X. XXXXXXXXXX, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Parte I: Concetto e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur. it., 1894, 29). Si veda anche F.G. SCOCA, La concessione come strumento di gestione dei servizi pubblici, in Le concessioni di servizi, a cura di X. XXXXXXX MONACO, Rimini, 1988, 25, passim, secondo cui il termine “concessioni” si riferisce a «intera categoria di fattispecie, differenti per oggetto, per contenuto e per effetto, caratterizzata unitariamente solo per il fatto che l’Amministrazione arricchisce di utilità la sfera giuridica del concessionario, o, secondo una diversa e più esatta interpretazione, costituisce o trasferisce nel patrimonio giuridico del concessionario nuovi status, nuove legittimazioni, nuove qualità o nuovi diritti». Secondo X. XXXXXXXX, Corso di diritto amministrativo, Milano, Xxxxxxx, 1958, 261, «carattere comune di tali provvedimenti è l’effetto, che è loro proprio, di conferire a una o più persone estranee all’amministrazione nuove capacità o nuovi poteri e diritti, dai quali resta ampliata la loro sfera giuridica». Autorevolissima dottrina ha escluso che la concessione abbia effetti traslativi. In questo senso M.S. XXXXXXXX, Diritto Amministrativo, Milano, Xxxxxxx, 1970, sostiene che l’idea della concezione traslativa derivi dalla errata qualificazione del contratto di servizio pubblico come concessione in senso proprio, mentre si tratterebbe di un atto organizzativo con cui l’amministrazione pone il privato a capo di un ufficio, restando però titolare della relativa funzione. Nello stesso senso X. XXXXXXX, Istituzioni di Diritto Amministrativo, Torino, Giappichelli, 2016. Se il carattere ampliativo costituisce tratto comune, la dottrina più attenta ha sottolineato come tale caratteristica sia propria anche di atti di diritto privato.
2 Il dibattito sulla natura della concessione e, quindi, sullo spazio da riconoscere al diritto soggettivo nell’ambito delle concessione deriva soprattutto dalla considerazione che, per prassi o per espressa previsione, in molti casi la concessione è accompagnata o sostituita da un contratto stipulato con il privato. Tale accordo è qualificato “contratto” da chi ne riconosce la natura privatistica, seppur soggetto ad una sorta di diritto speciale che conferisce ad una parte poteri unilaterali di stampo pubblicistico (M.S. XXXXXXXX, op. cit.; X. XXXXXXX, op. cit.). Chi, invece, riconosce all’accordo natura pubblicistica preferisce parlare di “convenzioni pubblicistiche” (G.D. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, Milano, Xxxxxxx, 1984), ma non manca chi, utilizzando il termine “contratto di diritto pubblico”, riconosce all’accordo sia la natura pienamente contrattuale di cui all’art. 1321 c.c., sia la natura pubblica del provvedimento amministrativo (GRECO, Argomenti di diritto amministrativo, Milano, Xxxxxxx, V ed., 2019). Cionondimeno, la prevalenza dei poteri pubblicistici rispetto al vincolo privatistico avvicina il concetto di “contratto di diritto pubblico” a quello di “convenzione pubblica”. Attenta dottrina ha sottolineato come la definizione di “contratto pubblico”, così come quella di “contratto ad oggetto pubblico”, sia in sé contraddittoria, in quanto «l’apposizione qualificatoria finisce per negare il sostantivo» (X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, Concessioni amministrative, in Dig. disc. pubbl., III ed., 1989, 293). Simili posizioni pubblicistiche, seppur con proprie argomentazioni, sono state proposte da X. XXXXXXXXXX XXXXXXXXX, Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, Giappichelli, 1997; X. XXXXX LIBERATI, Le vicende del rapporto di concessione
neare una teoria organica del contratto di concessione significa discutere della natura stessa del potere pubblico, della posizione del privato di fronte all’azione amministrativa e, in ultima analisi, del confine tra pubblico e privato. In questa prospettiva, i rari mutamenti dell’orientamento dominante costitui- scono un’alterazione del rapporto stesso tra operatori economici e pubblica amministrazione. Diventa, pertanto, ancor più rilevante capire se ci si trovi oggi sulla soglia di un tale cambio di paradigma.
Muovendo dalle più recenti pronunce giurisprudenziali, il presente con- tributo è volto ad evidenziare il radicale mutamento subito nell’orientamento sia del Giudice Amministrativo che della Corte di Cassazione, indagandone le direttrici ed i possibili sviluppi.
Nell’operare questa analisi, non si ignora che «molti dei contrasti e dei dubbi che investono il concetto di concessione amministrativa in generale, derivano dalla eterogeneità delle figure che vi si vogliono, e largamente vi si debbano far rientrare; del resto a loro volta contrastate e dubbie»3. La considerazione organica delle concessioni di servizi, la- vori e beni pubblici è volta qui ad evidenziare come, da una categoria comune, la progressiva contrattualizzazione degli stessi abbia portato a conseguenze di- verse in termini di elaborazione dogmatica e approccio giurisprudenziale.
A questo proposito, si ritiene necessario premettere una breve analisi sul- le diverse teorie che hanno caratterizzato il dibattito sulla natura della conces- sione contratto, sulla base delle quali si potranno cogliere i segni di un radicale mutamento di prospettiva della giurisprudenza, nel senso di un superamento dell’orientamento tradizionale.
2. Le teorie sul contratto di concessione.
Gli orientamenti giurisprudenziali che si andranno a commentare muo- vono entro categorie che sono state già sviluppate e discusse dalla dottrina, in una prospettiva critica verso l’orientamento tradizionale.
Come noto, la teoria delle concessioni amministrative ha origine tra la fi-
di pubblico servizio, in X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX VIGORITA (a cura di), La concessione di pubblico servizio, Milano, Xxxxxxx, 1995, 155; ID., Accordi pubblici, in Enc. dir., Annali, Aggiornamento, V ed., 1 ss., FRACCHIA, Concessione amministrativa, in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2007.
3 X. XXXXXX, La concessione di pubblico servizio, in La concessione di pubblico servizio, (a cura di) X. XXXXXX, X. XXXXXX, V. SPAGNOLO VIGORITA, Milano, Xxxxxxx, 1995, 15. Simile critica metodologica è stata mossa da XXXXXXXX a X. XXXXX, Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, Padova, Cedam, 1965, che avrebbe basato i propri argomenti in merito agli effetti traslativi dei poteri concessori esclusivamente su una teoria delle concessioni di beni pubblici, salvo poi allargarla a fattispecie del tutto eterogenee, quali le concessioni di servizi. Si veda XXXXXXXX, op. cit., 1144.
ne dell’ottocento e gli inizi del secolo scorso dal lavoro di autorevolissimi stu- diosi4.
Le prime teorie si caratterizzavano per individuare nel provvedimento di concessione l’unica fonte del rapporto con il privato, relegando l’adesione del privato a mera condizione di efficacia del provvedimento5. Secondo queste co- struzioni pubblicistiche, non sarebbe configurabile un contratto o convenzione quale incontro tra le volontà dell’amministrazione e del privato, in quanto i ri- spettivi atti negoziali avrebbero natura del tutto diversa e inconciliabile; auto- nomia contrattuale l’una e potestà amministrativa l’altra. La fonte del rapporto è quindi esclusivamente il provvedimento di concessione stesso, qualificato come atto concessorio ad effetti bilaterali. Tale tesi provvedimentale comporta una riconduzione pressoché totale del rapporto concessorio all’ambito pubbli- cistico, riconoscendo alla pubblica amministrazione poteri autoritativi tipici dell’attività provvedimentale anche nel corso del rapporto concessorio.
