COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXX XXXXXXXX VELI Membro designato dalla Banca d'Italia (BO) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) SOLDATI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(BO) MARINARO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 19/09/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Estinto anticipatamente un contratto di finanziamento da rimborsarsi mediante cessione del quinto della pensione (alla rata 48 di 120), il ricorrente–per il tramite di procuratore - con lettera di reclamo, chiedeva all’intermediario la restituzione della quota non maturata delle voci di costo connesse al finanziamento, anche di natura assicurativa, oltre interessi e spese legali.
Non ritenendo soddisfacente il rimborso effettuato dalla resistente, il ricorrente ha adito questo Arbitroperchiedere,in via principale,il ristorno totale degli “oneri relativi al costo di intermediazione” ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. cons., per € 2.112,00 e il ristorno pro quota delle “commissioni gestione pratica” per € 1.694,01 per un totale complessivo di € 4.106,01, e, in via subordinata, il rimborso pro quota di tutte le commissioni per € 2.973,56, in entrambi i casi oltre interessi dal giorno dell’estinzione al rimborso, oltre spese legali per € 500,00.
Costituitosi ritualmente, l’intermediario contestava il contenuto del ricorsoaffermando: 1) in ordine alla non rimborsabilità degli oneri non maturati, che: i) l’Autorità Giudiziaria
Ordinaria non è solita ordinare il rimborso di alcunché nel caso in cui il rapporto di prestito venga anticipatamente estinto; ii) nell’ipotesi in esame, il contratto di finanziamento (oggetto di specifica approvazione e sottoscrizione da parte del cliente, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.) prevedeva espressamente la possibilità per il cedente di fruire, in caso di estinzione anticipata del prestito, dell’abbuono dei soli interessi (TAN) per il periodo di ammortamento non goduto, non anche di tutte le commissioni e gli oneri non maturati; 2) con specifico riferimento alle commissioni di attivazione (lett. b), che: i) sussiste una sostanziale differenza tra le commissioni di attivazione e le spese di istruttoria (lett. a), entrambe percepite up front dalla banca a copertura dei costi e dei rischi connessi all’attivazione del finanziamento. Nel corso di detta fase, “pur essendo stato sottoscritto il contratto di finanziamento, non ha avuto ancora inizio l’ammortamento”; ii) solo conclusa tale fase, con l’erogazione del netto ricavo dell’operazione, inizia il periodo di ammortamento, con la conseguente attività volta alla vera e propria fase di gestione amministrativa del prestito, remunerata, quest’ultima, con la voce contrattuale denominata “commissioni di gestione”; iii) con la decisione n. 4494/14 il Collegio di Napoli, chiamato a decidere sulla pretesa di parte ricorrente di ottenere il rimborso della quota non maturata della summenzionata voce di costo, abbia rilevato “che il contratto di finanziamento sub iudicio specifica le stesse con esclusivo riferimento ad attività prodromica alla sua conclusione (c.d. up front): in ossequio al ricordato costante orientamento dei Collegi ABF, la corrispondente domanda restitutoria non può trovare accoglimento”; 3) con specifico riferimento alle commissioni di gestione pratica (lett. c) non maturate, che: i) a seguito della estinzione, la banca, conformemente all’art. 3 del contratto, ha riconosciuto al ricorrente la somma di 1.222,05 euro; ii) la metodologia di calcolo utilizzata per il conteggio degli interessi corrispettivi, nonché degli oneri e spese connesse al finanziamento, risponde ai criteri previsti dai principi contabili internazionali IFR-IAS. Ne deriva che nessun’altra somma è dovuta; 4) in ordine alle commissioni di intermediazione (lett. f), che: i) sono state trattenute up front dalla banca al momento dell’erogazione del finanziamento e successivamente versate al mediatore creditizio per la remunerazione delle attività dallo stesso svolte in forza dell’incarico di mediazione conferito dal cliente; ii) l’importo corrisposto al mediatore è stato oggetto di una espressa pattuizione tra il ricorrente e la società di mediazione all’interno del menzionato incarico di mediazione creditizia, “conferito autonomamente e liberamente dal cliente al mediatore (persona giuridica iscritta all’albo dei mediatori creditizi, allora tenuto dall’UIC)”. Tale incarico riporta chiaramente tutte le caratteristiche e le condizioni delle attività che la società di mediazione creditizia dovrà svolgere nell’interesse del potenziale cliente, contenendo una dettagliata informativa, circa, a titolo esemplificativo, l’oggetto dell’incarico, gli obblighi del mediatore, le provvigioni e le modalità di pagamento; iii) le commissioni di intermediazione si riferiscono, quindi, all’attività svolta dal mediatore creditizio, volte a mettere in relazione il cliente con l’ente finanziatore. Si tratta di componenti di costo una tantum, trasmesse dall’intermediario al mediatore in relazione ad una prestazione già eseguita, diversamente da quelle in favore della banca finanziatrice che, invece, vengono applicate in un’unica soluzione, a fronte di prestazioni continuative lungo l’intera durata del rapporto; iv) l’art. 2 del predetto incarico chiarisce, infatti, che “l’incarico… si estingue alla sua scadenza o prima nel caso di ottenimento ed accettazione da parte del richiedente di uno dei finanziamenti richiesti”; 5) in ordine alle spese legali, che la richiesta di rimborso deve essere respinta, non risultando necessaria l’assistenza di un legale (Collegio di Milano decisione n. 5501/16; Collegio di Napoli, decisione n. 3024/2016: Collegio di Roma, decisione n. 9115/16).
