Contract
Il premio di risultato nella contrattazione collettiva:
lineamenti teorici*
di Xxxxxx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxxx
Sommario: 1. Definizione. – 2. Funzioni. – 2.1. Funzione incentivante e motivazionale. – 2.2. Funzione partecipativa e redistributiva. – 2.3. Funzione sanzionatoria e di riequilibrio. – 2.4. Scomposizione e so- vrapposizione di funzioni. – 3. Obiettivi. – 3.1. Efficienza produttiva. –
3.1.1. Produttività. – 3.1.2. Assenteismo. – 3.1.3. Sicurezza. – 3.1.4. Qualità. – 3.1.5. Efficienza energetica e riduzione dei costi. – 3.2. Red- ditività. – 4. Modalità di funzionamento del premio di risultato.
1. Definizione
Il premio di risultato è un istituto di natura contrattuale consi- stente in un’erogazione variabile connessa al conseguimento di obiettivi concordati tra le parti e misurati attraverso opportuni indicatori di performance. A prescindere dal grado di variabilità del premio e dal fatto che lo stesso sia assegnato in modo stabile
* Il presente capitolo è interamente frutto di riflessione comune. Tuttavia la stesura dei
§§ 1, 2, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 4 è da riferirsi a X. Xxxxxxxxxx, mentre la stesura dei §§ 3, 3.1., 3.2. è da riferirsi a D. Mosca.
e quindi consolidato nella struttura retributiva, l’istituto implica una progressione (o regressione) retributiva orizzontale, dando luogo ad una variazione economica in positivo (o in negativo) a parità di mansione e inquadramento contrattuale. Sebbene in molti casi l’istituto sia introdotto unilateralmente dalla direzione d’azienda o tramite contrattazione individuale col singolo lavora- tore, ai fini di questa ricerca saranno considerati esclusivamente i premi di risultato istituiti e regolati tramite contratto collettivo aziendale. Ciò in ragione del fatto che sia in Italia che in Spagna, il contratto aziendale si configura quale principale fonte di rego- lazione dell’istituto, almeno per le categorie di operai e impiegati.
2. Funzioni
In un primo e autorevole tentativo di collocazione storica dei si- stemi retributivi incentivanti (1), è stato rilevato come, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, tali modelli retributivi emerges- sero nella contrattazione aziendale in risposta alle richieste dei la- voratori, desiderosi di vedersi riconosciuto il diritto alla condivi- sione dei benefici collegati all’andamento aziendale, nonché all’interesse dei datori di lavoro a sostituire gli schemi retributivi a cottimo con incentivi indiretti legati all’apporto globale, anziché individuale, della forza lavoro. Nel tempo, le funzioni del premio di risultato sono andate articolandosi, mantenendo tuttavia una struttura rispondente nel complesso tanto alle esigenze manage- riali, quanto alle esigenze dei lavoratori.
(1) X. XXXXXX, L’evoluzione della contrattazione collettiva nelle industrie siderurgica e mineraria (1953-1963), Xxxxxxx, 1964.
2.1. Funzione incentivante e motivazionale
La funzione incentivante (2) e motivazionale (3) attribuita al premio di risultato dalla direzione d’azienda mira a stimolare i lavoratori verso comportamenti ritenuti funzionali al raggiungimento di adeguati livelli di performance qualitative e quantitative (4), su-
(2) Riguardo l’effetto incentivante dei sistemi retributivi connessi alle per- formance si rimanda a E.P. XXXXXX, Salaries and piece rates, in Journal of Busi- ness, 1986, n. 3, 405 ss., e E.P. XXXXXX, Performance pay and productivity, in The American Economic Review, 2000, n. 5, 1346 ss. Nel merito, Xxxxxx mostra che tali modelli hanno un effetto positivo sulla produttività e sulla qualità del lavoro anche e soprattutto grazie ad un effetto incentivo in capo ai lavora- tori. Più nello specifico, circa l’incentivazione allo sforzo lavorativo si ri- manda altresì alla teoria economica dei salari di efficienza. Nel merito, l’assunto principale è che al crescere del salario aumentino positivamente impegno e produttività dei lavoratori: la produttività della forza lavoro di- pende dal livello salariale, sicché un potenziale aumento della retribuzione aziendale non comporta un aumento dei costi in capo al datore di lavoro, suscitando invece un effetto produttivo (c.d. “effort function”) della retri- buzione. Su quest’ultimo aspetto, e sempre nell’ambito teorico dei salari di efficienza, si vedano R.M. XXXXX, Another possible source of wage stickiness, in Journal of Macroeconomics, 1979, n. 1, 79 ss., e X. XXXXX, Efficiency wages in Xxxxxxxx’x share economy, in IR, 1989, n. 2, 321 ss.