Le teorie unilateralistiche sono state oggetto di critica in primo luogo per quanto riguarda la centralità dell’elemento autoritativo. Ci si è chiesto, infatti,
«perché dovendo in sostanza recare un vantaggio a un privato, il pubblico potere usa uno strumento autoritativo? Non è questo un controsenso?»6. La stessa autorevolissima dot- trina sottolinea come la tesi dell’inconciliabilità della dichiarazione negoziale del privato con la dichiarazione della p.a., in quanto funzionale al perseguimento di interessi pubblici, comporti non solo l’esclusione della configurabilità di un contratto di concessione, ma in radice di ogni contratto stipulato dalla pubblica amministrazione, in quanto tramite i contratti di diritto privato si perseguono anche interessi pubblici7. La tesi unilateralistica è sembrata peraltro contraddit-
4 I primi notissimi studi si devono innanzitutto a RANELLETTI. Si vedano X. XXXXXXXXXX, Xxxxxxxx e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur. it., 1894, IV, 7; ID., Facoltà create dalle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Riv. it. sc. giur., XIX, 1895, 3. Agli inizi del novecento si possono citare X. XXXXX, La manifestazione di volontà del privato nel diritto amministrativo, Roma, Anonima Romana Editoriale, 1931; X. XXXXX, I rapporti contrattuali nel diritto amministrativo, Padova, Cedam, 1936; A. AMORTH, Osservazioni sui limiti all’attività amministrativa di diritto privato, in Arch. dir. pubbl., 1938, 455 X. XXXXXXXXXX, Le transazioni degli enti pubblici, in Arch. dir. pubbl., 1936, 223.
5 Come riconosce X. XXXXXXXXX nella sua ricostruzione storica e dogmatica delle teorie delle concessioni di pubblici servizi, tali studi erano basati «sull’idea, allora imperante, dello Stato- autorità, che opera nell’ordinamento secondo moduli unilaterali e imperativi». Cfr. X. XXXXXXXXX, Contributo alla riflessione sulla natura giuridica delle concessioni di pubblico servizio, in P.A. - Persona e Amministrazione, 2018, 1, 114.
6 M.S. XXXXXXXX, op. cit.. Lo stesso XXXXXXXXXX riconosceva come apparisse apparentemente contraddittorio definire le concessioni come atti d’impero, ma ne indicava la ragione nel particolare scopo di cura degli interessi pubblici a cui tale funzione è finalizzata. Si tratta di una giustificazione poco comprensibile alla luce della dogmatica moderna. Cfr. X. XXXXXX, Le convenzioni pubblicistiche, Milano, 1984, 234; X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., 291.
7 M.S. XXXXXXXX, op. cit., 741.
toria nella misura in cui individua la fonte del rapporto nel provvedimento uni- laterale, salvo poi non poter prescindere comunque dal consenso del privato8.
Ad esiti simili a quelli della tesi unilateralistica perviene chi identifica la fonte del rapporto nell’accordo con il privato, avente però natura pubblicistica. Agli accordi ausiliari o sostitutivi del provvedimento, previsti dall’art. 11 della
l. 241/1990 a natura facoltativa, queste teorie accostano gli “accordi necessari”, e cioè «quelle figure (concessione di pubblici servizi, convenzione di lottizzazione, convenzio- ni sanitarie, ecc.), che la legge ha strutturato in forma convenzionale e contrattuale, pur pro- ducendo effetti analoghi a quelli di un provvedimento amministrativo»9. Anche in questo caso, si sottolinea come la funzionalizzazione dell’accordo alla cura di interessi pubblici comporti che tali convenzioni o contratti non possono che essere di- sciplinati dal diritto pubblico, con applicabilità del diritto privato del tutto resi- duale10.
Muovendo dall’esigenza di tutelare la stabilità del rapporto concessorio per quanto attiene ai profili meramente patrimoniali, la giurisprudenza ha fatto ricorso alla c.d. teoria della concessione-contratto11, che trova un suo primo riferimento nella sentenza del 1910 della Corte di Cassazione di Roma12. Lo
8 X. XXXXXXXXX, op. cit.
9 X. XXXXX, op. cit., p. 255. Per una ricostruzione della concessione quale convenzione, cfr. soprattutto X. XXXXXX, op. cit.
10 X. XXXXX, op. cit. Sulla inapplicabilità del diritto privato ad accordi funzionalizzati, si veda anche A. AMORTH, Osservazioni sui limiti dell’attività amministrativa di diritto privato, in Arch. Dir. Pubb., 1939, 76.
11 Per una analisi storica della origine della categoria della concessione-contratto in relazione alla riforma giolittiana delle aziende municipalizzate, che avrebbe sostanzialmente già disconosciuto le tesi unilateraliste di fine ottocento, si veda M. D’ALBERTI, Concessioni Amministrative, in Enc. del Dir., Roma, vol. VII, 1988.
12 Cass. Roma, 12 gennaio 1910, in Riv. dir. comm., 1910, 248, ai sensi della quale «le dottrine sono non sicure e determinate e molto meno di accordo nella definizione giuridica dell’essenza di siffatte concessioni. Sembra che sia più conforme alla loro nozione considerare l’atto di concessione in due momenti giuridici. Nel primo momento può scorgersi la determinazione della volontà dello Stato che, sottraendo all’uso pubblico un’area o una pertinenza demaniale, la concede, per uno spazio più o meno lungo di tempo, o ad uso di una industria marittima o per un uso industriale estraneo alle industrie marittime, a una qualunque industria privata; è un atto di sovranità dello Stato che si concreta nella concessione. Ma in un secondo momento l’amministrazione dello Stato, regolando il suo atto di concessione, entra in rapporti di obbligazione con il concessionario; e fra l’uno e l’altro si stabiliscono le condizioni, le modalità, il prezzo, si opera cioè una vera e propria stipulazione di contratto […] In questa seconda ipotesi, certamente, possono aver luogo vere e proprie violazioni contrattuali e azioni ex contractu per ripararle […] Sorgono obbligazioni e responsabilità, diritti e doveri giuridici le cui violazioni possono dar luogo ad azioni giudiziarie». In tale occasione, pertanto, il giudice romano, trattando di un caso di concessione demaniale, identificò «l’atto di concessione in due momenti giuridici»; dapprima lo Stato «sottrae all’uso pubblico un’area», dopodiché, «regolando il suo atto di concessione, entra in rapporti di obbligazione con il concessionario». In questa teorizzazione, il primo momento pubblicistico consiste nell’assunzione del bene in riserva pubblica, funzionalizzandolo al perseguimento di interessi pubblici. Occorre notare, però, che, quanto alle concessioni di pubblici servizi, si è anche sostenuto che «la fattispecie concessoria sussiste indipendentemente dall'esistenza di una riserva esclusiva in favore dell'amministrazione», poiché «ciò che conta
sviluppo di questa teoria13, volta ad assicurare la stabilità dei rapporti economici e la tutela dei concessionari, ha valorizzato il consenso della parte privata, che non costituisce più mero presupposto di efficacia ma partecipa alla formazione del rapporto concessorio14.
Le caratteristiche comuni alle varie teorie che si basano sul dualismo di atto unilaterale e atto paritetico consistono nella riconduzione dell’esecuzione del contratto all’ambito privatistico, entro il quale configurare diritti e obblighi rimessi alla giurisdizione ordinaria (quantomeno prima della previsione della giurisdizione esclusiva)15. In questo quadro, l’amministrazione non perde com- pletamente la propria posizione di supremazia, mantenendo prerogative pub- blicistiche in ordine a taluni aspetti della vicenda esecutiva − primo fra tutti, la revocabilità del contratto per motivi di interesse pubblico. Questa peculiarità non è dovuta alla natura pubblica del contrato, bensì alla necessaria funziona- lizzazione dell’attività amministrativa anche se declinata in rapporti contrattuali. Xxxxxx, spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sul primo momento del rapporto, che costituisce esercizio di potere provvedimentale, nonché sull’esercizio delle particolari prerogative pubblicistiche che caratterizzano il se- condo momento del rapporto giuridico (e.g., la rideterminazione dei canoni concessori). Per il resto, il rapporto ha natura indiscutibilmente contrattuale e la p.a. non gode di una generale posizione di supremazia.