In ragione di tali eccezioni, l’intermediario chiedeva all’ABFdi rigettarle avverse richieste in quanto destituite di ogni fondamento logico e giuridico.
DIRITTO
1. In xxx xxxxxxxxxxx, il Collegio evidenzia come la domanda si inserisca nell'ambito del ben noto filone della retrocessione proporzionale degli oneri applicati a prestiti verso cessioni del quinto della retribuzione, nel momento in cui questi finanziamenti vengono estinti anticipatamente rispetto al normale decorso del piano di ammortamento. Tuttavia, il ricorrente, ed è ciò che caratterizza detto ricorso, spezza le domande in due segmenti: l'uno, principale, tende a richiedere, accanto alla retrocessione proporzionale delle altre commissioni e oneri, anche la declaratoria di invalidità (con conseguente obbligo di retrocessione dell'intero importo versato al momento della contrazione del prestito) della commissione per l'intermediario del credito, frappostosi nel perfezionamento del finanziamento (e si vedrà tra un istante come occorra distinguere, all'interno di tali operatori, tra agenti finanziari, mediatori creditizi, enti iscritti negli appositi albi di cui all'art. 106 TUB o semplici mandatari del finanziatore).
Più in particolare, parte ricorrente assume che detta clausola sarebbe contrastante con norme inderogabili di legge, costituite dall'art. 125 novies T.U.B. (di cui viene postulata l'applicabilità ratione temporis) e con la normativa in tema di tutela del consumatore e segnatamente con le norme di cuiagli artt. 33 e 34, commi 2 e 4.
Il ricorrente allega la vessatorietà della previsione contrattuale relativa alla commissione qui ricordata, in relazione al significativo squilibrio tra le prestazioni, con particolare riferimento all’importo dovuto, alla carenza di informazione ed alla mancanza di trattativa tra le parti.
La domanda subordinata ulteriore, sottoposta all'attenzione del Collegio, nel caso in cui venisse rigettata detta interpretazione del dettato normativo in merito alla commissione dell'intermediario, è una ben nota domanda di retrocessione degli oneri e delle commissioni applicate al finanziamento, inclusa quella in favore dell'intermediario del credito, sulla base del principio proporzionale, come ritenuto elaborato dalla giurisprudenza ABF.
2. Inquadrata in questi termini la domanda su cui il Collegio è chiamato a pronunciarsi, si deve premettere che la domanda principale è stata recentemente fatta oggetto di analisi da parte del Collegio di Coordinamento (ci si riferisce alle decisioni n. 9584 e 9585 del 1 agosto 2017). Il Collegio ha elaborato importanti principi che, per la loro rilevanza sistematica, meritano di essere riportati letteralmente come segue.