(3) La funzione strettamente motivazionale si spiega con il presupposto che gli incentivi salariali comportano in capo al lavoratore pure una condizione di benessere relazionale, e non soltanto economico. X. XXXXXXX, Labor contracts as partial gift exchange, in Quarterly Journal of Economics, 1982, n. 4, 543 ss., ha teorizzato il meccanismo socio-psicologico del “dono e controdo- no”, sicché l’impresa, mediante incrementi nella retribuzione aziendale e incentivi, comunica alle maestranze apprezzamento e stima, per cui il lavo- ratore ricambia il datore di lavoro con maggior impegno e motivazione sul luogo di lavoro.
(4) Riguardo alla possibilità che schemi retributivi incentivanti determinino un allineamento tra i comportamenti lavoratovi, posti in essere dalle mae- stranze, e le strategie datoriali di produttività e qualità del lavoro, si vedano,
bordinando l’erogazione (o il decurtamento) di una quota del premio al raggiungimento di specifici obiettivi concordati dalle parti del contratto collettivo. Sebbene l’incentivazione sia la fun- zione più declamata del premio di risultato, nella prassi risulta anche la più difficile da realizzare, come si dirà nel prosieguo del- la ricerca. Il comportamento delle persone, infatti, è determinato solo in parte da fattori motivazionali estrinseci, come appunto quelli economici, i quali non sempre riescono nell’intento di sti- molare determinate azioni (5).
su tutti, J.N. CLEVELAND, K.R. XXXXXX, X.X. XXXXXXXX, Multiple uses of performance appraisal: prevalence and correlates, in Journal of Applied Psychology, 1989, n. 1, 130 ss.; K.R. XXXXXX, X.X. CLEVELAND, Understanding perfor- mance appraisal: social organizational and goal-based perspectives, Sage Publica- tion Inc., 1995; e X. XXXXXXXX, Aligning human resources and business strategies, Xxxxxxxx, 0000.
(5) La precisazione, si anticipa, trova un primo riferimento scientifico nella Teoria dei risultati attesi contenuta in V.H. XXXXX, Work and motivation, Jo- ssey-Bass Business and Management Series, Xxx Xxxxxxxxx, 0000, per la quale la motivazione dei lavoratori è legata all’aspettativa ed alla valenza. L’aspettativa, nello specifico, consiste nella percezione della probabilità che l’azione del lavoratore possa condurre ad ottenere un risultato, mentre la valenza consiste nell’attrattività e nella soddisfazione che l’individuo attri- buisce al raggiungimento dell’obiettivo: al crescere dell’aspettativa e della valenza, aumenta anche la motivazione nel lavoratore medesimo. Più di re- cente il dibattito scientifico si è arricchito con le deduzioni di E.L. DECI,
R.M. XXXX, Intrinsic motivation and self-determination in human behavior, Plenum press, 1985, e, successivamente, R.M. XXXX, X.X. DECI, Intrinsic and extrinsic motivations: classic definitions and new directions, in Contemporary Educational Psy- chology, 2000, n. 25, 54 ss. Posta la distinzione tra fattori motivazionali estrinseci (per i quali un’attività viene svolta allo scopo di ottenere un rico- noscimento o premio) e fattori motivazionali intrinseci (per i quali un’attività viene svolta per la soddisfazione generata dalla stessa), Xxxx e Xxxx hanno condotto degli esperimenti su dei gruppi di studenti, per giun- xxxx a concludere che i risultati migliori si ottengono in quei casi in cui ai
2.2. Funzione partecipativa e redistributiva
Nella logica di attiva partecipazione e coinvolgimento dei lavora- tori ai risultati dell’impresa, il premio di risultato può costituire un valido sistema di redistribuzione del reddito, secondo i vari modelli aziendali di compensazione.
La funzione partecipativa e redistributiva (6), definita rispettivamente gain-sharing o profit-sharing, realizza una forma di partecipazione agli utili o ai risparmi di gestione dell’azienda secondo programmi concordati, in cui la retribuzione variabile del lavoratore viene le- gata a indici oggettivi estratti dal bilancio o misurati secondo pa- rametri che fotografano il raggiungimento o meno di una dato obiettivo (7).
soggetti viene lasciata ampia autonomia, senza il ricorso a incentivi o premi. In senso contrario a questa conclusione, e cioè a sostegno dell’effetto posi- tivo dei fattori estrinseci sull’impegno profuso dai lavoratori, E.P. XXXXXX, Performance pay and productivity, cit. Il tema dell’efficacia motivazionale delle forme retributive incentivanti resta comunque controverso e ampiamente dibattuto nella letteratura economico-organizzativa. Per una ricostruzione sull’evoluzione recente in materia, cfr. X. XXXXXX, It’s Not That Simple: Ex- trinsic Versus Intrinsic Rewards, in Compensation & Benefits Review, 2013, vol. 45,
n. 3.