Varie sono state le critiche mosse a questo orientamento, comunque tra- dizionalmente dominante. L’incertezza di fondo sui rapporti tra l’atto ammini- strativo ed il contratto civilistico lascia innanzitutto irrisolte «troppe questioni, e troppe questioni non secondarie: dalla precisazione delle relazioni che intercorrerebbero tra l’uno e l’altro, alla distinzione degli effetti giuridici che discenderebbero dal primo, da quelli che deriverebbero dall'altro»16. L’incertezza sulla categoria deriva, inoltre, dalla diffi-
è che l'amministrazione abbia assunto fra i propri compiti quello di soddisfare le esigenze per le quali occorre procedere all'erogazione del servizio» (X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit.). il tema della assunzione nella teoria dei servizi pubblici è alla base del confronto tra le teorie dei servizi pubblici in senso oggettivo e soggettivo. Cfr. L.R. PERFETTI, Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, Padova, Cedam, 2001.
13 Durante il periodo fascista le tesi unilateraliste costituivano ancora la dottrina dominante. Così, MIELE, op. cit., X. XXXXXX, op. cit., X. XXXXX, op. cit.. Nel dopoguerra, invece, la categoria della concessione-contratto diventa dominante anche in dottrina. In tal senso, M.S. XXXXXXXX, op. cit., X. XXXXX, op. cit., X. XXXXXXXXX, Il riscatto delle concessioni amministrative, Milano, 1956.
14 M.S. XXXXXXXX, op. cit.; X. XXXXXXXXX, opere citate, e X. XXXXX, La concessione amministrativa con clausola di riserva, Milano, 1941; X. XXXXX, op. cit..
15 In tal modo, la giurisprudenza ha ricondotto parte del rapporto concessorio al diritto privato, recuperando le posizioni giurisprudenziali che precedevano le teorizzazioni del RANELLETTI e della dottrina di fine ottocento.
16 X. XXXXXX, op. cit., p. 79.
coltà logica di individuare la fonte del rapporto contrattuale in due diversi atti, di natura peraltro radicalmente xxxxxxx00.
Ma ciò che risulta determinante è che nemmeno questa teoria riesce a chiarire perché l’esercizio di una facoltà unilaterale espressamente riconosciuta dalla legge debba essere ricondotta all’esercizio di un potere pubblicistico. In- fatti, la funzionalizzazione dell’attività amministrativa non comporta, di per sé, la natura pubblicistica degli atti posti in essere, potendo l’amministrazione per- seguire le finalità pubbliche attraverso atti paritetici18. Autorevole dottrina ha sottolineato come l’azione dell’amministrazione sia sempre funzionalizzata, poiché essa agisce (e non può che agire) sempre e solo nel pubblico interesse, e ciononostante può scegliere se porre in essere atti negoziali o provvedimenti amministrativi, senza che la funzione perseguita influenzi la natura di tale atto19. Su queste basi, una più recente teoria sottolinea come le concessioni in- tegrino rapporti giuridici patrimoniali, entro cui le parti assumono reciproche obbligazioni valutabili economicamente20. Le prerogative unilaterali di cui di- spone la pubblica amministrazione non comportano una diversa natura del rapporto, posto che o sono previste dal contratto, e si caratterizzano come di- ritti potestativi di diritto privato, oppure sono previste dalla legge, e quindi da
una disciplina di carattere eteronomo che incide da fuori, senza qualificarlo21.
La differenza fondamentale tra le diverse teorie esposte non è la presen- za o meno di un atto unilaterale dell’amministrazione, in quanto anche in que- sta terza teoria «non solo vi è un atto unilaterale, ma svolge un ruolo identico a quello svol- to dall’atto unilaterale avente autonoma e separata evidenza nelle fattispecie del secondo ti- po»22. La distinzione è da individuarsi nella natura di tale atto e nel suo rapporto con il contratto di concessione.
3. Gli elementi alla base del mutamento giurisprudenziale
Nonostante in giurisprudenza non manchino ancor oggi i richiami ai primi studi delle teorie monistiche, si tratta spesso di richiami di carattere stori-
17 X. XXXXXXXXX, op. cit.
18 Si tratta di una possibilità oggi espressamente prevista dall’art. 1, co. I bis, della l. 241/1990.
19 L.R. PERFETTI, Canone inverso al controcanto di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx su concessioni e tutela giurisdizionale, in Studi in ricordo di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2010, p. 414; PASTORI, Statuto dell’amministrazione e disciplina legislativa, in Associazione dei professori di diritto amministrativo, Annuario 2004, Milano 2005, 11.
20 L.R. PERFETTI, op. cit., X. XXXXXXXXX, op. cit.
21 X. XXXXXXXXXXX, Concessione e appalto nell'esercizio di pubblici servizi, in Jus, 1955; Id.,
Servizi pubblici essenziali: profili generali, in Rass. giur. en. el., 1992; PERFETTI, op. cit., p. 408.
22 X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit.
co23. Sin dalla citata pronuncia del 1910, la giurisprudenza ha tradizionalmente fatto ricorso alla teoria della concessione-contratto, ancor oggi − lo si vedrà, solo dichiaratamente − dominante in giurisprudenza24. Tale costruzione dog- matica, però, non offre una soluzione al problema della delimitazione delle pre- rogative pubblicistiche nell’ambito del rapporto paritetico che deriva dal con- tratto. Manca, cioè, una delimitazione dei poteri pubblicistici di cui può godere il concedente a prescindere dai diritti potestativi di natura contrattuale previsti dall’accordo. La convivenza di prerogative pubblicistiche con obbligazioni pri- vatistiche senza una chiara connessione delle prime con oggettivi elementi di autoritarietà rende incerto il confine tra i vincoli obbligatori e i poteri pubblici.
Sicché, pur senza apparentemente rinunciare alla teoria della concessio- ne-contratto, la giurisprudenza ha potuto talvolta enfatizzare la supremazia del- la pubblica amministrazione sul contratto, e talaltra il rapporto paritetico nell’esecuzione del contratto, sostanzialmente allontanandosi dalla dogmatica originaria.
Sulla scorta della giurisprudenza più recente, si possono individuare tre elementi che hanno costituto la base del mutamento giurisprudenziale, e che son oggi valorizzati sia dal giudice ordinario che da quello amministrativo.
In primo luogo deve considerarsi il riparto di giurisdizione delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, con cui la Consulta ha statui- to che la giurisdizione esclusiva può essere prevista per “particolare materie” (e non per “blocchi di materie”) in cui la p.a. agisce come autorità25. Pertanto, perché sussista giurisdizione esclusiva, è necessaria una compresenza di interes-
23 Si veda la recentissima sentenza T.A.R. Campania-Salerno, sez. II, 7 gennaio 2019, n. 14, che si riferisce al “celebre scritto di fine ottocento di un insigne studioso del diritto amministrativo”, da identificarsi nel RANELLETTI. Come si vedrà, questa sentenza aderisce sostanzialmente a tesi pubblicistiche, pur senza rinunciare alla categoria della concessione- contratto. Xxxxxxxxxxxx, non sembra poteri riferire alle tesi unilateraliste di XXXXXXXXXX, bensì alle più recenti teorie sul contratto di diritto pubblico.
24 Esempio ne è Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 3 dicembre 2015, n. 5510, che, d auna parte, fa riferimento alla categoria della “concessioni/contratto” e, dall’altra, ne identifica una natura prevalentemente pubblicistica.
25 In un’ottica pubblicistica, sia provvedimentale che convenzionale, la funzionalizzazione del contratto comporta una commistione di poteri autoritativi e interessi pubblici in qualunque aspetto del rapporto concessorio. Nella prospettiva tradizionale della concessione-contratto, la giurisdizione è del giudice ordinario non solo in materia di «indennità, canoni ed altri corrispettivi», ma - è da ritenersi - anche allorché il concedente eserciti facoltà contrattuali attinenti l’esecuzione del rapporto, come nel caso di risoluzione per inadempimento, diverse dagli specifici poteri autoritativi di cui gode in relazione al momento provvedimentale (come nel caso di recesso per interesse pubblico). In un’ottica contrattualista, invece, le facoltà unilaterali (persino nel caso di recesso per interesse pubblico) hanno natura di diritto potestativo contrattuale e, quindi, l’esercizio di un potere autoritativo non configura ipotesi “normale” dell’esecuzione si un contratto di concessione.
si legittimi e diritti soggettivi strettamente connessi tra loro, tale che vi sia «in- scindibilità delle questioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, e per la prevalenza delle prime»26. In particolare, la Consulta ha ritenuto che «la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, ricono- sciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990)». La formulazione dell’art. 133 c.p.a. che risulta dalla sentenza fa salvi solo «indennità, canoni e altri corrispettivi», riconoscendo invece giurisdizione esclusiva le altre controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, inclusi i provvedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore del servizio in esito ad un procedimento amministrativo.
