Formazione lavoratori
Art. 37 D.Lgs. 81/08 e s.m.i. – Accordo Stato Regioni 21.12.2011
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
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Definizione
Azioni od operazioni comprendenti, non solo quelle più tipiche di sollevamento, ma anche quelle, rilevanti, di spinta, traino e trasporto di carichi che “in conseguenza di condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano, tra l’altro, rischi di lesioni dorso- lombari”.
“tra l‘altro” : nella movimentazione manuale di carichi vi sono altri tipi di rischio quali quelli di infortunio o per altri segmenti dell’apparato locomotore diversi dal rachide dorso-lombare (es. cumulative trauma disorders del tratto cervicale e degli arti superiori) o ancora per altri apparati (es. cardiovascolare).
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La movimentazione manuale dei carichi quando non si colloca in realtà industriali, risulta essere un problema di imprecisa definizione e complessa argomentazione.
Tuttavia per ciò che concerne gli aspetti anatomo-funzionali e la biomeccanica della colonna, i concetti base rimangono gli stessi e riguardano la struttura del rachide in toto, le sue caratteristiche di resistenza agli stress meccanici e le capacità di movimento.
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Attività a rischio
Specifici rischi lavorativi in diversi contesti in cui vi è un largo ricorso alla forza manuale: addetti all'edilizia, operatori mortuari, addetti all'industria ceramica, cavatori, operatori ospedalieri, addetti ad operazioni di facchinaggio.
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Il rachide è costituito dalle vertebre che sono i suoi elementi base, 33 in tutto di cui:
◼ 7 cervicali
◼ 12 toraciche
◼ 5 lombari
◼ 5 sacrali
◼ 4 coccigee
La loro struttura anatomica è caratterizzata da una porzione anteriore, il corpo vertebrale e da una porzione posteriore, l’arco simile ad un ferro da cavallo all’interno del quale scorre il midollo spinale. In questa sede sono presenti, disposti parallelamente rispetto all’asse maggiore del corpo
vertebrale due processi trasversi e perpendicolarmente il processo spinoso.
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Particolarmente importanti sono i processi articolari che mettono direttamente in contatto, mediante le rispettive faccette gli archi delle vertebre sovrastanti e sottostanti.
Tali elementi anatomici si sovrappongono gli uni sugli altri come una lunga fila di “dadi”.
Fra ogni corpo vertebrale si inserisce il disco intervertebrale che oltre a separare i corpi vertebrali ha una importante funzione di ammortizzatore.
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Il disco intervertebrale è a diretto contatto dei corpi vertebrali e ha la funzione di ammortizzatore idraulico.
È formato da due parti distinte:
Una parte centrale, il nucleo polposo formato da una sostanza gelatinosa costituita per oltre l’88% di acqua
Una parte anulare esterna, l’anello fibroso, caratterizzato da strutture fibro- cartilaginee disposte in strati concentrici attorno al nucleo centrale.
La parte anteriore diretta verso l’addome è abitualmente più spessa e forte della corrispondente parte posteriore.
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Anatomia del rachide
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La funzione del nucleo polposo è quella di ridistribuire le forze di compressione nei vari segmenti del rachide, permettendo alle vertebre significativi micro-movimenti in ogni direzione che sommandosi si traducono in quei movimenti di grande ampiezza che caratterizzano la nostra colonna vertebrale.
L’anello fibroso, invece, ha funzione di mantenere a stretto contatto i corpi vertebrali, di contenere il nucleo polposo e di resistere alla tensione.
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Il disco intervertebrale è una struttura non vascolarizzata.
Il suo nutrimento avviene per scambi metabolici secondo un meccanismo di osmosi dai letti capillari presenti attorno.
Quando si applica una pressione sul disco (es. movimento in flessione del rachide) si ottiene una fuoriuscita dei liquidi di nutrimento e una riduzione dello spessore del disco stesso.
Per meccanismo inverso se si toglie pressione (es. durante il sonno) avviene un richiamo di liquidi verso l’interno del disco e un ripristino della sua struttura.
