CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO PER I DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO PER I DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI
23 MAGGIO 2000
Addì , 23 maggio 2000, in Roma
tra la Confindustria, rappresentata dal Presidente dott. Xxxxxxx Xxxxx e dal Vice Presidente xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx che, assistito dal Vicedirettore Generale xxxx. Xxxxxxx Xxxxx, dal xxxx. Xxxxxxx Xxxx, dal xxxx. Xxxx Xxxxxxxxx, dal xxxx. Xxxxxxx Xxxxxx e dal xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx, ha guidato la delegazione composta dai signori: xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxx, dott. Xxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxx, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, avv. Xxxxxx Xx Xxxxxxx, dott. Xxxxx Xx Xxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxxx D'Xxxxxx, xxxx. Xxxxx Xxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxx Xxxxx Xxxxx, dott. Xxxxxx Xxxxxxx, dott. xxx. Xxxx Xxxxxxxxx Romario, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxx, avv. Xxxxxxx Xxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, xxxx. Xxxxxx Xxxxxxx, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx, xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxx, dott. Xxxxx Xxxxxxxxxx, xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxx, xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx;
e la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali, rappresentata dal Presidente, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx e dalla Delegazione composta dal Capo della Delegazione stessa, xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx e dai signori: xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxxx, rag. Xxxxx Xxxxxxxxxx, xxx. Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxxxx, con l'assistenza del Direttore Generale avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx, nonché con l'assistenza dei signori: xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, xxxx. Xxxxx Xxxxxxx, avv. Xxxxxxxx X'Xxxx, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, dott. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, avv. Xxxxx Xxxxxxxx;
si è convenuto quanto segue per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di aziende industriali 27 aprile 1995 come modificato dall'accordo 19 novembre 1997.
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO PER I DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI
23 MAGGIO 2000
PARTE PRIMA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO
Art. 1 – Qualifica e suo riconoscimento – Applicabilità del contratto – Controversie
1. Sono dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano le condizioni di subordinazione di cui all’art. 2094 del cod. civ. e che ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa.
2. Rientrano sotto tale definizione, ad esempio, i direttori, i condirettori, coloro che sono posti con ampi poteri direttivi a capo di importanti servizi o uffici, gli institori ed i procuratori ai quali la procura conferisca in modo continuativo poteri di rappresentanza e di decisione per tutta o per una notevole parte dell’azienda.
3. L’esistenza di fatto delle condizioni di cui sopra comporta l’attribuzione della qualifica e quindi l’applicabilità del presente contratto.
4. Le eventuali controversie in merito al riconoscimento della qualifica di dirigente sono sottoposte alla procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 del successivo art. 21 ed il riconoscimento che ne consegue comporta l’applicazione del contratto con effetto dalla data di attribuzione delle mansioni oggetto della controversia.
Art. 2 – Istituzione del rapporto
1. L’assunzione o la promozione a dirigente debbono essere effettuate per iscritto con indicazione delle funzioni attribuite, del trattamento economico e delle eventuali condizioni di miglior favore rispetto alle clausole del presente contratto.
2. L’eventuale fissazione del periodo di prova, limitatamente ai dirigenti di nuova assunzione e comunque per una durata non superiore a sei mesi, potrà essere concordata fra le parti e dovrà risultare da atto scritto.
PARTE SECONDA TRATTAMENTO ECONOMICO
Art. 3 – Determinazione del minimo contrattuale
1) Il minimo contrattuale mensile base è fissato, con decorrenza dal 1° gennaio 2000, in lire 5.990.000 (3.093,58 Euro) e, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, in lire 6.170.000 (3.186,54 Euro). Tali misure sono comprensive dell’importo di L. 1.581.000 (816,52 Euro) mensili maturate, alla data del 1° luglio 1991, a titolo di meccanismo di variazione automatica della retribuzione, soppresso ai sensi dell’art. 5 dell’accordo 18 febbraio 1992.
Gli incrementi del minimo contrattuale mensile base, come risultanti dalle decorrenze sopra indicate, non comportano riflessi sull’importo per ex elemento di maggiorazione e sugli aumenti di anzianità di cui rispettivamente all’art. 4 e all’art. 6.
Le variazioni in funzione dell’anzianità di servizio nella qualifica sono regolate dall’art. 6.
2) Xxxxx retribuzioni di fatto percepite alla data del 31 dicembre 1999 è apportato, con decorrenza dal 1° gennaio 2000, un aumento pari alla differenza tra il minimo base di
L. 5.990.000 mensili fissato dal punto 1) del presente articolo e quello fissato, con decorrenza dal 1° gennaio 1999, dal punto 1) dell’art. 3 dell’accordo 19 novembre 1997 (lire 5.800.000).
Analogamente, sulle retribuzioni di fatto percepite alla data del 31 dicembre 2000 sarà apportato, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, un aumento pari alla differenza tra i due minimi base stabiliti al precedente punto 1) (lire 6.170.000 meno lire 5.990.000).
3) In applicazione di quanto concordato con l'accordo 19 novembre 1997, a decorrere dal 1° gennaio 2000, i miglioramenti economici ricorrenti, sulle retribuzioni mensili di fatto percepite, attribuiti aziendalmente successivamente al 31 dicembre 1998 sono assorbibili o conguagliabili con gli aumenti previsti dal presente accordo con decorrenza dal 1° gennaio 2000 e dal 1° gennaio 2001.
4) Salvo il rispetto dei minimi mensili base previsti dal punto 1) nonché dell’importo per ex elemento di maggiorazione di cui all’art. 4, gli aumenti delle retribuzioni di fatto di cui al precedente punto 2) non sono dovuti ai dirigenti assunti dal 1° gennaio 2000.
Disposizioni transitorie
Le parti si danno reciprocamente atto di quanto segue:
a) continua a rimanere ferma la corresponsione dell’importo mensile eventualmente attribuito ai sensi del punto 1. delle disposizioni transitorie all’art. 3 del Ccnl 16 maggio 1985, del punto 1. delle disposizioni transitorie all’art.3 del Ccnl 3 ottobre 1989, nonché del punto 1. delle disposizioni transitorie all’art. 3 dell’accordo 18 febbraio 1992;
b) gli aumenti retributivi derivanti dal presente contratto trovano applicazione nei confronti dei dirigenti in servizio alla data del 23 maggio 2000. Gli importi afferenti il periodo 1° gennaio - 31 maggio 2000 saranno corrisposti, sempreché dovuti, con la retribuzione afferente il mese di giugno 2000.
Dichiarazione a verbale
Le parti, tenuto conto dell’evoluzione delle realtà produttive del Paese e dell’esigenza di crescente coinvolgimento del dirigente nei risultati dell’azienda, costituiranno un gruppo di lavoro paritetico per l’esame del modello di assetti contrattuali, anche in relazione alle esperienze in atto nei principali Paesi europei.
Il gruppo presenterà le proprie valutazioni e proposte alle parti stesse entro il 31 dicembre 2000.
Art. 4 – Importo per ex elemento di maggiorazione
1. L’elemento di maggiorazione di cui all’art. 4 dell’accordo 23 luglio 1987 continua ad essere riconosciuto, in cifra, con le modalità di erogazione in atto, limitatamente ad un ammontare corrispondente al 12% degli elementi della retribuzione mensile individuale di fatto percepiti dal dirigente antecedentemente alla data di sottoscrizione del Ccnl 3 ottobre 1989 e considerati utili dalle vigenti disposizioni di legge e di contratto per il computo del trattamento di fine rapporto.
2. Conseguentemente, la percentuale indicata nel comma 1 non è più applicata ai miglioramenti retributivi attribuiti successivamente al dirigente a qualsiasi titolo (collettivo e/o individuale), ivi compresi tutti quelli derivanti, dal 1° luglio 1989, dal richiamato Ccnl 3 ottobre 1989.
3. Per i dirigenti assunti o promossi nella qualifica a decorrere dalla data di sottoscrizione del Ccnl 3 ottobre 1989, è riconosciuto un importo in cifra fissa pari a L. 438.000 (226,21 Euro) mensili, corrispondente al 12% applicato al minimo contrattuale mensile base previsto dall’accordo 23 luglio 1987 per il rinnovo della parte seconda del Ccnl 16 maggio 1985, nonché all’importo mensile per meccanismo di variazione automatica in atto al luglio 1989 (rispettivamente L. 2.300.000 e L. 1.350.000).
Nota a verbale
Le parti si danno reciprocamente atto che dall’ammontare della retribuzione individuale di fatto, previsto dal comma 1 ai fini del computo dell’ex elemento di maggiorazione, erano esclusi anche i miglioramenti economici che fossero stati aziendalmente attribuiti al dirigente, dalla data di sottoscrizione dell’accordo 23 luglio 1987 o successivamente, in forma espressa e contestualmente a titolo di anticipazione sugli aumenti derivanti dal Ccnl 3 ottobre 1989.
Le parti si danno altresì atto che nei predetti miglioramenti economici era ricompreso l’importo afferente il 12%, suscettibile pertanto di assorbimento con i miglioramenti derivanti dal medesimo Ccnl 3 ottobre 1989.
Art. 5 – Ex meccanismo di variazione automatica
1. Dal luglio 1991 è soppresso l’istituto del meccanismo di variazione automatica della retribuzione dei dirigenti correlato all’aumento del costo della vita, adottato con il Ccnl 4 aprile 1975 e da ultimo disciplinato dall’art. 5 del Ccnl 3 ottobre 1989.
2. Il relativo importo, nell’ammontare complessivo in atto alla data del 1° luglio 1991 (L.
1.581.000 mensili), non suscettibile quindi di ulteriori variazioni, confluisce, a decorrere dal 1° gennaio 1992, nel minimo contrattuale mensile base di cui al punto 1) dell’art. 3 del presente accordo, come espressamente stabilito da detta disposizione.
Dichiarazione a verbale
Le parti si danno reciprocamente atto che la predetta soppressione del sistema contrattuale di variazione automatica è stata convenuta nel quadro del superamento di ogni residua forma di indicizzazione automatica della retribuzione, finalizzato anche a riaffermare il ruolo essenziale della sede negoziale nella definizione dei contenuti economici della disciplina collettiva nazionale della categoria.
Art. 6 – Aumenti di anzianità
1. Gli aumenti retributivi in funzione dell’anzianità di servizio del dirigente sono autonomamente ed integralmente regolati come appresso:
a) al compimento di ciascun biennio di anzianità di servizio con tale qualifica e con effetto dal primo giorno del mese successivo al biennio stesso, al dirigente viene corrisposto un aumento retributivo mensile in cifra fissa pari a L. 250.000 (129,11 Euro);
b) gli aumenti biennali di anzianità maturati fino al 30 settembre 1989 e percepiti a tale data continuano ad essere corrisposti nella misura di L. 215.190 (111,14 Euro) mensili per ciascun aumento di anzianità;
c) gli aumenti di anzianità complessivamente riconoscibili al dirigente non possono essere superiori ai dieci bienni, restando inteso che quelli di cui alla precedente lettera b) concorrono al raggiungimento del predetto limite massimo;
d) gli aumenti di anzianità maturati dall’entrata in vigore delle presenti norme o corrisposti con decorrenza da tale data non sono assorbibili o conguagliabili con gli eventuali trattamenti di miglior favore percepiti dal dirigente, salvo che questi ultimi risultino attribuiti, in forma espressa e contestualmente, allo stesso titolo.
PARTE TERZA SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO
Art. 7 – Ferie
1. A partire dal 1° gennaio 1980, il dirigente ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie, con decorrenza della retribuzione, non inferiore a 35 giorni.
2. Nel calcolo del predetto periodo di ferie saranno escluse le domeniche ed i giorni festivi infrasettimanali considerati tali dalla legge.
3. In ogni caso il dirigente conserva il diritto di beneficiare dell’eventuale maggior periodo di ferie maturato come impiegato.
4. Fermo restando il principio dell’irrinunciabilità delle ferie, qualora eccezionalmente queste ultime non risultino comunque fruite, in tutto o in parte, entro il 1° semestre dell’anno successivo, verrà corrisposta per il periodo non goduto una indennità pari alla retribuzione spettante, da liquidarsi entro il primo mese del secondo semestre di detto anno.
5. In caso di rientro anticipato dalle ferie per necessità aziendali, le spese sostenute dal dirigente sono a carico dell’azienda.
6. La risoluzione del rapporto per qualsiasi motivo non pregiudica il diritto alle ferie maturate.
7. In caso di risoluzione nel corso dell’anno, il dirigente ha diritto alle ferie in proporzione ai mesi di servizio prestati.
8. L’assegnazione delle ferie non può avvenire durante il periodo di preavviso. Pertanto, in caso di preavviso lavorato, si darà luogo al pagamento dell’indennità sostitutiva.
Dichiarazione a verbale
Le parti si danno reciprocamente atto che la misura delle ferie, come stabilita nel presente articolo, assorbe fino a concorrenza eventuali giornate di riposo, comunque aggiuntivamente attribuite nel corso di vigenza del Ccnl 4 aprile 1975 e successivamente fino alla data di sottoscrizione del Ccnl 9 ottobre 1979, o gli eventuali trattamenti economici sostitutivi, corrispondenti ai predetti riposi.
Art. 8 – Aspettativa
1. Al dirigente che ne faccia richiesta per giustificati motivi potrà essere concesso un periodo di aspettativa.
2. Durante tale periodo non è dovuta retribuzione, ma decorre l’anzianità agli effetti del preavviso.
3. I dirigenti che siano eletti membri del Parlamento nazionale o di Assemblea regionale ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa, non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.
4. La medesima disposizione si applica ai dirigenti chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali o regionali e nazionali.
5. I periodi di aspettativa di cui ai due precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell’interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della pensione a carico dell’Inpdai; durante detti periodi di aspettativa l’interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti Enti preposti all’erogazione delle prestazioni medesime.
6. Le disposizioni di cui al precedente comma non si applicano qualora a favore dei dirigenti siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all’attività espletata durante il periodo di aspettativa.
Art. 9 – Formazione – Aggiornamento culturale-professionale
1. Allo scopo di realizzare, in maniera continua e permanente, la formazione e l’aggiornamento culturale-professionale dei dirigenti, le parti, in attuazione di quanto previsto dall’art. 17 della legge n. 196/97, convengono sulla destinazione del contributo integrativo dello 0,30% introdotto dall’art. 25 della legge n. 845/78, a un Fondo paritetico, di natura privatistica, che provveda alla realizzazione di quanto sopra.
2. Le norme concernenti il Fondo saranno stabilite dalle parti mediante successivi accordi.
3. Le parti si attiveranno congiuntamente nei confronti del Governo affinchè vengano rapidamente adottati tutti i provvedimenti necessari per l’utilizzo del prelievo contributivo dello 0,30%.
4. Le parti si attiveranno altresì, affinché sia stabilito un meccanismo automatico di tipo fiscale (sul modello del credito di imposta) a sostegno degli investimenti in formazione autonomamente realizzati dalle imprese, nonché la deducibilità fiscale, entro congrui e adeguati limiti, delle eventuali spese autonomamente sostenute dai dirigenti per la stessa formazione.
5. Inoltre sarà previsto l’esonero fino al 50% degli importi versati al Fondo per la formazione, nei confronti delle imprese che sviluppino e attuino programmi e interventi di formazione continua e permanente a favore dei dirigenti da esse dipendenti, a condizione della preventiva comunicazione di tali progetti e interventi al Fondo.