Questa pronuncia è stata vista con favore dai sostenitori della tesi pub- blicistica, che individuano nella statuizione della Consulta un riconoscimento ai poteri autoritativi caratterizzanti il contratto di diritto pubblico di concessio- ne27. Se l’esecuzione del contratto è rimessa al giudice amministrativo, allora vi deve essere commistione inscindibile di diritti soggettivi e poteri pubblici. Ma, secondo questo argomento, è l’intero contratto ad essere soggetto alla preva- lente disciplina pubblicistica, e, di conseguenza, non si spiega come in caso di indennità, canoni, e corrispettivi il rapporto resti ineludibilmente paritetico28. Come si ricava dalla citata giurisprudenza, il mero inadempimento può assume- re rilievo pubblicistico allorché il concedente assuma provvedimenti di tipo sanzionatorio29.
Dall’altra parte, invece, si deve rilevare un minoritario orientamento del giudice amministrativo che valorizza i riferimenti della Corte Costituzionale alla necessaria sussistenza di un potere autoritativo - e quindi di interessi legittimi - affinché possa ammettersi una giurisdizione amministrativa. Peraltro, la Corte
26 Corte Costituzionale, sentenza del 6 luglio 2004 n. 204. Nello stesso senso, Corte Costituzionale, sentenza 11 maggio 2006, n. 191.
27 X. XXXXX, op. cit., p. 258, che però deve notare come il riferimento all’art. 11 nella sentenza n. 204/2004 non sia rivolto ai contratti stipulati in esercizio del potere autoritativo - i contratti c.d. necessari - bensì quelli c.d. facoltativi, adottati in sostituzione del provvedimento.
28 Anche chi, come X. XXXXX, op. cit., riconosce la natura pienamente contrattuale e vincolante dei contratti di concessione, nondimeno ne afferma la subalternatività rispetto ai poteri di diritto pubblico. Qualunque aspetto del rapporto può essere soggetto al potere autoritativo se ritenuto necessario dalla p.a., come alternativa al piano paritetico: «In nessun caso, dunque, il vincolo contrattuale potrà prevalere sul difetto funzionale (sopravvenuto) dei rapporti contrattuali medesimi. E, se necessario, l'Amministrazione dovrà provvedere altrimenti a curare l'interesse pubblico nel caso concreto, riaprendo il circuito dei suoi poteri, di cui resta comunque titolare».
29 Si vedano le pronunce Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 6 dicembre 2018, n.
6916, e T.A.R. Campania-Salerno, sez. II, 19 gennaio 2019, n. 14.
Costituzionale sottolinea anche come sia «escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giu- dice amministrativo» nonché «escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministra- tivo». Sembra, quindi, configurabile una attività negoziale della pubblica ammi- nistrazione funzionalizzata al pubblico interesse senza che, per questo, debba- no riconoscersi poteri autoritativi in capo al concedente e posizioni giuridiche degradate in capo al contraente privato. Come autorevolissima dottrina ha so- stenuto, l’attività negoziale è espressione della funzione amministrativa, e l’interesse pubblico può essere perseguito anche attraverso contratti effettiva- mente privatistici30.
In secondo luogo, può indicarsi, quale elemento che ha contribuito al mutamento dell’orientamento giurisprudenziale, la contrattualizzazione delle concessioni di lavori e servizi ad opera delle direttive europee31 e della normati- va domestica di recepimento, i.e. i d.lgs. 163/2006 e 50/2016. Dal 2004 la normativa europea considera la concessione di servizio quale semplice contrat- to, «che presenta le stesse caratteristiche dell’appalto», salvo una diversa allocazione dei rischi32. A seguito del codice del 2006, che riprende la definizione europea, au- torevole dottrina sottolineò come, a ben vedere, lo scopo della normativa eu- ropea fosse assicurare la concorrenza per il mercato, lasciando impregiudicata la natura del contratto di concessione e la disciplina dei servizi pubblici33. Se, però, effettivamente il codice del 2006 non regolava la concessione di servizi, escludendoli anzi dall’ambito oggettivo di applicazione del decreto34, il d.lgs. 50/2016 fornisce oggi una disciplina organica comune ai contratti di conces- sione di lavori e servizi35, anche nella fase esecutiva.
Per di più, si tratta di una regolazione simile a quella fornita con riguardo
30 X. XXXXXXXXX, Per un diritto amministrativo paritario, in Studi in memoria di Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Padova, Cedam, 1975, 807.
31 Si fa particolare riferimento alla direttiva 2004/18/CE ed alla direttiva 2014/23/UE.
32 Art. 1, par. 4, direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e art 5, par. 1, direttiva 2014/23/UE.
33 X. XXXXXXX, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, Milano, 2008, p. 106 ss. secondo cui è dubbia l’identificazione della categoria delle concessioni di servizi di cui al d.lgs. 163/2006 «con l’atto di affidamento di servizi pubblici, sia perché l’intendimento del legislatore comunitario era quello di tracciare un confine tra appalti e concessioni di servizi e non di fornire una nozione generale e di incidere sulla potestà organizzativa degli Stati membri». Sulla portata del d.lgs. 163/2006 in relazione alla contrattualizzazione dei servizi pubblici, si veda A. MOLITERNI, Il regime giuridico delle concessioni di pubblico servizio tra specialità e diritto comune, in dir. amm., 2012, 4, pp. 576 e ss.
34 Art. 30, d.lgs. 163/2006, ai sensi del cui comma I «Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi».
35 Si tratta della Parte III del d.lgs. 50/2016, rubricata “Contratti di concessione”.
ai contratti di appalto pubblico, salvo che per qualche particolarità nella proce- dura di affidamento36. Risulta allora difficile sostenere per le concessioni una natura diversa da quella degli appalti, che sono pacificamente ricondotti ai con- tratti c.d. soggettivamente pubblici, e cioè a contratti di natura privata caratte- rizzati da una procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente.
A fronte di questa direttrice di chiaro senso contrattualistico, la già ri- chiamata tesi in ordine alla distinzione tra rilievo pubblicistico dei servizi pub- blici e natura contrattuale della concessione di servizi prevista dal d.lgs. 50/2016 è stata fatta propria dal Consiglio di Stato37. In dottrina si sono soste- xxxx gli elementi di differenziazione della disciplina delle concessioni rispetto agli appalti, quali le diverse possibilità fornite al committente di sciogliersi dal rapporto38.
In terzo luogo, alla base delle spinte di pubblicizzazione è l’art. 11, l. 241/1990, ai sensi del quale «l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiu- dizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo» e «Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili»39. Gli accordi disciplinati espressamente dalla disposizione sono gli accordi c.d. facoltativi, che l’amministrazione può decidere di stipulare in alternativa all’esercizio della funzione tramite provvedimento. La dottrina pubblicistica ha ricondotto a tale articolo anche gli accordi c.d. necessari, per i quali, cioè, è la normativa a pre- vedere la stipula di un contratto40. L’accordo rientrante nell’art. 11 avrebbe na- tura pubblica, in quanto unilateralmente revocabile per interesse pubblico e
36 X. XXXXX, op. cit., p. 271. Sulla distinzione tra contratti di concessione di appalto, la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2634; conformi, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 253, Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294) ha chiarito che «le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato». In questo senso L.R. PERFETTI, Miti e realtà nella disciplina dei servizi pubblici locali, in Dir. amm., 2006, 14, 2, 387 ss.