(6) Un tentativo di definizione delle funzioni della retribuzione incentivante in senso lato, per vero con primo riferimento alla funzione redistributiva, si può rinvenire in X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Contrattazione a livello di impresa: partecipazione allo sviluppo delle competenze versus partecipazione ai risultati finanziari, in Lavoro e Relazioni Industriali, 1999, n. 2, 115 ss.
(7) Nel merito della distinzione tra sistemi gain-sharing e profit-sharing, è pos- sibile qui anticipare che sistemi gain-sharing hanno la caratteristica di far rife- rimento alla produttività ed efficienza dell’intero complesso produttivo, ovvero dello stabilimento o fattore lavoro, collegandovi una quota di sala- rio variabile (tra i tanti, così X. XXX, I vantaggi economici per i lavoratori legati ai
In questo caso il premio di risultato ha lo scopo di contribuire, da un lato, a massimizzare la partecipazione e il coinvolgimento dei collaboratori all’andamento economico dell’azienda, in coerenza con la condivisione del rischio d’impresa prodotta dalla variabilità salariale stessa. Dall’altro lato, il premio realizza una strategia re- distributiva volta a garantire un certo grado di corrispondenza tra salari e performance economiche aziendali (8).
2.3. Funzione sanzionatoria e di riequilibrio
Vi è infine una funzione che può essere definita, a seconda della prospettiva, di giustizia sociale o sanzionatoria, volta in un caso a riequilibrare il sinallagma nel rapporto di lavoro allorché si pre- vedono, ad esempio, modalità di lavoro che implichino un ina- sprimento della condizione lavorativa (es. regimi di turnazione a ciclo continuo, notturni o in assetto multiperiodale), in un altro a
risultati dell’impresa, in DRI, 2002, n. 2, 175 ss., e X. XXXX, Le forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, 637 ss.). D’altra parte, i sistemi profit-sharing collegano invece una quota di salario variabile agli utili di bilancio e ad indi- ci di redditività aziendale (si prendano nuovamente a riferimento X. XXX, op. cit., e X. XXXX, op. cit., così come X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, G. VA- LIETTI, op. cit., e X. XXXX, Partecipazione, flessibilità delle retribuzioni ed innovazioni contrattuali dopo il 1993, in Tecnologia e società. Tecnologia, produttività, sviluppo, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, 169 ss.).
(8) X. XXXXXXX, Performance related pay, in X. XXXXXXXXX (a cura di), The Xxxxxxxxx Encyclopedic Dictionary of Organizational Behavior, Xxxxxxxxx, 1998, a titolo esemplificativo, distingue i sistemi di profit-sharing e gain-sharing in rela- zione a vari e diversi fattori, tra cui lo scopo. Da questo punto di vista, l’Autore nota che la finalità dei primi consiste nella suddivisione del rischio, mentre quella dei secondi schemi si identifica nell’incentivo allo sforzo la- vorativo.
sanzionare le ipotesi di abuso da parte del lavoratore rispetto alla fruizione di diritti e tutele connesse alla prestazione di lavoro (es. il caso delle forme anomale di assenteismo).
2.4. Scomposizione e sovrapposizione di funzioni
Le funzioni svolte dall’istituto possono essere interconnesse e complementari tra loro, ma non sempre sono sovrapponibili in senso assoluto.
In generale, l’effettiva funzione incentivante dei premi di risultato è un assunto tutto da dimostrare sul piano della prassi delle rela- zioni di lavoro. L’evidenza empirica dimostra ad esempio che le forme retributive incentivanti, anche quando incidono positiva- mente sulla motivazione c.d. estrinseca, possono ridurre il grado di motivazione c.d. intrinseca del lavoratore (9), determinato da variabili di tipo psicologico, culturale, sociale ed educativo. Inol- tre, non è scontato che il raggiungimento degli obiettivi concor- dati dalle parti nel premio di risultato, sia stato determinato da un comportamento del lavoratore quale conseguenza dell’incentivo economico (10). E, ciononostante, il premio può assolvere co- munque una funzione redistributiva.