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Funzionalità dei dischi intervertebrali
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Un’azione eccessiva e prolungata del carico discale, sommata al naturale invecchiamento di queste strutture, può provocare un progressivo deterioramento dell’anello fibroso che tende a fissurarsi e a rompersi con conseguente discopatia e fuoriuscita del materiale nucleare (ernia del disco), e di interessamento delle strutture adiacenti.
Per i suoi stretti rapporti anatomici con le strutture ligamentose tale fuoriuscita è molto rara a livello anteriore mentre è più probabile a livello posteriore o postero-laterale.
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Aumento pressione
Fuoriuscita sostanze nutritive
Diminuzione pressione
Ingresso sostanze nutritive
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Si può quindi definire la disfunzione discale come una anomalia anatomica e funzionale del disco intervertebrale, tale da poter essere identificata come causa prevalente della lombalgia o lombosciatalgia.
La disfunzione discale può essere reversibile (dislocazione, bulging o protrusione) o irreversibile (ernia estrusa o sequestrata)
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Disturbi alla colonna
Incremento del rischio di contrarre affezioni acute e croniche dell'apparato locomotore ed in particolare del rachide lombare
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Il nucleo polposo, nella sua migrazione, può andare a comprimere strutture molto delicate come le radici nervose.
La radice nervosa risponde, allora, all’irritazione con una reazione infiammatoria e il dolore si propaga in tutto il territorio corrispondente ai filamenti nervosi coinvolti.
A livello lombare, per esempio, è tipica l’irritazione del nervo sciatico (radice L4, L5).
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Nel corpo umano l’equilibrio è un insieme di aggiustamenti automatici ed inconsci che ci permettono, contrastando la forza di gravità, di mantenere una posizione o di non cadere durante l’esecuzione di un gesto.
L’unico momento in cui il corpo umano non resiste alla forza di gravità è quando si è sdraiati.
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Il baricentro, o centro di gravità, è il punto di applicazione di tutte le forze peso su un corpo, la verticale passante per il baricentro è detta linea di gravità.
La posizione del baricentro cambia in relazione alla forma e alla posizione di tutte le parti che compongono un corpo.
Questo avviene anche nel corpo umano che è paragonabile ad una struttura formata da più segmenti sovrapposti; nell’uomo fermo in piedi è situato davanti al terzo superiore dell’osso sacro (ombelico).
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Il baricentro si proietta sul terreno all’interno di una zona detta base d’appoggio.
Fino a quando la proiezione del centro di gravità si mantiene all’interno della base di appoggio si è in una condizione di equilibrio, quando tale proiezione si sposta verso la sua periferia si perde progressivamente stabilità e si è costretti, per mantenere l’equilibrio, ad un aumento di lavoro muscolare o a una veloce variazione della base di appoggio.
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La grandezza e la forma della base di appoggio sono fattori che influenzano la stabilità.
Quando siamo in piedi con base instabile possiamo aumentare la base di appoggio:
allargando le gambe
con l’uso di un supporto esterno (es. un bastone) appoggiando un ginocchio su una superficie (sul letto).
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PRINCIPI DI STABILITA’
Più basso è il baricentro maggiore è la stabilità del corpo.
Si guadagna stabilità quando la base di appoggio è orientata nella direzione del movimento.
Più è ampia la base di appoggio maggiore è la stabilità del corpo.
Maggiore è l’attrito fra le superfici di supporto e le parti del corpo a contatto con esso più il corpo è stabile.
Da questo principio si desume l’importanza delle calzature, fra i fattori che influenzano la stabilità.