6. Nel frattempo le parti, allo scopo di favorire una maggiore partecipazione dei dirigenti alla formazione manageriale, concordano che la "Fondazione Xxxxxxxx Xxxxxxxxx" – ente paritetico costituito il 27 febbraio 1997, per iniziativa di Xxxxx e Confindustria, sulla base dell’accordo 31 marzo 1994, confermato dal CCNL 27 aprile 1995 e riconosciuto con decreto del Ministro del Lavoro n. 176 del 23 aprile 1998 – offra alle aziende e ai dirigenti opportunità di formazione ed aggiornamento.
7. In particolare, la Fondazione provvederà ad organizzare o comunque a promuovere:
- occasioni di individuazione delle competenze professionali e dei fabbisogni formativi (c.d. autodiagnosi delle competenze professionali);
- corsi di prima formazione al ruolo manageriale per neo-dirigenti;
- corsi avanzati con contenuti individuati sia nelle aree specialistiche che in quelle della formazione manageriale indifferenziata;
- formazione per favorire l’occupabilità,
nonché ad individuare criteri e forme di assistenza per la scelta e valutazione della formazione.
8. I servizi ed i programmi di formazione così realizzati saranno fruibili senza alcun onere per il dirigente e per l’impresa di appartenenza.
9. La scelta degli interventi e la selezione dei soggetti beneficiari degli stessi verrà effettuata dalla Fondazione tenuto conto delle esigenze dei richiedenti e della compatibilità degli interventi con le risorse disponibili.
Art. 10 – Trasferte e missioni
1. Oltre al rimborso delle spese documentate di viaggio, vitto ed alloggio, nei limiti della normalità, al dirigente in trasferta per periodi non inferiori a 12 ore e non superiori a due settimane è dovuto, per ogni giorno di trasferta, un importo aggiuntivo per rimborso spese non documentabili pari al 2% del minimo mensile contrattuale base, diminuito dell’importo per ex meccanismo di variazione automatica pari a L. 1.581.000 (816,52 Euro) mensili, confluito, a decorrere dal 1° gennaio 1992, nel predetto minimo contrattuale mensile base.
2. In casi di trasferta di durata superiore a due settimane o di missione all’estero, verranno presi accordi diretti tra azienda e dirigente; in ogni caso verrà riconosciuto, ricorrendone le condizioni, l’importo di cui al 1° comma, suscettibile di assorbimento in eventuali trattamenti complessivi di trasferta.
3. Gli importi erogati per il titolo di spese non documentabili non fanno parte della retribuzione ad alcun effetto del presente contratto, ivi compreso il trattamento di fine rapporto e sono suscettibili di assorbimento in eventuali trattamenti aziendali o individuali già in atto allo stesso titolo.
4. Sono fatti salvi gli eventuali trattamenti aziendali o individuali di miglior favore.
Disposizione transitoria
Le parti si danno atto che fino alla data del 31 maggio 2000 ,l’importo aggiuntivo per rimborso spese non documentabili rimane computato sul minimo mensile contrattuale base, sempre diminuito dell’importo per ex variazione automatica in detto minimo confluito, previsto con decorrenza 1° gennaio 1999, dall’art. 3 , punto 1), del CCNL 27 aprile 1995, come modificato dall’accordo 19 novembre 1997 (e cioè su L.4.219.000, corrispondente alla differenza fra L.5.800.000 e L.1.581.000).
Art. 11 – Trattamento di malattia e di maternità
1. Nel caso di interruzione del servizio dovuta a malattia o ad infortunio non dipendente da causa di servizio, l’azienda conserverà al dirigente non in prova il posto per un periodo di 12 mesi, durante i quali gli corrisponderà l’intera retribuzione.
2. Superati i limiti di conservazione del posto sopra indicati, al dirigente che ne faccia domanda sarà concesso un successivo ulteriore periodo di aspettativa fino ad un massimo di 6 mesi, durante il quale non sarà dovuta retribuzione, ma decorrerà l’anzianità agli effetti del preavviso.
3. Alla scadenza dei termini sopra indicati, ove, per il perdurare dello stato di malattia, il rapporto di lavoro venga risolto da una delle due parti, è dovuto al dirigente il trattamento di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso.
4. Se, scaduto il periodo di conservazione del posto, il dirigente non chieda la risoluzione del rapporto e l’azienda non proceda al licenziamento, il rapporto rimane sospeso salvo la decorrenza dell’anzianità agli effetti del preavviso.
5. Per il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro previsto dalle vigenti disposizioni legislative sulla maternità, l’azienda, conservando al dirigente il suo posto di lavoro, corrisponderà l’intera retribuzione mensile.
6. Per il permesso facoltativo post-maternità, fino a 6 mesi, sarà corrisposto il 30% della retribuzione.
7. Tali trattamenti sono sostitutivi di quelli previsti dalle leggi vigenti in materia.
Art. 12 – Trattamento di infortunio e malattia da causa di servizio: Copertura assicurativa
1. Nel caso di interruzione del servizio per invalidità temporanea causata da infortunio avvenuto in occasione di lavoro, l’azienda conserverà al dirigente il posto e gli corrisponderà l’intera retribuzione, integrando quanto erogato dall’Inail a titolo di indennità per inabilità temporanea assoluta, fino ad accertata guarigione o fino a quando sia accertata una invalidità permanente totale o parziale. Eguale trattamento verrà applicato nei confronti del dirigente non in prova nel caso di interruzione del servizio per invalidità temporanea causata da malattia professionale. In ogni caso il periodo di corresponsione della retribuzione non potrà superare due anni e sei mesi dal giorno in cui è sorta la malattia o si è verificato l’infortunio.
L’indennità per inabilità temporanea assoluta a carico dell’Inail è anticipata al dirigente dall’azienda, che ne recupera il relativo importo mediante accredito diretto da parte dell’Istituto.
2. L’azienda inoltre deve stipulare, nell’interesse del dirigente, una polizza che assicuri, in caso di infortunio occorso anche non in occasione di lavoro e in caso di malattia professionale:
a) in aggiunta al normale trattamento di liquidazione, in caso di invalidità permanente causata dai predetti eventi, tale da ridurre in misura superiore ai 2/3 la capacità lavorativa specifica del dirigente, una somma pari a sei annualità della retribuzione di fatto;
b) in caso di invalidità permanente parziale causata dagli stessi eventi una somma che, riferita all’importo del capitale assicurato di cui al punto a), sia proporzionale al grado di invalidità determinato in base alla tabella annessa al T.U. approvato con
D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 e in vigore fino al 24 luglio 2000;
c) in aggiunta al normale trattamento di liquidazione, in caso di morte causata dai predetti eventi, una somma a favore degli aventi diritto, pari a cinque annualità della retribuzione di fatto.
3. Agli effetti dei precedenti commi si considera:
− infortunio sul lavoro, l’evento che, come tale, è previsto dalla normativa sull’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali;
− professionale, la malattia che sia compresa tra quelle indicate nella tabella annessa al citato D.P.R. n. 1124;
− retribuzione, il coacervo dei compensi di cui al comma 2 dell’art. 24.
4. In relazione al decreto legislativo n. 38/2000 che, a decorrere dal 16 marzo 2000, estende ai dirigenti l’obbligo di iscrizione all'INAIL, l’azienda inserirà nella polizza di cui al precedente secondo comma una clausola che, per i casi di infortunio sul lavoro e di malattia professionale, preveda:
a) la riduzione dell’indennizzo, dovuto al dirigente o ai suoi aventi causa sulla base dei massimali come sopra indicati, in misura corrispondente alla prestazione in capitale o in rendita capitalizzata riconosciuta dall’Inail all’assicurato a titolo di invalidità permanente ovvero, in caso di morte, alla prestazione in rendita capitalizzata riconosciuta dallo stesso Ente agli aventi causa dell’assicurato;
b) la subordinazione del diritto all’indennizzo, alla preventiva comunicazione, da parte del dirigente o dei suoi aventi causa, dell’importo della prestazione liquidata dall’Inail;
c) la natura vincolante per la Compagnia di assicurazione dell’accertamento della malattia professionale effettuato dall’Inail o dal Giudice, ferma restando, in quest’ultimo caso, la necessaria informativa da parte del dirigente al fine di consentire la partecipazione al processo della Compagnia;
d) l’erogazione dell’intero capitale assicurato qualora, in caso di infortunio, l’Inail ne contesti il collegamento con il rapporto di lavoro; il dirigente, su richiesta della Compagnia e con ogni onere, ivi compresa la scelta del difensore, a carico della stessa, avrà l’obbligo di proporre causa all’Inail.
In caso di esito favorevole, il dirigente dovrà restituire alla Compagnia la somma che la predetta avrà versato in eccedenza rispetto alla previsione di cui alla precedente lettera a) del presente xxxxx.
5. L’azienda provvederà altresì a stipulare, nell’interesse del dirigente, una polizza che assicuri, in caso di morte e in caso di invalidità permanente tale da ridurre in misura superiore ai 2/3 la capacità lavorativa specifica del dirigente, per cause diverse da quella dell’infortunio comunque determinato e da malattia professionale, una somma, sempre in aggiunta al normale trattamento di liquidazione, pari a L. 200.000.000 (103291,38 Euro) quando il dirigente non abbia figli a carico né coniuge. La predetta somma sarà pari a L. 280.000.000 (144607,93 Euro) quando il nucleo familiare del dirigente interessato risulti composto da uno ovvero da più figli a carico e/o dal coniuge. Il dirigente concorrerà al costo del relativo premio con l’importo di L. 270.000 (139,44 Euro) annue che saranno trattenute dall’azienda sulla sua retribuzione secondo apposite modalità.
6. Le somme rispettivamente assicurate ai sensi del comma precedente, nonché l’entità del concorso economico del dirigente ivi stabilita operano a decorrere dal 1° gennaio 1998.
7. Sono fatte salve, e si considerano sostitutive delle provvidenze stabilite dal presente articolo, specifiche forme di assicurazione aziendalmente già in atto con contenuto almeno equivalente a quello di cui al presente articolo.
8. Sono, altresì, fatte salve e si considerano sostitutive delle provvidenze stabilite al quinto comma eventuali intese, attuali o future, definite fra azienda e dirigente che prevedano l’assunzione diretta da parte dell’azienda, al verificarsi degli eventi ivi specificati, dell’obbligo del pagamento delle somme di cui al richiamato quinto comma, rimanendo in facoltà dell’azienda stessa di assicurare tale obbligo.
DICHIARAZIONE A VERBALE IN CALCE ALL’ ART. 12
Le parti si danno reciprocamente atto che il richiamo alla tabella annessa al DPR n. 1124/1965, di cui al terzo comma del presente articolo, deve intendersi comprensivo dell’ampliamento disposto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 350 del 1997, in base alla quale l’Inail indennizza, oltre alle malattie elencate nella predetta tabella, anche le malattie non tabellate di cui il dirigente dimostri l’origine professionale.
Art. 13 – Trasferimento di proprietà dell’azienda
1. Fermo restando quanto disposto dall’art. 2112 del cod. civ., in caso di trasferimento di proprietà dell’azienda, ivi compresi i casi di concentrazioni, fusioni, scorpori, non debbono in alcun modo essere pregiudicati i diritti acquisiti dal dirigente.
2. Tenuto conto delle particolari caratteristiche del rapporto dirigenziale, il dirigente, il quale, nei casi sopra previsti, non intenda continuare il proprio rapporto potrà procedere, entro 180 giorni dalla data legale dell’avvenuto cambiamento, alla risoluzione del rapporto stesso senza obbligo di preavviso e con riconoscimento, oltre al trattamento di fine rapporto, di un trattamento pari ad 1/3 dell’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento.
Art. 14 – Trasferimento del dirigente
1. Il dirigente può essere trasferito da una ad altra sede di lavoro soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive dell’azienda.
2. Il trasferimento dovrà essere comunicato per iscritto dall’azienda al dirigente con un preavviso non inferiore a mesi tre ovvero a mesi quattro quando il dirigente abbia familiari conviventi e a carico.
3. Al dirigente trasferito sarà corrisposto il rimborso delle spese cui va incontro per sé e famiglia per effetto del trasferimento stesso, nonché l’eventuale maggior spesa effettivamente sostenuta per l’alloggio dello stesso tipo di quello occupato nella sede di origine, per un periodo da convenirsi direttamente tra le parti e comunque per un periodo non inferiore a due anni, oltre ad una indennità una tantum pari a 3 mensilità e mezzo di retribuzione per il dirigente con carichi di famiglia ed a 2 mensilità e mezzo per il dirigente senza carichi di famiglia.
4. Gli importi erogati per i titoli di cui al precedente comma, attesa la loro particolare natura, non sono computabili agli effetti del trattamento di fine rapporto.
5. Per il reperimento dell’alloggio nella sede di destinazione, anche l’azienda esplicherà il suo interessamento per agevolare il dirigente.
6. Per i casi di licenziamento non per giusta causa o di morte entro cinque anni dalla data di trasferimento, l’azienda dovrà rimborsare le spese relative al rientro del dirigente e/o della sua famiglia alla sede originaria.
7. Il dirigente licenziato per mancata accettazione del trasferimento ha diritto al trattamento di fine rapporto ed all’indennità sostitutiva del preavviso.
8. Il dirigente che proceda alla risoluzione del rapporto entro 60 giorni dalla comunicazione di cui al comma 2, motivando il proprio recesso con la mancata accettazione del trasferimento, ha diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento e ad una indennità supplementare al trattamento di fine rapporto pari ad 1/3 del corrispettivo del preavviso individuale maturato.
9. Salvo diverso accordo tra le parti interessate, il trasferimento non può essere disposto nei confronti del dirigente che abbia compiuto rispettivamente il 55° anno se uomo o il 50° se donna.
Nota a verbale
Qualora particolari ragioni di urgenza non consentano all’azienda di rispettare i termini di preavviso di cui al comma 2, il dirigente verrà considerato in trasferta sino alla scadenza dei suddetti termini.
Art. 15 – Responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione
1. Ogni responsabilità civile verso terzi per fatti commessi dal dirigente nell’esercizio delle proprie funzioni è a carico dell’azienda.
2. A decorre dal 1° giugno 1985, il dirigente che, ove si apra procedimento di cui al successivo comma 4, risolva il rapporto motivando il proprio recesso con l’avvenuto rinvio a giudizio, ha diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento e ad una indennità supplementare al trattamento di fine rapporto pari , a decorrere dal 1° giugno 0000 ,xx corrispettivo del preavviso individuale maturato.
3. Il dirigente consegue il diritto a percepire i trattamenti previsti dal precedente comma sempreché abbia formalmente e tempestivamente comunicato al datore di lavoro la notifica, a lui fatta, dell’avviso di reato a seguito del quale sia stato successivamente rinviato a giudizio.
4. Ove si apra procedimento penale nei confronti del dirigente per fatti che siano direttamente connessi all’esercizio delle funzioni attribuitegli, ogni spesa per tutti i gradi di giudizio è a carico dell’azienda. È in facoltà del dirigente di farsi assistere da un legale di propria fiducia, con onere a carico dell’azienda.