37 Parere del Consiglio di Stato, Adunanza speciale, 1 aprile 2016, n. 855, p. 166, ai sensi del quale occorre tener presente che «esulano dall'ambito di interesse della direttiva concessioni, e quindi anche del nuovo codice, le tematiche a monte relative alla missione che le imprese, incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale sono tenute ad assolvere per finalità di interesse generale e quella relativa ai servizi rivolti agli utenti nell'interesse dei cittadini».
38 X. XXXXX, op. cit., 272, che identifica le differenze nelle possibilità del concedente di caducare il contratto e sciogliersi dal rapporto.
39 Art. 11, commi I e II, l. 241/1990.
40 X. XXXXX, op. cit., 255.
soggetto ai principi - non alle norme - del codice civile solo se compatibili. In tal modo, i sostenitori della tesi del contratto di diritto pubblico hanno rivendi- cato il riconoscimento positivo di questa categoria41. La dottrina contrattualisti- ca, da parte sua, ha contestato questa tesi sottolineando, da una parte, che la previsione dell’art. 11, co. IV bis della necessaria determina a contrarre è stru- mentale a garantire un controllo sull’esercizio della funzione anche rispetto ad accordi di natura privatistica; dall’altra, che l’art. 11 configura un accordo di na- tura generale, sostitutivo di qualunque provvedimento, mentre la concessione di pubblico servizio costituisce figura prevista dalla normativa e non si dà luo- go ad un provvedimento sostituito dall’accordo42.
Come si vedrà, i recenti mutamenti giurisprudenziali sono interpretabili sulla base di questi tre elementi, ricorrenti nelle pronunce che concorrono al sostanziale superamento della categoria della concessione-contratto.
4. Il tramonto della dogmatica tradizionale nella più recente giurisprudenza
Esaminando la giurisprudenza espressasi in merito all’inadempimento del contratto, materia tradizionalmente ricondotta al rapporto paritetico derivante dal contratto di concessione sussunta entro categorie privatistiche, viene innan- zitutto in rilievo la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 maggio 2016,
n. 3653, resa in materia di concessione di esecuzione e gestione, ai sensi della quale « Nel caso delle convenzioni che accedono all’esercizio di potestà amministrativa con- cessoria – dove è chiara la natura latamente contrattuale dell’atto bilaterale, stante la regola- zione di aspetti patrimoniali – ben possono trovare applicazione le disposizioni in tema di obbligazioni e contratti. Tuttavia, tale applicazione non può esservi, se non considerando la persistenza (ed immanenza) del potere pubblico, dato che l’atto fondativo del rapporto tra amministrazione e concessionario non è la convenzione, bensì il provvedimento concessorio, rispetto al quale la prima rappresenta solo uno strumento ausiliario, idoneo alla regolazione
41 X. XXXXX, op. cit., 254, ai sensi del quale «con l'art. 11 della legge 241/90 (2) è stato introdotto uno specifico istituto, alla stregua del quale il problema teorico si è trasformato in problema interpretativo di diritto positivo». Si tratta di una tesi consapevole che, come ha rilevato autorevole dottrina, gli orientamenti del dibattito sulla natura del contratto di concessione si sono
«concentrati sull’astratta configurabilità dogmatica della figura a fronte di fattispecie legislative che presentavano apparentemente le caratteristiche descritte, laddove il tema ha natura prettamente normativa dovendosi verificare se il legislatore ha effettivamente previsto figure che non possono essere ricondotte né al contratto né al provvedimento amministrativo, onde procedere poi, in caso di risposta affermativa, all’individuazione della disciplina applicabile». Cfr. L.R. PERFETTI, op. cit..
42 Si veda L.R. PERFETTI, Canone inverso al controcanto di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx su concessioni e tutela giurisdizionale, in Studi in ricordo di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2010, 419.
(subalterna al provvedimento) di aspetti patrimoniali del rapporto […] essa conforma l’oggetto del contratto, ossia il contenuto del medesimo. Ciò comporta che, laddove l’interprete debba giudicare della illiceità della causa di un contratto pubblico, ovvero della impossibilità (materiale o giuridica) o della illiceità dell’oggetto di tale contratto, non può non ricordare che tali elementi essenziali sono diversamente conformati, [...] Xxxx stesso modo, quanto sin qui descritto si riflette anche sul rapporto contrattuale, sull’adempimento del contratto»43.
Di tenore simile è la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 6 dicembre 2018, n. 6916, resa in tema di assegnazione di aree44. Da una parte, la pronuncia richiama espressamente la dogmatica della categoria della concessione-contratto, e individua l’accordo col privato come «strumento ausilia- rio, idoneo alla regolazione (subalterna al provvedimento) di aspetti patrimoniali del rappor- to». Dall’altra, però, si sostiene che «tali contratti non sono disciplinati dalle regole pro- prie del diritto privato, ma meramente dai “principi del codice civile in materia di obbligazio- ni e contratti”, sempre “in quanto compatibili” e salvo che non sia “diversamente previsto”», richiamando indirettamente la formulazione dell’art. 11 della l. 241/1990. In questo quadro, la tutela contro l’inadempimento della controparte «lungi dall'es- sere posta a semplice tutela dei diritti patrimoniali della Pubblica Amministrazione, costitui- sce più ampiamente tutela dell'interesse pubblico che ha, nel momento genetico, consentito l'e- sercizio del potere provvedimentale concessorio e la conseguente stipula della convenzione quale contratto ad oggetto pubblico ad esso accessivo; e che, nel momento funzionale, costituisce la finalità cui tendono, per il tramite degli atti assunti, sia la Pubblica Amministrazione che il privato». La funzionalizzazione del contratto e, per mezzo di questo, anche dell’attività del privato, è funzionale ad escludere rilevanza all’autonomia con- trattuale delle parti per riconoscere natura pubblica al contratto. Non stupisce, allora, che il Consiglio di Stato neghi l’idoneità della convenzione a vincolare
43 Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 maggio 2016, n. 3653, punti 2 e 3 in diritto.
44 La sentenza in esame riguardava la revoca, da parte di un consorzio di sviluppo industriale, dell’assegnazione dei suoli disposta in favore di un consorzio di imprese private. In disparte ogni considerazione in merito alla riconducibilità della fattispecie concreta alla concessione di beni pubblici, che il Giudice argomenta diffusamente, significativo è l’orientamento espresso in materia di inadempimento contrattuale, tradizionalmente qualificata in termini privatistici. Nel caso di specie, il privato aveva omesso il pagamento di canoni contrattuali, ed il consorzio industriale aveva proceduto alla revoca sulla base di una clausola convenzionale, ai sensi della quale “si intende nulla e revocata qualora la ditta non ottemperasse al versamento di quanto innanzi, con trattenuta di tutti gli importi versati”. Il giudice di prime cure aveva rilevato come la convenzione accessiva al provvedimento contenesse una clausola risolutiva espressa in caso di mancato pagamento dei canoni, e, quindi, la revoca aveva natura sanzionatoria, e non provvedimentale ex art. 21-quiquies della l. 241/1990. Su queste basi, l’appellante propone un appello basato sul piano privatistico, contestando la sussistenza del proprio inadempimento, la natura essenziale del termine contenuto nell’art. 3 della convenzione e rilevando il mancato accertamento dell’imputabilità per colpa dell’inadempimento.
l’amministrazione concedente argomentando sulla base di pronunce rese in merito a fattispecie di pacifica natura pubblica, quali accordi tra pubbliche am- ministrazioni45 e convenzioni urbanistiche46, arrivando ad affermare che «l'impe- gno assunto dall'amministrazione attraverso l'accordo non può risultare vincolante in termini assoluti, in quanto esso riguarda pur sempre l'esercizio di pubbliche potestà”, e “il cd. "auto- vincolo" derivante all'amministrazione da un accordo può perdere successivamente consistenza a seguito del confronto delle posizioni caratterizzanti le fasi successive del procedimento». Vengono così sacrificate le esigenze di stabilità die rapporti patrimoniali e tute- la del privato contraente alla base della dogmatica della concessione-contratto, escludendo la vincolatività dell’accordo e riconoscendo la supremazia della p.a. non più rispetto a singole facoltà unilaterali previste dalla normativa, bensì in riferimento a tutto il rapporto concessorio.