Anzitutto, il Collegio ha preso in esame la disposizione normativa principale utilizzata per impugnare la clausola (i.e. la commissione per l'intermediario finanziario), ossia l'art. 125 novies (e segnatamente il secondo comma dell'articolo). Detta norma, introdotta nel Testo Unico Bancario, con il d.lgs. 141/10 (entrato in vigore a far data dal 19 settembre 2010), prevede che “il consumatore è informato dell’eventuale compenso da versare all'intermediario del credito per i suoi servizi. Il compenso è oggetto di accordo tra il consumatore e l'intermediario del credito su supporto cartaceo o altro supporto durevole prima della conclusione del contratto di credito”. Xxxxxx, in primo luogo, il Collegio di Xxxxxxxxxxxxx ha ritenuto che detta norma, per le caratteristiche delle varie figure professionali che si presentano nella conclusione di un contratto di finanziamento siffatto, non sarebbe rettamente interpretata qualora la si estendesse a ogni figura professionale intervenuta nella fase negoziale di un prestito.
In primo luogo, la norma sopra citata, e i relativi diritti a favore del cliente, non può trovare applicazione laddove l'intermediario intervenuto sia, sebbene la figura di cui infra sia sussumibile nel genere degli intermediari del credito (art. 121 comma 1 lett. h), un agente
del finanziatore, in quanto, ad onta del disposto normativo che prevede il pagamento (diretto) di una somma dal cliente all'intermediario del credito, “non è invece configurabile la richiesta rivolta al consumatore di corrispondere un compenso a favore dell’agente in attività finanziaria, posto che quest’ultimo, a norma dell’art. 128-quater del TUB, agisce esclusivamente su mandato di un intermediario, il quale provvede alla sua remunerazione e inserisce il relativo ammontare fra i costi del credito che compongono il TAEG”. A conclusioni differenti (a' fini della definizione soggettiva del parametro di applicazione della normativa), ed è questa la condizione che ricorre per la decisione del caso in vertenza, si deve giungere qualora l'intermediario del credito sia un intermediario del credito rientrante in quelli di cui all'albo ex art. 106 TUB (“l’ “intermediario ex art. 106 TUB” indicato nel contratto come “intermediario del credito” ricade nell’ambito applicativo dell’art. 125- novies”), ovvero un mediatore creditizio, di cui all'art. 128 sexies TUB.
In caso di intervento di tali figure la normativa predisposta dalla novella del 2010 potrebbe essere applicata, al ricorrere tuttavia dell'ulteriore parametro, di natura oggettiva, richiesto dalla disciplina. Il citato Collegio di Xxxxxxxxxxxxx ha infatti chiarito che “per quanto attiene, invece, alle disposizioni di cui al comma 2, le stesse trovano applicazione solo in ipotesi di effettiva richiesta al consumatore di un compenso da versare direttamente all’intermediario del credito (nella norma si fa riferimento a un “eventuale compenso”). Il “compenso”, nel senso precisato dalla citata disposizione della legge bancaria, è di regola richiesto dal mediatore creditizio, il quale agisce su incarico conferitogli dal cliente (v. sul punto, le disposizioni sulla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”, emanate dalla Banca d’Italia, Sezione VII, par. 4.2.5, comma 4. Vedasi anche, in linea di principio, il disposto dell’art. 128-sexies, che al comma 3-bis (riguardante una nuova figura di mediatore creditizio), dispone: “Il soggetto di cui al comma 2-bis può svolgere esclusivamente l'attività ivi indicata nonché attività connesse o strumentali. Per queste attività è remunerato esclusivamente dal cliente)”.
Pertanto, per quanto attiene alla vertenza in oggetto, il ricorrente, al fine di fruire del disposto dell'art. 125 novies, deve dimostrare (in ossequio anche a quanto deciso dal Collegio di Coordinamento n. 7716/17 in tema di ripartizione dell'onere della prova sui fatti costitutivi della domanda) non solo che l'intermediario del credito interpostosi nella vertenza sia un intermediario ex art. 106 TUB ovvero un mediatore creditizio (con esclusione dunque di agenti e semplici mandatari del finanziatore), ma anche che vi sia stata una dazione diretta di denaro, volta a remunerare i servizi resi a questi dall'intermediario del credito sulla base di un rapporto negoziale diretto. Di tale ultimo requisito, ossia la dazione diretta di denaro dal cliente all'intermediario frutto di un accordo diretto tra essi, non vi è traccia nel materiale documentale fornito dal ricorrente, ragione per la quale non vi è spazio per l'applicazione della disposizione in vertenza.
In definitiva, non emergono i presupposti per ritenere violato l'art. 125 novies nella fattispecie in oggetto anche a prescindere dal merito delle ipotizzate violazioni, in quanto norma non applicabile nel caso specifico.