5. Il rinvio a giudizio del dirigente per fatti direttamente attinenti all’esercizio delle funzioni attribuitegli non costituisce di per sé giustificato motivo di licenziamento; in caso di privazione della libertà personale il dirigente avrà diritto alla conservazione del posto con decorrenza della retribuzione.
6. Le garanzie e le tutele di cui al comma 4 del presente articolo si applicano al dirigente anche successivamente all’estinzione del rapporto di lavoro, sempreché si tratti di fatti accaduti nel corso del rapporto stesso.
7. Le garanzie e le tutele di cui ai commi precedenti sono escluse nei casi di dolo o colpa grave del dirigente, accertati con sentenza passata in giudicato.
Art. 16 – Mutamento di posizione
1. Il dirigente che, a seguito di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro, avrà diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento.
NOTE A VERBALE AGLI ARTT. 13, 14, 15 e 16
I Le parti si danno atto che, considerata la particolare, specifica natura del trattamento corrispondente all’indennità sostitutiva del preavviso o frazione di essa, previsto dalle norme sopra indicate a favore del dirigente che risolva il rapporto di lavoro, il trattamento medesimo non ha effetto sulla determinazione dell’anzianità, né per il computo del trattamento di fine rapporto.
II Il preavviso dovuto dal dirigente in caso di dimissioni di cui ai predetti articoli, è di 15 giorni.
PARTE QUARTA
XXXXXX ASSISTENZIALI E PREVIDENZIALI
Art. 17 – Previdenza
1. Per i contributi relativi al trattamento di previdenza di cui alla legge 27 dicembre 1953,
n. 967 ed al Regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 17 agosto 1955, n. 914 e successive modificazioni ed integrazioni si intende fatto rinvio alle disposizioni legislative vigenti in materia .
2. Il pagamento dei contributi di previdenza anzidetto va effettuato sull’ammontare della retribuzione lorda globale di fatto percepita dal dirigente, entro il limite massimo stabilito dalla normativa vigente e non può essere inferiore alla retribuzione annua contrattuale minima di prima assunzione ragguagliata a 13 mensilità.
3. Qualora la durata del rapporto sia inferiore all’anno solare, il minimale ed il massimale, come sopra indicati, si intendono proporzionalmente ridotti .
Art. 18 – Previdenza e assistenza sanitaria a carattere integrativo
1. Le materie concernenti gli interventi integrativi del trattamento pensionistico di categoria e l’assistenza integrativa di malattia, come disciplinate dalle apposite separate intese contestualmente sottoscritte alle quali si intende fatto riferimento e rinvio, costituiscono parte integrante del presente contratto, per l’intera durata di quest’ultimo.
2. I contenuti delle rispettive prestazioni, le condizioni e le modalità della loro erogazione, nonché le forme ed entità dei relativi finanziamenti sono stabiliti dalle richiamate apposite intese, avuto riguardo alla vigenza per esse di volta in volta stabilita dalle parti stipulanti.
PARTE QUINTA
TUTELE SINDACALI DEL RAPPORTO
Art. 19 – Collegio arbitrale
1. E’ istituito, a cura delle Organizzazioni territoriali competenti, aderenti alle parti stipulanti il presente contratto, un Collegio arbitrale cui è demandato il compito di pronunciarsi sui ricorsi che gli siano sottoposti ai sensi dell’art. 22.
2. Il Collegio, che sarà in carica per la durata del presente contratto, rinnovabile, è composto di tre membri di cui uno designato da ciascuna delle Organizzazioni imprenditoriali stipulanti, territorialmente competente, uno dalla Organizzazione della Federazione nazionale dirigenti industriali, territorialmente competente, ed uno, con funzioni di Presidente, scelto di comune accordo dalle rispettive Organizzazioni. In caso di mancato accordo sulla designazione del terzo membro, quest’ultimo sarà sorteggiato tra i nominativi compresi in apposita lista di nomi non superiori a sei, preventivamente concordata, o, in mancanza di ciò, sarà designato – su richiesta di una o di entrambe le Organizzazioni predette – dal Presidente del competente Tribunale.
3. Alla designazione del supplente del Presidente si procederà con gli stessi criteri sopra citati per la scelta di quest’ultimo.
4. Ognuno dei rappresentanti delle rispettive Organizzazioni può essere sostituito di volta in volta.
5. Salvo diverso accordo tra le Organizzazioni delle due parti territorialmente competenti, il Collegio ha sede presso l’Ufficio provinciale del lavoro.
6. Le funzioni di segreteria saranno svolte, previo diretto accordo, a cura di una delle Organizzazioni territoriali competenti.
7. Il Collegio arbitrale sarà investito della vertenza su istanza, a mezzo di raccomandata a.r., dell’Organizzazione territoriale competente della Fndai, che trasmetterà al Collegio il ricorso, sottoscritto dal dirigente, entro 30 giorni successivi al ricevimento del ricorso stesso ai sensi del comma 4 dell’art. 22.
8. Copia dell’istanza e del ricorso debbono, sempre a mezzo raccomandata a.r., essere trasmessi contemporaneamente, a cura dell’Organizzazione di cui al precedente comma, alla corrispondente Organizzazione territoriale imprenditoriale e, per conoscenza, all’azienda interessata.
9. La competenza territoriale, fatto salvo eventuale diverso accordo, è stabilita con riferimento all’ultima sede di lavoro del dirigente. Se vi siano più sedi di lavoro tra loro concorrenti la determinazione della competenza territoriale, tra le indicate sedi, è rimessa alla scelta del dirigente.
10. Il Collegio deve riunirsi entro 30 giorni dall’avvenuto ricevimento dell’istanza di cui sopra da parte dell’Organizzazione imprenditoriale.
11. Il Collegio, presenti le parti in causa o, eventualmente, loro rappresentanti, esperirà, in via preliminare, il tentativo di conciliazione.
12. Ove non si raggiunga la conciliazione, il Collegio, anche in assenza di motivazione o in contumacia di una delle parti, emetterà il proprio lodo entro 60 giorni dalla data di riunione di cui al comma 10, salva la facoltà del Presidente di disporre di una proroga fino ad un massimo di ulteriori 30 giorni in relazione a necessità inerenti allo svolgimento della procedura.
13. L’eventuale istruttoria dovrà essere improntata al principio del rispetto del contraddittorio, verificando che le parti si scambino le rispettive difese e produzioni documentali; sarà tenuta una sintetica verbalizzazione delle riunioni arbitrali, con indicazione dei presenti e delle attività svolte; le dichiarazioni dei testi saranno riassunte sommariamente, salvo diversa decisione del Collegio.
14. Durante il mese di agosto sono sospesi i termini di cui al presente articolo, nonché quello di cui al comma 4 dell’articolo 22, sopra richiamato.
15. Ove il Collegio, con motivato giudizio, riconosca che il licenziamento è ingiustificato ed accolga quindi il ricorso del dirigente a termini dell’art. 22, disporrà contestualmente, a carico dell’azienda, una indennità supplementare delle spettanze contrattuali di fine lavoro, graduabile in relazione alle valutazioni del Collegio circa gli elementi che caratterizzano il caso in esame fra:
− un minimo, pari al corrispettivo del preavviso individuale maturato, maggiorato dell’importo equivalente a due mesi del preavviso stesso;
− un massimo, pari al corrispettivo di 22 mesi di preavviso.
16. L’indennità supplementare è automaticamente aumentata, in relazione all’età del dirigente licenziato, ove questa risulti compresa fra i 46 ed i 56 anni, nelle seguenti misure, calcolate con i criteri di cui al comma precedente:
7 mensilità in corrispondenza del 51° anno compiuto;
6 mensilità in corrispondenza del 50° e 52° anno compiuto; 5 mensilità in corrispondenza del 49° e 53° anno compiuto; 4 mensilità in corrispondenza del 48° e 54° anno compiuto; 3 mensilità in corrispondenza del 47° e 55° anno compiuto; 2 mensilità in corrispondenza del 46° e 56° anno compiuto.
17. In conformità all'art. 412 ter, lett. e), c.p.c., il compenso del Presidente, ripartito al 50% fra le parti in causa, è determinato secondo i criteri pattuiti dalle competenti organizzazioni territoriali aderenti alle parti stipulanti.
18. Il compenso degli altri Componenti del Collegio sarà a carico delle rispettive parti in causa.
19. Le disposizioni di cui al presente articolo, in caso di disdetta del contratto, continuano a produrre i loro effetti dopo la scadenza e fino a che non sia intervenuto un nuovo contratto.
Dichiarazione a Verbale
Le parti confermano la permanente validità della disciplina contrattuale di cui al presente articolo volta, in via principale, a favorire la conciliazione tra azienda e dirigente in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro, contemperando e componendo i rispettivi
interessi in maniera non litigiosa; ovvero, qualora ciò risulti impossibile, volta a una rapida decisione della controversia senza dover ricorrere a procedimenti giudiziari.
Pertanto, le parti si impegnano a svolgere nei confronti dei rispettivi rappresentati ogni opportuna e utile iniziativa e azione affinché, nel caso di cui sopra, si avvalgano della disciplina prevista dal presente articolo e affinché, comunque, azienda e dirigente, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., anche al di fuori, quindi, del tentativo di conciliazione disciplinato dal presente articolo, realizzino la conciliazione medesima.
Le parti, inoltre, auspicano, e, in questo senso, svolgeranno ogni opportuna e utile iniziativa e azione nei confronti dei rispettivi rappresentati, che, tenuto conto della peculiarità del rapporto di lavoro del dirigente, l'eventuale risoluzione di tale rapporto avvenga preferenzialmente in maniera consensuale, su basi eque e adeguate, cosicché il licenziamento possa diventare una fattispecie del tutto residuale ed eccezionale di risoluzione del predetto rapporto.
Le parti, infine, costituiranno un gruppo di lavoro paritetico che, tenuto conto degli approfondimenti già sviluppati in occasione del rinnovo del CCNL 27 aprile 1995, esamini ogni possibile fattispecie di risoluzione del rapporto lavorativo del dirigente, predisponendo, per ciascuna di esse e complessivamente, valutazioni e proposte da sottoporre alle parti stesse entro il 31 dicembre 2000 .
Norme di attuazione
I – Xxxxx in ogni caso salva la facoltà di sostituzione dei rappresentanti delle rispettive Organizzazioni, ai sensi del comma 4 del presente articolo, i Collegi già costituiti in base al comma 2 dell’art. 19 del Ccnl 3 ottobre 1989 si intendono prorogati in carica fino alla scadenza del presente contratto, salvo che da parte delle Organizzazioni sindacali territorialmente competenti non si richieda, congiuntamente, entro 90 giorni dalla data di stipulazione del presente contratto, la costituzione ex novo del Collegio in base alle norme di cui al comma 2 del presente articolo. In tal caso il nuovo Collegio deve essere costituito entro i successivi 30 giorni.
Tuttavia i ricorsi che, alla data di stipulazione del presente contratto, siano pendenti avanti i Collegi già costituiti o che siano inoltrati nel periodo intercorrente tra la data di stipulazione stessa ed il momento della eventuale richiesta di costituzione di nuovo Collegio, ai sensi del comma 1 della presente norma di attuazione, verranno definiti dai medesimi indipendentemente dalla intervenuta eventuale costituzione del nuovo Collegio.
II – In caso di eventuale costituzione di nuovo Collegio, il termine di cui al comma 7 del presente articolo si intende prorogato fino al 10° giorno successivo a quello dell’avvenuta costituzione del Collegio e ciò anche ove tale costituzione fosse successiva alla scadenza dei termini sopra richiamati (prima norma di attuazione).
Art. 20 – Rappresentanze sindacali aziendali
1. I sindacati dei dirigenti competenti per territorio ed aderenti alla Fndai possono istituire Rappresentanze sindacali nelle aziende.
2. In tal caso gli stessi sindacati provvederanno a comunicare i nominativi dei dirigenti investiti di tale rappresentanza, oltreché alla Fndai, alle aziende interessate ed alla Organizzazione imprenditoriale territorialmente competente.
3. In particolare, le Rappresentanze aziendali potranno esaminare in prima istanza le questioni che dovessero sorgere circa l’applicazione delle norme contrattuali, ivi comprese quelle relative al riconoscimento della qualifica di dirigente ai sensi dell’art. 1 del presente contratto.
Art. 21 – Controversie
1. Le eventuali controversie riguardanti l’interpretazione del presente contratto saranno esaminate dalle parti stipulanti il contratto stesso.
2. Le questioni che dovessero sorgere circa l’applicazione di norme di legge, di clausole del contratto collettivo o di pattuizioni individuali, saranno demandate, ai fini dell’espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dalle vigenti norme di legge, all’esame delle competenti organizzazioni territoriali aderenti alle parti stipulanti il presente contratto.
3. Tale esame deve esaurirsi, salvo motivato impedimento, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della richiesta di convocazione inoltrata dalla Organizzazione territoriale competente. Le relative conclusioni formeranno oggetto di apposito verbale sottoscritto dalle Organizzazioni territoriali interessate.
4. Laddove siano state istituite dai dirigenti, ai sensi dell’art. 20, Rappresentanze aziendali, le questioni di cui al comma 2 potranno essere esaminate in prima istanza con dette rappresentanze.
PARTE SESTA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO
Art. 22 – Risoluzione del rapporto di lavoro
1. Nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la parte recedente deve darne comunicazione per iscritto all’altra parte.
2. Nel caso di risoluzione ad iniziativa dell’azienda, quest’ultima è tenuta a specificarne contestualmente la motivazione.
3. Il dirigente, ove non ritenga giustificata la motivazione addotta dall’azienda, ovvero nel caso in cui detta motivazione non sia stata fornita contestualmente alla comunicazione del recesso, potrà ricorrere al Collegio arbitrale di cui all’articolo 19.
4. Il ricorso dovrà essere inoltrato all’Organizzazione territoriale della Fndai, a mezzo raccomandata a.r. che costituirà prova del rispetto dei termini, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione scritta del licenziamento.
5. Il ricorso al Collegio non costituisce di per sé motivo per sospendere la corresponsione al dirigente delle indennità di cui agli artt. 23 e 24.
6. Le disposizioni del presente articolo, salva la comunicazione per iscritto di cui al 1° comma, non si applicano in caso di risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti del dirigente che sia in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia o che abbia comunque superato il 65° anno di età (60° se donna).
Art. 23 – Preavviso
1. Salvo il disposto dell’art. 2119 del cod. civ., il contratto a tempo indeterminato non potrà essere risolto, dal datore di lavoro, senza preavviso i cui termini sono stabiliti come segue:
a) mesi otto di preavviso se il dirigente ha un’anzianità di servizio non superiore a due anni;
b) un ulteriore mezzo mese per ogni successivo anno di anzianità con un massimo di altri quattro mesi di preavviso.
2. In conseguenza, il termine complessivo di preavviso, come dovuto ai sensi del comma 1, non dovrà, comunque, essere superiore a 12 mesi.
3. Il dirigente dimissionario deve dare al datore di lavoro un preavviso i cui termini saranno pari ad 1/3 di quelli sopra indicati.
4. In caso di inosservanza dei termini suddetti è dovuta dalla parte inadempiente all’altra parte, per il periodo di mancato preavviso, una indennità pari alla retribuzione che il dirigente avrebbe percepito durante il periodo di mancato preavviso.