(9) Cfr. E.L. XXXX, X.X. XXXX, op. cit.; R.M. XXXX, X.X. DECI, op. cit.; con- tra E.P. XXXXXX, Performance pay and productivity, cit. Oltre a quanto specifica- to precedentemente, per una ricognizione generale e aggiornata del dibatti- to e delle evidenze sul tema, si rimanda, ancora a X. XXXXXX, It’s not that simple: extrinsic versus intrinsic rewards, Editorial, cit.
(10) In connessione al tema dell’equivocità degli effetti sull’aspetto motiva- zionale dei lavoratori, si possono configurare ulteriori ipotesi in cui l’incentivo economico non determina un comportamento virtuoso del di- pendente e non spinge lo stesso a tenere comportamenti lavorativi funzio-
D’altro canto, in molti casi l’istituzione del premio non mira af- fatto ad incentivare la produttività e la qualità del lavoro, essendo la misura concordata quale mero strumento di politica redistribu- tiva, in forma alternativa ad erogazioni in cifra fissa. In altre pa- role, in risposta ad una azione rivendicativa del sindacato, l’azienda si vincola nel contratto ad un aumento del costo del la- voro solo a fronte del raggiungimento di determinate performan- ce economiche. In questo caso, la funzione motivazionale del premio può esserci o meno, ma diviene secondaria rispetto all’utilizzo dello strumento in chiave partecipativa e redistributi- va.
nali agli obiettivi prefissati. A riguardo, si pensi a fenomeni distorsivi quali free-riding o ratchet effect (letteralmente, meccanismo “a ruota dentata” oppure “d’arresto”). Nel primo caso, in particolare, i lavoratori, consci di non esse- re direttamente controllati, sfrutterebbero i risultati ottenuti dai colleghi, venendo meno l’incentivo ad impegnarsi (sul punto, A.L. XXXXX, X. XXXXX, Earnings, productivity, and performance-related pay, in Journal of Labor Economics, 1999, n. 3, 447 ss.). Nel secondo caso, invece, la criticità muove da quei contesti in cui, una volta raggiunto un determinato livello, non è più possibile tornare indietro. I lavoratori, dunque, per scongiurare futuri incrementi nelle soglie parametrali, tenderebbero ad impegnarsi meno di quanto invece potrebbero (su questo tema si vedano E.P. XXXXXX, Compen- sation, productivity and the new economics of personnel, Working Papers in Eco- nomics, The Hoover Institution, 1992; B.W. XXXXX, X. XXXXXXXXX, Job transfers and incentives in complex organizations: thwarting the ratchet effect, in RAND Journal of Economics, 1987, n. 18, 275 ss.; H.L. XXXXXXXXXX, X.X. XXXXXXX, Worker cooperation and the ratchet effect, in Journal of Labor Econom- ics, 2000, n. 18, 1 ss.; e X. XXXX, M.D. XXXXXX, Promise and peril in imple- xxxxxxx pay for performance: a report on thirteen natural experiments, in Human Re- source Management, 2004, n. 1, 3 ss.). L’effetto prodotto è quello di una de- motivazione generalizzata sul luogo di lavoro e, conseguentemente, di un decremento dell’efficienza produttiva del sistema azienda.
Analogo discorso può essere svolto in relazione alla funzione sanzionatoria e di “giustizia sociale”. Nel caso dell’aumento/decurtazione del premio a fronte, ad esempio, di forme abnormi di assenteismo, la funzione motivazionale e in- centivante dello strumento è tutta da dimostrare sul piano della prassi applicativa, mentre è sempre realizzata la funzione sanzio- natoria e di giustizia sociale sia nell’ambito del rapporto tra dato- re di lavoro e singolo lavoratore, che nei rapporti tra lavoratori.
3. Obiettivi
Per un verso, il premio di risultato può essere congeniato in fun- zione delle specifiche e multiformi necessità aziendali, che varia- no a loro volta in relazione a fattori endogeni, quali l’organizzazione del lavoro, il tipo di processo produttivo, il tipo di prodotto, il tipo di mercato di riferimento, ecc., e a fattori eso- geni, quali le condizioni generali dell’economia e del mercato di riferimento. Potenzialmente, qualunque necessità espressa dalla direzione d’azienda, può essere integrata in un obiettivo del pre- mio di risultato, a prescindere che la realizzazione della stessa rientri nella piena o parziale disponibilità dei lavoratori (11).