3. Detto ciò, non resta che procedere con l'esame dell'ulteriore argomentazione che viene prospettata dalla parte ricorrente per fare dichiarare l'invalidità della clausola di intermediazione finanziaria, basata sul contrasto con la disciplina in tema di diritto del consumatore (articolo 34 commi 2 e 4 cod. cons.). Su tale aspetto, il Collegio non può che rilevare come le norme chiamate in causa dal ricorrente, in realtà, si limitino a richiedere, impedendo al giudicante ogni valutazione in termini di convenienza economica dell'affare per il consumatore, che il professionista illustri in modo chiaro e comprensibile gli oneri collegati alla prestazione dei servizi propri o dei propri ausiliari. Nel caso in vertenza, il
Collegio non può che fare proprio l'orientamento già espresso dall'ABF come segue: “la clausola di cui alla presente controversia sfugge, tuttavia, alle indicazioni “presuntive” appena richiamate, in quanto da reputarsi sussumibile sotto la previsione di cui al secondo comma dell’art. 34 cod. consumo, che esclude che il carattere vessatorio di una clausola possa attenere alla “determinazione dell’oggetto del contratto” o anche “all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi”, a condizione che tali elementi siano individuati “in modo chiaro e comprensibile”. La previsione appena richiamata sembra disegnare un delicato punto di equilibrio tra il principio della libertà contrattuale, al quale il nostro sistema di diritto contrattuale continua a ispirarsi, e l’esigenza di perseguire la giustizia sostanziale nell’ambito dei rapporti obbligatori derivanti dalla regola negoziale. La norma in esame, in particolare, sembra precludere all’interprete la possibilità di sindacare l’equilibrio economico dell’assetto di interessi divisato dalle parti, trattenendolo dalla tentazione di arrischiarsi a determinare il pretium iustum delle prestazioni dedotte nel regolamento contrattuale. Questa soluzione incontra però un limite correlato all’esigenza di assicurare che il rapporto obbligatorio sia pienamente trasparente. E così anche l’equilibrio economico dell’operazione negoziale diventa sindacabile ogniqualvolta le clausole relative all’oggetto del contratto e al corrispettivo dei beni e dei servizi siano formulate in modo poco perspicuo. L’asimmetria informativa, che già di partenza caratterizza il rapporto professionista-consumatore, ha indotto il legislatore a mostrare assoluta intolleranza per le clausole relative al prezzo che non siano formulate in modo “chiaro e comprensibile”. Applicando queste regole al caso di specie, il Collegio ritiene che la clausola di cui alla lett. D del regolamento contrattuale concluso inter partes si sottragga a una valutazione di vessatorietà. Occorre infatti tenere presente che la somma dovuta dal consumatore risulta chiaramente indicata, senza possibilità di generare incertezze” (Collegio di Napoli n. 5194/13).
In questo senso, a nulla vale confondere l'opacità della clausola descrittiva dell'attività negoziale posta in essere dall'intermediario del credito con l'opacità in sé della clausola del prezzo che invece, nel caso di specie, risulta essere perfettamente comprensibile, essendo stata quantificata in un importo economico in valore assoluto, perfettamente determinato e comprensibile (tanto da essere quantificata proprio dal medesimo ricorrente in sede di domanda subordinata, il quale ben era al corrente di quanto avrebbe corrisposto al professionista). Inoltre, a nulla vale argomentare sulla base della (presunta) eccessiva onerosità della commissione (impiegando in modo discutibile parametri statistici rilevati per altri fini e con altri presupposti, cfr. Collegio di Coordinamento n. 9584/17), in quanto argomentazione del tutto estranea, come testé evidenziato nel richiamato precedente, ai fini del giudizio di (in)validità della clausola in parola;in ogni caso, come nota anche il Collegio di Coordinamento, un eventuale difetto informativo non potrebbe che rilevare non agli effetti della vessatorietà della clausola, ma solo ai fini della eventuale responsabilità precontrattuale, e di un ipotetico risarcimento del danno, elementi ai quali, peraltro, il ricorrente non ha fatto neppure cenno.
In conclusione, la parte della domanda principale, tendente a rilevare l'invalidità della clausola di determinazione della commissione dell'intermediario del credito, non può trovare accoglimento.
4. A questo punto il Collegio procede all’esame delladomanda formulata dal ricorrente in via subordinata.
Nel caso di specie, l’intermediario riferisce, altresì, di avere offerto al ricorrente pro bono pacis, a seguito della presentazione del reclamo, l’ulteriore rimborso della somma di € 2.729,45con riferimento alla commissione di intermediazione, oltre al rimborso già
riconosciuto.