5. È in facoltà del dirigente che riceve la disdetta di troncare il rapporto, sia all’inizio, sia durante il preavviso, senza che da ciò gli derivi alcun obbligo di indennizzo per il periodo di preavviso non compiuto.
6. Il periodo di preavviso sarà computato nell’anzianità agli effetti del trattamento di fine rapporto.
7. L’indennità sostitutiva del preavviso è soggetta ai contributi previdenziali e assistenziali; i contributi predetti saranno versati agli Enti previdenziali e assistenziali di categoria con l’indicazione separata e distinta dei mesi di competenza nei quali avrebbero dovuto essere pagati.
8. Durante il periodo di preavviso non potrà farsi obbligo al dirigente uscente di prestare servizio senza il suo consenso alle dipendenze del dirigente di pari grado che lo dovrà sostituire.
9. Agli effetti di cui alla lettera b) del comma 1 viene trascurata la frazione di anno inferiore al semestre e viene considerata come anno compiuto la frazione di anno uguale o superiore al semestre.
Dichiarazione a verbale
Le parti concordano che dalla stipula del Ccnl 16 maggio 1985, per la peculiarità delle funzioni dirigenziali, il preavviso, anche se sostituito dalla corrispondente indennità, è computato agli effetti del trattamento di fine rapporto.
Art. 24 – Trattamento di fine rapporto
1. In caso di risoluzione del rapporto, spetterà al dirigente, a parte quanto previsto dall’art. 23, un trattamento di fine rapporto da calcolarsi in base a quanto disposto dall’articolo 2120 del cod. civ., come sostituito dall’art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297.
2. Con riferimento al comma 2 del citato art. 2120 del cod. civ., per il computo del trattamento di fine rapporto si considerano, oltre allo stipendio, tutti gli elementi costitutivi della retribuzione aventi carattere continuativo, ivi compresi le provvigioni, i premi di produzione ed ogni altro compenso ed indennità anche se non di ammontare fisso, con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese e di emolumenti di carattere occasionale. Fanno altresì parte della retribuzione l’equivalente del vitto e dell’alloggio eventualmente dovuti al dirigente nella misura convenzionalmente concordata, nonché le partecipazioni agli utili e le gratifiche non consuetudinarie e gli aumenti di gratifica pure non consuetudinari, corrisposti in funzione del favorevole andamento aziendale.
Disposizione transitoria
Ai fini della determinazione dell’indennità di anzianità da calcolarsi all’atto dell’entrata in vigore della legge n. 297 del 1982, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge medesima, si richiamano le particolari norme di cui alle disposizioni transitorie in calce all’art. 24 del Ccnl 13 aprile 1981, i cui termini vengono di seguito integralmente riportati.
“Per i dirigenti che, alla data del 31 gennaio 1979, hanno maturato l’anzianità già prevista dal sostituito art. 22 del contratto collettivo nazionale di lavoro 4 aprile 1975 per il conseguimento, sull’intera anzianità o su parte di essa, della maggiore indennità in ragione di mezza mensilità, si procederà a quantificare l’indicata maggiore indennità spettante alla data predetta, traducendola in corrispondenti mensilità (e/o frazione individuata ai sensi dell’art. 24, comma 2, del citato Ccnl) che saranno erogate all’atto della risoluzione del
rapporto di lavoro e con il valore dell’ultima retribuzione al quale fanno riferimento i criteri di computo dell’indennità di anzianità.
Per i dirigenti che, alla data del 31 gennaio 1979, non hanno maturato i requisiti già stabiliti dal sostituito art. 22 per conseguire la maggiore indennità, si procederà alla relativa quantificazione e traduzione in corrispondenti mensilità (e/o frazione) in proporzione alle singole anzianità.
Nei casi di anzianità che, ai sensi del comma 1, diano diritto alla maggiore indennità limitatamente a parte dell’anzianità stessa, il riconoscimento di cui al precedente comma si aggiungerà a quello dovuto ai sensi del comma 1.
La liquidazione ed erogazione saranno effettuate con le modalità stabilite dal comma 1, anche nei casi di cui ai commi 2 e 3.
Le quantificazioni stabilite al comma 2 avverranno in base al rapporto tra l’anzianità maturata nella qualifica di dirigente alla data del 31 gennaio 1979 e la permanenza in detta qualifica che sarebbe stata individualmente necessaria a norma del sostituito art. 22 per consentire la migliore misura per l’intera anzianità. Per procedere al calcolo del rapporto, che sarà espresso con tre cifre decimali, le suddette grandezze vanno indicate in numero di mesi. L’individuazione delle corrispondenti mensilità e/o frazione sarà ottenuta moltiplicando per quattro l’indicato rapporto”.
Art. 25 – Indennità in caso di morte
1. In caso di morte del dirigente, l’azienda corrisponderà agli aventi diritto, oltre all’indennità sostitutiva del preavviso, il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 24. Ciò, indipendentemente da quanto possa loro spettare a titolo integrativo per fondo di previdenza, per coperture assicurative e per ogni altra causa.
Art. 26 – Anzianità
1. A tutti gli effetti del presente contratto l’anzianità si computa comprendendovi tutto il periodo di servizio prestato alle dipendenze dell’azienda anche con altre qualifiche.
2. Agli effetti della determinazione dell’anzianità ogni anno iniziato si computa pro-rata in relazione ai mesi di servizio prestato, computandosi come mese intero la frazione di mese superiore a 15 giorni.
3. All’anzianità come sopra specificata vanno sommate quelle anzianità convenzionali cui il dirigente abbia diritto.
PARTE SETTIMA DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 27 – Disposizioni generali e condizioni di miglior favore
1. Per tutto ciò che non è diversamente regolato dal presente contratto valgono – in quanto compatibili con la figura del dirigente – le norme contrattuali collettive e le norme legislative in vigore per gli impiegati di massima categoria dipendenti dall’azienda cui il dirigente appartiene.
2. Le condizioni stabilite eventualmente da accordi individuali, aziendali e territoriali più favorevoli, si intendono mantenute “ad personam”.
Art. 28 – Contributi sindacali
1. Le aziende opereranno la trattenuta dei contributi sindacali dovuti dai dirigenti al sindacato dirigenti industriali della Fndai, territorialmente competente, previo rilascio di deleghe individuali firmate dagli interessati, deleghe che saranno valide fino a revoca scritta.
Art. 29 – Decorrenza e durata
1. Il presente contratto decorre dal 1° gennaio 2000, salvo le particolari decorrenze specificate nei singoli articoli ed avrà scadenza il 31 dicembre 2003, ad eccezione della parte relativa al trattamento economico (Parte Seconda), che scadrà il 31 dicembre 2001.
2. In caso di mancata disdetta, da comunicare con lettera raccomandata a.r. almeno 2 mesi prima di ciascuna delle scadenze sopra indicate, si intenderà tacitamente rinnovato di anno in anno.
1) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sul regime previdenziale per i dirigenti e documento 9 dicembre 1999 del Gruppo di lavoro tecnico paritetico, che ne costituisce parte integrante
2) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sulla previdenza complementare – Previndai
3) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sul FASI
4) Verbale di accordo 23 maggio 2000 relativo ai Componenti Organo di controllo – FIPDAI
5) Accordo 24 gennaio 2000 sulla messa in liquidazione del FIPDAI
6) Documento congiunto Federmanager/Confindustria 24 ottobre 2000, circa la realizzazione di un’ipotesi di confluenza dell’Inpdai nell’Inps
7) Accordo 27 aprile 1995 sulla ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione, crisi aziendale, gestione commissariale, situazioni aziendali accertate ex art. 1 Legge n. 863/1984, ecc.
VERBALE DI ACCORDO
Addì, 23 maggio 2000, la FNDAI e la Confindustria,
- esaminato in occasione del rinnovo del CCNL 27.4.1995, il tema della gestione della previdenza obbligatoria per la categoria nell'ambito di uno specifico gruppo di lavoro paritetico che ha predisposto e presentato alle delegazioni negoziali un documento nel quale vengono analizzate l'origine, la situazione e le prospettive dell'INPDAI, documento che costituisce parte integrante del presente accordo;
- ricordato che l’autonomia e specificità del regime previdenziale INPDAI per i dirigenti dell’industria sono tra gli elementi caratterizzanti l’alterità degli stessi dirigenti rispetto alle altre categorie di lavoratori subordinati;
- rilevato che le ragioni della specificità dell'INPDAI si sostanziano nella possibilità di garantire trattamenti pensionistici complessivamente più favorevoli e a costi più contenuti rispetto a quelli dell’assicurazione generale obbligatoria;
- considerato che, dal 1992 sino al 1995, è stato portato avanti in sede legislativa un processo di armonizzazione di tutti i regimi previdenziali, compreso l'INPDAI, all’assicurazione generale obbligatoria;
- considerato, altresì, che l’orientamento legislativo, volto a introdurre un sempre maggior grado di omogeneità delle norme e dei trattamenti pensionistici, si è ulteriormente rafforzato con la soppressione dei Fondi speciali esistenti nell'INPS ;
- preso atto che la tendenza di cui sopra è stata ed è determinata anche dai significativi squilibri economico-finanziari, in atto o previsti, anche nei regimi autonomi o sostitutivi;
- valutato che, pertanto, le specificità della dirigenza sul piano previdenziale possano essere meglio salvaguardate attraverso un ulteriore sviluppo e qualificazione della previdenza complementare collettiva, come prevista e disciplinata secondo l’art. 18 del CCNL;
- ritenuto che l’introduzione e il rafforzamento di strumenti di legge a sostegno del reddito dei dirigenti, in specie in caso di disoccupazione, da inquadrarsi nel più vasto disegno di revisione dell’intero sistema degli ammortizzatori sociali, potrebbero risultare più agevoli nell’ambito di un’unica gestione previdenziale obbligatoria;
- ritenuto, peraltro, che l’evoluzione della previdenza obbligatoria di categoria deve essere necessariamente considerata nell'ambito della più generale riforma dell’attuale sistema di welfare per tutti i restanti lavoratori dipendenti;
- ritenuto, infine, che, impregiudicata ogni altra possibile soluzione consensuale, ipotesi di confluenza dell'INPDAI nell'INPS non possano prescindere:
1) dalla salvaguardia dei trattamenti pensionistici acquisiti o acquisibili, secondo l'attuale normativa previdenziale per i dirigenti dell'industria;
2) dall'invarianza degli oneri previdenziali già oggi peraltro armonizzati con quelli in vigore per i lavoratori dipendenti iscritti all'assicurazione generale obbligatoria;
3) e di conseguenza, dalla previsione di norme idonee all’ottenimento delle condizioni di cui sub 1) e 2), da intendersi entrambe essenziali ed inscindibili tra loro, nonché, in particolare, di quelle di cui ai precedenti settimo e ottavo alinea;
convengono sulla necessità di:
a) attivarsi congiuntamente nei confronti del Governo e del Parlamento per perseguire, con sollecitudine e secondo tempi programmati, le soluzioni legislative più adeguate sulla base di tutte le considerazioni di cui ai precedenti alinea;
b) effettuare entro il 30 settembre 2000, data di presumibile presentazione del disegno di legge Finanziaria per il 2001, una verifica complessiva delle intese raggiunte e dei risultati conseguiti, anche ai fini di assumere le iniziative da adottare.
CONFINDUSTRIA FNDAI
(segue ALLEGATO 1)
RINNOVO C.C.N.L. DIRIGENTI DI AZIENDA
GRUPPO DI LAVORO TECNICO PARITETICO PER L’ESAME DEI PROFILI PREVIDENZIALI
Roma, 9 dicembre 1999
GESTIONE DELLA PREVIDENZA OBBLIGATORIA DI CATEGORIA
1) Le ragioni uno specifico e autonomo regime di previdenza obbligatoria per i dirigenti industriali.
Con la legge n. 967/53 l’Inpdai divenne Ente di diritto pubblico con lo scopo di gestire, in sostituzione dell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps, l’autonoma e speciale previdenza obbligatoria per i dirigenti industriali. E’ da sottolineare che la richiamata legge istitutiva n. 967 prevedeva, all’art. 4, che, entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, l’obbligo di iscrizione potesse essere esteso, mediante DPR, ai dirigenti di altri settori.
Tale possibilità rimase inattuata e, pertanto, l’Istituto si consolidò storicamente come esclusivo dei dirigenti dell’industria.
Tuttavia, è importante rimarcare che, ab origine, sebbene in via solo potenziale, era stato già previsto che l’Inpdai diventasse la forma di previdenza obbligatoria specifica per tutti i dirigenti.
Le cause di siffatta soluzione possono evidentemente ricondursi al fatto che, anche il legislatore del dopoguerra, pur superato il sistema corporativo e l’ “accorpamento” effettuato, nell’ambito di quest’ultimo, tra dirigenti e imprenditori, non potè non valutare, in ogni caso, che quella dirigenziale era e rimaneva una categoria sì di lavoratori subordinati, secondo la nozione del Codice Civile del 1942, ma di certo del tutto peculiare e a sé stante rispetto a tutti gli altri lavoratori dipendenti.
Che, poi, la specificità e autonomia di regime previdenziale obbligatorio, conseguente alle predette peculiarità e diversità, sia stata ritenuta cogente solo per i dirigenti dell’industria e non anche per i dirigenti di altri settori, può spiegarsi sia per la circostanza fattuale che, in origine, erano stati solo i primi ad assumere una iniziativa in tal senso, sia per la constatazione che la dirigenza industriale era quella di gran lunga numericamente prevalente e più caratterizzata in quanto a specificità di ruolo e di status.
Il successivo evolversi della situazione sociale, economica e legislativa, confermò ampiamente le cause e le ragioni di tale soluzione.
L’autonomia e la specificità, da un lato, della rappresentanza sindacale dei dirigenti e della contrattazione collettiva di lavoro loro applicabile e l'esclusione, dall'altro, da importanti provvedimenti di legge adottati nei confronti dei restanti lavoratori dipendenti (si pensi, soprattutto, all’esclusione dalle tutele contro i licenziamenti di cui alla legge n. 604/66 e alla legge n. 300/70), non solo hanno costituito gli elementi fondanti della conferma dell’alterità dei dirigenti rispetto alle altre categorie del lavoro subordinato e, quindi, l’alterità del loro regime previdenziale, ma l’autonomia e la specificità di quest’ultimo sono state, assunte tra i fattori caratterizzanti e giustificanti tale alterità.
La Corte Costituzionale, infatti, con la fondamentale sentenza n. 121/72, successivamente confermata da una serie di ulteriori decisioni, ebbe a rimarcare come dal 1942, sul piano legislativo e su quello della contrattazione collettiva, ha avuto conferma e sviluppo il precedente orientamento atto a fare dei dirigenti una categoria a sé stante di prestatori di lavoro subordinato, essendo sicuri segni di tale indirizzo, tra l’altro, “la mancata applicazione delle forme di previdenza previste per gli altri dipendenti”.
Considerate le principali ragioni istituzionali della nascita dell’Inpdai, quale regime previdenziale specifico e autonomo per i dirigenti industriali, si possono ora considerare le principali ragioni sostanziali della sua esistenza.