Un ulteriore tentativo classificatorio può infatti riferirsi ai para- metri su cui poggiano gli schemi premiali. Da questo punto di vi- sta, mentre i sistemi gain-sharing sono costruiti su parametri defi- nibili come interni, giacché si esauriscono ed osservano all’interno dell’organizzazione aziendale di riferimento, i sistemi
(11) Si rimanda nuovamente a J.N. CLEVELAND, K.R. XXXXXX, X.X. XXX- XXXXX, op. cit.; K.R. XXXXXX, X.X. CLEVELAND, op. cit.; e X. XXXXXXXX, op. cit.
profit-sharing si basano su parametri e fattori esterni, vale a dire su aspetti che non si esauriscono nell’unità produttiva di riferimento ma sono soggetti alle logiche di mercato (12).
Per l’atro verso, la genesi del premio di risultato può anche essere di natura concessiva, e cioè in risposta ad azioni rivendicative del- le rappresentanze dei lavoratori. In questo caso, non è detto vi sia coincidenza tra l’obiettivo cui viene subordinata l’erogazione del premio e le esigenze aziendali.
Pur non esistendo unanimità con riguardo alle fonti di competiti- vità a livello aziendale – frutto di specificità, sinergie ed elementi non replicabili nel tempo e tra differenti realtà imprenditoriali – la prassi in ambito di determinazione del salario variabile ha as- sodato l’utilizzo prevalente di due indici: l’efficienza produttiva, in senso lato, e la redditività. Con specifico riferimento all’efficienza produttiva, non si segnala soltanto la diffusione di indicatori direttamente identificabili in obiettivi di produttività, ma altresì la presenza di parametri indirettamente collegati alla stessa, tra cui, a titolo di esempio, il tasso di assenteismo, il tasso di infortuni occorsi sul luogo di lavoro, gli indicatori legati alla qualità del lavoro, nonché ulteriori parametri collegati ad obiettivi di efficientamento nei processi produttivi dell’azienda o di ridu- zione dei costi. D’altra parte, gli indici di redditività trovano esau- stivamente riscontro in parametri generalmente connessi all’andamento dei risultati e dei profitti aziendali.
(12) Un primo tentativo di definizione sulla base della tipologia dei parame- tri utilizzati, distinti tra interni ed esterni, è rinvenibile in X. XXXXX, La con- trattazione aziendale nel triennio 1994-1996, CSC Ricerche, 1997, n. 123.
3.1. Efficienza produttiva
3.1.1. Produttività
La produttività rappresenta «una famiglia di indici in cui una quantità di output è rapportata alla quantità delle relative risorse di input» (13). Data la molteplicità di operazioni svolte dalle singo- le imprese e i diversi mercati in cui interagiscono, i contratti col- lettivi aziendali evidenziano definizioni eterogenee attribuite ai termini “input” e “output”. Gli indicatori di produttività utilizzati dalle aziende sono i più disparati: il volume prodotto, la quantità di ore lavorate, la saturazione della produzione ecc. L’eterogeneità degli aspetti elencati (talvolta più vicini ad un con- cetto di efficienza ed efficacia, talvolta legati ad elementi qualita- tivi) deriva dal numeroso insieme di fattori, variabili, caratteristi- che che influenzano la produttività stessa, configurabili strategi- camente da parte dell’azienda come vere e proprie leve di compe- titività e di crescita (14). Semplificando, il concetto di produttività del lavoro è ottenuto come ammontare o valore di output pro- dotto sulla quantità di lavoro utilizzato; dove l’output prodotto può essere preso in termini di valore misura lorda o netta (valore aggiunto) oppure in termini di quantità e volumi prodotti e l’input lavoro può essere interpretato come numero di addetti o numero totale di ore lavorate.
(13) Federmeccanica, Il Premio di Risultato: CCNL 5 luglio 1994.
(14) In tal senso, X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit. Per una ricognizione e rico- struzione circa gli indicatori di produttività più ricorrenti nella contratta- zione collettiva aziendale, si rimanda a La contrattazione collettiva in Italia (2012-2014), Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2015.
3.1.2. Assenteismo
Gli indicatori legati al contenimento del tasso di assenteismo compaiono in molti casi nella veste di indici correttivi di ade- guamento del premio di risultato complessivo per la determina- zione del premio individuale, oppure come parametri diretti alla determinazione del premio di risultato complessivo. Con riguar- do al primo caso, il coefficiente moltiplicatore correttivo, si di- stingue a sua volta a seconda della sua strutturazione in tre tipo- logie: il premio presenza (che interviene aumentando il premio di risultato al raggiungimento dell’obiettivo e lascia inalterato il premio altrimenti), la penalità per assenza (che interviene dimi- nuendo il premio complessivo in corrispondenza di certe soglie di eventi di assenza e lascia inalterato il premio altrimenti) e il correttivo proporzionale in funzione della presenza e dell’assenza (che agisce in entrambe le direzioni, diminuendo/aumentando il premio in funzione dell’assenza/presenza) (15).