Su queste basi, il giudice di secondo grado respinge la tesi della parte pri- vata, ritenendo di non poter interpretare la clausola controversa quale clausola di risoluzione espressa, ed indagare così la sussistenza di un inadempimento e la relativa imputabilità al soggetto privato, bensì quale ipotesi di revoca sanzio- natoria, espressione della prerogativa pubblicistica di dichiarare la decadenza del contrato indipendentemente dall’applicazione dei principi del diritto comu- ne. In questo senso, il giudice afferma che «tale previsione, lungi dall'essere posta a semplice tutela dei diritti patrimoniali della Pubblica Amministrazione, costituisce più am- piamente tutela dell'interesse pubblico», pur senza caratterizzarsi come potere di auto- tutela i sensi dell’art. 21-quinquies l. 241/199047.
La sentenza appena si colloca nel solco di un orientamento già recente- mente espresso dal Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 3 dicembre 2015,
n. 5510, allorché ha affermato che «il rapporto amministrazione/concessionario, fonda- to sulle (usualmente definite) “concessioni/contratto”, proprio in ragione delle sue peculiarità originate dall’inerenza all’esercizio di pubblici poteri, non ricade in modo immediato, e tanto meno integrale, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del codice civile, le quali, se pos- sono certamente trovare applicazione in quanto applicabili ovvero se espressamente richiamate, tuttavia non costituiscono la disciplina ordinaria di tali convenzioni, […] la applicazione dei principi in tema di obbligazioni e contratti agli accordi dell’amministrazione (riconducibili o
45 Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001 n. 354, in tema di accordo tra comuni.
46 Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2004 n. 7245, che riguardava una convenzione di natura urbanistica.
47 Nell’ambito della teoria della concessione-contratto, la declaratoria di decadenza per inadempimenti sono considerate negozio di esercizio di un diritto potestativo, assimilabile proprio alla clausola risolutiva espressa e soggetta ai canoni propri del diritto delle obbligazioni e dei contratti nella valutazione del comportamento delle parti e della regolarità della decadenza. Cfr. X. X’XXXXXXX, op. cit..
meno alla generale figura del contratto), trova in ogni caso un limite, e dunque una conseguen- te necessità di adattamento, nella immanente presenza dell’esercizio di potestà pubbliche».
Di senso analogo è il T.A.R. Campania−Salerno, sez. II, 19 gennaio 2019, n. 14, anch’esso reso in materia di assegnazione di aree da parte del Con- sorzio Industriale quali espressione di poteri concessori. Il giudice salernitano indica innanzitutto la fonte del rapporto nel provvedimento, la cui convenzio- ne è volta a regolare gli aspetti patrimoniali. Si parla, però, di convenzione, in quanto l’accordo non potrebbe integrare un vero e proprio contatto per non
«compromettere in un negozio patrimoniale, frutto dell’autonomia delle parti, l’interesse pub- blico», ma la stessa «rientra nel modello generale di accordo amministrativo e presenta, per- tanto natura pubblicistica». Anche in questo caso si nega rilevanza all’autonomia negoziale delle parti, e la funzionalizzazione all’interesse pubblico rende l’accordo un mero modulo procedimentale, al fine dichiarato di salvaguardare le prerogative dell’amministrazione nel perseguimento dell’interesse pubblico48. La Cassazione ha accolto la pronuncia della Corte Costituzionale come conferma degli orientamenti più pubblicistici in tema di adempimento della concessione, sia per beni pubblici che servizi49. In particolare, si è affermato che sarebbero rimessi alla giurisdizione amministrativa, a prescindere dalla cir- costanza che siano impugnati provvedimenti dell’autorità pubblica, controver- sie promosse per il rifiuto del concedente di riconoscere il diritto preteso dal concessionario coinvolgano il contenuto dell'atto concessorio, e cioè i diritti e gli obblighi dell'Amministrazione e del concessionario ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale50. Sono inoltre riservate
48 Si utilizza qui un’espressione che nel XXXXXXXX indica gli accordi di diritto pubblico privi di valore contrattuale e idoneità a vincolare le parti nei modi previsti dal diritto privato (M.S. XXXXXXXX, op. cit.).
49 Cassazione civile sez. un., 20 novembre 2007, n. 24012.
50 Cassazione civile, sez. un., 9 agosto 2018, n. 20682, secondo cui la disposizione di cui all’art. 133 «deve essere interpretata nel senso che la competenza del tribunale amministrativo regionale sussiste anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento dell'autorità pubblica, purché la controversia, promossa per il rifiuto dell'autorità stessa di riconoscere il diritto preteso dal concessionario, coinvolga il contenuto dell'atto concessorio e cioè i diritti e gli obblighi dell'Amministrazione e del concessionario ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale (Xxxx. Sez. Un. 2 febbraio 2011 n. 2518; Cass. Sez. Un. 9 gennaio 2013 n. 301). Con la conseguenza che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in cui si discute sulla asserita violazione degli obblighi nascenti dal rapporto concessorio (nei sensi suddetti, tra le tante, pronunzie Xxxx. Sez. un. 31 marzo 2005 n. 6744; Cass. Sez. Un. 26 giugno 2003 n. 10157; Cass. Sez. Un. 6 giugno 2002 n. 8227; Cass. Sez. Un. 11 giugno 2001 n. 7861)». Nel caso di specie, a fronte di un petitum sostanziale costituito da una domanda di adempimento del contratto e contrapposta istanza di risoluzione dello stesso, per cui - sostiene la ricorrente - nessun potere autoritativo verrebbe in rilievo, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto sussistere la giurisdizione amministrativa. Nello stesso senso, Cassazione civile, Sez. Un., 18 gennaio 2016, n. 692. In tema di giurisdizione amministrativa nel caso in cui viene in discussione il rapporto concessorio nel suo aspetto genetico e funzionale,
al giudice amministrativo le controversie circa la durata del rapporto di conces- sione, o la stessa esistenza del rapporto o la rinnovazione della concessione.
In altra recentissima pronuncia, le Sezioni Unite hanno ritenuto la giuri- sdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla base della circostanza per cui
«la controversia, non attenendo all’esercizio di un poter autoritativo, avrebbe comunque ad oggetto il contenuto del contratto, la cui interpretazione viene in rilievo sia come criterio di so- luzione della controversia […] sia come criterio di attribuzione della giurisdizione»51.
Nemmeno la giurisprudenza del giudice amministrativo è immune a que- sta tendenza pubblicistica. Il T.A.R. Campania-Napoli, sez. II, 12 luglio 2018,
n. 4652, ha ritenuto sussistere la giurisdizione amministrativa in un caso di riso- luzione per grave inadempimento da parte del contraente pubblico, in quanto
«nelle concessioni di servizio pubblico, il profilo autoritativo emerge anche nella fase esecutiva del rapporto, tanto da giustificare la diversa regolazione della giurisdizione esclusiva […] in considerazione della prevalenza dell’interesse pubblico perseguito, alla luce di una lettura uni- taria del fenomeno “provvedimento concessione/contratto accessivo”». Anche in questo ca- so la funzionalizzazione del contratto è strumentale a determinarne la natura pubblica e la supremazia autoritativa dal concedente.
Nella stessa prospettiva è la pronuncia del TAR Piemonte-Torino, Sez. I, 4 marzo 2015, n. 404, in merito all’azione di annullamento della decisione di risoluzione per inadempimento di un contratto di concessione di servizi. Il giu- dice piemontese è esplicito nel rigettare le tesi dei resistenti basate su una «con- cezione dualistica o bifasica del rapporto, secondo cui ad un iniziale momento autoritativo […] traslativo di facoltà […] accede la successiva fase contrattuale», per affermare inve- ce che «a tale impostazione si fa preferire una lettura del fenomeno di tipo unitario, che in- quadra il rapporto concessorio nella più ampia categoria degli “accordi sostitutivi o integrativi del provvedimento”», cosicché «l'intreccio sinallagmatico contenuto nella convenzione di con- cessione andrebbe inteso non solo come sede di regolamentazione delle reciproche pretese patri- moniali tra le parti, ma anche dei profili disciplinari del rapporto connessi all'esercizio della funzione amministrativa».