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Dette ragioni possono indicarsi essenzialmente nel fatto che l’Inpdai, in forza del particolarmente vantaggioso rapporto tra versanti e percipienti e della ben più cospicua entità della retribuzione media assoggettabile a contribuzione rispetto agli altri lavoratori dipendenti, ha potuto consentire trattamenti pensionistici migliori a costi sensibilmente inferiori a quelli dell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps.
L’elemento caratterizzante l’Inpdai, sul piano sostanziale, è stata, dunque, la possibilità di garantire un trattamento complessivamente più favorevole rispetto a quello dell’assicurazione generale obbligatoria.
Gli aspetti di maggior favore possono senz’altro ricondursi al calcolo della pensione in trentesimi anziché in quarantesimi e al calcolo della pensione secondo il metodo retributivo (elemento, quest’ultimo, peraltro, non più peculiare dal 1968, essendo diventato comune, da tale anno, all’assicurazione generale obbligatoria).
2) Le modifiche alla legislazione previdenziale obbligatoria
Dal 1992, con la “Legge Amato”, sino al 1995, con la “Legge Dini”, è stato portato avanti un processo di radicale riforma dell’intero sistema previdenziale italiano, i cui passaggi principali, per quello che qui interessa, sono stati e sono rappresentati dalla graduale introduzione del sistema di computo contributivo al posto di quello retributivo e dalla “armonizzazione” di tutti i regimi previdenziali all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps.
Le modifiche legislative hanno indubbiamente segnato, di fatto e di diritto, un irreversibile passo verso la fine di ogni forma di pluralismo previdenziale articolato in più regimi, specifici e autonomi tra loro, caratterizzati, per quanto riguarda le forme sostitutive, dal principio del miglior favore.
E’, altresì, innegabile che i gravi squilibri economici-finanziari in atto o previsti di gran parte, per non dire di tutti i regimi autonomi, hanno reso necessaria tale evoluzione.
I principi di autonomia e di miglior favore conseguente a detta autonomia, se non economicamente e credibilmente sostenuti nel tempo, risultano mere affermazioni velleitarie.
Anche l’Inpdai è stato interessato da questo processo e, attualmente, in conseguenza del processo di “armonizzazione”, i residui spazi sostanziali di autonomia e di permanente miglior favore rispetto all’Inps, sono limitati ai trattamenti pensionistici da calcolarsi secondo il sistema retributivo, nel periodo transitorio, stimabile in non più di dieci-dodici anni, fino a quando non sarà a regime per tutti il sistema contributivo.
Peraltro, il miglior favore di cui sopra si sostanzia ormai pressochè esclusivamente nella determinazione delle fasce retributive di riferimento, dal momento che il beneficio del calcolo in trentesimi, anziché in quarantesimi, si è in pratica perduto dopo l’”armonizzazione”.
Va rilevato, inoltre che la normativa sulla dismissione dei patrimoni immobiliari degli Enti previdenziali obbligatori, contenuta nella finanziaria per il 2000, indipendentemente dalla questione della redditività dei proventi di tale dismissione, comporta, a causa del vincolo su conti della Tesoreria dello Stato, uno spossessamento dell’INPDAI dalla libera disponibilità di detti proventi riducendo, se non annullando, ogni sua “capacità negoziale” sul “mercato previdenziale”.
In questo quadro, la conseguente scelta di dichiarare il superamento anche dell’autonomia organizzativa e gestionale dell’Istituto; per quanto importante, non sarebbe certo di rilevanza pari alla perdita dell’autonomia sostanziale di disciplina normativa già determinata dalla stessa legge di riforma n. 335 del 1995.
Per riassumere, può, quindi, affermarsi che:
❑ l’eventuale soppressione dell’Inpdai farebbe venir meno, sul piano istituzionale, quell’elemento di caratterizzazione e di peculiarità della figura del dirigente dell’industria rispetto a tutti gli altri lavoratori dipendenti dello stesso settore;
❑ tuttavia, la specificità del dirigente sul piano previdenziale, potrebbe essere recuperata attraverso un ulteriore sviluppo e qualificazione della previdenza complementare;
❑ la soppressione dell’INPDAI, in specie se accompagnata, ove necessario, da idonee norme di salvaguardia di diritti acquisiti o di legittime aspettative in materia di calcolo della pensione secondo il sistema retributivo, non comporterebbe sostanziali pregiudizi ai dirigenti sotto il profilo dell’entità dei trattamenti;
❑ inoltre, sul piano del finanziamento a carico dei datori e dei dirigenti, l’eliminazione dell’INPDAI non comporterà nessuna variazione di aliquota, essendo stata parificata la contribuzione INPS-INPDAI (32,7%).
3) La garanzia dei trattamenti in caso di persistente squilibrio economico finanziario dell’Inpdai
Attualmente non esiste la possibilità di ricorso automatico alla Tesoreria dello Stato nel caso in cui l’Inpdai non fosse in grado, con le proprie risorse, di pagare i trattamenti dovuti ai dirigenti.
Preso atto di ciò, l’obiettivo di tale garanzia potrebbe essere conseguito mediante le soluzioni sotto specificate:
a) trasformazione dell’Inpdai in un “Fondo speciale” nell’ambito dell’Inps che considerii l’intera dirigenza (così detto “grande Inpdai”) ovvero trasformazione limitatamente alla dirigenza industriale;
b) soppressione dell’Inpdai e confluenza dei dirigenti, in servizio e in pensione, nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti dell’Inps.
Delle due ipotesi prospettate è possibile dare una valutazione che ne soppesi pro e contro.
a.1) Quanto alla ipotesi di cui sub a), essa avrebbe due principali pregi: 1) dare all’eventuale trasformazione dell’Inpdai, da “ente del tutto autonomo” a soggetto con “autonomia limitata” (i regimi sostitutivi nell’ambito dell’Inps, così detti “Fondi speciali”, sono infatti amministrati da specifici Comitati che non hanno una propria autonomia di bilancio, rientrando nel bilancio unico dell’Inps), una caratterizzazione di novità tale da attenuare il disvalore della perdita dell’autonomia piena;
2) eliminare gli ostacoli che oggi si frappongono alla mobilità di lavoro interaziendale e intersettoriale della dirigenza, a causa della incertezza e diversità di inquadramento previdenziale delle imprese (attività industriale o terziaria).
I principali difetti o, per meglio dire, le principali difficoltà, possono enunciarsi:
• Nel necessario coinvolgimento di soggetti terzi (Confcommercio e Fendac), dei quali bisognerebbe acquisire il consenso all’operazione, con intuibili, probabili complicazioni, se non altro temporali, in caso di allargamento a tutti i settori;
• Xxxxxx in ordine alla salvaguardia dei migliori trattamenti pensionistici
acquisiti o acquisibili, alla luce di quanto stabilito dall’art. 59, comma 17, della legge n. 449/97. Pur se l’applicazione di tale disposizione all’Inpdai presenta margini di opinabilità, vanno evidenziati i pericoli connessi ad una normativa che consenta in caso di squilibri dei fondi, l’introduzione di modifiche peggiorative in termini di prestazioni previdenziali.1;
1 L’art. 59, comma 17, della legge n. 449/97, che va ad incidere su fondi obbligatori pubblici aventi natura sostitutiva rispetto all’assicurazione generale obbligatoria e gestiti direttamente dall’Inps non prevedendo alcuna salvaguardia per i così detti “diritti acquisiti”, sembra consentire persino l’introduzione di modificazioni peggiorative in termini di prestazioni previdenziali anche per i periodi di iscrizione antecedenti i fatti e le situazioni causa dell’accertato dissesto”.
• L’evidente contraddizione rispetto all’orientamento legislativo di carattere generale volto ad introdurre un sempre maggior grado di omogeneità dei trattamenti previdenziali, con la soppressione di Fondi speciali già da tempo esistenti in seno all’INPS (es. Fondo telefonici, elettrici, ecc.). In questo senso è anche l’orientamento del Governo da realizzarsi con la delega contenuta nel collegato sul lavoro alla finanziaria ’99, il cui termine di scadenza è il 23 maggio 20002;
Si tenga, altresì, conto del fatto che la Commissione bicamerale di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza nella relazione della primavera 1998, ha ritenuto di dover precisare che la confluenza nell’Inps di
Va rilevato peraltro che la mancata salvaguardia di cui all’art. 59, comma 17, della legge n. 449/97 non dovrebbe riguardare l’Inpdai, perché quest’ultimo, come è noto, è un Fondo obbligatorio pubblico, sostitutivo dell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps, ma non gestito direttamente da quest’ultimo, bensì autonomo.
D’altronde, la ratio della differente disciplina in materia di salvaguardia dei diritti acquisiti, a seconda che l’eventuale dissesto riguardi enti privatizzati o fondi sostitutivi gestiti dall’Inps, consiste nel fatto che, mentre i primi, così come l’Inpdai, sono stati e sono autofinanziati senza aver beneficiato di finanziamenti da parte dello Stato, i secondi, al contrario, in quanto non autonomi dall’Inps, rientrando nel bilancio unico dello stesso Inps, non possono essere considerati autofinanziati alla medesima stregua degli enti privatizzati e dell’Inpdai.
Ne discende che, per gli appartenenti ai fondi autofinanziati, l’intangibilità dei trattamenti e dei diritti acquisiti sino al momento dell’eventuale dissesto, si fonda sul fatto che tali trattamenti e diritti hanno fatto esclusivamente carico alla gestione senza alcun concorso finanziario dello Stato, mentre i trattamenti e i diritti degli iscritti all’Inps o a forme gestite direttamente da quest’ultimo e, quindi, non autonome dallo stesso Inps, hanno partecipato e partecipano del concorso finanziario statale.
Sul punto, va ancora richiamata l’ “Analisi del Sistema Pensionistico Obbligatorio: i dati base e gli indicatori di gestione”, elaborata dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, vol. 1, “… si deve rilevare che nel caso degli enti privatizzati le eventuali modificazioni delle prestazioni previdenziali possono essere introdotte soltanto per l’avvenire attraverso il meccanismo del “pro rata”, che rende intangibili e definitivamente acquisiti i diritti previdenziali da ciascun iscritto a tale data”.
Più in generale, sul tema dei diritti acquisiti in materia previdenziale, nella nota n. 14 in calce a pag. 15 della propria Analisi, il Nucleo di valutazione, pur esprimendo alcune riserve e perplessità, tuttavia, deve ammettere che il sistema pro rata nei processi di mutamento dei quadri normativi è l’unico strumento di regolazione di tali processi immune da possibili censure di incostituzionalità.
A questo proposito, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 822 del 14 luglio 1988, ha affermato il principio secondo il quale, allorchè il legislatore introduca discipline peggiorative ai fini della liquidazione delle prestazioni pensionistiche, deve prevedere una adeguata normativa transitoria atta a garantire ai lavoratori, non solo già pensionati, ma anche prossimi alla pensione, il mantenimento in vigore della precedente e più favorevole disciplina.
Inoltre, la medesima Corte, con sentenza n. 349 del 17 dicembre 1985, pur avendo stabilito che, in linea di principio, non è vietato al legislatore di modificare sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, quali sono indubbiamente quelli pensionistici, tuttavia, ha altresì stabilito che “le modifiche non possono dar luogo a una regolamentazione che incida, in maniera arbitraria e irrazionale, su situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, vanificando l’affidamento del cittadino sulla sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello stato di diritto”.
2 La delega in argomento non fa che riprendere, peraltro, le indicazioni fornite dalla Commissione bicamerale di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza che, nella sua relazione della primavera 1998, aveva sottolineato il tendenziale processo di unificazione dei regimi pensionistici a valle della legge di riforma n. 335/95.
altri regimi va condizionata al preventivo “risanamento degli enti che presentano disavanzo finanziario”.
Laddove la condizione del preventivo “risanamento degli enti” sembra volersi coniugare con la più volte richiamata disposizione di cui all’art. 59, comma 17, della legge n. 449/97 sulla possibilità di modificare in pejus i trattamenti pensionistici in presenza di gravi squilibri finanziari di carattere permanente erogati dalle forme pensionistiche sostitutive gestite dall’Inps;
• L’evidenziazione contabile del negativo andamento economico-finanziario, con i conseguenti problemi e rischi in ordine alle misure necessarie per eliminare o ridurre lo squilibrio (sia sul piano delle prestazioni sia su quello del finanziamento).
b.1) La seconda ipotesi, relativa alla soppressione dell’Inpdai e confluenza all’INPS, pur presentando l’elemento negativo della perdita di qualsiasi anche residuale peculiarità previdenziale dei dirigenti rispetto agli altri lavoratori dipendenti, elimina le difficoltà precedentemente evidenziate. Inoltre, si deve tener presente che tale ipotesi avrebbe il pregio della massima semplicità e rapidità di attuazione, muovendosi in linea con gli orientamenti legislativi in materia previdenziale.
4) Eliminazione del massimale contributivo e pensionistico nell’ipotesi di trasformazione dell’Inpdai in “Fondo speciale” dell’Inps ovvero nell’ipotesi di confluenza dell’Inpdai nell’Inps dei dirigenti in servizio e in pensione.
In entrambe le ipotesi esaminate va considerato il problema della eliminazione del massimale contributivo e pensionistico (attualmente nell’Inpdai tale massimale è pari a
L. 258.827.000 annue e risulta che oltre il 10% dei dirigenti iscritti abbia una retribuzione superiore a tale misura).
Si porrebbe, pertanto, il problema di una normativa transitoria che dovrà disciplinare la graduale eliminazione di detto massimale, in maniera analoga a quella adottata per l’armonizzazione delle aliquote contributive Inpdai a quelle in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria.
Non v’è dubbio che l’eliminazione, sebbene graduale, del massimale, porterebbe notevoli benefici pensionistici ai dirigenti con retribuzioni, superiori a tale massimale. Per contro, va attentamente valutato l’aggravio di costi per imprese e dirigenti, stimato nell’ordine di circa 300 miliardi annui.
ACCORDO SULLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE VERBALE DI ACCORDO
Addì, 23 maggio 2000
la CONFINDUSTRIA
e
la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali (FNDAI)
convengono di apportare, con decorrenza 1° gennaio 2001, le seguenti modifiche agli accordi vigenti in materia di previdenza complementare per i dirigenti di aziende industriali gestita dal PREVINDAI – Fondo Pensione:
1. Il punto 5 dell’accordo 3 ottobre 1989 è sostituito dal seguente:
"La contribuzione dovuta dalle imprese alla gestione di cui al punto 2) è stabilita nel seguente ammontare:
a. 3% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita da ciascun dirigente in servizio, da applicarsi fino al limite di L. 195.000.000 annue;
b. 4% da applicarsi sulla quota di retribuzione eccedente il limite di cui alla precedente lettera a. (L. 195.000.000 annue) fino a un massimo di L. 270.000.000 annue.
La contribuzione previdenziale dovuta da ciascun dirigente in servizio alla gestione di cui al punto 2) è stabilita in misura pari a quella dovuta dalle imprese ai sensi delle precedenti lettere a. e b. ed è calcolata sulla retribuzione globale lorda effettivamente percepita, con gli stessi criteri e con i medesimi limiti di importo previsti, ai fini della contribuzione aziendale, dalle predette lettere a. e b.
Le contribuzioni di cui ai punti precedenti non possono superare i tetti di deducibilità fiscale previsti dal D.L.vo 18 febbraio 2000, n. 47, di cui agli artt. 1, comma 1, punti 1) e
4, comma 3.