3.1.3. Sicurezza
Una buona politica in materia di salute e sicurezza sul lavoro fa bene alla salute della azienda. La prevenzione degli infortuni in- cide particolarmente sulla produttività aziendale e contribuisce all’ottimizzazione dei processi di assunzione, motivazione e con- servazione del personale qualificato. Per questo sono diffusi nella contrattazione collettiva parametri per la misurazione del numero degli infortuni o per la verifica del corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, dei comportamenti e delle procedure di
(15) Per una ricognizione e ricostruzione relativamente agli indicatori o cor- rettori contrattuali connessi all’andamento dei livelli di assenteismo, sia esso computato come individuale o collettivo, si veda La contrattazione collettiva in Italia (2012-2014), cit.
sicurezza. Tra quelli maggiormente ricorrenti figurano gli indica- tori che rappresentano il numero di incidenti avvenuti in un pe- riodo riferiti alle ore lavorate tenendo in considerazione la dura- ta/gravità del/degli incidenti/e. Altre tipologie di parametri, quali il LWDIF (Lost Working Days Injury Frequency) tengono invece conto del numero di infortuni che hanno causato un tot di gior- nate di lavoro perse, mentre alcuni contratti utilizzano sistemi di auditing. Altri contratti ancora, infine, fanno rientrare nel calcolo del premio anche la previsione di incidenti e infortuni nell’analisi dei rischi piuttosto che il numero di ore effettivamente dedicate alla formazione per la sicurezza (16).
3.1.4. Qualità
Se da un lato prettamente economico la recente crisi ha ridotto i livelli produttivi, dall’altro le imprese hanno puntato maggior- mente sulla qualità degli articoli fabbricati o dei servizi offerti per raccogliere nuove quote di mercato e fare delle caratteristiche di prodotti e servizi l’elemento di principale competitività. Ciò ha comportato un’inclinazione aziendale diretta ad ancorare i premi di risultato a prodotti e processi, ovvero alla stessa qualità orga- nizzativa intera (17).
I parametri al cui rispetto è subordinata l’erogazione del premio di risultato sono individuati con riguardo alla qualità del lavoro svolto dai singoli, ad esempio in termini di professionalità espres- sa, e alla qualità della produzione, sia in termini assoluti, sia in termini di rapporto con altri parametri suscettibili di consentire
(16) Per una ricognizione e ricostruzione circa gli indicatori legati a parame- tri di salute, sicurezza, ovvero igiene sul luogo di lavoro, più ricorrenti nella contrattazione collettiva aziendale, si veda La contrattazione collettiva in Italia (2012-2014), cit.
(17) Sul punto, X. XXXX, op. cit.
una valutazione dinamica in tal senso. Questi ultimi, possono es- sere suddivisi in parametri relativi alla qualità interna e indici rela- tivi alla qualità esterna. La prima (qualità interna) è commisurata all’output del processo produttivo (per esempio la riduzione degli scarti e la riduzione «del prodotto non conforme», ovvero alla qualità del processo produttivo), mentre la seconda fa riferimen- to alla customer satisfaction, ovvero alla percezione che il cliente ha del prodotto e del servizio. Tra gli indici compresi in quest’ultima categoria figurano, ad esempio, quelli legati ad obiettivi di ridu- zione dei reclami dei clienti, puntualità delle consegne oppure i questionari somministrati alla clientela per la determinazione di veri e propri indici di soddisfazione (18).
3.1.5. Efficienza energetica e riduzione dei costi Efficienza energetica
Alcuni contratti collettivi subordinano l’erogazione di una parte
del premio di risultato al raggiungimento di obiettivi di risparmio ed efficienza energetica. Gli indicatori impiegati per la misurazio- ne delle performance energetiche sono di diversa natura e varia- no dal generico ottenimento o conferma di etichette per la certi- ficazione della compliance con gli standard ambientali, alla misura- zione del consumo/spreco di gas, energia elettrica, acqua, mate- riale di cancelleria (es. carta e toner per le stampanti) ecc. (19).
(18) Per una ricognizione e degli indicatori di qualità, sia essa considerata come interna oppure esterna, ricorrenti nella contrattazione collettiva aziendale, si rimanda a La contrattazione collettiva in Italia (2012-2014), cit.