Radicalmente diversa è la prospettiva in cui si muove il T.A.R. Toscana- Firenze, sez. I, 7 dicembre 2018, n. 1580, resa su una domanda di risarcimento per inadempimento di contatto di concessione di lavori. La controversia era stata proposta avanti al giudice amministrativo e successivamente riassunta avanti al T.A.R. in ragione della statuizione da parte delle Sezioni Unite sulla
indipendentemente dalla natura delle posizioni giuridiche dedotte, si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 4 luglio 2011, n. 3997.
51 Cassazione civile, Sez. Un., 30 marzo 2018, n. 8035.
giurisdizione amministrativa52. Il T.A.R. Firenze, pur in presenza di una giuri- sdizione radicata dalla pronuncia del Supremo Xxxxxxxx, afferma che «il rappor- to concessorio intercorrente fra le parti risulta essere di natura esclusivamente contrattuale». Nonostante questa perentoria posizione sembri riflettere una posizione con- trattualistica rispetto all’accordo accessivo53, a ben vedere l’argomentazione a supporto della pronuncia si basa su una dogmatica più tradizionale, seppur con un rilevante impatto innovativo. La sentenza motiva sulla diversa natura che la concessione di lavori avrebbe assunto con il d.lgs. 163/2006, il quale avrebbe comportato il superamento della precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di costruzione e gestione dell’opera54. Solo in questa seconda figura si realizzerebbe una «traslazione delle pubbliche funzioni inerenti l’attività organizzativa e direttiva dell’opera pubblica». Nelle concessioni di lavori, in- vece, «la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio even- tuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario»55. Il T.A.R. sembra quindi esprimersi per una completa contrat- tualizzazione con il solo riferimento ai contratti c.d. soggettivamente pubblici, e, con un obiter dictum, sembra fare salva la commistione tra pubblico e privato
52 «la stipulazione della convenzione, essendo avvenuta nell'ambito del procedimento volto al rilascio della concessione, comporta la configurazione di tale convenzione come accordo volto a determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, con conseguente devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi del menzionato L. n. 241 del 1990, art. 11, commi 1 e 5», Corte di Cassazione, Sez. Un., 3 ottobre 2011, n. 20143. Deve tuttavia rilevarsi come tale pronuncia non costituisca un precedente in totale continuità con l’orientamento espresso dalla sopra citata pronuncia Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 6 dicembre 2018, n. 6916. Nel caso di specie, la Cassazione ha accostato il contratto di concessione per la realizzazione del parcheggio alle convenzioni di lottizzazione, riconoscendo ad entrambe lo scopo di regolare “l’utilizzo del territorio”, sottolineando la circostanza per cui il parcheggio oggetto della convenzione costituisce opera di urbanizzazione. Se la riconduzione delle convenzioni urbanistiche al genus delle convenzioni pubbliche è pacifico, anche chi riconduce le concessioni di lavori tra le convenzioni pubbliche di cui all’art. 11, l. 241/1990 ne riconosce l’appartenenza ad una categoria diversa. Si veda in questo senso Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2013 n. 4179, che identifica «la celebre tripartizione tra: contratti accessivi necessari, contratti ausiliari di provvedimento e contratti sostitutivi di provvedimento […] del quale l'ultima delle citate categorie […] viene esemplificata con il riferimento alle convenzioni urbanistiche». Sulla configurazione del contratto di diritto privato in materia di servizi e beni pubblici come contratto necessario equiparato ai contrati facoltativi di cui all’art. 11, l. 142/1990, GRECO, op. cit.
Sui contratti di diritto pubblico si vedano X. XXXXXXXX, Accordi e azione amministrativa, Torino, 2001 e L.R. PERFETTI, Canone inverso al controcanto di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx su concessioni e tutela giurisdizionale, in Studi in ricordo di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2010, 397.
53 L.R. PERFETTI, op. ult. cit.; X. XXXXXXXXX, op. cit.
54 In tema di superamento della figura della concessione di costruzione e gestione, Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza del 13 settembre 217, n. 21200.
55 La natura delle concessioni di sola costruzione non era affatto pacifica in passato. Si veda D’XXXXXXX, op. cit..
che connota i contratti c.d. ad oggetto pubblico nelle teorie tradizionali della concessione-contratto56. L’impatto innovativo della pronuncia in esame consi- ste nella preso d’atto della avvenuta contrattualizzazione della concessione di lavori da parte del codice dei contratti pubblici da parte del d.lgs. 163/2006 e, a fronte di una giurisprudenza che tradizionalmente li accosta alle concessioni di servizio pubblico tra i contratti ad oggetto pubblico nel perseguire una finalità pubblica57.
In maggiore discontinuità si pone invece il T.A.R. Aosta, sez. I, 15 di- cembre 2015, n. 98, che si esprime in merito alla contestazione dell’annullamento per inadempimento disposto rispetto ad una concessione di gestione di un impianto sportivo. Il giudice qualifica, preliminarmente, il rap- porto come di concessione di servizi pubblici, ma chiarendo che nulla cambie- rebbe accogliendo le tesi attoree e qualificandolo come concessione di bene pubblico, data la analoga formulazione degli artt. 133, co. I, lett. b) e c). Richia- mando la sentenza Cost. n. 204/2004, si afferma che, in entrambi i casi, «quando i giudizi non attengono direttamente ai provvedimenti a monte della concessione ma alla con- venzione ed al rapporto bilaterale, rimane assegnata al GO la lite in ordine agli aspetti me- ramente patrimoniali ad essa connessi, in ordine ai quali l'Amministrazione interviene non munita d'autorità ma in posizione paritetica, sicché è da ritenere comunque la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia nella quale la contestata risoluzione riposi su aspetti economico-monetari connessi alla morosità nel versamento dei canoni o, come nella specie, a mancato rimborso di poste patrimoniali». Tale interpretazione sarebbe supportata, tra gli altri, da un argomento sistematico-teologico, legato alla volontà del legislato- re di riservare al g.o. le questioni patrimoniali, solitamente trattate «nel contratto
56 Sulla distinzione tra contratti soggettivamente pubblici ed oggettivamente pubblici;
M.S. XXXXXXXX, op. cit.; X. XXXXXXX, op. cit.. Diversamente X. XXXXX, op. cit., che accomuna concessioni di lavori e di servizi nel codice del 2006.
57 Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 3653 depositata il 19 agosto 2016, secondo cui nelle concessioni di lavori, così come per quelle di servizi «la finalità di pubblico interesse “entra” nella definizione di causa sia ove intesa quale funzione obiettiva economico – sociale del negozio, sia ove intesa quale funzione obiettiva giuridica dell’atto; per altro verso, essa conforma l’oggetto del contratto, ossia il contenuto del medesimo”. Ciò, in quanto “nel caso della concessione di lavori pubblici, il “diritto di gestire l’opera” (che corrisponde ad una obbligazione assunta dal contraente pubblica amministrazione), comporta che il privato esecutore dell’opera divenga anche (e successivamente) gestore di un pubblico servizio, in quanto la gestione dell’opera realizzata non può prescindere dalla fornitura (alla stessa pubblica amministrazione o a terzi) del servizio pubblico, al quale la sua realizzazione era funzionalmente destinata».
«In sostanza, la definizione del contratto quale “contratto pubblico” (art. 3, d. lgs. n. 163/2006, applicabile al caso di specie) non indica esclusivamente (e semplicisticamente) la presenza di un soggetto pubblico quale parte contraente, bensì una oggettiva finalità di pubblico interesse perseguita per il tramite del contratto e del suo adempimento.” Per un verso, infatti, la finalità di pubblico interesse “entra” nella definizione di causa sia ove intesa quale funzione obiettiva economico – sociale del negozio, sia ove intesa quale funzione obiettiva giuridica dell’atto; per altro verso, essa conforma l’oggetto del contratto, ossia il contenuto del medesimo».
accessivo alla concessione e non nel provvedimento di concessione propriamente detto». La giu- risdizione ordinaria si basa quindi sulla antura contrattuale che l’inadempimento assume, e «non attiene più in generale all'accertamento della legittimità degli atti con cui l'amministrazione ha esercitato il proprio potere discrezionale».