Agli effetti dei precedenti commi, fanno parte della retribuzione globale tutti gli elementi considerati utili, per disposizioni di legge e di contratto, per il trattamento di fine rapporto, con esclusione comunque dei compensi e/o indennizzi percepiti per effetto della dislocazione in località estera.
Nel caso di periodi retributivi inferiori all’anno, i predetti limiti di L. 195.000.000 e L. 270.000.000 annue si intendono riproporzionati per dodicesimi, considerando mese intero il periodo retributivo pari o superiore a 15 giorni e trascurando quello inferiore.
Le contribuzioni di cui al primo comma, lettere a. e b., attesa la loro finalità esclusivamente previdenziale, non determinano riflessi ad alcun altro effetto.
Dal 1° gennaio 2002, viene destinata una quota dell’accantonamento annuale del trattamento di fine rapporto di ammontare pari all’1% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita da ciascun dirigente in servizio. A decorrere dal 1° gennaio 2003 tale ammontare verrà incrementato di un ulteriore 1% della predetta retribuzione.
Dette quote sono trasferite al Fondo dall’impresa unitamente ai contributi di cui ai commi precedenti, con le decorrenze, le cadenze e le modalità in atto per il versamento dei contributi stessi, come stabilito dallo Statuto del Fondo".
2. Il punto 2) dell’accordo 31 gennaio 1996 è sostituito dal seguente:
"Per i dirigenti di cui al precedente punto 1) la contribuzione a carico dell’impresa e da essa dovuta al Fondo è stabilita, a partire dal 1° gennaio 2001, nel 2,50% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita da ciascun dirigente in servizio da applicarsi fino al limite di L. 150.000.000 annue, nonché, a decorrere dal 1° gennaio 2003, nel 3% della retribuzione di cui sopra da applicarsi sino al limite di L. 165.000.000 annue.
La contribuzione dovuta al Fondo da ciascun dirigente in servizio, come più sopra individuato, è stabilita in misura pari a quella dovuta dalle imprese ai sensi del precedente comma ed è calcolata sulla retribuzione globale lorda effettivamente percepita, con gli stessi criteri e con i medesimi limiti di importo previsti, ai fini della contribuzione aziendale, dal predetto comma.
Agli effetti dei precedenti commi fanno parte della retribuzione globale tutti gli elementi considerati utili, per disposizioni di legge e di contratto, per il trattamento di fine rapporto, con esclusione comunque delle somme corrisposte a titolo di indennità sostitutiva del preavviso nonché dei compensi e/o indennizzi percepiti per effetto della dislocazione in località estera.
Nel caso di periodi retributivi inferiori all’anno, i predetti limiti di L. 150.000.000 annue e di L. 165.000.000 annue si intendono riproporzionati per dodicesimi, considerando mese intero il periodo retributivo pari o superiore a 15 giorni e trascurando quello inferiore.
La contribuzione di cui al 1° comma, attesa la sua finalità esclusivamente previdenziale, non determina riflessi ad alcun altro effetto".
3. Il 1° comma del punto 5) dell’accordo 31 gennaio 1996 è sostituito dal seguente:
"Per i dirigenti che rientrino tra i soggetti di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124/1993, la contribuzione a carico dell’impresa e da essa dovuta al Fondo è stabilita, a decorrere dal 1° gennaio 2001, nel 2,50% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita dal dirigente in servizio, da applicarsi entro il limite di L. 150.000.000 annue e in pari misura è altresì stabilita la contribuzione dovuta al Fondo dal dirigente. A decorrere dal 1° gennaio 2003 la contribuzione a carico dell’impresa e da essa dovuta al Fondo è stabilita nel 3% della predetta retribuzione entro il limite di L. 165.000.000 annue e in pari misura è altresì stabilita la contribuzione dovuta al Fondo dal dirigente. Per quanto non incompatibili con
la disciplina di cui al presente comma si applicano le disposizioni del precedente punto 2".
CONFINDUSTRIA F N D A I
ACCORDO SUL F A S I VERBALE DI ACCORDO
Addì, 23 maggio 2000
la CONFINDUSTRIA
e
la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali (FNDAI)
convengono quanto segue:
1. per gli anni 2000 e 2001 restano confermati i contributi a carico delle imprese e dei dirigenti previsti dal verbale di accordo 19 novembre 1997 relativamente all’anno 1999.
2. Gli Organi di gestione del Fondo, nell’ambito dei poteri loro spettanti a norma dello Statuto-Regolamento deI Fondo stesso, provvederanno, anche alla luce delle risultanze complessive afferenti l’esercizio 1999, alla valutazione delle tariffe di rimborso attualmente praticate dal Fondo medesimo, fermo restando che gli adeguamenti del vigente tariffario, comunque compatibili con l’esigenza di equilibrio tra volumi di spesa e gettito di entrate, avranno decorrenza non anteriore al 2001, fatta salva la possibilità di singoli interventi modificativi con decorrenza comunque non anteriore al 1° luglio 2000.
CONFINDUSTRIA F N D A I
Verbale di accordo
COMPONENTI ORGANO DI CONTROLLO – FIPDAI
ADDÌ, 23 MAGGIO 2000
La CONFINDUSTRIA e la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende industriali (FNDAI)
premesso
che con lettera del 20 aprile 2000 i co-liquidatori del FIPDAI hanno segnalato alle parti l’opportunità di costituire, nell’ambito del Fondo, un organo deputato ad esercitare le funzioni di controllo, con la composizione e consistenza numerica che le parti stesse riterranno di definire,
convengono che
− ad integrazione dell’accordo stipulato il 24 gennaio 2000, viene costituito, con effetto dal 1° settembre 2000, l’organo di cui in premessa, formato da un rappresentante nominato da ciascuna delle parti, in possesso del requisito d’iscrizione presso l’albo dei revisori dei conti presso il Ministero di Grazia e Giustizia;
− i relativi compensi saranno corrispondenti a quelli in vigore per il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti del PREVINDAI.
CONFINDUSTRIA FNDAI
ACCORDO SULLA MESSA IN LIQUIDAZIONE DEL FIPDAI
Il giorno 24 gennaio 2000 , in Roma
t r a
la Confederazione Generale dell’Industria Italiana (Confindustria),
e
la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali (Fndai)
premesso
- che il Fondo Integrativo di Previdenza per i Dirigenti di Aziende Industriali (Fipdai) è stato costituito con accordo sindacale del 22 settembre 1981, in relazione alle intese di cui all’accordo 13 aprile 1981, al fine di integrare le pensioni liquidate all’Inpdai;
- che, essendo integralmente cessato con il 31 dicembre 1989 ogni obbligo di contribuzione al Fipdai, per essere venute meno le finalità originarie del Fondo a seguito dell’adeguamento delle prestazioni pensionistiche erogate dall’Inpdai, le odierne parti stipulanti, con accordo sindacale del 20 gennaio 1994, hanno utilizzato le residue risorse del Fondo per erogare alle posizioni in essere una prestazione previdenziale integrativa;
- che questa situazione ha comportato, ai sensi dell’art. 27 del codice civile, lo stato di liquidazione di fatto del Fipdai;
ciò premesso, si conviene e si stipula quanto segue:
1) le parti, nel darsi reciprocamente atto di quanto richiamato in premessa, formalizzano, quali parti istitutive del Fipdai, la messa in liquidazione di quest’ultimo;
…(omissis)…
CONFINDUSTRIA FNDAI
Roma, 24 ottobre 2000
DOCUMENTO CONGIUNTO FEDERMANAGER/CONFINDUSTRIA
CIRCA LA REALIZZAZIONE DI UN’IPOTESI DI CONFLUENZA DELL’INPDAI NELL’INPS
Con Accordo del 23 maggio 2000 Federmanager e Confindustria hanno considerato, impregiudicata ogni altra possibile soluzione consensuale, che la possibilità di un’ipotesi di confluenza dell’Inpdai nell’Inps, non può prescindere da:
1) la salvaguardia dei trattamenti pensionistici acquisiti o acquisibili, secondo l’attuale normativa previdenziale per i dirigenti dell’industria;
2) l’invarianza degli oneri previdenziali già armonizzati con quelli in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps;
3) la previsione di norme idonee a:
• lo sviluppo e qualificazione della previdenza complementare collettiva di categoria,
• ed alla introduzione e rafforzamento di strumenti di legge a sostegno del reddito dei dirigenti, in specie in caso di disoccupazione.
Xxxxxxxxxxxx e Confindustria hanno, quindi, convenuto di attivarsi congiuntamente nei confronti del Governo e del Parlamento per perseguire le soluzioni legislative più adeguate, stabilendo di effettuare una verifica complessiva delle intese raggiunte e dei risultati conseguiti, anche ai fini di assumere le iniziative da adottare.
Ciò premesso, si espongono le osservazioni che seguono relative alle condizioni di cui ai punti nn. 1, 2, 3 che precedono.
Circa la condizione di cui sub 1), si osserva che, per effetto dell’armonizzazione del regime pensionistico Inpdai all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps (decreto legislativo n. 181 del 24 aprile 1997), sono state introdotte, per i dirigenti la cui pensione è liquidata interamente secondo il sistema retributivo, cinque fasce di retribuzione pensionabile, in luogo delle previgenti tre, alle quali si applicano, ai fini del calcolo della relativa quota di pensione, le medesime quote di rendimento in vigore presso Il Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti dell’Inps.
L’obiettivo dell’armonizzazione tra il regime proprio dell’Inpdai e quello dell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps ha trovato ulteriore attuazione nella previsione, contenuta nel citato decreto (art. 3, comma 5), in base alla quale i massimali relativi a
ciascuna fascia di retribuzione pensionabile sono congelati fino al raggiungimento di quelli in vigore nel Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti dell’Inps.
È stato, invece, mantenuto il massimale annuo pensionistico e contributivo, elevato da L. 195.000.000 a L. 250.000.000 (elevazione che ha comportato l’introduzione di due nuove fasce retributive in aggiunta alle tre previgenti), annualmente rivalutabile in funzione delle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’Istat.
La salvaguardia delle fasce retributive determinate per effetto dell’armonizzazione nei confronti dei dirigenti ai quali spetta il diritto alla liquidazione della pensione interamente con il sistema retributivo costituisce, dunque, nient’altro che la conservazione di una normativa del tutto transitoria indispensabile per operare il raccordo tra la vecchia e la nuova disciplina introdotta con il decreto n. 181 del 24 aprile 1997: decreto che ha già sostanzialmente esteso ai dirigenti iscritti all’Inpdai le modalità di calcolo della pensione con il sistema retributivo in vigore presso il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti dell’Inps.
Circa la condizione di cui sub 2), è appena il caso di rilevare che, con il decreto di armonizzazione n. 181 del 24 aprile 1997, le aliquote contributive per i dirigenti iscritti all’Inpdai sono state elevate e, dal 1° gennaio 1999, esse sono pari a quelle in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps.
Da considerare inoltre la possibile eliminazione del massimale contributivo e pensionistico (attualmente pari a circa 267 milioni) adottando una normativa transitoria che potrà prevedere il graduale superamento del massimale al fine di non gravare di eccessivi oneri imprese e dirigenti.
Circa le condizioni di cui sub 3), coerentemente con la valutazione delle parti contenuta nell’Accordo del 23 maggio 2000, secondo cui le specificità della dirigenza sul piano previdenziale possano essere meglio salvaguardate attraverso un ulteriore sviluppo e qualificazione della previdenza complementare collettiva di categoria, nonché in coerenza con ripetute dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, secondo le quali un forte rilancio e sviluppo della predetta previdenza costituisce uno dei principali obbiettivi dell’azione di Governo, si può comprendere appieno l'essenzialità di questa condizione.
La necessità di conseguire adeguati e consistenti trattamenti pensionistici complementari è vitale soprattutto per lavoratori, quali i dirigenti, con carriere significativamente ascendenti e con correlative retribuzioni, posto che il sistema di calcolo della pensione obbligatoria pubblica introdotto a regime dalla legge n. 335/95 penalizza particolarmente queste figure di lavoratori.
Di ciò è testimonianza quanto convenuto dalle parti con il citato accordo del 23 maggio 2000 che ha comportato un significativo incremento delle aliquote contributive destinate al Fondo di Previdenza Complementare di categoria.
Va inoltre sottolineato come il Fondo, nel corso del 2001, passerà ad una più articolata gestione basata sul sistema finanziario pluricomparto.
E’ chiaro, logico ed equo, quindi, che la tendenziale uniformazione del regime pensionistico dei dirigenti iscritti all’Inpdai all’assicurazione generale obbligatoria gestita
dall’Inps non possa essere svincolata e disgiunta da misure volte allo sviluppo della previdenza complementare di detti dirigenti.
Tali misure, da adottarsi mediante la decretazione correttiva espressamente prevista, consistono essenzialmente nella eliminazione di un tetto in cifra alla contribuzione non assoggettata a Irpef destinata al finanziamento dei fondi pensione, essendo giustificato e ragionevole solo un limite espresso in percentuale della retribuzione, potendo un limite in cifra risultare, a seconda dei casi, del tutto sproporzionato o per eccesso o per difetto.
A questo proposito, valga quanto osservato dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), nella sua ultima relazione annuale, laddove rileva l’insufficienza degli incentivi fiscali in vigore dal 2001, risultando essi di scarsa utilità e fruibilità (sproporzione per eccesso) per soggetti a basso – medio reddito e, per converso, di scarsa utilità e fruibilità (sproporzione per difetto) per soggetti ad alto – medio reddito.
Né alle suindicate misure può ragionevolmente opporsi la perdita di gettito tributario – peraltro, relativamente modesta se si tiene conto del ristretto numero dei soggetti che potrebbero avvalersi appieno degli incentivi fiscali sulle contribuzioni destinate alla previdenza complementare - in quanto essa sarebbe più che proporzionalmente recuperata al momento della liquidazione delle prestazioni.
Per quel che concerne gli strumenti di legge a sostegno del reddito, sempre nella linea della tendenziale uniformazione del regime pensionistico dei dirigenti iscritti all’Inpdai all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps, occorre finalmente porre rimedio alla mancanza di adeguate ed effettive misure di sostegno del reddito in caso di disoccupazione involontaria anche per la categoria dirigenziale.
Vale a dire una categoria i cui componenti, esclusi dalle guarentigie legali contro i licenziamenti, sono maggiormente esposti al rischio di disoccupazione rispetto ad altre categorie destinatarie delle predette misure.
Attualmente le retribuzioni dei dirigenti sono assoggettate al contributo dell’1,61% per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e al contributo dello 0,30% destinato al finanziamento dell’indennità di mobilità non fruibile, per espressa previsione di legge (art. 16, comma 1, legge 23 luglio 1991, n. 223), dai dirigenti medesimi.
Di tal che, a fronte di un prelievo contributivo complessivo pari a circa ben il 2% (1,91%) della retribuzione, versato al Fondo Prestazioni Temporanee gestito dall’Inps, i dirigenti sono destinatari, in caso di disoccupazione involontaria, della sola relativa indennità ordinaria, che, per effetto del plafonamento in cifra di tale indennità a circa L.1.700.000, risulta per la categoria assolutamente inadeguata e illegittima, priva com’è dei necessari requisiti di effettività, costituzionalmente previsti e garantiti (vedasi la sentenza n. 497, 27 aprile 1998, della Corte Costituzionale), rappresentando circa appena il 14,8% della retribuzione media di fatto e il 25% della retribuzione minima della categoria stessa.