(19) Uno studio su tre casi di aziende che hanno introdotto contrattualmen- te sistemi salariali collegati al raggiungimento di c.d. “obiettivi verdi” è rin- venibile in X. XXXXXXXXXX, Conversione ecologica degli ambienti di lavoro, sindacato e salari, in DRI, 2015, n. 2, 363 ss.
Altri indicatori
In alcuni casi, management e organizzazioni sindacali legano il premio di risultato a piani di smaltimento delle ferie o dei per- messi, nel caso in cui, ad esempio, i residui in capo ai lavoratori risultino eccessivi (20).
3.2. Redditività
La redditività corrisponde alla capacità dell’azienda di generare ricchezza/di produrre un reddito in un determinato periodo di tempo. Per la misurazione degli obiettivi di redditività sono im- piegate misure economiche dedotte dai bilanci e dai conti eco- nomici aziendali, per legare il premio di risultato alla condizione economica dell’azienda, con il doppio vantaggio della (potenzia- le) incentivazione del risultato aziendale e dell’effettiva commisu- razione e sostenibilità del premio stesso rispetto all’andamento dei profitti (21).
Con riguardo alla concreta estrapolazione dalle voci di bilancio, si distinguono indicatori di redditività semplici, ovvero considerati nel loro valore assoluto, ed indicatori composti, derivanti dalla elaborazione con altre voci. Alla prima tipologia di misurazione appartengono gli indicatori tra cui: ROI (Return on Investment), che
(20) Per una ricognizione e ricostruzione circa ulteriori indicatori ricorrenti nella contrattazione collettiva aziendale, e attinenti la sfera dell’efficientamento produttivo dell’azienda, tra cui quelli legati allo smalti- mento di ferie e permessi, si faccia nuovamente riferimento a La contratta- zione collettiva in Italia (2012-2014), cit.
(21) X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., identificano i modelli basati sulla redditivi- tà come quelli che poggiano su indici economico-aziendali rappresentativi dell’andamento economico e di mercato dell’azienda. Analogamente, X. XXX, op. cit., e X. XXXX, op. cit.
misura la redditività operativa, ovvero il rendimento dei capitali investiti nell’area caratteristica – Reddito operativo/Capitale in- vestito netto; ROE (Return on Equities), che misura la redditività netta, ovvero la remunerazione del capitale apportato direttamen- te o indirettamente dai titolari – Risultato d’esercizio/Patrimonio netto; ROS (Return on Sales), che misura la redditività delle vendi- te in termini di gestione caratteristica (reddito operativo) – Red- dito operativo/Fatturato; MOL (Margine Operativo Lordo), che corrisponde al risultato operativo ante ammortamenti rapportato al valore dei ricavi – Reddito operativo ante ammortamen- ti/Fatturato. L’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Deprecia- tion and Amortization) è l’equivalente dell’italiano MOL, ma al net- to dei costi e dei ricavi derivanti dalla gestione accessoria dell’azienda (22).
In ragione della depurazione da fluttuazioni eccezionali derivanti da variazioni nelle politiche o nei prezzi, alcuni premi di risultato sono affidati ad indici composti che sintetizzano insieme più mi- sure di redditività, come ad esempio quelli che rapportano le so- praccitate voci di redditività a misure di ricavo o di valore aggiun- to.
4. Modalità di funzionamento del premio di risultato
Le modalità di funzionamento del premio di risultato variano in funzione degli obiettivi e della politica retributiva aziendale, a lo- ro volta dipendenti dalle variabili illustrate nel § 3. Esistono mol- teplici tipologie di indicatori utilizzabili come parametri di misu-
(22) Per una ricognizione e ricostruzione attinente gli indicatori di redditività e profitto più ricorrenti nella contrattazione collettiva aziendale, si veda an- cora La contrattazione collettiva in Italia (2012-2014), cit.
razione delle performance, ciascuna delle quali articolata a sua volta in numerose alternative con diversi gradi di complessità, di- versi ambiti applicativi e metodi di calcolo.
In generale si distinguono sistemi di misurazione delle perfor- mance collettive, dal gruppo di lavoratori, all’unità produttiva, fi- no all’azienda o al gruppo nel complesso, da sistemi che tengono conto dell’apporto individuale del singolo lavoratore (23).
I meccanismi di assessment più sofisticati prevedono sistemi di ef- fettiva valutazione del contributo dei singoli o della collettività al raggiungimento del risultato, anche attraverso il controllo delle variabili che concorrono alla performance. In altri casi, questa misurazione può essere del tutto assente, laddove ad esempio il contratto collettivo si limiti a fissare un obiettivo e una somma da corrispondere in caso di raggiungimento del risultato (24).