Il Collegio richiama il costante orientamento dell’ABF secondo il quale, in caso di estinzione anticipata del prestito contro cessione del quinto della retribuzione/pensione / con delegazione di pagamento: (a) sono rimborsabili, per la parte non maturata, le commissioni bancarie (comunque denominate) così come le commissioni di intermediazione e le spese di incasso quote; (b) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare; (c) l’importo da rimborsare viene stabilito secondo un criterio proporzionale rationetemporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue; (d) l’intermediario è tenuto al rimborso a favore del cliente di tutte le suddette voci, incluso il premio assicurativo (v. Collegio di Coordinamento, decisione n. 6167/2014).
Il Collegio richiama, altresì, come il Collegio di Coordinamento, successivamente, abbia espresso i seguenti princìpi generali: (a) l’art. 125-sexiest.u.b. è una norma imperativa che esplicita un criterio di competenza economica non derogabile; (b) di conseguenza, «il ricorso all’autonomia negoziale non può spingersi fino ad escludere ex ante– attraverso la negoziazione di un criterio di rimborso alternativo a quello pro rata temporis– il rimborso di costi versati dal cliente e dovuti per attività o prestazioni non erogate per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento»; (c) fermo restando quanto precede, nonché la ribadita esigenza di una chiara distinzione tra costi up front e costi recurring, l’autonomia negoziale delle parti può esplicarsi nella individuazione del criterio di maturazione dei costi definiti come recurring, nel senso che tale maturazione può «avere uno sviluppo non strettamente lineare o proporzionale»; (d) quando ciò avviene, anche il rimborso dovuto al soggetto finanziato in caso di estinzione anticipata può – coerentemente – seguire il criterio adottato per la maturazione dei costi recurring, ossia può risultare «non strettamente lineare o proporzionale (come normalmente avviene)»; (e) in conclusione, dunque, «le parti sono libere di determinare i futuri costi recurringe la loro distribuzione nel corso del tempo, ma non la quota di quei costi oggetto di rimborso in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la cui determinazione è, in ogni caso, regolata dal principio di competenza economica, da intendersi quale criterio legale di rimborso ex art. 125-sexies TUB» (decisione n. 10035/2016).
Infine, il Collegio evidenzia come in relazione al costo di intermediazione di contratto analogo a quello di cui al ricorso, di recente, la Conferenza dei Collegi del 15 maggio 2017 ne ha riconosciuto la natura “up front ”.
In linea con il richiamato orientamento, tenuto conto delle posizioni condivise da tutti i Collegi territoriali, riscontrata, da un lato, la natura recurring delle riportate voci di costoreltive alle “commissioni di attivazione” e alla “commissione gestione pratica”afronte dei costi sostenuti dal consumatore al momento della conclusione del contratto e, dall’altro, la natura up frontdei costi di intermediazione,e respinte in parte le eccezioni dell’intermediario, si conclude che al ricorrente deve essere riconosciuta la restituzione proporzionale della quota di commissioni non godute, calcolate in € 1.026,36, secondo il criterio pro rata temporis in rapporto alle 72 rate residue del contratto anticipatamente estinto, come risulta dalla seguente tabella:
rate pagate | 48 | rate residue | 72 | Importi | Metodo pro quota | Rimborsi già effettuati | Residuo |
Oneri sostenuti | |||||||
Commissioni di attivazione (lett. B) | 924,00 | 554,40 | 554,40 | ||||
Commissioni gestione pratica (lett. C)(*) | 2.823,35 | 1.694,01 | 1.222,05 | 471,96 | |||
Costo di intermediazione (lett. F) | 2.112,00 | 1.267,20 | up front | ||||
Totale | 1.026,36 |
Sulla somma così calcolata è dovuto il rimborso degli interessi legali a decorrere dalla data del reclamo al saldo effettivo.
La domanda di ristoro delle spese per la difesa tecnica è respinta, in ossequio all’orientamento del Collegio di coordinamento (Decisione n. 3498/2012).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio – in parziale accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario tenuto in favore della parte ricorrente alla restituzione dell’importo complessivo di euro 1.026,36 (milleventisei/36), oltre interessi legali dalla data del reclamo.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1