Ineffettività che risulterà ancora più acuta con l’elevazione al 40% della percentuale di commisurazione alla retribuzione della predetta indennità (disegno di legge sugli incentivi all’occupazione e ammortizzatori sociali attualmente all’esame del Parlamento).
A ciò si aggiunga, come detto, la totale infruttuosità del contributo dello 0,30% che, per i dirigenti, non dà luogo ad alcuna prestazione.
Di palmare evidenza appare, dunque, l’essenzialità, in specie nell’ipotesi di confluenza dell’Inpdai nell’Inps, quale approdo della tendenziale uniformazione del regime pensionistico dei dirigenti dell’industria all’assicurazione generale obbligatoria che, nell’attesa di un’organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali di cui all’apposita legge di delegazione, si proceda a rimuovere, per i dirigenti, l’attuale tetto in cifra alla indennità ordinaria di disoccupazione, determinando un nuovo limite per relationem con il minimo retributivo stabilito dalla contrattazione collettiva di categoria (attualmente pari a L.
6.428.000 mensili).
CONFINDUSTRIA FEDERMANAGER
Addì, 27 aprile 1995
tra la Confindustria;
l’Associazione Sindacale Intersind;
e la Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali
si è convenuto quanto segue:
a decorrere dalla data di sottoscrizione del presente accordo, in presenza delle specifiche fattispecie di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione ovvero crisi aziendale di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, riconosciute con il Decreto del Ministro del Lavoro di cui all’art. 1, comma 3, della legge 19 luglio 1994, n. 451, nonché delle situazioni aziendali accertate dal Ministero del Lavoro ai sensi dell’art. 1 della legge 19 dicembre 1984, n. 863, l’azienda che risolva il rapporto di lavoro a tempo indeterminato motivando il proprio recesso come dovuto alle situazioni sopra indicate, erogherà al dirigente, oltre alle spettanze di fine lavoro, una indennità supplementare al trattamento di fine rapporto pari al corrispettivo del preavviso individuale maturato.
La predetta indennità supplementare è automaticamente aumentata in relazione all’età del dirigente interessato, ove questa risulti compresa tra i 47 e i 55 anni, nelle seguenti misure, calcolate con i criteri di cui al comma precedente:
5 mensilità in corrispondenza del 51° anno compiuto;
4 mensilità in corrispondenza del 50° e 52° anno compiuto; 3 mensilità in corrispondenza del 49° e 53° anno compiuto; 2 mensilità in corrispondenza del 48° e 54° anno compiuto; 1 mensilità in corrispondenza del 47° e 55° anno compiuto.
La disciplina di cui sopra trova applicazione, con pari decorrenza, anche nelle ipotesi di amministrazione straordinaria (gestione commissariale) attuata ai sensi e con la procedura della legge 3 aprile 1979, n. 95, sempreché l’azienda motivi il recesso con riferimento alla situazione di cui alla legge medesima.
La medesima disciplina trova altresì applicazione, sempre con pari decorrenza, nei casi di messa in liquidazione previsti dal Codice Civile, con esclusione delle ipotesi di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa e di altre forme di procedure concorsuali. Nei casi di cui al presente comma, la misura dell’indennità supplementare sarà comunque limitata a quella di cui al primo comma.
L’accettazione del trattamento come determinato nei commi precedenti comporta automaticamente la rinuncia del dirigente a ricorrere al Collegio arbitrale previsto dall’art. 19 del contratto nazionale.
Ove la risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi del presente accordo riguardi dirigente dipendente da impresa interessata alle misure di pensionamento anticipato disposte da apposite norme di legge con riferimento alle fattispecie di cui al 1° comma – sempreché, naturalmente, il dirigente stesso sia nelle condizioni previste dalle predette norme per l’esercizio della facoltà di pensionamento anticipato – la misura dell’indennità supplementare si intende in ogni caso limitata a quella stabilita dal predetto 1° comma e la disciplina da quest’ultimo prevista è applicata in xxx xxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xx Xxxxxxxx arbitrale disciplinato dall’art. 19 del contratto nazionale, ricorso che, nelle ipotesi di cui al presente comma, si considera comunque non esperibile dal dirigente.
Nelle ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di dirigente che sia in possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità o che abbia comunque superato il 65 anno di età (60 se donna), non si applica la disciplina di cui al presente accordo.
Dichiarazione a verbale
Le parti si danno reciprocamente atto che il presente accordo si riferisce esclusivamente alle fattispecie giuridiche individuate, con gli specifici richiami delle relative fonti legislative, e che a tali fattispecie le parti intendono continuare a riferirsi anche qualora le stesse dovessero risultare collocate nel contesto di sopravvenute disposizioni di legge.
Accordi 23 maggio 2000
NOTE ESPLICATIVE E DI COMMENTO
(ESTRATTE DALLA CIRCOLARE FEDERMANAGER N. 1625 DEL 26 MAGGIO 2000 ED INTEGRATE CON LE ULTERIORI PRECISAZIONI IN ORDINE ALLE DISPOSIZIONI ATTUATIVE, CONCORDATE SUCCESSIVAMENTE TRA LE PARTI, CON RIFERIMENTO ALL’ART.12 DEL CCNL)
PARTE ECONOMICA
Revisione dei minimi contrattuali (Art. 3)
Il minimo retributivo mensile, pari a L. 5.800.000 dal 1° gennaio 1999, viene aumentato di L. 190.000 dal 1° gennaio 2000 (passando in tal modo da L. 5.800.000 a L. 5.990.000) e di ulteriori L. 180.000 dal 1° gennaio 2001 (pervenendo così a L. 6.170.000), per un incremento complessivo, nel biennio 2000-2001, di
L. 370.000 mensili.
Si rammenta che, come nel passato, i suddetti incrementi non hanno alcun riflesso sull’importo per ex elemento di maggiorazione (pari a L. 438.000), né sugli scatti biennali di anzianità (pari a L. 250.000).
Gli aumenti mensili delle retribuzioni di fatto sono calcolati in misura pari alla differenza tra il vecchio e il nuovo minimo contrattuale e ciò, sia per l’aumento decorrente dal 1° gennaio 2000, sia per quello successivo decorrente dal 1° gennaio 2001.
Salvo il rispetto del nuovo minimo mensile base e dell’importo per ex elemento di maggiorazione, l’aumento non compete ai dirigenti assunti dal 1° gennaio 2000. L’esclusione, invece, non opera per i dipendenti già in servizio nominati dirigenti dalla stessa data. Questo tipo di soluzione riflette, peraltro, quelle analoghe adottate nei precedenti rinnovi.
E’, inoltre, espressamente previsto che l’aumento di cui sopra spetti ai dirigenti in servizio alla data del 23 maggio 2000, data di stipula dell’accordo di rinnovo contrattuale.
Con la retribuzione del mese di giugno p.v., verranno corrisposti, sempreché dovuti e per il numero delle mensilità effettivamente spettanti, gli aumenti afferenti il periodo 1° gennaio–31 maggio 2000 (L. 190.000 x 5 mesi = L. 950.000).
In termini di confronto con i criteri contenuti nel Protocollo sul costo del lavoro del luglio 1993 e confermati dal Patto sociale del dicembre 1998, che fanno riferimento ai tassi di inflazione programmata previsti nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, complessivamente pari, nel biennio 2000-2001, al 2,31% (1,2% per il 2000 e 1,1% per il 2001), si ha :
Variazione rispetto al | Variazione rispetto al | |||
Trattamento minimo | trattamento medio | |||
(L. 150.000.000 circa annue) | ||||
Incremento mensile Inflazione programmata | L. 370.000 L. 144.000 | 5,93% 2,31% | L. 370.000 L. 267.000 | 3,21% 2,31% |
Differenza / mese | + L. 226.000 | + 3,62% | + L. 103.000 | + 0,90% |
Disciplina degli assorbimenti
In ordine all’assorbibilità dei miglioramenti economici ricorrenti (con esclusione, quindi, di quelli aventi diversa natura, come, ad esempio, “una tantum”, “bonus” etc.) delle retribuzioni mensili di fatto percepite, attribuiti aziendalmente dopo il 31 dicembre 1998, con gli aumenti derivanti dal presente rinnovo, a conferma delle intese raggiunte con l’accordo 19 novembre 1997, che avevano sancito la soppressione del punto n. 4) dell’art. 3 del ccnl, si applicano i principi generali dell’ordinamento giuridico in materia, in base ai quali i suddetti miglioramenti economici risultano integralmente assorbibili, salvo che le circostanze e modalità di erogazione non dimostrino una specifica imputabilità di detti miglioramenti aziendali (assegnazione ad incarico superiore, merito individuale, trasferimento) e salvo che i predetti miglioramenti non siano espressamente qualificati come “non assorbibili”.
Gruppo di lavoro sugli assetti contrattuali
A fronte della richiesta, contenuta nella piattaforma, dell’obbligo di contrattazione retributiva di secondo livello, si è convenuta, tra le parti, la costituzione di un Gruppo di lavoro paritetico per l’esame del modello degli assetti contrattuali, anche in relazione alle esperienze in atto nei principali Paesi europei; Gruppo di lavoro che presenterà le proprie valutazioni e proposte alle parti stesse entro il 31 dicembre 2000.
Trasferte e missioni (Art. 10)
Per effetto dell’aumento del minimo mensile base l’importo aggiuntivo per rimborso delle spese non documentabili di cui all’art. 10 sale a L. 88.180 (pari al 2% di L. 4.409.000, corrispondente alla differenza tra L. 5.990.000 e L. 1.581.000), a partire dal 1° giugno 2000 e a L. 91.780 (pari al 2% di L. 4.589.000, corrispondente alla differenza tra L. 6.170.000 e L. 1.581.000), a far data dal 1° gennaio 2001.
PARTE NORMATIVA
Formazione e aggiornamento culturale-professionale (Art. 9)
Le parti, con la sostituzione integrale dell’art. 9 del ccnl, hanno convenuto sulla realizzazione, in maniera continua e permanente, della formazione e dell’aggiornamento culturale-professionale dei dirigenti, mediante la costituzione di un Fondo paritetico, prevedendosi l’utilizzazione del contributo integrativo dello 0,30%, introdotto dalla legge n. 845/78 e attualmente ricompreso nell’aliquota dell’1,61% versata dalle imprese a copertura della indennità ordinaria di disoccupazione e già destinato dalla legge n. 196/97 al finanziamento della formazione dei lavoratori dipendenti.
Le parti stesse, pertanto, si attiveranno congiuntamente nei confronti del Governo affinchè vengano rapidamente adottati tutti i provvedimenti necessari per consentire l’utilizzo, ai suddetti fini, di tale contributo integrativo, fermo restando che, nell’attesa che tale utilizzazione sia resa possibile, la Fondazione Xxxxxxxxx, Ente paritetico costituito dalle parti a scopi formativi il 27 febbraio 1997, provvederà ad organizzare o comunque a promuovere, a proprie spese e compatibilmente con le risorse disponibili, opportunità di formazione e di aggiornamento, senza alcun onere per le imprese e i dirigenti, con particolare riguardo a: individuazione delle competenze professionali e dei fabbisogni formativi (così detta autodiagnosi delle competenze professionali); corsi di prima formazione al ruolo manageriale per neo dirigenti; corsi avanzati nelle aree specialistiche e in quella della managerialità indifferenziata; corsi di formazione per favorire l’occupabilità.
Coperture assicurative (Art. 12)
In relazione all’obbligo di assoggettamento dei “dipendenti appartenenti all’area dirigenziale” alla tutela assicurativa obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali gestita dall’Inail, introdotto dal decreto legislativo n. 38/2000, a far data dal 16 marzo 2000, tenuto conto della conseguente sovrapposizione, limitatamente ai suddetti rischi, del regime legale di tutela rispetto a quello contrattuale, si è convenuta tra le parti, alla data di sottoscrizione dell’accordo, una revisione delle coperture retributive e assicurative per infortunio in caso di lavoro e per le malattie professionali; revisione ispirata sia al principio della salvaguardia del livello complessivo di prestazioni contrattualmente garantite al dirigente fino al 15 marzo 2000, sia al principio di non incremento di costi a carico delle imprese, rispetto a quelli sostenuti anteriormente al 16 marzo 2000. Ciò, fermo restando che le parti avevano convenuto che, nell’attesa che venisse definito e reso operante il nuovo assetto, permaneva integralmente vigente il precedente regime contrattuale.
La predisposta nuova formulazione dell’articolo, per quanto, in particolare, riguarda il comma 1 nonché il nuovo comma 4, realizza le finalità che le parti si erano prefissate in sede di sottoscrizione dell’accordo 23 maggio 2000, rimanendo invariata la copertura complessivamente garantita al dirigente. Si è previsto, infatti, che, in caso di interruzione del servizio per invalidità temporanea causata da infortunio avvenuto in occasione di lavoro o da malattia professionale l'azienda continui a corrispondere, per il periodo massimo
previsto, l'intera retribuzione, anticipando l’indennità per inabilità temporanea assoluta a carico dell’Inail e provvedendo, successivamente, al recupero dell’importo di cui trattasi direttamente dall’Istituto; si è previsto, inoltre, alla lettera a) del citato comma 4, che l’impresa possa inserire nella polizza stipulata con la Compagnia assicurativa prescelta una clausola che, limitatamente ai casi di infortunio sul lavoro e di malattia professionale, preveda una riduzione dell’indennizzo dovuto in misura corrispondente alla prestazione in capitale o in rendita capitalizzata riconosciuta dall’Inail a titolo di invalidità permanente ovvero, in caso di morte, alla prestazione in rendita capitalizzata riconosciuta dall’Istituto medesimo. Nelle lettere che seguono di cui al medesimo comma 4, sono contenute delle disposizioni, che la predetta clausola dovrà contemplare, allo scopo di regolare, definendoli preventivamente, diritti e obblighi delle parti coinvolte, con riferimento a talune situazioni che potrebbero verificarsi per la sussistenza, contemporanea, di due diverse coperture, che si integrano, una legale a carico dell’Inail e una contrattuale di competenza della Compagnia assicurativa di cui trattasi. Naturalmente, il diverso meccanismo di erogazione delle somme di cui, rispettivamente, al comma 1 e al comma 4 dipende dal fatto che le somme di cui al comma 1 sono erogate dall’impresa, mentre le somme di cui al comma 4 sono erogate dalla Compagnia di assicurazione.
Si è, inoltre, previsto, tenuto conto delle situazioni verificatesi in passato di incerta operatività della copertura assicurativa, di apportare alla norma contrattuale le necessarie modificazioni atte a:
🖴 rendere più certo l’ambito applicativo delle norme contrattuali contenute ai commi 2, lettera a), e 5 anche
in considerazione della evoluzione legislativa in materia previdenziale, stabilendo che l’indennità ivi prevista spetti in caso di invalidità permanente, causata da infortunio occorso anche non in occasione di lavoro e in caso di malattia professionale, tale da ridurre in misura superiore ai 2/3 la capacità lavorativa specifica del dirigente;
🖴 ricomprendere, mediante una apposita dichiarazione a verbale posta in calce all’articolo, nel richiamo alla tabella annessa al DPR n. 1124/1965, oltre alla malattie elencate nella medesima tabella, anche le malattie non tabellate di cui il dirigente dimostri l’origine professionale.