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Carico sul fulcro
br
bp
Le Leve
Carico sul fulcro
Se bp/br = 2 Fp = 2 Fr
Forza peso
Forza resistente
Fulcro
Leva
Fp
Fr
bp
br
Legenda:
Fp Forza Peso
bp Braccio forza peso Fr Forza Resistente
br Braccio forza Resistente
Fp
Fr
Condizione di equilibrio: Fr * br = Fp * bp
Se br = bp Fr = Fp
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Forze applicate al Disco Intervertebrale
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Nel corpo umano il segmento osseo è l’asse della leva, l’articolazione è il fulcro, la forza peso è la potenza e la forza muscolare è la resistenza, quindi la leva articolare è in equilibrio quando:
forza muscolare x distanza dei muscoli dall’articolazione
=
Peso x distanza del peso dall’articolazione
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A livello del fulcro della leva, se la applichiamo alle vertebre lombari, si sommano il peso sollevato, la forza necessaria per svolgere il compito, il peso delle strutture sovrastanti (capo, torace, arti superiori e visceri) e la tensione generata dai muscoli e legamenti che agiscono a questo livello.
Tale somma prende il nome di sovraccarico discale
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Perché tenere un peso più vicino al corpo?
◼ Minore è la distanza del peso sollevato dall’articolazione
◼ minore sarà la forza muscolare necessaria a sollevarlo, quindi minore sarà il sovraccarico discale
FM
P
Potenza x braccio della Potenza
x braccio della Resistenza
=
Resistenza
Distanza dei muscoli
dall’articolazione BP
Fulcro Articolazione
Distanza
del peso dall’articolazione BR
10Kg
R
Equilibrio della leva
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PressionArte. 37sDu.Lgis.d81i/s08cehs.mi .ii. n– Atcecorrrdvo SetartotReegbionria21l.1i12.2011
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Nell’arco della vita non esiste persona che non venga colpita almeno una volta da dolore al rachide.
Sofferenza che colpisce persone di tutte le età ed occupazioni, sia che svolgano attività fisica pesante, sia che siano dediti a lavoro sedentario.
Mantenere in maniera prolungata una stessa posizione o eseguire particolari movimenti in modo scorretto (come sollevare pesi) possono essere causa di dolore.
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Il disco intervertebrale è una delle strutture maggiormente esposte ad alterazioni strutturali, in quanto deve sostenere carichi importanti ogni qual volta si debbano sollevare o trasportare pesi.
Un peso di 10 Kg sollevato in maniera corretta grava sui dischi intervertebrali lombari con un carico di 227 Kg.
Quando il carico discale è pari a 350 kg, il disco è a rischio di frattura.
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Fisiologia
Strategia per una Corretta Movimentazione
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Fattori di rischio
Carico
Pesante Ingombrante Difficile da afferrare
Contenuto: Pericoloso o in equilibrio instabile
Obbliga movimentazione a distanza, torsione o inclinazione dorso
Ambiente
Spazio ristretto
Pavimento: scivoloso, irregolare, instabile Soffitto basso
Illuminazione
Attività
Frequente e ripetuta Distanze troppo grandi Ritmo non modulabile
Lavoratore
Inidoneità fisica
Non informazione e formazione Abbigliamento incongruo
FoFormazrmazioionene llaavoratovoratoriri
ArArt.t. 3737 D.D.LgLgs.s. 81/81/0088 ee s.s.m.m.i.i. –– AccoAccordrdoo SSttaattoo RReegigionioni 2121.12.12..20120111
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D.Lgs. 81/08: Strategia d’azione
1. Individuazione dei compiti che comportano una movimentazione manuale potenzialmente a rischio
2. Meccanizzazione dei processi in cui vi sia movimentazione di carichi per eliminare il rischio
3. Ausiliazione degli stessi processi, laddove ciò non sia possibile, e/o l’adozione di adeguate misure organizzative per il massimo contenimento del rischio
4. Uso condizionato della forza manuale. In quest’ultimo caso si tratta prima di valutare l’esistenza e l’entità del rischio e di adottare le eventuali misure per il suo contenimento
5. Sorveglianza sanitaria (accertamenti sanitari preventivi e periodici) dei lavoratori addetti ad attività di movimentazione manuale
6. Informazione e la formazione degli stessi lavoratori
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Possibili soluzioni