Le modalità di funzionamento della retribuzione aggiuntiva si di- stinguono, inoltre, in relazione al grado di variabilità (determina- tezza o indeterminatezza) del premio di risultato. Un basso grado di variabilità è associato ad obiettivi predefiniti, rigidi o modulari,
(23) Sulla differenza tra sistemi incentivanti individuali e sistemi incentivanti collettivi, X. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., e X. XXXX, op. cit. In relazione al si- stema domestico, i secondi subordinano l’erogazione collettiva di una quo- ta retributiva al raggiungimento di obiettivi generalmente espressione della produttività o della redditività dell’impresa. I primi, diversamente, si basano su criteri di valutazione della singola prestazione lavorativa, con riferimento ai comportamenti del dipendente, ovvero ai risultati effettivamente conse- guiti dallo stesso. Da un punto di vista socioeconomico, di simile avviso circa tale distinzione, X. XXXXXXX, op. cit.
(24) Così anche X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., e X. XXXX,
op. cit.
cui possono corrispondere premi fissi o proporzionali alle per- centuali di raggiungimento del target. Il premio può essere, quin- di, erogato in misura adeguata all’entità dei risultati conseguiti, oppure non essere corrisposto affatto (sistemi on/off), qualora non vengano soddisfatte condizioni minime precedentemente stabilite. Il grado maggiore di variabilità si riscontra nei casi in cui l’importo del premio non è predeterminato neppure nella sua en- tità massima, essendo lo stesso agganciato al valore economico dell’obiettivo raggiunto, che resta ignoto fino al suo determinarsi. Livelli intermedi di variabilità sono, invece, verificabili in presen- za di analisi periodiche degli obiettivi connessi al premio di risul- tato, che sono quindi suscettibili di variazione qualora circostanze esterne (ad es. ricorso alla CIGO, riforme legislative) mettano a repentaglio la corresponsione della retribuzione aggiuntiva, op- pure valutazioni interne dimostrino l’inadeguatezza del target prestabilito.
Come emerso dal § 3, un elemento di complessità nell’analisi del premio di risultato è dato dall’eterogeneità dei parametri impiega- ti dalle aziende per la misurazione della performance. Ad ogni obiettivo (produttività, qualità, redditività ed efficienza) sono as- sociate definizioni e unità di misura differenti, che rispondono al- le esigenze della singola direzione aziendale e alle specificità del settore economico di riferimento. Il carattere articolato della di- sciplina sul premio di risultato compromette, quindi, la formula- zione di linee guida e principi omogenei ma garantisce flessibilità e adattabilità alla politica retributiva aziendale (25).
(25) Sul punto, ad esempio, M.J. XXXXX, X.X. MERCHANT, W.A. XXX XXX XXXXX, M.E. VARGUS, Performance measure properties and incentive system design, in IR, 2009, n. 2, 237 ss., i quali sottolineano che l’eterogeneità degli indica- tori premiali accresce sì la complessità del sistema retributivo, ma, d’altra parte, consente all’azienda di toccare più aspetti della performance lavorati-
Infine, un carattere non meno centrale nel funzionamento degli schemi premianti consiste nell’informativa alle RSU sugli anda- menti dei parametri connessi al premio di risultato. Queste occa- sioni di informazione fornita dall’azienda si realizzano in incontri la cui programmazione è generalmente definita nei contratti col- lettivi. Normalmente, il confronto ha ad oggetto l’andamento dei risultati, l’analisi relativa ai miglioramenti delle performance regi- strate dai parametri, nonché la verifica circa possibili modifiche organizzative a supporto dell’effettività dell’intesa raggiunta. Le procedure di incontro e consultazione tra le parti si esplicano dunque mediante l’istituzione di apposite commissioni di moni- toraggio, attraverso incontri calendarizzati tra le parti, oppure a mezzo di incontri attivati su iniziativa di una delle parti stesse, ad esempio per l’attivazione delle c.d. “clausole di salvaguardia” e dunque a fronte di rilevanti investimenti tecnologici o rimodula- zioni organizzative tali da comportare la necessità di una rivisita- zione degli obiettivi prefissati, se non degli importi premiali.
va e rendere il modello salariale funzionale alle strategie aziendali. Di simile orientamento X. XXXXXXX, R.I. XXXXXX, Do financial incentives drive company performance? An evidence based approach to motivation and rewards, in Hard facts, dangerous half truths, and total nonsense: profiting from evidence based management, Harvard Business School Press, Cambridge, 2006, 109 ss.