L’ultimo comma dell’art. 12 del ccnl è stato, inoltre, integrato allo scopo di consentire la possibilità di intese, attuali o future, fra azienda e dirigente per l’assunzione diretta da parte dell’azienda stessa dell’obbligo di pagamento delle somme di cui al quarto comma del citato art. 12 del ccnl (L. 200.000.000 o L. 280.000.000, a seconda che il nucleo familiare del dirigente interessato risulti composto da uno ovvero da più figli a carico e/o dal coniuge, in caso di morte o invalidità permanente del dirigente tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, per cause diverse da quella dell’infortunio comunque determinato e dalla malattia professionale), lasciando libere le imprese di assicurare tale obbligo.
In questo caso, infatti, sulla scorta di quanto espressamente riconosciuto dal Ministero delle Finanze (con la Circolare n. 55/E del 4 marzo 1999), i premi eventualmente corrisposti non avrebbero natura retributiva, in quanto volti unicamente ad assicurare un potenziale debito dell’azienda e, quindi, non comporterebbero alcun onere contributivo per l’azienda e il dirigente, nonché alcun onere fiscale per il dirigente medesimo.
A questo proposito, si ricorda che la suddetta soluzione, mentre ha il pregio di non avere le suddette incidenze, comporta una diminuzione della garanzia del pagamento dei trattamenti, al verificarsi dei sinistri previsti, qualora l’impresa non avesse autonomamente deciso di assicurare il proprio potenziale debito e qualora l’impresa stessa risultasse, all’atto del sinistro, inadempiente o incapiente.
Responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione (Art. 15)
Le parti hanno convenuto di elevare, a decorrere dal 1° giugno 2000, l’indennità supplementare, attualmente prevista in misura pari alla metà del corrispettivo del preavviso, all’intero corrispettivo del preavviso maturato. In questi casi, pertanto, il dirigente che motivi il proprio recesso con l’avvenuto rinvio a giudizio ha diritto, oltre al TFR, ad un trattamento pari a due volte l’indennità sostitutiva del preavviso maturato.
Note a verbale agli artt. 13, 14, 15 e 16
Le parti hanno, altresì, convenuto, nel caso di dimissioni del dirigente di cui ai citati articoli, un preavviso di 15 giorni.
La suddetta previsione ha lo scopo di evitare l’insorgere di possibili casi di contenzioso tra azienda e dirigente, allorchè, a fronte delle dimissioni del dirigente motivate ai sensi dei predetti articoli, l’azienda avesse richiesto al dirigente il rispetto dei termini contrattuali di preavviso in caso di normali dimissioni (un terzo del preavviso stabilito per il licenziamento), con la conseguenza che il dirigente, il quale non avesse rispettato tali termini, sarebbe rimasto esposto alla richiesta aziendale della relativa indennità sostitutiva.
Risoluzione del rapporto di lavoro (Artt. 19 e 21)
Sono state apportate all’art. 19 del ccnl, in materia di “Collegio arbitrale”, nonché al successivo art. 21, che tratta delle “Controversie”, le necessarie modifiche, di natura tecnico-giuridica, per un adeguamento del dettato contrattuale alle disposizioni legislative introdotte nel 1998 e che, in sostanza, attengono alle modalità di svolgimento dell’eventuale istruttoria del Collegio arbitrale, nonché prevedono il rinvio, ai fini della determinazione del compenso del Presidente del Collegio, ai criteri pattuiti dalle competenti Organizzazioni territoriali aderenti alle parti.
In sede di stesura del nuovo testo contrattuale coordinato con i contenuti degli accordi stipulati il 23 maggio 2000, è stata inserito un ultimo comma all’art. 19 che produce l’ultrattività delle disposizioni contenute nello stesso articolo, in caso di disdetta del contratto, per il periodo successivo alla scadenza contrattuale e fino a che non sia intervenuto un nuovo contratto.
Le parti hanno, altresì, confermato la loro volontà di favorire i processi di conciliazione tra azienda e dirigente in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, nonché di consentire una rapida definizione delle eventuali controversie senza dover ricorrere a procedimenti giudiziari. Le parti stesse hanno assunto l’impegno a svolgere nei confronti dei rispettivi rappresentati ogni opportuna e utile azione affinché si avvalgano della disciplina contrattuale, ovvero, anche in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 cpc, realizzino la conciliazione medesima, cosicché il licenziamento, tenuto conto della peculiarità del rapporto di lavoro dirigenziale, possa diventare una fattispecie del tutto residuale ed eccezionale di risoluzione del rapporto.
Gruppo di lavoro sulla disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro
Le parti hanno convenuto, inoltre, la costituzione di un Gruppo di lavoro paritetico che individui ed esamini ogni possibile fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro del dirigente, predisponendo valutazioni e proposte da sottoporre alle parti stesse entro il 31 dicembre 2000.
PREVIDENZA COMPLEMENTARE (PREVINDAI)
❑ Dirigenti “Vecchi iscritti” (iscritti al Fondo alla data del 27 aprile 1993)
Con decorrenza dal 1° gennaio 2001 l’aliquota contributiva, sia a carico dell’azienda che del dirigente, attualmente pari al 2,5% sale al 3%, sempre nel limite del massimale di L. 195.000.000. Oltre L. 195.000.000 e fino a L. 270.000.000, resta confermata l’aliquota contributiva del 4%.
La contribuzione al Previndai, per i vecchi iscritti, a partire dal 2001 non potrà superare i tetti di deducibilità fiscale previsti dal decreto legislativo n. 47/2000: vale a dire che il contributo dovrà essere contenuto entro il limite complessivo di L. 10.000.000 annue, ovvero, per un periodo transitorio di 5 anni e, quindi, fino al 2005 compreso, entro il limite, se superiore a L. 10.000.000, della contribuzione effettivamente versata nel 1999.
E’ prevista, inoltre, la destinazione al Fondo, a decorrere dal 1° gennaio 2002, di una quota dell’accantonamento annuale del TFR pari all’1% della retribuzione globale lorda effettivamente percepita da ciascun dirigente in servizio, senza alcun plafonamento.
A decorrere dal 1° gennaio 2003, tale quota verrà incrementata di un ulteriore 1% della predetta retribuzione.
❑ Dirigenti “Nuovi iscritti” (iscritti al Fondo successivamente al 27 aprile 1993, già occupati a tale data)
Con decorrenza 1° gennaio 2001, in relazione all’incremento dei livelli di deducibilità fiscale disposto, per tali soggetti, dal citato decreto legislativo n. 47/2000, l’aliquota contributiva sale dal 2% al 2,5%.
Con la stessa decorrenza, il massimale retributivo passa da L. 125.000.000 a L. 150.000.000 annue.
A decorrere dal 1° gennaio 2003, l’aliquota contributiva sale ulteriormente dal 2,5% al 3%, da applicarsi fino al predetto massimale che, da L. 150.000.000 sale a L. 165.000.000 annue.
Agli incrementi della contribuzione, corrisponde l’elevazione, in pari misura, delle quote di TFR da destinarsi al Fondo.
❑ Dirigenti “Nuovi iscritti” (iscritti al Fondo successivamente al 27 aprile 1993, di prima occupazione successiva a tale data)
Il regime contributivo è identico a quello previsto per i dirigenti “nuovi iscritti”, di cui al punto precedente, fermo restando che, per i dirigenti di prima occupazione successiva al 27 aprile 1993, permane l’obbligo legale di destinare integralmente al Fondo l’accantonamento annuale del TFR (ai sensi dell’art. 8, comma 3, del decreto legislativo n. 124/93).
ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA (F A S I)
Per gli anni 2000 e 2001 le parti hanno confermato la contribuzione dovuta al Fasi per l’anno 1999, sia dalle imprese (L. 2.196.000 annue per ciascun dirigente in servizio iscritto al Fondo e L. 1.484.000 annue per i dirigenti pensionati), sia dai dirigenti (L. 1.182.000 annue) convenendo, altresì, che gli Organi del Fondo provvederanno a una valutazione delle tariffe di rimborso attualmente praticate dal Fondo, fermo restando che gli adeguamenti del vigente tariffario, compatibilmente con l’equilibrio economico finanziario del Fondo, avranno decorrenza non anteriore al 2001, fatta salva la possibilità di singoli interventi modificativi con decorrenza comunque non anteriore al 1° luglio 2000.
DECORRENZA E DURATA CONTRATTUALE
Il rinnovo contrattuale decorre dal 1° gennaio 2000 ed avrà scadenza il 31 dicembre 2003, ad eccezione della parte economica che scadrà il 31 dicembre 2001.
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Si è colta l’occasione per ricordare e riepilogare, nella richiamata Circolare federale, le posizioni della Federazione in ordine agli istituti, “Ferie” (art. 7 ccnl) e “Permessi retribuiti per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi, provinciali e nazionali delle associazioni sindacali di appartenenza” (art. 30, Legge n. 300/70 “Statuto dei lavoratori”).
FERIE
Si è ribadito che ogni giorno feriale del dirigente si calcola come pari a 1 e che devono essere computati come ferie esclusivamente i sabati ricadenti nel periodo feriale fruito. Pertanto, a
titolo di esempio, tre giorni di ferie non comprendenti il sabato, non potranno assumere una valenza temporale maggiore.
Criteri e modalità di calcolo delle ferie, diversi da quelli sopra indicati, in genere mutuati da norme contrattuali applicabili alla categoria impiegatizia (come, ad esempio, il computo di ciascun giorno di ferie con il coefficiente 1,2 anziché 1), non sono da ritenersi conformi alla disciplina contenuta nell’art. 7 del ccnl, che regola in via esclusiva l’intera materia, fatti salvi, ovviamente, criteri e modalità di miglior favore rispetto a tale disciplina, eventualmente definiti da accordi, regolamenti o usi aziendali.
PERMESSI RETRIBUITI
In ordine, invece, alla fruibilità di permessi retribuiti per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi, provinciali e nazionali, dell’Associazione sindacale, previsti dall’art. 30 dello Statuto dei lavoratori, che rinvia alle norme dei contratti di lavoro, si ritiene che, non essendo contemplata una specifica regolamentazione contrattuale dell'istituto, sia senz’altro legittimo ricomprendere tale fattispecie nella disciplina contenuta nell’art. 27 del vigente ccnl e che, quindi, sono da ritenersi applicabili le norme contrattuali collettive in vigore per gli impiegati di massima categoria dipendenti dall’azienda cui il dirigente appartiene.
D’altra parte, qualora la predetta tesi dovesse essere contestata, l’attuazione del diritto sancito dal citato art. 30 competerebbe, in difetto dell’applicabilità di una disciplina collettiva, al Giudice del Lavoro, il quale, in base ad un principio già accolto dalla dominante giurisprudenza, determinerebbe la misura dei permessi secondo equità.
Servizio Relazioni Sindacali FNDAI
CCNL 23 MAGGIO 2000 PER I DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI PARTE ECONOMICA
TABELLA DEI MINIMI RETRIBUTIVI (*)
DECORRENZA | 1/11/1997 | 1/1/2000 | 1/1/2001 | |||
a) MINIMO BASE b) IMPORTO PER ANZIANITA' c) EX ELEMENTO DI MAGGIORAZ. | L. L. | 5.800.000 438.000 | L. L. | 5.990.000 438.000 | L. L. | 6.170.000 438.000 |
MINIMO RETRIBUTIVO MENSILE | L. | 6.238.000 | L. | 6.428.000 | L. | 6.608.000 |
MINIMO RETRIBUTIVO ANNUO (TR.MENS.*13) | L. | 81.094.000 | L. | 83.564.000 | L. | 85.904.000 |
(*) ANZIANITA' NELLA QUALIFICA 0 - 2 ANNI
CCNL 23 MAGGIO 2000
PARTE PRIMA Costituzione del rapporto
Art. 1 Qualifica e suo riconoscimento – Applicabilità del contratto – Controversie pag. 2 Art. 2 Istituzione del rapporto “
PARTE SECONDA
TRATTAMENTO ECONOMICO
Art. 3 Determinazione del minimo contrattuale | pag. | 3 |
Art. 4 Importo per ex elemento di maggiorazione | pag. | 4 |
Art. 5 Ex meccanismo di variazione automatica Art 6 Aumenti di anzianità | pag. “ | 5 |
PARTE TERZA Svolgimento del rapporto
Art. 7 Ferie pag. 6
Art. 8 Aspettativa “
Art. 9 Formazione – Aggiornamento culturale – professionale pag. 7
Art. 10 Trasferte e missioni pag. 8
Art. 11 Trattamento di malattia e di maternità “
Art. 12 Trattamento di infortunio e di malattia da causa di servizio : Copertura assicurativa pag. 9 Art. 13 Trasferimento di proprietà dell’azienda pag. 11
Art. 14 Trasferimento del dirigente “
Art. 15 Responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione pag. 12
Art. 16 Mutamento di posizione pag. 13
Note a Verbale agli artt. 13,14,15 e 16 “
PARTE QUARTA
Xxxxxx assistenziali e previdenziali
Art. 17 Previdenza pag. 14
Art. 18 Previdenza e assistenza sanitaria a carattere integrativo “
PARTE QUINTA
Tutele sindacali del rapporto
Art. 19 Collegio arbitrale pag. 15
Art. 20 Rappresentanze sindacali aziendali pag. 17
Art. 21 Controversie pag. 18
PARTE SESTA
Risoluzione del rapporto
Art. 22 Risoluzione del rapporto di lavoro pag. 19
Art. 23 Preavviso “
Art. 24 Trattamento di fine rapporto pag. 20
Art. 25 Indennità in caso di morte pag. 21
Art. 26 Anzianità “
PARTE SETTIMA Disposizioni generali
Art. 27 Disposizioni generali e condizioni di miglior favore pag. 22
Art. 28 Contributi sindacali “
Art. 29 Decorrenza e durata “
ALLEGATI
1) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sul regime previdenziale per i dirigenti e Documento 9 dicembre 1999 del Gruppo di lavoro tecnico paritetico, che ne costituisce parte integrante | pag. | 24 |
2) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sulla previdenza complementare – Previndai | pag. | 32 |
3) Verbale di accordo 23 maggio 2000 sul FASI | pag. | 35 |
4) Verbale di accordo 23 maggio 2000 relativo ai Componenti Organo di Controllo sul FIPDAI | pag. | 36 |
5) Accordo 24 gennaio 2000 sulla messa in liquidazione del FIPDAI | pag. | 37 |
6) Documento congiunto Federmanager/Confindustria 24 ottobre 2000, circa la realizzazione di un’ipotesi di confluenza dell’Inpdai nell’Inps | pag. | 38 |
7) Verbale di accordo 27 aprile 1995 sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale | pag. | 42 |
NOTE ESPLICATIVE E DI COMMENTO (estratte dalla Circolare Federmanager n. 1625 del 26/5/2000 con le ulteriori precisazioni | pag. | 44 |
in ordine alle disposizioni attuative riferite all’art. 12 del CCNL) | ||
TABELLA DEI NUOVI MINIMI RETRIBUTIVI | pag. | 51 |