Simili statuizioni di principio sono espresse da Consiglio di Stato, sez. V, 1 agosto 2015, n. 3780 e T.A.R. Abruzzo-Pescara, sez. I, 20 febbraio 2018, n. 64, anche se entrambe le pronunce devono poi qualificare il rapporto contro- verso come appalto di servizi58.
Allo stesso orientamento può essere ricondotto il T.A.R. Puglia-Lecce, sez. II, 19 novembre 2018, n. 1714, espressosi in merito al ricorso con cui il concessionario impugnava gli atti di gara ed il successivo contratto, chiedendo- ne l’annullamento per vizio del consenso o la risoluzione per inadempimento e risarcimento. Il concedente, da parte sua, aveva disposto la risoluzione per ina- dempimento con escussione della cauzione, decisione parimenti impugnata. Il ricorrente aveva contestato l’incorrettezza delle informazioni fornite nel bando di gara - oggetto di impugnazione - per dedurne un vizio del consenso. Si trat- ta, quindi, di un tema che attiene al momento genetico del rapporto concesso- rio e alla sua corretta instaurazione, tema che le citate pronunce avevano chia- ramente collegato alla giurisdizione amministrativa e alla sussistenza di un pre- minente potere autoritativo del concedente59. Il giudice pugliese, a fronte di tale petitum sostanziale, ha invece rilevato come «le doglianze di parte attrice attengano principalmente ad un vizio del contratto, il quale, quantunque genetico, è pur sempre proprio dello stesso», sottolineando come non «vengano sotto alcun profilo in rilievo, neppure mediato - circostanza che sarebbe stata di per sé sufficiente a radicare la giurisdizione di que- sto g.a. ex art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., - i poteri pubblicistici dell'Amministrazione medesima». Ma la distinzione tra provvedimento di aggiudicazione, per cui rile- vano profili pubblicistici attinenti alla concorrenza per il mercato, ed esecuzio- ne del contratto, attinente al rapporto paritetico delle parti, costituisce caratteri- stica dei contratti ad evidenza pubblica, quali i contratti di appalto pubblico. La sentenza in esame accosta i contratti di concessione ai contratti d’appalto, nel profilo pubblicistico esclusivamente inerente la procedura di selezione del con- traente.
58 «Per radicare la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo non è sufficiente […] che si versi in materia di servizi pubblici, ma occorre pur sempre che la Pubblica Amministrazione abbia agito nello specifico esercitando il propri potere autoritativo» Consiglio di Stato, sez. V, 1 agosto 2015, n. 3780, punto 4b.
59 Cassazione civile, sez. un., 9 agosto 2018, n. 20682; Cass. Sez. Un. 2 febbraio 2011 n.
2518; Cass. Sez. Un. 9 gennaio 2013 n. 301; Consiglio di Stato, sez. IV, 4 lugli 2011, n. 3997.
5. A passo di gambero: il revivement delle istanze pubblicistiche.
Le pronunce analizzate esprimono tendenze diverse in merito alla inter- pretazione del contratto di concessione, in complessivo contrasto con la cate- goria tradizionale della concessione-contratto.
Si nota innanzitutto una decisa e ormai affermata pubblicizzazione del rapporto concessiorio, sulla base della funzionalizzazione del contratto all’interesse pubblico. Elemento di rilievo in questo senso è la riserva di esclu- siva al giudice amministrativo alla luce della citata sentenza della Corte Cost. n. 204/2004, interpretata nel senso di riconoscere poteri autoritativi in capo alla pubblica amministrazione nell’esecuzione del rapporto. L’art. 11 viene letto nel senso di prevedere una prevalenza del potere pubblico sugli aspetti contrattuali, in ragione della sua funzionalizzazione all’interesse pubblico. In questo quadro, la giurisprudenza contrasta l’elemento di contrattualizzazione del rapporto concessorio ad opera della normativa europea e del d.lgs. 50/2016 qualificando l’accordo concessorio come accordo amministrativo ai sensi dell’art. 11, l. 241/1990 e, quindi, subordinando la regolazione privatistica alla preminenza generale delle potestà pubbliche, laddove esercitate. In tal senso, l’elemento di contrattualizzazione sembra comportare una reazione di senso opposto, di so- stanziale pubblicizzazione.
Ma la contrattualizzazione non è priva di effetti. La pubblicizzazione del rapporto è ormai consolidata per quanto riguarda le concessioni di beni pub- blici, mentre, per quanto attiene ai servizi pubblici, si può rilevare un orienta- mento minoritario che ne sostiene la natura contrattuale, persino oltre i limiti configurati dalla categoria della concessione-contratto. La divergenza di questi orientamenti deve essere letta alla luce della contrattualizzazione operata dalla normativa europea, che trova applicazione alle concessioni di beni e servizi e non, invece, alla concessione di beni demaniali, esclusi dall’ambito oggettivo delle direttive europee.
In questo quadro di impulso e reazione alla contrattualizzazione dei rap- porti con i privati, la tendenza maggioritaria della giurisprudenza è quella di ac- cordare all’amministrazione una generale supremazia autoritativa. I giudici amministrativo e di legittimità, lungi dall’accogliere le istanze di contrattualizza- zione provenienti dal panorama europeo, hanno invece riesumato il paradigma panpubblicistico, già maggioritario agli inizi del secolo scorso e riproposto oggi nella forma del contratto pubblico.
Nel perseguire questo revivement, amplissimo è il ricorso a clausole genera- li, quali l’“interesse pubblico”, volte non solo a delineare nuove facoltà per la
parte pubblica nell’esecuzione della concessione, ma anche ad assicurare le stesse nella discrezionalità amministrativa. Ciò, al dichiarato fine di salvaguar- dare lo stesso perseguimento dell’interesse pubblico.
Ciò che resta irrisolto è come tale prospettiva si concili con il sistema co- stituzionale odierno. Viene in rilievo, in primo luogo, il principio di legalità, fondamento e limite dell’autoritarietà dell’amministrazione. Problematico è il ricorso a clausole generali, peraltro strettamente legate alla discrezionalità dell’amministrazione stessa, per giustificare elementi di autoritarietà.
In secondo luogo, il revivement pubblicistico deve essere ulteriormente va- lutato sulla scorta della effettiva strumentalità allo scopo perseguito, e cioè la tutela della funzionalizzazione dell’accordo. L’argomento ha precipuo rilievo poiché è proprio su tale strumentalità che la citata giurisprudenza argomenta la supremazia dell’amministrazione, unico presidio al perseguimento dell’interesse pubblico. Si osserva, infatti, che «il ricorso a strumenti di diritto privato non nega la possibilità del controllo funzionale, disponendo l’ordinamento degli strumenti dell’evidenza pubblica e della facoltà di assoggettare il contratto di diritto privato al vincolo di scopo del perseguimento del pubblico interesse»60.
In terzo luogo, la tendenza alla completa pubblicizzazione del rapporto deve essere valutata anche alla luce dell’efficacia rispetto allo scopo che perse- gue, che non può essere limitato ad assicurare il controllo pubblico sull’erogazione del servizio e sulla gestione del bene pubblico funzionalizzato, ma, più correttamente, all’efficienza ed efficacia della relativa funzione pubbli- ca. A questo proposito, non sembrano sussistere ragioni per ritenere che ripor- tare l’accordo coi privati entro canoni pubblici autoritativi sia effettivamente funzionale al buon andamento del servizio, considerando che l’efficienza del servizio dipende in primo luogo dall’operatore e che la privatizzazione dei pri- mi decenni del secolo rispondeva alla «necessità - che s’avvertiva chiara - di assicurare alle imprese concessionarie tutele più credibili rispetto alle incertezze che aveva offerto loro la costruzione unilateralistica»61.
60 L.R. PERFETTI, op. ult. cit., p. 418.
61 M. D’XXXXXXX, op. cit., p. 3.